COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MARINARI Presidente
(NA) XXXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) BLANDINI Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) XXXXXXX FARINA Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) XXXXXXXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXXX XXXXXX XXXXXXXX
Nella seduta del 13/10/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Il cliente ha proposto contestazioni relativamente a n. 5 contratti di prestito personale,di cui
n. 3 estinti anticipatamente utilizzando il ricavo delle restanti due operazioni tuttora in essere.
In particolare, il ricorso ha ad oggetto i seguenti 5 finanziamenti:
I) finanziamento n. 1 stipulato il 19.9.2008; n. 2 risalente al 9.4.2009 con consolidamento del debito riveniente dalla precedente operazione; n. 3 acceso il 7.12.2010 con estinzione anticipata del secondo e tuttora in corso;
II) contratto n.4 del 16.4.2010, estinto anticipatamente con rinnovo dell’operazione tramite stipula del finanziamento n.5 il 21.6.2011, ancora in corso.
I motivi di ricorso hanno ad oggetto la pretesa nullità dei contratti per mancanza della forma scritta, ciò in quanto per i contratti 1, 2 e quelli nn. 4 e 5 difetterebbe l’elemento perfezionativo rappresentato dalla lettera di accettazione, da parte della banca, della proposta di finanziamento del cliente. Il contratto n. 3, invece, risulterebbe privo della
sottoscrizione della resistente. L’altro profilo delle censure del ricorrente riguarda la pretesa usurari età dei tassi.
La consulenza tecnica di parte – a cui in ricorso si rinvia – si concentra prevalentemente sulla valutazione della usurarietà dei rapporti, sia oggettiva che soggettiva; rispetto a tale ultima forma di illecito viene ritenuto un utile elemento indiziario l’interposizione fittizia, per i finanziamenti 2 e 3, di un soggetto erogante (società finanziaria controllata) diverso dalla convenuta (che ha poi curato la gestione sostanziale del rapporto, con invio di comunicazioni periodiche e conteggio estintivo). La descritta simulazione sarebbe stata posta in essere con l’intento di eludere la normativa antiusura beneficiando del raffronto con TEGM più elevati per le società finanziarie.
Nelle deduzioni di parte si sostiene l’usurarietà de:
- i prestiti 1 e 2, in quanto ricomprendendo nel calcolo del TEG l’ammontare delle rispettive polizze assicurative si riscontra il superamento del limite di legge;
- i restanti tre (3, 4 e 5), i cui TAEG ricalcolati risulterebbero contenuti nei limiti di legge ma “sproporzionati rispetto alle medie di mercato” (TEGM).
In relazione a questi ultimi si configurerebbe l’ipotesi di “usura soggettiva” laddove la resistente ha continuato a rinnovare i finanziamenti, in parte destinati al consolidamento del debito relativo ai precedenti prestiti, pur consapevole dello stato di bisogno del cliente
– disoccupato convivente con mamma percettrice di pensione di soli € 800,00;
- i tre finanziamenti anticipatamente estinti – ovverosia 1, 2 e 4 – sono oggetto di censura per effetto della “duplicazione dei costi” rappresentati dagli oneri contrattuali che, non rimborsati per la quota non maturata in sede di risoluzione del contratto, sono stati nuovamente imposti in sede di rinnovo delle operazioni;
- i contratti 3, 4 e 5 perché i tassi di mora dei singoli finanziamenti – sebbene contenuti nei “tassi soglia di periodo per la specifica operazione posta in essere” -“integrando” quelli corrispettivi, determinerebbero il superamento. A tal fine dovrebbe essere valutata l’incidenza effettiva degli interessi di mora sul costo complessivo dell’operazione operando concrete simulazioni di inadempimento al pagamento di singole rate. Per i finanziamenti ancora in vigore (3 e 5) si sostiene l’eccessiva onerosità degli oneri in discorso sulla base di quanto indicato nelle lettere di sollecito di pagamento allegate;
- i finanziamenti 1, 2 e 3 sono oggetto di censura per effetto delle previsioni contrattuali in materia di “estinzione anticipata” che, incidendo sulla durata effettiva del finanziamento, determinano un incremento del TAEG. In relazione ai medesimi contratti viene poi formulata un’”ipotesi di calcolo” per dimostrarne l’usurarietà oggettiva nei casi di applicazione delle disposizioni contrattuali in materia di “decadenza del beneficio del termine” e “risoluzione del contratto”.
