LA RISOLUZIONE ANTICIPATA DEL CONTRATTO DI LEASING
UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI ECONOMIA “XXXXXXX XXX”
Corso di Laurea triennale in Economia e Commercio
LA RISOLUZIONE ANTICIPATA DEL CONTRATTO DI LEASING
EARLY TERMINATION OF LEASING CONTRACT
Relatore: Rapporto Finale di:
Xxxx. Xxxxxx Xxxxx Putti Xxxxxxxx Xxxxxxxxx Anno Accademico 2018/2019
Ai miei genitori che mi hanno sostenuto economicamente
e moralmente in questo percorso; a mia sorella che c'è sempre stata nel momento del bisogno; a tutti i miei amici che hanno condiviso con me questi anni.
INDICE
3 TIPOLOGIE DI LEASING A CONFRONTO 10
7 LA RISOLUZIONE ANTICIPATA DEL CONTRATTO DI LEASING 20
7.1 LA RISOLUZIONE CONSENSUALE 20
7.2 INADEMPIMENTO DEL FORNITORE 21
7.2.1 Inadempimento del fornitore: i diritti dell’utilizzatore in tema di vizi della cosa 23
7.3 INADEMPIMENTO DELL’UTILIZZATORE 25
7.3.1 Inadempimento dell’utilizzatore: procedure di vendita o ricollocazione del bene 29
INTRODUZIONE
Con il seguente lavoro ho tentato di tracciare un quadro generale che rappresenti, per quanto possibile organicamente, gli aspetti giuridici del contratto di leasing. Nel primo capitolo ho esposto un’introduzione del contratto, attraverso un excursus storico, soffermandomi sulle origini del leasing e del suo sviluppo in Italia. Nel secondo capitolo ho esposto la nozione di leasing spiegando in cosa consiste questo tipo di contratto. Nel terzo capitolo ho analizzato le varie tipologie di leasing confrontandole. Nel quarto capitolo mi sono focalizzato sul subentro nel leasing e quando prende forma. Nel quinto capitolo ho illustrato gli obblighi che le parti devono rispettare. Nel sesto capitolo ho elencato i vantaggi e gli svantaggi del contratto in questione e per quale motivo scegliere o meno questo tipo di contratto. Infine, nel settimo ed ultimo capitolo, mi sono soffermato sulla risoluzione anticipata del contratto di leasing, quindi per quali motivi essa può avvenire. Riguardo a quest’ultimo capitolo mi sono concentrato maggiormente sui casi più diffusi che portano alla risoluzione anticipata i quali sono: la risoluzione per mutuo consenso, l’inadempimento del fornitore e l’inadempimento dell’utilizzatore, soffermandomi anche sulla successiva vendita del bene o altra collocazione sul mercato e sulla clausola penale.
1 CENNI STORICI
La parola leasing deriva dall’inglese to lease che vuol dire dare in affitto. Le prime forme di leasing risalgono al terzo millennio a.c. in Egitto dove si ritiene sia stato stipulato un atto il quale affermava che un proprietario terrierio fosse tenuto a cedere in locazione ad un muskerne un terreno comprensivo di attrezzature, schiavi e armamenti a fronte di un pagamento di canoni periodici, per un periodo di tempo corrispondente a sette inondazioni del Nilo. Alcuni archeologi hanno scoperto un’attività di leasing anche in Mesopotamia. Esso nacque negli Stati Uniti intorno agli anni 50 come moderna forma di finanziamento, alcuni settori industriali lo utilizzarono al fine di supportare economicamente gli elevati ritmi di produzione. L’incremento del leasing negli Stati Uniti è stato sicuramente agevolato dalle caratteristiche degli ordinamenti del common law che hanno favorito la creazione e l’utilizzo di nuove forme contrattuali. Negli anni 60, il leasing conobbe un maggiore sviluppo quando alle banche ordinarie fu concesso di erogare questa nuova forma di finanziamento. In seguito, dopo circa 10 anni, si presentò anche in altri paesi, dapprima in Canada, Svezia, Regno Unito, Svizzera , Francia, Germania federale ed in seguito in Giappone, Spagna, Belgio, Finlandia, Italia. Infine si estese anche in America Latina (Venezuela, Brasile), in Asia (Corea, Filippine, Indonesia), in Australia e in parte dell’Africa (Costa D’Avorio, Marocco).
In Italia le prime società nacquero nel 1963 ma iniziarono ad essere operative a partire dal 1966 ed è proprio in quest’anno che l’ammontare degli investimenti, finanziati con operazioni di locazione finanziaria, fu di 2 miliardi di lire. Tale importo, grazie all’utilizzo di questa nuova formula anche da parte degli imprenditori italiani, salì in seguito a circa 1.200 miliardi di lire. I motivi di questo grande successo sono molteplici, tra questi c’era l’esigenza, da parte delle piccole e medie imprese, di rinvenire forme supplementari di finanziamento correlando la durata dell’indebitamento con l’utilità ripetuta delle risorse finanziare. Un altro motivo era rappresentato dall’aumento di imprenditori che avevano esigenza di tenere il passo con nuove inziative e con strutture tecnico- produttive meglio consolidate. Lo sviluppo del leasing si può suddividere in tre fasi: la prima fase ha inizio nel 1972 ed è caratterizzata da uno sviluppo lento e faticoso, dove le società si concentrarono per lo più a far conoscere la tecnica agli operatori economici ed a migliorare le procedure operative; la seconda fase va dal 1972 al 1976 dove crescono sempre più società di leasing e si cerca di elevare a dignità legislativa la prassi negoziale con alcune proposte di legge; la terza ed ultima fase arriva fino al 1980, anno nel quale il leasing aveva raggiunto un peso importante come veicolo di finanziamento delle strutture industriali del paese.
