DISPENSA DEL LIBRO
DISPENSA DEL LIBRO
“Le garazia della compravendita”
X. Xxxxxx
1. Causa del contratto ed obbligazioni del venditore
Art. 1476: Le obbligazioni principali del venditore sono:
1) quella di consegnare la cosa al compratore;
2) quella di fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto, se l'acquisto non è effetto immediato del contratto;
3) quella di garantire il compratore dall'evizione e dai vizi della cosa
Il codice civile definisce tali prestazioni come OBBLIGAZIONI del venditore. Se ciò è vero per le prime due, non può dirsi lo stesso per la terza; la garanzie infatti non possono essere costruite in termini di obbligazione. (N.B. la garanzie si dividono in reali, che determinano la nascita di diritti su beni che consentono un soddisfacimento del creditore in sede esecutiva, personali, che aggiungono al patrimonio del debitore originario altro soggetto, e legali, che rassicurano una parte sul conseguimento di quanto contrattualmente gli spetta).
Può dirsi allora che l’obbligazione del venditore è quello di garantire la conformità dello stato giuridico del bene e della propria legittimazione a disporne. Solo qualora ciò venga meno opereranno i meccanismi
previsti dall’evizione e dalla garanzia per vizi, che a ben vedere sono rimedi che rafforzano la posizione del compratore, ponendosi in aggiunta ai rimedi generali già previsti dal codice quale ad es. l’azione di
annullamento, che ha un termine prescrizionale più ampio (5 anni v/s 1 anno). Ricorda questione “aliud pro alio”
CONSEGNA DELLA COSA
Art. 1477: La cosa deve essere consegnata nello stato in cui si trovava al momento della vendita.
Salvo diversa volontà delle parti, la cosa deve essere consegnata insieme con gli accessori, le pertinenze e i frutti dal giorno della vendita.
Il venditore deve pure consegnare i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all'uso della cosa venduta.
- IN GENERALE: La norma si riferisce alla consegna di cosa specifica. L’obbligo di consegna della cosa nello stato in cui si trovava al momento della vendita richiama naturalmente l’art. 1177, laddove prevede l’obbligo di custodia riferibile alle obbligazioni di specie. Tale norma serve ad evitare un sovrapporsi tra i rimedi previsti nella fase patologica; essa infatti ha natura integrativa rispetto alla volontà delle parti ed inderogabile 🡪 dunque l’obbligo di consegna riguarda la cosa nello stato in cui si trovava al momento della vendita e non come era stata descritta dalle parti: altrimenti facendo si avrebbe una sovrapposizione tra rimedi negoziali in generale (es. annullamento per errore) ed inadempimento dell’obbligo di consegna.
-SPECIFICAMENTE INVECE: Diversa rilevanza assume invece la consegna nei contratti sottoposti alla disciplina del codice del consumo nonché della Convenzione internazionale di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale dei beni mobili: qui infatti si supera la distinzione tra vizi della cosa e mancanza di qualità, a favore di un più generale concetto di conformità della cosa a quanto contrattato dalle parti. Tali disposizioni hanno ad oggetto per lo più
vendite di cosa generica, dove l’obbligo di consegna assume un ruolo ben più pregnante, partecipando alla specificazione del bene. Quale che fosse allora lo stato del bene al momento della vendita, in questo caso l’obbligo di consegna sarà adempiuto solo se procurerà al compratore la proprietà di un bene che sia dotato delle caratteristiche descritte dal venditore nel contratto.
NATURA DELLA CONSEGNA
IN GENERALE: la consegna non ha natura negoziale. In base al principio consensualistico il trasferimento del diritto avviene per mezzo del consenso delle parti legittimamente manifestato: dunque la consegna è mero atto esecutivo.
SPECIFICAMENTE: vi sono dei tipi di contratti in cui la consegna assume un ruolo più pregnante, qualificandosi come atto negoziale🡪 es: trasferimento dei titoli al portatore, consegna del mandatario al mandante deo beni mobili acquistati in esecuzione dell’incarico. Dunque allora non può darsi una definizione generale di consegna, e si deve guardare caso per caso.
(N.B. esistono addirittura dei contratti in cui la consegna serve proprio al PERFEZIONAMENTO: sono i c.d. CONTRATTI REALI, es. mutuo, comodato, deposito).
Tempo della consegna: si applica l’art. 1183
Luogo della consegna:
-Beni immobili: luogo in cui si trovano al momento della vendita
-Beni mobili: luogo in cui si trovano al momento della vendita, se conosciouto dalle parti, altrimenti domicilio del venditore.
RISULTATO DELLA CONSEGNA: POSSESSO O DETENZIONE
In dottrina vi sono due opposte opinioni, secondo alcuni il risultato è il possesso secondo altri la detenzione. Appare preferibile l’opinione di chi sottolinea come l’efficacia traslativa diretta della vendita impedisce che in capo al venditore permanga l’animus possidendi🡪 questo vuol dire che la vendita in sé realizza sempre il trasferimento del possesso, senza che un’intenzione diversa del dante causa (così come il suo comportamento di buona o mala fede) possa impedirlo, in quanto il suo comportamento di vendere (manifestando il consenso che determina il trasferimento del diritto) è incompatibile con la volontà di mantenere il possesso. QUINDI, il risultato della consegna sarebbe semplicemente quello di far conseguire al compratore la mera disponibilità materiale del bene, e dunque la detenzione.
Secondo altri invece il possesso spetta a chi esercita il potere sulla cosa, e dunque permarrebbe in capo al venditore fino al momento della consegna.
Ovviamente l’obbligo di consegna non sorge qualora la cosa sia già nella disponibilità del compratore.
INADEMPIMENTO ED IMPOSSIBILITà DELLA CONSEGNA.
Si discute in dottrina circa l’essenzialità o meno dell’obbligazione di consegnare la cosa.
--- Secondo alcuni autori la consegna sarebbe estranea al sinallagma (ovviamente parliamo di contratti a prestazioni corrispettive). Tali autori argomentano dall’art. 1465: tale articolo dice che se la prestazione di consegna è divenuta impossibile per perimento del bene il compratore non può chiedere la risoluzione del contratto🡪 in questo caso dunque la consegna non fa parte del sinallagma. Se ciò è vero allora tale norma dovrebbe applicarsi anche al caso in cui la prestazione di consegna non sia divenuta impossibile, ma semplicemente non sia stata adempiuta dal venditore ( e dunque neanche qui il compratore potrebbe chiedere la risoluzione) 🡪 rispettando il principio di sopra, anche qui la consegna non dovrebbe fare parte del sinallagma.
IN REALTà NON E’ COSI’. Gia la giurisprudenza mostra che in caso di inadempimento dell’obbligazione di consegna in compratore può chiedere non solo il risarcimento del danno ma anche la risoluzione del contratto. La ricostruzione sopra esposta è eccessivamente formalistica (in quanto deriva da una lettura eccessiva del 1376🡪 principio consensualistico, svalutando la consegna) , e non tiene conto degli interessi concreti delle parti.
ALLORA NOI AFFERMIAMO CHE LA CONSEGNA RIENTRA NEL SINALLAGMA E ADDIRITTURA DICIAMO CHE LA REGOLA DELL’ART. 1465 POTREBBE ESSERE DISATTESA IN CONSIDERAZIONE DEI CASI CONCRETI, SOPRATTUTTO QUANDO IL COMPRATORE SIA “PARTE DEBOLE” DEL CONTRATTO.
FRUTTI E PERTINENZE
Il 2 comma del 1477 dice che il venditore deve consegnare la cosa insieme agli accessori, le pertinenze e i frutti “maturati dal giorno della vendita”.
Non si capisce se la locuzione “maturati dal giorno della vendita” si riferisca solo ai frutti, o anche alle pertinenze e agli accessori.
DUE TESI:
1) INTERPRETAZIONE LETTERALE: si riferisce sia ai frutti che agli accessori e pertinenze
2) INTERPRETAZIONE SISTEMATICA: si riferisce solo ai frutti. E’ logico che accessori e pertinenze sorti nel periodo temporale intercorrente tra momento della vendita e momento della consegna, avendo un valore economico e giuridico autonomo e ben più consistente nei meri frutti, non possono automaticamente
ricadere nell’oggetto del contratto, qualora non siano stati previsti. Quindi gli accessori e le pertinenze dovuti sono solo quelli esistenti AL momento della vendita (NON “DAL” MOMENTO DELLA VENDITA: DICENDO “DAL” RICOMPRENDI ANCHE IL PERIODO TEMPORALE INTERMEDIO!!!!!!!!!)
DUNQUE IL SIGNIFICATO REALE DELLA NORMA E’ SEMPLICEMENTE QUELLO DI ESCLUDERE LA CONSEGNA
DEI FRUTTI MATURATI ANTERIORMENTE ALLA VENDITA (perché se vogliamo è LOGICO che se ti vendo una cosa fruttifera, nel momento in cui ti trasferisco la proprietà della cosa automaticamente i frutti da quel momento in poi diventano tuoi.)
Quanto ai DOCUMENTI, il venditore deve consegnare i documenti e i titoli necessari per l’esercizio del diritto nonché per l’opponibilità del diritto ai terzi.
MA… N.B.: secondo la giurisprudenza, la sussistenza in concreto della situazione descritta nel certificato
prevale sull’ ASSENZA del certificato (cioè: se io ti vendo una casa e ti dico che la casa è rossa, se la casa poi effettivamente è rossa questo è più importante del fatto che tu non mi dia il documento che mi attesta che
la casa è rossa). Dunque la mancata consegna dei documenti è si inadempimento, MA NON DA LUOGO A RISOLUZIONE DEL CONTRATTO in presenza di tali presupposti (corrispondenza dello stato di fatto con
l’oggetto del certificato).
La consegna nel contratto preliminare
E’ noto che può darsi il caso di contratto preliminare con effetti anticipati, dove cioè le parti anticipano determinati effetti che dovrebbero essere ricondotti al definitivo al contratto preliminare. CHE RUOLO SVOLGE IN QUESTO CASO LA CONSEGNA????
