Contract
1) INDIVIDUAZIONE DEL SOGGETTO “NON CONSUMATORE” CHE PUO' RICORRERE ALL'ACCORDO DEL DEBITORE
Soggetti che possono accedere alla procedura da sovraindebitamento:
a) il Consumatore ( arl 6 comma 2 lettera b L 3/2012)
b) soggetto che non è sottoposto ad altre procedure concorsuali previste dall'ordinamento
a) nozione di consumatore non è quella mutuata da codice del consumo, in quanto l'elemento identificativo non è sulle qualità soggettive che deve avere il cd “ consumatore” ; l'attenzione si sposta sulla natura dei debiti contratti, indipendentemente dalla qualifica soggettiva. Il concetto è stato chiarito da Cass.2016 n. 1869 secondo la quale, ai fine dell'accesso alla procedura da sovraindebitamento, può essere considerato consumatore anche un soggetto che eserciti attività imprenditoriale o professionale e che chieda l'accesso alla procedura per ottenere l'esdebitazione di debiti contratti per scopi estranei all'attività esercitata, a meno che si tratti di debiti nascenti da tributi costituenti risorse proprie dell'Unione Europea (quali I'Iva e le ritenute non versate, le quali comunque vanno versate integralmente ai sensi dell'art. 7, comma 1 terzo periodo) .
L'attenzione si sposta dunque dalla qualifica del soggetto che richiede l'accesso ad una procedura da sovraindebitamento, alla fonte genetica del debito.
Appare coerente con tale distinzione la giurisprudenza che si è occupata di analizzare il caso del fideiussore che ha prestato la garanzia per attività di impresa o imprenditoriale di un soggetto terzo: secondo Trib. Milano 2015 e Trib. Torino 7 Agosto 2017 non può definirsi consumatore chi ha prestato garanzie fideiussorie a favore di una impresa cui non sia estraneo ( perché ad esempio, come nel caso di s.r.l., è socio ed amministratore unico); viceversa può qualificarsi consumatore, secondo Trib.Rovigo 13 dicembre 2016, il soggetto che abbia prestato garanzie personali a favore di un soggetto terzo a lui non riconducibile.
Il nuovo art. 74 CCI elimina la possibilità per il consumatore di ricorrere alla procedura prevista per il soggetto non fallibile (e che viene denominata “concordato minore”). La riforma ritaglia dunque un vestito “su misura”, prevedendo procedure diverse per i soggetti che accedono al sovraindebitamento. La procedura della liquidazione dei beni rimane invece comune sia al consumatore che al soggetto non fallibile.
Esistono infatti tratti distintivi essenziali della procedura dedicata al consumatore che la differenziano da quella prevista per il debitore cd “non fallibile” : il piano del consumatore non prevede una percentuale minima di soddisfazione dei crediti; inoltre è soggetto al giudizio di meritevolezza che il giudice è chiamato ad esprimere sul comportamento del debitore- consumatore nella fase dell'indebitamento (cd “debitore incolpevole”); nell'accordo del debitore non fallibile invece prevale l'aspetto contrattuale in quanto è necessario che il piano sia approvato dai creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti.
Oltre a ciò, il sindacato del giudice prescinde del tutto dal giudizio di meritevolezza che connota il piano del consumatore, articolandosi su un piano completamente diverso: il giudice sarà chiamato ad esprimere un giudizio di fattibilità anche economica della proposta, andando ad accertarne la sostenibilità e l'effettiva realizzabilità (la valutazione del Tribunale in questo caso è molto più simile al giudizio di fattibilità che il giudice è chiamato ad esprimere in sede di “ concordato preventivo”). In tale contesto ovviamente il giudice dovrà astenersi dal valutare la convenienza della proposta, essendo tale analisi di competenza esclusiva del ceto creditorio.