2 NOZIONE DI LEASING
Il leasing è un contratto di locazione finanziaria mediante il quale una parte cede all’altra, dietro corrispettivo di un canone periodico, il godimento di un bene mobile o immobile per un dato periodo di tempo e la facoltà, al termine del contratto, di restituire il bene medesimo o di acquistarlo ad un valore di riscatto che tenga conto di quanto già versato . In altri termini si tratta di un’operazione intrinsecamente finanziaria in quanto l’utilizzatore, avendo bisogno di un bene (prevalentemente macchinari industriali o automobili, talvolta anche immobili) anziché chiedere in prestito il denaro necessario per l’acquisto, si rivolge ad un intermediario autorizzato all’esercizio di tale attività finanziaria, chiedendogli di acquistare il bene dal fornitore, o di farlo costruire dal produttore, per poi darlo in godimento temporaneo allo stesso utilizzatore contro pagamento di un canone periodico1. Bisogna però differenziare il contratto di leasing dal contratto di appalto e da quello di compravendita, in questi ultimi abbiamo il concedente che compra o ordina al fornitore o produttore il bene che vuole l’utilizzatore, ed è proprio quest’ultimo che sceglie il bene, individua il venditore o fornitore ed infine proprio con essi concorda il contenuto del contratto (prezzo, caratteristiche del bene, tempi di consegna, ecc.). Il concedente si limita ad intervenire solo nel momento della stipulazione del contratto e del pagamento del prezzo,
1 X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxxxx, Manuale di diritto privato, Milano, 2015, pp. 766-767
l’utilizzatore invece ha l’obbligo di pagare il canone al concedente, e si assume ogni rischio nel caso di perimento o cattivo funzionamento del bene. Gli elementi principali su cui si basa il contratto di leasing sono due:
1) il concedente acquista o fa costruire il bene su scelta dell’utilizzatore;
2) l’utilizzatore ha un diritto di opzione al termine del contratto.
Generalmente con il termine leasing o locazione finanziaria si fa riferimento alla tipologia più diffusa in Italia del leasing finanziario. Infatti l’esperienza giudiziaria maturata ha consentito di isolare diverse tipologie di leasing.
3 TIPOLOGIE DI LEASING A CONFRONTO
La prima distinzione che possiamo fare è tra leasing finanziario e leasing operativo a seconda che il locatore sia il produttore del bene o un finanziatore che lo acquista per conto dell’utilizzatore2. Il primo è assimilabile ad un’operazione di finanziamento, ciò che lo caratterizza è la trilateralità, poiché prevede l’intervento di tre soggetti: il fornitore di beni (o produttore), l’azienda che acquisisce il bene (utilizzatore) e la società di leasing (concedente o locatore). La società di leasing acquista il bene dal produttore e poi ne concede l’utilizzo, dandolo in affitto, all’utilizzatore. La finalità del leasing finanziario è l’acquisizione del bene, inoltre non si paga subito l’intero importo ma:
• un maxicanone iniziale con importo di norma superiore a quello dei canoni periodici
• canoni periodici;
• un riscatto alla fine del contratto di leasing.
In via alternativa l’utilizzatore se decide di non riscattare il bene ha la facoltà di scegliere tra la sua restituzione o la proroga della locazione. Nel leasing finanziario si ha il traferimento al locatore di tutti i rischi e i benefici relativi al bene locato.
2 Ibidem, p. 767
Il leasing operativo, invece, è assimilabile ad un contratto di noleggio nel quale figurano solo due soggetti: il produttore del bene e l’utilizzatore. Il produttore cede in affitto il bene all’utilizzatore in cambio di canoni periodici e al termine del contratto non è previsto alcun diritto di riscatto ma, sono garantiti servizi accessori, quali assistenza tecnica e manutenzione. Diverso sia dal leasing finanziario e sia del leasing operativo è il contratto di lease back. Esso ha una struttura bilaterale: il proprietario di un bene (di solito un immobile) lo aliena ad una finanziaria che a sua volta lo lascia in godimento all’alienante a fronte di un pagamento di un canone per il periodo fissato e con la facoltà per il concessionario, alla scadenza, di riacquistare la proprietà con il pagamento di un prezzo finale. In alternativà a ciò c’è la possibilità di prorogare il godimento continuando a pagare i canoni per un ulteriore periodo, oppure di consegnare definitivamente il bene al concedente. Sul piano della disciplina ha assunto notevole importanza la distinzione, introdotta dalla giurisprudenza tra leasing di godimento e leasing traslativo. Nel primo caso l’utilizzatore mira semplicemente all’uso del bene per un certo periodo, mentre nel secondo mira all’acquisto del bene al termine del periodo di utilizzazione, mediante l’esercizio del diritto di opzione. Si parla generalmente di leasing di godimento quando il contratto ha in oggetto un bene a rapida obsolescenza, in questo caso l’interesse dell’utilizzatore verso il bene si esaurisce, generalmente, al termine del periodo contrattualmente stabilito per il godimento. L’utilizzatore non ha interesse ad acquistare il bene alla
fine del contratto di leasing, perchè ha perso la propria utilità e valore. Per questo motivo tale contratto si può assimilare ad una locazione, sicchè la Corte di Cassazione (cfr. Sez. Un., 7 gennaio 1993, n.65) ha previsto che ad esso si deve applicare, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, in via analogica, (art 1458, comma 1, seconda parte , cod. civ.) e pertanto l’utilizzatore non ha diritto alla restituzione dei canoni pagati durante la vigenza del contratto3. Nel leasing traslativo, diversamente da ciò, il bene, al termine del contratto di cui è oggetto, una sua notevole utilità e valore economico, pertanto l’utilizzatore, generalmente, ha tutto l’interesse ad esercitare l’opzione e quindi acquistare il bene (il cui valore residuo è superiore al prezzo di esercizio dell’opzione di acquisto). In caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore il concedente deve restituire i canoni percepiti durante l’esecuzione del contratto, ma ha diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno4.