Secondo una nota sentenza della Cassazione nel caso di contratto preliminare ad effetti anticipati la consegna (del bene, dal venditore al compratore o della somma, dal compratore al venditore) non è un mero atto esecutivo, ma sarebbe un vero e proprio CONTRATTO ACCESSORIO (nel caso di consegna del bene, un COMODATO GRATUITO, nel caso di consegna della somma, un MUTUO GRATUITO).
Tale sentenza ha l’indubbio merito e la sua giustificazione nel tentativo di dare un fondamento giuridico ed un titolo causale all’esercizio delle parti di poteri che non gli competerebbero prima della stipula del definitivo. Tuttavia tale ricostruzione, seppur autorevole, appare eccessiva: non vi è dubbio infatti che anche nel preliminare ad effetti anticipati la consegna (del bene o della somma) non ha titolo gratuito, ma rinviene la sua giustificazione causale nella controprestazione. Quindi è vero che si formano dei diritti
“intermedi”, ma questi sono giustificati non da contratti accessori, bensì dal definitivo.
Art. 1478: Vendita di cosa altrui
Se al momento del contratto la cosa venduta non era di proprietà del venditore, questi è obbligato a procurarne l'acquisto al compratore.
Il compratore diventa proprietario nel momento in cui il venditore acquista la proprietà dal titolare di essa.
Si ha vendita di cosa altrui quando il venditore del bene non era legittimato a disporne. In dottrina si dice
in quanto vi è un’ipotesi di vendita di cosa altrui e generica al contempo: la vendita allo scoperto.
che la vendita di cosa altrui deve essere necessariamente vendita specifica; tuttavia non è esattamente così
Quando si parla di vendita di cosa altrui si deve distinguere tra:
- vendita nominale di cosa altrui: in questo l’effetto traslativo è sospeso ma ciò trova la sua fonte all’interno del contratto, in quanto sono le parti stesse ad averlo voluto;
- vendita patologica di cosa altrui: anche qui l’effetto traslativo è sospeso ma ciò non ha fonte nel contratto, dove il venditore si prospettava falsamente come proprietario della cosa, bensì
nell’integrazione legislativa.
↓
Infatti nella vendita patologica di cosa altrui opera l’art. 1479, che dice che “Il compratore può chiedere la risoluzione del contratto, se, quando l'ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore, e se frattanto il venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietà”. 🡪 Da ciò ricaviamo che nell’ipotesi patologica sicuramente l’obbligazione del venditore di far acquistare la proprietà si qualifica in termini di OBBLIGAZIONE DI RISULTATO.
Più discussa invece è la natura dell’obbligazione del venditore nel caso di vendita nominale di cosa altrui, soprattutto quando nulla sia detto all’interno del contratto circa le eventuali conseguenze. Si tratta di | ||
capire se l’obbligo del compratore di adoperarsi diligentemente per far acquistare al compratore la cosa | ||
possa integrare un esatto adempimento. Se è così allora si tratta sicuramente di un’OBBLIGAZIONE DI | ||
MEZZI (e non di risultato). In realtà questa è una quaestio interpretationis: in considerazione delle norme | ||
che impongono di interpretare il contratto nel senso più favorevole all’obbligato, la tesi preferibile sarebbe |
proprio questa.
ALLORA… CHE SUCCEDE SE IL VENDITORE CHE SI SIA DILIGENTEMENTE ADOPERATO NON RIESCA A FAR ACQUISTARE IL BENE AL COMPRATORE?
Secondo alcuni opererebbe una risoluzione automatica ex. art. 1472 (in tema di vendita di cosa futura); tale | |
tesi è contestabile per un’eccessiva rigorosità. Appare preferibile invece la tesi di chi ritiene che si applichi | |
l’art. 1464: dovrà allora distinguersi tra impossibilità parziale e definitiva; nel primo caso spetterà al | |
compratore la scelta tra risoluzione o accettazione della prestazione parziale, qualora ne abbia interesse; |
nel secondo caso invece opererà la risoluzione automatica.
REALIZZAZIONE DELL’EFFETTO TRASLATIVO.
bene diventa di proprietà del venditore. Tuttavia si ammette pacificamente che il risultato possa essere
perseguito anche mediante un trasferimento diretto dall’originario proprietario al compratore, con la
Il 2° comma dell’art. 1478 afferma che il compratore acquista la proprietà del bene nel momento in cui tale
collaborazione del venditore. COME SI QUALIFICA TALE FATTISPECIE?
Secondo alcuni ricorre in tal caso la figura del contratto a favore del terzo ex art. 1411 c.c.. Tale
ricostruzione appare però insufficiente ogni qual volta il contratto tra venditore e compratore venga
annullato… che succederebbe in tal caso? Tali autori, applicando analogicamente il 1411 ritengono che
l’acquisto di consoliderebbe in capo al venditore, che nel contratto avrebbe assunto la posizione di stipulante.
Secondo il prof. questa ricostruzione è INCOERENTE ED ECCESSIVAMENTE MACCHINOSA. Molto meglio è | |
costruire anche la fattispecie dell’acquisto diretto del compratore dall’originario proprietario come un | |
contratto tra venditore e compratore, dove l’originario proprietario interviene per ADEMPIMENTO DEL | |
TERZO ex art. 1180 c.c. 🡪 in questo caso se la vendita tra venditore e compratore viene successivamente | |
meno, il compratore dovrà ritrasferire il bene all’originario proprietario, ed il venditore rimane fuori dalla |
vicenda.
Tale tesi è sostenuta anche dalla CASSAZIONE.
FATTISPECIE CONTIGUE:
La vendita nominale di cosa altrui va distinta da:
promessa del fatto del terzo (art. 1381 c.c.): in questo caso il venditore NON SI OBBLIGA a far acquistare la
proprietà, ma semplicemente “PROMETTE” il fatto del terzo, tanto che nel caso in cui il terzo non realizzi la
fattispecie traslativa l’unico obbligo del venditore è il pagamento di un indennizzo;
mandato oneroso (senza rappresentanza) ad acquistare il bene altrui: infatti in questo caso prevale la natura obbligatoria dell’acquisto, che è vero e proprio atto di adempimento (non della vendita di bene altrui, ma) del contratto di mandato
N.B.: alcuni qualificano la vendita di bene altrui come vendita sottoposta a condizione sospensiva
dell’acquisto della proprietà dal terzo da parte del venditore. Tale ricostruzione è SBAGLIATA, ma vedrai
che serve ad alcuni per ammettere la TRASCRIVIBILITà della vendita di cosa altrui.
MALA FEDE DI ENTRAMBI I CONTRAENTI:
Se entrambe le parti sono a conoscenza dell’altruità del bene ma sono in malafede, è dubbio che possa operare il meccanismo di integrazione legale che abbiamo descritto sopra (vedi art. 1479). In questo caso potrebbe parlarsi piuttosto di simulazione relativa, con tutte le conseguenze che derivano.
TRASCRIVIBILITA’:
Il discorso riguarda in generale le ipotesi di vendita obbligatoria. Alcuni autori negano tale possibilità argomentando dall’art. 2643 (che parla di trascrizione dei contratti che TRASFERISCONO la proprietà) e dall’art. 2659 c.c. che consente la trascrizione dei contratti sottoposti a termine o condizione: se il legislatore ha dovuto dettare una norma specifica per tali contratti ciò vorrebbe dire, a contrario, che in generale i contratti che non realizzano un effetto traslativo immediato non sono trascrivibili. Altri invece argomentano dalla stessa norma per dire che se è possibile la trascrizione dei contratti sottoposti a termine o condizione sarebbe possibile in generale la trascrizione di tutti i contratti in cui l’effetto traslativo è differito.
Questo dibattito si ripropone con riguardo alla vendita di cosa altrui. Per alcuni autori non sarebbe possibile la trascrizione fin quando non si sia verificato l’effetto traslativo, e ciò per due ragioni:
1. non si sa contro chi effettuare la trascrizione: non potrebbe essere effettuata contro il venditore, in quanto non proprietario; non potrebbe essere effettuata contro il proprietario, in quanto mancherebbe il titolo per farlo (lui non ha concluso nessun contratto)
2. anche ammettendo la trascrizione contro il venditore di cosa altrui, questo non risolverebbe i conflitti in
caso di eventuali alienazioni successive, perché prevarrebbe sempre chi abbia acquistato dal vero proprietario.
la proprietà dall’originario proprietario, è dubbio se sia necessaria un’unica trascrizione o una doppia
Ora, ammesso che per questa dottrina la trascrizione è possibile solo dopo che il venditore abbia acquistato
trascrizione:
- secondo alcuni, UNICA TRASCRIZIONE (contro il proprietario e a favore del compratore): infatti il
compratore acquisterebbe la proprietà DIRETTAMENTE dal proprietario, e l’acquisto del venditore sarebbe un adempimento intermedio per il trasferimento a favore del compratore, potendosi inquadrare tale fattispecie nel fenomeno della rappresentanza;
- secondo altri DOPPIA TRASCRIZIONE: si avrebbe un duplice passaggio di proprietà, il primo contro il proprietario e a favore del venditore, il secondo contro il venditore e a favore del compratore.
La dottrina prevalente e la giurisprudenza della Cassazione invece AMMETTONO L’IMMEDIATA TRASCRIZIONE DELLA VENDITA DI COSA ALTRUI. Si critica la dottrina sopraesposta in quanto la trascrizione, se non varrebbe a risolvere i conflitti con aventi causa del proprietario, potrebbe comunque risolvere i conflitti con gli altri aventi causa del venditore.
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La trascrizione andrà fatta allora CONTRO IL VENDITORE E A FAVORE DEL COMPRATORE, ma si prevede un
momento in cui verrà trascritto l’adempimento intermedio del venditore sarà cancellata l’annotazione.
DOPPIO MECCANISMO DI PUBBLICITà: inizialmente vi sarà l’annotazione che indica l’altruità del bene, e nel
Art. 1479 : Il compratore può chiedere la risoluzione del contratto, se, quando l'ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore, e se frattanto il venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietà.