La legge 3/2012 non fornisce un elenco tipico dei soggetti che possono ricorrere all'accordo di composizione della crisi (e che non rivestono dunque la qualifica di consumatori);
l'art. 2 CCI pur non fornendo un elenco esaustivo, appare comunque più dettagliato (risolvendo una serie di dubbi interpretativi che la giurisprudenza si è posta e che andremo via via ad esaminare).
Si tratta in ogni caso di un sistema “aperto”, che non soggiace alla regola del
“numerus clausus".
Può ricorrere all'accordo di composizione della crisi:
1) l'imprenditore non fallibile perché al di sotto delle soglie previste dall'art. 1 l.f.
2) l'imprenditore sopra soglia che abbia debiti scaduti inferiori ad € 30.000
3) l'imprenditore individuale che abbia cessato l'attività da oltre un anno ( art. 10 l.f.)
4) l'erede dell'imprenditore defunto, che abbia accettato l'eredità con beneficio d'inventario, quando sia decorso oltre un anno dal decesso
5) le procedure familiari
6) il socio illimitatamente responsabile di una società di persone
7) l'imprenditore agricolo
8) la start up innovativa
9) gli enti privati che non esercitano attività commerciale
10) professionisti, associazioni professionali e società tra professionisti.
11) enti pubblici non economici.
1) l'imprenditore non fallibile perché al di sotto delle soglie previste dall'art. 1
L.F. e cioè l'imprenditore che dimostri il possesso congiunto di tali parametri: a) un attivo patrimoniale inferiore ad € 300.000 nei tre antecedenti la richiesta di fallimento: b) ricavi lordi inferiori ad € 200.000 nel triennio antecedente alla dichiarazione di fallimento); c) debiti scaduti e/o non definitivamente accertati non superiori ad € 500.000.
2) l'imprenditore sopra soglia che abbia debiti scaduti inferiori ad € 30.000;
3) l'imprenditore individuale che abbia cessato l'attività da oltre un anno (art. 10 L.F.) e che dunque non può più essere dichiarato fallito; sembra invece che non possa ricorrere alla procedura l'imprenditore collettivo (“rectius” la società) che sia stato cancellato dal Registro Imprese da oltre un anno, in quanto decorso tale termine il soggetto giuridico si estingue;
4) L'erede dell'imprenditore defunto, che abbia accettato l'eredità con beneficio d'inventario, quando sia decorso oltre un anno dal decesso. In questo caso, ai sensi dell'art. 11 L.F. non è più possibile ricorrere al fallimento. Tuttavia, nel caso il cui l'erede abbia accettato l'eredità puramente e semplicemente, si dovrà accertare, attesa la confusione dei patrimoni, che l'impresa risultante dall'accettazione sia “ sotto soglia” ai sensi dell'art. 1 L.F.
La giurisprudenza si è divisa sull'ammissibilità di un'unica procedura riguardante più soggetti appartenenti al medesimo nucleo familiare. L'ostacolo principale era rappresentato dall'art 2740 c.c. secondo il quale il debitore risponde con tutto il suo patrimonio presente e futuro dell'adempimento delle proprie obbligazioni. Parte della giurisprudenza, ed in particolare il Tribunale di Milano, avevano ritenuto di risolvere il problema prevedendone l'ammissibilità a condizione che le masse attive e passive fossero tenute distinte.
L'art. 66 CCI ha colto il suggerimento ed ha fatto propria la soluzione offerta dal Tribunale di Milano; pertanto la procedura è esperibile tenendo distinte le masse attive e passive. La norma in oggetto inoltre analizza l'ipotesi in cui il debitore non è un consumatore; in questa ipotesi (laddove il nucleo familiare sia composto da un consumatore e da un debitore non fallibile) si dovrà applicare il procedimento previsto per il concordato minore. Si desume dunque da tale disposizione che la procedura più complessa attrae nella propria sfera di applicazione quella più semplice.
Il dubbio interpretativo è stato positivamente risolto dal nuovo CCI. Infatti l'art. 65 comma 4 IV (disposizioni aventi carattere generale) prevede espressamente che la procedura da sovraindebitamento produce i sui effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili.
