a cura di Francesco Pau
I derivati
Una bussola per orientarsi negli strumenti finanziari
a cura di Xxxxxxxxx Xxx
1 CONTINUA
La seconda puntata sarà pubblicata su ItaliaOggi di martedì 1 febbraio
INDICE
1. I CONTRATTI DERIVATI: CLASSIFICAZIONI 2
1.1. I contratti derivati: negoziazione
2. I CONTRATTI A TERMINE 4
3. LO SWAP 6
4. L’OPTION 8
5. I DERIVATI DI CREDITO 9
6. ALCUNE TIPOLOGIE DI CONTRATTI 10
6.1. Contratti a termine: il future
6.2. Swap: interest rate swap
6.3. Options: il cap
6.3.1 Il floor
6.3.2 Il collar
6.4. Credit derivatives: il credit default swap
6.5. I derivati complessi: swaption
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31 Gennaio 2005
classificazioni
I derivati sono strumenti finanziari il cui valore dipende (deriva) da un’attività sottostante rap- presentata da un bene o da una grandezza finan- ziaria. Possono distinguersi per l’oggetto o la fun- zione. Con riguardo al sottostante i derivati che hanno per oggetto un bene sono definiti «commo- dities derivatives», mentre quelli che hanno per og- getto una grandezza finanziaria sono definiti «fi- nancial derivatives». L’oggetto della transazione nel derivato non si identifica direttamente con un’entità economica ma con il differenziale relati- vo alle valutazioni della stessa in momenti diffe- renti. Il sottostante serve quindi come parametro di riferimento per la determinazione del differen- ziale. La relazione tra il valore del derivato e il sot- tostante è comunemente definita «pay-off»e rap- presenta il risultato finanziario del derivato. In re- lazione alla funzione si distingue tra derivati con finalità:
(I) di copertura (o «hedging»): sono utilizzati per
tutelarsi contro le oscillazioni dei prezzi del sot- tostante (i.e. un brusco rialzo dei tassi di inte- resse può essere attenuato dalla sottoscrizio- ne di un interest rate swap) o per garantire il rendimento atteso di un investimento;
2
(II) speculativa: sono utilizzati per scommettere su variazioni dei prezzi di merci, valute, tassi d’in- teresse o altre attività finanziarie al fine di con- seguire un profitto;
(III)di arbitraggio: sono utilizzati per sfruttare, at- traverso la contemporanea attuazione di due operazioni di segno opposto (acquisto e vendi- ta) sulla stessa attività, differenze nei prezzi del sottostante.
La classificazione dei derivati operata dal dlgs 24 febbraio 1998, n. 58 «Testo unico delle disposi- zioni in materia di intermediazione finanziaria» («Tuf») si basa sulla struttura economica degli stes- si distinguendo all’art. 1 tra:
(I) i contratti «futures» e i contratti a termine su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui relativi indici, anche quando l’esecuzione avvenga tramite il paga- mento di differenziali in contanti;
(II) i contratti «swap» (cioè i contratti di scambio a pronti e a termine) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari («equity swaps»), anche quando l’esecuzione avvenga tramite il pagamento di differenziali in contanti;
(III)i contratti di opzione su qualsiasi strumento finanziario o sui precedenti strumenti deriva- ti, su valute, su tassi di interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l’esecuzione avvenga tramite il pagamento di differenziali in contanti;
(IV) le combinazioni di contratti o di titoli sopra in- dicati.
Un’ulteriore distinzione è possibile a seconda dell’estensione della vincolatività del contratto de- finendosi i derivati:
• simmetrici se vincolanti entrambi le parti, come accade per esempio nello swap, o nel future;
• asimmetrici se vincolano solo uno dei contraen- ti essendo rimessa all’altro contraente la facoltà di scelta come accade per esempio nell’option. Tra i contratti tipici i derivati hanno caratteri-
xxxxxx comuni ai contratti a esecuzione differita e a quelli aleatori con riguardo rispettivamente all’esecuzione protratta nel tempo delle prestazio- ni da parte dei contraenti e al rischio che, salvo ra- ri casi, è indeterminato essendo spesso collegato a eventi (i.e. le oscillazioni di un tasso di interesse) futuri e incerti.
Una componente comune alle diverse tipologie dei vari contratti derivati è quindi quella previsio- nale e si individua nel tentativo dei contraenti di cogliere in anticipo le fluttuazioni di prezzo o di va- lore del sottostante. Cosi, le operazioni sui tassi di interesse (i.e. interest rate swap, forward rate agreement) sono condotte con l’intenzione di pro- teggersi da rialzi ovvero di beneficiare di ribassi degli stessi, mentre quelle su commodities tendo- no a cristallizzare il prezzo al momento della sti- pula del contratto premunendosi contro successivi rialzi.
1.1. I contratti derivati: negoziazione
I contratti derivati vengono negoziati sia in bor- sa, che nei «fuori borsa. A seconda che siano o me- no negoziati nei mercati regolamentati si distin- gue tra derivati «exchange traded» e derivati «over the counter» («Otc»).
Gli exchange traded sono contratti:
• standardizzati e
• negoziati in un mercato regolamentato.
Nella negoziazione intervengono generalmente un intermediario autorizzato e la cosiddetta con- troparte centrale rappresentata in Italia dalla Cas- sa di compensazione e garanzia spa (o «clearing house»). La clearing house è controparte diretta di tutte le operazioni e assicura il buon fine delle tran- sazioni garantendone altresì l’anonimato. Il ver- samento da parte degli operatori di margini ini- ziali e periodici permette alla clearing house di co- prire le perdite sui derivati negoziati derivanti da inadempienze dei negoziatori (sul punto si veda in- fra 6.1 «Contratti a termine il future»). I derivati negoziati over the counter (letteralmente «al ban- co») sono contratti non standardizzati il cui sche- ma può essere adattato alle esigenze delle parti. Il rischio di controparte legato alla solvibilità della stessa è generalmente più elevato rispetto ai deri- vati exchange traded non essendo le parti tenute a prestare garanzie o versare dei margini per tu- telarsi da eventuali inadempienze. La maggiore tu- tela che la negoziazione in un mercato regolamen- tato offre rispetto a un derivato scambiato over the counter si contrappone alla minore autonomia con- trattuale delle parti che sottoscrivono exchange tra- ded derivatives rispetto ai soggetti che svolgono le loro transazioni over the counter. Nella pratica i contratti a termine e le opzioni possono essere ne- goziati sia over the counter che nei mercati rego-
teresse e di cambio.
Di seguito si riportano le tavole riepilogative con- tenute nell’Indagine conoscitiva della Consob in re- lazione:
(I) al valore nozionale degli strumenti derivati nei paesi del G-10;
(II) alle posizioni in strumenti derivati dei sogget- ti residenti in Italia per settore istituzionale; (III)alle imprese non finanziarie italiane con posi-
zioni in strumenti derivati al 30/6/2004.
Tav. 2 Valore nozionale degli strumenti derivati nei paesi del G-10
(Dati di fine periodo; valori in miliardi di dollari Usa)
2001 | % | 2003 | % | |
DERIVATI OTC | ||||
su tassi di interesse | 77.568 | 69,8% | 141.991 | 72,0% |
su tassi di cambio | 16.748 | 15,1% | 24.475 | 12,4% |
su azioni | 1.881 | 1,7% | 3.787 | 1,9% |
su altri strumenti | 14.981 | 13,5% | 26.914 | 13,7% |
TOTALE OTC (A) | 111.178 | 100,0% | 197.167 | 100,0% |
di cui in contropartita con enti non finanziari 10.704 23.714
Futures | ||||
su tassi di interesse | 9.269 | 39,0% | 13.123 | 35,7% |
su tassi di cambio | 66 | 0,3% | 80 | 0,2% |
su azioni | 334 | 1,4% | 502 | 1,4% |
Opzioni | ||||
su tassi di interesse | 12.493 | 52,6% | 20.793 | 56,6% |
su tassi di cambio | 27 | 0,1% | 38 | 0,1% |
su azioni | 1.575 | 6,6% | 2.197 | 6,0% |
TOTALE EXCHANGE TRADED (B) | 23.764 | 100,0% | 36.733 | 100,0% |
TOTALE DERIVATI (A + B) | 134.942 | 233.900 | ||
Fonte: Bri - Quarterly review, settembre 2004 |
DERIVATI EXCHANGE TRADED
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Tav. 3 Posizioni in strumenti derivati dei soggetti residenti
in Italia per settore istituzionale
(valutazione al valore di mercato - dati in milioni di euro)
1999 | 2003 | |||
attività | passività | attività | passività | |
Società non finanziarie | 1,362 | 1,357 | 4,602 | 6,565 |
Banche | 29,093 | 28,568 | 78,459 | 67,934 |
Altri intermediari | 3,049 | 3,100 | 4,603 | 5,399 |
Amministrazioni pubbliche | - | 5,957 | - | 6,585 |
Famiglie | - | - | - | - |
TOTALE RESIDENTI | 33,504 | 38,982 | 87,664 86,483 | |
Resto del mondo | 25,062 | 19,585 | 43,302 | 44,484 |
TOTALE | 58,566 | 58,567 | 130,966 | 130,967 |
Fonte: Banca d’Italia (per il 1999, «I conti finanziari dell’Italia», luglio 2003, e per il 2003, Relazione an- nuale 2003, tav. aD40)
Tav. 4 Imprese non finanziarie italiane
con posizioni in strumenti derivati al 30/6/2004
N. imprese | Valore | Valore di | di cui |
nozionale | mercato | Imprese con derivati | |
complessivo | complessivo | con valore di mercato negativo |
DERIVATI SU TASSI DI INTERESSE
- imprese considerate operatori | 34.279 | 106,6 | -3,1 | 31.156 | 96,9 | -3,2 |
- imprese considerate operatori non | 7.901 | 4,4 | -0,1 | 7.152 | 4,0 | -0,1 |
TOTALE | 42.180 | 111,0 | -3,2 | 38.308 | 100,9 | -3,3 |
DERIVATI SU TASSI DI CAMBIO | ||||||
- imprese considerate operatori | 3.697 | 9,6 | -0,5 | 2.724 | 7,1 | -0,5 |
- imprese considerate operatori non | 117 | 0,3 | 0,0 | 57 | 0,1 | 0,0 |
TOTALE | 3.814 9,9 | -0,5 | 2.781 | 7,3 | -0,5 |
dei derivati in essere al 30/6/04 (mld €)
dei derivati in essere al 30/6/04 (mld €)
N. Valore Valore di imprese nozionale mercato complessivo complessivo
dei derivati in essere al 30/6/04 (mld €)
dei derivati in essere al 30/6/04 (mld €)
Le principali categorie di prodotti derivati così co- me individuati dall’Indagine conoscitiva sono
(I) i contratti a termine, o forwards;
In generale un soggetto che assume una posizione
lunga conseguirà un profitto qualora la differenza tra:
• il prezzo dell’attività sottostante alla maturity da- te
• il prezzo dell’attività sottostante alla maturity da- te e
• il prezzo di consegna sia positiva.
mentre la vendita è determinata da previsioni la ribasso;
(III) arbitraggio: per guadagnare sulla differenza tra il prezzo di consegna e il prezzo a termine di un sottostante. L’acquisto del sottostante al prezzo corrente e la contestuale vendita del contratto a termine presuppone che il prezzo di consegna sia superiore al prezzo a termine poiché alla matu-
rity date il valore del sottostante (considerato il valore finanziario) sarà pari al prezzo a termine ma sarà venduto al prezzo di consegna generan- do per il venditore un profitto privo di rischio.
