Risoluzione del 19/12/2001 n. 213 - Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa e Contenzioso
Risoluzione del 19/12/2001 n. 213 - Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa e Contenzioso
Trattamento IRAP delle plusvalenze realizzate dalle societa' calcistiche in sede di cessione del contratto di prestazione sportiva dei calciatori.
Sintesi: La risoluzione fornisce chiarimenti in merito al trattamento tributario, ai fini IRAP, dei proventi che le societa' calcistiche realizzano all'atto del trasferimento dei calciatori. Le plusvalenze, realizzate a seguito della cessione del contratto di prestazione sportiva, sono relative ad un bene strumentale e devono essere considerate componenti ordinari e non straordinari di reddito, pertanto esse concorrono a formare la base imponibile IRAP della societa' sportiva ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.lgs. 446 del 1997.
Testo:
Con la nota prot. 29754 del 9 aprile 2001, una Direzione Regionale ha chiesto alla scrivente un parere sull'imponibilita' ai fini IRAP dei proventi che le societa' calcistiche realizzano all'atto del trasferimento dei calciatori.
Il dubbio interpretativo e' sorto in seguito alle indicazioni fornite dalla Federazione Italiana ..... - Lega Nazionale Professionisti che, da ultimo con nota del 1 marzo 2001, ha affermato che "l'eventuale maggior somma conseguita nella cessione del contratto di un calciatore non costituisce plusvalenza tassabile agli effetti IRAP."
Normativa di riferimento
Il contratto di prestazione sportiva tra le societa' e gli sportivi professionisti e' attualmente disciplinato dalla legge 23 marzo 1981, n. 91, e dal decreto-legge 20 settembre 1996, n. 485 convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 1996, n. 586.
In precedenza, l'atleta professionista era legato alla societa', oltre che dal contratto di prestazione sportiva, anche dal cosiddetto "vincolo sportivo" che configurava un rapporto autonomo e distinto rispetto al contratto di prestazione sportiva, in base al quale la societa' acquisiva un diritto, esclusivo ed alienabile a terzi, all'utilizzo dell'atleta per l'intera durata della sua carriera sportiva.
A seguito della legge di riforma n. 91 del 1981, invece, tutti gli elementi del rapporto di lavoro tra societa' e atleta professionista, compresa la durata del rapporto stesso, sono esclusivamente fissati nel contratto di prestazione sportiva.
In particolare, in base all'art. 5 della citata legge, "il contratto.......puo' contenere l'apposizione di un termine risolutivo, non superiore a cinque anni dalla data di inizio del rapporto.......E' ammessa la cessione del contratto, prima della scadenza, da una societa' sportiva ad un'altra, purche' vi consenta l'altra parte e siano osservate le modalita' fissate dalle federazioni sportive nazionali".
Va peraltro precisato che, ai sensi dell'art. 6 della legge suindicata, come modificato dall'art. 1 del decreto-legge n. 485 del 1996, alla societa' presso la quale l'atleta ha svolto la sua ultima attivita' dilettantistica o giovanile e' riconosciuto un premio di addestramento e formazione tecnica.
La tesi sostenuta dalla Federazione Italiana .... In dottrina esistono opinioni contrastanti in merito alla natura del contratto con cui avviene il trasferimento dell'atleta.
Parte della dottrina, tra cui quella alla quale fa riferimento la FEDERAZIONE ITALIANA..., considera tale fattispecie caratterizzata dalla commistione di almeno tre atti, o contratti, distinti. Il primo e' l'accordo tra due societa' sportive e l'atleta per il trasferimento di quest'ultimo; il secondo e' l'accordo tra le due societa' sportive per la risoluzione anticipata del contratto di prestazione sportiva in essere; il terzo e' la
stipulazione del nuovo contratto di prestazione sportiva, tra l'atleta e la nuova societa'.
Questa ricostruzione della fattispecie e' giustificata dalla circostanza che, nella pratica, la nuova societa' sportiva e l'atleta rinegoziano il contenuto del contratto di prestazione sportiva, in merito alla scadenza, al corrispettivo e ad altri elementi accessori.
