COLLEGIO DI BOLOGNA – DEC. 7868/2018 – PRES. MARINARI – REL. MARINARO
COLLEGIO DI BOLOGNA – DEC. 7868/2018 – PRES. MARINARI – REL. MARINARO
Finanziamento – carenza di forma – asserita nullità- infondatezza – estinzione anticipata – tardiva rideterminazione del piano di ammortamento – effetti (d.lgs n. 385/1993, artt. 117, 120 quinquies, 125 bis e sexies).
A fronte della parziale estinzione anticipata di un contratto di finanziamento la Banca deve immediatamente procedere alla riformulazione del piano di ammortamento (MDC)
FATTO
La parte ricorrente espone quanto segue:
� in data 27.5.2009 sottoscriveva una richiesta di prestito personale per l’importo di 60.000,00 euro, mediante modulo predisposto dalla stessa banca;
� nell’ottobre del 2010 chiedeva per le vie brevi il conteggio estintivo relativo al suddetto prestito, venendo informata che lo avrebbe ricevuto per posta;
� in data 20.10.2010, non ricevendo alcuna documentazione, e non essendo
in possesso né del contratto, né del piano di ammortamento,“si determinava a trasmettere, a mezzo bonifico bancario, l’importo di 55.000,00 euro”, nella sostanza pari al capitale residuo dovuto, comunicatole via filo. “Nel contempo, inviava una raccomandata a.r. con cui ribadiva la propria volontà di estinguere anticipatamente il finanziamento, allegava la contabile del bonifico effettuato e chiedeva che l’eventuale importo residuo da versare le venisse dettagliatemante comunicato così da provvedere al saldo”;
� non ricevendo ancor alcun riscontro, successivamente inoltrava, a favore dell’intermediario, ulteriori bonifici rispettivamente pari a 765,00 euro e a 800,00 euro, per un importo complessivo, incluso il precedente versamento, di 56.565,00 euro;
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� in data 18.7.2011, oltre 9 mesi dopo l’iniziale richiesta, l’intermediario
inviava un conteggio estintivo nel quale richiedeva un saldo di euro 2.543,38, pari alla differenza tra 59.108,38 euro (comprensivo di 55.097,24 euro a titolo di capitale residuo alla data del 5.10.2010, 550,97 euro per penale di estinzione anticipata e 3.460,17 per imprecisate rate maturate e non pagate, comprensive delle indennità di ritardo) e 56.565,00 euro, già corrisposto a titolo di anticipata estinzione;
� tale conteggio veniva contestato, con richiesta di informazioni di dettaglio in ordine alla somma dovuta per rate scadute;
� anni dopo l’intermediario trasmetteva n. 33 bollettini per rate mensili da pagare, per estinguere il finanziamento, a partire dal 5.12.2015, per un importo complessivi di 24.468,00 euro;
� nonostante la copiosa corrispondenza intercorsa dal 2011 al 2016 e i reclami inoltrati in data 14.4.2016, 31.5.2016, 10.5.2016 l’intermediario, rilevata
l’inadempienza per l’importo di 24.375,79 euro, trasmetteva la comunicazione di decadenza dal beneficio del termine e successivamente procedeva a segnalare il proprio nominativo presso la banca dati “Crif”.