Si riporta di seguito un glossario dei termini più ri- levanti in relazione ai contratti a termine contenuto nell’Allegato tecnico all’Indagine conoscitiva della Consob:
Broker
Cash settlement
Clearing house
Consegna fisica o physi- cal delivery
Data di scadenza o Deli- very date o Maturity date
Future price Long position
Xxxxxxx Xxxxxx call Mark-to-market
Pay-off o P&L
Posizioni aperte o Open interest
Prezzo a pronti o Spot pri- ce
Prezzo a termine o Forward price
Prezzo di consegna o De- livery price
Short position
Tick Trade date Volatilità
Intermediario aderente a una clearing house che consente a chi non è aderente di operare in futures
Modalità di liquidazione del contratto a termine: alla scadenza del contratto, l’acqui- rente riceve una somma pari al prezzo corrente del sottostante corrispondendo al venditore il prezzo di consegna del medesimo. Nella pratica operativa le due parti si scambiano il saldo di questi due valori
Organismo che si pone come controparte diretta di tutte le transazioni eseguite sul mercato future, incaricato di assicurarne la compensazione e il buon fine e di con- tabilizzare e liquidare su base giornaliera i profitti e le perdite conseguiti da parte de- gli operatori a esso associati
Modalità di liquidazione del contratto a termine: alla scadenza del contratto il sog- getto che ha la short position consegna effettivamente la quantità pattuita del sotto- stante a colui che detiene la long position, ricevendo il delivery price
Data di scadenza del contratto a termine
Prezzo del future in ogni istante di vita del contratto
Posizione di chi, nel contratto a termine, si impegna ad acquistare al delivery price 5
una certa quantità di bene sottostante
Versamenti di somme di denaro presso la clearing house effettuati da chi opera in futures a garanzia del buon esito dell’operazione
Invito rivolto dalla clearing house alla parte il cui conto sia sceso sotto il margine di mantenimento a reintegrare il conto stesso
Adeguamento giornaliero dei profitti e delle perdite realizzati dalle posizioni future aperte
Risultato economico, positivo o negativo, derivante da un’operazione finanziaria Somma di tutte le posizioni, lunghe e corte, in essere a una certa data
Prezzo corrente di una attività
Corrisponde al montante del prezzo corrente del sottostante, capitalizzato al tasso di interesse privo di rischio per la vita residua del contratto (i.e. per l’intervallo di tem- po mancante alla scadenza del contratto)
Prezzo stabilito alla trade date che la parte che si impegna a comprare a termine verserà alla controparte alla scadenza del contratto
Posizione di chi, nel contratto a termine, si impegna a vendere al delivery price una certa quantità di bene sottostante
Variazione minima di prezzo che può essere quotata sul mercato future Data di stipulazione del contratto a termine
Indicatore statistico di variabilità del prezzo di un sottostante rispetto al suo valore medio osservato in un certo orizzonte temporale
3. Lo swap
In linea generale uno swap può definirsi un con- tratto con cui due parti si impegnano a scambiarsi («to swap») a date e condizioni prefissate, flussi di pagamenti determinati in relazione a un sot- tostante. L’underlying asset può essere di vario tipo così come diversa può essere la finalità (di copertura, speculativa o di arbitraggio) persegui- ta con il singolo swap. Civilisticamente lo swap ricalca sostanzialmente lo schema di un contrat- to aleatorio (o commutativo secondo quanti iden- tificano la causa nello scambio dei pagamenti) la cui causa è costituita dal trasferimento del rischio (di tasso, di cambio) connesso al sottostante. Si tratta di un’alea che grava su entrambi i con- traenti e che inibisce la possibilità concessa dall’art. 1467 c.c. di risolvere il contratto per ec- cessiva onerosità ovvero per sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell’altra a nor- ma dell’art. 1448 c.c. Anche se spesso nell’ana- lizzare questo derivato si è soliti affermare che con lo swap si «scommette su» qualcosa, il carat- tere aleatorio dello swap non vale comunque ad assimilarlo alla scommessa. La stessa giurispru- denza di merito (trib. Milano, 24 novembre 1993 e trib. Milano, 26 maggio 1994) del resto aveva
avallato questa tesi assimilando lo swap al giuo- co salvo poi correggere tale orientamento in suc- cessive pronunce (trib. Milano 20 febbraio 1997, in relazione a swap stipulati nell’esercizio di un’at- tività di intermediazione mobiliare con una ban- ca o una sim). In realtà lo swap si differenzia, da tali fattispecie inter alia, sia per la diversa fun- zione economica svolta (che ha trovato il suo ri- conoscimento normativo nella codificazione dello swap operata dall’art. 1 del Tuf) incompatibile con l’aspetto ludico del giuoco o della scommessa di cui all’art. 1933 c.c. sia perché nella scommessa il rischio è creato artificialmente laddove con lo swap si intende incidere (tutelandosi o sfruttan- dolo) su un rischio finanziario preesistente. L’in- compatibilità del contratto di swap con il gioco o la scommessa è stata successivamente sancita an- che a livello normativo dall’art. 23 comma 5 del Tuf in base al quale: «Nell’ambito della presta- zione dei servizi di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi indi- viduati ai sensi dell’art. 18, comma 5, lettera a), non si applica l’articolo 1933 del codice civile».
Si riporta di seguito un glossario dei termini più
rilevanti in relazione agli swap contenuti nell’Al- legato tecnico all’Indagine conoscitiva della Con- sob
6 Asset swap buyer
Asset swap seller Asset swap spread
At-the-money par swap
Attualizzazione dei flussi di cassa
Basis points (Bps) Calculation period Cheapest-to-delivery
Contributo di par adjust- ment
Credit default swap rate Credit event
Credit spread Curva dei tassi spot
In un asset swap, è la parte che paga il tasso fisso e riceve il tasso variabile
In un asset swap, è la parte che paga il tasso variabile e riceve il tasso fisso
In un asset swap, è lo spread applicato sul tasso variabile di riferimento del con- tratto funzionale generalmente a rendere nullo il valore del contratto al momen- to della stipula
Un plain vanilla swap in cui il tasso fisso coincide con lo swap rate
Procedimento di matematica finanziaria finalizzato a calcolare il valore attuale di un flusso di cassa atteso futuro
Misura del tasso di interesse espressa tale per cui 1 Bps = 0,01% Periodo di riferimento per il calcolo degli interessi delle gambe dello swap
All’interno di un paniere di attività consegnabili, l’attività che è più conveniente consegnare per il soggetto obbligato
In un asset swap, è il contributo di liquidità una tantum funzionale generalmen- te a compensare la differenza tra il valore di mercato dell’asset sottostante e il suo valore nominale
In un Cds il tasso fisso utilizzato per il calcolo dei pagamenti periodici a carico del protection buyer
In un Cds e in un Trs, è l’evento definito contrattualmente che determina l’atti- vazione della protezione prevista dal contratto
Sovrarendimento pagato da un titolo soggetto a rischio di credito rispetto al tas- so di rendimento privo di rischio
Il valore dei tassi di interesse su titoli privi di rischio (i titoli di stato) a differenti e progressive scadenze temporali
Default Effective date Fixing date
Gamba fissa Gamba variabile Long swap position Loss given default
Maturity date o termina- tion date
Notional principal Otc (Over the counter) Payment date
Pay-off o P&L Protection buyer Protection seller Rating
Reference asset Short swap position
Tasso swap o Swap rate Total return
Total return buyer Total return seller Total return swap rate
Trade date
Valore di recupero o re- covery value
Insolvenza
Data di riferimento per l’inizio della maturazione degli interessi
Data di riferimento per la rilevazione del tasso variabile sotteso alla computa- zione della gamba variabile dello swap
L’insieme dei flussi dei pagamenti a tasso fisso L’insieme dei flussi dei pagamenti a tasso variabile
Posizione di chi paga il tasso fisso e riceve il tasso variabile
Ammontare della perdita di valore di un’attività finanziaria a causa dell’insolven- za del suo emittente
Data di scadenza dello swap
Il capitale di riferimento per il calcolo dei flussi di pagamento di uno swap Notazione che indica la mancanza di un mercato regolamentato di riferimento Data di riferimento per la liquidazione dei flussi dei pagamenti dello swap
Risultato economico, positivo o negativo, derivante da un’operazione finanzia- ria
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In un Cds, è il soggetto che acquista la protezione da uno specifico rischio di cre- dito
In un Cds, è il soggetto che vende la protezione su uno specifico rischio di cre- dito
Valutazione, fornita da agenzie esterne specializzate, del merito di credito di un soggetto emittente o di una specifica emissione obbligazionaria o di un qualsia- si strumento finanziario che incorpori un rischio di credito
Il sottostante nei Cds e nei Trs
Posizione di chi paga il tasso variabile e riceve il tasso fisso
In un plain vanilla swap, è il valore del tasso fisso che rende nullo il valore del contratto alla data di stipulazione
È l’intero pay-off connesso alla detenzione di un’attività finanziaria, ossia la som- ma dei guadagni/perdite in conto capitale e delle cedole pagate
In un Trs, la parte che riceve il total return in cambio della copertura dei rischi connessi con il reference asset
In un Trs, la parte che cede il total return in cambio della copertura dei rischi con- nessi con il reference asset
In un Trs, è lo spread sul tasso sottostante i pagamenti periodici dovuti dal total return buyer al total return seller
Data di stipulazione del contratto swap
Valore di mercato del reference asset di un Cds contestualmente al verificarsi di un credit event
4. L’option
A differenza del future e dello swap, l’option ob- bliga solo una delle parti. Solo il concedente («wri- ter») infatti sarà obbligato su richiesta del benefi- ciario («holder») all’acquisto o alla vendita. L’option coincide quindi con il modello codicistico di opzione previsto all’art. 1331 c.c. vale a dire quello di un ac- cordo da cui deriva una proposta irrevocabile ex art. 1329 c.c.
L’esercizio dell’opzione è subordinato al paga- mento di un corrispettivo («premium») pagato dall’holder al writer.
Il contratto di opzione attribuisce all’holder il di- ritto
• di comprare (opzione call) o
• di vendere (opzione put)
una determinata quantità di un sottostante a un prezzo prefissato («strike price») entro una certa da- ta di scadenza (maturity date) o alla data stessa.