Al quesito sembra aver dato parziale risposta l'art. 2 I comma lettera e) CCI che definisce consumatore anche il soggetto facente parte di una società che però abbia contratto debiti per scopi estranei all'esercizio dell'attività imprenditoriale. In questi casi dunque anche il socio di una snc potrà accedere al piano del consumatore (rectius alla ristrutturazione dei debiti del consumatore, definizione utilizzata dal codice CCI in sostituzione della vecchia denominazione di piano del consumatore), purché si tratti di debiti personali, non riconducibili all'attività di impresa.
Cosa succede se si tratta di debiti di natura “mista” ( in parte personali ed in parte connessi all'attività di impresa?)
Al quesito parrebbe rispondere l'art. 66 CCI che disciplina le procedure da sovraindebitamento di carattere familiare il quale stabilisce espressamente al I comma che quando uno dei debitori non è un consumatore, al progetto unitario di risoluzione della crisi si applicano le disposizioni previste per il concordato minore. La norma richiamata tuttavia è espressamente dettata solo per le procedure familiari; tuttavia il principio xxx affermato sembrerebbe costituire una norma di sistema con la quale viene sancita la prevalenza della procedura più complessa ( cd concordato minore) su quella meno complessa (quella del consumatore).
A differenza della normativa previgente, l'art 2 lett c) prevede espressamente tra i soggetti che possono accedere alla procedura del sovraindebitamento ( rectius al concordato minore) anche l'imprenditore agricolo. A questo punto, attesa la disposizione espressa, sarà ancora necessario indagare il collegamento funzionale tra il fondo rustico e l'attività esercitata, oppure sarà condizione necessaria e sufficiente la mera iscrizione nel Registro delle Imprese agricole per l'accesso al concordato minore?
L'art. 2 lett. c) ricomprende espressamente le Start up nel novero dei soggetti che possono ricorrere al concordato minore. Tuttavia, decorso il termine di sessanta mesi dalla costituzione della società, quest’ultima potrà accedere alla procedura solo se possegga i requisiti previsti dall'art 1 legge fallimentare, rientri cioè nel novero delle cd “imprese minori”.
10) professionisti, associazioni professionali e società tra professionisti.
11) Enti pubblici non economici. E' pacifico che non sono soggetti alla L.3/2012 gli enti pubblici (Trib. Treviso 12 maggio 2016). Tuttavia occorre distinguere gli enti pubblici economici ( soggetti alla liquidazione coatta amministrativa) dagli enti pubblici non economici( che perseguono finalità pubbliche e si limitano a conseguire il pareggio tra costi e ricavi). Il Tribunale di Catania con decreto di fissazione di udienza n. 620 del 1 febbraio 2017 ha ammesso alla procedura il Teatro Stabile di Catania (ente regionale non economico) che ha raggiunto un accordo con i creditori garantendo la continuità aziendale e preservando i posti di lavoro.
2) RAPPORTI TRA PROCEDURA DA SOVRAINDEBITAMENTO ED ESECUZIONE FORZATA
2.1) PROFILI GENERALI
Nella composizione della crisi da sovraindebitamento da parte del soggetto non consumatore, l'art 10 comma 1 stabilisce che, dopo il deposito della proposta, il giudice fissa l'udienza finalizzata a sottoporre il piano all'approvazione dei creditori; con il decreto di fissazione di udienza non possono, a pena di nullità: essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali, azioni finalizzate ad ottenere sequestri sul beni del debitore, acquisiti diritti di prelazione sul patrimonio del debitore (art. 10 comma 2 lett. c). La sospensione non opera nei confronti di titolari di crediti impignorabili.
Con la fissazione del decreto di udienza dunque opera il cd. “automatic stay”, derivante direttamente dalla legge ( analogamente a quanto prevede l'art. 51 L.F. per il fallimento e l'art 168 L.F. per il concordato preventivo). -
Analogo effetto automatico lo si ritrova nella liquidazione ( nel decreto di fissazione di udienza per dare esecuzione alla liquidazione ai sensi dell'art. 14 quinquies comma 2 lett. b)
L'automatic stay non opera però per il piano del consumatore.