3 Ibidem, p.768
4 Idem
4 SUBENTRO NEL LEASING
Con il termine subentro, modalità prevista da tali contratti, si indica la possibilità che una persona, il subentrante, sostituisca il precedente utilizzatore nel contratto e ne acquisisca gli stessi diritti e doveri. Al termine del contratto, il subentrante può riscattare il bene. Nello specifico esso consiste in un accordo tra concedente, utilizzatore e subentrante in cui quest’ultimo si sostituisce all’utilizzatore, pagando i canoni periodici concordati al momento della stipula del contratto e rispettandone le sue clasuole. Con il consenso del concendente è possibile cambiare il piano di ammortamento. Il subentro però prevede dei costi : il subentrante dovrà versare al subentrato il valore nominale del bene sottratto, il prezzo delle rate da versare e il prezzo per il riscatto del bene. Il subentro nel leasing porta molti vantaggi, in quanto l’utilizzatore può essere sollevato dal sostenere costi per un bene che non ha nessun interesse a riscattare ed utilizzare e dal pagare le spese di chiusura anticipata del contratto.
5 OBBLIGAZIONI DELLE PARTI
Obbligazione fondamentale per l’utilizzatore è quella riguardante il pagamento dei canoni periodici . Una volta ricevuto il bene, l’utilizzatore è tenuto a conservarlo in stato di manutenzione ottimale, dando pronto avviso al concedente di qualsiasi evento che possa costituire un pregiudizio per la conservazione e l’efficienza dello stesso. Poiché il bene è di proprietà del concedente , ma l’utilizzatore ne ha la piena disponibilità materiale, quest’ultimo dovrà rivalere il primo in relazione a qualsivoglia ipotesi di responsabilità risarcitoria per danni cagionati a terzi dei quali il concedente sia chiamato a rispondere. Inversamente l’utilizzatore potrà dirsi leggittimato a proporre azioni di risarcimento nei confronti di terzi che abbiano danneggiato il bene (Xxxx. Civ. Sez. III 534/11). Spesso il contratto include clausole che fanno ricadere esclusivamente sull’utilizzatore i rischi della mancata o tardiva consegna del bene, infatti esso non può sospendere il pagamento dei canoni e richiedere la risoluzione del contratto. Tali pattuizioni sono state tuttavia reputate inefficaci (cfr. Cass. Civ., Sez. II 16235/11). A fronte della mancata consegna del bene da parte del fornitore, l’utilizzatore può svolgere nei confronti del concedente l’eccezione di cui all’art. 1463 cod. civ. allo scopo di arrestare le pretese di quest’ultimo riguardo il pagamento dei canoni (Css. Civ. Sez III, 19567/04; Cass. Civ. Sez. III, 8218/04). Per quanto riguarda il perimento della res, il rischio grava esclusivamente sull’utilizzatore, che non potrà opporlo al concedente. In aggiunta, oltre
all’obbligo di comportarsi secondo buona fede da parte dell’utilizzatore (art. 1375 cod. civ.), possono far carico all’utilizzatore alcune obbligazioni di carattere accessorio (es: fornire al concedente la documentazione necessaria per provvedere all’annotazione della perdita di possesso di un veicolo rubato; cfr. Cass. Civ. Sez. III 14605/04). Più in generale l’obbligo di cooperazione e collaborazione tra concedente ed utilizzatore deve reputarsi reciproco (Cass. Civ. Sez. III, 12279/04). Un’obbligazione fondamentale per il concedente, invece, è quella di procurarsi la proprietà del bene indicato dall’utilizzatore acquistandolo da un fornitore. Ciò è funzionale alla successiva consegna all’utilizzatore stesso, così da far conseguire a costui il godimento del bene secondo le modalità convenute. Il traferimento della detenzione della res spesso non si verifica fisicamente a “catena” nel modo sopra descritto, avendo luogo direttamente dall’originario proprietario all’utilizzatore, così se la persona generica ha indicato al concedente il tipo di bene che gli serve, il fornitore provvederà a consegnarlo immediatamente all’utilizzatore, senza farlo transitare nelle mani del concedente. Con questa modalità, non sarà possibile rendere operativa a carico del concedente la disciplina della garanzia per i vizi (articoli 1490 e seguenti cod. civ.) o quella riguardante la mancanza delle qualità promesse (art. 1497 cod. civ). In merito a ciò i vizi dovranno essere denunciati direttamente dall’utilizzatore al fornitore, infromando il concedente della vicenda. Altro tema importante è quello riguardante la garanzia per l’evizione (articoli 1483 e seguenti del cod. civ.), il
concedente, indipendentemente da specifiche pattuizioni, non può non essere tenuto a prestare garanzia all’utilizzatore con riferimento ad eventuali molestie di terzi i quali assumono di vantare diritti sulla cosa. Infine per quanto riguarda la normativa antinfortunistica la Legge 178/1983, nell’interpretare la normativa antinfortunistica di cui all’art. 7 D.P.R. 27 aprile 1955 n.547, ha precisato che nell’ipotesi di vendita, noleggio, locazione o concessione in uso di macchine ed apparecchi non conformi alla normativa antiinfortunistica, la responsabilità penale è posta a carico della società concedente soltanto nel caso in cui il bene non sia accompagnato dalle dichiarazioni di conformità e dalle omogolazioni previste dalla legge.