La resistente da parte sua ha preliminarmente eccepito l’irricevibilità del ricorso ratione temporis relativamente al contratto di finanziamento stipulato il 19.9.2008 (contraddistinto, secondo quanto sopra descritto, come n. 1), in quanto le contestazioni formulate attengono a vizi genetici del prestito).
Spiegata tale eccezione di rito, la resistente sottolinea di aver agito nel pieno rispetto della normativa vigente in materia di usura e di trasparenza bancaria.
Nel sostenere che tutti i contratti sono stati conclusi per iscritto, precisa che, a seconda delle modalità previste, essi si sono perfezionati con l’invio della lettera di accettazione della proposta del cliente e/o con la sottoscrizione del contratto da parte di un “soggetto incaricato munito dei necessari poteri rappresentativi”. La banca ha comunque sottolineato che il contratto di mutuo, in quanto “reale”, si perfeziona con la consegna della somma, ovverosia la sua concreta erogazione.
Con specifico riferimento all’erogazione dei finanziamenti da parte di una società finanziaria del gruppo, ha chiarito di aver curato, su procura della prima società, le attività di incasso e gestione del rapporto.
Per ciò che attiene alla usurarietà dei rapporti, la banca ha più in generale osservato che il TAEG dei contratti, determinato secondo le Istruzioni BI temporalmente vigenti, è contenuto nei limiti di legge. Ha più in dettaglio contestato la perizia di controparte in quanto:
- “pretende di poter valutare l’usurarietà dei costi applicati ai finanziamenti accorpando sia il capitale erogato, che i tassi, le spese e gli altri costi, relativi ai due gruppi di finanziamenti”;
- prende in considerazione “ipotetici periodi di riferimento assunti arbitrariamente per la verifica”;
- con riferimento all’ipotesi di inadempimento:procede alla sommatoria degli interessi di mora con quelli corrispettivi; inoltre “i calcoli effettuati prendono a riferimento interessi di mora mai addebitati nella misura indicata dal ricorrente”; i contratti ancora in essere (3 e 5) contemplano al riguardo la cd. clausola di salvaguardia; i tassi di mora indicati nei solleciti di pagamento richiamati non corrispondono a quelli in concreto addebitati nell’estratto conto pari ad € 3,81 (anziché 104,98) e di € 0,31 (anziché 75,62);
- per i contratti 1, 2 e 3: non sono stati inclusi nel TEG i costi della polizza assicurativa in quanto facoltativa, in conformità alle Istruzioni per la rilevazione del TEGM del 2006 – all’epoca vigente.
La resistente ritiene non configurabile un’ipotesi di usura soggettiva ed eccepisce la mancanza di prova circa gli elementi oggettivi e soggettivi del reato osservando che l’assenza di impiego stabile non è da sola sintomatica di una situazione di difficoltà economica o finanziaria del cliente.
In conclusione, la parte ricorrente, sulla base delle motivazioni esposte, ha chiesto al Collegio di dichiarare:
“- in via principale l’usurarietà dei cinque contratti, due dei quali ancora in essere, di cui il ricorrente restituirà solo il capitale come previsto dall'art 1815 comma II cc, mantenendo il beneficio del termine;
- in via subordinata la nullità dei contratti nn 1 e 2, 4 e 5;
e per l'effetto condannare la resistente al rimborso degli interessi, delle commissioni, degli oneri e dei premi assicurativi afferenti tutti i contratti, oltre interessi e rivalutazione dal dì del versamento di ogni singola rata ex art. 2033 cc, nonché il risarcimento danni nella misura che l’ABF riterrà di giustizia, trattandosi di reato e avendo la banca violato più volte le disposizione delTUB e della correttezza contrattuale verso il cliente”.
Nella relazione tecnica allegata l’importo chiesto in restituzione viene quantificato in € 13.784,16 quali interessi già versati, commissioni oneri e premi assicurativi, e interessi legali per euro 802.92, per unTOTALE DI EURO 14.587,09 oltre alla rivalutazione per euro 497,96 ove non venga dimostrato unmaggior danno, circoscritto alla perdita di valore delle somme indebitamente corrisposte.
In caso di accertamento del reato di usura viene altresì richiesto il risarcimento del danno morale ed esistenziale quantificato in € 5.000,00 a contratto.