Salvo il disposto dell'articolo 1223, il venditore è tenuto a restituire all'acquirente il prezzo pagato anche se la cosa è diminuita di valore o è deteriorata; deve inoltre rimborsargli le spese e i pagamenti legittimamente fatti per il contratto. Se la diminuzione di valore o il deterioramento derivano da un fatto del compratore, dall'ammontare suddetto si deve detrarre l'utile che il compratore ne ha ricavato. Il venditore è inoltre tenuto a rimborsare al compratore le spese necessarie e utili fatte per la cosa, e, se era in mala fede, anche
quelle voluttuarie.
VENDITA PATOLOGICA DI COSA ALTRUI E RIMPROVERABILITà DEL SOLO VENDITORE.
Con riguardo ai rimedi previsti in caso di vendita patologica, di cui all’art- 1479, occorre porsi il problema | |
della valutazione o meno dello stato soggettivo del venditore, e cioè se il venditore fosse in mala fede, | |
essendo dolosamente consapevole che il bene non era suo a avendolo venduto come proprio, oppure in | |
buona fede, dove il venditore non sapeva che il bene non era suo ma si configura comunque una colpa in | |
contrahendo in quanto avrebbe dovuto accertarsi della sua legittimazione a disporre del bene. Ora | |
sicuramente anche l’ipotesi di colpa da luogo a risoluzione del contratto in quanto la violazione di ogni | |
garanzia di cui al numero 3 dell’art. 1476 comporta la risoluzione per inadempimento. La mala fede è |
invece presa in considerazione dal 3 comma del 1476 per la risarcibilità della spese voluttuarie.
Cioè si va a graduare direttamente un’eventuale risarcimento del danno, e la parola rimborso in realtà è da intendere come risarcimento, che si atteggia diversamente a livello quantitativo se constatata la colpa od il dolo del debitore, quindi il problema che si pone è questo, nei primi due commi è necessaria la colpa del debitore o ci sono ipotesi in cui la colpa non rileva? (la colpa consiste nel fatto di non aver idoneamente indagato sulla proprietà del bene)
In questo caso la dottrina ritiene che la sussistenza della colpa sia essenziale per il rimborso o la risoluzione del contratto. Però dobbiamo porci il problema di coordinare questo principio con quanto abbiamo detto, e cioè che nell’ipotesi di vendita patologica grava comunque un’obbligazione di risultato sul venditore di cosa altrui!
Il venditore che aliena in buona fede un bene che ritiene proprio ma invece non lo è ha comunque il dovere di procurare la proprietà del bene al compratore. Qui si ha una obbligazione di risultato! ed il risarcimento del danno, almeno il danno emergente va liquidato per il sol fatto eventuale di non aver raggiunto l’obbligo di far acquistare il bene, e se c’è quest'obbligo il venditore anche se non pensava al momento di alienare il bene di dover andare incontro di un’operazione di acquisto della proprietà da un’altro soggetto lo dovrà fare comunque in quanto prevista come garanzia reale.
Quindi in questo caso quanto meno il danno emergente andrebbe liquidato, per il lucro cessante si può discutere sul grado di colpa del debitore, se il debitore ha avuto un grado di colpa elevato il lucro cessante sarà liquidato in un modo più importante, e sarà attenuato quando il valore della colpa sarà più leggero.
Si noti ancora che nell’ipotesi di vendita patologica di cosa altrui, non essendo il compratore a conoscenza dell’altruità della cosa e non rientrando quindi l’obbligo differito di far acquistare la proprietà nelle determinazioni contrattuali, ma sorgendo questo quale integrazione legislativa, il venditore può considerarsi IMMEDIATAMENTE IN STATO DI MORA, non valendo il termine per far acquistare la proprietà.
USUCAPIONE (acquisto a titolo originario)
Altro punto da affrontare è l’acquisto a titolo originario ovvero l’usucapione, come coordinarla? Si può in concreto realizzare l’effetto traslativo, e dunque la responsabilità del venditore sarebbe
esclusa, con l’usucapione? Secondo una dottrina tradizionale si potrebbe fare, con la somma delle trascrizione, lo può fare perché è prevista espressamente la trascrizione del titolo dell’usucapione e
anzi l’art. 1159 prevede l’usucapione abbreviata di 10 anni qualora vi sia la trascrizione di un titolo astrattamente idoneo aggiunta alla buona fede del possessore. Rimane però il problema di come si possa realizzare l’animus possidendi, come possa l’acquirente usucapire il bene con un’animus possidendi se nella vendita originaria di cosa altrui sia stato detto che il bene era altrui.
Xxxx l’usucapione è giustificato quando vi sia la buona fede, e l’animus possidendi da parte
dell’usucapiente cioè il possessore possiede il bene convinto di essere il proprietario del bene, nel caso della vendita di cosa altrui se io stipulo una vendita di cosa altrui e poi possiedo il bene è difficile dimostrare che non sono a conoscenza dell’altruità del bene, perché ho stipulato una vendita di cosa altrui! Il prof grassi aggiunge il fatto che l’ordinamento vede con sfavore questa
ipotesi, perché si potrebbe realizzare un’ipotesi di appropriazione indebita derivante dal diritto penale. In conclusione bisogna guardare il caso concreto, analizzarlo, poiché bi sono dei casi concreti in cui l’usucapione potrebbe realizzarsi in altri casi no.
VENDITA PATOLOGICA DI COSA ALTRUI E RIMPROVERABILITà DI ENTRAMBI I CONTRAENTI.
La norma dell’art. 1479 prende in considerazione la fattispecie in cui il compratore sia in buona fede, o meglio egli si presume in buona fede, ma tale presunzione può essere vinta con una prova contraria. Xxxxxxx allora chiedersi cosa accada nel caso in cui il compratore sia in mala fede, o sia il suo comportamento derivante da colpa grave.
In tal caso secondo il prof. operano due conseguenze:
1- non si verifica l’immediata mora del creditore; tale mora infatti è a tutela del compratore ignaro, mentre in questo caso non vi è tale esigenza di tutela, e dunque tornerà ad essere applicabile l’art. 1183;
2- non sorge l’obbligo risarcitorio, essendo esso compensato dall’obbligo restitutorio sorto in capo al compratore stesso. al massimo sarà possibile la risoluzione del contratto.
PRELIMINARE DI COSA ALTRUI
Le norme esposte non possono trovare applicazione nell’ipotesi del preliminare di cosa altrui. Qui infatti l’acquisto della proprietà è per sua natura differito alla stipulazione del definitivo, e dunque non vi sono esigenze di tutela.
Art. 1480:
Se la cosa che il compratore riteneva di proprietà del venditore era solo in parte di proprietà altrui , il compratore può chiedere la risoluzione del contratto e ilrisarcimento del danno a norma dell'articolo precedente, quando deve ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario; altrimenti può solo ottenere una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno.
La vendita di cosa parzialmente altrui è un sistema ibrido che prevede degli effetti reali sia immediati che differiti. Mentre la vendita di cosa altrui è una vendita ad effetti reali differiti, dove l’effetto reale non si realizza nel momento della stipula del contratto, ma solo in un secondo momento, nella vendita di cosa parzialmente altrui non c’è un ostacolo allo sviluppo degli effetti ‘‘parziali’’ riguardanti il bene in quanto il venditore è parzialmente proprietario del bene alienato. In questo caso il venditore potrebbe essere sia consapevole di non esserlo o di esserlo ma magari occulta tale situazione. Ma come abbiamo già detto ciò non rileva ai fini dell’operatività del rimedio: l’obbligo a procurare la proprietà rimane perché è un principio inderogabile, garanzia legale inderogabile e prevista al 1476 come un paradigma e nella vendita di cosa parzialmente altrui inderogabilmente il proprietario parziale della cosa è obbligato è costretto dalla legge a procurare la proprietà anche della restante parte, e tale obbligazione si configura in termini di obbligazione di risultato. A questo punto nell’ipotesi di cosa parzialmente altrui sono state previste ipotesi di comproprietà, il principio però xxxxxxx è di modulare il rimedio al caso concreto, vuol dire che la risoluzione non sempre è possibile perché si potrebbe realizzare l’ipotesi di cui l’acquirente non possa risolvere il contratto per inadempimento quando avrebbe lo stesso stipulato il contratto.
Dunque il rimedio dipende dall’ incidenza della fattispecie sulla volontà del compratore, volontà però che va accertata ex post facendo riferimento a quanto egli avrebbe voluto se fosse stato a conoscenza della parziale altruità della cosa:
- se il compratore non avrebbe concluso il contratto, ha diritto alla risoluzione + risarcimento danno
- se il compratore avrebbe concluso il contratto, la risoluzione risulta eccessiva e dunque il 1480 prevede la possibilità di ottenere un rimborso (che l’articolo chiama “riduzione del prezzo”, ma secondo il prof. è un rimborso) + il risarcimento parziale del danno.
PERICOLO DI RIVENDICA ART.1481: Il compratore puo` sospendere il pagamento del prezzo, quando ha ragione di temere che la cosa o una parte di essa possa essere rivendicata da terzi, salvo che il venditore presti idonea garanzia .
Il pagamento non puo` essere sospeso se il pericolo era noto al compratore al tempo della vendita.
Art. 1482 Xxxx gravata da garanzie reali o da altri vincoli:
Il compratore puo` altresi` sospendere il pagamento del prezzo, se la cosa venduta risulta gravata da garanzie reali o da vincoli derivanti da pignoramento o da sequestro, non dichiarati dal venditore e dal compratore stesso ignorati.
Egli puo` inoltre far fissare dal giudice un termine, alla scadenza del quale, se la cosa non e` liberata, il contratto e` risoluto con obbligo del venditore di risarcire il danno ai sensi dell`art. 1479.
Se l`esistenza delle garanzie reali o dei vincoli sopra indicati era nota al compratore, questi non puo` chiedere la risoluzione del contratto, e il venditore e` tenuto verso di lui solo per il caso di evizione.