In sostanza, si afferma che il corrispettivo versato dalla societa' che acquisisce le prestazioni sportive dell'atleta, non ha come causa la cessione del contratto esistente, ma solo la sua anticipata cessazione. La societa' cessionaria non acquista il contratto in essere, ma solo il diritto di concludere un nuovo contratto con l'atleta, peraltro subordinato alla concorde volonta' di quest'ultimo.
Secondo questa tesi il diritto a concludere un nuovo contratto con l'atleta, per quanto bene immateriale, non sarebbe annoverabile tra quelli strumentali all'esercizio dell'attivita' sportiva. Cio' perche', in assenza della stipulazione del successivo contratto di prestazione sportiva, questo diritto "non e' suscettibile di alcuna autonoma funzione produttiva". Di conseguenza, "le somme pattuite tra le societa' sportive per l'anticipata risoluzione del contratto di lavoro del calciatore professionista non costituiscono plusvalenze relative a beni strumentali, soggette all'imposta regionale sulle attivita' produttive."
Interpretazione
Diverse sono le ragioni che inducono la scrivente a non poter condividere la tesi sostenuta dalla FEDERAZIONE ITALIANA....
In primo luogo, pur riconoscendo che l'accordo per il trasferimento di un atleta e' a volte il risultato di trattative complesse e di piu' atti tra loro collegati, soprattutto nel caso della cessione di calciatori professionisti molto quotati o nel caso del trasferimento del calciatore da o per l'estero, si ritiene che la fattispecie non si discosti dallo schema tipico della cessione del contratto.
Infatti, oggetto del contratto tra la societa' sportiva e l'atleta e' il diritto alla prestazione sportiva esclusiva per la durata del contratto stesso. Con la cessione del contratto, la societa' sportiva cessionaria acquista, con il consenso dell'atleta ceduto, proprio il diritto oggetto del contratto e succede in tutti gli obblighi e i diritti connessi.
La societa' cessionaria, in base agli accordi con l'atleta, potra':
- continuare il rapporto contrattuale con i medesimi contenuti;
- regolarlo in modo diverso (quanto a durata, corrispettivo ed altri elementi accessori);
- cedere, a sua volta, il diritto alla prestazione sportiva, prima della scadenza pattuita.
Questa interpretazione della fattispecie e' confermata dal tenore letterale del gia' citato art. 5 della legge n. 91 del 1981, che definisce cessione del contratto il trasferimento di un atleta da una societa' ad un'altra, in pendenza della durata del contratto stesso.
Ulteriore conferma emerge anche dall'esame della normativa speciale relativa alle societa' calcistiche. Gli articoli 95 e seguenti delle Norme Organizzative Interne, con le quali la FEDERAZIONE ITALIANA. ha
disciplinato la "variazione di tesseramento" del calciatore, fanno riferimento espresso alla cessione del contratto. In particolare, la variazione di tesseramento di un calciatore consegue alla scadenza di un precedente contratto di prestazione sportiva o alla cessione dello stesso prima della scadenza. Inoltre e' espressamente previsto che il rapporto conseguente alla cessione del contratto possa avere scadenza diversa da quella originaria.
In sostanza, con la cessione del contratto, cio' che viene ceduto e' il diritto all'utilizzo esclusivo della prestazione dell'atleta dietro corrispettivo, che costituisce l'elemento essenziale del contratto. L'eventuale modifica di elementi accessori del contratto ceduto, quali la scadenza o la quantificazione del corrispettivo, non influisce sulla qualificazione giuridica della fattispecie.
Il diritto all'utilizzo esclusivo della prestazione dell'atleta, oggetto del contratto ceduto, deve essere considerato un bene immateriale strumentale.
Secondo corretti principi contabili di redazione del bilancio, il relativo costo e' un'immobilizzazione, in quanto non esaurisce la propria utilita' in un solo esercizio, ma manifesta i suoi benefici economici lungo un arco temporale di piu' esercizi. Non puo', tuttavia, essere considerato un onere pluriennale, in quanto il costo e' collegato all'acquisizione di uno specifico diritto.
Pur nella sua atipicita', il diritto all'utilizzo della prestazione sportiva dell'atleta puo' essere meglio assimilato ai beni immateriali, come le concessioni, che danno diritto ad un facere esclusivo da parte dell'utilizzatore.