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Il decreto del giudice del sovraindebitamento che dispone la sospensione delle procedure esecutive produce l'effetto dell'atto di pignoramento (art. 10 comma 5).
Trattasi di un pignoramento che, secondo la dottrina, ha un effetto generale su tutto il patrimonio del debitore (alla stregua del fallimento).
a) L'effetto sospensivo sulle procedure esecutive pendenti è temporaneo ed è destinato a decadere nel caso in cui l'accordo o il piano non vengano omologati ( nel frattempo gli atti di esecuzione compiuti medio tempore, cioè compiuti dopo il provvedimento di sospensione, sono nulli e /o inefficaci); in questo caso i creditori, cessata la causa di sospensione, avranno la facoltà di riassumere il processo esecutivo ex art 627 c.p.c.; al contrario, nel caso in cui l'accordo o il piano vengano omologati l'effetto diviene definitivo e l'esecuzione pendente deve essere dichiarata improcedibile.
b) Qualora l'accordo venga omologato, il pignoramento sul patrimonio generale del debitore esplica i propri effetti anche sui crediti sorti posteriormente all'omologa; tali creditori infatti non potranno procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano ( art. 12 comma3 L 3/2012). Questa disposizione marca un elemento di profonda differenziazione con l'art. 168 L.F:nell'ambito della procedura di concordato preventivo il combinato disposto dell'art. 168 L.F. e dell'art. 184 L.F. ( secondo il quale il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione nel Registro delle Imprese) consente ai creditori sorti posteriormente di porre in essere quelle iniziative anche esecutive, prodromiche alla soddisfazione dei loro crediti (come ad esempio l'istanza di fallimento).
La giurisprudenza si è espressa per lo più negativamente (Trib Bari 19 maggio 2017 e Trib. Busto Arsizio 30 maggio 2018): l'unico giudice che può sospendere l'esecuzione è solo quello del sovraindebitamento. Infatti il giudice dell'esecuzione può procedere alla sospensione del processo esecutivo solo quando sia stata proposta opposizione all'esecuzione e sussistano gravi motivi ( art. 624 c.p.c.) ,oppure quando la sospensione sia stata richiesta da tutti i creditori ( art. 624 bis c.p.c.). Il giudice dell'esecuzione non può dunque sospendere se non nei casi tassativamente previsti dalla legge (e tra questi casi
non rientra la pendenza di una procedura da sovraindebitamento).
Tale conclusione però non pare condivisibile, in quanto i gravi motivi previsti dall'art. 624 c.p.c. ben potrebbero risiedere nella pendenza di una procedura da sovraindebitamento quando ad esempio il debitore intende conferire il bene oggetto di pignoramento nel piano teso a garantire la soddisfazione del ceto creditorio.
La soluzione al caso concreto può essere offerta applicando in via analogica alle procedure da sovraindebitamento la legge fallimentare tout court?
Recentemente è intervenuta con plurime pronunce la Cassazione ( Cass 12 Aprile 2018 n. 9087, Cass. 4 giugno 2019 n. 17834) che di fatto applica in via analogica la disciplina prevista per il fallimento e le altre procedure concorsuali alle procedure da sovraindebitamento, nel caso in cui manchi una disposizione espressa nelle procedure da sovraindebitamento.
Nello stesso solco si è posto il legislatore che all'art 65 comma II CCI ha previsto espressamente che in caso di mancata previsione espressa nelle
procedure da sovraindebitamento, si possono applicare le disposizioni dettate in materia di regolazione della crisi e dell'insolvenza, in quanto compatibili. Inoltre, l'art 74.4 CCI ha previsto che per quanto non previsto con riferimento al concordato minore si possono comunque applicare le norme sul concordato preventivo, in quanto applicabili.