GLI ART.1481-1482 SONO ARTICOLI STRETTAMENTE CONNESSI,SONO IPOTESI BEN DIVERSE DALL EVIZIONE
Il pericolo di rivendica si colloca all’esterno dell’ azione di evizione perché si concretizza in un momento in
cui il difetto o l’evizione non è ancora avvenuta; esso si colloca in un momento antecedente al verificarsi del fatto in sè pe sè e invece si colloca in un momento successivo rispetto al consenso. E quindi nel lasso di
tempo che va dal consenso alla realizzazione dell’evizione,il compratore può eccepire il pericolo di rivendica e quindi sospendere il pagamento del prezzo.Questa disciplina è molto simile alla disciplina generale della sospensione del pagamento del prezzo (ossia alla generale eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c.) ;infatti noi ci troviamo a confrontarci con dei rimedi e delle garanzie(quelle della compravendita) che comportano delle conseguenze che non sono poi tanto dissimili rispetto ai rimedi generali che il diritto civile offe per qualsiasi altro contratto.Semplicemente in questo caso vi sono degli elementi di diversità e quindi opera su profili diversi e ci sono delle tutele particolari che disattivano(secondo alcuni)le tutele generali e che devono essere eccepite entro dei termini di prescrizione più ristretti rispetto a quelli generali.Gli artt.1481-1482 sono due ipotesi simili in due casi diversi.
Il primo caso(art.1481) è quello in cui si ha soltanto un pericolo che la cosa possa essere rivendicata da terzi,nel secondo caso(art.1482) invece il mero pericolo da parte del compratore viene sostituito con un fatto oggettivo:la presenza di un vincolo,di un peso,(una trascrizione contraria). In questo caso è diverso il grado di colpa del venditore perche mentre nel caso dell’art.1481 ci sarà un onere della prova a carico del compratore che dovrà quindi provare la colpa del venditore e soprattutto che questa pretesa non era né nota né riconoscibile nella fase di stipulazione del contratto .Quindi in tale caso sul compratore incombe un onere della prova più forte.Nel caso dell’ art.1482,l’onere della prova sarà molto più limitato:basterà dimostrare come presupposto la presenza del vincolo e il fatto che non era stato comunicato al monento della conclusione del contratto. Per peso o vincolo può intendersi: sequestro (conservativo, legale,
giudiziale, volontario), pegno, ipoteca e altri diritti reali di garanzia, mentre dubbio è l’espropriazione per pubblica utilità, per alcuni ricompresa solo nel caso in cui la causa fosse antecendente alla vendita. In ogni caso la vendita in caso di vincolo sul bene è sempre valida, e se l’altra parte è consapevole che sul bene c’è un vincolo può legittimamente decidere se acquistare lo stesso il bene oppure se non acquistarlo ,ma se
decide di acquistarlo consapevole che c’è un vincolo(che peraltro è stato reso noto dal venditore) l’azione di rivendica non può più essere esperita. Qui si parla di vincoli che siano sorti prima della conclusione del contratto o che quanto meno abbiano una causa antecedente alla conclusione del contratto.Una premesse che va fatta è che il legislatore non è stato particolarmente brillante nella redazione di queste norme,quindi la funzione suppletiva della giurisprudenza è stata massiccia.C’è UNA GRANDISSIMA CASISTICA SUL PERICOLO DI RIVENDICA,DI GARANZIA PER VIZI,PROPRIO PER POTER DELIMITARE LA DIFFERENZA TRA UNA
FIGURA ED UN’XXXXX.Xx giurisprudenza ha dunque orientato queste nozioni che non sono poi cosi xxxxxx.Xx pericolo di rivendica comporta un onere probatorio notevole per dimostrare la colpa del debitore e soprattutto che questo timore non equivalga ad una sorta di pretesa temeraria,cioè sia connotato da caratteri di serietà,concretezza, e quindi un vaglio che deve essere inteso in senso oggettivo cioè il pericolo deve essere fondato,non può eccepirsi un pericolo generico e non fondato su alcun xxxxxxxxxxx.Xx
problema giurisprudenziale si è posto nell’ ipotesi in cui il pericolo di rivendica sussista ma non è stata ancora avanzata la pretesa da parte del terzo,cioè il pericolo di rivendica è il pericolo che il terzo potrebbe rivendicare la proprietà sul bene compravenduto.è quindi sorto il problema di stabilire: quando il terzo, che potrebbe rivendicare il bene ma non ha effettuato ancora la pretesa, il compratore può sospendere il pagamento del prezzo?meglio dire:può il compratore sospendere il pagamento del prezzo perché ha il timore che il terzo potrebbe agire per rivendicare il bene?Questo interrogativo è stato fortemente discusso perché una parte della giurisprudenza talvolta lo ha ammesso.H a ammesso la sospensione del pagamento del bene nel caso precedentemente esposto,come è stata ammessa l’estensione di tale garanzia al contratto preliminare(anche se il punto è fortemente discusso).IL PROFESSORE(GRASSI) sembra assumere una posizione critica nei confronti di tale orientamento però incontrovertibilmente la giurisprudenza della Cassazione lo ha ammesso.Questo orientamento(della CASSAZIONE)desta delle perplessità perché il contratto preliminare si stipula proprio perché le parti prima di prestare il consenso potrebbero essere indotte a risolvere le eventuali controversie con eventuali terzi e quindi probabilmente nel frattempo si realizza un effetto prerogativo sul bene, si trascrive talvolta che il preliminare,e quindi nel frattempo le parti avranno il tempo di risolvere tutte le controversie con i terzi.Ecco perché la sospensione del pagamento del prezzo non sarebbe giustificata nel contratto preliminare. Il secondo comma dell’ art.1482
recita:”EGLI(il compratore)può inoltre far fissare dal giudice un termine alla scadenza del quale,se la cosa non è liberata,il contratto è risoluto con obbligo del venditore di risarcire il danno ai sensi dell’articolo 1479”. Questo vuol dire che il compratore particolarmente zelante potrebbe dire di non volere sospendere il pagamento del prezzo perché ritiene di essere in buona fede e quindi decide di rivolgersi al giudice.A questo punto si è discusso se l’effetto della pronuncia del giudice sia una risoluzione automatica oppure se l’effetto è solo quello di poter sospendere il pagamento del prezzo e poi ottenere con una seconda pronuncia del giudice la risoluzione con effetti giudiziali.
Anche in questo caso la giurisprudenza è intervenuta in maniera massiccia per interpretare l’articolo 1482 come una specie del più ampio genere del 1481(pericolo di rivendica),quindi come una sorta di norma speciale a norma xxxxxxxx.XX il venditore può prestare anche u’idonea garanzia,consapevole della possibile azione di rivendica del terzo(ad es.può prestare una fideiussione in maniera tale che se la cosa venga in successivo momento sottratta al compratore,egli potrà riscuotere questa garanzia e rientrare nel pagamento del prezzo che non è in tale caso sospeso.Continua ad esserci il pagamento perché c’è la tutela del compratore di andare a riscuotere la garanzia.
Art 1483 e seguenti (garanzia per evizione)
Art 1483 : evizione totale della cosa: Se il compratore subisce l'evizione totale della cosa per effetto di diritti che un terzo ha fatti valere su di essa, il venditore è tenuto a risarcirlo del danno a norma dell'articolo 1479 (1).
Egli deve inoltre corrispondere al compratore il valore dei fruttiche questi sia tenuto a restituire a colui dal quale è evitto, le spese che egli abbia fatte per la denunzia della lite e quelle che abbia dovuto rimborsare all'attore (2).
Innanzitutto bisogna chiarire cosa significa evizione, l’accezione allude alla situazione del creditore che sia rimasto soccombente all’esito di un giudizio instaurato da un terzo che pretende di essere proprietario del bene e riesce ad ottenere una sentenza di accertamento su quel bene trasferito e di condanna al compratore alla consegna della cosa; la Cassazione afferma che l’evizione si verifica quando l’acquisto del bene ad opera dell’acquirente è impedito o reso inefficace da un terzo che vanti un diritto sullo stesso bene, senza che sia necessario che il compratore sia privato
dell’effettivo possesso.
La peculiarità dell’evizione è l’evento evizionale che si traduce in un intervento rivendicativo o espropriativo di un terzo, mentre irrilevante risulta ai fini dell’operatività della garanzia la perdita del possesso, ciò che conta è la perdita del diritto non del possesso!
Diciamo che la garanzia opera in virtù del mero fatto obbiettivo, indipendentemente dalla colpa del venditore sia della conoscenza da parte del compratore della possibile evizione.
Questa garanzia opera indipendentemente dalla colpa perché nel momento in cui vi è perdita del diritto che viene trasferito dal compratore si verifica un’alterazione del sinallagma delle prestazioni, si avverte la necessità di ripristinare la situazione anteriore al contratto a favore del compratore,
attraverso gli obblighi restitutori (rimborso prezzo, restituzione delle spese), ovviamente c’è anche spazio per il risarcimento del danno, anche se subordinato all’imputabilità dell’inadempimento, imputabilità che tuttavia si presume perché opera l’art 1318. Dunque, ricapitolando: se inadempimento non è imputabile a dolo o colpa del debitore, allora il compratore può ottenere la risoluzione del contratto, la restituzione del prezzo e i rimborsi delle spese per il contratto e per la cosa e gli interessi, se vi è colpa allora potranno essere richieste anche altre voci risarcitorie come il lucro cessante, il mancato guadagno che deriva dalla privazione del bene (ovviamente ciò deve essere provato).
Altro aspetto di carattere generale riguarda il momento in cui si verifica la causa dell’evizione ai fini dell’azionabilità della garanzia per evizione, secondo la giurisprudenza tendenzialmente maggioritaria, la garanzia può essere azionata laddove la causa che da vita all’evento evizionale sia pre-esistente al contratto di compravendita mentre l’altra parte della dottrina tra cui il prof grassi ritene che anche per i patti successivi alla stipula del contratto ma non di meno opponibili al debitore e che causano frustrazione del diritto è praticabile la garanzia per evizione, questo perchè la dottrina legge l’intero sistema delle garanzie, alla luce dell’obbligo a carico del venditore di garantire l’impegno traslativo e la validità dell’effetto traslativo. Questa dottrina che tende ad ampliare la garanzia anche ai fatti successivi al contratto chiaramente si pone come obbiettivo quella di facilitare il compratore nell’onere della prova. Esempio : doppia alienazione immobiliare ovvero il venditore dopo il contratto di compravendita trasferisce ad un’altro soggetto il bene e questo terzo trascrive prima del primo compratore, in questo caso la trascrizione dell’acquisto del terzo prevarrà sulla trascrizione del primo compratore.Altro aspetto dell’art 1483 riguarda la vendita di cosa altrui, sicuramente vi è comunanza, sia sotto il profilo disciplinatorio e testuale.