L’underlying asset del contratto di opzione può es- sere rappresentato da:
• attività finanziarie scambiate su mercati con quo- tazioni ufficiali;
• merci scambiate su mercati con quotazioni uffi- ciali;
• eventi di varia natura oggettivamente verificabi- li.
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Poiché l’holder non è obbligato a vendere, il valo- re (cosiddetto intrinseco) dell’opzione non può esse- re negativo in quanto qualora il prezzo (corrente) del sottostante al momento dell’esercizio risultasse in- feriore al prezzo di esercizio del call (o superiore nel caso del put), l’holder non eserciterà il suo diritto li- mitando la perdita al premio pagato al writer per l’acquisto di detto diritto. Un’opzione può essere:
(I) at-the-money se il suo prezzo corrente è pari al- lo strike price: in questo caso il valore intrinse- co dell’opzione è pari a zero;
(II) in-the-money se:
• in una call option lo strike price è inferiore al prezzo corrente dell’attività;
• in una put option lo strike price è superiore al prezzo corrente dell’attività;
(III)out-of-the-money se
• in una call option lo strike price è superiore al prezzo corrente dell’attività;
• in una put option lo strike price è inferiore al prezzo corrente dell’attività.
Cosi, l’esercizio di una call option risulta conve- niente per l’holder se l’opzione è in the money po- tendo in quel caso acquistare un’attività (titoli, va- lute o merci) con un prezzo corrente più elevato.
Analogamente, l’esercizio di una put option risul- ta conveniente per l’holder se l’opzione è in the mo- ney potendo in tal caso ricavare dall’esercizio dell’opzione un margine di profitto superiore a quel- lo che avrebbe realizzato vendendo sul mercato.
A seconda del sottostante oggetto dell’opzione si è soliti distingue tra:
(I) securities option, se l’opzione ha per oggetto azioni o titoli;
(II) interest rate option, se l’opzione ha per oggetto un tasso di interesse;
(III)currency option, se l’opzione ha per oggetto una valuta;
(IV) commodities option, se l’opzione ha per oggetto beni merce;
(V) stock index option, se l’opzione ha per oggetto strumenti derivati.
Un’ulteriore distinzione può essere fatta in rela- zione al tempo di esercizio. In particolare si distin- gue tra:
(I) european options, in cui l’holder può esercitare l’opzione a una o più scadenze prefissate;
(II) american options, in cui l’holder può esercitare l’opzione in ogni momento compreso fra la data di rilascio e quella di scadenza dell’opzione;
(III)exotic options: nate dalla fantasia degli opera- tori finanziari come variante o unione di ele- menti tipici delle opzioni tradizionali. Tra que- ste si segnalano:
• bermudian: in cui l’holder può esercitare l’op- zione ad alcune date prefissate comprese fra quella di stipulazione e quella di scadenza;
• ladder: in cui lo strike price è fissato al mo- mento della stipula del contratto secondo un’ordine crescente;
• compound: in cui la maturity date è fissata di volta in volta a scadenze periodiche;
• pay later: in cui l’holder non è tenuto a paga- re il premio al momento della stipula del con- tratto ma solo quando decida di esercitare l’opzione.
Un’ultima distinzione infine è quella tra le opzio- ni ordinarie e quelle automatiche. La peculiarità delle opzioni automatiche rispetto alle ordinarie è il fatto che a differenza delle prime dove si richiede una manifestazione di volontà da parte dell’holder, nel secondo caso il diritto si considera esercitato in maniera «automatica» quando lo striking price rag- giunga determinati limiti prefissati contrattual- mente dalle parti.
ESEMPIO:
Si ipotizzi che
• Alfa voglia acquistare da Beta il titolo X e che
• il valore di X al 31 gennaio 2005 sia pari a 100.
Alfa prevede che al 31 gennaio 2006 il valore di X sarà superiore a 120 mentre per Beta non supererà 100.
Alfa e Beta stipulano un contratto di call option in base al quale Alfa (holder), al 31 gennaio 2006 po- trà acquistare il titolo X
• a uno strike price pari a 105
• pagando un premio di 5 a Beta (writer)
A seconda del valore di X al 31 gennaio 2006 sono possibili tre diversi scenari:
(I) se il valore di X è pari a 125 l’opzione è in the money e il guadagno complessivo di Alfa sarà pari a: 125 - 105 (strike price) = 20 - 5 (premio pagato a Beta) = 15;
(II) se il valore di X è pari a 95 l’opzione è out of mo- ney quindi Alfa non avrà convenienza a eserci- tare l’opzione e la perdita complessiva di Alfa
sarà pari a: 105 - 95 = 10 + 5 = 15
(III)se il valore di X è pari a 105 l’opzione è at the money la perdita di Alfa coinciderà con il pre- mio (5) pagato a Beta.
Si riporta di seguito un glossario dei termini più rilevanti in relazione ai contratti di option contenu- to nell’Allegato tecnico all’Indagine conoscitiva del- la Consob
Maturity o Expiry day o data di scadenza
Moneyness di un’opzio- ne
Opzione dall Opzione put Opzioni americane Opzioni europee Pay-off o P&L Premio
Prezzo spot
Strike price o prezzo di esercizio
Valore intrinseco
Valore temporale
Ultimo giorno nel quale l’opzione può essere scambiata o esercitata
Distanza tra il prezzo a pronti (spot) del sottostante e il prezzo di esercizio. In relazione alla moneyness si distinguono:
• le opzioni in-the-money, che hanno un valore intrinseco positivo (per la call: il prezzo spot è maggiore del prezzo di esercizio; per la put: il prezzo spot è minore del prezzo di esercizio). Nel caso la differenza sia molto ampia si usa la dizione deep in-the money;
• le opzioni out-of-the money, che hanno un valore intrinseco nullo (per la call: il prezzo spot è minore del prezzo di esercizio; per la put: il prezzo spot è maggiore del prezzo di esercizio). Nel caso la differenza sia molto ampia si usa la dizione deep out-of-the money;
• le opzioni at-the-money, per le quali il prezzo spot del sottostante è esat- tamente pari al prezzo di esercizio
Contratto che conferisce all’acquirente il diritto di acquistare il sottostante a un prezzo prefissato
Contratto che conferisce all’acquirente il diritto di vendere il sottostante a un prezzo prefissato
9
Contratti che prevedono l’esercizio del diritto nell’intero periodo che precede la data della scadenza pattuita.
Contratti che prevedono l’esercizio del diritto solo alla data di scadenza pat- tuita
Risultato economico, positivo o negativo, derivante da un’operazione finan- ziaria
Prezzo dell’opzione, dato dalla somma del valore intrinseco e del valore tem- porale
Quotazione corrente dell’attività sottostante rilevata sui mercati di quotazio- ne
Prezzo (stabilito alla data di stipulazione del contratto di opzione) al quale il sottostante sarà acquistato o venduto (i.e. prezzo al quale l’opzione può es- sere esercitata)
Differenza fra il prezzo spot del sottostante e il prezzo di esercizio, per le op- zioni call, e fra il prezzo di esercizio e il prezzo spot per le opzioni put. Non può assumere valore negativo, in quanto l’holder ha la facoltà ma non l’ob- bligo di acquistare o vendere e, pertanto, nel caso in cui l’esercizio dell’op- zione non comportasse per lui un pay-off positivo, eviterà semplicemente di esercitare il diritto, con una perdita limitata al prezzo pagato per l’acquisto dell’opzione
Differenza fra il prezzo dell’opzione (i.e. il premio) e il valore intrinseco dell’op- zione medesima. Esso esprime la probabilità che l’opzione possa comunque assumere, entro la data di scadenza, un valore intrinseco positivo, o, nel ca- so in cui abbia già un valore intrinseco positivo, la probabilità che questo au- menti nel tempo, incrementando il guadagno dell’investitore
5. I derivati di credito
I derivati di credito si possono definire in ma- niera molto ampia come quei contratti derivati che
tutelano l’investitore contro il rischio di perdita re- lativo a una situazione di default del debitore. Il rischio è rappresentato dalla probabilità che, alla scadenza prevista, il debitore sia insolvente (o in
Le parti di un derivato di credito sono quindi:
• un protection buyer che intende tutelarsi dal ri- schio che il debitore («reference entity») si renda inadempiente;
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• un protection seller che vende al protection buyer la protezione da questi richiesta a fronte del pa- gamento di un premio.
Nel credit derivative coesistono generalmente di due distinti rapporti tra tre soggetti diversi:
(I) il primo tra il creditore originario e debitore avente a oggetto un rapporto di credito, e
(II) il secondo tra creditore originario, divenuto nel frattempo protection buyer, e il protection sel- ler avente a oggetto un rapporto di copertura. Lo scorporo del rischio oggetto del credit deriva-
tive e la sua trasformazione in un bene negoziabi- le può attuarsi attraverso i default o replication products che rappresentano le categorie più diffu- se dei credit derivatives. In particolare attraverso i default products (i.e credit default swap, credit default option) viene trasferito solamente il rischio di credito relativo al sottostante mentre il pay off è corrisposto al verificarsi del credit event con- trattualmente previsto. Attraverso i replication products (i.e. total rate of return swap e credit spread products) invece viene trasferito oltre al ri- schio di credito anche quello di mercato. Proprio la creazione di strumenti quali i credit derivatives evi- denzia il crescente grado di sofisticazione raggiunto nel campo dei derivati, dove non ci accontenta più di «coprire» il rischio di credito ma si tende addi- rittura a scorporarlo dal titolo sottostante e a far- lo diventare una variabile di mercato oggetto di ne- goziazione seppure over the counter non essendo- vi un mercato regolamentato per questo tipo di de- rivati e tale non potendo definirsi il Creditex che rappresenta piuttosto una piattaforma elettronica di trading sui credit derivatives. In sostanza, le per- dite generate dall’insolvenza del debitore vengono compensate dai guadagni sul derivato di credito. L’atipicità dei derivati in oggetto non ne preclude
l’efficacia trovando applicazione il secondo comma dell’art. 1322 c.c. secondo cui: «Le parti possono an- che concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché sia- no diretti a realizzare interessi meritevoli di tute- la secondo l’ordinamento giuridico», ben potendo rientrare la copertura contro il rischio di inadem- pimento tra gli interessi meritevoli di tutela di cui al detto articolo. Di fondamentale importanza nel credit default swap e in generale negli altri deri- vati di credito è l’individuazione del credit event. A questo proposito si tenga conto che i contratti de- rivati su crediti utilizzati dagli intermediari ri- spondono a schemi negoziali uniformi a livello in- ternazionale elaborati dall’Isda (International swap derivatives association), un’associazione che ha tra i suoi membri i maggiori enti finanziari sul mercato mondiale. Proprio alle definizioni conte- nute nell’Isda master agreement si è soliti rifarsi nella redazione di tali schemi contrattuali. In par- ticolare, il credit event con riguardo all’insolvenza è individuato inter alia nei i casi in cui una parte è sottoposta a scioglimento (a meno che lo sciogli- mento non sia il risultato di determinate opera- zioni straordinarie) ovvero diviene insolvente o in- capace di adempiere alle proprie obbligazioni o di- chiara la propria generale incapacità ad adempie- re alle proprie obbligazioni alle rispettive scaden- ze.