6 VANTAGGI E SVANTAGGI
1. L’utilizzatore non deve spendere notevoli cifre per acquistare il bene quindi può avere una liquidità aziendale più elevata;
2. il leasing non incide in maniera negativa sulla capacità di credito di un’azienda o di un professionista ;
3. il bene non viene contabilizzato nel bilancio dell’utilizzatore ;
4. l’utilizzatore non paga per intero l’iva sul bene, ma solo l’iva sui canoni periodici (ed eventualmente sul riscatto);
5. i canoni periodici sono deducibili al 100% per tutta la durata del contratto ( a patto che i beni siano strumentali, cioè che servano effettivamente per lo svolgimento di un’attività lavorativa). Il leasing consente di scaricare più rapidamente il costo del bene rispetto all’ammortamento ordinario ;
6. il bene viene acquistato dal locatore su scelta e indicazione dell’utilizzatore, il contratto riguarda il bene che è stato scelto da chi poi lo userà;
7. il leasing può coprire (a meno che non ci siano accordi diversi) il 100% del valore del bene, quindi all’utilizzatore può non essere chiesto alcun onere aggiuntivo a parte il canone;
8. l’utilizzatore non diviene proprietario del bene, ma si prende carico di tutti i rischi riguardanti il bene acquisito tramite leasing (es: se ha difetti, se si
danneggia, se causa danni a terzi). L’utilizzatore dovrà anche eventualmente provvedere a stipulare un’assicurazione sul bene se il contratto non prevede diversamente;
9. a fine leasing l’utilizzatore ha la possibilità di acquistare il bene ad un prezzo contrattualmente predeterminato (cosiddetta opzione di riscatto);
10. in caso di azioni legali o di fallimento , il bene in leasing, che rimane di proprietà della società di leasing fino all’eventuale riscatto finale, non può essere pignorato o sequestrato;
11. al termine del contratto di leasing, soprattutto se si tratta di macchinari con rapida obsolescenza, la possibilità di non riscattare il bene permette all’utilizzatore di sostituire più facilmente e con minore spesa i beni stessi;
12. diversamente dai beni acquistati con un mutuo, non può essere iscritta ipoteca sui beni in leasing;
13. diversamente dalle operazioni di normale finanziamento o mutuo, non è la controparte finanziaria (la banca) a fissare i termini tassativi per la restituzione del capitale o degli interessi. Di solito è possibile negoziare condizioni più flessibili;
14. i contratti di leasing possono prevedere termini temporali e clasuole molto diverse tra loro, ma solitamente i tempi di istruttoria sono molto più rapidi di quelli per la concessione di un mutuo, e le clausole possono essere
molto flessibili anche in termini di prestazioni accessorie (sostituzione, manutenzione, assicurazione del bene).
1. Fino all’avvenuto riscatto il bene non può essere venduto, afittato dall’utilizzatore a terzi;
2. diversamente dai beni di proprietà non può essere iscritta ipoteca sui beni in leasing;
3. il leasing, ovviamente, ha un costo e spesso esso è molto elevato.
7 LA RISOLUZIONE ANTICIPATA DEL CONTRATTO DI LEASING
In alcuni casi è possibile risolvere anticipatamente il contratto. La risoluzione anticipata contratto è possibile se si verifica una delle seguenti ipotesi:
• Mutuo consenso delle parti;
• inadempimento di uno dei contraenti o del fornitore;
• impossibilità sopravvenuta della prestazione dovuta;
• eccessiva onerosità.
La risoluzione richiesta per eccessiva onerosità, ammessa ai sensi dell’art. 1467 cod. civ. in conseguenza del verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili risulta molto rara5. Quindi il contratto si può tranquillamente risolvere anche per mutuo consenso (senza necessità per l’utilizzatore di risarcire il danno al concedente), per inadempimento (che, spesso, si manifesta a carico dell’utilizzatore, sebbene possa riguardare entrambe le parti o anche il fornitore) e per impossibilità sopravvenuta della prestazione.
7.1 LA RISOLUZIONE CONSENSUALE
La risoluzione consensuale, pattuita con apposita clausola all’interno del contratto di leasing, è certamente ammessa e, in conseguenza al verificarsi del fatto, salvo
5 X. Xxxxx, Il leasing immobiliare, IPSOA, Milano, 2012, p. 49
diversamente previsto dalle parti, l’utilizzatore non sarà tenuto al risarcimento del danno nei confronti del concedente, mentre i canoni relativi al periodo anteriore alla risoluzione saranno dovuti per le sole prestazioni già godute, in quanto il negozio risolutorio ha, per sua natura, efficacia ex nunc6.
7.2 INADEMPIMENTO DEL FORNITORE
Il contratto di leasing è un contratto puramente bilaterale stipulato tra concedente ed utilizzatore e collegato ad altro contratto bilaterale stipulato tra concedente e fornitore per l’acquisizione del bene a favore dell’utilizzatore. Il contratto stipulato tra concedente e fornitore è di grande importanza per l’utilizzatore poiché in esso si fissano le qualità e le caratteristiche del bene, le garanzie di conformità, gli obblighi di consegna e altri patti (come le clausole inerenti al pagamento). Nella pratica il collegamento tra i due contratti (quello di leasing e quello di fornitura) si realizza tramite particolari clausole previste in ciascuno dei due contratti. In particolare nel contratto di leasing, quelle clausole :
• obbligano il concedente ad acquistare il bene che l’utilizzatore desidera;
• cedono all’utilizzatore diritti futuri, ma determinabili perché derivanti dal concedente nel contratto di fornitura;
• obbligano il concedente alla futura cessione di eventuali diritti nascenti da responsabilità del fornitore.