Quali sono i fatti evizionali? : sentenza di condanna (solo se passata in giudicato) al rilascio della cosa (tra terzo e compratore, ove vi è accertamento del diritto del terzo sul bene compravenduto e vi è condanna al rilascio del bene) - sentenza trasferimento immobile, esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre - riconoscimento del diritto del terzo da parte del compratore sempre che
non sussistano ragioni sufficienti per impedire l’evizione (1485) - il trasferimento coattivo a favore dell’aggiudicatario (in ambito di esecuzione civile) - il decreto di espropriazione per pubblica utilità - la sentenza amministrativa di distruzione del bene per irregolarità oppure la sentenza di annullamento del titolo del venditore. Si applica la garanzia per evizione anche quando il bene è soggetto a confisca penale perché la confisca è una misura di sicurezza di carattere reale che comporta il trasferimento della proprietà del bene dal soggetto allo stato. La garanzia per evizione non si applica in materia di sequestro penale (preventivo o conservativo) perché il sequestro è misura cautelare e quindi è provvisorio, non vi è perdita definitivo del diritto in questo caso.
Altro aspetto dibattuto è la prescrizione di questa garanzia secondo l’opinione prevalente la pretesa risarcitoria è soggetta al termine ordinario di prescrizione decennale che decorre dal momento in cui è incontestabile l’accertamento del fatto evizionale. Esempio se l’evizione scaturisce da un’azione di rivendicazione del bene di un terzo nei confronti del debitore solo al passaggio in giudicato della sentenza di condanna alla restituzione del bene a favore del terzo che scatta il termine decennale. La critica che si fa è che quindi praticamente la garanzia per evizione può essere applicabile ben oltre i 10 anni dalla data di stipula del contratto e quindi un’altra parte della dottrina tende a dire che la garanzia per evizione è azionabile si n da subito, sin dal momento della stipula del contratto di compravendita quando emerge un’inesattezza dell’attribuzione traslativa, e quindi poi il successivo accertamento definitivo del diritto del terzo non determinerà un nuovo diritto ma solo a stabilizzare un’azione già proposta, già stata intrapresa.
Quello che rileva ai fini dell’evizione è l’accertamento di un diritto di un terzo incompatibile con il diritto trasferito dal compratore, non rileva lo spossessamento non a caso la maggior parte della dottrina nega che l’istituto sia invocabile quando l’acquirente sia soccombente all’esito di un
giudizio possessorio perché in realtà l’azionabilità dell’evizione presuppone che sia accertato un diritto in contrasto con quello del compratore, il giudizio possessorio è un giudizio nel quale innanzitutto si fa valere il possesso che non è un diritto ma è una situazione di fatto a cui
l’ordinamento ricollega una tutela o effetti giuridici, il giudizio possessorio attribuisce una tutela che di per se è provvisoria, perché in un soggetto la parte vittoriosa all’esito di un giudizio possessorio potrà essere soccombete successivamente all’esito di un giudizio petitorio (azione di rivendicazione, ha ad oggetto l’accertamento del diritto e non più del possesso) quindi la dottrina dice che la soccombenza in un giudizio possessorio non rileva ai fini della garanzia evizionale, ma potrà al piu configurarsi come pericolo di evizione, pericolo di rivendica ed in questo senso la tutela applicabile sarà da rintracciare nell’art.1481 (pericolo di rivendica).
Se il compratore che ignorava l’altruità della cosa al momento del contratto subisce l’evizione allora potrà richiedere la restituzione del prezzo, il rimborso delle spese contrattuali, oltre al risarcimento del danno che deve essere provato. Abbiamo visto la dottrina prevalente tende a ritenere del tutto rilevante lo stato di buona fede o mala fede del compratore, in ogni caso il compratore può rilevare lo stato di evizione e richiedere il risarcimento del danno (sempre se vi è colpa del venditore).
Questa idea è avversata da parte della dottrina perchè dice che è necessaria la buona fede del compratore affinché quest’ultima possa far valere il risarcimento del danno, per quale motivo? perchè si finirebbe per trattare allo stesso modo un compratore in buona fede, ed un compratore in mala fede, e quindi questo non è razionale.
Altro aspetto importante il rapporto tra l’evizione ed il contratto preliminare.
la giurisprudenza e la dottrina escludono che possa applicarsi la garanzia per evizione quando le parti abbiano stipulato un preliminare, perchè il preliminare è un contratto ad effetti meramente obbligatori mentre questo tipo di garanzia accede alla vendita che è un contratto ad effetti reali. Altra parte della dottrina ritiene diversamente nel caso in cui le parti abbiano stipulato il contratto preliminare ad effetti anticipati, proprio rispetto a quest’ultima fattispecie dice questa dottrina poichè (la stessa cassazione lo dice) se vi è anticipo degli effetti, sopratutto quello della detenzione della res, allora l’evizione si pone.
Art 1484 evizione parziale della cosa: In caso di evizione parziale della cosa, si osservano le disposizioni dell'articolo 1480e quella del secondo comma dell'articolo precedente.
Si osserva il 1480 e l’art 1483 ovvero; l’art 1480 dice che se l’evizione è parziale il compratore ha diritto o alla risoluzione del contratto se prova che non l’avrebbe stipulato senza quella parte evitta, oppure può ottenere una riduzione del prezzo salvo in ogni caso il risarcimento del danno.
Evizione parziale si ha quando il compratore subisce una parziale espropriazione o rivendicazione del bene e questa fattispecie la dobbiamo tenere distinta dall’evizione limitativa (pegno ed ipoteca) che invece è disciplinata dall’art 1489, ovvero non vi è una sottrazione da una parte del bene ma è posto sul bene un
diritto altrui che incide sulle facoltà di godimento del bene stesso. Secondo l’impostazione del testo l’art 1484 è ipotesi che non si limita alle ipotesi di spoglio parziale quantitativo (evizione parziale) ma è estensibile anche alle ipotesi di limitazioni sia quantitative che qualitative costituite dopo la stipula del contratto di compravendita perché per queste limitazioni qualitative poste dopo la stipula del contratto in realtà non è applicabile l’art 1489, perché l’evizione limitativa si riferisce alle ipotesi in cui il godimento del bene è limitato da diritti altrui che però sono pre-esistenti alla stipula del contratto, per le limitazioni qualitative successive si può aprire uno spazio applicativo per l’art.1484 questo chiaramente è
comprensibile sempre nell’obbligo del venditore di chiarezza buona fede ecc. al fine di garantire la stabilità del contratto e dell’effetto traslativo.
Art 1485 : chiamata in causa del venditore: l compratore convenuto da un terzo che pretende di avere diritti sulla cosa venduta, deve chiamare in causa il venditore.
Qualora non lo faccia e sia condannato con sentenza passata in giudicato, perde il diritto alla garanzia, se il venditore prova che esistevano ragioni sufficienti per far respingere
Il compratore che ha spontaneamente riconosciuto il diritto del terzo perde il diritto alla garanzia, se non prova che non esistevano ragioni sufficienti per impedire l'evizione.
L’onere di chiamare in causa il venditore corrisponde ad un interesse del compratore di ottenere la condanna del venditore o sicuramente per far si che si producano nei confronti del debitore gli effetti della sentenza conclusiva del giudizio intercorso tra il compratore ed il terzo; altra ratio della norma è quella di consentire al venditore di intervenire e di fornire le prove necessarie a dimostrare che la pretesa del terzo è infondata. Il compratore può limitarsi a chiamare in causa il venditore così facendo estendere il giudicato anche al venditore oppure può effettuare una chiamata in garanzia il che introduce nel processo una domanda nuova, garanzia governata anche dall’art 32 codice procedura civile (territorialità della competenza del giudizio, la causa di garanzia è attratta dal foro della causa principale, nel caso, lo spostamento della competenza).
Si discute in dottrina se la chiamata in causa vada qualificata come ONERE o come OBBLIGO. Secondo la tesi dominante si tratterebbe di un ONERE a carico del compratore, la perdita del quale farebbe venire meno la garanzia. Per il prof. la circostanza prevista dall’ultimo comma dell’art. 1485c.c. (ossia che il compratore possa, pur avendo riconosciuto il diritto del terzo, provare che non esistevano ragioni sufficienti per
impedire l’evizione) comporta che l’omessa denuncia non determina l’automatica improcedibilità
dell’azione per evizione: sarebbe allora più giusto qualificarla in termini di OBBLIGO. Inoltre non rileva chi sia stato ad intentare il giudizio: l’obbligo di denuncia al venditore sussiste anche quando a promuovere il giudizio sia stato il compratore stesso e non il terzo.
L’ACQUISTO DEL COMPRATORE A TITOLO ORIGINARIO (ES. PER USUCAPIONE) ESCLUDE L’OPERATIVITà DELL’EVIZIONE?
Due tesi:
1. secondo il prof. l’evizione rimane operativa. Infatti l’acquisto per usucapione non comporta adempimento del contratto da parte del venditore e per di più il compratore, convenuto in causa dal terzo, non è obbligato ad eccepire l’usucapione, essendo tale acquisto rinunciabile;
2. secondo altra teoria l’evizione va esclusa in quanto l’acquisto della proprietà, comunque determinatosi, comporta adempimento da parte del venditore.