2.2) CASI SPECIFICI
Fatta questa premessa, analizziamo alcuni casi concreti in cui la soluzione è offerta da alcune norme della legge fallimentare che però non sono presenti nelle procedure del sovraindebitamento:
a) Xxxx succede nel caso in cui la sospensione disposta dal giudice del sovraindebitamento interviene su una procedura esecutiva in cui il bene è già stato liquidato ed è stata disposta dal g.e. l'assegnazione del ricavato al creditore procedente ( ma non ancora il pagamento)?
In caso di fallimento, l'art. 107 L.F. consente al curatore fallimentare di intervenire nel processo esecutivo al fine di chiedere l'assegnazione delle somme ricavate in quella sede.
Non si ha norma analoga in caso di procedura da sovraindebitamento:
Trib. Firenze 6 luglio 2016 ha ritenuto di estendere in via analogica anche al sovraindebitamento l'art. 187 disp. att. c.p.c. che prevede l'intangibilità e la definitività dell'aggiudicazione, in caso di eventi estintivi o di chiusura anticipata del processo esecutivo. Il Trib. di Firenze ha altresì stabilito che, fatto salvo il diritto dell'aggiudicatario, il corrispettivo della vendita andava rimesso al professionista nominato dall'OCC o dal Tribunale, a garanzia della par condicio creditorum. In questa ipotesi infatti la procedura esecutiva può dirsi ancora pendente, poiché a norma dell'art. 553 c.p.c. Il diritto dell'assegnatario si estingue solo con il pagamento.
In ambito fallimentare il caso è risolto dall'art. 44 L.F. il quale stabilisce l'inefficacia dei pagamenti eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento.
La giurisprudenza ha stabilito che il pagamento che interviene (in una procedura di pp3) successivamente al fallimento (ancorché il provvedimento di assegnazione delle somme sia anteriore alla declaratoria di insolvenza) soggiace alla sanzione dell'inefficacia.
Non si trova disposizione analoga nella procedura da sovraindebitameno.
In mancanza di una disposizione di legge espressa, Trib. Milano 9 luglio 2017 ha concluso negativamente.
La risposta sembra essere negativa; infatti secondo Tribunale di Modena 1 giugno 2017 l'automatic stay previsto per il sovraindebitamento non soggiace ai limiti previsti in ambito fallimentare dall'art. 51 L.F. ( secondo il quale il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali incontra il limite del diritto del creditore fondiario il quale, ai sensi dell'art. 41 TUB, può iniziare o proseguire l'esecuzione anche in pendenza di fallimento, salvo poi dover comunque insinuare il proprio credito con le forme previste dal rito fallimentare).
Tale principio comporta poi una ulteriore conseguenza: il Curatore fallimentare che deciderà di intervenire nella esecuzione immobiliare in cui è presente il creditore fondiario, avrà diritto di incamerare solo il ricavato che eventualmente residua dopo la soddisfazione del fondiario ( ipotesi prevista dallo stesso art. 41 TUB); viceversa, il liquidatore o l'OCC potrà incamerare tutto l'attivo ( anche in presenza di un creditore fondiario) per poi redistribuirlo tra tutti i creditori sulla base della proposta o del piano.
3) CONTENUTO DELLA PROPOSTA DELL'ACCORDO DEL DEBITORE (OVVERO DEL PIANO DEL CONSUMATORE) E PROFILI SPECIFICI DI AMMISSIBILITÀ/INAMMISSIBILITA'
Nella esperienza pratica la giurisprudenza si è posta il problema del contenuto che deve avere, a pena di inammissibilità, la proposta di accordo ovvero il piano del consumatore.
Ritengo utile segnalare alcune problematiche che sono state risolte in modo dissonante dalla giurisprudenza, ma che tuttavia hanno trovato una composizione nel codice CCI.
Nella procedura da sovraindebitamento prevista per il debitore (non consumatore), i crediti privilegiati possono essere falcidiati?