6. Alcune tipologie di contratti
Di seguito si analizzano alcuni dei contratti de- rivati più diffusi per ogni singola categoria
6.1. Contratti a termine: il future
Il future è un contratto con il quale le parti si im- pegnano a:
• scambiare a una data prestabilita determinate attività o a
• versare o a riscuotere un importo determinato in base all’andamento di un indicatore di riferi- mento.
In relazione all’oggetto è possibile prevedere le seguenti tipologie di future:
(I) commodities futures: futures su merci;
(II) interest rate futures: il sottostante è un’atti- vità fruttifera di interesse:
• a breve termine, in cui il sottostante è, ge- neralmente, un deposito interbancario,
• a medio-lungo termine, in cui il sottostante è, generalmente, un’obbligazione.
(III)currency future: le parti si impegnano al tra- sferimento a termine di:
• una quantità di denaro,
• espressa in una valuta estera, e
• a un tasso di cambio prestabilito;
(IV) stock index financial futures: le parti indivi- duano un capitale di riferimento che viene «cor- retto» a seconda dell’andamento di un indice finanziario di riferimento e al cui rialzo con- segue per l’acquirente un guadagno pari alla
• il capitale iniziale convenzionale, e
• lo stesso capitale indicizzato,
mentre al ribasso consegue un guadagno per il venditore. Solo il saldo finale ricavato dalla som- ma algebrica delle registrazioni (positive o negati- ve) derivanti dalle oscillazioni sarà trasferito dal- la parte in perdita a quella in attivo.
I financial futures (su valute, titoli o indici azio- nari rappresentano probabilmente la tipologia di future più diffusa. Si tratta di contratti standar- dizzati e negoziati sui mercati regolamentati. Alla standardizzazione consegue che le parti possano contrattare solo il prezzo del contratto essendo in- vece sostanzialmente omologati sia con riguardo all’oggetto che alle modalità operative. Le matu- rity dates per esempio, seguono un calendario pre- fissato (generalmente quattro volte per anno) e an- che la negoziazione è regolata sia con riguardo al- le modalità di liquidazione delle transazioni sia al- la variazione minima di prezzo che può essere quo- tata sul mercato futures («tick») o ai luoghi di con- segna. Per tutte le transazioni riguardanti con- tratti futures vi è inoltre un’unica controparte rap- presentata dalla clearing house che agisce in so- stanza come una camera di compensazione. La clea- ring house è incaricata di:
• assicurare la compensazione delle operazioni, e
• contabilizzare e liquidare su base giornaliera i profitti e le perdite conseguiti dagli operatori.
La compravendita di un future obbliga infatti le parti a darne immediata comunicazione alla clea- ring house. A seguito della comunicazione la clea- ring house provvede a:
• comprare il future dalla parte che ha venduto, e
• vendere il future alla parte che ha comprato.
L’interposizione della clearing house è volta ad assicurare il buon fine delle operazioni anche in ca- so di inadempimento in quanto consente di tutela- re la parte adempiente sostituendosi alla parte eventualmente inadempiente e rivalendosi poi ver- so quest’ultima. Per tutelare i suoi aderenti dal ri- schio di inadempimento la clearing house utilizza il cosiddetto meccanismo dei margini. In base al meccanismo dei margini le parti, al momento dell’apertura di una posizione in futures, dovran- no versare (quasi fosse una sorta di deposito cau- zionale) un margine iniziale, generalmente ugua- le a una percentuale del valore nominale di un con- tratto moltiplicata per il numero dei contratti sti- pulati, che verrà loro restituito alla liquidazione del contratto. Il versamento avviene su un conto detenuto presso la clearing house o, nel caso di sog- getti non aderenti, aperto per loro conto presso la clearing house dai rispettivi intermediari.
Al margine iniziale viene sommato un margine
di variazione pari al guadagno o alla perdita rea- lizzato giornalmente dalle parti. In pratica alla fi- ne della giornata la clearing house calcola la diffe- renza tra:
• il prezzo di chiusura del future, e
• il prezzo di chiusura del giorno precedente,
e in tal modo determina il profitto e la perdita come se il contratto venisse liquidato in quel mo- mento. I profitti e le perdite realizzate dagli inve- stitori sono quindi pari alla somma algebrica dei margini giornalieri attribuiti loro dalla clearing house. Spetterà poi alla parte in perdita versare il margine di variazione alla clearing house che a sua volta lo girerà alla parte che ha guadagnato dalla variazione del prezzo. I contratti acquistati dalla clearing house per quantità e tipologia sono esat- tamente uguali a quelli venduti. In questo modo la clearing house non assume, in proprio, posizioni aperte sul mercato e non si espone al rischio di va- riazioni sfavorevoli nei prezzi del sottostante. Inol- tre essa assume la qualifica di controparte solo de- gli intermediari aderenti alla clearing house stes- sa. Per aderire occorre essere in possesso di speci- fici requisiti di patrimonializzazione e di profes- sionalità. Qualora un soggetto che non sia mem- bro della clearing house intenda aprire una posi- zione in futures dovrà rivolgersi a uno degli inter- mediari aderenti che in sostanza fungerà da broker applicando nei suoi confronti gli stessi meccanismi adottati dalla clearing house a tutela del rischio di inadempimento.
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Riprendendo l’esempio fatto con riguardo alla call option si ipotizzi che:
• Alfa voglia acquistare il titolo X,
• il valore di X al 31 gennaio 2005 sia pari a 100, e che
• secondo Alfa al 31 gennaio 2006 il valore di X sarà superiore a 105 mentre secondo Xxxx non supererà 100.
Alfa stipula un financial future con il quale si im- pegna al 31 gennaio 2006 ad acquistare X da Beta al prezzo di 105. Al 31 gennaio 2006 si potranno verificare le seguenti situazioni:
• il valore di X è pari a 125, Alfa conseguirà un guadagno di 20,
• il valore di X è pari a 95, Alfa conseguirà una per- dita di 10.
Più in generale Xxxx realizzerà un guadagno se il valore di X non è inferiore a 106.
6.2. Swap: interest rate swap
Con l’interest rate swap («Irs») due parti si im- pegnano a scambiarsi, a date prestabilite, paga- menti periodici di interessi calcolati su un capita- le, nominale (notional principal amount) di riferi- mento, per un periodo di tempo predeterminato. Il capitale non viene scambiato tra le parti ed è uti- lizzato solo come parametro di riferimento per il calcolo degli interessi. In particolare una parte pa- ga un tasso fisso e riceve un tasso variabile («fix payer») mentre la controparte paga un tasso va- riabile e riceve un tasso fisso («fix receiver»). I pa- gamenti effettuati dalle parti riguardano solo la li- quidazione della differenza che risulta dal saldo tra i due importi. In termini pratici è come se un soggetto procedesse allo stesso tempo:
• all’apertura di un deposito a tasso variabile, e
• all’accensione di un finanziamento a tasso fisso (o viceversa),
senza che vi sia una movimentazione di capitali ma incassando o pagando sui capitali, depositati o presi in prestito, gli interessi maturati.
Attraverso l’Irs le parti possono quindi invertire le rispettive condizioni di indebitamento (da fisso a variabile e viceversa) acquistando dalla contro- parte il tasso di interesse da pagare al proprio cre- ditore. È importante sottolineare come la stipula di un Irs oltre a non incidere sul rapporto sotto- stante (restano immutate le condizioni del presti- to contrattate con i rispettivi creditori) non in- fluenza neanche il piano di ammortamento del pre- stito permettendo a entrambi di ridurre l’onere fi- nanziario che grava sui prestiti. Gli interessi co- minciano in genere a maturare qualche giorno do- po («effective date») la data di stipula del contrat- to («trade date»). Nella prassi il soggetto che paga il tasso fisso e riceve il tasso variabile (l’acquiren- te dello swap) assume una long swap position con- trapposta alla short swap position del venditore dello swap che paga il tasso variabile e riceve il tas- so fisso. Nella terminologia dell’interest rate swap si definisce:
• gamba fissa dello swap il flusso dei pagamenti
di interessi a tasso fisso;
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• gamba variabile dello swap il flusso dei paga- menti a tasso variabile.
Da un punto di vista prettamente civilistico nell’Irs si assiste in pratica a un atipico accollo in- terno incrociato in quanto ogni contraente si ac- colla il debito della controparte senza che vi sia al- cun coinvolgimento dei rispettivi creditori, anche se la compensazione fa sì che venga liquidato solo il differenziale.
Tra le varianti di un Irs, cosiddetto plain vanil- la, come sopra descritto, vi sono il basis rate e il coupon swap.
Nel basis rate swap le parti si scambiano:
• due flussi di interessi,
• a tassi variabili, e
• nella stessa valuta.
Con il coupon swap le parti si scambiano:
• due flussi di interessi,
• uno a tasso fisso e uno a tasso variabile,
• nella stessa valuta.
Una variante dell’Irs è costituita dall’interest ra- te currency swap (Ircs) con cui le parti si scambia- no all’inizio e alla fine dell’operazione due capita- li in valute diverse sui quali calcolare i pagamen- ti degli interessi. Le differenze con l’Irs riguarda- no:
• la valuta: unica nell’Irs due diverse nell’Ircs,
• lo scambio del capitale: non previsto nell’Irs.
Tra le varie opportunità offerte dall’applicazio- ne dell’interest rate swap si segnalano:
(I) ridurre i rischi dei finanziamenti assunti a un tasso variabile attraverso lo swap con un tas-
so fisso ovvero con un altro tasso variabile pa- rametrato a un diverso indice di riferimento;
(II) evitare un mismatching tra tasso e durata: in pratica quando le scadenze di due flussi fi- nanziari, di uguale importo ma di segno oppo- sto, non sono coincidenti («mismatching») può risultare conveniente per quei soggetti (prin- cipalmente istituzioni finanziarie) che (i) si fi- nanziano sul mercato a tasso fisso a breve/me- dio termine e (ii) concedono finanziamenti a tasso variabile a lungo termine, colmare tale gap attraverso la stipula di un interest rate swap;
(III)debt structuring: una società che abbia repe- rito fondi tramite un’emissione di titoli obbli- gazionari a tasso fisso può, qualora i tassi sia- no in discesa, accendere un mutuo a tasso va- riabile da utilizzare per il rimborso anticipato degli obbligazionisti. Ovviamente si tratterà di valutare con estrema attenzione quando e in che misura si prevede che vi sia un rialzo dei tassi di interesse.