ART. 1486 – RESPONSABILITà LIMITATA DEL VENDITORE: Se il compratore ha evitato l'evizionedella cosa mediante il pagamento di una somma di denaro , il venditore può liberarsi da tutte le conseguenze dellagaranzia col rimborso della somma pagata, degli interessi e di tutte le spese
Il compratore può riconoscere la pretesa del terzo e intentare un giudizio o tramite un negozio di accertamento o ancora tramite una trattazione; in tal caso vengono fuori due obbligazioni a carico del venditore entrambe aventi oggetto una somma di denaro: o il venditore si libera pagando al compratore il risarcimento del danno che deriva dall’evizione oppure rimborsa al compratore la somma che il compratore ha versato al terzo per comporre trattativamente la lite. Di fronte a questa alternativa il rapporto tra queste due obbligazioni è costituito secondo lo schema delle obbligazioni facoltative.
Art. 1487 – Modificazione o esclusione della garanzia : I contraenti possono aumentare o diminuire gli effetti della garanzia e possono altresì pattuire che il venditore non sia soggetto a garanzia alcuna.
Quantunque sia pattuita l'esclusione della garanzia, il venditore è sempre tenuto per l'evizione derivante da un fatto suo proprio . È nullo ogni patto contrario.
Art. 1488 – Effetti dell’esclusione della garanzia : Quando è esclusa la garanzia, non si applicano le disposizioni degli articoli 1479 e1480; se si verifica l'evizione, il compratore può pretendere dal venditore soltanto la restituzione del prezzo pagato e il rimborso delle spese.
Il venditore è esente anche da quest'obbligo quando la vendita è stata convenutaa rischio e pericolo del compratore .
La diminuzione della garanzia
la norma non è univocamente interpretata. Secondo alcuni sarebbe applicabile nei limiti dell’art. 1229 c.c. (che sancisce la nullità delle clausole che escludono la responsabilità per dolo o colpa grave), secondo altri invece non ci si potrebbe spingere ad escludere i rimborsi determinati dalla risoluzione del contratto a causa dell’inattuazione dell’effetto reale. Dunque si limiterebbe ai profili risarcitori, ma non ai rimborsi.
Nozione di fatto proprio e sua imputabilità
Il fatto proprio del venditore consiste sia in condotte posteriori alla vendita sia in condotte anteriori, che abbiano costituito il presupposto dell’evizione: le une e le altre vanno valutate in modo oggettivo, non rilevando lo stato psichico del venditore. Il rapporto tra il fatto proprio e l’evizione, ai fini dell’applicazione dell’ultimo comma dell’art. 1487, deve integrare un NESSO DI CAUSALITà: è dubbio però se la condotta del venditore deve caratterizzarsi come CONDITIO SINE QUA NON o basti un criterio probabilistico.
Modalità di inserzione della clausola
la clausola con cui si esclude o limita la garanzia non può essere formulata in termini generici (es. nei contratti di compravendita vi è la clausola di stile che dice che “il bene viene venduto nello stato di fatto o di diritto in cui si trova”, ma la Cassazione ha detto che ciò non esclude la garanzia), ma deve indicare una esplicita e circostanziata menzione degli eventuali dubbi del venditore sulla propria titolarità.
La vendita a rischio e pericolo dell’acquirente
Innanzitutto tale tipo di vendita deve essere espressamente pattuita, escludendo la responsabilità del venditore sia per il risarcimento del danno che per il rimborso di eventuali spese. Infatti addirittura una parte della dottrina parla per tale vendita di “vendita aleatoria”in quanto mancherebbe
addirittura l’attribuzione originaia di un diritto a rilievo causale; secondo altri invece l’alea sarebbe qui meramente economica, quindi si dovrebbe piuttosto parlare di vendita anomala.
E’ comunque necessario che sussista il dato minimo di porre il compratore nella disponibilità materiale del bene, consentendogli di esercitare il possesso per un tempo sufficiente a fargli acquistare il bene per usucapione: quando sussistano tali requisiti, non può escludersi l’applicabilità anche alla vendita a rischio e pericolo dell’acquirente dell’ultimo comma del 1487, in quanto nessuna pattuizione può esonerare una parte dal comportarsi secondo correttezza per la protezione degli interessi dell’altra.
ART. 1489 : Cosa gravata da oneri o diritti di godimento di terzi: Se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo la disposizione dell'articolo 1480 .
Si osservano inoltre, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 1481, 1485, 1486, 1487 e 1488
Natura
La norma ha un ruolo di chiusura e va altresì coordinata con l’art. 1482, ampliandone il contenuto. Ma tale norma estende altresì l’area di tutela a quelle ipotesi in cui l’onere o il diritto gravante sul bene non sia disponibile da parte del venditore, trattandosi di vincolo di natura pubblicistica. Secondo alcuni addirittura i due commi dell’art. 1489 descriverebbero due fattispecie diverse:
1 comma: l’operatività della garanzia avverrebbe con la mera scoperta del diritto del terzo;
2 comma: l’operatività si avrebbe solo a seguito di un’azione petitoria 🡪 si tratterebbe della c.d. “evizione limitativa”. Da ciò deriva che nel primo caso il termine prescrizionale decorrerebbe dalla stipulazione del
contratto e nel secondo caso invece dall’accertamento del fatto evizionale.
Proprio grazie a tale ricostruzione si consente l’applicazione della norma alle fattispecie in cui sul bene sussistano dei vincoli o limitazioni di carattere pubblicistico, che pur non dando vita ad oneri in senso
tecnico, modificano la situazione giuridica del proprietario, sacrificandone l’ampiezza. Tale norma inverte, rispetto all’art. 1482 c.c., l’onere della prova, perchè mentre in quella fattispecie l’onere della prova spetta al compratore, quì il compratore può semplicemente limitarsi a dedurre l’esistenza di un onere o diritto non apparente, rimettendo al venditore l’onere di provare che il compratore ne fosse a conoscenza al momento della vendita.
La non apparenza va valutata con riferimento ad un criterio di normale diligenza. Con riguardo ad es. ai vincoli di edificabilità derivanti da piani regolatori, la giurisprudenza non ritiene la norma applicabile, in quanto si tratta di leggi pubbliche la cui ignoranza non è ammessa: in tal caso l’unico rimedio sarebbe un annullamento per errore di diritto. Tuttavia secondo taluni anche in questo caso il legislatore richiederebbe, per escludere l’applicazione della norma in questione, una CONCRETA conoscenza,
ricadendo sul venditore l’onere della prova della stessa.
La norma è destinata ad essere applicata soprattutto nelle ipotesi di vendite di immobili abusivi in cui ad esempio non vi sia conformità tra provvedimento concessorio e stato dell’immobile, oppure quando il bene non sia corredato dei certificati imposti dalla legge.
Infine in tale ipotesi la norma può trovare applicazione anche senza la necessità di attendere
l’accertamento giudiziale dell’esistenza del bene, come avviene per l’evizione: dunque potrà invocarsi la sua applicazione anche in un giudizio promosso dall’acquirente nei confronti del venditore stesso.
Art. 1490 – Garanzia per i vizi della cosa venduta: Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.
Il patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa.
Nozione di vizio, mancanza di qualità e aliud pro alio
La garanzia per i vizi opera su un piano diverso rispetto a quello che abbiamo finora analizzato. Essa infatti riguarda quei vizi che affligono la cosa nella sua materialità, e non vizi giuridici, ai quali si applica il regime sopra analizzato degli art. 1479 a 1489 . E’ diffusa l’affermazione in dottrina per cui i vizi o almeno la causa di essi devono preesistere alla conclusione del contratto. Una conferma di ciò è richiamata anche agli art. 1177 e 1477; il primo infatti si riferisce all’obbligo di custodia e sottende che la cosa debba essere custodita nello stato in cui si trova, il secondo come abbiamo visto sancisce che la cosa deve essere consegnata nello stato in cui si trovava al momento della vendita. L’affermazione che i vizi devono preesistere alla conclusione del contratto non può trovare applicazione però tutte le volte in cui il contratto ha ad oggetto una cosa non ancora esistente, come ad es. nel caso di vendita di cose future o di cose generiche: in questo caso allora si dovrà necessariamente avere a riguardo il momento perfezionativo del contratto.
Sovente risulta difficile distinguere l’ipotesi dei vizi dalla fattispecie dell’aliud pro alio; il compito è spettato alla giurisprudenza che insieme con le nozioni fornite dal legislatore ha elaborato un duplice criterio:
- si ha ALIUD PRO ALIO quando la cosa è completamente diversa da quella venduta (in tal caso trovano applicazione gli art. 1453 ss)
- si ha VIZIO REDIBITORIO ( dunque mancanza di qualità essenziali della cosa assegnata) quando la cosa presenti imperfezioni concernenti il processo di produzione o di fabbricazione che la rendono inidonea
all’uso cui è destinata (parametro FUNZIONALE) oppure quando presenti imperfezioni che ne diminuiscano sensibilmente il valore economico (parametro economico)
↓
Questi due parametri (funzionale-economico) rappresentano una novità del nostro codice, in quanto nel Codice Napoleonico così come nel Codice italiano del 1865 trovava spazio esclusivamente il criterio funzionale. Tuttavia il legislatore del 1942 ha omesso di precisare se il minor valore debba apprezzarsi
rispetto al valore di mercato o rispetto al prezzo pagato. Analogamente si pone il problema di capire, anche con riguardo al profilo funzionale, quale sia il modello da considerare per rilevare l’esistenza dei vizi, ossia se si debba guardare alla cosa così come descritta e prespettata nel contratto oppure facendo riferimento ad un bene astrattamente idoneo all’uso. La giurisprudenza più risalente sembrava propendere per la seconda possibilità, in quanto come visto sopra nella definizione richiama un criterio esterno (imperfezioni concernenti il processo di produzione o fabbricazione). Tuttavia l’evoluzione legislativa più recente mostra di discostarsi da tale criterio, sottolineando come non si possa fare riferimento ad un parametro ideale di bene “perfetto”, ma si debba guardare alla descrizione che della cosa era stata fatta nel contratto: si fa strada sempre più il criterio di DIFFORMITA’, che è espressamente richiamato sia nella Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di beni mobili che nel Codice del Consumo del 2005.