6 Ibidem, p. 50
Nel contratto di fornitura, invece, configurano l’utilizzatore (che nel contratto di leasing ha assunto tutti i rischi derivanti dalla fornitura oltre che dall’utilizzo bene) quale beneficiario delle prestazioni riferite alla produzione e messa a disposizione del bene in conformità con le disposizioni contrattuali e di legge già definite nel contratto di leasing. Quindi l’utilizzatore solleva il concedente da ogni conseguenza che riguardi difetti, vizi, irregolarità, mancanza delle qualità all’uso, mancanza delle qualità relative all’immobile e inidoneità all’uso. In breve, all’inadempimento del fornitore deve assegnarsi, rispetto al contratto di leasing, il ruolo di causa di sopravvenuta impossibilità d’adempiere non dipendente da colpa del concedente ex art. 1463 cod. civ. Dunque nell’operazione di leasing finanziario, se il concedente imputa all’utilizzatore l’inadempimento causato dalla sospensione del pagamento dei canoni e su questa base chiede la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno nell’ammontare convenzionalmente predeterminato e se l’utilizzatore eccepisce l’inadempimento del fornitore all’obbligazione di consegna chiedendo perciò il rifiuto della domanda, l’accoglimento dell’eccezione, che deve avvenire sulla base dell’art. 1463 cod. civ. , non può essere accettato poiché il contratto di leasing contiene una clausola che riversa sull’utilizzatore il rischio della mancata consegna. Inoltre il quadro normativo delineato dal Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (D. Lgv. n. 385 del 1993) in merito ai contratti di credito collegati e nel caso in cui ci fosse inadempimento da parte del fornitore, non consente all’utilizzatore di
agire direttamente contro il fornitore per la risoluzione anticipata del contratto, al contrario gli consente di chiedere al concedente di agire per la risoluzione del contratto di fornitura; richiesta che determina la sospensione del pagamento dei canoni (art.125 quinquies, il quale dispone pure che la risoluzione del contratto di fornitura porta automaticamente anche alla risoluzione del contratto di locazione finanziaria ma senza penali e oneri). Infine deve escludersi che l’utilizzatore possa autonomamente esercitare contro il fornitore l’azione di riduzione del prezzo poiché, andrebbe a modificare i termini del contratto di fornitura.
7.2.1 Inadempimento del fornitore: i diritti dell’utilizzatore in tema di vizi della cosa
La giurisprudenza si è spesso interrogata sui rimedi che l’utilizzatore può attuare in ipotesi di vizi della cosa dato che la struttura del contratto di leasing tende a svincolare il concedente da responsabilità per vizi della cosa, con corrispondente obbligo dell’utilizzatore di accertare la conformità del bene in sede di consegna (eventualmente rifiutandolo). Ciò a garanzia della separazione tra rischio finanziario e rischio operativo che sottende la vicenda economica in questione, la quale vuole che l’esecuzione del piano di ammortamento del credito sia indipendente da ogni tipo di contestazione che riguardi la qualità e la conformità della fornitura. Ciò significa che l’utilizzatore non può sospendere il pagamento dei canoni, né ottenere la risoluzione del contratto. La giurisprudenza, tuttavia, riconosce all’utilizzatore il diritto di agire verso il fornitore per il risarcimento del
danno, nel quale sono compresi i canoni pagati al concedente per l’uso del bene viziato. Secondo le Sezioni Unite della Cassazione (Cass. Sez. Unite , sent. n. 19785/2015) bisogna distinguere l’ipotesi in cui i vizi siano immediatamente riconoscibili dall’utilizzatore da quella in cui gli stessi si manifestino successivamente alla consegna, tenendo conto che il canone di buona fede agisce come strumento integrativo dei contratti (art. 1375 cod. civ.). Infatti l’utilizzatore ha l’obbligo di informare il concedente riguardo ogni questione che sia rilevante, così come il concedente ha l’obbligo di solidareità e protezione nei confronti dell’utilizzatore, al fine di evitare che quest’ultimo subisca pregiudizi. Per quanto riguarda il primo caso esso deve essere equiparato a quello della mancata consegna, pertanto il concedente, una volta informato del fatto che l’utilizzatore ha rifiutato la consegna a causa di vizi che rendono il bene inidoneo all’uso, ha l’obbligo di sospendere il pagamento del prezzo in favore del fornitore, per poi esercitare, se si verificano i presupposti di gravità dell’inadempimento, l’azione di risoluzione del contratto di fornitura, alla quale consegue la risoluzione del contratto di leasing. Il secondo caso, che riguarda i vizi occulti o taciuti in mala fede da parte del fornitore ed emersi dopo l’accettazione verbalizzata da parte dell’utilizzatore, consente all’utilizzatore di agire direttamente contro il fornitore per l’eliminazione dei vizi o la sostituzione del bene. Ma, allorquando ne ricorrano i presupposti, anche in questo caso il concedente, informato dall’utilizzatore dell’emersione di vizi, ha, in forza del canone giuridico della
buona fede, il dovere giuridico di agire verso il fornitore per la risoluzione del contratto di fornitura o per la riduzione del prezzo. L’utilizzatore può agire contro il fornitore per il risarcimento dei danni, compresa la restituzione della somma corrispondente ai canoni già eventualmente pagati al concedente.
7.3 INADEMPIMENTO DELL’UTILIZZATORE
L’inadempimento dell’utilizzatore, ai sensi dell’art. 1, comma 137 della legge 4 agosto 2017, n.124 è ritenuto un motivo grave che può legittimare la risoluzione del contratto di leasing per iniziativa del concedente nel caso in cui l’utilizzatore:
• In relazione ai contratti di leasing immobiliare non provveda al pagamento di almeno sei canoni mensili o due canoni trimestrali anche non consecutivi o un importo equivalente;
• In relazione ai contratti di leasing, diversi dal leasing immobiliare, non provveda al pagamento di almeno quattro canoni mensili anche non consecutivi o un importo equivalente.