Il Ministero delle Finanze aveva gia' espresso un orientamento conforme a tale tesi nella riunione degli ispettori compartimentali delle II.DD. del 24-25 novembre 1988. In quella sede, anche se con riferimento al vincolo sportivo, il Ministero aveva affermato che quest'ultimo andava compreso tra gli altri diritti iscritti nell'attivo dello stato patrimoniale, suscettibili di generare plusvalenze e ammortizzabili ai sensi dell'art. 68 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Tale orientamento ha rappresentato una novita' rispetto alla posizione assunta dal Ministero nella risoluzione n. 1694 del 21 novembre 1981, nella quale si era affermato che "il prezzo pagato dalla societa' cessionaria, in quanto costo che partecipa alla produzione del reddito di piu' esercizi, puo' essere ricompreso, in mancanza di specifica previsione normativa, nella categoria dei costi di cui al terzo comma dell'art. 71 del X.X.X. 00 xxxxxxxxx 0000, x. 000", xxxxx tra gli altri costi ad utilizzazione pluriennale.
L'ultima pronuncia del Ministero, che si ritiene di poter confermare anche oggi dopo l'abolizione del vincolo sportivo, e' giustificata dalla modifica subita dalla disciplina dell'ammortamento dei beni immateriali contenuta nell'art. 68 del TUIR.
Il testo dell'art. 69 del DPR n. 597 del 1973 individuava in modo preciso i diritti rientranti tra i beni immateriali ammortizzabili; di conseguenza, in mancanza di specifica previsione normativa, i diritti diversi da quelli enunciati dovevano, necessariamente, rientrare nella previsione normativa del terzo comma del successivo art. 71.
Il comma 2 dell'art. 68 del TUIR, invece, include tra i beni immateriali la categoria residuale degli "altri diritti iscritti nell'attivo di bilancio", le cui quote di ammortamento sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge.
In sostanza, qualsiasi diritto iscritto nell'attivo di bilancio costituisce bene immateriale ammortizzabile ai sensi dell'art. 68 del TUIR, quindi fiscalmente a rilevanza strumentale.
Dal punto di vista del legislatore fiscale, infatti, per i beni immateriali il concetto di strumentalita' coincide con quello di ammortizzabilita'.
Se, quindi, il diritto in questione e' un bene immateriale strumentale, il compenso derivante dalla sua cessione genera plusvalenze o minusvalenze classificabili tra i componenti ordinari.
Le societa' calcistiche, infatti, hanno come oggetto sociale l'esercizio di attivita' sportive e delle attivita' connesse o strumentali, quali la preparazione e la gestione di squadre di calcio. Il trasferimento di un calciatore e' un atto che rientra nella gestione di una squadra di calcio, e rappresenta un evento collegato all'attivita' ordinaria della societa' calcistica.
Nello schema di bilancio che il legislatore ha recepito dalla IV Direttiva CEE, il carattere ordinario o meno di un provento deve essere valutato con riferimento alla sua estraneita' all'attivita' ordinaria dell'impresa, circostanza che non e' sicuramente riscontrabile nel caso in esame.
In base ai principi contabili, la gestione ordinaria si distingue in gestione caratteristica e gestione accessoria. Le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dall'alienazione di immobilizzazioni, quando la cessione del bene costituisce, come nel caso in esame, un evento ordinario della gestione dell'impresa, fanno parte dei proventi e oneri della gestione
ordinaria accessoria.
Nello schema di conto economico di cui all'art. 2425 del codice civile, le plusvalenze e le minusvalenze devono essere imputate rispettivamente alle voci A) Valore della produzione - 5) altri ricavi e proventi e B) Costi della produzione - 14) oneri diversi di gestione e non alla voce E) Proventi ed oneri straordinari.
Infine, si osserva che la FEDERAZIONE ITALIANA... si limita ad affermare che i proventi in questione "non costituiscono plusvalenze relative a beni strumentali, soggette all'imposta regionale sulle attivita' produttive" senza addivenire a una qualificazione degli stessi, utile ai fini del loro corretto trattamento tributario. Si puo' supporre che, contrariamente a quanto sopra affermato, essi siano considerati proventi straordinari, classificabili nella voce di conto economico E) - 20) e che in quanto tali non siano da assoggettare ad IRAP.