Il concetto di aliud pro alio indica il limite di rottura del criterio di parziale congruenza: aliud pro alio significa che la cosa è completamente diversa da quella che era stata prospettata nel contratto. Tuttavia la giurisprudenza ha dilatato di molto l’utilizzo di tale criterio, in un’ottica di maggior tutela del compratore per sottrarlo ai brevi termini di decadenza delle garanzie in esame; si pensi addirittura che la Cassazione in una pronuncia ha utilizzato l’aliud pro alio con riferimento ad un immobile privo del certificato di agibilità.
Le origini
La garanzia per i vizi trova le sue origini nel diritto romano, dove era prospettata in maniera leggermente diversa: il venditore era responsabile dei vizi della cosa venduta qualora li avesse espressamente esclusi o conoscendoli li avesse taciuti o avesse in generale dolosamente indotto in errore il compratore. Già allora si usava affiancare al contratto di compravendita una stipulazione con cui si prometteva che la cosa non avesse vizi. Vennero poi emanati due editti ad opera degli edili curuli, uno in tema di vendita di schiavi ed uno in tema di animali dove si attribuivano al compratore due azioni in caso di scoperta di vizi: l’actio redhibitoria, perchè il venditore riprendesse la cosa e restituisse il prezzo, oppure un actio aestimatoria o quanti minoris per la riduzione del prezzo. Tali azioni furono poi estese da Giustiniano alla vendita di ogni cosa mobile o immobile. Ma già allora cominciarono i primi dubbi, che tuttora permangono, circa il coordinamento di tale garanzia con le azioni generali previste nel nostro ordinamento, in particolare con la risoluzione per inadempimento e con l’annullamento del contratto per errore, posto che la prospettazione della cosa come esente da vizi (sussistenti invece nella cosa concreta) avrebbero indotto il compratore in errore circa il contenuto del contratto. La distinzione tra vendita di cosa viziata e vendita annullabile tuttavia non trovò grande fortuna; ed è per questo che poi la giurisprudenza ha elaborato il concetto di aliud pro alio, al fine di distinguere tra ipotesi in cui trova applicazione la risoluzione generale per inadempimento (aliud pro alio) ed ipotesi dove trova applicazione la garanzia per i vizi.
L’attuale sistematica secondo il c.d. diritto vivente
Oggi dunque in caso di scoperta di vizi al compratore spetta una scelta; egli può:
- invocare la risoluzione del contratto (azione redibitoria) ed ottenere la restituzione del prezzo;
- chiedere la riduzione del prezzo (azione estimatoria).
Come distinguere allora l’azione redibitoria dalla generale azione per inadempimento? Secondo alcuni risiede nel fatto che mentre per aversi inadempimento è necessario che sia imputabile al venditore a titolo di dolo o di colpa, nella garanzia per vizi si prescinde da qualsiasi valutazione in ordine alla buona o mala fede del venditore.
Discusso è il fondamento della garanzia per vizi. La dottrina prevalente lo riconduce allo stesso fondamento della garanzia per evizione: entrambi i rimedi trarrebbero origine da una patologia dell’effetto traslativo, che nella garanzia per evizione non si sarebbe prodotto o non del tutto, mentre nella garanzia per vizi si sarebbe prodotto rispetto ad un bene non corrispondente alla descrizione di esso contenuta nel contratto.
Tale fondamento è stato criticato. Un autore (MENGONI) parla di nullità dell’atto, qualora sia totalmente impossibile trasferire il bene privo di vizi, e nei casi di impossibilità relativa invece opererebbero tali garanzie. Altri invece riconducono il fondamento alla culpa in contrahendo ed in particolare alla responsabilità precontrattuale.
Altri ancora hanno cercato di ricondurre il fondamento delle garanzie al tema della presupposizione:
l’assenza di vizi costiuirebbe un presupposto di efficacia del contratto che, venuto meno, consentirebbe la risoluzione.
Più di recente si è distinto tra vendita di cosa specifica e vendita generica/di cosa futura: nel primo caso la presenza di vizi non manifestati nel contratto darebbe luogo al vizio del consenso, l’errore; nel secondo caso invece vi sarebbe un inadempimento delle obbligazioni di produrre la specificazione o l’esistenza della cosa.
La gravità dei difetti
Il legislatore ha variamente graduato la gravità dei difetti: per il difetto funzionale si chiede l’inidoneità all’uso; per la diminuzione di valore l’apprezzabilità e per la mancanza di qualità si chiede che esse siano essenziali per la funzione della cosa.
Parte della giurisprudenza afferma che in ogni caso l’inadempimento non deve essere di scarsa importanza. Altre sentenze e la prevalente dottrina afferma l’autonomia dell’art. 1490, sottolineando come in esso sia già per definizione prevista la non scarsa importanza dell’inadempimento.
Gli oneri probatori
In passato si diceva che l’onere della prova spettasse al compratore. In realtà non è così: i brevi termini di decadenza per far valere la garanzia trovano un contemperamento nel fatto che al compratore basti
dedurre il vizio, senza doverlo provare, e quindi spetterà al venditore provare che il vizio sia successivo alla vendita.
Il secondo comma prevede che è possibile l’esclusione della garanzia, ma ciò trova un limite nella mala fede del venditore che abbia volutamente taciuto vizi esistenti al momento della conclusione del contratto; alla mala fede deve equipararsi la colpa grave.
Preliminare a tutela per vizi
In dottrina ci si è chiesti se la tutela dei vizi sia applicabile al preliminare, soprattutto al preliminare con effetti obbligatori. Vari sono stati i tentativi di ricostruirne il fondamento.
IL TUO PROFESSORE QUA FA UN DISCORSO COMPLICATISSIMO SULLA NATURA DEL PRELIMINARE. IN
PARTICOLARE FA LA DIFFERENZA CON IL VORVERTRAG TEDESCO (che è un accordo interlocutorio e fissa gli elementi essenziali della contrattazione postulando che si arrivi al definitivo solo se questi elementi siano rispettati) 🡪 SECONDO LUI AL VORVERTRAG LA GARANZIA NON SAREBBE APPLICABILE PERCHè NEL MOMENTO IN CUI LA COSA è DIVERSA DA COME PROMESSA NON SI ARRIVA PROPRIO AL DEFINITIVO.
TI BASTI SAPERE CHE SECONDO IL TUO PROFESSORE (guarda che è una tesi isolatissima in dottrina, ma questo non dirlo!!! ☺ ) IL PRELIMINARE AD EFFETTI ANTICIPATI è UNA VERA E PROPRIA VENDITA OBBLIGATORIA 🡪 CRITICA ALLA DOTTRINA CHE PARLA DI CAUSA DI “TENER CONTO DELLE
SOPRAVVENIENZE”. STIPULATO IL PRELIMINARE IL DEFINITIVO DIVIENE OBBLIGATORIO, ESSENDOVI SOLO UN DIFFERIMENTO DEGLI EFFETTI 🡪 QUINDI SECONDO LUI LE GARANZIE SONO APPLICABILI ANCHE AL PRELIMINARE, SIA IL PRIMO COMMA (AZIONE REDIBITORIA) CHE IL SECONDO COMMA (AZIONE ESTIMATORIA), CON LA DIFFERENZA CHE LA DIMINUZIONE DEL PREZZO SI AVRà NELLA SENTENZA EX. ART 2932 X.X.
Xxx. 0000 - Xxxxxxxxxx xxxxx xxxxxxxx: Non è dovuta la garanzia se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa; parimenti non è dovuta, se i vizi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi.
Facile riconoscibilità
Come giustificare l’esclusione della garanzia in caso di facile riconoscibilità? Secondo alcuni questa disposizione confermerebbe le teorie che vedono il fondamento della garanzia in esame in un presunto vizio del consenso, che avrebbe indotto il compratore in errore. Ovviamente tale tesi può avere fondamento solo qualora il compratore abbia potuto esaminare la cosa prima del perfezionamento del contratto, e non quando invece la cosa non sia esistente in tale momento (come nelle già analizzate ipotesi di vendita di bene futuro e di vendita di cosa generica).
Xxxx deve intendersi per FACILE RICONOSCIBILITà? Alcuni riconducono tale concetto a quello di vizio apparente di cui all’art. 1511, ma la distinzione starebbe nel fatto che i vizi apparenti sono riconoscibili ad una semplice osservazione, mentre la facile riconoscibilità richiederebbe un seppur minimo sforzo
riconducibile all’ORDINARIA DILIGENZA. Come valutare la diligenza? Secondo un criterio soggettivo oppure oggettivo? Nonostante alcune opininioni contrarie, prevale in dottrina la il criterio SOGGETTIVO 🡪 pertanto, anche secondo la giurisprudenza, la presunzione di conoscibilità dei vizi va valutata con riguardo alle caratteristiche ed alle condizioni personali in cui si trova il compratore.
La dichiarazione rassicurativa
Qualora i vizi fossero facilmente riconoscibili, la garanzia torna tuttavia ad operare nel caso in cui il
venditore abbia “rassicurato” il compratore sull’assenza di vizi. E’ noto che la dottrina tradizionale non ritiene illecito il c.d. dolus bonus, ossia l’esasperazione da parte del venditore delle caratteristiche della cosa che possa rientrare in un generale concetto di pubblicità. Tuttavia, alla luce della più recente normativa comunitaria volta a tutelare il consumatore in materia di pubblicità ingannevole, va rilevato che l’ammissibilità del dolus bonus trova sempre minor spazio in giurisprudenza.
Art. 1492 – Effetti della garanzia: Nei casi indicati dall'articolo 1490 il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo, salvo che, per determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione.
La scelta è irrevocabile quando è fatta con la domanda giudiziale.
Se la cosa consegnata è perita in conseguenza dei vizi, il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto; se invece è perita per caso fortuito o per colpa del
compratore, o se questi l'ha alienata o trasformata, egli non può domandare che la riduzione del prezzo.
Le singole azioni
Abbiamo visto che nel caso di vizi il compratore può esercitare, a sua scelta, l’azione estimatoria (riduzione del prezzo) o l’azione redibitoria (risoluzione del contratto). Da alcuni questa seconda azione viene immedesimata nella generale azione di risoluzione, per cui non potrebbe aversi concorso tra le due azioni. Secondo il prof. non è così perché le due azioni hanno una diversa causa petendi.