Al quesito risponde l'art 11 comma II a mente del quale non hanno diritto di voto i creditori muniti di privilegio, pegno ed ipoteca in relazione ai quali sia previsto il pagamento integrale; viceversa anche i creditori privilegiati avranno diritto di
votare in relazione alla parte del crediti che da proposta di accordo/piano non viene pagato integralmente ( essendo così assimilabile, per quella parte, ad un credito di chirografario).
Ma quando un credito assistito da privilegio, pegno ed ipoteca può non essere pagato integralmente?
L'art 7 comma 1 stabilisce che i crediti muniti di privilegio, pegno ed ipoteca possono essere soddisfatti solo parzialmente nei limiti del valore di mercato del bene (che ben può essere inferiore al credito garantito), così come accertato ed attestato dall'OCC.
Lo stesso art. 7 comma1 stabilisce poi espressamente che non possono subire alcuna falcidia i tributi che vanno a costituire risorse proprie del bilancio comunitario e cioè in primis l'Iva e le ritenute operate e non versate; per queste imposte la norma prevede solo una dilazione di pagamento.
Nonostante il divieto espresso di falcidia previsto dalla norma, è sorto un animato dibattito in giurisprudenza se ritenere ammissibile comunque una proposta o un piano che contenga la previsione di pagamento non integrale dell'Iva e delle ritenute.
3.1) E' AMMISSIBILE UNA PROPOSTA DI ACCORDO CHE PREVEDA LA FALCIABILITA' DELL'IVA E DELLE RITENUTE NON VERSATE?
L'accordo del debitore viene omologato solo nel caso in cui la proposta sia approvata dai creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti globalmente considerati.
E' prevista dunque la possibilità di pagare solo parzialmente i creditori privilegiati, ivi compresi i crediti di natura tributaria.
Pertanto la falcidia, con l'espresso assenso del creditore favorevole alla proposta di accordo del debitore, potrà riguardare i crediti degli enti locali (IMU, tassa rifiuti ecc..). Tale principio sembra però subire l'eccezione dei tributi che costituiscono risorse proprie dell'Unione Europea e che devono essere soddisfatti per intero.
La norma in commento tuttavia, appare non omogenea rispetto al sistema attuale previsto per le cd. Procedure concorsuali maggiori (transazione fiscale ex art. 182 ter L.F e concordato preventivo) e ciò a causa di una modifica del quadro normativo intervenuta medio tempore.
Tale consolidato orientamento giurisprudenziale è stato messo in discussione e sostanzialmente disatteso dalla pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 7 aprile 2016 che ha contemplato, nell'ambito delle procedura di concordato preventivo e di transazione fiscale, la possibilità di falcidiare anche l'IVA e le ritenute non versate , qualora vi siano possibilità di incassi anche parziali dei tributi, pari o maggiori rispetto a quelli che si conseguirebbero in caso di ricorso ad altre procedure liquidatorie.
La pronuncia della Corte di Giustizia Europea è stata poi di fatto recepita dal legislatore che nel 2016 ( comma 81 della n. 232/2016) ha novellato l'art. 182 ter prevedendo anche per la transazione fiscale la falcidiabilità dell'Iva e delle ritenute.
La modifica in oggetto però non ha riguardato anche le procedure da sovraindebitamento, essendo rimasto invariato l'art 7.
La distonia normativa è stata risolta con un meccanismo potenzialmente dirompente e che potrebbe portare ad un incremento esponenziale delle procedure da sovraindebitamento. Il nuovo CII infatti, indipendentemente dalla natura e dal tipo di tributo, ha previsto un meccanismo che porta alla neutralizzazione del voto contrario da parte all'amministrazione finanziaria, quando quest'ultimo risulti decisivo ai fini del raggiungimento della maggioranza per l'omologa del concordato minore. In particolare l'art. 80 comma III CCI prevede che il giudice omologhi comunque il concordato minore, anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria, quando il suo voto è decisivo ai fini del raggiungimento della maggioranza dei crediti, quando l'OCC attesti con una propria relazione che la proposta di soddisfacimento dell'amministrazione è più conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria.