La banca resistente ha chiesto di rigettare il ricorso in quanto infondato.
DIRITTO
Il ricorrente contesta la nullità di cinque contratti di prestito personale per mancanza della forma scritta oltre che l’usurarietà degli stessi.
1) In primo luogo il Collegio rileva che l’eccezione di incompetenza ratione temporis sollevata dalla resistente appare fondata e pertanto determina l’irricevibilità del petitum per la parte relativa ai vizi genetici del primo finanziamento (n.1). (nullità per mancanza di forma scritta e usura per calcolo del TEG al momento della stipula).
2) Circa le modalità di conclusione del contratto, parte resistente ha prodotto le condizioni generali allegate ai contratti nn 2 e 4, n.3 e n.5 , da cui si evince che i finanziamenti sono stati validamente conclusi.
La resistente ha inoltre prodotto le lettere di accettazione per tutti i finanziamenti in contestazione, inviate all’indirizzo del cliente. Al riguardo la parte attrice non ha replicato alcunché.
Ad ogni buon conto il Collegio ricorda la decisione del Collegio di Napoli n. 2768/11 per la quale “…non può condividersi l’eccezione della ricorrente secondo cui il contratto non potrebbe dirsi neppure davvero perfezionato in assenza di una formale accettazione dell’intermediario – ad avviso del Collegio non può essere, infatti, condiviso quel noto indirizzo giurisprudenziale secondo cui, atteso il rigore di forma che caratterizza i contratti tra banca e cliente, sarebbe impossibile considerare concluso il contratto anche nei casi in cui l’intermediario produca in giudizio il documento contrattuale regolarmente sottoscritto dal cliente ma mancante di formale accettazione, trattandosi di un’interpretazione che non considera che in casi del genere sembra comunque rispettata la ratio a cui obbedisce la previsione di una forma scritta ad substantiam per tali contratti, ossia che il cliente, parte debole del rapporto, sia consapevole del particolare significato dell’atto che compie e dei particolari impegni che assume”.
Il Collegio ricorda anche la recente sentenza del Tribunale Reggio Xxxxxx 28 aprile 2015 per la quale “Pur in assenza di apposizione della firma sul contratto da parte della banca, l’intento di questa di avvalersi del contratto tramite manifestazioni di volontà esternate nel corso del rapporto di conto corrente quali le comunicazioni degli estratti conto, integrano modalità di perfezionamento del contratto stesso con rispetto della forma scritta ad substantiam”.
Pertanto la domanda del ricorrente relativa alla nullità dei contratti non può essere accolta.
3) Per quanto concerne la pretesa usuriarietà , il Collegio rileva che la perizia allegata dal ricorrente conclude per l’usurarietà dei rapporti proponendo alternative ipotesi ricostruttive del TEG.
Il perito ha infatti operato innanzi tutto a) al ricalcolo del TEG includendovi le polizze assicurative, considerate obbligatorie( v.tabella allegata in Atti).
Il Collegio rileva che la ricostruzione proposta appare fondata, alla luce della verifica operata dalla segreteria tecnica; in particolare, relativamente al contratto n. 2, includendo i costi assicurativi, si addiviene ad un TEG del 19,12% a fronte di una soglia per il credito al consumo del 14,55%.
La resistente dovrà pertanto procedere alla restituzione al ricorrente della quota di interessi non dovuta, facendo applicazione del tasso soglia vigente.
L’incaricata di parte assume a riferimento, invece, il tasso soglia, peraltro più elevato, relativo ai prestiti personali erogati da società finanziarie (perché parte del ricavato è destinata al consolidamento del debito ed altra parte all’acquisto di mobili, non dimostrato) che si attesta al 15,87%. La conclusione, pertanto, non cambia.
Come noto, sulla base delle Istruzioni BI per la rilevazione del TEGM all’epoca vigenti, rileva, ai fini dell’inclusione, l’obbligatorietà o meno della polizza per l’ottenimento del credito. Dal contratto in esame nulla si desume circa il carattere facoltativo della copertura assicurativa, destinata a copertura del rischio di
credito; l’intermediario nulla ha dedotto in merito.