Quanto all’azione di riduzione del prezzo, vale la formula:
V (s) : V (v) = P : x 🡪 Il valore della cosa sana sta al valore della cosa viziata come il prezzo sta a x (diminuzione di valore).
Quanto all’irrevocabilità della scelta di cui al II comma, essa niente aggiunge a quanto già stabilito dall’art. 183 c.p.c., ma serva ad evitare che il venditore possa invocare una dichiarazione extragiudiziale per
impedire al compratore di avvalersi di uno dei rimedi. Tutt’al più la dichiarazione extragiudiziale di scelta tra i rimedi, se accettata dal venditore, potrebbe integrare un accordo di transazione che estinguerebbe
l’azione residua.
Discusso è il fondamento dell’ultimo comma. La possibilità di chiedere la risoluzione del contratto qualora la cosa sia perita a causa dei vizi comporta una deroga al principio generale per cui la risoluzione serve a ripristinare la situazione ex ante (cosa che, essendo perito il bene, risulta impossibile). Ci si chiede il fondamento dell’esclusione della risoluzione qualora invece la cosa sia perita per caso fortuito, colpa del compratore, alienazione o trasferimento; alcuni richiamano l’impossibilità della rimessione in pristino, ma ciò dovrebbe valere sempre, mentre invece come visto nel primo caso la risoluzione è possibile. Altri
xxxxxxxxx il fondamento nel fatto che l’alienazione o la trasformazione da parte del compratore comporterebbe una implicità accettazione dello stato del bene, ma ciò invece non coglierebbe il fondamento dell’esclusione della risoluzione in caso di perimento del bene per caso fortuito. E’ allora più
corretto dire che il fondamento dell’esclusione della risoluzione va ritrovato in un bilanciamento di interessi tra le conseguenze dell’azione di riduzione e la non rimproverabilità del venditore.
L’inesatto adempimento.
E’ dubbio se con la normativa in esame possa concorrere anche la disciplina dell’inesatto adempimento di cui all’art. 1181 .c.c. secondo il prof tutte le volte in cui l’esistenza del vizio integra l’inadempimento di un’obbligazione sarebbe applicabile.
Art. 1493 - Effetti della risoluzione del contratto: In caso di risoluzione del contratto il venditore deve restituire il prezzo e rimborsare al compratore le spese e i pagamenti legittimamente fatti per la vendita.
Il compratore deve restituire la cosa, se questa non è perita in conseguenza dei vizi.
Art. 1494 - Risarcimento del danno: In ogni caso il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno, se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa.
Il venditore deve altresì risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa.
Garanzie e danno.
L’art. 1493 impone al venditore oltre che la restituzione del prezzo il rimborso delle spese e pagamenti legittimamente fatti per la vendita. Esse costituiscono le tipiche voci del c.d. danno negativo. Secondo la dottrina prevalente a ciò si aggiunge il risarcimento del c.d. danno positivo, ossia DANNO EMERGENTE E LUCRO CESSANTE. Per danno emergente va inteso il danno derivante dalla valutazione del valore che il bene integro avrebbe avuto, diminuito del valore della controprestazione da cui il compratore viene liberato. Per lucro cessante invece si intende la differenza tra il valore della prestazione spettante al compratore e il prezzo pattuito.
Le azioni di garanzia hanno sempre effetto retroattivo e travolgono gli acquisti dei terzi, a meno che non siano stati trascritti anteriormente alla trascrizione della domanda di risoluzione.
I danni connessi all’uso della cosa
la responsabilità prevista nel 2° comma dell’art. 1494 c.c. ha natura obiettiva e prescinde da qualunque rimproverabilità al venditore. Tale norma riguarda la tutela di beni ulteriori (patrimoniali e non ) la cui
xxxxxxx trova presupposto nella consegna. E’ dubbio se tale responsabilità abbia natura contrattuale o
extracontrattuale , l’una e l’altra opinione sono astrattamente sostenibili, tanto che la giurisprudenza parla di un concorso delle due forme di responsabilità.
Alcuni. per superare tale difficoltà concettuale fanno ricorso alla categoria delle obbligazioni senza prestazione: si tratta di obblighi di protezione gravanti su un soggetto la cui violazione comporta
l’assoggettabilità della relativa responsabilità al regime della responsabilità contrattuale sia in ordine al
regime probatorio che in ordine ai termini di prescrizione. Ciò appare una forzatura perchè non potrebbe esistere un’obbligazione priva di contenuto.
Secondo il prof. appare preferibile qualificarla in termini di responsabilità aquiliana (extracontrattuale), e il termine breve per l’azione (un anno) non preclude la possibilità di agire in via generale ex art. 2043 c.c..
Art. 1495 – Termini e condizioni per l’azione: Il compratore decade dal diritto alla garanzia, se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta, salvo il diverso termine stabilito dalle parti o dalla legge.
La denunzia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l'esistenza del vizio o l'ha occultato.
L'azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna; ma il compratore, che sia convenuto per l'esecuzione del contratto, può sempre far valere la garanzia, purché il vizio della cosa sia stato denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell'anno dalla consegna.
Natura dei termini
Sussistono all’interno dell’articolo in esame due termini: il primo, di DECADENZA, (8 giorni per la denuncia); il secondo, DI PRESCRIZIONE (esercizio azione entro un anno dalla consegna).
Con riguardo al termine di decadenza il momento da cui decorre è variabile:
- se si trattava di vizi riconoscibili, decorre dal momento della consegna;
- se si trattava di vizi occulti, decorre dalla scoperta.
Nel caso in cui il compratore abbia occultato volutamente i vizi della cosa invece la denuncia non è necessaria.
La giurisprudenza ha inoltre precisato che anche il termine di prescrizione decorre non dalla data della stipula del contratto di compravendita ma dalla data della consegna.
Forma, contenuto, natura, prova
La forma della denuncia è libera; si parla inoltre di “recettizietà attenutata” in quanto vale la data di emissione e non quella di ricezione. Il contenuto può limitarsi alla enunciazione dei vizi, senza necessariamente manifestare la volontà di agire in giudizio. Quanto alla natura, si tratta di un atto giuridico in senso stretto, per la quale dunque non rileva nè la capacità di agire nè eventuali vizi della volontà.
Dubbio se, in caso di presunta decadenza, spetti al compratore l’onere di provare la tempestività o al venditore l’onere di provare il ritardo. La giurisprudenza è divisa; secondo il prof. preferibile la tesi che l’onere gravi sul venditore.
Riconoscimento del venditore. Occultamento.
L’obbligo della denuncia viene meno in caso di riconoscimento dei vizi da parte del venditore. Anche tale riconoscimento è atto giuridico in senso stretto e può essere anche implicito, come in caso di sostituzioni e riparazioni fatte dal venditore. L’occultamento invece integra gli estremi del doloe riconduce la tutela alla disciplina di cui agli art. 1239 s.s.
Imprescrittibilità dell’eccezione.
Il terzo comma del 1495 sancisce l’imprescrittibilità dell’eccezione. Il compratore convenuto per il pagamento del prezzo può dunque tutelarsi in via riconvenzionale attraverso la scelta di uno dei rimedi.
Contratto preliminare
Secondo la Cassazione in caso di preliminare che preveda l’anticipata consegna della cosa il termine decadenziale di otto giorni per la denuncia non decorre in quanto l’onere della tempestiva denuncia presuppone sempre il trasferimento del diritto.
Art. 1496 – Vendita di animali: Nella vendita di animali la garanzia per i vizi è regolata dalle leggi speciali o, in mancanza, dagli usi locali. Se neppure questi dispongono si osservano le norme che precedono
Disciplina
L’art. 1496 sancisce una precisa gerarchia delle fonti: al primo posto le leggi speciali, poi gli usi locali e solo
in mancanza si applica la disciplina del codice civile. Tuttavia è opinione diffusa che tale gerarchia operi solo
quando la legge speciale o gli usi disciplinino interamente la fattispecie; in caso contrario, quando cioè disciplinino solo il singolo vizio, si applica la disciplina codicistica.
Casi all’attenzione della giurisprudenza:
- omessa consegna della certificazione veterinaria: non si applica la garanzia dei vizi perchè non sussiste obbligo in capo al venditore;
- termine per la denuncia: decorre dal momento della manifestazione dei sintomi;
- animale affetto da malattia contagiosa: no garanzia dei vizi ma NULLITà del contratto per illiceità dell’oggetto.
ART. 1497 – Mancanza di qualità: Quando la cosa venduta non ha le qualità promesse ovvero quelle essenziali per l'uso a cui è destinata, il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione delcontratto secondo le disposizioni generali sulla risoluzione per l'inadempimento, purché il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi.
Tuttavia il diritto di ottenere la risoluzione è soggetto alla decadenza e alla prescrizionestabilite dall'articolo 1495.
Casistica
Tale articolo introduce ancora più incertezza, in particolare per quanto riguarda la distinzione di tale fattispecie con quella dell’errore sulle qualità che da luogo ad annullabilità del contratto. In particolare non è chiara la distinzione tra vizio e difetto, valevole solo nella produzione di massa. Anzi secondo la giurisprudenza le due formule sarebbero analoghe.
Per tale motivo per il prof. la norma non ha più un autonomo spazio operativo e deve considerarsi come implicitamente abrogata.
N.B. quest’opera rappresenta una rielaborazione dei temi trattati nel testo previsto dal programma di studio e va intesa come materiale integrativo per la rielaborazione, apprendimento e
ripetizione della materia.
Aver scartato alcune parti e sottolineato l’importanza di altre non fa dell'autore docente, in quanto l’elaborato è frutto di valutazioni soggettive di uno o più STUDENTI.
E’ doveroso, precisare che ognuno di noi è portatore di una singolarità che gli permette di recepire le informazioni in maniera diversa, migliore o peggiore che sia.
Ti invitiamo, pertanto, ad integrare gli argomenti trattati con l’analisi diretta del libro di testo, scritto da un docente e/o luminare in materia.
Speriamo davvero che questa mini-opera possa esservi d’aiuto.
Vi auguriamo di prendere un buon voto all’esame!!!
Sos Studenti Sud Campania Onlus