Tuttavia ci sono anche altre ipotesi riguardo l’inadempimento dell’utilizzatore, di carattere non finanziario, tra cui la violazione degli obblighi di conservazione, manutenzione o utilizzo del bene. In questi casi però bisognerà esaminare la gravità dell’inadempimento dell’utilizzatore, ovvero rifarsi alle specifiche previsioni contrattuali che possano individuare clausole risolutive espresse. In
relazione al contratto di leasing si discute riguardo l’individuazione della normativa di riferimento per il caso dell’inadempimento dell’utilizzatore. Riguardo ciò potrebbe farsi applicazione sia dell’art. 1526 cod. civ. (dettato in tema di risoluzione del contratto nella vendita con riserva della proprietà), sia dell’art. 1458 cod. civ. (norma generale che disciplina la risoluzione dei contratti di durata). Sono molto diverse le conseguenze giuridiche di una tale scelta. Nel caso in cui si dovesse fare applicazione dell’art. 1526 codice civile, l’utilizzatore è tenuto a restituire il bene mentre il concedente deve restituire i canoni riscossi, salvo il diritto a ricevere un equo compenso per l’utilizzo della cosa (non spettante allorquando il bene non fosse stato consegnato: cfr. Cass. Civ.
, Sez III, 25732/2015), e il risarcimento del danno. Tutto ciò a meno che non si fosse fissata contrattualmente l’acquisizione al concedente dei canoni già pagati a titolo d’indennità e in tal caso il giudice potrebbe ridurre l’indennità convenuta. Se invece si dovesse fare uso dell’art. 1458 codice civile, il concedente avrebbe il diritto di trattenere l’importo dei canoni, dal momento che la risoluzione non si estenderebbe alle prestazioni già eseguite. Al leasing di godimento si applica l’art. 1458 cod, civ., al lesing traslativo l’art. 1526 cod. civ. Ciò in quanto il bene oggetto del contratto di leasing traslativo è atto a conservare al termine del contratto un valore superiore al prezzo di riscatto e diretto al trasferimento della proprietà dei beni stessi. Qualora si verifichi un inadempimento finanziario dell’utilizzzatore, aventi requisiti di gravità indicati
nell’art. 1 comma 138, della legge 4 agosto 2017, n. 124, il concedente ha il diritto di risolvere il contratto di leasing. L’art. 1, comma 138, della legge 4 agosto 2017,
n. 124 prevede che in caso di risoluzione per inadempimento finanziario grave dell’utilizzatore sorge il diritto da parte del concedente di ottenere la restituzione del bene e, analogamente, sorge l’obbligo per il concedente di corrispondere all’utilizzatore l’importo ricavato dalla vendita o da altra allocazione del bene , effettuata a valori di mercato, dedotte le somme pari all’ammontare dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere, solo in linea capitale, e del prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione finale di acquisto, nonché le spese anticipate per il recupero del bene, la stima e la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita. Resta fermo, peraltro, nella misura residua il diritto di credito della concedente nei confronti dell’utilizzatore qualora il valore del bene ricavato dalla vendita sia inferiore al debito residuo dello stesso utilizzatore. La previsione di cui al comma 138 dell’art.1 della legge 4 agosto 2017, n.124 trova applicazione unicamente nei casi di risoluzione anticipata del contratto di leasing per inadempimento finanziario grave dell’utilizzatore e non troverà applicazione qualora la risoluzione del contratto avvenga, ad esempio, per accordo tra concedente ed utilizzatore in sede di riscatto anticipato. Quindi nel caso in cui il concedente risolva il contratto per inadempimento dell’utilizzatore, questi è tenuto all’immediata restituzione del bene affinchè il concedente possa attivarsi per vendere il bene. La regolazione del
rapporto debito / credito tra l’utilizzatore e il concedente presuppone che sia determinato, da un lato, l’importo ricavato dalla vendita o da altra ricollocazione sul mercato e, dall’altro lato, la somma totale dovuta dall’utilizzatore a seguito della risoluzione che è rappresentata dalla somma dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere in linea capitale, del prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione finale di acquisto, nonché delle spese anticipate dalla concedente per il recupero del bene, la stima e la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita. Fin quando non avviene la vendita o ricollocazione sul mercato del bene non è determinato né l’importo ricavato, appunto, dalla vendita o ricollocazione sul mercato, né l’importo totale dovuto dall’utilizzatore a causa della risoluzione, poiché non è possibile individuare con esattezza l’ammontare delle spese al fine di conservare il bene per il tempo necessario alla vendita. Infatti la vendita di alcuni beni può avvenire a distanza di tempo rispetto a quando è avvenuta la risoluzione del contratto, con conseguenti maggiori oneri anticipati dal concedente ma da imputare all’utilizzatore. Ove dalla vendita del bene si ricavi un importo superiore al debito residuo dell’utilizzatore, questi avrà diritto ad ottenere l’eccedenza. Ove invece dalla vendita si ricavi un importo inferiore al debito residuo dell’utilizzatore, il concedente avrà diritto a pretendere la differenza dall’utilizzatore.