Nei riguardi della stessa resistente va rilevato che Collegio di Napoli, con decisione n. 2750/14:ha stabilito che “Ora, sulla scorta della disciplina vigente all’epoca dei fatti (Istruzioni di vigilanza del febbraio 2006), le spese di assicurazione “imposte” dal creditore dovevano essere incluse nel calcolo se “intese ad assicurare al medesimo il rimborso totale o parziale del credito”. Parte resistente eccepisce la natura facoltativa della polizza stipulata sul rischio vita del contraente, avvenuta tramite “apposita e separata sottoscrizione nel box dedicato”. Di ciò tuttavia non fornisce alcuna evidenza, non avendo prodotto né la polizza assicurativa né altri riscontri documentali. A prescindere anche da recenti arresti giurisprudenziali (peraltro di merito) che – agli indicati fini – giudicano non significativa la natura obbligatoria o facoltativa della polizza assicurativa (v. App. Milano, 14 marzo 2014), risulta dirimente il rilievo che, in assenza di riscontri documentali (della cui prova è onerata parte resistente), il Collegio non può che considerare verosimile, sia in ragione delle caratteristiche della polizza in parola (stipulata “a garanzia del credito” secondo quanto affermato dallo stesso intermediario), sia del criterio ermeneutico del “più probabile che non”, sia del mancato riscontro alla richiesta di documentazione del cliente, che la polizza in parola possa rientrare tra quelle da includere nei costi del credito. Ne discende che, includendo tali oneri tra i costi dell’operazione, il Teg contrattuale risulta pari al 15,57 per cento e perciò superiore alla soglia anti usura (pari al 15,19 per cento) vigente al tempo della conclusione del contratto (1° trimestre 2009). Tale circostanza conduce all’accertamento della nullità della relativa clausola, con i conseguenti effetti restitutori degli interessi indebitamente percepiti.”.
b) parte ricorrente, considerando ogni prestito rinnovo dell’operazione precedente, procede ad una valutazione unitaria dei complessivi contratti:
- il legale, censurando la “duplicazione dei costi”, rispetto ai quali la banca si limita ad osservare che il cliente non ha mai richiesto la retrocessione della quota non maturata degli stessi;
- la consulente propone invece una ricostruzione delle operazioni di finanziamento valutando l’incidenza dei costi di volta in volta imposti rispetto ad un “reale importo finanziato”, ricalcolato al netto della somma destinata all’estinzione del debito pregresso. Da questo punto di vista l’elaborazione peritale non appare condivisibile.
c) l’incaricata valuta, inoltre, il costo effettivo dei finanziamenti includendovi gli interessi di mora, le penali per inadempimento e risoluzione anticipata con l’obiettivo di provare l’usurarietà dei finanziamenti e la nullità dei contratti. I predetti costi, però, come è noto, sono esclusi dalle Istruzioni BI dalla ricostruzione del TEG.
Nello stesso senso si esprime il Collegio di Coordinamento che ritiene invece doversi valutare il tasso di mora, in quanto penale, per l’eventuale sproporzione rispetto al TAN. Nel caso di specie simile valutazione interessa i due finanziamenti tuttora in essere per i quali risulta l’applicazione effettiva di costi aggiuntivi in relazione a ritardi di pagamento. Sul punto, sono stati prodotti due solleciti di adempimento dai quali risulta l’addebito di spese di esazione e di interessi di mora per importi effettivamente rilevanti rispetto all’entità della rata( v.allegati in atti)
La controparte si difende producendo gli estratti conto dei finanziamenti nei quali si registra l’addebito di importi significativamente meno rilevanti.
Si osserva inoltre, sempre con riferimento agli interessi di mora, che per i contratti ancora in vigore è peraltro presente una “clausola di salvaguardia”( v.allegato in atti)
Al riguardo il Collegio ricorda la precedente decisione del Collegio di Napoli, (decisione
n. 4347/15): per la quale “L’intermediario ha obiettato, tra gli altri rilievi, che le previsioni economiche quali determinate nel regolamento contrattuale sono idonee a contrastare le norme imperative dettate a fini anti-usura, considerato l’inserimento nel regolamento contrattuale della seguente clausola: “... se al momento della conclusione del contratto tale xxxxx [tasso degli interessi di mora, n.d.r.] fosse superiore a quello determinato ex art. 2 L. 108/96 e successive modifiche, il tasso effettivamente convenuto sarà quello corrispondente al tasso soglia così come determinato ai sensi di detta legge”.