In punto di diritto la parte ricorrente eccepisce:
• la nullità del contratto di finanziamento, per assenza del requisito della forma scritta ad substantiam richiesta dall’art. 117 TUB. Infatti:
� in recenti pronunce la Corte di Cassazione, in tema di contratti bancari, ha stabilito che il contratto recante unicamente la firma del cliente non prova il
perfezionamento del consenso tra le parti in forma scritta (Xxxx. nn. 5919/16; 7068/16; 8395/16; 10516/16);
� la formazione del contratto può avvenire attraverso lo scambio di due documenti, ma entrambi devono essere del medesimo tenore, ciascuno sottoscritto dall’altro contraente (Cass.n. 5919/16);
� l’art. 1 delle condizioni generali (applicabili “in caso di accoglimento della
presente domanda”) prevede che ai fini del perfezionamento del contratto di prestito è necessaria l’accettazione scritta della richiesta da parte dell’intermediario;
� nel caso in esame, nessun modulo contrattuale è stato sottoscritto da
entrambe le parti contraenti, essendo intervenuta soltanto la sottoscrizione della richiesta di prestito personale da parte della mutuataria. Pertanto, non essendo pervenuta l’accettazione della richiesta di finanziamento da parte dell’intermediario, non si è verificato il perfezionamento del contratto;
� la nullità dell’intero contratto comporta la nullità di tutte le clausole in esso contenute “in particolare delle clausole aventi ad oggetto gli interessi ultralegali, le
indennità per ritardo dei pagamenti con conseguente obbligo di restituzione delle somme a tale titolo incassate; nonché la nullità delle clausole aventi ad oggetto l’estinzione enticipata del finanziamento, con esclusione degli oneri e delle penalità ivi previste”;
• il diritto all’estinzione anticipata totale e/o parziale del finanziamento. Infatti l’intermediario:
� contrariamente a quanto disposto dall’abrogato art. 125 TUB, dall’art. 16 della direttiva 2008/48/CE e dal vigente art. 125-sexies TUB, ha contabilizzato il
pagamento ricevuto a titolo di anticipata estinzione come saldo di rate future non ancora scadute, arricchendosi ingiustificatamente di interessi non dovuti in quanto non ancora maturati;
� avrebbe dovuto, al contrario, imputare la somma ricevuta a titolo di
rimborso anticipato ad estinzione del capitale ancora dovuto ed, eventualente, per le somme asseritamente pretese, riformulare un nuovo piano di ammortamento;
• la vessatorietà dell’art. 5 della proposta contrattuale in tema di estinzione anticipata. Infatti:
� è vessatoria la disposizione in base alla quale “il cliente ha facoltà di
estinguere anticipataemente il proprio debito facendo pervenire, in un’unica soluzione, tassativamente entro la data di scadenza della prima rata successiva alla sua richiesta di estinzione, l’importo corrispondente al residuo capitale, maggiorato di un’indennità del 1%. Qualora il termine di cui sopra non venisse rispettato ed in tutti i casi in cui la somma non fosse sufficiente all’estinzione, il cliente resterà obbligato al versamento del residuo, da imputarsi a scalare sulle successive mensilità”;
� la clausola infatti, comportando la prosecuzione coattiva del rapporto
contrattuale contro la volontà del cliente e permettendo all’intermediario di arricchirsi indebitamente mediante l’incasso degli interessi non maturati, introduce un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi per le parti contrattuali, ed è pertanto da considerarsi nulla, anche in quanto non specificatamente approvata per iscritto.
L’intermediario resiste al ricorso e precisa che:
� nel maggio del 2009 parte ricorrente presentava domanda di finanziamento per un importo pari a 60.000,00 euro, che veniva accolta mediante la liquidazione dell’importo richiesto;
� durante l’ammortamento venivano riscontrate irregolarità, tanto che in più
occasioni si provvedeva a posticipare gli importi scaduti e non pagati a fine finanziamento, oltre ad annullare le indennità di ritardo, al fine di non far incorrere parte ricorrente in uno stato di morosità;
� nell’ottobre del 2010 parte ricorrente versava “arbitrariamente” l’importo di
55.000,00 euro a chiusura anticipata del finanziamento; inoltre la stessa provvedeva, nel novembre e nel dicembre 2010, a versare ulteriori 765,00 euro e 800,00 euro, portando
l’importo complessivamente versato a chiusura anticipata della pratica, seppur in tempi dilazionati, a 56.565,00 euro;
� tale somma non risultava sufficiente ad estinguere anticipatamente il finanziamento in quanto, al tempo, l’importo dovuto ammontava ad euro 59.108,38 e
precisamente: a) 55.097,24 euro per capitale residuo dovuto alla data del 5.10.2010; b) 550,97 euro per indennità di estinzione anticipata pari all’1% sul capitale residuo dovuto;
c) 3.460,17 euro per rate scadute e non versate (cd. “riporto”) ed indennità di ritardo maturate alla data del 16.2.2010, 28.7.2010 e 13.10.2010, risultando pertanto un saldo ancora da versare pari ed euro 2.543,38 (euro 59.108,38 – 56.565,00);
� il finanziamento in oggetto non poteva pertanto essere considerato estinto anticipatamente e l’importo versato veniva imputato a scalare sulle successive mensilità, come previsto dalle condizioni generali di contratto (art. 5);
� tale situazione è stata più volte rappresentata a parte ricorrente nel corso
degli anni (dal 2010 al 2016) sia per le vie brevi che attraverso comunicazioni scritte (veniva infatti dato riscontro per otto volte ai diversi reclami presentati dalla ricorrente);
� nel 2015 veniva considerato il versamento effettuato nel 2010 come
estinzione parziale anticipata, provvedendo, quindi, a calcolare un nuovo piano di ammortamento ed individuando un nuovo totale dovuto, il quale non è stato mai versato da parte ricorrente;
� nel maggio 2016 parte ricorrente è stata dichiarata decaduta dal beneficio del termine con messa in mora.