6.3. Options: il cap
L’interest rate cap (per brevità cap) è un’opzio- ne in base alla quale il compratore («buyer») ac- quista, a fronte del pagamento di un premio, il di- ritto a ricevere dal venditore («writer») un impor- to determinato moltiplicando il capitale conven- zionale di riferimento per il differenziale, positivo, tra:
(I) un tasso variabile di mercato rilevato a deter- minate scadenze, e
(II) un tasso fisso contrattualmente predefinito (co- siddetto «strike del cap») con il writer.
Con il cap il debitore (ossia il buyer del contrat- to di cap) che si è indebitato a tasso variabile in- tende tutelarsi contro un eccessivo rialzo dei tassi stabilendo un tetto massimo (cap) oltre il quale verrà rimborsato della differenza pagata. Per usu- fruire di questa opportunità paga un premio al ven- ditore. Il premio sarà commisurato alla durata del contratto di modo che più lunga è la durata più al- to sarà il premio da pagare. Questo perché le pro- babilità di fluttuazioni del tasso di riferimento au- mentano con il trascorrere del tempo. Il writer po- trà conseguire un guadagno dalla vendita del cap qualora il premio pagato dal buyer sia inferiore all’importo pagato al buyer per effetto della varia- zione del tasso oltre la soglia massima concordata. In teoria, quindi, la perdita che il writer può rea- lizzare dalla vendita del cap è potenzialmente illi- mitata. Il guadagno del writer è rappresentato in tutto o in parte, a seconda che il tasso iniziale sia rimasto invariato o sia aumentato, dal premio in- cassato dal buyer.
6.3.1 IL FLOOR
Stesso metodo di calcolo ma motivazioni opposte alla base del floor contratto attraverso il quale il buyer intende tutelarsi da un ribasso dei tassi di interesse. Se nel cap è il debitore ad acquistare l’op-
6.3.2 IL COLLAR
Dalla combinazione tra il cap e il floor nasce il collar con cui uno stesso soggetto si trova a essere contemporaneamente:
• venditore di un cap, e
• acquirente di un floor, o viceversa.
In particolare si avrà un acquisto di un collar qualora l’acquirente compri il cap e venda il floor mentre si definisce vendita di un collar l’acquisto del floor e la vendita del cap. L’acquisto di un col- lar può risultare conveniente per un’impresa che avendo acceso un finanziamento a tasso variabile intende tutelarsi contro rialzi del tasso di interes- se pagando un premio inferiore rispetto a quello che pagherebbe in un cap. I minori costi rispetto al cap sono determinati dal fatto che il costo dell’ac- quisto del cap è parzialmente compensato dalla vendita del floor. Il costo del collar può addirittu- ra essere azzerato qualora si acquisti uno «Zero co- st collar» in cui il premio,
• pagato sul cap acquistato,
• o ricevuto sul cap venduto,
equivale al premio ricevuto sul floor venduto o pagato sul floor acquistato.
La vendita di un collar può risultare convenien- te per un’impresa che incassa interessi attivi (i.e. a fronte di un finanziamento o di un bene dato in leasing) e vuole tutelarsi dal rischio di diminuzio- ne dei tassi di interesse, risparmiando rispetto all’acquisto di un floor. Il valore di mercato (mark- to-market) del collar sarà influenzato dall’oscilla- zione dei tassi di interesse.
6.4. Credit derivatives: il credit default swap
Con il credit default swap un soggetto («protec- tion seller») si impegna, a pagare alla controparte («protection buyer») una determinata somma al ve-
rificarsi di un evento futuro e incerto («credit event») relativo a un debito («reference obligation» o «reference asset») di un soggetto terzo («referen- ce entity»). Il protection seller assume tale obbli- gazione a fronte del pagamento di un premio da parte del protection buyer.
Il credit default swap può essere usato per esem- pio, per proteggersi dal rischio di credito su:
• una specifica emissione,
• un emittente,
• un portafoglio di strumenti finanziari.
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Attraverso un credit default swap si rende possi- bile quindi trasferire solo il rischio di credito e non anche l’attività di riferimento come accade, per esempio, nella cartolarizzazione dove il trasferi- mento del rischio di credito a una Special purpose vehicle» presuppone la cessione dello stesso credito. Inoltre la cessione del rischio di credito non obbliga a informare il debitore che continua a rimanere ob- bligato per il suo debito verso il protection buyer non essendo parte del contratto di credit default swap. Nonostante delle evidenti analogie, il credit default swap non rientra nella categoria dei contratti assi- curativi né può essere assimilato a una fideiussio- ne. Infatti, in un contratto assicurativo all’aumen- tare del livello di rischio all’assicurato è in genere ri- chiesto un aumento del premio mentre nel credit de- fault swap il mutamento del rischio non incide sull’entità del premio pagato dal protection seller al protection buyer. Nel contratto di fideiussione un soggetto, fideiussore, garantisce personalmente il debito di un altro soggetto nei confronti di un terzo. Il contratto viene stipulato tra fideiussore e credito- re; il debitore principale ne è quindi estraneo. La fi- deiussione ha inoltre un carattere accessorio ri- spetto all’obbligazione principale mentre la validità del credit default swap prescinde da quella della re- ference obligation. Inoltre, mentre il fideiussore può opporre al creditore le eccezioni spettanti al debito- re principale (a esclusione di quella derivante dall’incapacità), il protection seller non può opporre eccezioni relative alla reference obbligation. Il be- neficio di escussione inoltre è previsto dalla fideius- sione ma non nel credit default swap di talché il pro- tection seller è tenuto a pagare nel momento in cui si verifica il credit event.
6.5. I derivati complessi: swaption
I derivati complessi sono costituiti dalla combi- nazione di due contratti derivati che si uniscono per dar vita a un nuovo, autonomo, derivato. Nati dalla prassi operativa degli scambi su mercati re- golamentati e over the counter, hanno trovato il lo- ro riconoscimento normativo in Italia all’art. 1 se- condo comma lett. j) Tuf in cui (tra i contratti a ter- mine, gli swap e le option) vengono ricomprese an- che «le combinazioni di contratti o di titoli indica- ti nelle precedenti lettere». Tra i (molteplici) pos- sibili incroci si segnalano quelli tra lo swap e l’op- tion e tra il future e l’option.
Una swaption è una combinazione tra uno swap
Una future option è un contratto di opzione in
cui l’esercizio dell’opzione consente all’holder di sti- pulare un contratto di future le cui modalità di at- tuazione (i.e. le scadenze) sono già prefissate. In sostanza, l’holder detiene il diritto di obbligare il writer a una compravendita a termine. In tal mo- do viene ulteriormente avvalorata la componente previsionale del derivato mentre diminuisce il ri- schio speculativo.
Oltre che con un semplice future, l’option può
combinarsi con futures indicizzati. Così, per esem- pio, la stock index option combina il contratto di opzione con lo stock index financial future consen- tendo al titolare della long position di realizzare:
• un guadagno potenzialmente illimitato nel caso di rialzo dell’indice di riferimento, o
• una perdita limitata al premio pagato per l’eser- cizio dell’opzione.
Il meccanismo del contratto a termine indiciz- zato si fonde quindi con il principio del guadagno illimitato/perdita limitata tipico dell’opzione. Tut- tavia se da un lato il pagamento del premio vale a tutelare l’holder contro le fluttuazioni dell’indice di riferimento dall’altro proprio il premio incide ne- gativamente sul margine di guadagno dovendosi scomputare dal profitto realizzato l’importo paga- to a titolo di premio. Cosi siano Alfa l’holder e Be- ta il writer di una stock index option nella quale:
• Alfa ha pagato a Beta un premio pari a 5;
• le variazioni dell’indice di riferimento hanno fat- to guadagnare ad Alfa un importo pari a 20.
In questo caso il margine netto di profitto di Al- fa sarà pari a: 20 - 5 = 15
Di seguito una tabella riassuntiva di alcuni tra i derivati più utilizzati (o come nel caso delle op- tions più innovativi) con riguardo al tipo, contrat- ti a termine, swap, derivati di credito opzioni, o al- le loro combinazioni.
14 Derivato Interest rate swap
Cross currency swap
Step-up swap
Indexed principal swap (index amortizing swap)
Swap in arrears
Extendable swap Puttable swap Differential swap Interest rate future
Schema
Con l’interest rate swap due parti si impegnano a scambiarsi, a date prestabilite, pagamenti periodici di interessi calcolati su un capitale, nominale di riferimento, per un periodo di tempo predeterminato. Il capitale non viene scambiato tra le par- ti ed è utilizzato solo come parametro di riferimento per il calcolo degli interessi. In particolare, una parte paga un tasso fisso e riceve un tasso variabile (cosiddetto fixed for floating swap) mentre la controparte paga un tasso variabile e riceve un tasso fisso. I pagamenti effettuati dalle parti riguardano solo la liquidazione della differenza che risulta dal saldo tra i due importi
Il cross currency swap è uno swap in cui le parti:
• acquistano a pronti, e
• vendono a termine,
una determinata quantità di valuta a tassi di cambio contrattualmente predefiniti
Contratto di swap in cui il capitale nozionale è inizialmente fissato a un determi- nato importo per poi aumentare gradualmente durante la durata del contratto
Contratto di swap in cui le riduzioni del principal amount sono collegate alle mo- difiche di un tasso di interesse
Nello swap in arrears il tasso nominale dello swap è:
• fissato all’inizio, ma
• pagato alla fine del periodo
Nell’extendable swap a una delle parti è attribuito il diritto di estendere la durata del contratto
Nel puttable swap a una delle parti è attribuito il diritto di anticipare la fine del con- tratto
Con il differential swap vengono scambiati due tassi di interessi variabili in due va- lute diverse applicati allo stesso principal amount denominato in valuta nazionale
Contratto a termine appartenente alla categoria dei financial futures, con il quale viene prevista una compravendita di titoli:
• a tasso fisso (i.e obbligazioni, titoli di stato);
• in una data futura
Stock index financial fu- ture
Break forward contract
Forward rate agreement
Credit default swap
Total rate of return swap
Currency forwards
Depositi forward-forward
• a un prezzo predeterminato.
Alla scadenza il venditore potrà consegnare uno a scelta fra i titoli di un paniere periodicamente aggiornato. La scelta avverrà secondo il principio del cheapest to deliver. Al momento della liquidazione al venditore qualora il titolo consegnato ab- bia un rendimento diverso da quello espresso dal future verrà corrisposto, oltre al rateo di interessi maturati, un importo pari al prezzo dell’ultimo giorno di contrat- tazione del future per un coefficiente di adeguamento
Con il currency future una parte si impegna:
• a cedere, o
• ad acquistare,
una determinata quantità di valuta in una data e a un cambio prestabiliti
Sono contratti futures con cui una parte si impegna a consegnare o a ritirare a una data prestabilita una somma pari al prodotto della differenza tra:
• il valore di un determinato indice borsistico, e
• il prezzo originario alla stipula del contratto, per un coefficiente contrattualmente predefinito
Contratto a termine su:
• tassi di interesse,
• indici,
• valute,
in cui l’acquirente si obbliga ad acquistare alla scadenza al prezzo forward prefis- sato salvo che, anteriormente alla scadenza il tasso a pronti sia inferiore al forward. In tal caso l’acquirente potrà:
(i) recedere dal contratto, o
(ii) acquistare al tasso break obbligando la controparte al contestuale riacquisto al tasso forward
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Contratto con cui due controparti si scambiano flussi di interessi relativi a capitali nominali che non sono oggetto di scambio. Gli interessi vengono calcolati su ba- se differenziale. In particolare il «Fra» obbliga il compratore a pagare a una data predeterminata la differenza tra il tasso, fisso, indicato nel contratto (cosiddetto
«tasso Fra») e il tasso di mercato del momento (cosiddetto «Fixing»), qualora il fixing risulti inferiore al Fra. Nel caso in cui il fixing sia superiore al Fra spetterà al venditore pagare detto differenziale al compratore.