Tale conclusione non sarebbe condivisibile. Nell'ipotesi in cui si volesse considerare tali proventi componenti straordinari di reddito, essi sarebbero comunque imponibili ai fini dell'IRAP sulla base del principio di correlazione, sancito all'art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 446/97. E cio', in quanto tali componenti sono chiaramente correlati al costo, deducibile ai fini IRAP, a suo tempo sostenuto dalla societa' di calcio per acquisire il diritto alle prestazioni sportive dell'atleta.
Conclusioni
L'importo pagato dalla societa' sportiva cessionaria per ottenere la cessione del contratto dell'atleta deve essere iscritto nell'attivo dello Stato Patrimoniale, tra le altre immobilizzazioni immateriali, alla voce
B.I.7. Esso rappresenta il corrispettivo dovuto per succedere nel contratto di prestazione sportiva esistente e in tal modo acquisire il diritto alla prestazione esclusiva dell'atleta, sia pure a tempo determinato.
Tale diritto costituisce un bene immateriale, strumentale all'esercizio dell'impresa, sia fiscalmente, perche' ammortizzabile ai sensi dell'art. 68 del TUIR, sia civilisticamente, perche' necessario per conseguire l'oggetto sociale.
La plusvalenza, o la minusvalenza, realizzate su tale diritto a seguito della cessione del contratto di prestazione sportiva, sono relative ad un bene strumentale e devono essere considerate componenti ordinari e non straordinari di reddito, classificabili rispettivamente nelle voci di conto economico A) - 5), ovvero B) - 14).
Ne consegue che esse concorrono a formare la base imponibile IRAP della societa' sportiva ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.lgs. 446 del 1997.
Infine, si ritiene che le societa' calcistiche, che si siano uniformate alle indicazioni fornite dalla FEDERAZIONE ITALIANA... e non abbiano, pertanto, assoggettato ad IRAP le plusvalenze in questione, non possano invocare, ai fini della disapplicazione delle sanzioni, la causa di non punibilita' consistente nell'errore sul fatto o sull'obiettiva condizione di incertezza della portata della norma, prevista dall'art. 6 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, la cui applicazione presuppone l'assunzione di comportamenti comunque ispirati alla normale diligenza da parte del contribuente. Circostanza quest'ultima che non ricorre necessariamente per il semplice fatto di aver uniformato il proprio comportamento alle indicazioni dell'associazione della categoria di appartenenza.
RISOLUZIONE N. 213/E
Direzione Centrale Roma, 19 dicembre 2001
Normativa e Contenzioso
Oggetto: Trattamento IRAP delle plusvalenze realizzate dalle società calcistiche in sede di cessione del contratto di prestazione sportiva dei calciatori.
Con la nota prot. 29754 del 9 aprile 2001, una Direzione Regionale ha chiesto alla scrivente un parere sull’imponibilità ai fini IRAP dei proventi che le società calcistiche realizzano all’atto del trasferimento dei calciatori.
Il dubbio interpretativo è sorto in seguito alle indicazioni fornite dalla Federazione Italiana ….. - Lega Nazionale Professionisti che, da ultimo con nota del 1° marzo 2001, ha affermato che “l’eventuale maggior somma conseguita nella cessione del contratto di un calciatore non costituisce plusvalenza tassabile agli effetti IRAP.”
Normativa di riferimento
Il contratto di prestazione sportiva tra le società e gli sportivi professionisti è attualmente disciplinato dalla legge 23 marzo 1981, n. 91, e dal decreto-legge 20 settembre 1996, n. 485 convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 1996, n. 586.
In precedenza, l’atleta professionista era legato alla società, oltre che dal contratto di prestazione sportiva, anche dal cosiddetto “vincolo sportivo” che
configurava un rapporto autonomo e distinto rispetto al contratto di prestazione sportiva, in base al quale la società acquisiva un diritto, esclusivo ed alienabile a terzi, all’utilizzo dell’atleta per l’intera durata della sua carriera sportiva.