3.2) E' AMMISSIBILE UNA PROPOSTA DI ACCORDO (ANCHE IN UNA PROSPETTIVA LIQUIDATORIA) CHE PREVEDA UNA MORATORIA OLTRE L'ANNO DALL'OMOLOGAZIONE PER IL PAGAMENTO DEI CREDITI PRIVILEGIATI,PIGNORATIZI,IPOTECARI?
L'art 8 comma 4 prevede che la proposta di accordo (ove sia prevista la continuazione dell'attività di impresa) possa prevedere la moratoria fino ad un anno per pagare i debiti assistiti da privilegio, pegno, ipoteca ( a meno che non sia ovviamente prevista la liquidazione dei beni).
E' possibile derogare a questa norma e prevedere per il pagamento una tempistica di pagamento più lunga?
Il problema, nella pratica, si è posto con riferimento ad una proposta di accordo che prevedeva il pagamento pluriennale di un mutuo ipotecario; in sostanza la
proposta prevedeva il pagamento delle rate di mutuo, mantenendo il normale piano di ammortamento ( con una durata della procedura da sovraindebitamento ultradecennale); il problema si è presentato anche con una proposta che prevedeva il pagamento pluriennale delle rate di mutuo in presenza di rate scadute e/o di mutuo già risolto prima dell’apertura della procedura.
Il ragionamento della Cassazione si snoda su due principali snodi argomentativi:
a) alle procedure per il sovraindebitamento si applicano le norme previste anche per il concordato preventivo in quanto applicabili; in materia di concordato preventivo è prevista la regola generale secondo cui i crediti privilegiati devono essere pagati senza dilazione; nel caso sia previsto un adempimento con una tempistica superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura, di fatto si ha una falcidia del credito, in ragione della perdita economica conseguente al ritardo (rispetto alla tempistica normale) con il quale il creditore incamera il proprio credito; quando ciò avviene il credito ipotecario viene di fatto degradato al rango chirografario per la parte incapiente; limitatamente alla parte del credito divenuto chirografario, il creditore ha diritto di esprimere il proprio voto ( art. 177, comma 3 l. fall).
3.3) E’ AMMISSIBILE UNA PROPOSTA CHE PREVEDA LA FALCIDIA DELLA CESSIONE DEL QUINTO DELLO STIPENDIO, NONOSTANTE IL CONTRATTO DI CESSIONE SI SIA PERFEZIONATO PRIMA DELL’APERTURA DELLA PROCEDURA DA SOVRAINDEBITAMENTO?
La questione è stata ampiamente dibattuta dalla giurisprudenza anche con soluzioni contrapposte. Il debitore che propone il piano evidentemente ha tutto l’interesse a trasferire le risorse derivanti dall’accredito dello stipendio mensile a favore di tutta la massa dei creditori, anche se ha ceduto il quinto della sua retribuzione prima dell’apertura della procedura da sovraindebitamento ad un solo creditore. Ovviamente interesse opposto ha il creditore cessionario del quinto dello stipendio che vuole evitare il concorso di tutti gli altri creditori e soddisfarsi in via autonoma ed esclusiva.
Anche in questo caso la giurisprudenza non ha dato risposte univoche . Infatti un filone giurisprudenziale ha ritenuto perfezionata la cessione del credito conclusasi prima dell’apertura del sovraindebitamento, richiamandosi a quell’orientamento in cui si riteneva opponibile alla procedura concorsuale la cessione del credito perfezionatasi con atto avente data certa (antecedente alla procedura concorsuale stessa): secondo questa teoria i pagamenti che si concretizzano nelle more della procedura concorsuale sono intangibili, poiché costituiscono meri atti esecutivi di un credito che è fuoriuscito dalla disponibilità del debitore prima della procedura concorsuale.
La querelle è stata risolta dall’art 67 comma 3 ove si afferma espressamente che la proposta può prevedere anche la falcidia dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del TFR o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno.