NEWSLETTER – giugno 2021
NEWSLETTER – giugno 2021
SOMMARIO
2
Rinnovo o proroga di contratti a termine in aziende che fruiscono di Cig COVID 2
Flussi di ingresso extracomunitari 2020: ulteriore attribuzione agli ITL di quote di programmazione 2
Xxxxx working: rimborsi e tassazione 2
Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali 3
II. SVOLGIMENTO RAPPORTO DI LAVORO
4
Approvato il Decreto Sostegni-bis 4
A luglio nuovi contratti a termine off limits per chi usa la Cig 5
Alt ai licenziamenti fino ad Agosto per chi usa la cassa Covid a maggio e giugno 6
COVID-19: misure di quarantena e di isolamento per variante VOC 202012/01 7
Vaccinazione in orario di lavoro con utilizzo di ferie e permessi 8
Lavoro, sgravi fino a 6mila euro per chi assume disoccupati 8
Slalom tra vincoli per assumere con lo sconto sui contributi 11
Il diritto alla disconnessione va regolato nell’accordo 13
Accordo sull’inquadramento del personale per l’industria metalmeccanica 14
15
Maternità insistente nel periodo di infortunio 15
Il calcolo del fringe benefit auto a uso promiscuo 15
IV. SENTENZE…ANCHE PARADOSSALI
17
Mancata indicazione orario lavorativo nel contratto a termine: ulteriore emolumento per il lavoratore 17
Tutele crescenti: incostituzionale l’indennità parametrata solo sull’anzianità di servizio 17
Appalto di opere o servizi: organizzazione dei mezzi necessari gestita dall’appaltatore 17
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Signorini Associati
Rinnovo o proroga di contratti a termine in aziende che fruiscono di Cig COVID
L’INL, con nota n. 762 del 12 maggio 2021, ha precisato che, come previsto dall’articolo 19-bis,
D.L. 18/2020, è possibile di procedere al rinnovo o alla proroga di contratti a termine, anche a scopo di somministrazione, relativi a lavoratori in forza presso aziende che fruiscono degli strumenti di integrazione salariale previsti dalla normativa emergenziale, in deroga alle previsioni degli articoli 20, comma 1, lettera c), 21, comma 2, e 32, comma 1, lettera c), D.Lgs. 81/2015.
L’articolo 19-bis, D.L. 18/2020, è da considerarsi attualmente in vigore quale norma interpretativa delle disposizioni che disciplinano l’erogazione degli ammortizzatori sociali in fase emergenziale (articoli 19-22, D.L. 18/2020), richiamate dalle successive norme che ne hanno nel tempo prorogato la fruizione, facendo riferimento alla platea dei lavoratori attualmente destinataria degli strumenti di integrazione salariale emergenziali, come da ultimo individuata dall’articolo 8,
D.L. 41/2021, nei lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del D.L. Sostegni (23 marzo 2021). Pertanto, è possibile rinnovare o prorogare contratti a termine anche per i lavoratori che accedono ai trattamenti di integrazione salariale, laddove gli stessi siano in forza alla data del 23 marzo 2021.
Flussi di ingresso extracomunitari 2020: ulteriore attribuzione agli ITL di quote di programmazione
Il Ministero del lavoro, con nota n. 1520 del 7 maggio 2021, ha assegnato a livello territoriale, direttamente sul sistema informatizzato SILEN, le restanti quote per lavoro subordinato e autonomo previste dagli articoli 3, 4 e 6, D.P.C.M. 7 luglio 2020, concernente la “Programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori non comunitari per lavoro nel territorio dello Stato per l’anno 2020” (allegati 1 e 2).
Sono assegnate agli ITL ulteriori quote per i seguenti ingressi:
• 027 quote per ingressi lavoro subordinato non stagionale nei settori dell’autotrasporto merci per conto terzi, dell’edilizia e del turistico-alberghiero, ripartite in misura percentuale rispetto alle istanze pervenute agli Sportelli unici per l’immigrazione sulla base dei dati forniti dal Ministero dell’interno (allegato 1);
• 064 quote per conversioni di permessi di soggiorno per lavoro subordinato e autonomo, sulla base delle effettive istanze di conversione pervenute agli Sportelli unici per l’immigrazione (allegato 1);
• 816 quote per ingressi di lavoro stagionale nei settori agricolo e turistico alberghiero sulla base del fabbisogno di manodopera stagionale non comunitaria (allegato 2).
Gli uffici territoriali possono di valutare le pratiche procedendo con priorità rispetto alla data di inizio della prestazione lavorativa, visualizzabile dal sistema informatico, pur nell’ambito dell’ordine cronologico di arrivo delle relative istanze al sistema SPI.
Smart working: rimborsi e tassazione
L’Agenzia delle entrate, con risposta a interpello n. 328 dell’11 maggio 2021, ha ritenuto che le somme rimborsate dalla società ai propri dipendenti che svolgono la loro attività lavorativa in smart working sulla base di un criterio forfetario, non supportato da elementi e parametri oggettivi, non possono essere escluse, in assenza di una precisa disposizione di Legge al riguardo,
dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente Al fine di non far concorrere il rimborso spese alla determinazione del reddito di lavoro dipendente occorrerebbe adottare un criterio analitico che permetta di determinare per ciascuna tipologia di spesa (quali ad esempio l’energia elettrica, la connessione internet, etc.), la quota di costi risparmiati dalla società, che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente, in maniera tale da poter considerare la stessa quota (in valore assoluto) di costi rimborsati a tutti i dipendenti riferibile a consumi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore di lavoro.
Con risposta a interpello n. 371 del 24 maggio 2021, ha inoltre offerto chiarimenti a una società intenzionata a dare avvio a un programma sperimentale di lavoro agile, rimborsando a ciascun lavoratore dipendente il costo della connessione internet con dispositivo mobile (c.d. “chiavetta internet“) o dell’abbonamento al servizio dati domestico, al fine di consentire lo svolgimento della prestazione di lavoro da remoto, precisando la rilevanza di tale rimborso spese ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente e in merito al relativo regime di deducibilità ai fini del reddito d’impresa.