A seguito della legge di riforma n. 91 del 1981, invece, tutti gli elementi del rapporto di lavoro tra società e atleta professionista, compresa la durata del rapporto stesso, sono esclusivamente fissati nel contratto di prestazione sportiva.
In particolare, in base all’art. 5 della citata legge, “il contratto…….può contenere l’apposizione di un termine risolutivo, non superiore a cinque anni dalla data di inizio del rapporto…….E’ ammessa la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società sportiva ad un’altra, purché vi consenta l’altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali”.
Va peraltro precisato che, ai sensi dell’art. 6 della legge suindicata, come modificato dall’art. 1 del decreto-legge n. 485 del 1996, alla società presso la quale l’atleta ha svolto la sua ultima attività dilettantistica o giovanile è riconosciuto un premio di addestramento e formazione tecnica.
La tesi sostenuta dalla Federazione Italiana …. In dottrina esistono opinioni contrastanti in merito alla natura del contratto con cui avviene il trasferimento dell’atleta.
Parte della dottrina, tra cui quella alla quale fa riferimento la FEDERAZIONE ITALIANA ..., considera tale fattispecie caratterizzata dalla commistione di almeno tre atti, o contratti, distinti. Il primo è l’accordo tra due società sportive e l’atleta per il trasferimento di quest’ultimo; il secondo è l’accordo tra le due società sportive per la risoluzione anticipata del contratto di prestazione sportiva in essere; il terzo è la stipulazione del nuovo contratto di prestazione sportiva, tra l’atleta e la nuova società.
Questa ricostruzione della fattispecie è giustificata dalla circostanza che, nella pratica, la nuova società sportiva e l’atleta rinegoziano il contenuto del
contratto di prestazione sportiva, in merito alla scadenza, al corrispettivo e ad altri elementi accessori.
In sostanza, si afferma che il corrispettivo versato dalla società che acquisisce le prestazioni sportive dell’atleta, non ha come causa la cessione del contratto esistente, ma solo la sua anticipata cessazione. La società cessionaria non acquista il contratto in essere, ma solo il diritto di concludere un nuovo contratto con l’atleta, peraltro subordinato alla concorde volontà di quest’ultimo.
Secondo questa tesi il diritto a concludere un nuovo contratto con l’atleta, per quanto bene immateriale, non sarebbe annoverabile tra quelli strumentali all’esercizio dell’attività sportiva. Ciò perché, in assenza della stipulazione del successivo contratto di prestazione sportiva, questo diritto “non è suscettibile di alcuna autonoma funzione produttiva”. Di conseguenza, “le somme pattuite tra le società sportive per l’anticipata risoluzione del contratto di lavoro del calciatore professionista non costituiscono plusvalenze relative a beni strumentali, soggette all’imposta regionale sulle attività produttive.”
Interpretazione
Diverse sono le ragioni che inducono la scrivente a non poter condividere la tesi sostenuta dalla FEDERAZIONE ITALIANA ....
In primo luogo, pur riconoscendo che l’accordo per il trasferimento di un atleta è a volte il risultato di trattative complesse e di più atti tra loro collegati, soprattutto nel caso della cessione di calciatori professionisti molto quotati o nel caso del trasferimento del calciatore da o per l’estero, si ritiene che la fattispecie non si discosti dallo schema tipico della cessione del contratto.
Infatti, oggetto del contratto tra la società sportiva e l’atleta è il diritto alla prestazione sportiva esclusiva per la durata del contratto stesso. Con la cessione del contratto, la società sportiva cessionaria acquista, con il consenso dell’atleta ceduto, proprio il diritto oggetto del contratto e succede in tutti gli obblighi e i diritti connessi.
La società cessionaria, in base agli accordi con l’atleta, potrà:
- continuare il rapporto contrattuale con i medesimi contenuti;
- regolarlo in modo diverso (quanto a durata, corrispettivo ed altri elementi accessori);
- cedere, a sua volta, il diritto alla prestazione sportiva, prima della scadenza pattuita.
Questa interpretazione della fattispecie è confermata dal tenore letterale del già citato art. 5 della legge n. 91 del 1981, che definisce cessione del contratto il trasferimento di un atleta da una società ad un’altra, in pendenza della durata del contratto stesso.