L’intermediario eccepisce poi l’infondatezza del ricorso con riferimento:
• alla asserita mancata sottoscrizione del contratto ex art. 117 TUB. Infatti:
� la consolidata giurisprudenza di merito formatasi sull’argomento riconosce
la validità del contratto bancario anche se firmato solo dal cliente su modulo predisposto dalla banca (cfr. ex multis Trib Napoli del 30.9.14; Trib. Milano sentenze del 4.8.14 e 12.11.13);
� nel caso in esame:
a) il contratto è stato redatto in forma scritta ed debitamente sottoscritto dall’interessata;
b) la ricorrente ha dichiarato di aver ricevuto copia del contratto debitamente compilata;
c) il finanziamento richiesto da parte ricorrente è stato accettato;
d) il prestito è stato interamente erogato e, quindi, vi sia stata esecuzione del contratto;
• alla asserita mancata collaborazione nella quantificazione del dovuto. Infatti:
� le somme dovute sono state quantificate secondo quanto disposto dal rapporto di credito perfezionatosi tra le parti.
DIRITTO
1. – La domanda principale proposta dalla parte ricorrente mira ad ottenere la declaratoria di nullità del contratto per carenza di forma.
Sia la ricorrente sia l’intermediario hanno prodotto la medesima documentazione contrattuale, ovvero copia della “richiesta di prestito personale e di apertura di linea di credito” recante la sola sottoscrizione del finanziato e del suo garante.
La richiesta reca la sottoscrizione della ricorrente a conferma di “…aver ricevuto copia completa della presente richiesta, compilata in ogni sua parte e corredata da documento di sintesi…”.
Alla luce della documentazione in suo possesso, parte ricorrente si duole, in xxx xxxxxxxxxx, xxxxx xxxxxxx del contratto per mancanza di uno dei requisiti essenziali, la forma scritta ad substantiam ex art. 117 TUB e più precisamente la mancanza della sottoscrizione per accettazione da parte dell’intermediario. Pone a sostegno della sua tesi cita alcune recenti pronunce della Cassazione in materia di contratti c.dd. “monofirma”.
L’intermediario eccepisce l’infondatezza della contestazione, ricordando come la
consolidata giurisprudenza di merito riconosca validità al contratto bancario quand’anche firmato dal solo cliente su modulo stampato dalla banca:
Al riguardo, si osserva che al contratto in esame (“prestito personale e di apertura di linea di credito”, garantito da fideiussione e finalizzato all’ “acquisto abitazione”) risulta senz’altro applicabile l’art. 117 TUB. È pertanto prevista la forma scritta ad substantiam, mentre il principio della libertà delle forme è circoscritto a casi eccezionali.
In materia di nullità del contratto di finanziamento per difetto di accettazione scritta dalla banca sussisteva un contrasto giurisprudenziale, posto in luce dalle stesse parti, sulla rilevanza della mancanza di sottoscrizione dell’intermediario ai fini del rispetto dell’obbligo della forma scritta sancito, a pena di nullità, dall’art. 117 T.U.B (in materia di contratti bancari) e dall’art. 125-bis T.U.B. (in materia di contratti di credito al consumo).
Parte della giurisprudenza di merito affermava la sufficienza della sola sottoscrizione del cliente, facendo leva sulla finalità della forma scritta dei contratti bancari e finanziari, volta a garantire il recupero di simmetria informativa a protezione del contraente debole, che sarebbe comunque realizzata. Altro orientamento, avallato anche da sentenze della Suprema Corte, riteneva equipollenti all’omessa sottoscrizione le manifestazioni dell’intento di avvalersi del contratto successivamente esternate dall’intermediario, tra le quali si menziona la produzione in giudizio del documento contrattuale firmato dal solo cliente.
Infine, parte della giurisprudenza di merito si esprimeva nel senso della necessità della sottoscrizione dell’intermediario a pena di nullità non sanabile da successivi atti esecutivi, costituendo il documento firmato dal cliente mera proposta contrattuale non accettata.
Stanti i contrasti rilevati, con l’ordinanza n. 10447 del 27.4.2017 la Prima Sezione della Cassazione rimetteva gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle SS.UU. della decisione concernente la necessità, ai fini della validità del contratto quadro di negoziazione titoli (“contratto quadro di gestione, consulenza ed amministrazione di portafogli”), della firma dell’intermediario finanziario. Pronunciandosi sulla questione, la Cassazione, a SS.UU., ha infine recentemente affermato il seguente principio di diritto:
«…il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell'intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti» (Cassazione, SSUU., sentenza n. 898 del 16.1.2018).
Tale principio, sicuramente applicabile anche ai contratti bancari, ha confermato anche l’orientamento assunto dall’Arbitro nella materia di competenza (ex multis, Coll. Milano, dec. n. 5070/16).
Per tali motivi, la domanda principale non può essere accolta.
2. - In via subordinata, la ricorrente chiede che sia dichiarata “nulla e/o annullabile e/o inefficace la clausola 5 (“Estinzione anticipata e relativa indennità”) contenuta nella proposta contrattuale” e, conseguentemente, “risolto il contratto di finanziamento”.
Detta clausola prevede in che in caso di estinzione sia dovuta una indennità pari all’1% del residuo capitale.
Invero, ad avviso del Collegio la valutazione della natura vessatoria della clausola non appare necessaria, atteso che l’intermediario non vi ha dato applicazione. Vi è dunque carenza di interesse e la domanda non può essere accolta.
3. - In via ulteriormente gradata, la parte ricorrente chiede che la pretesa creditoria dell’intermediario, rideterminata in 24.468,20 euro a seguito del nuovo piano di ammortamento, sia dichiarata illegittima ed eccessiva.
Il contratto oggetto di ricorso può essere ricondotto al genus dei contratti di credito al consumo. Parte ricorrente, in effetti, è intervenuta in sede contrattuale in qualità di
consumatore”, ovvero come “persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (consumatore)”. La richiesta di prestito personale reca anche l’indicazione del TAEG, che, come noto, “indica il costo totale del credito per il consumatore espresso in percentuale annua dell’importo totale del credito” (art. 120-quinquies, comma 1, lett. m, TUB).
Al momento del “parziale rimborso” anticipato del finanziamento, verificatosi ad ottobre dicembre
2010 (come confermato da entrambe le parti) risultava allora vigente, in materia
di credito al consumo, l’art. 125-sexies TUB, ai sensi del quale, “il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto in parte, l'importo dovuto al finanziatore. In tale caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto”. Ciò premesso, è pacifico tra le parti che il ricorrente, nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2010, ha versato all’intermediario, in assenza di conteggio estintivo, ma sulla base di informazioni acquisite via filo, la somma complessiva di 56.656,00 euro a titolo di anticipata estinzione del contratto di finanziamento.
La circostanza che l’intermediario fosse consapevole della causa sottostante al predetto versamento risulta provata da quanto lo stesso asserisce nelle controdeduzioni, oltre che dalla missiva inviata alla ricorrente datata 18.7.2011, avente “tenore” di conteggio estintivo alla data del 5.10.2010.
Nonostante tale consapevolezza, l’intermediario inviava il richiesto conteggio estintivo scritto soltanto con nota del 18.7.2011 e, quindi, con non giustificabile ritardo (creando anche un legittimo affidamento nel cliente circa l’avvenuta totale estinzione del debito). In tale occasione, chiedeva la somma di 2.543,38 euro a saldo. La ricorrente, asserendo di non comprenderne le ragioni, non provvedeva al pagamento richiesto. Seguiva prolungato e infruttuoso carteggio tra le parti.
In ogni caso, la correttezza nei rapporti con la cliente avrebbe dovuto indurre l’intermediario quanto meno a chiedere preventivamente alla stessa ogni opportuno chiarimento in merito a quale fosse la sua effettiva volontà.
Al riguardo, in base a quanto precisato dall’intermediario nelle controdeduzioni, si osserva che la somma richiesta era dovuta a tre rate scadute (il 16.2.2010, 28.7.2010 e 13.10.2010) e non pagate di 760,10 euro ciascuna.
Appare dunque chiaro alla luce dei chiarimenti forniti in questa sede che, nel luglio 2011, una volta ricevuto il cospicuo pagamento (56.565,00 euro), l’intermediario non ha provveduto a riformulare un piano di ammortamento sulla residua somma dovuta di 2.543,38 euro, ma si è limitato a proporre un accordo transattivo, per l’intera medesima somma, da versare entro un mese in una unica soluzione. Tale accordo non è stato accettato dalla ricorrente evidentemente per mancanza di chiarimenti da parte dell’intermediario ed il cospicuo pagamento è stato utilizzato poi dall’intermediario nel 2015 per coprire le rate del piano di ammortamento originario (dal 2011 al 2015).
A seguito della interlocuzione intercorsa tra le parti in quegli anni, l’intermediario, esaurito nel maggio 2015 l’ “accantonamento”, si determinava a riformulare (illegittimamente) un nuovo piano di ammortamento, precisando in 25.064,08 euro l’importo dovuto a saldo ed accordando alla cliente un risparmio, rispetto al piano di ammortamento originario, di 9.582, 92 euro: 91.212,00 euro (totale da rimborsare, in base al contratto originario) – 56.565,00 euro (“arbitrariamente” rimborsati nel 2010) – 25.064,08 euro (somma ancora dovuta in base al nuovo piano di ammortamento).
La ricorrente lamenta in questa sede che “la banca non ha tenuto minimamente conto della volontà della cliente e non ha considerato il pagamento parziale del prestito, mantenendo in vita il vecchio piano di ammortamento”; ed in effetti la banca, ai sensi dell’art. 125-sexies del T.U.B (applicabile al contratto, anche se del 2009, come da
orientamento condiviso dei Collegi ABF) avrebbe dovuto immediatamente riformulare il piano di ammortamento (cfr., ex multis, Coll. Milano, dec. n. 1667/16). La volontà della ricorrente era chiara, né il contratto (art. 5) prevedeva che il rimborso anticipato dovesse essere subordinato ad una manifestazione di volontà scritta.
Considerata la condotta dell’intermediario che non ha provveduto all’immediata rideterminazione del piano di ammortamento ed il lungo periodo di tempo trascorso, ad avviso del Collegio la richiesta di saldo inizialmente formulata per l’importo complessivo di 2.543,38 euro per l’estinzione totale del prestito appare l’unica legittima e che deve ritenersi sufficiente alla estinzione del mutuo potendo addebitarsi alla cliente per il ritardato versamento soltanto gli interessi al tasso legale sulla detta somma con decorrenza dal 18 luglio 2011.
Pertanto, la domanda deve essere accolta nel senso di dichiarare illegittima la richiesta di pagamento della banca dell’importo di ulteriori 33 rate per un totale di euro 24.468,20, precisando che al fine dell’estinzione del debito e, quindi, del contratto di finanziamento residua l’importo originariamente richiesto dall’intermediario di 2.543,38 euro oltre agli interessi al tasso legale dal 18 luglio 2011 sino al soddisfo.