A differenza dell’interest rate swap i pagamenti non avvengono su base periodi- ca ma solo alla scadenza
Con il credit default swap un soggetto (protection seller) si impegna, a pagare al- la controparte (protection buyer) una determinata somma al verificarsi di un even- to futuro e incerto («credit event») riguardante l’inadempimento di un soggetto ter- zo. Il protection seller assume tale obbligazione a fronte del pagamento di un pre- mio da parte del protection buyer
Contratto con il quale il protection buyer (o «total return payer») si impegna a ce- dere tutti i flussi di cassa generati dalla reference obligation al protection seller (o
«total return receiver») a fronte del traferimento da parte del protection seller di flussi di cassa collegati all’andamento del reference rate. Alla data di scadenza del contratto (o a quella stabilita tra le parti) il total return payer pagherà, se posi- tiva, al total return receiver la differenza tra:
• il valore di mercato, e
• il valore iniziale della «reference obligation»,
e viceversa nel caso in cui la refernce obligation abbia subito un deprezzamento
Contratto a termine con cui le parti procedono a una compravendita di due importi espressi in valute differenti con regolamento successivo a una data e a un cam- bio prefissato
Operazione a termine consistente in depositi interbancari in cui la data di regola- mento è successiva alla data spot. Il capitale oggetto del contratto è effettivamente scambiato:
• alla data di regolamento, e
• alla data di scadenza maggiorato degli interessi da calcolarsi al tasso contrat- tualmente previsto e che generalmente coincide con il tasso annuo semplice del mercato dei depositi.
Payout options
Quantity adjusted option Better-off option
Out-performance option Binary option
Barrier options
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Rebate options Cliquet options Delayed strike options
Lookback options Average rate options
Currency option
Future option
Contratto di opzione sui tassi di interesse costituito dalla seguente combinazione:
• acquisto di un cap, e
• vendita di un floor.
Consente di limitare in un corridoio chiuso verso il basso dal floor e verso l’alto dal cap il costo di un finanziamento a tasso variabile
Caratteristica comune alle varie payout options è l’attribuzione all’holder del dirit- to a percepire un importo fisso predefinito al verificarsi di determinati eventi. Tra le più note si segnala la digital option che dà diritto al pagamento solo se, in un determinato arco temporale, il sottostante raggiunge un determinato valore:
• almeno una volta: in questo caso si è in presenza di una one touch digital op- tion, o
• il giorno di scadenza: in questo caso si è in presenza di una all or nothing op- tion
Utilizzate per cogliere gli andamenti positivi di attività sottostanti espresse in va- lute differenti in assenza di rischi di cambio.
Consente al titolare di realizzare un profitto sulla migliore delle performance rea- lizzate da due beni sottostanti quali:
• due indici azionari, o
• due tassi di interesse,
per tutta la durata dell’opzione
Consente al titolare di realizzare un profitto sulla differenza delle performance rea- lizzate da due beni sottostanti
Consente al titolare di realizzare un profitto fisso solo se il prezzo del sottostante è ricompreso in una prefissata banda di oscillazione
Si dividono in:
• barrier knock in options: il diritto di opzione è attribuito all’holder solo se il sot- tostante raggiunge, entro un determinato periodo, un limite (barrier) predefini- to;
• barrier knock out options: il diritto di opzione si estingue se il sottostante rag- giunge, entro un determinato periodo, un limite (barrier) predefinito;
• double-barrier options: è previsto un limite massimo e uno minimo al cui rag- giungimento l’opzione sorge (knock in) o si estingue(knock out)
Consentono al titolare di ricevere un rimborso («rebate») quando, nella put option, il sottostante scende al di sotto di un certo livello prefissato
Sono delle opzioni indicizzate in cui il prezzo d’esercizio è periodicamente ride- terminato con riferimento a valori di mercato
Consentono al titolare dell’opzione di dilazionare la determinazione del prezzo di esercizio in un periodo compreso tra la data di stipula e
quella di scadenza del contratto
Consentono al titolare di beneficiare di un prezzo di riferimento pari al miglior va- lore dell’opzione in un determinato arco temporale
Il prezzo del sottostante è calcolato sulla base della media (average) dei prezzi calcolati in un determinato periodo. Il payoff è pari alla differenza tra:
• il prezzo medio, e
• il prezzo di esercizio dell’opzione
Contratto di opzione il cui oggetto è costituito dalla compravendita di un determi- nato ammontare di valuta. Le currency options si dividono in:
• cash options: che attribuiscono all’holder il diritto a comprare o vendere una de- terminata quantità di valuta contro un’altra a un rapporto di cambio predetermi- nato;
• future option
Rientra nella categoria dei derivati complessi e consiste in un contratto di opzio- ne che attribuisce all’holder la facoltà di stipulare un contratto di currency future a un prezzo predeterminato
1 CONTINUA
La seconda puntata sarà pubblicata su ItaliaOggi di martedì 1 febbraio
I
Una
D O C U M E N T I
derivati
bussola per orientarsi
negli strumenti finanziari
a cura di Xxxxxxxxx Xxx
2 FINE
La prima puntata è in edicola con ItaliaOggi Sette di Lunedì 31 gennaio
INDICE
7. PROFILI FISCALI 18
7.1 Imposte dirette
7.1.1. La determinazione del reddito degli intermediari finanziari
7.1.2 La determinazione del reddito delle persone fisiche
7.2 Imposte indirette
7.2.1 Imposta sul valore aggiunto
7.2.2 Tassa sui contratti di borsa
8. CONTABILIZZAZIONE E DISCLOSURE 19
9 PROFILI REGOLAMENTARI DEGLI INTERMEDIARI QUALIFICATI 21
Riproduzione riservata
1 Febbraio 2005
7. Profili fiscali
7.1 Imposte dirette
Per quanto riguarda il regime fiscale dei contratti derivati si dovrà distinguere, ai fini dell’imposi- zione diretta, tra gli enti creditizi e finanziari che intervengono nella stipulazione di contratti deri- vati e le persone fisiche.
7.1.1. LA DETERMINAZIONE DEL REDDITO DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI
La disciplina riguardante la determinazione del reddito degli intermediari finanziari è contenuta nell’art. 112 del dpr 22 dicembre 1986, n. 917 così
come modificato dal dlgs 12 dicembre 2003, n. 344 (Tuir). Al primo comma l’art. 112 stabilisce che:
«Alla formazione del reddito degli enti creditizi e finanziari (…) concorrono i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle ope- razioni “fuori bilancio”, in corso alla data di chiu- sura dell’esercizio, diverse da:
a) quelle poste in essere esclusivamente con finalità di copertura dei rischi di variazione del valore delle azioni, delle quote e degli strumenti finan- ziari di cui all’art. 85, comma 1, lettere c) e d);
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b) quelle i cui rischi di variazione di valore sono esclusivamente coperti dalle medesime azioni, quote o strumenti finanziari».
Autorevole dottrina estende inoltre l’ambito di applicazione dell’art. 112 Tuir anche agli enti non finanziari. Il comma 4 dell’art. 112 individua le ope- razioni fuori bilancio oltre che nei contratti di com- pravendita non ancora regolati, a pronti o a ter- mine, di titoli e valute, nei contratti derivati
• con titolo sottostante,
• senza titolo sottostante ma collegati a tassi di in- teresse, a indici o ad altre attività,
• su valute.
L art. 112 esclude invece dalla determinazione del reddito quei componenti positivi e negativi, ge- nerati dalla valutazione delle operazioni fuori bi- lancio in corso alla data di chiusura dell’esercizio, che sono poste in essere con finalità di copertura rinviando per la loro valutazione al dlgs n. 87 del 27 gennaio 1992. Lo stesso articolo stabilisce l’in- deducibilità dei componenti negativi derivanti dal- la valutazione superiori alla differenza tra:
• il valore del contratto o della prestazione alla da- ta della stipula o a quella di chiusura dell’eser- cizio precedente, e
• il corrispondente valore alla data di chiusura dell’esercizio.
7.1.2 LA DETERMINAZIONE DEL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE
Il legislatore fiscale ha preferito individuare i de- rivati con riferimento agli effetti prodotti in luogo della loro denominazione elemento questo che, an- che in virtù dell’elevato grado di sofisticazione e al- la continua evoluzione di alcuni prodotti, rischia- va di essere insufficiente e fuorviante ai fini di una
corretta identificazione. Stabilisce al riguardo l’art. 67, primo comma lettere c-quater e c-quinquies) Tuir che costituiscono redditi diversi quelli:
• «realizzati mediante rapporti da cui deriva il di- ritto o l’obbligo di cedere o acquistare a termine strumenti finanziari, valute, metalli preziosi o merci ovvero di ricevere o effettuare a termine uno o più pagamenti collegati a tassi di interes- se, a quotazioni o valori di strumenti finanziari, di valute estere, di metalli preziosi o di merci e a ogni altro parametro di natura finanziaria. Agli effetti dell’applicazione della presente lettera so- no considerati strumenti finanziari anche i pre- detti rapporti;
• le plusvalenze e altri proventi, diversi da quelli precedentemente indicati, realizzati mediante cessione a titolo oneroso ovvero chiusura di rap- porti produttivi di redditi di capitale e median- te cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di crediti pecuniari o di strumenti finanziari, non- ché quelli realizzati mediante rapporti attraver- so cui possono essere conseguiti differenziali po- sitivi e negativi in dipendenza di un evento in- certo.
La base imponibile dei contratti derivati e degli altri contratti a termine di cui alla lettera c-qua- ter), comma 1 dell’art. 67 Tuir è calcolata secondo l’art. 68 comma 8 Tuir come somma algebrica:
• dei differenziali positivi e negativi, e
• degli altri proventi od oneri, percepiti o sostenu- ti, in relazione a ciascuno dei rapporti ivi indi- cati.
Si considerano realizzati i proventi riscossi o gli oneri pagati a titolo definitivo non rilevando per esempio, i margini giornalieri di variazione accre- ditati dalla clearing house nella gestione dei fi- nancial futures. Lo stesso art. 68 precisa inoltre co- me: «Qualora a seguito dell’esercizio dell’opzione siano cedute le attività di cui alle lettere c), c-bis) o c-ter), dell’art. 67, i premi pagati o riscossi con- corrono alla determinazione delle plusvalenze o mi- nusvalenze, ai sensi della lettera e) del comma 7». Quindi se i contratti di cui alla lettera c-quater) del comma 1 dell’art. 67 Tuir si chiudono con la ces- sione del sottostante, i premi pagati (o riscossi) sa- ranno computati nel calcolo delle plusvalenze (o minusvalenze) realizzate a seguito della cessione. Un’imposta sostituiva del 12,5% (da riscuotersi tra- mite il regime della dichiarazione ovvero del ri- sparmio gestito o amministrato) si applica sui pro- venti dei contratti di cui alla lettera c-quater) dell’art. 67 Tuir
7.2 Imposte indirette
I contratti derivati sono in genere esentati sia dall’imposta sul valore aggiunto che da quella sui contratti di borsa. Vediamo perché.
7.2.1 IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
L’esenzione dall’Iva dei contratti derivati è sta- bilita nell’art. 10 comma nn. 3) e 4), del dpr 26 ot-
7.2.2 TASSA SUI CONTRATTI DI BORSA
Il presupposto impositivo della tassa sui contratti di borsa si rinviene nell’art. 1 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3278 secondo cui ai fini dell’ap- plicazione della tassa tra i contratti di borsa si in- tendono compresi:
a) i contratti, siano fatti in borsa o anche fuori bor- sa, tanto a contanti, quanto a termine, fermi, a premio o di riporto, e ogni altro contratto confor- me agli usi commerciali, di cui formino oggetto i titoli di debito dello stato, delle province, dei comuni e di enti morali; le azioni e obbligazioni di società, comprese le cartelle degli istituti di credito fondiario, e in generale qualunque tito-
lo di analoga natura, sia nazionale, sia estero, siano o no quotati in borsa;
b) le compra-vendite a termine di valori in mone- ta o verghe, siano fatte in borsa o anche fuori borsa».
La tassa trova inoltre applicazione, precisa l’art. 1 anche con riguardo «ai contratti a titolo oneroso aventi per oggetto i titoli e i valori di cui alle let- tere a) e b) del secondo comma, nonché le quote di partecipazione in società di ogni tipo, conclusi per atto pubblico o scrittura privata o comunque in al- tro modo non conforme agli usi di borsa». Analo- gamente a quanto previsto in materia di Iva, i de- rivati non scontano in genere alcuna tassazione per mancanza del presupposto impositivo. Non può tut- tavia escludersi a priori dall’ambito applicativo del- la tassa sui contratti di borsa il trasferimento di ti- toli che si verifica in seguito all’esercizio di un di- ritto di opzione, essendo detto trasferimento, po- tenzialmente, idoneo a integrare il presupposto im- positivo di cui al sopracitato art. 1 del rd 3278/23.
8. Contabilizzazione
e disclosure
19
Le nuove regole per la valutazione e la rappre- sentazione contabile dei derivati sono contenute nello Ias 39 «Strumenti finanziari: rilevazione e va- lutazione» diventato norma comunitaria in seguito all’approvazione con regolamento (Ce) n. 2086/2004 del 19 novembre 2004 pubblicato sulla Gazzetta Uf- ficiale delle Comunità Europee del 9 dicembre 2004. Seppure incompleta a causa di disaccordi in merito ad alcune questioni (quali l’opzione di utilizzare il fair value per tutte le attività e le passività finan- ziarie o la facoltatività nell’applicare le disposizioni relative alle operazioni di copertura del portafoglio), la nuova disciplina è destinata a incidere profonda- mente nella rappresentazione contabile dei deriva- ti. L’introduzione degli Ias anche in materia di stru- menti finanziari iscritti nei bilanci delle imprese serve a far fronte a una sofisticazione nella gestio- ne finanziaria delle imprese cui, come si legge nell’Indagine conoscitiva, «si contrappone però un sistema di contabilizzazione e di disclosure dell’ope- ratività in derivati che risulta per molti versi lacu- noso e insoddisfacente». L’attuale registrazione del- le operazioni relative a strumenti finanziari basan- dosi sulla natura giuridica delle operazioni stesse fi- nisce per confinarli nei conti d’ordine senza che ven- gano fornite specifiche informazioni in merito a ta- li operazioni. Al riguardo nell’Indagine conoscitiva si ricorda come «da una breve indagine condotta sui bilanci d’esercizio e consolidati al 31/12/2003 delle maggiori imprese non finanziare quotate in borsa». risulta che al momento della stipula gli strumenti finanziari derivati con funzione di copertura sono:
• iscritti nei conti d’ordine,
• alla voce impegni,
• per l’importo nominale del contratto,
mentre i relativi proventi e oneri sono imputati:
• al conto economico,
• per competenza lungo la durata del contratto. Gli strumenti finanziari derivati acquistati per
• il costo, e
• il valore di mercato,
iscrivendo le variazioni di valore tra gli oneri fi- nanziari.
Per quanto riguarda l’informativa riportata in nota integrativa l’Indagine conoscitiva rileva come
«solo alcune delle società esaminate indicano (…) oltre agli importi nominali dei contratti derivati, il confronto tra il valore degli strumenti finanziari iscritto in bilancio e la valutazione al mercato (mark-to-market), evidenziando nella maggioran- za dei casi delle differenze molto rilevanti». La di- rettiva Ce 65/2001 (recepita in Italia con il dlgs 394 del 30 dicembre 2003) nel moficare la quarta e la settima direttiva sulla redazione del bilancio d’esercizio e consolidato, ha stabilito che gli stati membri possono autorizzare o imporre la valuta- zione al «fair value» (o valore equo) degli strumenti finanziari ivi compresi gli strumenti finanziari de- rivati. Per fair value si intende il corrispettivo al quale
• un’attività può essere scambiata, o
• una passività può essere estinta,
in una normale transazione a condizioni di mer- cato.
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In particolare lo Ias 39 classifica gli strumenti finanziari in quattro categorie a seconda del tipo di investimento e precisamente:
• attività finanziaria da detenersi fino alla sca- denza («held to maturity»);
• attività finanziarie possedute per essere nego- ziate («held for trading»);
• attività finanziarie disponibili per la vendita;
• finanziamenti e crediti rappresentati da attività finanziarie.
La valutazione deve essere al fair value, per le attività finanziarie detenute per la negoziazione essere negoziate e quelle disponibili per la vendi- ta imputate rispettivamente a conto economico e patrimonio netto. Saranno valutati al costo gli in- vestimenti da detenersi fino alla scadenza nonché i finanziamenti e i crediti.
Come ricordato nell’indagine conoscitiva «l’uti- lizzo del fair value presuppone che la società sia pienamente operativa e non esistano né l’inten- zione né la necessità di liquidare o ridurre sensi- bilmente l’attività». Il fair value di uno strumento finanziario si determina:
• al momento della prima iscrizione in bilancio avu- to riguardo al corrispettivo versato in denaro, e
• successivamente con riguardo al prezzo al qua- le lo strumento derivato sarebbe scambiato alla data di redazione del bilancio.
Gli strumenti derivati, si sottolinea nell’Indagi- ne conoscitiva, saranno sempre rilevati al fair va- lue e le loro variazioni imputate a conto economi- co, a eccezione di alcune operazioni di copertura, dei flussi di cassa, che richiedono l’imputazione a patrimonio netto.
Gli Ias dividono le operazioni di copertura con
strumenti finanziari derivati in due categorie e pre- cisamente:
(i) nelle coperture destinate a bilanciare le va- riazioni di valore di un’attività o di una passi- vità di un determinato asset o di una determi- nata passività (cosiddette coperture di fair va- lue) tali variazioni devono iscriversi a conto eco- nomico. Si tratta di un meccanismo applicabi- le anche quando l’attività o la passività «co- perta» sono valutate al costo. In questo caso si legge nell’Indagine conoscitiva «l’elemento co- perto registrerà delle variazioni che saranno imputate a conto economico in contropartita alle variazioni di valore dello strumento di co- pertura». L’introduzione di questa metodolo- gia è destinata secondo la Consob a modifica- re «profondamente l’impostazione attualmen- te seguita, capovolgendo la relazione esisten- te tra elemento coperto e strumento di coper- tura (sarà lo strumento di copertura che de- terminerà la valutazione della posta coperta, e non viceversa come accade oggi)»;
(ii) nelle coperture di flussi di cassa le variazioni
di fair value del derivato di copertura (i.e. un interest rate swap stipulato per tutelarsi da un rialzo dei tassi in un finanziamento a tas- so variabile) sono iscritte inizialmente a pa- trimonio netto, e, precisa la Consob, solo quan- do si manifesta la variazione dei flussi di cas- sa da compensare sono rilevate anche a conto economico.
All’impossibilità di rispettare le condizioni pre- viste dallo Ias 39 per essere classificate come ope- razioni di copertura (tali operazioni devono ri- spettare condizioni molto stringenti) consegue la classificazione del relativo derivato tra quelli spe- culativi e l’imputazione a conto economico delle va- riazioni del suo fair value.
Lo Ias 39 si occupa inoltre del cosiddetto deriva- to incorporato. Un derivato incorporato è una com- ponente di uno strumento «combinato», formato dall’unione di:
• un contratto non derivato (cosiddetto contratto primario), e di
• un contratto derivato.
Un derivato incorporato deve essere valutato se- paratamente dallo strumento cui inerisce se:
• le caratteristiche (economiche e di rischio) dell’in- corporato non sono connesse a quelle del prima- rio;
• uno strumento autonomo con le stesse condizio- ni contrattuali risponderebbe alla definizione di derivato;
• lo strumento combinato non è posseduto per es- sere negoziato.
Qualora in base ai criteri sopracitati non si ren- da possibile valutare in maniera separata l’incor- porato dal primario, l’intero strumento combinato sarà classificato come held for trading
L’impossibilità di fornire una valutazione auto- noma per il derivato incorporato fa sì che il con-
L’applicazione degli Ias andrà a incidere oltre che sulla contabilizzazione anche sulla disclosure che le società saranno tenute a fornire in merito alla operazioni su derivati. Gli Ias richiedono in- fatti che dalla lettura integrativa si possano rica- vare informazioni utili per comprendere l’impatto degli strumenti finanziari:
• sulla posizione finanziaria,
• sulla performance, e
• sui flussi di cassa della società, e
• sui rischi relativi a tali strumenti.
Tra le informazioni richieste al fine di fornire un’informazione più completa ai lettori del bilan- cio, la Consob nell’Indagine conoscitiva indica quel- le relative:
• alla determinazione del fair value;
• agli obiettivi e alle procedure di gestione dei ri- schi finanziari incluse le procedure di copertura di ciascuna principale tipologia di operazione pre- vista;
• ai termini e alle condizioni che, per ciascuna clas- se di strumenti finanziari, possono avere un im- patto sui futuri esborsi di cassa;
• alle modalità di contabilizzazione adottate con particolare riferimento alle operazioni di coper- tura indicando la natura dei rischi coperti, la de- scrizione degli strumenti finanziari designati co- me strumenti di copertura e il loro fair value non- ché l’ammontare imputato a conto economico e a patrimonio netto).
L’adozione dei principi contabili internazionali è destinata secondo la Consob a far compiere «un ve- ro e proprio salto di qualità nella trasparenza dei bilanci delle società quotate e di tutte le altre im- prese che saranno obbligate o sceglieranno di uti- lizzare tali principi» sia perché la valutazione al fair value comporta che «l’operatività in strumen- ti finanziari, e in particolare in derivati, indipen- dentemente dal settore di appartenenza dell’im- presa, avrà un impatto assai maggiore nella de- terminazione del risultato d’esercizio e/o del patri- monio netto» sia per la più ampia informativa ri- chiesta che servirà a evidenziare «la modalità di gestione del rischio posta in essere dal manage- ment e gli effetti della stessa sulla posizione eco- nomica e finanziaria attuale e futura della società».
9 Profili regolamentari degli
intermediari qualificati
Lo scambio dei derivati nei mercati regolamen- tati avviene per il tramite di intermediari qualifi- cati. Similmente, anche in molti contratti over the counter ferma restando la prevalenza dell’autono- mia privata rispetto alla standardizzazione, inter- vengono spesso operatori professionali che talvol- ta conducono operazioni di segno opposto in borsa e fuori. Inoltre come specificato nell’Indagine co-
noscitiva «L’operatività in derivati assume conno- tati differenti a seconda della qualificazione della controparte dell’intermediario; a ciò concorre sia il dettato normativo (che richiede un diverso grado di tutela a seconda che la controparte sia un inve- stitore qualificato o meno) sia le policy interne adot- tate dalle banche (utilizzo anche di limiti quanti- tativi). Ne deriva che gli operatori qualificati pre- sentano un numero più elevato di posizioni aperte con un controvalore nozionale medio nettamente superiore rispetto agli operatori non qualificati». Può quindi risultare utile al termine della tratta- zione fornire dei cenni in merito alle regole di con- dotta alle quali devono attenersi gli intermediari nel prestare dei servizi di investimento.
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Per operatore qualificato si intendono, ai sensi dell’’art. 31 secondo comma del regolamento Con- sob n. 11522/98, «… gli intermediari autorizzati, le società di gestione del risparmio, le sicav, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, i sogget- ti esteri che svolgono in forza della normativa in vigore nel proprio stato d’origine le attività svolte dai soggetti di cui sopra, le società e gli enti emit- tenti strumenti finanziari negoziati in mercati re- golamentati, le società iscritte negli elenchi di cui agli artt. 106, 107 e 113 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso dei re- quisiti di professionalità stabiliti dal Testo unico per i soggetti che svolgono funzioni di ammini- strazione, direzione e controllo presso società di in- termediazione mobiliare, le fondazioni bancarie, nonché ogni società o persona giuridica in posses- so di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante».
La vendita alla clientela degli strumenti finan-
ziari derivati da parte degli intermediari si inseri- sce, ricorda la Consob nell’Indagine conoscitiva nel più ampio contesto della prestazione dei servizi di investimento nei confronti del pubblico. Il Testo unico della finanza (Tuf) prevede al riguardo un generale obbligo degli intermediari autorizzati a comportarsi con diligenza, correttezza e traspa- renza nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati. Nell’esercizio dei suoi poteri di vigilanza la Consob deve tenere conto delle differenti esi- genze di tutela degli investitori, esigenze che va- xxxxx a seconda della loro qualità ed esperienza professionale. Nella definizione di operatore qua- lificato (o investitore professionale) contenuta nei regolamenti di attuazione del Tuf emanati dalla Consob è dato rinvenire due diverse categorie e pre- cisamente:
• le imprese operanti nel settore finanziario qua-
li le banche, le sim, le società di gestione del ri- sparmio, fondi pensione, compagnie di assicura- zione, società ed enti emittenti strumenti finan- ziari negoziati in mercati regolamentati che, sot- tolinea la Consob «si presume abbiano una ele- vata esperienza e professionalità nel settore», e
• le persone fisiche e giuridiche che siano in gra-
do di documentare il possesso di determinati re- quisiti di professionalità ed esperienza.
Nei confronti di clienti che non rivestono la qua- lifica di investitore professionale, il regolamento Consob disciplina prevede una disciplina detta- gliata in relazione:
• all’operatività in situazioni di conflitto di inte- resse;
• agli gli obblighi informativi;
• ai contratti e la valutazione di adeguatezza del- le operazioni poste in essere.
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A norma dell’art. 28 del regolamento gli inter- mediari devono assumere dagli investitori le infor- mazioni concernenti la loro esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la loro si- tuazione finanziaria, i loro obiettivi di investi- mento, la loro propensione al rischio e consegnare loro il «documento sui rischi generali degli inve- stimenti in strumenti finanziari» presupposto que- st’ultimo indispensabile per poter effettuare o con- sigliare operazioni o prestare il servizio di gestio- ne. Importante in questo senso risulta essere l’ob- bligo dell’intermediario di astenersi dall’effettua- re con o per conto degli investitori operazioni che, sulla base delle informazioni comunque disponibi- li, appaiono non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione. Informato l’investitore del rischio, qualora quest’ultimo intendesse ancora procedere all’operazione, gli intermediari possono eseguire l’operazione stessa solo se autorizzati per iscritto ovvero qualora l’ordine sia stato ricevuto telefonicamente deve essere stato registrato su na- stro e solo qualora nell’ordine sia stato fatto espli- cito riferimento alle avvertenze ricevute. Pur non essendo obbligato al rispetto delle sopracitate re- gole qualora il cliente sia un investitore qualifica- to, l’intermediario non può ritenersi esonerato, ri- corda la Consob «dal rispetto dei “criteri generali” stabiliti nell’art. 21 del Tuf, tra cui l’obbligo di adot- tare comunque comportamenti ispirati a diligen- za, correttezza e trasparenza, e di alcune “regole generali di comportamento” fissate nel regola- mento Consob (tra cui l’obbligo di acquisire una co- noscenza degli strumenti e dei prodotti offerti, ade- guata al tipo di prestazione da fornire)».
La gradualità degli obblighi di informativa pa-
rametrati alla categoria dell’investitore risulta del resto coerente con la direttiva 93/22/Cee con la qua- le si forniscono linee guida sui servizi di investi- mento e che al riguardo precisa che «è opportuno tener conto delle varie esigenze di tutela delle di- verse categorie di investitori e del loro livello di esperienza professionale».
La sopracitata direttiva è tuttavia destinata a essere abrogata dalla cosiddetta direttiva Mifid (Market in financial instruments directive) appro- vata nell’aprile 2004 con la quale vengono riscrit- te le regole riguardanti la disciplina degli inter- mediari e della prestazione dei servizi di investi- mento.
La direttiva Mifid distingue tra:
• clienti al dettaglio,
• clienti professionali, e
• «controparti».
Il grado di tutela previsto nella prestazione di tutti o alcuni servizi di investimento varierà pro- prio in relazione all’appartenenza all’una o all’al- tra categoria ferma restando la facoltà per il clien- te di richiedere un trattamento di maggiore tute- la rispetto a quello della categoria di appartenen- za.
Tra i clienti professionali (vale a dire con espe- rienza, conoscenze e competenza tali da valutare correttamente i rischi che assumono) la direttiva distingue poi tra:
(i) i soggetti che, per loro natura, si ritengono pro- fessionali: gli enti creditizi, le imprese di in- vestimento, le imprese di assicurazione, i fon- di pensione, alcuni soggetti pubblici, altri in- vestitori istituzionali e le imprese che supera- no determinate soglie dimensionali (totale di bilancio: 20 milioni di euro; fatturato netto: 40 milioni di euro; fondi propri: 2 milioni di euro;
(ii) i clienti che possono richiedere tale tratta- mento: tutti i soggetti diversi da quelli sopra citati che richiedano specificamente di essere trattati come professionali.
La classificazione nell’una o nell’altra categoria è subordinata a una effettiva valutazione, da par- te dell’intermediario sulla base di uno specifico te- st di competenza basato sul possesso di almeno due dei seguenti criteri:
• significativa operatività, per frequenza e di- mensione, del cliente (almeno 10 operazioni al trimestre nell’ultimo anno);
• valore degli strumenti finanziari e della liquidità detenuti non inferiore a 500 mila euro;
• qualificata esperienza nel settore, per almeno un anno.
In pratica secondo quanto previsto nella diretti- va al di sotto di determinate soglie le imprese so- no considerate investitori non professionali, e che, anche qualora richiedano di essere trattate come tali la decisione finale è rimessa agli intermediari previo accertamento della loro competenza ed espe- rienza in materia di investimenti finanziari.
Tavola di sintesi
Derivati
Strumenti finanziari il cui valore dipende (deriva da) un’attività sotto- stante rappresentata da un bene o da una grandezza finanziaria
Finalità
Possono avere finalità:
(i) di copertura (o «hedging»): sono utilizzati per tutelarsi contro le oscillazioni dei prezzi del sottostante (i.e. un brusco rialzo dei tas- si di interesse può essere attenuato dalla sottoscrizione di un inte-
segue Tavola di sintesi
rest rate swap) o per garantire il rendimento atteso di un investi- mento;
(iv) le combinazioni di contratti o di titoli sopra indicati
Exchange traded e Otc derivatives
• in mercati regolamentati (exchange traded), o
• al di fuori di mercati regolamentati (over the counter)
Il contratto di opzione attribuisce all’holder il diritto:
• di comprare (opzione call), o
Derivati simmetrici e asimmetrici
I contratti derivati si definiscono:
• simmetrici se vincolanti entrambi le parti, come accade, per esem- pio nello swap o nel future;
Un derivato incorporato è una componente di uno strumento «combi- nato», formato dall’unione di
• un contratto non derivato (cosiddetto contratto primario), e di:
Un derivato incorporato deve essere valutato separatamente dallo stru- mento cui inerisce se:
• alla determinazione del fair value;
(i) investimenti da detenersi fino alla scadenza;
(ii) finanziamenti e crediti dell’impresa rappresentati da attività finan- ziarie;
(iii) attività finanziarie possedute per essere negoziate;
(iv) attività finanziarie disponibili per la vendita
Per fair value si intende il corrispettivo al quale:
• un’attività può essere scambiata, o
• una passività estinta, in una libera transazione. Gli Ias prevedono che:
• le attività finanziarie detenute per essere negoziate con imputazio- ne a conto economico, e
• quelle disponibili per la vendita con imputazione al patrimonio netto;
nonché di eventuali svalutazioni per perdite durevoli di valore
La prima puntata è in edicola con ItaliaOggi Sette di Lunedì 31 gennaio