Ulteriore conferma emerge anche dall’esame della normativa speciale relativa alle società calcistiche. Gli articoli 95 e seguenti delle Norme Organizzative Interne, con le quali la FEDERAZIONE ITALIANA ... ha disciplinato la “variazione di tesseramento” del calciatore, fanno riferimento espresso alla cessione del contratto. In particolare, la variazione di tesseramento di un calciatore consegue alla scadenza di un precedente contratto di prestazione sportiva o alla cessione dello stesso prima della scadenza. Inoltre è espressamente previsto che il rapporto conseguente alla cessione del contratto possa avere scadenza diversa da quella originaria.
In sostanza, con la cessione del contratto, ciò che viene ceduto è il diritto all’utilizzo esclusivo della prestazione dell’atleta dietro corrispettivo, che costituisce l’elemento essenziale del contratto. L’eventuale modifica di elementi accessori del contratto ceduto, quali la scadenza o la quantificazione del corrispettivo, non influisce sulla qualificazione giuridica della fattispecie.
Il diritto all’utilizzo esclusivo della prestazione dell’atleta, oggetto del contratto ceduto, deve essere considerato un bene immateriale strumentale.
Secondo corretti principi contabili di redazione del bilancio, il relativo costo è un’immobilizzazione, in quanto non esaurisce la propria utilità in un solo esercizio, ma manifesta i suoi benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi. Non può, tuttavia, essere considerato un onere pluriennale, in quanto il costo è collegato all’acquisizione di uno specifico diritto.
Pur nella sua atipicità, il diritto all’utilizzo della prestazione sportiva dell’atleta può essere meglio assimilato ai beni immateriali, come le concessioni, che danno diritto ad un facere esclusivo da parte dell’utilizzatore.
Il Ministero delle Finanze aveva già espresso un orientamento conforme a tale tesi nella riunione degli ispettori compartimentali delle II.DD. del 24-25 novembre 1988. In quella sede, anche se con riferimento al vincolo sportivo, il Ministero aveva affermato che quest’ultimo andava compreso tra gli altri diritti iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale, suscettibili di generare plusvalenze e ammortizzabili ai sensi dell’art. 68 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Tale orientamento ha rappresentato una novità rispetto alla posizione assunta dal Ministero nella risoluzione n. 1694 del 21 novembre 1981, nella quale si era affermato che “il prezzo pagato dalla società cessionaria, in quanto costo che partecipa alla produzione del reddito di più esercizi, può essere ricompreso, in mancanza di specifica previsione normativa, nella categoria dei costi di cui al terzo comma dell’art. 71 del X.X.X. 00 xxxxxxxxx 0000, x. 000”, xxxxx tra gli altri costi ad utilizzazione pluriennale.
L’ultima pronuncia del Ministero, che si ritiene di poter confermare anche oggi dopo l’abolizione del vincolo sportivo, è giustificata dalla modifica subita dalla disciplina dell’ammortamento dei beni immateriali contenuta nell’art. 68 del TUIR.
Il testo dell’art. 69 del DPR n. 597 del 1973 individuava in modo preciso i
diritti rientranti tra i beni immateriali ammortizzabili; di conseguenza, in mancanza di specifica previsione normativa, i diritti diversi da quelli enunciati dovevano, necessariamente, rientrare nella previsione normativa del terzo comma del successivo art. 71.
Il comma 2 dell’art. 68 del TUIR, invece, include tra i beni immateriali la categoria residuale degli “altri diritti iscritti nell’attivo di bilancio”, le cui quote di ammortamento sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge.
In sostanza, qualsiasi diritto iscritto nell’attivo di bilancio costituisce bene immateriale ammortizzabile ai sensi dell’art. 68 del TUIR, quindi fiscalmente a rilevanza strumentale.
Dal punto di vista del legislatore fiscale, infatti, per i beni immateriali il concetto di strumentalità coincide con quello di ammortizzabilità.
Se, quindi, il diritto in questione è un bene immateriale strumentale, il compenso derivante dalla sua cessione genera plusvalenze o minusvalenze classificabili tra i componenti ordinari.
Le società calcistiche, infatti, hanno come oggetto sociale l’esercizio di attività sportive e delle attività connesse o strumentali, quali la preparazione e la gestione di squadre di calcio. Il trasferimento di un calciatore è un atto che rientra nella gestione di una squadra di calcio, e rappresenta un evento collegato all’attività ordinaria della società calcistica.
Nello schema di bilancio che il legislatore ha recepito dalla IV Direttiva CEE, il carattere ordinario o meno di un provento deve essere valutato con riferimento alla sua estraneità all’attività ordinaria dell’impresa, circostanza che non è sicuramente riscontrabile nel caso in esame.
In base ai principi contabili, la gestione ordinaria si distingue in gestione caratteristica e gestione accessoria. Le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dall’alienazione di immobilizzazioni, quando la cessione del bene costituisce, come nel caso in esame, un evento ordinario della gestione dell’impresa, fanno parte dei proventi e oneri della gestione ordinaria accessoria.
Nello schema di conto economico di cui all’art. 2425 del codice civile, le plusvalenze e le minusvalenze devono essere imputate rispettivamente alle voci A) Valore della produzione - 5) altri ricavi e proventi e B) Costi della produzione –
14) oneri diversi di gestione e non alla voce E) Proventi ed oneri straordinari.
Infine, si osserva che la FEDERAZIONE ITALIANA ... si limita ad affermare che i proventi in questione “non costituiscono plusvalenze relative a beni strumentali, soggette all’imposta regionale sulle attività produttive” senza addivenire a una qualificazione degli stessi, utile ai fini del loro corretto
trattamento tributario. Si può supporre che, contrariamente a quanto sopra affermato, essi siano considerati proventi straordinari, classificabili nella voce di conto economico E) – 20) e che in quanto tali non siano da assoggettare ad IRAP.
Tale conclusione non sarebbe condivisibile. Nell’ipotesi in cui si volesse considerare tali proventi componenti straordinari di reddito, essi sarebbero comunque imponibili ai fini dell’IRAP sulla base del principio di correlazione, sancito all’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 446/97. E ciò, in quanto tali componenti sono chiaramente correlati al costo, deducibile ai fini IRAP, a suo tempo sostenuto dalla società di calcio per acquisire il diritto alle prestazioni sportive dell’atleta.
Conclusioni
L’importo pagato dalla società sportiva cessionaria per ottenere la cessione del contratto dell’atleta deve essere iscritto nell’attivo dello Stato Patrimoniale, tra le altre immobilizzazioni immateriali, alla voce B.I.7. Esso rappresenta il corrispettivo dovuto per succedere nel contratto di prestazione sportiva esistente e in tal modo acquisire il diritto alla prestazione esclusiva dell’atleta, sia pure a tempo determinato.
Tale diritto costituisce un bene immateriale, strumentale all’esercizio dell’impresa, sia fiscalmente, perché ammortizzabile ai sensi dell’art. 68 del TUIR, sia civilisticamente, perché necessario per conseguire l’oggetto sociale.
La plusvalenza, o la minusvalenza, realizzate su tale diritto a seguito della cessione del contratto di prestazione sportiva, sono relative ad un bene strumentale e devono essere considerate componenti ordinari e non straordinari di reddito, classificabili rispettivamente nelle voci di conto economico A) – 5), ovvero B) – 14).
Ne consegue che esse concorrono a formare la base imponibile IRAP della
società sportiva ai sensi dell’art. 5, comma 1, del d.lgs. 446 del 1997.
Infine, si ritiene che le società calcistiche, che si siano uniformate alle indicazioni fornite dalla FEDERAZIONE ITALIANA ... e non abbiano, pertanto, assoggettato ad IRAP le plusvalenze in questione, non possano invocare, ai fini
della disapplicazione delle sanzioni, la causa di non punibilità consistente nell’errore sul fatto o sull’obiettiva condizione di incertezza della portata della norma, prevista dall’art. 6 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, la cui applicazione presuppone l’assunzione di comportamenti comunque ispirati alla normale diligenza da parte del contribuente. Circostanza quest’ultima che non ricorre necessariamente per il semplice fatto di aver uniformato il proprio comportamento alle indicazioni dell’associazione della categoria di appartenenza.