FONDAZIONE STUDI
FONDAZIONE STUDI
CONSIGLIO NAZIONALE DEI CONSULENTI DEL LAVORO
****
Commissione dei principi interpretativi delle leggi in materia di lavoro
****
LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE DEI CONTRATTI
Premessa
L’istituto della certificazione dei contratti di lavoro è stato introdotto dal titolo VIII, artt. 75 e seguenti, D.Lgs 276/2003 (in seguito decreto), con lo scopo di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro.
Di recente (l. 4 novembre 2010, n. 183, c.d. “Collegato lavoro”) è stato oggetto di un’attività di riforma quantitativamente marginale (pochi commi aggiunti o modificati), che rappresenta però un intervento sostanziale del legislatore, teso ad ampliare l’oggetto delle procedure di certificazione e ad accentuarne il valore vincolante, soprattutto nei confronti dell’attività giurisdizionale, non potendo il giudice, nella qualificazione del rapporto di lavoro e nell’interpretazione delle relative clausole, discostarsi dalle valutazioni espresse dalle parti in sede di certificazione, se non per i casi di erronea qualificazione del contratto, vizi del consenso, o difformità tra il programma negoziale certificato e la concreta attuazione verificata (art. 30, co. 2, l.n. 183/10).
La certificazione è una procedura volontaria di verifica della conformità del tipo contrattuale prescelto al rapporto che in concreto le parti intendono instaurare.
La procedura si conclude con un atto amministrativo, l’atto di certificazione (ovvero l’atto di mancata certificazione), che conferisce un’efficacia rinforzata alla qualificazione contrattuale, e può riguardare tutti i contratti di lavoro.
Già l’intervento del legislatore del 2004 aveva eliminato dalla formulazione originaria dell’art. 75 del d.lgs. n. 276/2003 l’indicazione tassativa di tipi contrattuali oggetto di certificazione, estendendola alla qualificazione di ogni contratto di lavoro.
Per effetto dell’intervento della legge n. 183/10 l’oggetto e le finalità della certificazione divengono ancora più ampi. Per l’attuale art. 75 del decreto (modificato dall’art. 30 l. n. 183/10), infatti “al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro le parti possono ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro.
Risulta così generalizzata ad ogni tipo di rapporto di lavoro l’applicabilità dell’istituto. Xxxx, il riferimento alla deduzione anche indiretta di una prestazione di lavoro, deve esser intesa nel senso che è possibile ricorrere alla certificazione non solo nei contratti di lavoro tipizzati dal decreto, ma in occasione di qualunque accordo fra le parti per effetto del quale sia deducibile l’utilizzo di prestazioni lavorative, indipendentemente dalla loro qualificazione subordinata/autonoma.
Se il rapporto, nel suo concreto svolgimento, si discosta dal programma negoziale (ad esempio, se il rapporto certificato come collaborazione a progetto assume, di fatto, le caratteristiche proprie del lavoro subordinato) la “qualificazione certificata” può comunque essere contestata: le parti o i terzi interessati possono proporre ricorso al tribunale per rivendicare la corretta qualificazione del contratto, con ogni conseguenza.
I due principali vantaggi della certificazione si possono così riassumere:
- le parti sono assistite nella qualificazione del rapporto di lavoro;
- la qualificazione certificata resiste alle contestazioni degli organi di vigilanza e conserva efficacia fino a sentenza del Tribunale, rappresentando uno strumento sostanzialmente deflativo delle controversie.
Il decreto e le successive modifiche introdotte dall’art. 1, comma 256 del legge n. 266/2005, prevede la possibilità di istituire Commissioni di Certificazione in seno ad una pluralità di organismi, con ambiti di competenza differenziati:
- gli enti bilaterali costituiti nell'ambito territoriale di riferimento oppure a livello nazionale quando la Commissione di certificazione sia costituita nell'ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale;
- le Direzioni provinciali del lavoro e le province, secondo le regole di composizione e funzionamento stabilite con apposito decreto ministeriale;
- le università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie, registrate in apposito albo, esclusivamente nell'ambito di rapporti di collaborazione e consulenza attivati con docenti di diritto del lavoro di ruolo. Per ottenere la registrazione nell’albo le università sono tenute a inviare, all'atto della registrazione e ogni sei mesi, studi ed elaborati contenenti indici e criteri giurisprudenziali di qualificazione dei contratti di lavoro con riferimento a tipologie di lavoro indicate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
- la Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro presso il Ministero del Lavoro, esclusivamente per i datori di lavoro con sedi di lavoro dislocate in almeno due province anche di regioni diverse oppure con unica sede di lavoro ma associati ad organizzazioni imprenditoriali che abbiano predisposto a livello nazionale schemi di convenzioni certificati dalla medesima Commissione.
In tal caso le Commissioni di Certificazione istituite presso le Direzioni Provinciali del Lavoro e le province limitano la loro funzione alla ratifica di quanto certificato dalla Commissione di certificazione istituita presso il Ministero del Lavoro;
- i Consigli Provinciali dei Consulenti del Lavoro esclusivamente per i contratti di lavoro instaurati nell'ambito territoriale di riferimento, nell’ambito però delle intese definite tra Ministero del Lavoro e CNO e con apposito Regolamento dallo stesso predisposto.
Le Commissioni istituite in seno ai diversi organismi sopra elencati possono concludere convenzioni con le quali prevedano la costituzione di una Commissione unitaria di certificazione.
Funzione di assistenza e consulenza
La Commissione di Certificazione ha anche la funzione di consulenza e assistenza alle parti che può essere svolta sia in fase di stipulazione del contratto sia durante lo svolgimento del rapporto.
L’assistenza e la consulenza possono riguardare qualsiasi aspetto del contratto e, in particolare, la disponibilità dei diritti e la puntuale qualificazione dei contratti di lavoro.
Le parti possono, liberamente, far ricorso a questo meccanismo di autonomia individuale assistita per la stipula del contratto o per le sue modificazioni che si rendessero necessarie per renderlo conforme alle disposizioni legislative. Attraverso tale funzione si interviene, quindi, in modo assistito sul programma negoziale.
La Commissione deve valutare l’accordo raggiunto dalle parti con il fine ultimo di verificare che lo stesso sia conforme alla legge e al contratto collettivo applicato.
Il rifiuto definitivo della certificazione potrà essere evitato mediante il suggerimento delle opportune correzioni da apportare al contratto.
Gli effetti della certificazione
L’art. 79 del decreto (“Efficacia giuridica della certificazione”) stabilisce che “Gli effetti dell’accertamento dell’organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai sensi dell’art. 80, fatti salvi i provvedimenti cautelari”.
L’effetto della certificazione consiste nella temporanea inefficacia di qualsiasi atto che presupponga una qualificazione del contratto diversa da quella certificata.
Tale effetto può essere superato esclusivamente attraverso una successiva differente valutazione del giudice, al quale il legislatore non può sottrarre la qualificazione dei rapporti finalizzata al riconoscimento dei diritti che ne conseguono (art. 24, comma 1, Cost.).
Tale valutazione soggiace però ai limiti premessi, per i quali il sindacato del giudice deve ritenersi circoscritto ai casi di erronea qualificazione del contratto, vizi del consenso, o difformità tra il programma negoziale certificato e la concreta attuazione verificata.
Ove ne ricorrano i presupposti, è ammesso il ricorso ai provvedimenti cautelari, attraverso i quali si può anticipare l’eliminazione degli effetti dell’atto di certificazione.
Le parti devono fare espressa richiesta, nell’istanza di certificazione, degli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali, in relazione ai quali richiedono la certificazione medesima (art. 78, comma 2, lett. d). In mancanza, di tale espressa indicazione l’atto di certificazione produce effetti soltanto tra le parti.
Ad ogni modo, in funzione della tipologia di richiesta effettuata dalle parti nell’istanza, la Commissione deve dare esplicita menzione degli effetti che produce l’atto di certificazione.
Una delle novità più significative è rappresentata dall’introduzione della possibilità di certificare non soltanto il contratto di lavoro stipulato ex novo, ma finanche assegnare efficacia retroattiva al provvedimento della commissione reso in relazione a contratti in corso di esecuzione, e sin dalla stipula del contratto, ove la commissione abbia appurato che l’attuazione del medesimo è stata, anche nel periodo precedente alla propria attività istruttoria, coerente con quanto verificato (art. 79, ultimo comma, d.lgs. n. 276/2003, introdotto dall’art. 31, co. 17, l.n. 183/2010).
È evidente l’ampiezza del passaggio e la diversità dei compiti assegnati alle commissioni, che non si limiteranno all’accertamento della congruenza tra la fattispecie concreta che le parti intendono realizzare e l’astratto tipo contrattuale, ma, in esito ad una attività istruttoria, dovranno verificare la coerenza del rapporto di lavoro già in corso e, soprattutto, così per come atteggiatosi nel passato, con il programma negoziale all’epoca stabilito e, in caso di esito positivo di tale valutazione, attestare la riconducibilità di tale coincidenza sin dal momento iniziale della stipula del contratto (risalente nel tempo anche di anni).
Il compito delle commissioni in questo caso appare davvero gravoso, dovendo operare un vero e proprio giudizio, a valle di un’attività istruttoria, in relazione a fatti e comportamenti già realizzatisi. Sarà pertanto necessario adoperare la massima prudenza nel procedere a tale tipologia di certificazione, per le premesse ricadute che implica.
I rimedi esperibili contro la certificazione.
L’art. 80, comma 1, del decreto stabilisce che “Nei confronti dell’atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera giuridica l’atto stesso è destinato a produrre effetti, possono proporre ricorso, presso l’autorità giudiziaria di cui all’articolo 413 del codice di procedura civile, per erronea qualificazione del contratto oppure difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione. Sempre presso la medesima autorità giudiziaria, le parti del contratto certificato potranno impugnare l’atto di certificazione anche per vizi del consenso”.
L’atto di certificazione può dunque essere impugnato dalle parti e dai terzi interessati davanti al giudice del lavoro per erronea qualificazione del contratto da parte della Commissione di Certificazione. In tal caso, l’effetto dell’accertamento giudiziale decorre fin dal momento della conclusione dell’accordo contrattuale (art. 80, comma 2).
Inoltre, l’atto di certificazione può essere impugnato, sempre davanti al giudice del lavoro, per difformità tra il programma negoziale e la sua successiva attuazione. In tal caso, l’effetto dell’accertamento giudiziale decorre dal momento in cui ha avuto inizio la difformità stessa (art. 80, comma 2).
La certificazione può poi essere impugnata, innanzi alla medesima autorità giudiziaria, per vizi del consenso. L’oggetto di questa impugnazione non è però l’atto di certificazione ma il contratto certificato, il cui annullamento ai sensi degli articoli 1427 ss. cod. civ. travolge la certificazione stessa. Nell’adottare la propria decisione, il giudice del lavoro valuterà “il comportamento complessivo tenuto dalle parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro e di definizione della controversia davanti alla Commissione di Certificazione” (art. 80, comma 3, del decreto).
La legge attribuisce, quindi, rilevanza alla condotta tenuta dalle parti stesse in sede di certificazione e di conciliazione ai fini della condanna alle spese e al risarcimento per lite temeraria nel successivo giudizio avverso la certificazione, con l’intento di scoraggiare eventuali ripensamenti delle parti rispetto alla qualificazione certificata del rapporto di lavoro.
Inoltre, l’art. 80, comma 5, del decreto prevede che “Dinnanzi al tribunale amministrativo regionale nella cui giurisdizione ha sede la Commissione che ha certificato il contratto, può essere presentato ricorso contro l’atto certificatorio per violazione del procedimento o per eccesso di potere”.
Tale azione è diretta ad ottenere l’annullamento dell’atto di certificazione, senza incidere sul contratto di lavoro al quale accede. I vizi procedimentali in questione possono essere fatti valere sia dalle parti che dai terzi interessati. In ogni caso, il giudice ordinario conserva il potere di disapplicare l’atto di certificazione viziato.
Tentativo di conciliazione obbligatorio e facoltativo.
La legge n. 183/2010 (art. 31, comma 1) ha riscritto l’art. 410 c.p.c., eliminando l’istituto del tentativo obbligatorio di conciliazione, sicché il tentativo di conciliazione non costituisce più un passaggio obbligatorio per rendere procedibile il ricorso innanzi al giudice del lavoro.
Rimane obbligatorio soltanto il tentativo di conciliazione da espletarsi davanti alle commissioni di certificazione, nel caso in cui si impugna l’atto di certificazione (art. 80, comma 4, D.Lgs. n. 276/2003). Le ipotesi sono quelle in cui si fa valere l’erronea qualificazione del contratto, la difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione, ovvero i vizi del consenso. In tali casi, il tentativo di conciliazione si svolge innanzi allo stesso organo che ha emanato il provvedimento impugnato, secondo le previsioni del nuovo art. 410 c.p.c., in quanto compatibili, e in conformità ai regolamenti delle commissioni di certificazione. Vista l’efficacia giuridica della certificazione anche verso i terzi (art. 79 D.Lgs. n. 276/2003), il tentativo di conciliazione è obbligatorio sia per le parti che hanno sottoscritto il contratto certificato, sia per i terzi interessati (ad esempio gli enti amministrativi) che intendano agire contro l’atto di certificazione (Min. lav., nota del 25 novembre 2010).
Indicazioni generali sulle LINEE GUIDA
Il presente documento oltre a descrivere i principali aspetti giuridici di ciascun contratto di lavoro preso in esame, individua, fornendone una descrizione operativa, gli indici necessari per valutare il corretto inquadramento del rapporto.
Una scheda riepilogativa evidenzia in modo sintetico gli elementi con riferimento ai quali la Commissione dovrà valutare la legittimità dell’atto.
La certificazione può essere richiesta sia in sede di stipulazione del contratto sia nella fase di attuazione del relativo programma negoziale.
Alcuni contratti di lavoro a progetto non potranno essere oggetto di certificazione dal momento che non sono agevolmente individuabili i necessari requisiti in quelle attività che per le consuete modalità di svolgimento legate alla natura della prestazione presuppongono di norma la sottoposizione al potere direttivo e gerarchico di un preposto.
D’altronde la Commissione, facendo una valutazione nella fase di instaurazione del rapporto, non ha poteri istruttori per verificare le modalità di svolgimento in concreto dell’attività né dispone di un tempo ragionevolmente sufficiente ad eseguire le necessarie verifiche dal momento che in base all’art. 78, comma 2, lett. a), del decreto, il procedimento si deve infatti concludere entro 30 giorni dal ricevimento della istanza.
In questi casi, tuttavia, la Commissione potrà avvalersi della funzione di assistenza e consulenza alle parti al fine di valutare soluzioni contrattuali alternative.
In relazione alla competenza in materia di certificazione, l’art. 76, lettera c-ter) del decreto prevede che i Consigli Provinciali dei Consulenti del Lavoro sono competenti esclusivamente per i contratti di lavoro instaurati nell'ambito territoriale di riferimento.
Il riferimento ai contratti di lavoro “instaurati”, nel rispetto dell’articolo 77 del decreto, deve essere interpretato nel senso che le aziende devono rivolgersi all’Ordine Provinciale nel cui ambito territoriale si trovi l'azienda o una sua unità produttiva alla quale sarà addetto il lavoratore.
Il presente lavoro che viene trasmesso alle Commissioni di Certificazione costituisce una prima ipotesi di lavoro che sarà oggetto di aggiornamento e integrazione sulla base dei suggerimenti forniti dalle Commissioni medesime.
Il ruolo dei contratti collettivi nella certificazione
La certificazione del contratto di lavoro subordinato passa anche attraverso il rispetto delle previsioni che la legge espressamente rinvia ai contratti collettivi applicati dal datore di lavoro.
A questo riguardo, i contratti collettivi prevedono clausole che integrano oppure derogano alle previsioni di legge anche senza un’esplicita indicazione della norma.
In via generale questa possibilità è ammessa a condizione che la previsione del contratto collettivo introduca una regolamentazione più favorevole per il dipendente rispetto alla previsione di legge.
E’ possibile distinguere clausole che disciplinano condizioni per la costituzione del rapporto di lavoro (come ad esempio, il rispetto della trasformazione di almeno il 70% dei contratti di apprendistato venuti a scadere nei 24 mesi precedenti oppure il limite percentuale di ricorso al contratto a termine) e clausole che incidono nella gestione del rapporto di lavoro.
Per quanto riguarda la certificazione dei contratti di lavoro è necessario che il datore di lavoro rispetti, mediante rilascio di apposita dichiarazione, le condizioni che l’autonomia collettiva dispone per la costituzione del rapporto.
Nel rispetto dell’art. 39 della Costituzione il datore di lavoro può in alternativa dichiarare la mancata applicazione in azienda di un contratto collettivo di lavoro nel qual caso la Commissione dovrà verificare il rispetto delle previsioni di legge.
INDICE DEI CONTRATTI:
1. COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE A PROGETTO…….pag. 9
2. COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE pag. 24
3. PRESTAZIONI OCCASIONALI (art. 61, comma 2 del D.Lgs. 276/2003)………...pag. 33
4. LAVORO AUTONOMO – art. 2222 del codice civile………………………………..pag. 39
5. ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE CON RAPPORTO DI LAVORO…....pag. 43 6. APPALTO………………………………………………………………………………pag. 49 7. APPRENDISTATO…………………………………………………………………….pag. 53 8. INSERIMENTO………………………………………………………………………..pag. 68 9. LAVORO INTERMITTENTE………………………………………………………..pag. 75
10. CONTRATTO A TEMPO PARZIALE………………………………………………pag. 88 11. CONTRATTO A TERMINE………………………………………………………….pag. 96 12. LAVORO RIPARTITO………………………………………………………………..pag. 108
ALTRE FUNZIONI DI CERTIFICAZIONE:
13. RINUNZIE E TRANSAZIONI………………………………………………………..pag. 112
14. REGOLAMENTO INTERNO DELLE COOPERATIVE………………………….pag. 117
15. CLAUSOLA COMPROMISSORIA………………………………………………….pag. 118
LE NUOVE COMPETENZE DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO
16. TENTATIVO FACOLTATIVO DI CONCILIAZIONE……………………………pag. 118 17. ARBITRATO…………………………………………………………………………..pag. 121
1. COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE A PROGETTO
L’art. 61 del decreto stabilisce che “i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all’art. 409, n. 3, del codice di procedura civile devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa”.
Il lavoro a progetto non costituisce nuova tipologia contrattuale ma rappresenta una particolare modalità di svolgimento della prestazione autonoma coordinata e continuativa.
A partire dal 24 ottobre 2005 i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa devono essere ricondotti ad un progetto o programma di lavoro fatte salve le seguenti tassative ipotesi:
a) collaborazioni coordinate e continuative di durata non superiore a 30 giorni con compenso non superiore a 5.000 euro, per ciascun committente ovvero, nell'ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore;
b) agenti e rappresentanti di commercio;
c) professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali esistenti alla data del 24 ottobre 2003;
d) attività comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal C.O.N.I., come individuate e disciplinate dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289;
e) Componenti di organi di amministrazione e controllo di società;
f) Partecipanti a collegi e commissioni compresi gli organismi aventi natura tecnica;
g) Xxxxxxxx che percepiscono la pensione di vecchiaia oppure i titolari di pensione di anzianità o di invalidità che abbiano raggiunto del 65° anno di età se uomini e 60 anni di età se donne.
L’attività oggetto della collaborazione coordinata e continuativa può riguardare sia l’attività tipica dell’azienda sia un’attività accessoria a questa ultima.
Sotto il profilo soggettivo il rapporto di collaborazione a progetto può essere instaurato anche con un soggetto non imprenditore; ossia, con enti non commerciali (sia per l’attività istituzionali sia per l’eventuale attività commerciale), professionisti o cittadini privati.
E’ ammessa un’attività di lavoro a progetto anche nell’ipotesi in cui il contratto collettivo nazionale di lavoro preveda, per determinate figure professionali, lo svolgimento della prestazione attraverso un contratto di lavoro subordinato.
Per poter certificare un contratto di lavoro a progetto la Commissione dovrà procedere in primo luogo alla valutazione degli indici di seguito indicati.
LE LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE
Autonomia del rapporto
Dal contratto non devono emergere ipotesi in cui il committente preveda dettagliate modalità con le quali il collaboratore deve svolgere l’incarico affidato.
Il committente, tuttavia, può fornire nell’ambito dell’accordo contrattuale indirizzi di ordine generale cui il collaboratore è chiamato ad attenersi durante lo svolgimento della prestazione in piena autonomia.
Si dovrà evitare che dal contratto si ricavi una sostanziale inserimento del collaboratore in una struttura gerarchica del committente. In altri termini, ad esempio, si dovrà evitare che un contratto preveda che il collaboratore coordini personale aziendale e che a sua volta sia coordinato da soggetti preposti del committente.
Non potranno altresì essere presenti clausole che prevedono un assiduo e costante controllo dell’operato del collaboratore durante il rapporto di lavoro. Il contratto, tuttavia, può prevedere accordi finalizzati alla verifica dello stato di avanzamento dei lavori affidati al collaboratore.
La continuità
La continuità ricorre quando la prestazione perduri nel tempo e comporti un impegno costante del prestatore a favore del committente (Cassazione 19 aprile 2002, n. 5698; 9 marzo 2001, n. 3485) anche attraverso una prestazione unica ripetuta nel tempo, cosicché la connessione tra prestazioni singole è tesa a soddisfare un interesse duraturo del committente.
La coordinazione
Il requisito della coordinazione si caratterizza per il collegamento funzionale che si instaura tra la prestazione resa dal collaboratore e l’attività esercitata dal committente.
Il collegamento funzionale presuppone che l’attività del collaboratore e quella del committente concorrono l’una alla realizzazione dei fini dell’altra (Cassazione 9 novembre 1983, n. 6656).
Tale requisito non va confuso con quello introdotto dall’art. 61 del decreto circa il coordinamento logistico del collaboratore con la struttura del committente di cui si dirà più in avanti.
La personalità
Il lavoro a progetto si caratterizza per lo svolgimento della prestazione in modo prevalentemente personale da parte del collaboratore.
Ciò esclude, evidentemente, dalla fattispecie in esame i casi in cui l’attività oggetto della collaborazione viene esercitata in forma societaria, anche se di persone, oppure irregolare o di fatto, non essendo tale ipotesi riferibile a persone fisiche, e quindi non riveste carattere prevalentemente personale (Cass.civ.sez.lav., sent. 28 dicembre 2006, n. 27576) ma, più verosimilmente, assume i connotati di un vero e proprio appalto.
In particolare la Commissione deve evitare rapporti di collaborazione laddove dal contratto si ricavi:
• un elevato numero di ausiliari del collaboratore o significativo impiego di capitali, facendo presupporre la natura imprenditoriale del committente;
• che il collaboratore si limita a dirigere e organizzare gli ausiliari senza esso stesso prevalere con il proprio lavoro rispetto a quello degli ausiliari medesimi (Xxxx. 22 aprile 1986, n. 2843).
Circa l’attività svolta dagli ausiliari rispetto a quella posta in essere dal collaboratore, la Commissione deve andare oltre la verifica della prevalenza di tipo quantitativo accertando anche l’eventuale incidenza di tipo qualitativo.
E’ ammessa una prevalenza quantitativa degli ausiliari quando l’attività svolta da questi ultimi sia meramente esecutiva rispetto alla prestazione intellettuale eseguita in prima persona dal collaboratore rispetto al raggiungimento del risultato richiesto dal committente (Xxxx. 20 gennaio 1992, n. 652).
Deve condividersi sul punto quell’orientamento giurisprudenziale, piuttosto pacifico, per il quale l’utilizzazione di mezzi tecnici e collaboratori non è a priori incompatibile con il requisito della prevalenza personale della prestazione, purché l’attività personale del collaboratore a progetto risulti decisiva e non limitata alla mera organizzazione di beni strumentali e/o del lavoro altrui (Cass.civ.sez.lav., sent. 19 aprile 2002, n. 5698).
E’ possibile che il collaborazione preveda esplicitamente nel contratto che in caso di impedimento (ad esempio per malattia, infortunio o eventi analoghi) il collaboratore possa farsi sostituire, per garantire
la prestazione concordata, con altro soggetto da esso stesso incaricato (e retribuito) previa accettazione da parte del committente (cosiddetta clausola di sostituibilità).
Per poter ottenere la certificazione, il contratto a progetto deve contenere almeno gli elementi di seguito descritti con riferimento ai quali l’art. 62 prevede la forma scritta ai fini probatori.
Pertanto, anche se non sussiste un effettivo vincolo della forma scritta, ai fini che qui interessano tali elementi sono essenziali per verificare ex ante una corretta impostazione del lavoro a progetto.
Gli elementi sono:
Indicazione della durata
Il contratto di lavoro a progetto deve essere a tempo determinato. L’apposizione del termine è un elemento assolutamente necessario ai fini della validità del contratto di lavoro a progetto.
Le parti per la cessazione del rapporto devono indicare espressamente una data oppure, individuare un evento certo al verificarsi del quale il rapporto si conclude (cosiddetto termine indiretto).
Non ponendo la legge limiti alla durata del contratto, questa può anche essere di anni, purché il termine sia comunque certo o determinabile. In questi casi si imporrà un maggior rigore nel verificare tale durata in relazione alla esecuzione e realizzazione dello specifico progetto o programma previsto dal contratto di lavoro a progetto.
La prestazione oggetto del contratto deve essere finalizzata alla realizzazione di una specifica opera o servizio, ed esaurirsi con esso.
Il contratto può contemplare anche una prestazione che non si esaurisce con la realizzazione di un determinato risultato, ma si ripete nel tempo, purché essa sia in concreto funzionale ad un'attività e ad un'esigenza del committente temporalmente definita o definibile.
La Commissione dovrà valutare nel merito se la durata della prestazione è coerente con il tempo fisiologico occorrente per raggiungere il risultato specifico dedotto in contratto.
Rinnovo e proroga
In caso di rinnovo, ovvero di proroga del rapporto, la Commissione deve procedere alle seguenti valutazioni:
• è ammesso il rinnovo del contratto di collaborazione coordinata e continuativa per la realizzazione di più progetti o programmi di lavoro tra il medesimo committente e collaboratore. Tuttavia, la
reiterazione dei contratti a progetto tra le medesime parti, anche se riferiti a progetti diversi - e soprattutto se avviati senza soluzione di continuità tra loro - potrebbe apparire finalizzata a soddisfare un'esigenza non temporanea del committente, nonché ad eludere la delimitazione temporale tipica del lavoro a progetto. In questo caso è opportuno che la prova dei requisiti di legittimità dei singoli contratti fornita dalle parti - ed in particolare la prova della sussistenza dei diversi progetti - sia particolarmente rigorosa;
• il contratto a progetto può essere prorogato dalle parti quando tale proroga si renda necessaria per la realizzazione del progetto medesimo che non si è concluso nei tempi originariamente previsti. Non può essere certificato una contratto che preveda una proroga incondizionata del rapporto di lavoro, poiché la proroga modifica uno degli elementi oggetto della certificazione. Per prorogare una contratto oggetto di certificazione è necessario che le parti, quindici giorni prima della scadenza contrattuale, trasmettano alla Commissione una espressa richiesta adeguatamente motivata. La Commissione potrà estendere la certificazione per la maggiore durata richiesta dalle parti anche senza una ulteriore audizione. In ogni caso, il nuovo provvedimento di certificazione o di diniego deve essere emesso prima della scadenza originaria del contratto. Nel caso in cui un contratto oggetto di certificazione venga prorogato dalle parti autonomamente (ossia, senza la sopra indicata procedura agevolata di certificazione) cessano gli effetti della certificazione sul contratto medesimo. E’ evidente la legittimità della proroga del contratto quando il risultato pattuito non sia stato raggiunto nel termine originario stabilito dal contratto. Né possono negarsi proroghe del contratto aventi ad oggetto un progetto nuovo od affine, purché comprovate esigenze effettive lo giustifichino. Più problematica la possibilità di concedere proroghe prive di adeguate obiettive giustificazioni (da negare tout court) o per un progetto identico a quello originario.
Progetto o programma di lavoro, o fasi di esso
Il collaboratore non offre le proprie energie lavorative, come nel lavoro subordinato, ma svolge un’attività finalizzata alla realizzazione di un'opera o un servizio, che deve essere predeterminata dalle parti e che, essendo per definizione continuativa nel tempo, presuppone una pianificazione del lavoro, che poi verrà svolto dal lavoratore in autonomia.
Non è necessario distinguere nel contratto se l’attività sia riconducibile ad una nozione di progetto, ovvero a quella di programma, purché l’attività abbia le caratteristiche sopra indicate, affinché valga ad
individuare in concreto la prestazione lavorativa cui è tenuto il collaboratore, la cui determinazione compete al committente.
L’attività del collaboratore deve:
• caratterizzarsi per la specificità;
• conservare margini di autonomia, ancorché coordinabili con l’organizzazione del committente;
• essere valutata e valutabile indipendentemente dal tempo di esecuzione. La Commissione dovrà, quindi, considerare che:
• Non può essere ritenuto legittimo un progetto o programma che riproduce sostanzialmente l’oggetto sociale della società senza individuare un azione economica specifica che possa essere ricondotta ad un risultato “interno” e specifico allo scopo societario;
• Nell’ipotesi di istanza di certificazione relativa a più contratti a progetto aventi le stesse caratteristiche è necessario valutare le motivazioni che giustificano il coinvolgimento di più lavoratori autonomi per la realizzazione del risultato;
• Qualora in azienda siano presenti lavoratori subordinati che svolgono prestazioni analoghe a quelle oggetto del contratto di collaborazione da certificare, le parti devono evidenziare in modo molto rigoroso gli elementi di autonomia dell’attività;
• L’attività deve dar luogo ad un chiaro risultato finale o al soddisfacimento di un’esigenza temporanea del committente;
• Non sono agevolmente individuabili i requisiti del lavoro a progetto in quelle attività che per le consuete modalità di svolgimento legate alla natura della prestazione presuppongono di norma la sottoposizione al potere direttivo e gerarchico di un preposto. Per questo motivo non sono ammesse alla certificazione le seguenti prestazioni:
o commessi
o camerieri
o addetti alla somministrazione di cibi e bevande
o operai edili che svolgono attività meramente esecutive
o prestazioni rese nell’ambito di call center per servizi cosiddetti IN BOUND
o attività di segreteria
o addetti alla pulizia
Corrispettivo e i criteri per la sua determinazione
E’ necessario che il contratto preveda:
• un compenso in funzione del risultato finale
• i tempi di erogazione del compenso liberamente scelti dalle parti
• le modalità di pagamento del compenso.
La previsione di un compenso orario per il collaboratore non è incompatibile con il lavoro a progetto, purché tale previsione sia coerente e funzionale con la tipologia di prestazione da svolgere.
Non è indispensabile che venga prevista una specifica disciplina dei rimborsi spese.
Forme di coordinamento del lavoratore
L'art. 62 comma 1, lett. d) del decreto stabilisce che nel contratto devono essere presenti le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomia nella esecuzione dell'obbligazione lavorativa.
La previsione di vincoli di orario per il collaboratore non è incompatibile con il lavoro a progetto, purché tale vincolo sia necessario in funzione del coordinamento tra il collaboratore stesso e l'organizzazione produttiva del committente (ad esempio, può essere richiesto che l’attività venga svolta in azienda solo in una parte della giornata).
La Commissione dovrà porre molta attenzione alle modalità di svolgimento della prestazione. Le parti potranno prevedere, laddove le caratteristiche dell’attività lo necessitano, l’utilizzo delle attrezzature del committente descrivendo in contratto in modo dettagliato le modalità applicative.
Le misure per la tutela della salute e sicurezza
L’art. 62, comma 1, lett. e) del decreto stabilisce che devono essere contenuti nel contratto “le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto, fermo restando quanto disposto dall'articolo 66, comma 4”.
Il richiamato articolo 66, comma 4 stabilisce che “ai rapporti che rientrano nel campo di applicazione del presente capo si applicano le norme sulla sicurezza e igiene del lavoro di cui al decreto legislativo
n. 626 del 1994 e successive modifiche e integrazioni, quando la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente”.
In altri termini, in sede di predisposizione del contratto anche in relazione alle modalità di svolgimento dell’attività occorrerà valutare l’opportunità di estendere le norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro anche ai collaboratori a progetto.
Il Ministero del Lavoro con la circolare n. 1/2004 ha fatto presente al riguardo che “…occorrerà naturalmente considerare che, stante la ratio del d.lgs. n. 626 - principalmente orientata alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori subordinati, ed alla corrispondente responsabilizzazione dei datori di lavoro - non poche prescrizioni di tale provvedimento (per lo più sanzionate penalmente) risultano di problematica applicazione nei confronti di figure, come quelle dei collaboratori, fortemente connotate da una componente di autonomia nello svolgimento della prestazione (in funzione del risultato, ancorché nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente). Non a caso, per i lavoratori autonomi (figure, sotto questo profilo, assai prossime ai collaboratori) lo stesso d.lgs. 626 ha previsto uno specifico regime di tutela (art. 7).”.
Sul punto deve inoltre aversi adeguato riguardo del più recente orientamento legislativo (art. 2, co. 1, lett. a, d.lgs. n. 81/08), che quanto alla tutela della salute, equipara integralmente il collaboratore a progetto al lavoratore subordinato, nel caso in cui l’attività lavorativa venga svolta nei luoghi di lavoro del committente.
SCHEMA RIEPILOGATIVO LINEE GUIDA LAVORO A PROGETTO | |
Committenti | Possono stipulare questi contratti soggetti: • imprenditori; • non imprenditori (sia per l’attività istituzionali sia per l’eventuale attività commerciale); • professionisti; • cittadini privati. |
Lavoratori | La figura di collaboratore: • non può essere ricoperta da soggetti societari; • non è legittima in presenza di un elevato numero di ausiliari del collaboratore e/o significativo impiego di capitali poiché la collaborazione deve essere prevalentemente personale. |
Ipotesi di esclusione | Le disposizioni sul lavoro a progetto non sono obbligatorie nelle seguenti ipotesi: • collaborazioni coordinate e continuative di durata non superiore a 30 giorni con compenso non superiore a 5.000 euro per ciascun committente, ovvero, nell'ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore; • agenti e rappresentanti di commercio; • professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data del 24 ottobre 2003; • attività comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal C.O.N.I., |
come individuate e disciplinate dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (si veda l’elenco a seguire); • componenti di organi di amministrazione e controllo di società; • partecipanti a collegi e commissioni compresi gli organismi aventi natura tecnica; • soggetti che percepiscono la pensione di vecchiaia oppure i titolari di pensione di anzianità o di invalidità che abbiano raggiunto il 65° anno di età se uomini e 60 anni di età se donne. | |
Autonomia | Nel contratto non devono risultare clausole che disciplinino: • modalità dettagliate di svolgimento dell’incarico affidato al collaboratore (sono comunque ammessi da parte del committente indirizzi di ordine generale) • l’inserimento del collaboratore nella struttura gerarchica del committente • un assiduo e costante controllo sulle modalità di esecuzione dell’incarico affidato al collaboratore • l’esercizio di un potere disciplinare nei confronti del lavoratore |
La durata | Il contratto di lavoro a progetto deve essere a tempo determinato. La durata va indicata in contratto: • con una data finale oppure, • mediante un evento al verificarsi del quale il rapporto si conclude. Tale evento deve essere ben individuabile. La Commissione deve verificare che la durata del contratto sia coerente con il tempo fisiologico occorrente per raggiungere il risultato specifico dedotto in contratto |
Progetto o programma di lavoro e | • non è necessario distinguere nel contratto se l’attività |
attività del collaboratore | sia riconducibile ad una nozione di progetto, ovvero a |
quella di programma • non è legittimo un progetto o programma che | |
riproduce sostanzialmente l’oggetto sociale della | |
società senza individuare un azione economica | |
specifica che possa essere ricondotta ad un risultato | |
“interno” allo scopo societario, risultato da riferirsi | |
all’attività dell’azienda e non a quella del lavoratore • nell’ipotesi di istanza di certificazione relativa a più | |
contratti a progetto aventi le stesse caratteristiche è | |
necessario valutare le motivazioni che giustificano il | |
coinvolgimento di più lavoratori autonomi per la | |
realizzazione del risultato • qualora in azienda siano presenti lavoratori | |
subordinati che svolgono prestazioni analoghe a | |
quelle che sono oggetto del contratto di | |
collaborazione da certificare le parti devono | |
evidenziare in modo molto rigoroso gli elementi di | |
autonomia dell’attività e le distinzioni con il lavoro | |
subordinato • non sono agevolmente individuabili i requisiti del | |
lavoro a progetto nelle attività che per le consuete | |
modalità di svolgimento legate alla natura della | |
prestazione presuppongono di norma la | |
sottoposizione al potere direttivo e gerarchico di un | |
preposto. Per questo motivo non sono ammesse alla | |
certificazione le seguenti prestazioni: | |
o commessi o camerieri o addetti alla somministrazione di cibi e |
bevande al pubblico o operai edili che svolgono attività meramente esecutive o prestazioni rese nell’ambito di call center per servizi cosiddetti in bound o attività di segreteria o addetti alla pulizia | |
Corrispettivo | E’ necessario che il contratto preveda: • un compenso in funzione del risultato. La previsione di un compenso orario per il collaboratore non è incompatibile con il lavoro a progetto, purché tale previsione sia coerente e funzionale con la tipologia di prestazione da svolgere • i tempi di erogazione del compenso liberamente scelti dalle parti • le modalità di pagamento del compenso Non è indispensabile che venga prevista una specifica disciplina dei rimborsi spese. |
Coordinamento | La Commissione deve verificare che il contratto preveda forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente nell’ esecuzione della prestazione lavorativa. Vincoli di orario per il collaboratore non sono incompatibili con il lavoro a progetto, purché essi siano necessari in funzione del coordinamento tra il collaboratore stesso e l'organizzazione produttiva del committente. Le parti potranno prevedere, laddove le caratteristiche dell’attività lo necessitino, l’utilizzo delle attrezzature del committente descrivendo in contratto in modo dettagliato le modalità applicative |
Misure di sicurezza | Se lo svolgimento dell’attività è prevalentemente interna |
all’azienda è opportuno che il contratto preveda clausole di tutela sulla sicurezza dei luoghi di lavoro anche ai collaboratori a progetto | |
Xxxxxxx | La Commissione non certifica un contratto che prevede una proroga incondizionata della durata. Per prorogare un contratto oggetto di certificazione è necessario che le parti, quindici giorni prima della scadenza originaria, trasmettano alla Commissione una espressa richiesta adeguatamente motivata. La Commissione: • valuta di estendere la certificazione per la maggiore durata richiesta dalle parti anche senza una ulteriore audizione • comunica alle parti l’esito di tale valutazione prima della scadenza originaria del contratto Se il contratto a progetto oggetto di certificazione è prorogato dalle parti senza la descritta procedura cessano gli effetti della certificazione sul contratto medesimo. |
Rinnovo del contratto | E’ ammesso che il medesimo committente e collaboratore possano stipulare in successione autonomi contratti di collaborazione coordinata e continuativa per la realizzazione di più progetti o programmi di lavoro. In questo caso è opportuno che la prova dei requisiti di legittimità dei singoli contratti - ed in particolare la prova della sussistenza dei diversi progetti - sia particolarmente rigorosa. |
LE FEDERAZIONI SPORTIVE RICONOSCIUTE DAL CONI
AERO CLUB D’ITALIA (AeCI)
FEDERAZIONE ITALIANA PALLACANESTRO (FIP) AUTOMOBILE CLUB D’ITALIA (ACI) FEDERAZIONE ITALIANA PALLAVOLO (FIPAV)
FEDERAZIONE ITALIANA ATLETICA LEGGERA (FIDAL) FEDERAZIONE ITALIANA PENTATHLON MODERNO (FIPM) FEDERAZIONE ITALIANA BADMINTON (FIBa)
FEDERAZIONE ITALIANA PESCA SPORTIVA E ATTIVITÀ SUBACQUEE (FIPSAS) FEDERAZIONE ITALIANA BASEBALL SOFTBALL (FIBS)
FEDERAZIONE ITALIANA PESISTICA E CULTURA FISICA (FIPCF) FEDERAZIONE ITALIANA BOCCE (FIB)
FEDERAZIONE PUGILISTICA ITALIANA (FPI)
FEDERAZIONE ITALIANA DISCIPLINE ARMI SPORTIVE DA CACCIA (FIDASC) FEDERAZIONE ITALIANA RUGBY (FIR)
FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO (FIGC) FEDERAZIONE ITALIANA SCHERMA (FIS) FEDERAZIONE ITALIANA CANOA KAYAK (FICK) FEDERAZIONE ITALIANA SCI NAUTICO (FISN) FEDERAZIONE ITALIANA CANOTTAGGIO (FIC) FEDERAZIONE ITALIANA SPORT DEL GHIACCIO (FISG) FEDERAZIONE CICLISTICA ITALIANA (FCI) FEDERAZIONE ITALIANA SPORT DISABILI (FISD) FEDERAZIONE ITALIANA CRONOMETRISTI (FICr) FEDERAZIONE ITALIANA SPORT EQUESTRI (FISE) FEDERAZIONE GINNASTICA D’ITALIA (FGI) FEDERAZIONE ITALIANA SPORT INVERNALI (FISI) FEDERAZIONE ITALIANA GOLF (FIG)
FEDERAZIONE ITALIANA TAEKWONDO (FITA)
FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO HANDBALL (FIGH) FEDERAZIONE ITALIANA TENNIS (FIT) FEDERAZIONE ITALIANA HOCKEY (FIH) FEDERAZIONE ITALIANA TENNISTAVOLO (FITET)
FEDERAZIONE ITALIANA HOCKEY E PATTINAGGIO (FIHP) UNIONE ITALIANA TIRO A SEGNO (UITS)
FEDERAZIONE ITALIANA JUDO LOTTA KARATE ARTI MARZIALI (FIJLKAM) FEDERAZIONE ITALIANA TIRO A VOLO (FITAV)
FEDERAZIONE MEDICO SPORTIVA ITALIANA (FMSI) FEDERAZIONE ITALIANA TIRO CON L’ARCO (FITARCO) FEDERAZIONE MOTOCICLISTICA ITALIANA (FMI) FEDERAZIONE ITALIANA TRIATHLON (FITRI) FEDERAZIONE ITALIANA MOTONAUTICA (FIM) FEDERAZIONE ITALIANA VELA (FIV)
FEDERAZIONE ITALIANA NUOTO (FIN)
DISCIPLINE ASSOCIATE
FEDERAZIONE ARRAMPICATA SPORTIVA ITALIANA (FASI) FEDERAZIONE ITALIANA PALLAPUGNO (FIPAP) FEDERAZIONE ITALIANA SPORT BOWLING (FISB) FEDERAZIONE ITALIANA PALLATAMBURELLO (FIPT) FEDERAZIONE ITALIANA GIOCO BRIDGE (FIGB) FEDERAZIONE SCACCHISTICA ITALIANA (FSI)
FEDERAZIONE ITALIANA CANOTTAGGIO SEDILE FISSO (FICSF) FEDERAZIONE ITALIANA SPORT SILENZIOSI (FISS) FEDERAZIONE CRICKET ITALIANA (FCrI)
FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO SQUASH (FIGS) FEDERAZIONE ITALIANA DAMA (FID) FEDERAZIONE ITALIANA TWIRLING (FITw) FEDERAZIONE ITALIANA DANZA SPORTIVA (FIDS) FEDERAZIONE ITALIANA WUSHU KUNG FU (FIWuK)
FEDERAZIONE ITALIANA GIOCHI E SPORT TRADIZIONALI (FIGeST) FEDERAZIONE ITALIANA SPORT ORIENTAMENTO (FISO)
ENTI DI PROMOZIONE SPORTIVA
ALLEANZA SPORTIVA ITALIANA (A.S.I.)
CENTRO SPORTIVO EDUCATIVI NAZIONALE (C.S.E.N.) ASSOCIAZIONE CENTRI SPORTIVI ITALIANI (A.C.S.I.) CENTRO SPORTIVO ITALIANO (C.S.I.)
ENTE NAZIONALE DEMOCRATICO DI AZIONE SOCIALE (E.N.D.A.S.) CENTRO UNIVERSITARIO SPORTIVO ITALIANO (C.U.S.I.) ASSOCIAZIONE ITALIANA CULTURA E SPORT (A.I.C.S.) MOVIMENTO SPORTIVO PROMOZIONALE ITALIA (M.S.P.I.)
CENTRI SPORTIVI AZIENDALI INDUSTRIALI (X.X.X.Xx.) POLISPORTIVE GIOVANILI SALESIANE (P.G.S.)
CENTRO NAZIONALE SPORTIVO LIBERTAS (C.N.S. Libertas) UNIONE ITALIANA SPORT PER TUTTI (U.I.S.P.)
CENTRO SPORTIVO NAZIONALE FIAMMA (C.N.S. FIAMMA) UNIONE SPORTIVA ACLI (U.S. ACLI)
2. COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE
Le forme di collaborazione coordinata e continuativa non riconducibili al progetto o programma di lavoro sono ammesse solo nelle ipotesi previste dall’art. 61 comma 2 del decreto.
In particolare, al fine che qui interessa si tratta di collaborazioni aventi le seguenti caratteristiche:
• di durata non superiore a 30 giorni con compenso non superiore a 5.000 euro, per ciascun committente;
• attività comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal C.O.N.I., come individuate e disciplinate dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (si veda il precedente elenco);
• Componenti di organi di amministrazione e controllo di società;
• Partecipanti a collegi e commissioni compresi gli organismi aventi natura tecnica;
• Soggetti che percepiscono la pensione di vecchiaia oppure i titolari di pensione di anzianità o di invalidità che abbiano raggiunto il 65° anno di età se uomini e 60 anni di età se donne.
In via generale, l’attività oggetto della collaborazione coordinata e continuativa può riguardare sia l’attività tipica dell’azienda sia un’attività accessoria a quest’ultima.
Sotto il profilo soggettivo il rapporto di collaborazione può essere instaurato anche con un soggetto non imprenditore; ossia, con enti non commerciali (sia per l’attività istituzionali sia per l’eventuale attività commerciale), professionisti o cittadini privati.
E’ ammessa un’attività di lavoro coordinato e continuativo anche nell’ipotesi in cui il contratto collettivo nazionale di lavoro preveda, per determinate figure professionali, lo svolgimento della prestazione attraverso un contratto di lavoro subordinato.
LE LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE
Oltre agli indici di valutazione relativi alla mancanza del vincolo di subordinazione, alla continuità, al coordinamento e alla personalità della prestazione, per i quali si rinvia a quanto precisato nella sezione del lavoro a progetto, la Commissione è chiamata a valutare alcuni specifici elementi anche se non sussiste un effettivo vincolo giuridico della forma scritta. Ciò in quanto essi determinano una corretta impostazione del rapporto.
Gli elementi sono:
Indicazione della durata
Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa può essere stipulato dall'azienda per ottenere dal collaboratore una prestazione sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato.
Il contratto può contemplare anche una prestazione che non si esaurisce con la realizzazione di un determinato risultato, ma si ripete nel tempo, purché essa sia in concreto funzionale ad un'attività e ad un'esigenza del committente.
Modalità di esecuzione dell’opera o del servizio
Il collaboratore non offre le proprie energie lavorative, come nel lavoro subordinato, ma svolge un’attività finalizzata alla realizzazione di un'opera o un servizio, che deve essere predeterminata dalle parti e che, essendo per definizione continuativa nel tempo, presuppone una pianificazione del lavoro, che poi verrà svolto dal lavoratore in autonomia. Inoltre, il tempo di esecuzione del lavoro di regola non rileva per la quantificazione della prestazione e per la determinazione del compenso.
È, tuttavia, possibile che il contratto preveda alcuni vincoli in funzione delle esigenze di coordinamento tra il collaboratore e l'organizzazione produttiva del committente.
Si sottolinea, quindi, che la previsione di vincoli di orario per il collaboratore non è incompatibile con il lavoro coordinato e continuativo, purché tale vincolo sia necessario in funzione del coordinamento tra il collaboratore stesso e l'organizzazione produttiva del committente.
L’attività del collaboratore deve in ogni caso caratterizzarsi:
• per la specificità;
• per i rilevanti margini di autonomia, ancorché coordinabili con l’organizzazione del committente;
• per essere valutata e valutabile indipendentemente dal tempo di esecuzione.
Sulla scorta delle indicazioni sopra fornite si fa presente quanto segue:
• nell’ipotesi di istanza di certificazione relativa a più collaborazioni coordinate e continuative aventi le stesse caratteristiche è necessario valutare le motivazioni che giustificano il coinvolgimento di
più lavoratori autonomi per la realizzazione del risultato (al fini di evitare che l’ordinaria attività dell’azienda sia realizzata con soli collaboratori coordinati e continuativi);
• qualora in azienda siano presenti lavoratori subordinati che svolgono prestazioni che sono oggetto del contratto di collaborazione da certificare le parti devono evidenziare in modo molto rigoroso gli elementi di autonomia dell’attività da svolgere
• non sono agevolmente individuabili i requisiti del lavoro coordinato e continuativo in quelle attività che per le consuete modalità di svolgimento legate alla natura della prestazione presuppongono di norma la sottoposizione al potere direttivo e gerarchico di un preposto. Per questo motivo non sono ammesse alla certificazione le seguenti prestazioni:
o commessi
o camerieri
o addetti alla somministrazione di cibi e bevande
o operai edili che svolgono attività meramente esecutive
o prestazioni rese nell’ambito di call center per servizi cosiddetti IN BOUND
o attività di segreteria
o addetti alla pulizia
Corrispettivo e i criteri per la sua determinazione
E’ necessario che il contratto preveda un compenso in funzione del risultato. La previsione di un compenso orario per il collaboratore non è incompatibile con il lavoro autonomo coordinato e continuativo, purché tale previsione sia coerente e funzionale con la tipologia di prestazione da svolgere.
Il contratto deve contenere i tempi di erogazione del compenso che potranno essere mensili o settimanali, ma anche giornalieri è ciò in base alla convenienza delle parti.
E' necessario che venga indicato nel contratto anche la modalità di pagamento del compenso. Non è indispensabile che venga prevista una specifica disciplina dei rimborsi spese.
Le forme di coordinamento della prestazione
E’ opportuno che nel contratto siano presenti le forme di coordinamento del lavoratore al committente sull’esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomia nella esecuzione dell'obbligazione lavorativa.
A questo riguardo, si ritiene che sia consentito, laddove vi sia un'esigenza aziendale e in funzione del tipo di attività da svolgere, che le parti stabiliscano in contratto un arco temporale entro cui venga eseguita la prestazione che può essere su base giornaliera, settimanale, mensile o annuale; in ogni caso, all’interno delle pattuizioni il collaboratore gestisce il risultato in piena autonomia.
Anche le modalità con cui devono essere svolte le prestazioni contrattuali rivestono fondamentale importanza. Le parti inoltre potranno prevedere, laddove le caratteristiche dell’attività lo necessitino, lo svolgimento dell’attività all’interno della struttura aziendale descrivendo in contratto in modo dettagliato le modalità applicative.
SCHEMA RIEPILOGATIVO LINEE GUIDA COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE | |
Committenti | Possono stipulare questi contratti soggetti: • imprenditori • non imprenditori (sia per l’attività istituzionali sia per l’eventuale attività commerciale), • professionisti • cittadini privati |
Lavoratori | La figura di collaboratore: • non può essere ricoperta da soggetti societari • non è legittima in presenza di un elevato numero di ausiliari del collaboratore e/o significativo impiego di capitali |
Ipotesi tassative ammesse | Le collaborazioni coordinate e continuative non ricondotte a progetto sono ammesse nelle seguenti ipotesi: • durata non superiore a 30 giorni con compenso non superiore a 5.000 euro, per ciascun committente ovvero, nell'ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore; • agenti e rappresentanti di commercio disciplinate da disposizioni specifiche; • professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data del 24 ottobre 2003; • associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e a gli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni (si veda tabella allegata alle |
linee guida sul lavoro a progetto); • componenti di organi di amministrazione e controllo di società; • partecipanti a collegi e commissioni compresi gli organismi aventi natura tecnica; • soggetti che percepiscono la pensione di vecchiaia oppure i titolari di pensione di anzianità o di invalidità che abbiano raggiunto il 65° anno di età se uomini e 60 anni di età se donne. | |
Autonomia | Nel contratto non devono risultare clausole che disciplinino: • modalità dettagliate di svolgimento dell’incarico affidato al collaboratore (sono comunque ammessi da parte del committente indirizzi di ordine generale); • l’inserimento del collaboratore nella struttura gerarchica del committente; • un assiduo e costante controllo sulle modalità di esecuzione dell’incarico affidato al collaboratore; • l’esercizio di un potere disciplinare nei confronti del lavoratore. |
La durata | Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa può essere stipulato dall'azienda per ottenere dal collaboratore una prestazione sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato. Se il contratto è a tempo determinato la durata va indicata: • espressamente oppure, • mediante un evento al verificarsi del quale il rapporto si conclude. Tale evento deve essere ben individuabile. |
La Commissione deve verificare che la durata del contratto sia coerente con il tempo fisiologico occorrente per raggiungere il risultato specifico dedotto in contratto | |
Svolgimento della prestazione | • L’attività del collaboratore deve dar luogo ad un chiaro risultato finale, oppure al soddisfacimento di un’esigenza temporanea del committente. In particolare deve: o caratterizzarsi per la specificità o conservare margini di autonomia, ancorché coordinabili con l’organizzazione del committente o essere valutata e valutabile indipendentemente dal tempo di esecuzione • Nell’ipotesi di istanza di certificazione relativa a più contratti di collaborazione aventi le stesse caratteristiche è necessario valutare le motivazioni che giustificano il coinvolgimento di più lavoratori autonomi per la realizzazione del risultato • Qualora in azienda siano presenti lavoratori subordinati analoghe a quelle che svolgono prestazioni che sono oggetto del contratto di collaborazione da certificare le parti devono evidenziare in modo molto rigoroso gli elementi di autonomia dell’attività e le distinzioni con il lavoro subordinato • Non sono agevolmente individuabili i requisiti del lavoro coordinato e continuativo nelle attività che per le consuete modalità di svolgimento legate alla natura della prestazione presuppongono di norma la sottoposizione al potere direttivo e gerarchico di un preposto. Per questo motivo non sono ammesse alla |
certificazione le seguenti prestazioni: o commessi o camerieri o addetti alla somministrazione di cibi e bevande al pubblico o operai edile che svolgono attività meramente esecutive o prestazioni rese nell’ambito di call center per servizi cosiddetti in bound o attività di segreteria o addetti alla pulizia | |
Corrispettivo | E’ necessario che il contratto preveda: • un compenso in funzione del risultato. La previsione di un compenso orario per il collaboratore non è incompatibile con il lavoro coordinato e continuativo, purché tale previsione sia coerente e funzionale con la tipologia di prestazione da svolgere • i tempi di erogazione del compenso liberamente scelti dalle parti • le modalità di pagamento del compenso Non è indispensabile che venga prevista una specifica disciplina dei rimborsi spese. |
Coordinamento | La Commissione deve verificare che il contratto preveda forme di coordinamento del lavoratore coordinato e continuativo al committente sulla esecuzione della prestazione lavorativa. Vincoli di orario per il collaboratore non sono incompatibili con il lavoro coordinato e continuativo, purché essi siano necessari in funzione del coordinamento tra il collaboratore stesso e l'organizzazione produttiva del committente. |
Le parti potranno prevedere, laddove le caratteristiche dell’attività lo necessitano, l’utilizzo delle attrezzature del committente descrivendo in contratto in modo dettagliato le modalità applicative | |
Misure di sicurezza | Se lo svolgimento dell’attività è prevalentemente interna all’azienda è opportuno che il contratto preveda clausole di tutela sulla sicurezza dei luoghi di lavoro anche ai collaboratori coordinati e continuativi |
Xxxxxxx | La Commissione non certifica un contratto che prevede una proroga incondizionata della durata. Per prorogare una contratto oggetto di certificazione è necessario che le parti, quindici giorni prima della scadenza originaria, trasmettano alla Commissione una espressa richiesta adeguatamente motivata. La Commissione: • valuta di estendere la certificazione per la maggiore durata richiesta dalle parti anche senza una ulteriore audizione • comunica alle parti l’esito di tale valutazione prima della scadenza originaria del contratto Se il contratto oggetto di certificazione è prorogato dalle parti senza la descritta procedura cessano gli effetti della certificazione sul contratto medesimo. |
Rinnovo del contratto | E’ ammesso che il medesimo committente e collaboratore possano stipulare in successione autonomi contratti di collaborazione coordinata e continuativa per la realizzazione di più attività |
3. PRESTAZIONI OCCASIONALI (art. 61, comma 2 del D.Lgs. 276/2003)
L’art. 61 comma 2 del decreto stabilisce che sono escluse dal lavoro a progetto le prestazioni occasionali di durata non superiore a 30 giorni con compenso non superiore a 5.000 euro, per ciascun committente. Si tratta di rapporti pur sempre riconducibili a forme di collaborazione coordinata e continuativa anche se di minima entità.