7.3.1 Inadempimento dell’utilizzatore: procedure di vendita o ricollocazione del bene
A seguito della risoluzione del contratto di leasing per grave indadempimento finanziario dell’utilizzatore, risulta necessario mettere in atto le procedure di vendita o ricollocazione del bene sul mercato. L’art.1, comma 139 della legge 4 agosto 2017 n. 124 non disciplina propriamente le procedure di vendita o ricollocazione del bene sul mercato ma fissa alcuni criteri finalizzati all’individuazione di un valore di mercato dei beni oggetto del contratto di leasing al fine di approntare un’adeguata tutela agli interessi dell’utilizzatore. In base alle diverse categorie di beni ci saranno diverse procedure di vendita o ricollocazione dei beni. Quindi, sarà di competenza delle parti disciplinare e regolare le procedure di vendita o ricollocazione del bene, attenendosi per quanto disciplinato da criteri e presidi di tutela prescritti dal legislatore. In primo luogo è prescritto che, una volta avvenuta la risoluzione del contratto per grave inadempimento finanziario dell’utilizzatore, il concedente può procedere alla vendita o ricollocazione del bene sulla base dei valori risultanti da pubbliche rilevazioni di mercato elaborate da soggetti specializzati. La possibilità di rifarsi a valori risultanti da pubbliche rilevazioni di mercato elaborate da soggetti specializzati assume rilevanza nel caso di beni con caratteristiche standard e la cui rivendita deve avvenire in modo celere e senza aggravi di costi che potrebbero andare a danno tanto dell’utilizzatore quanto della concedente. Le parti, nel contratto di
leasing, hanno la possibilità di individuare ex ante quali soggetti possono definirsi “soggetti specializzati” ed in che modo e misura le stime dei predetti soggetti possano considerarsi valori risultanti da pubbliche rilevazioni di mercato. Inoltre sarà opportuno disciplinare, sempre nel contratto di leasing ed ex ante, le modalità di vendita o ricollocazione del bene sul mercato, sulla base dei predetti valori. Tuttavia, ci sono beni che per le specificità o personalizzazioni richieste dall’utilizzatore, non hanno valori oggetto di pubbliche rilevazioni di mercato da parte di soggetti specializzati. Allorquando non sia possibile procedere attraverso la vendita o ricollocazione del bene sulla base dei valori risultanti da pubbliche rilevazioni di mercato, ciò in ragione della inesistenza di soggetti specializzati, ovvero di valori di mercato non univoci, ovvero ancora date le caratteristiche specifiche del bene oggetto del contratto di leasing, il legislatore prevede la necessità di attivare un procedimento di stima che passa attraverso la nomina di un perito scelto dalle parti di comune accordo nei venti giorni successivi alla risoluzione del contratto o, in caso di mancato accordo, da un perito indipendente scelto dal concedente in una rosa di almeno tre operatori esperti, i cui nominativi devono essere previamente comunicati all’utilizzatore che può esprimere la sua preferenza vincolate entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione inviata al concedente. I termini finali predetti, si ritiene, hanno natura acceleratoria e sono posti a presidio dell’interesse della concedente a procedere alla celere vendita o ricollocazione del bene sul mercato anche a fronte di
condotte ostruzionistiche da parte dell’utilizzatore. L’indipendenza del perito rappresenta un presidio di tutela degli interessi dell’utilizzatore e del concedente. Sul punto il legislatore, attraverso l’art. 1, comma 139 della legge 4 agosto 2017,
n. 124, si è limitato ad affermare che il perito può ritenersi indipendente allorquando non è legato al concedente da rapporti di natura personale o di lavoro tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio. Inoltre è opportuno verificare che il perito non ricada in una delle condizioni che ne impongano l’astensione (art. 51 c. p .c.) e che lo stesso perito non abbia intrattenuto, negli anni immediatamente precedenti all’assunzione dell’incarico, rapporti di collaborazione con il concedente o l’utilizzatore che abbiano concorso al fatturato complessivo del perito per una quota significativa o rilevante. Anche nel caso in cui si proceda alla stima del valore del bene attraverso la nomina di un perito, concedente ed utilizzatore potranno disciplinare, nel contratto di leasing ed ex ante, le modalità concrete di effettuazione della stima da parte del perito. Inoltre risulta possibile disciplinare, sempre nel contratto di leasing ed ex ante le tempistiche entro cui il perito dovrà comunicare al concedente ed all’utilizzatore la relazione di stima, nonché le modalità e tempistiche per la formulazione da parte della concedente e dell’utilizzatore di eventuali osservazioni ed i relativi riscontri da parte del perito. E ancora, concedente e l’utilizzatore potranno disciplinare, nel contratto di leasing ed ex ante, le specifiche procedure di vendita o ricollocazione del bene sul mercato che dovranno essere esperite sulla base del
valore risultante dalla stima effettuata dal perito. Bisogna ribadire che la norma, ossia l’art. 1, comma 139 della legge 4 agosto 2017, n. 124 non prescrive una procedura di vendita o ricollocazione e, nei limiti in cui vi sia aderenza ai criteri ed ai presidi di tutela dell’utilizzatore (ma anche del concedente) indicati nella stessa norma, non risulta di per sé preclusa alcuna scelta compiuta dalle parti ex ante ed in sede contrattuale. La declinazione concreta delle procedure di vendita potranno, ad esempio, prevedere il conferimento di una delega ad un notaio, avvocato o dottore commercialista che abbia maturato specifiche esperienze nello svolgimento di procedure di liquidazione di beni, ordinarie o concorsuali. Si potrebbe altresì prevedere che la vendita avvenga mediante procedure competitive che assicurino un sistema incrementale delle offerte, un’adeguata pubblicità e trasparenza, regole di selezione dell’offerente prestabilite e non discrezionali, piena accessibilità a tutti i soggetti interessati. Non pare peraltro potersi escludere la possibilità che il concedente, assicurando una adeguata pubblicità commerciale, proporzionata al valore ed alla natura del bene, possa provvedere direttamente, ovvero mediante propri ausiliari o soggetti incaricati, ad individuare sul mercato un’adeguata offerta di acquisto del bene, comunicando all’utilizzatore la miglior offerta ricevuta ed assegnando all’utilizzatore un termine affinché lo stesso possa indicare il nominativo di un eventuale altro acquirente a condizioni migliorative riferite sia alla tempistica di pagamento, sia all’importo del prezzo di
compravendita; trascorso tale termine il concedente avrà il diritto di alienare o riallocare l’immobile alle condizioni comunicate all’utilizzatore.
7.3.2 Clausola penale
Il problema di maggior peso, nel caso della risoluzione anticipata del contratto di leasing dovuta all’inadempimento dell’utilizzatore è quello della validità delle clausole dirette in vario modo a rafforzare la posizione di tutela del concedente. Tra queste clausole, figura quella penale la quale stabilisce che: l’utilizzatore inadempiente, oltre a restituire il bene oggetto del contratto di leasing, deve corrispondere alla società di leasing tutte le rate scadute e non pagate nonché quelle a scadere, oltre al prezzo del riscatto. Il giudice può ridurre questa clausola ai sensi dell’art. 1384 cod.civ., che prevede la riduzione equitativa, ovvero ritenendo addirittura nulla la clausola penale. Infatti, le clausole contrattuali che attribuiscano alla società concedente il diritto di recuperare, nel caso di inadempimento dell'utilizzatore, l'intero importo del finanziamento ed in più la proprietà e il possesso dell'immobile, attribuiscono alla società stessa vantaggi maggiori di quelli che essa aveva il diritto di attendersi dalla regolare esecuzione del contratto, venendo a configurare gli estremi della penale manifestamente eccessiva rispetto all'interesse del creditore all'adempimento, di cui all'art. 1384 cod. civ. (Cass. civ. Sez. 3, 13 gennaio 2005 n. 574; Idem, 2
marzo 2007 n. 4969; Idem, 27 settembre 2011 n. 19732, ed altre). Tuttavia, nel
caso in cui l’utilizzatore non sia più in grado di pagare i canoni, la società di leasing non potrà riprendersi il bene e pretendere l’intero pagamento delle somme previste dal contratto. Il regime risolutorio e risarcitorio del contratto di leasing può ritenersi lecito solo quando il concedente, una volta venduto il bene e dopo aver trattenuto le somme ancora dovute dall’utilizzatore, restituisce all’utilizzatore l’eccedenza del ricavato. La conclusione di tutto ciò è che il principio stabilito dalla giurisprudenza di legittimità è sicuramente equilibrato sotto il profilo della salvaguardia dell’interesse economico delle due parti. Infatti da un lato l’esclusione nel contratto di leasing di penali contrattuali (che hanno funzioni anche deterrenti) pare eccessiva; dall’altro non sarebbe giusto che uno dei contraenti in forza della clausola penale ottenga benefici ben maggiori rispetto a quelli che avrebbe conseguito con la normale esecuzione del contratto.
CONCLUSIONI
Come abbiamo avuto modo di vedere, il leasing si è sviluppato a partire dalla seconda metà del secolo scorso e si è diffuso velocemente sia negli Stati Uniti, dove è nato, sia in Europa. In Italia è ormai diventato uno strumento essenziale utilizzato molto dalle aziende per entrare in possesso di beni essenziali per le loro attività. In seguito, dopo aver compreso qual è la nozione di leasing e quindi in cosa consiste questo tipo di contratto, ci siamo resi conto di come siano diverse tra di loro le tipologie di leasing. Infatti, il leasing finanziario, quello operativo e il lease back differiscono completamente tra di loro, così come quello traslativo differisce da quello di godimento. Abbiamo, inoltre, passato in rassegna la modalità di subentro prevista nel leasing la quale consiste nella sostituzione del precedente utilizzatore nel contratto con conseguente acquisizione degli stessi diritti e doveri. Dopodichè sono stati analizzati gli obblighi che le due parti, concedente ed utilizzatore, devono rispettare nel contratto. Un’obbligazione fondamentale dell’utilizzatore è senza dubbio quella riguardante il pagamento dei canoni periodici. Per il concedente, invece, è quella di procurarsi la proprietà del bene indicato dall’utilizzatore acquistandolo da un fornitore. In seguito, abbiamo elencato vantaggi e svantaggi nell’utilizzare questo tipo di contratto e da tale analisi si evince che nonostante l’elevato numero di vantaggi che ci portano a scegliere questa modalità di finanziamento esistono anche degli svantaggi. Infine, abbiamo visto che il contratto di leasing prevede una modalità di risoluzione
anticipata, la quale può avvenire per diverse cause. Le più frequenti riguardano l’inadempimento dell’utilizzatore, l’inadempimento del fornitore e il mutuo consenso. La prima tipologia di inadempimento è quasi sempre di carattere finanziario e si manifesta quando l’utilizzatore:
• non provvede al pagamento di almeno sei canoni mensili o due canoni trimestrali anche non consecutivi o un importo equivalente in relazione ai contratti di leasing immobiliare ;
• non provveda al pagamento di almeno quattro canoni mensili anche non consecutivi o un importo equivalente, in relazione ai contratti di leasing diversi da quello immobiliare.
Nello specifico, in merito all’inadempimento dell’utilizzatore, ci si è soffermati sulla clausola penale e in cosa essa consista. Riguardo, invece, all’inadempimento del fornitore, questo può avvenire quando il bene oggetto di leasing presenta dei vizi che possono verificarsi al momento della consegna del bene o successivamente quando lo si usa. Dopodichè abbiamo visto come avvengono le procedure di vendita o altra ricollocazione del bene. Un’ultima causa è quella che riguarda il mutuo consenso delle parti e salvo diversamente previsto, l’utilizzatore non sarà tenuto al risarcimento del danno nei confronti del concedente.
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