In verità, può dubitarsi che l’obiezione dell’intermediario sia risolutiva. Per quanto risulti evidente che la clausola convenzionale in oggetto sia stata preordinata a temperare la lievitazione degli interessi di mora oltre la soglia anti-usura determinata per legge, la formulazione della stessa appare meno perspicua del desiderabile sino al punto da indurre a dubitare della sua efficacia in funzione anti-usura. La lettera della previsione, infatti, sembra limitare questo effetto calmieratore al solo momento della stipulazione del contratto di finanziamento. L’attribuzione alla clausola di tale significato letterale rischia, peraltro, di privarla di senso, perché è evidente che, al momento della stipulazione del contratto, non può sorgere un problema applicativo riguardante gli interessi di mora, che sono per definizione ricollegati a ipotesi di ritardo nei pagamenti. Le premesse di cui sopra inducono il Collegio ad attribuire alla clausola in oggetto, in linea con il canone ermeneutico di cui all’art. 1367 c.c., un ambito applicativo esteso all’intera fase di attuazione del rapporto contrattuale”.
e ricorda ancora Collegio di Milano, decisione n. 6081/14: “Il contratto intercorso fra le parti prevede quanto segue, all’art. 3: “tasso di mora: in ragione di 2 (due) punti in più del tasso di interesse come sopra applicato in vigore il decimo giorno lavorativo della prima quindicina del mese di scadenza della rata e comunque nel rispetto della L. 108/96”. Questa clausola contrattuale esprime la convenzione delle parti in merito al tasso di mora, accordo con il quale si stabilisce che – comunque – le parti intendono applicare al massimo un tasso che sia compatibile con la normativa anti-usura. Esiste pertanto nel contratto una c.d. “clausola di salvaguardia”, con la quale le parti indicano l’ammontare del tasso massimo applicabile nei limiti della l. 108 del 1996. L’art. 644 c.p., nel disciplinare l’usura, prevede che sia punito chiunque si faccia “promettere” o “dare” interessi o altri vantaggi usurari. Nel caso in esame manca la promessa di contenuto usurario, dal momento che la promessa si mantiene – per sua stessa definizione – nei limiti dalla legge 108 del 1996 che regola l’usura. Non vi è nemmeno “dazione”, in quanto risulta che gli interessi moratori non siano mai stati corrisposti”.
Circa gli effetti sul TAEG dell’estinzione anticipata del contratto, per gli oneri ad essa connessi e per l’incidenza sulla durata effettiva del finanziamento, si richiama ex multis: decisione del Collegio di Napoli n. 6927/15: “In particolare, il ricorrente deduce che il mancato inserimento in contratto della clausola che prevede il rimborso dei costi non maturati in seguito all’anticipata estinzione del finanziamento (e quindi, la mancata restituzione in seguito a tale evento effettivamente avveratosi) avrebbe determinato l’applicazione di un tasso effettivo globale diverso da quello rappresentato in contratto, a cagione della imprevista modifica della durata del finanziamento: sul punto, il ricorrente svolge articolate considerazioni, supportate da un’analisi grafica, volta a dimostrare che il tasso realmente applicato a seguito dell’estinzione alla sessantaduesima rata sarebbe pari al 9,79% includendovi anche la polizza anziché, come detto, all’ 8,96%. Ciò peraltro – a suo dire – avrebbe comportato una violazione del principio di trasparenza delle condizioni
contrattuali, sancito all’art. 117, comma 4, t.u.b. con conseguente riconduzione dei tassi e delle altre voci di costo nei limiti di cui al comma 7 del medesimo articolo.
Il Collegio rileva che la domanda così formulata è infondata e non può essere accolta. L’effettiva estinzione anticipata del finanziamento rispetto al termine contrattualmente convenuto, ancorché potrebbe determinare in astratto un aumento del costo complessivo del prestito concesso – in applicazione della clausola che disponga espressamente la mancata restituzione della quota non maturata delle voci di costo ad esso connesse – costituisce un evento meramente eventuale e comunque successivo rispetto al momento in cui viene determinato il t.a.e.g., con la conseguenza che essa debba considerarsi quale evento inidoneo ad incidere sulla valutazione di usurarietà dei tassi convenuti. Peraltro, detto evento è del tutto ipotetico rispetto alla fase costitutiva del rapporto negoziale, essendo rimesso al possibile esercizio di una facoltà di estinzione anticipata del finanziamento, con conseguente riduzione del costo complessivo dello stesso ai sensi dell’art. 125-sexies t.u.b. La clausola che dispone la mancata restituzione degli oneri non maturati in caso di estinzione anticipata, dunque, si pone in aperta violazione di tale norma imperativa, con la conseguenza che debba essere riconosciuto il diritto al rimborso pro quota delle voci commissionale soggette a maturazione nel tempo”.
4) rispetto al reato di usura soggettiva, il Collegio ricorda che i Collegi ABF ne valutano la configurabilità sotto il profilo dell’adempimento dell’onere della prova.
Si veda in proposito Collegio di Milano, decisione n. 4632/15 per il quale “Quanto alla seconda doglianza in tema di interessi usurari (prescindendo dalla circostanza che la stessa non appare espressamente dedotta nel ricorso, dato di per sé inusuale in relazione ad una violazione di cotale portata), l’evidenza addotta dalla ricorrente, ossia una peggiorata situazione economico-finanziaria testimoniata dall’incremento delle perdite di esercizio registrate dalla ricorrente e passate da circa 1,4 milioni di euro del 2010 a circa 1,7 milioni nel 2012, non appare sufficiente a integrare il fondamento della violazione di cui all’art. 644 comma 3° c.p. Secondo il recente insegnamento di Xxxx. 7 maggio 2014 n. 18778, il ricorrere della fattispecie in parola, che consentirebbe di ritenere usurario anche l’interesse pur contenuto al di sotto del tasso soglia, presuppone l’accertamento dei seguenti tre elementi: a) una carenza, anche solo momentanea, di liquidità, a fronte di una condizione patrimoniale di base nel complesso sana ovvero la circostanza che l'insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo sia caratterizzata da una complessiva carenza di risorse e di beni; b) l’accertamento delle predette 'condizioni di difficoltà economica o finanziaria’ in senso oggettivo, ovvero valorizzando parametri desunti dal mercato, e non meramente soggettivo, ovvero sulla base delle valutazioni personali della vittima, opinabili e di difficile accertamento ex post; c) la coscienza e volontà di concludere un contratto sinallagmatico con interessi, vantaggi o compensi usurari (dunque un dolo generico) e la consapevolezza della condizione di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo e della sproporzione degli interessi, vantaggi o compensi pattuiti, come tali testimoni di uno specifico dolo del mutuante nell’approfittamento delle precarie condizioni del mutuatario. Nello specifico, la semplice indicazione di un peggiorato stato di redditività non appare sufficiente a provare né un’effettiva condizione di difficoltà economica o finanziaria oggettivamente valutabile né tanto meno un dolo generico e specifico della banca nell’applicare un tasso asseritamente oneroso. Per vero, la grave fattispecie dell’usura soggettiva, per le sue profonde implicazioni sulla libera negoziabilità delle condizioni del credito e sulla certezza giuridica dei rapporti, non si presta ad essere strumentalizzata a meri fini lucrativi e attraverso generiche asserzioni di bisogno (nell’attuale momento storico-finanziario peraltro ampiamente diffuse) bensì presuppone una rigorosa dimostrazione, travalicante il puro dato bilancistico, tanto dell’oggettiva e oggettivamente apprezzabile situazione di pronunciato disagio economico e finanziario
della presunta vittima quanto dello sciente intendimento approfittatorio dell’’intermediario erogante, circostanze entrambe di cui il Collegio ritiene di fermamente escludere il raggiungimento di una persuasiva prova nel caso concreto”.
Ricorda anche Collegio di Napoli, decisione n. 941/14 per il quale : “…nel caso di specie non vi è nemmeno “usura soggettiva”, la quale in tanto può essere configurata solo se si dimostri che il soggetto che eroga credito abbia percezione della difficoltà economica e finanziaria del sovvenuto, del che non viene, invece, dimostrato nel caso di specie, non essendo stato offerto in tal senso nessun elemento, nemmeno latamente indiziario, dalla ricorrente”.
Pertanto alla luce delle considerazioni fin qui operate il Collegio, respinte le altre domande, accoglie parzialmente il ricorso, con relazione alla domanda di cui si è trattato al punto 3).
P.Q.M.
Il Collegio in parziale accoglimento del ricorso, dichiara l’intermediario tenuto alla corresponsione degli interessi nei sensi di cui in motivazione.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
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