Tali attività possono essere svolte nell’ambito di qualsiasi settore economico e non è previsto dalla norma alcun vincolo soggettivo.
L’attività oggetto della collaborazione coordinata e continuativa può riguardare sia l’attività tipica dell’azienda sia un’attività accessoria a quest’ultima.
I rapporti in esame si concretizzano qualora l’attività si sviluppi in una pluralità di prestazioni programmate distinte e contrattualmente autonome, rese per adempiere il contenuto di convenzioni susseguitesi in un arco temporale. In questo caso, le parti dovranno presentare alla Commissione distinti accordi contrattuali che complessivamente non eccedano una durata di 30 giorni e un compenso di 5.000 euro ovvero, nell'ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore. Se tra le parti mancante una puntuale programmazione delle attività, la Commissione di volta in volta e per ciascuna prestazione valuterà progressivamente il rispetto dei predetti requisiti di 30 giorni di durata e 5.000 euro di compenso.
Trattando pur sempre rapporti di collaborazione coordinata e continuativa è necessario il rispetto dei requisiti previsti dall’articolo 409 punto 3 del c.p.c.
LE LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE
Oltre agli indici di valutazione relativi alla mancanza del vincolo di subordinazione, alla continuità, al coordinamento e alla personalità della prestazione, per i quali si rinvia a quanto precisato nella sezione del lavoro a progetto, la Commissione è chiamata a valutare alcuni specifici elementi anche se non sussiste un effettivo vincolo giuridico della forma scritta. Ciò in quanto essi determinano una corretta impostazione del rapporto.
Gli elementi sono:
Indicazione della durata
Per le caratteristiche della tipologia contrattuale in esame la durata non può che essere a tempo determinato.
In questo caso, la Commissione deve verificare che dalla pluralità dei contratti di collaborazione oggetto di certificazione non emerga una durata complessiva superiore a 30 giorni.
La verifica va effettuata in base all’anno solare, ossia, al fine che qui interessa, corrispondente al periodo 1 gennaio – 31 dicembre così come indicato nel principio n. 1 del 16 marzo 2004.
Le parti devono attestare che precedentemente al contratto oggetto di certificazione non siano stati avviati rapporti che determinano il superamento nell’anno solare del periodo di 30 giorni.
Modalità di esecuzione dell’opera o del servizio
Il collaboratore non offre le proprie energie lavorative, come nel lavoro subordinato, ma svolge un’attività finalizzata alla realizzazione di un'opera o un servizio, che deve essere predeterminata dalle parti e che, essendo per definizione continuativa nel tempo, presuppone una pianificazione del lavoro, che poi verrà svolto dal lavoratore in autonomia.
Sulla scorta delle indicazioni sopra fornite si fa presente quanto segue:
• nell’ipotesi di istanza di certificazione relativa a più collaborazioni coordinate e continuative aventi le stesse caratteristiche è necessario valutare le motivazioni che giustificano il coinvolgimento di più lavoratori autonomi per la realizzazione del risultato (ai fini di evitare che l’ordinaria attività dell’azienda sia realizzata con soli collaboratori coordinati e continuativi);
• qualora in azienda siano presenti lavoratori subordinati che svolgono prestazioni che sono oggetto del contratto di collaborazione da certificare le parti devono evidenziare in modo molto rigoroso gli elementi di autonomia dell’attività da svolgere
Il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione
E’ necessario che il contratto preveda un compenso in funzione del risultato. La previsione di un compenso orario per il collaboratore non è incompatibile con il lavoro autonomo coordinato e
continuativo, purché tale previsione sia coerente e funzionale con la tipologia di prestazione da svolgere.
Il contratto deve contenere i tempi di erogazione del compenso è ciò in base alla convenienza delle parti.
E' necessario che venga inserito nel contratto anche la modalità di pagamento del compenso. Non è indispensabile che venga prevista una specifica disciplina dei rimborsi spese.
In questo caso, la Commissione deve verificare che dalla pluralità dei contratti di collaborazione oggetto di certificazione non emerga un compenso superiore a 5.000 euro nell’anno solare come sopra individuato.
SCHEMA RIEPILOGATIVO LINEE GUIDA PRESTAZIONI OCCASIONALI (art. 61, comma 2 del D.Lgs. 276/2003) | |
Committenti e collaboratori | I committenti possono essere soggetti imprenditori e non imprenditori (sia per l’attività istituzionali sia per l’eventuale attività commerciale), professionisti o cittadini privati. La figura di collaboratore non può essere ricoperta da soggetti societari. Non è ammesso il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa in presenza di un elevato numero di ausiliari del collaboratore e/o significativo impiego di capitali. Si concretizzano i rapporti in esame qualora l’attività si sviluppi in una pluralità di prestazioni programmate distinte contrattualmente, rese per adempiere al contenuto di convenzioni susseguitesi in un arco temporale |
Attività ammesse | L’attività oggetto della collaborazione coordinata e continuativa può riguardare sia l’attività tipica |
dell’azienda sia un’attività accessoria a questa ultima. | |
Autonomia | Il contratto non può prevedere le modalità dettagliate di svolgimento dell’incarico affidato ma sono ammessi da parte del committente solo indirizzi di ordine generale. Il collaboratore non può essere inserito in una struttura gerarchica del committente e non sono ammesse clausole che prevedono un assiduo e costante controllo dell’incarico affidato. Il committente non può esercitare alcun potere disciplinare nei confronti del committente Inoltre: • nell’ipotesi di istanza di certificazione relativa a più collaborazioni coordinate e continuative aventi le stesse caratteristiche è necessario valutare le motivazioni che giustificano il coinvolgimento di più lavoratori autonomi per la realizzazione del risultato (al fine di evitare che l’ordinaria attività dell’azienda sia realizzata con soli collaboratori coordinati e continuativi); • qualora in azienda siano presenti lavoratori subordinati che svolgono prestazioni che sono oggetto del contratto di collaborazione da certificare le parti devono evidenziare in modo molto rigoroso gli elementi di autonomia dell’attività da svolgere |
Xxxxxxx del contratto | Qualora il contratto di collaborazione coordinata e continuativa costituisca un rinnovo di un precedente rapporto tra le parti, la Commissione non è tenuta ad effettuare particolari indagini di legittimità non essendo previste particolari condizioni da rispettare |
La durata | Per le caratteristiche della tipologia contrattuale in esame la durata non può che essere a tempo determinato. |
In questo caso, la Commissione deve verificare dalla pluralità dei contratti di collaborazione oggetto di certificazione che non emerga una durata complessiva superiore a 30 giorni, ovvero, nell'ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore. La verifica va effettuata in base all’anno solare, ossia, al fine che qui interessa, corrispondente al periodo 1 gennaio – 31 dicembre. | |
Corrispettivo | la Commissione deve verificare dalla pluralità dei contratti di collaborazione oggetto di certificazione che non emerga un compenso superiore a 5.000 euro. La verifica va effettuata in base al medesimo anno solare di riferimento della durata, ossia, al fine che qui interessa, corrispondente al periodo 1 gennaio – 31 dicembre. |
Xxxxxxx | Xxxxxx in astratto è possibile una proroga del contratto in esame, per la sua esiguità, si ritiene in concreto non realizzabile. |
4. LAVORO AUTONOMO – art. 2222 del codice civile
La disciplina generale delle prestazioni di lavoro autonomo trova la sua principale regolamentazione nell’art. 2222 del codice civile in cui questa figura si ricava solo “in negativo” cioè per esclusione, laddove non sono riscontrabili i requisiti della collaborazione coordinata e continuativa.
In questa categoria vi rientrano anche i cosiddetti rapporti di lavoro autonomo occasionale caratterizzati per l’interesse delle parti che si esaurisce al raggiungimento del risultato pattuito.
Xxxxxxxx in altra tipologia di rapporti, i contratti caratterizzati da un interesse durevole del prestatore di lavoro e del committente a svolgere nel tempo una o più prestazioni anche se non periodiche.
L’esame della natura occasionale del rapporto di cui all’art. 2222 del codice civile deve prescindere dalla misura del compenso e dal numero di prestazioni svolte, dal momento che sono comunque possibili tra le stesse parti anche più prestazioni di lavoro occasionale (Cass. 4 novembre 1982, n. 5801).