L’Agenzia osserva che il rimborso da parte del datore di lavoro non è relativo al solo costo riferibile all’esclusivo interesse del datore di lavoro, dal momento che l’istante rimborserebbe tutte le spese sostenute dal lavoratore per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet, e che la relazione tra l’utilizzo della connessione internet e l’interesse del datore di lavoro è dubbia, in quanto il datore di lavoro è estraneo al rapporto negoziale instaurato con il gestore. Inoltre, dalla descrizione della fattispecie non emerge l’importo del costo che verrebbe rimborsato dal datore di lavoro, consentendo al dipendente un pieno accesso a tutte le funzionalità oggi fruibili sul mercato. Sulla base di ciò, quindi, l’Agenzia delle entrate ritiene che, nella fattispecie descritta dall’istante, il costo relativo al traffico dati che la società istante intende rimborsare al dipendente, non essendo supportato da elementi e parametri oggettivi e documentati, rilevi fiscalmente nei confronti dei dipendenti ai sensi dell’articolo 51, comma 1, Tuir.
Con riferimento ai profili Ires, poiché si è in presenza di un rimborso spese accordato al dipendente in smart working per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet, che rappresenta un obbligo implicito della prestazione pattuita, l’Agenzia, in linea generale, ritiene che i predetti rimborsi siano deducibili, ai sensi dell’articolo 95, comma 1, Tuir, in quanto assimilabili alle “Spese per prestazioni di lavoro”.
Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali
L’Inps, con circolare n. 77 del 26 maggio 2021, ha illustrato la disciplina del Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali, istituito dal D.I. 104125/2019, e ha indicato le modalità di compilazione del flusso UniEmens da parte dei datori di lavoro rientranti nel campo di applicazione del Fondo.
Il Fondo di solidarietà in oggetto ha lo scopo di fornire ai dipendenti dei datori di lavoro del settore delle attività professionali individuate dai codici ATECO riportati nella tabella di cui all’allegato n. 2 alla circolare – che occupano mediamente più di 3 dipendenti – una tutela a sostegno del reddito, in costanza di rapporto di lavoro, nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per le causali previste in materia di integrazioni salariali ordinarie e/o straordinarie di cui, rispettivamente, agli articoli 11 e 21, D.Lgs. 148/2015.
I datori di lavoro interessati sono tenuti al versamento del contributo di finanziamento al Fondo di solidarietà: in particolare, la regolarizzazione delle competenze arretrate, relative al periodo da marzo 2020 ad aprile 2021, dovrà avvenire entro il 16 agosto 2021.
SVOLGIMENTO RAPPORTO DI LAVORO
Approvato il Decreto Sostegni-bis
È stato approvato dal Consiglio dei Ministri n. 20 del 20 maggio 2021 il c.d. Decreto Sostegni- bis, recante misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19 per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali.
Tra le novità si segnala:
• un nuovo pacchetto di contributi a fondo perduto per i soggetti titolari di partita Iva che svolgono attività d’impresa, arte o professione, nonché per gli enti non commerciali e del Terzo settore, senza più alcuna limitazione settoriale o vincolo di classificazione delle attività economiche interessate;
• differimento fino al 30 giugno 2021 della sospensione delle attività dell’agente della
riscossione;
• in alternativa alla Cig, i datori di lavoro privati che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, i quali nel primo semestre dell’anno 2021 hanno subito un calo del fatturato del 50% rispetto al primo semestre dell’anno 2019, possono presentare domanda di Cigs, in deroga ai limiti di durata, per un periodo massimo di 26 settimane, fino al 31 dicembre 2021. Per accedere all’ammortizzatore è necessaria la stipula di accordi collettivi aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o dalle loro Rsa o da Rsu, di riduzione dell’attività lavorativa dei lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del D.L. Sostegni-bis, finalizzati al mantenimento dei livelli occupazionali nella fase di ripresa delle attività dopo l’emergenza epidemiologica. La riduzione media oraria non può essere superiore all’80% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati dall’accordo collettivo. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 90% nell’arco dell’intero periodo per il quale l’accordo collettivo è stipulato;
• in via eccezionale, al fine di sostenere i lavoratori nella fase di ripresa delle attività dopo l’emergenza epidemiologica, dalla data di entrata in vigore del Decreto Sostegni-bis e fino al 31 dicembre 2021 può essere autorizzata una proroga di 6 mesi della Cigs per cessazione, previo ulteriore accordo da stipulare in sede governativa presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la partecipazione del Mise e della Regione interessata, per le aziende che abbiano particolare rilevanza strategica sul territorio qualora abbiano avviato il processo di cessazione aziendale, le cui azioni necessarie al suo completamento e per la salvaguardia occupazionale, abbiano incontrato fasi di particolare complessità anche rappresentate dal Mise;
• differimento al 20 agosto 2021 dei termini dei versamenti contributivi dei soggetti iscritti alle Gestioni artigiani e commercianti in scadenza il 17 maggio 2021, senza alcuna maggiorazione;
• 4 ulteriori mensilità per il Reddito di emergenza (Rem);
• una nuova indennità una tantum per i lavoratori stagionali, del turismo e dello sport che avevano già beneficiato della stessa misura prevista con il Decreto Sostegni;
• il blocco alla progressiva riduzione dell’indennità prevista con la NASpI;
• l’estensione al 2021 del contratto di espansione per le imprese con almeno 100 dipendenti
e nuove risorse per i contratti di solidarietà;
• l’introduzione del contratto di rioccupazione, volto a incentivare l’inserimento dei
lavoratori disoccupati nel mercato del lavoro;
• l’istituzione di un fondo da 500 milioni di euro per l’adozione di misure urgenti a sostegno delle famiglie vulnerabili;
• stanziamento di ulteriori risorse per sostenere attività economiche di settori specifici colpiti dalla pandemia, ad esempio i trasporti, la cultura, lo spettacolo e l’agricoltura. Si introduce un’indennità una tantum per i lavoratori del settore agricolo a tempo determinato e per i pescatori. Per i lavoratori stagionali dello spettacolo e dello sport che ne abbiano già usufruito è prevista un’ulteriore indennità, che potrà essere richiesta anche da ulteriori categorie di lavoratori degli stessi settori.
A luglio nuovi contratti a termine off limits per chi usa la Cig
Dal 1° luglio, le aziende del settore industriale che utilizzeranno la nuova cassa integrazione prevista dal decreto Sostegni-bis come alternativa al licenziamento non potranno più rinnovare o prorogare nella stessa unità produttiva i contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione. Questo perché non sarà più possibile utilizzare la Cassa emergenziale Covid- 19, su cui sono state costruite le deroghe ai divieti di utilizzo dei contratti a termine.
Il Dl 73/2021, ha introdotto due novità riservate alle aziende del settore industriale, per le quali dal 1° luglio scatterà lo sblocco dei licenziamenti. La prima è prevista dall’articolo 40, comma 1, e consiste in un nuovo strumento di integrazione salariale regolato dal decreto legislativo 148/2015, salvo le deroghe previste all’articolo 4, 5 e 21. Si tratta di un rivisitato contratto di solidarietà, molto selettivo in ingresso in quanto riservato alle aziende che possano dimostrare nel primo semestre dell’anno 2021 un calo del fatturato del 50% rispetto al primo semestre dell’anno 2019. La seconda, è contenuta nel comma 3 dell’articolo 40, in cui il legislatore ha previsto che i datori di lavoro privati del settore industriale, a decorrere dal 1° luglio, se sospendono o riducono l’attività, possono accedere a Cigo e alla Cigs del Dlgs 148/2015 senza pagare il contributo addizionale.
In definitiva, sia il comma 1 che il 3 dell’articolo 40 consentono al datore di lavoro del settore industriale l’utilizzo di cassa integrazione tradizionale (con alcuni correttivi) e non più la cassa Covid-19 emergenziale.
Sul tema dei contratti a termine la regola generale è prevista dall’articolo 21, comma 1, lettera c) del Dlgs 81/2015, che stabilisce il divieto di utilizzo di tali contratti «presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato». Analoga previsione è presente nell’articolo 32, comma 1, lettera c) dello stesso decreto per la somministrazione a tempo determinato.
Queste due norme, durante il periodo emergenziale, sono state oggetto di deroga per effetto dell’articolo 19-bis del Dl 18/2020 in cui è stato stabilito che «considerata l’emergenza epidemiologica da Covid-19», ai datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali di cui agli articoli da 19 a 22 dello stesso decreto, è consentita la possibilità, «in deroga alle previsioni di cui agli articoli 20, comma 1, lettera c), 21, comma 2, e 32, comma 1, lettera c), del Dlgs 81/2015» e nel medesimo periodo, di rinnovo o di proroga dei contratti a tempo determinato. La deroga al divieto però è legittima solo quando la cassa è di tipo emergenziale Covid-19.
Ora, anche se l’emergenza epidemiologica non è stata superata, l’utilizzo di cassa integrazione non più formalmente emergenziale non consentirà più alle aziende industriali di agganciare la deroga prevista dall’articolo 19-bis.
A nulla rileva che nell’articolo 93 del Dl 34/2020 sia prevista un’altra norma che deroga all’obbligo di indicare le causali, senza essere subordinata all’utilizzo della cassa emergenziale, ma solo in conseguenza dell’emergenza da Covid-19. Questa previsione risulta utilizzabile nella misura in cui
all’azienda interessata sia applicabile anche la deroga del 19-bis: e ciò, a partire dal 1° luglio, non è più il caso delle aziende industriali. A questo punto va compreso se questa è una scelta del legislatore o semplicemente una svista.
Alt ai licenziamenti fino ad Agosto per chi usa la cassa Covid a maggio e giugno
Nel Dl sostegni bis spunta a sorpresa una nuova proroga del blocco dei licenziamenti di ulteriori 60 giorni (fino al 28 agosto) per le imprese che richiedono di poter utilizzare la cassa Covid-19 fino al 30 giugno.
La norma, voluta dal ministro del Lavoro, Xxxxxx Xxxxxxx, non figura nella bozza in ingresso del decreto e, da quanto si apprende, sarebbe stata introdotta nel testo durante la riunione di Governo. Il quadro normativo è modificato rispetto al decreto Sostegni, convertito in legge mercoledì alla Camera, che prevede per le imprese che usano la cassa integrazione ordinaria (industria manifatturiera e costruzioni) la possibilità di ricorrere ad ulteriori 13 settimane di cassa Covid-19 gratuita da usare fino al 30 giugno, senza modificare la scadenza del 30 giugno del blocco dei licenziamenti, collettivi e individuali per motivi economici. Eppure lo stesso premier, Xxxxx Xxxxxx, aveva più volte assicurato che non ci sarebbero state nuove proroghe del divieto di licenziamento, che in Italia - unico paese al mondo - va avanti da febbraio 2020, nonostante il pressing dei sindacati per unificare la proroga del blocco al 30 ottobre (come per il terziario).
Critiche da Confindustria. «Le imprese hanno bisogno di certezza - sostiene il vice presidente di Confindustria, Xxxxxxxx Xxxxxx -. Non si affrontano le riforme necessarie a dare sostanza alle transizioni del Pnrr e si cambiano continuamente regole e impegni presi. In questo modo non solo è impossibile pianificare interventi di riorganizzazione aziendale, ma diventa difficile anche accompagnare questa fase con iniziative concertate perché viene meno l’affidabilità degli interlocutori. Questo intervento normativo denuncia una difficoltà a guardare avanti con una visione di medio lungo termine, e questo preoccupa».
In base alla bozza del Dl, l’estensione del blocco dei licenziamenti si applica ai datori di lavoro che a partire dall’entrata in vigore del nuovo Dl chiedono di utilizzare altre settimane di cassa Covid- 19 (gratuita). Per le stesse imprese c’è anche una seconda novità: dal primo luglio, uscendo dalla cig emergenziale, qualora decidano di utilizzare la cassa ordinaria (onerosa e con tetti alle durate), tali aziende sono esonerate dal pagamento dei contributi addizionali (del 9%, del 12% e del 15% a seconda della durata delle settimane) fino alla fine dell’anno, con il divieto comunque di poter ricorrere a licenziamenti economici e collettivi mentre usano la Cigo (restano sospese le procedure avviate successivamente al 23 febbraio 2020). Vengono confermate le deroghe al blocco per i licenziamenti motivati da cessazione definitiva dell’attività, per la messa in liquidazione, fallimento o per accordo collettivo aziendale sugli esodi incentivati.
«L’ennesima proroga del blocco dei licenziamenti penalizza le imprese che decidono di utilizzare la Cig per le riorganizzazioni aziendali, che quindi vengono nuovamente rimandate - sostiene Xxxxxx Xxxxxxx, ordinario di diritto del Lavoro all’università La Sapienza di Roma -. La critica è anche di metodo: la fine del blocco dei licenziamenti sembrava pacifica viste anche le dichiarazioni in tal senso di esponenti di governo. Adesso, a sorpresa, la questione si riapre, e ciò costringerà molte imprese a rivedere i propri piani. Con buona pace della certezza del diritto che viene di nuovo sacrificata. È singolare che quasi contemporaneamente il Parlamento conferma il termine del 30 giugno e l’esecutivo lo proroga».
COVID-19: misure di quarantena e di isolamento per variante VOC 202012/01
Il Ministero della salute, con circolare n. 22746 del 21 maggio 2021, facendo seguito a quanto indicato nelle circolari n. 3787/2021 “Aggiornamento sulla diffusione a livello globale delle nuove varianti SARS-CoV-2, valutazione del rischio e misure di controllo”, e n. 15127/2021 “Indicazioni per la riammissione in servizio dei lavoratori dopo assenza per malattia Covid-19 correlata”, e considerando l’evoluzione della diffusione delle varianti in Italia, ha aggiornato le indicazioni sulla durata e sul termine delle misure di quarantena e di isolamento raccomandate per i casi e i contatti di casi COVID-19 sospetti o confermati per infezione da varianti VOC.
Quarantena:
• i contatti stretti asintomatici di casi con infezione da SARS-CoV-2, compresi i casi da variante VOC 202012/01 sospetta o confermata, identificati dalle Autorità sanitarie, possono rientrare in comunità dopo un periodo di quarantena di almeno 10 giorni dall’ultima esposizione al caso, al termine del quale risulti eseguito un test antigenico o molecolare con risultato negativo;
• i contatti asintomatici a basso rischio di casi COVID-19 con varianti VOC diverse da VOC 202012/01 (sospette o confermate) identificati dalle Autorità sanitarie, possono rientrare in comunità dopo un periodo di quarantena di almeno 10 giorni dall’ultima esposizione al caso, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare o antigenico con risultato negativo. Qualora i contatti a basso rischio siano operatori sanitari o altre persone che forniscono assistenza diretta a un caso COVID-19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso COVID-19, provvisto dei DPI raccomandati, non si applica la misura della quarantena, bensì la sorveglianza sanitaria come da articolo 14,
D.L. 18/2020, e articolo 1, comma 2, lettera d), D.L. 19/2020.
Le persone che sono risultate positive al SARS-CoV-2, con tampone negativo a fine isolamento, se le condizioni abitative permettono di mantenere un adeguato isolamento dai conviventi, non devono essere poste in quarantena.
Isolamento:
• le persone asintomatiche risultate positive alla ricerca di SARS-CoV-2 possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività (di cui, se sintomatiche, almeno gli ultimi 3 giorni senza sintomi), al termine del quale risulti eseguito un test antigenico o molecolare con risultato negativo;
• le persone asintomatiche risultate positive alla ricerca di SARS-CoV-2 con variante XXX xxxxxxx xx XXX 000000/00 (xxxxxxxx o confermata) possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività (di cui, se sintomatiche, almeno gli ultimi 3 giorni senza sintomi), al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo;
• le persone che continuano a risultare positive al test molecolare o antigenico per SARS- CoV-2, in caso di assenza di sintomatologia da almeno 7 giorni (fatta eccezione per ageusia/disgeusia e anosmia), potranno interrompere l’isolamento al termine del 21° giorno. I casi positivi a lungo termine di varianti VOC diverse da VOC 202012/01 (sospetta o confermata) potranno interrompere l’isolamento solo dopo l’avvenuta negativizzazione al test molecolare.
Vaccinazione in orario di lavoro con utilizzo di ferie e permessi
In assenza di specifica previsione di legge o contrattuale, il dipendente che si sottopone alla vaccinazione anti Covid deve utilizzare ferie o permessi annui per preservare il proprio trattamento economico.
Nonostante l’intensificazione della campagna vaccinale, non è stata prevista, infatti, una norma di carattere generale che fornisca una specifica tutela in favore del lavoratore costretto ad assentarsi dal lavoro per sottoporsi alla profilassi di rito.
Un’indicazione sul trattamento dell’assenza per vaccinazione è contenuta nel Protocollo vaccinazione in azienda siglato il 6 aprile 2021 dai ministeri Lavoro-Salute e dalle organizzazioni sindacali per disciplinare la costituzione, l’allestimento e la gestione dei punti vaccinali straordinari nei luoghi di lavoro.
Al punto 15 del protocollo stesso, che si applica alle vaccinazioni eseguite su iniziativa del datore di lavoro (nei locali aziendali o mediante convenzioni con strutture mediche private o mediante strutture sanitarie dell’Inail), è espressamente previsto che, in caso di somministrazione eseguita durante l’orario di lavoro, il relativo tempo non è considerato un’assenza ma equiparato a tutti gli effetti a orario di lavoro.
L’ulteriore specifica disciplina è contenuta nell’articolo 31, comma 5, del decreto Sostegni (Dl 41/2021), riservato al personale scolastico, in cui è espressamente previsto che l’assenza per la somministrazione del vaccino è considerata giustificata e non comporta alcuna decurtazione del trattamento economico fisso e/o accessorio.
Al di fuori di queste due specifiche previsioni di legge, l’assenza del lavoratore dipendente potrebbe essere tutelata da norme di carattere contrattuale, cioè da previsioni contenute nei contratti collettivi di primo o secondo livello (aziendali o territoriali), ovvero da disposizioni contenute in regolamenti aziendali che disciplinano l’orario di lavoro.
Questi documenti, infatti, prevedono spesso il riconoscimento di permessi ulteriori rispetto a quelli disciplinati dal Ccnl, ad esempio per sottoporsi a visite mediche che potrebbero essere utilizzati ai fini della vaccinazione.
In mancanza di tali regolamentazioni, rimane comunque fermo il diritto del lavoratore ad assentarsi legittimamente per la tutela della propria salute e di quella della collettività.
Di conseguenza tali assenze, sebbene ammesse, per poter essere retribuite devono essere
“giustificate” utilizzando le ferie o i permessi annui accantonati e non ancora fruiti.
In questo modo, di fatto, il lavoratore di un’azienda che non partecipa all’iniziativa vaccinale nei luoghi di lavoro, o che non è dipendente di un’istituzione scolastica, si trova a dover sostenere l’onere economico dell’assenza, sacrificando una giornata di ferie o di permesso che dovrebbero avere un’altra funzione.
Lavoro, sgravi fino a 6mila euro per chi assume disoccupati
Nel Dl Xxxxxxxx bis debutta un contratto subordinato a tempo indeterminato di rioccupazione incentivato con l’esonero contributivo al 100% - fino a 6mila euro su base annua - per la durata di sei mesi, con l’obiettivo di spingere l’inserimento nel mercato del lavoro dei disoccupati nella fase di ripresa di attività post pandemia.
Non solo. Si ritoccano anche il contratto di espansione, la cui soglia dimensionale scende a 100 addetti, e il contratto di solidarietà: per le imprese, che dal 30 giugno avranno lo sblocco dei licenziamenti, e hanno subito perdite di fatturato di almeno il 30%, l’ammortizzatore (attivabile per una durata di 24-36 mesi) prevede un reintegro di retribuzione per il lavoratore al 70% (oggi 60%). La Cigs per cessazione si allunga di altri 6 mesi per le crisi industriali aggravate
dall’emergenza sanitaria, al fine di dare più tempo per completare i piani di subentro delle nuove proprietà. Il Rem, il reddito di emergenza, si potrebbe allungare di altri mesi per coprire l’estate, e il décalage della Naspi, che attualmente scatta dal 4° mese di sussidio, si azzera fino al 31 dicembre.
Sono queste le principali misure del pacchetto lavoro destinato ad entrare nel decreto Sostegni bis - atteso in Cdm tra oggi e domani - messe a punto dai tecnici del ministero del Lavoro, guidato da Xxxxxx Xxxxxxx. Il pacchetto vale tra 5-6 miliardi di euro, e tratteggia una serie di misure per accompagnare imprese e lavoratori a uscire dall’emergenza sanitaria ed economica.
Tornando al nuovo contratto di rioccupazione, strumento operativo dall’entrata in vigore del decreto fino al 31 ottobre, va definito, con il consenso del lavoratore, un progetto individuale di inserimento finalizzato all’adeguamento delle competenze di durata di sei mesi; al termine le parti possono recedere dal rapporto di lavoro o proseguire come ordinario contratto a tempo indeterminato.
Al datore di lavoro privato (con esclusione del settore agricolo e del lavoro domestico) è riconosciuto per un massimo di sei mesi l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali (con esclusione di premi e contributi dovuti al’Inail per l’assicurazione contro gli infortuni) nel limite massimo di 6mila euro su base annua, riparametrato su base mensile. Sono fissati alcuni paletti per beneficiare dell’esonero contributuivo; i datori di lavoro nei sei mesi precedenti l’assunzione non devono aver proceduto a licenziamenti individuali o per giustificato motivo oggettivo o collettivi nella stessa unità produttiva. Inoltre il licenziamento intimato durante o al termine del periodo di inserimento - o il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo o collettivo di un lavoratore impiegato nella stessa unità produttiva e con lo stesso livello di inquadramento - comporta la revoca dell’agevolazione e il recupero del beneficio già fruito. Il beneficio è cumulabile con gli esoneri contributivi previsti (per il Sud, per donne e giovani).
Inoltre per il comparto commercio-turismo-terme viene reintrodotto lo sgravio contributivo per le imprese che non richiedono la cassa integrazione per i propri dipendenti, pur avendone usufruito in precedenza per far fronte all’emergenza Covid. La legge di Bilancio 2021 ha previsto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali per aziende che non richiedono trattamenti di integrazione salariale, fino a un massimo di otto settimane, fruibili entro il 31 marzo 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già utilizzate a maggio-giugno 2020 (con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all'Inail), ma l’incentivo è scaduto a fine marzo. Viene poi rifinanziata l’una tantum di 2.400 euro per i lavoratori stagionali del turismo, dello spettacolo e di altri settori, assieme a intermittenti, autonomi occasionali, venditori a domicilio, lavoratori a termine del turismo. E scatta il commissariamento dell’Anpal, l’agenzia nazionale politiche attive del lavoro, in previsione della modifica della governance che sarà ispirata al modello delle agenzie fiscali (un direttore generale, ma non più un presidente).
Una norma, infine, è rivolta ai giovani Neet (che non si formano, non studiano e non lavorano): con 50 milioni di euro si istituisce un fondo per la scuola dei mestieri per consentire alle aziende che prevedono alto tasso di specializzazione di fare scuole per giovani nei principali settori (dalla manifattura al tessile, alla cantierisica).
Slalom tra vincoli per assumere con lo sconto sui contributi
Per poter fruire legittimamente degli incentivi contributivi che la legge prevede in favore delle aziende in caso di nuove assunzioni di determinate categorie di lavoratori, le condizioni da rispettare sono molteplici. Alcune di esse sono specifiche, vale a dire proprie dell’agevolazione introdotta. Tale soggettività, ovviamente, le rende variabili in funzione della tipologia di facilitazione cui il datore di lavoro fa ricorso. Altre, invece, sono generali. Queste ultime, presenti nell’ordinamento giuridico ormai da diversi anni, meglio conosciute come “principi generali di fruizione degli incentivi”, trovano applicazione trasversalmente, interessando tutte le forme di assunzioni agevolate.
Esistono, poi, anche vincoli che condizionano l’accesso agli aiuti, previsti sia dal regolamento interno che da quello comunitario; si tratta della cosiddetta correntezza contributiva (certificata dal possesso del Durc) ma anche dell’impossibilità di fruire degli esoneri da parte di chi non rispetta i Ccnl ovvero non è in regola con alcune disposizioni previste in materia di sicurezza e lavoro. Sul fronte comunitario, inoltre, è necessario che l’agevolazione rispetti i parametri fissati dai regolamenti dell’Ue.
Certo è che il quadro per i datori di lavoro che vogliono assumere e dei loro consulenti è molto complesso. Alcune volte in passato, così come attualmente per la decontribuzione per le assunzioni di under 36, in via interpretativa, si è individuata una specialità della norma regolamentatrice dell’assunzione agevolata, al fine di permettere il superamento di talune delle condizioni. La mappa è articolata e di non agevole lettura.
Nella tabella allegata abbiamo riepilogato, con riferimento alla recente circolare Inps 56/2021 emanata per regolamentare l’assunzione incentivata di giovani prevista dalla legge 178/2020, alcune delle condizioni, parte delle quali derogate dall'Istituto, per via della già richiamata specialità della disposizione. La tabella si commenta da sola ed evidenzia la complessità, che necessita di un intervento correttivo.
Spesso alcuni datori di lavoro, resi edotti delle varie limitazioni, rinunciano all’assunzione; altri, vista anche l’esiguità che spesso caratterizza il risparmio, assumono ordinariamente rinunciando a ogni agevolazione, in tal modo vanificando anche la finalità cui tende la norma, ovvero quella di favorire l'accesso o il reinserimento nel modo del lavoro di particolari categorie di soggetti, spesso con svantaggi occupazionali.
Quanto ai risparmi, va peraltro rilevato come sia stato ridimensionato l’ammontare delle riduzioni contributive. Non è più il tempo degli sgravi totali. Ci si muove entro un limite definito che, in genere, è dato da un tetto di 6.000 euro annui, oltre i quali i contributi eccedenti sono dovuti. A essere penalizzate sono le aziende che si avvalgono di personale altamente specializzato, con retribuzioni adeguate al loro grado di conoscenza e dunque, più elevate rispetto allo standard contrattuale.
Forse è giunto il momento di tornare sul tema prevedendo un riordino complessivo del sistema degli incentivi. Per le aziende già gravemente provate dalla crisi, l’inserimento di nuove risorse dovrà essere fortemente incentivato e disciplinato da norme chiare che non penalizzino i lavoratori (si pensi, a titolo di esempio, alla condizione sinceramente incomprensibile consistente nell’assenza, nell’intera vita lavorativa del soggetto da assumere, di un precedente rapporto a tempo indeterminato, magari conclusosi 15 anni prima della nuova assunzione). Ma, soprattutto, le misure incentivanti dovranno essere di facile attuazione e caratterizzate da condizioni di accesso oltremodo limitate. I benefici vanno agevolmente riconosciuti e si devono eseguire – anche a posteriori - i necessari controlli di legittimità da parte degli uffici ispettivi dei vari organismi.
Il diritto alla disconnessione va regolato nell’accordo
Nella legge 61/2021, di conversione del decreto legge 30/2021, in vigore da ieri, è stata inserita una norma che sancisce e rafforza, in via generale, il diritto alla disconnessione dagli strumenti tecnologici per i lavoratori agili. Si tratta del comma 1-ter dell’articolo 2, che, ferma restando la disciplina specifica stabilita per il pubblico impiego dai contratti collettivi nazionali, riconosce «al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati». Non solo. La norma prosegue affermando che «l’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi».
Siamo in presenza di una disposizione che, pur estemporaneamente inserita in un provvedimento di natura contingente, è destinata ad avere un impatto significativo sulla regolazione del lavoro agile, ben al di là del periodo emergenziale. Non si tratta, infatti, della mera ripetizione di quanto già previsto, in materia di disconnessione, dalla legge 81/2017, istitutiva del lavoro agile. Quest’ultima si limita ad assegnare all’accordo individuale il compito di individuare «le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro».
La nuova disposizione va oltre, e afferma l’esistenza, in capo al lavoratore, di un vero e proprio diritto alla disconnessione, il cui esercizio, necessario per tutelare riposo e salute, non è sottoposto ad altre limitazioni che non siano le previsioni dell’accordo individuale e i periodi di reperibilità in esso eventualmente previsti. Il che, in pratica, potrebbe significare che, al di fuori delle fasce orarie previste dall’accordo, il lavoratore non ha l’obbligo di rimanere connesso agli strumenti e ai sistemi aziendali, e quindi anche di rispondere tempestivamente alle telefonate, alle email eccetera.
Per rafforzare il diritto alla disconnessione, è previsto poi il divieto di ripercussioni sfavorevoli (cioè di sanzioni di qualsiasi tipo) per il lavoratore che lo esercita. In questo la norma riecheggia il contenuto della risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 21 gennaio 2021, nella quale, premessa una lunga serie di considerazioni sulla necessità di affermare e regolamentare in modo uniforme in Europa il diritto alla disconnessione, si invita la Commissione a presentare una proposta di direttiva dell’Unione, il cui testo è allegato alla risoluzione stessa. Lo scopo dichiarato è contrastare quella che viene definita la cultura del “sempre connesso”, che, si afferma, può andare a scapito dei diritti e della salute dei lavoratori. Sembra quasi che il legislatore italiano, in questo caso, abbia voluto precorrere i tempi e conformarsi (più che anticipatamente) a una direttiva ancora in gestazione, con un intervento forse non sufficientemente meditato.
Quel che è certo è che, su un piano pratico, occorrerà prestare ancor più attenzione di prima alla formulazione degli accordi individuali, occupandosene ancor prima della scadenza dello smart working semplificato dell’emergenza. È negli accordi individuali infatti che, in relazione alle specificità delle situazioni lavorative, andranno individuate eventuali fasce di reperibilità durante le quali il lavoratore ha l’obbligo di mantenersi connesso e raggiungibile, così come eventuali momenti/orari in cui è richiesta la prestazione, nonché i tempi di riposo. Un esercizio talvolta non semplice, ma necessario, per adempiere il precetto legislativo, tutelando il lavoratore (e l’azienda da potenziali contenziosi), senza perdere l’autonomia e la flessibilità del modello.
Accordo sull’inquadramento del personale per l’industria metalmeccanica
Con accordo del 3 maggio 2021 Federmeccanica, Assistal, Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil hanno regolamentato il nuovo sistema di inquadramento del personale, suggellando quanto già anticipato attraverso l'accordo di rinnovo contrattuale del 5 febbraio 2021.
Attraverso la recente intesa viene confermato il nuovo inquadramento introdotto con decorrenza 1° giugno 2021 dall'accordo 5 febbraio 2021, articolato in 4 ruoli (operativi, tecnico-scientifici, specialistici e gestionali, di gestione del cambiamento e innovazione) e 9 livelli (D1, X0, X0, X0, X0, X0, X0, X0 x X0).
La riclassificazione dovrà essere operata entro il 31 maggio 2021 secondo la seguente comparazione.
VECCHIA CATEGORIA / NUOVO LIVELLO 8 / A1
7 / B3
6 / B2
5S / B1
5 / C3
4 / C2
3S / C1
3 / D2
2 / D1
1 / D1
A far data dal 1° giugno 2021 è eliminata la 1^ categoria: i lavoratori già in forza al 31 maggio 2021 e inquadrati in 1^ categoria sono riclassificati nel livello D1 a decorrere dal 1° giugno 2021.
I lavoratori già in forza al 31 maggio 2021 interessati dalla riclassificazione conservano l'anzianità di servizio già maturata a tale data a tutti gli effetti contrattuali.
Entro il 31 maggio 2021, al lavoratore già in forza dovrà essere comunicata la riclassificazione definitiva, tenendo conto che, laddove già presenti in azienda specifici adattamenti inquadramentali, l'adozione del nuovo sistema di inquadramento non potrà comportare né perdite né vantaggi per le aziende ed i lavoratori.
L'accordo affronta anche i meccanismi di inserimento in azienda e della mobilità professionale per gli operai (dal livello D1 al livello D2) e per gli impiegati.
Maternità insistente nel periodo di infortunio
Abbiamo una lavoratrice che attualmente si trova in infortunio in itinere presumibilmente fino a fine giugno. Alla data del 20 maggio la medesima entrerebbe nel periodo di astensione obbligatoria per maternità. Chiediamo quale istituto risulti il prevalente e le modalità di corresponsione delle indennità.
La circolare INAIL 33/1987 ha sancito il principio secondo cui l'indennità per inabilità temporanea assoluta erogata dall'istituto, sostituisce ogni altra prestazione previdenziale erogata dall'INPS durante l'astensione lavorativa. A recepimento di ciò, la successiva circolare INPS 182/1997, afferma che il trattamento economico per inabilità temporanea al lavoro, derivante da infortunio sul lavoro, prevale sempre sul trattamento di maternità. Pertanto, per tutto il periodo per il quale l'Inail provvede al pagamento dell'indennità giornaliera per infortunio, l'indennità di maternità non deve essere corrisposta, e inoltre, qualora dovuto, l'Inps è tenuto ad erogare l'eventuale integrazione all'indennità corrisposta dall'INAIL, fino a concorrenza dell'importo spettante a titolo di indennità di maternità.
Il calcolo del fringe benefit auto a uso promiscuo
L’agenzia delle Entrate ha chiarito che, per i veicoli immatricolati fino al 30.6.2020 e assegnati dopo il 30.6.2020, il fringe benefit va calcolato in base al valore normale di cui all'art. 9, TUIR e non secondo le Tariffe ACI. Inoltre il benefit deve essere individuato sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili al fine di evitare che l'intero «valore normale» di esso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente". Come è possibile quantificare tale benefit nel caso in cui la macchina fosse stata acquistata dall'azienda?
Le auto aziendali ad uso promiscuo concesse ai dipendenti dal 1° luglio 2020 sono soggette alle nuove disposizioni previste dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, commi 632 e 633, legge n. 160/2019) in materia di tassazione dei veicoli aziendali. La norma ha lo scopo di incentivare l'acquisto di auto ecologiche, al fine di ridurre le emissioni di Co2. Nel caso di auto, assegnata al dipendente dopo il 1° luglio 2020 ed immatricolata prima di tale data, non essendo prevista la valorizzazione del benefit con il criterio forfetario (in quanto viene meno il requisito dell'immatricolazione dopo il 1° luglio 2020 per poter applicare la nuova normativa), l'Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 46/E/2020, afferma che “il benefit dovrà essere fiscalmente valorizzato per la sola parte riferibile all'uso privato dell'autoveicolo, motociclo o ciclomotore, scorporando quindi dal suo valore normale, l'utilizzo nell'interesse del datore di lavoro” (l'uso promiscuo deve essere provato mediante idonea documentazione, quale, ad esempio una clausola del contratto di lavoro (Circolare n. 48/1998) oppure una lettera di assegnazione. Ciò è richiesto anche allo scopo di evitare comportamenti elusivi posti in essere al solo fine di fruire della deduzione al 70% (anziché al 20%) prevista per i veicoli che vengono dati in uso promiscuo al dipendente ). Pertanto, a fronte di quanto sostenuto, sarà necessario determinare il valore del benefit nel seguente modo: - calcolare prima il valore normale per l'uso privato dell'auto. Per la determinazione di tale valore, l'art. 51, comma 3, TUIR, secondo cui i compensi in natura sono valorizzati con il criterio del valore normale , rinvia all'art. 9 TUIR (ad esempio, sarà necessario individuare il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato in condizioni di libera concorrenza, oppure fare riferimento ai listini e alle tariffe del fornitore dei beni e servizi); - sottrarre dal valore normale l'utilizzo effettuato nell'interesse del datore di lavoro. Per la determinazione della parte relativa all'uso aziendale, l'Agenzia non ha fornito precisazioni sulle modalità di calcolo, ma nella
risoluzione n. 74/E/2017 fa riferimento a costi determinati “sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili”. Sul punto non risultano ancora forniti chiarimenti da parte dell'Amministrazione finanziaria. Si ricorda altresì che per il datore di lavoro, le spese e gli altri componenti negativi relativi agli autoveicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti sono deducibili in misura pari al 70% del loro ammontare ex articolo 164, comma 1, lettera b-bis, del TUIR e non sono previsti limiti alla deducibilità del 70% dei costi sostenuti. Tuttavia, va segnalato che la deduzione del 70% dei costi è subordinata alla circostanza che l'utilizzo promiscuo dell'autovettura da parte del dipendente o collaboratore avvenga per la maggior parte del periodo d'imposta e quindi per r la metà più uno dei giorni che compongono il periodo d'imposta del datore di lavoro (almeno 184 giorni). Ai fini in esame, non è necessario che l'uso promiscuo sia avvenuto in modo continuativo e che il veicolo sia stato utilizzato da un solo lavoratore. Qualora l'impresa detenga i veicoli a titolo di proprietà, si applicano due limiti:
1. il limite percentuale di deducibilità del 20%,
2. il limite sul costo di acquisto che varia a seconda del tipo di veicolo ed è pari a:
• euro 18.075,99 per le autovetture e gli autocaravan;
• euro 4.131,66 per i motocicli;
• euro 2.065, 83 per i ciclomotori.
Il costo di acquisto rilevante per verificare il superamento del suddetto limite è il costo del veicolo comprensivo degli oneri accessori di diretta imputazione quali, ad esempio, l'IVA indetraibile e la tassa di immatricolazione.
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 6 aprile 2021, n. 9229, in tema di contratto di lavoro a tempo determinato, ha ritenuto che il datore di lavoro che ometta di indicare l’orario lavorativo, non unilateralmente variabile ai sensi dell’articolo 3, comma 7, e dell’articolo 9, D.Lgs. 61/2000, è tenuto a corrispondere al lavoratore un ulteriore emolumento, ex articolo 8, comma 2, D.Lgs. 61/2000, alla cui liquidazione il giudice può provvedere equitativamente senza necessità della prova del danno procurato – che deriva dall’obbiettivo disagio subito dal lavoratore per l’unilaterale determinazione del datore di lavoro delle modalità temporali di svolgimento della prestazione – trattandosi di misura di natura sanzionatoria.
(Corte di Cassazione, ordinanza n. 9229/2021)
Tutele crescenti: incostituzionale l’indennità parametrata solo sull’anzianità di servizio
La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 93 del 7 maggio 2021, nel solco di quanto già stabilito con la sentenza n. 150/2020, ha ribadito l’illegittimità dell’articolo 4, D.Lgs. 23/2015, limitatamente alle parole “di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio”, in quanto commisura il risarcimento previsto per il licenziamento affetto da vizi formali e procedurali unicamente all’anzianità di servizio.
(Corte Costituzionale, ordinanza n. 93/2021)
Appalto di opere o servizi: organizzazione dei mezzi necessari gestita dall’appaltatore
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 6 aprile 2021, n. 9231, ha ritenuto che l’appalto di opere o servizi espletato con mere prestazioni di manodopera è lecito, purché il requisito dell'”organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore” costituisca un servizio in sé, svolto con organizzazione e gestione autonoma dell’appaltatore, senza che l’appaltante, al di là del mero coordinamento necessario per la confezione del prodotto, eserciti diretti interventi dispositivi e di controllo sui dipendenti dell’appaltatore ed è ravvisabile, di contro, un’interposizione illecita di manodopera nel caso in cui il potere direttivo e organizzativo sia interamente affidato al formale committente, restando irrilevante che manchi in capo a quest’ultimo l’intuitus personae nella scelta del personale, atteso che, nelle ipotesi di somministrazione illegale, è frequente che l’elemento fiduciario caratterizzi l’intermediario, il quale seleziona i lavoratori per poi metterli a disposizione del reale datore di lavoro.
(Corte di Cassazione, ordinanza n. 9231/2021)