SCHEMA RIEPILOGATIVO LINEE GUIDA LAVORO AUTONOMO – ART. 2222 CODICE CIVILE | |
Committenti e lavoratori | I committenti possono essere soggetti imprenditori e non imprenditori (sia per l’attività istituzionali sia per l’eventuale attività commerciale), professionisti o cittadini privati. Il lavoratore deve essere una persona fisica e deve svolgere l’attività personalmente seppure con l’ausilio non prevalente di suoi collaboratori. |
Attività ammesse | L’attività oggetto della prestazione di lavoro autonomo può riguardare sia l’attività tipica dell’azienda sia un’attività accessoria a questa ultima. |
Autonomia | Nel contratto non devono risultare clausole che disciplinano: • modalità dettagliate di svolgimento dell’incarico affidato al collaboratore (sono comunque ammessi da parte del committente indirizzi di ordine generale) • l’inserimento del collaboratore nella struttura gerarchica del committente • un assiduo e costante controllo sulle modalità di esecuzione dell’incarico affidato al collaboratore • l’esercizio di un potere disciplinare nei confronti del lavoratore |
La durata | In via generale il contratto non ha limiti di durata in quanto in questa fattispecie manca il coordinamento La Commissione tuttavia, verifica che: • la prestazione non si protragga per un periodo significativo di tempo dal momento che in questo caso potrebbe rinvenirsi, nei fatti, il requisito del coordinamento; • il contratto non preveda una programmazione di prestazioni che dovranno essere svolte nel tempo nel qual caso va attentamente valutata la sussistenza della prestazione occasione di cui all’art. 61, comma 2 del D.Lgs. 276/2003. |
Corrispettivo | Non ci sono limiti alla misura del compenso pattuito dalle parti. Fermo restando il compenso complessivamente stabilito dalle parti, è ammessa la clausola contrattuale che preveda la sua erogazione in più tranche |
5. ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE CON RAPPORTO DI LAVORO
Il contratto di associazione in partecipazione è un contratto mediante il quale “l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto” (art. 2549 cod. civ.), che può consistere anche in un’attività lavorativa. La gestione spetta all’associante (art. 2552, comma 1, cod. civ.), ma l’associato ha sempre diritto al rendiconto dell’affare compiuto o al rendiconto annuale della gestione se questa si protrae per più di un anno (art. 2552, coma 3, cod. civ.). Il contratto può poi prevedere l’esercizio da parte dello stesso associato di forme (ulteriori) di controllo sull’impresa o sullo svolgimento dell’affare per cui l’associazione è stata contratta (art. 2552, comma 2, cod. civ.). Infine, salvo patto contrario, l’associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili, ma le perdite che colpiscono l’associato non possono superare il valore del suo apporto (art. 2553, cod. civ.).
Ne deriva pertanto un quadro nel quale la posizione dell’associato risulta significativamente distinta da quella tipica del lavoratore subordinato, dal quale differisce per gli effettivi poteri di controllo sulla gestione economica dell’impresa e relativa assunzione di rischio, a fronte di un connotato più blando delle istruzioni che gli provengono dall’associante, rispetto alle direttive impartite dal datore di lavoro al dipendente (Cass.civ.sez.lav. ,sent. 18 aprile 2007, n. 9264).
La durata e la proroga del contratto non sono regolate dalla legge, sicché si deve ritenere che il contratto di associazione in partecipazione possa essere sia a tempo determinato, con libertà di proroga, che a tempo indeterminato.
La giurisprudenza ha elaborato una serie di indici che consentono di distinguere – in particolar modo – tra l’associazione in partecipazione e il lavoro subordinato, indici che devono essere presi in considerazione ai fini della certificazione del contratto. Inoltre, il decreto è intervenuto sulla disciplina sostanziale del contratto di associazione in partecipazione, modificando ed integrando il quadro degli elementi essenziali per la sua qualificazione (art. 86, comma 2).
Il decreto introduce una disposizione dichiaratamente antifraudolenta (“al fine di evitare fenomeni elusivi della disciplina di legge e contratto collettivo”) secondo la quale “in caso di rapporti di associazione in partecipazione resi senza una effettiva partecipazione e adeguate erogazioni a chi lavora, il lavoratore ha diritto ai trattamenti contributivi, economici e normativi stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi per il lavoro subordinato svolto nella posizione corrispondente del medesimo settore di attività, o in mancanza di contratto collettivo, in una corrispondente posizione secondo il contratto di settore analogo, a meno che il datore di lavoro, o committente, o altrimenti utilizzatore
non comprovi, con idonee attestazioni o documentazioni, che la prestazione rientra in una delle tipologie di lavoro disciplinate nel presente decreto ovvero in contratto di lavoro subordinato speciale o con particolare disciplina, o in un contratto nominato di lavoro autonomo, o in altro contratto espressamente previsto nell’ordinamento”.
La disciplina del decreto ha dunque specificato ed integrato i requisiti costitutivi della nozione del contratto di associazione in partecipazione.
Di conseguenza, la certificazione del contratto di associazione in partecipazione deve tener conto delle norme del codice civile che regolano il contratto stesso (artt. 2549-2554), con la relativa elaborazione giurisprudenziale, nonché delle integrazioni introdotte dal sopra citato art. 86, comma 2, del decreto.
LE LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE
La Commissione per certificare il contratto di associazione in partecipazione deve considerare i seguenti elementi:
1) il lavoratore associato deve avere un effettivo potere di controllo sulla gestione economica dell’impresa, controllo che si esercita in particolare con il diritto al rendiconto periodico da parte dell’associante;
2) il corrispettivo deve essere aleatorio, in quanto commisurato agli utili dell’impresa (il prestatore assume così il rischio d’impresa), e adeguato al lavoro svolto dall’associato;
3) il lavoratore associato non deve essere sottoposto ad un vero e proprio potere gerarchico e disciplinare nei confronti dell’associante, ma al generico potere di quest’ultimo di impartire direttive per l’esecuzione del lavoro.
Potere di controllo
La giurisprudenza considera decisiva la effettiva sussistenza di un potere di controllo dell’associato, di regola esercitato attraverso la verifica del rendiconto. Peraltro, la mancanza del rendiconto può non essere decisiva, qualora il potere di controllo sia stato comunque utilmente esercitato dall’associato ovvero qualora l’omessa presentazione del rendiconto dipenda dall’inerzia dell’interessato.
Il requisito della “effettiva partecipazione” dell’associato previsto dall’art. 86, comma 2, del decreto rafforza il contenuto delle norme del codice civile in materia (artt. 2549 e 2552, commi 2 e 3), sottolineando la necessità che il concreto assetto dei rapporti contrattuali tra le parti consenta realmente l’esercizio del potere di controllo da parte dell’associato mediante la partecipazione alla gestione dell’impresa.
Aleatorietà del corrispettivo
L’utilità dell’associato consiste nella partecipazione agli utili, ed eventualmente alle perdite, dell’impresa dell’associante (o anche soltanto di un settore dell’impresa, se contabilmente distinto). In considerazione di tale peculiare criterio di determinazione del compenso dell’associato, la Commissione deve verificare che il contratto indichi i criteri attraverso i quali sarà individuato l’utile dell’impresa.
Si deve considerare compatibile con il tipo contrattuale in esame – oltre alla clausola, ammessa espressamente dalla legge (art. 2553 cod. civ.), secondo cui il prestatore partecipa alle perdite in misura diversa da quella in cui partecipa agli utili – anche la pattuizione che esclude del tutto la partecipazione alle perdite.
Sempre in considerazione del carattere rigorosamente aleatorio del contratto in questione, la Commissione non certifica contratti in cui è prevista la garanzia di un guadagno minimo per l’associato. Sono, invece, ammessi patti che stabiliscano il diritto dell’associato di percepire degli acconti periodici sul compenso finale (salvo conguaglio).
Per la medesima ragione, è altresì da escludere la certificazione dell’associazione in partecipazione ove sia previsto che l’associato partecipi ai ricavi anziché agli utili dell’impresa.
Per quanto attiene al requisito della “adeguata erogazione” dell’associato previsto dall’art. 86, comma 2, del decreto, esso comporta che la Commissione di certificazione deve verificare se la clausola di partecipazione agli utili del lavoratore compensi adeguatamente il lavoro che viene apportato a favore dell’impresa associante. Si tratta di un requisito essenziale del contratto in questione, poiché lo stesso art. 86, comma 2, prevede che in mancanza di tali erogazioni “adeguate” il contratto debba essere qualificato non come associazione in partecipazione ma come rapporto di lavoro subordinato o autonomo.
Quanto al concetto di adeguatezza del corrispettivo, esso è collegato al valore dell’apporto di lavoro che l’associato conferisce, in una misura che la legge non precisa e che la Commissione dovrà valutare utilizzando un criterio di ragionevolezza, escludendo le clausole in cui il compenso è palesemente fittizio o iniquo.
Peraltro, si segnala che il carattere di adeguatezza della partecipazione non significa garanzia di un determinato compenso a prescindere dalla produzione di utili da parte dell’impresa (poiché altrimenti verrebbe del tutto snaturato il carattere aleatorio del contratto in esame). Ne consegue che il contratto deve prevedere adeguate erogazioni a favore del lavoratore, ma sempre a condizione che l’impresa associante consegua effettivamente degli utili. In altre parole, se l’impresa non produce utili l’associato non ha diritto ad alcun compenso (e partecipa alle perdite, salvo patto contrario), mentre se l’impresa consegue utili l’associato non può non percepire una parte di essi adeguata al proprio apporto.
Autonomia dell’associato
Dal contratto non devono emergere ipotesi in cui l’associante preveda dettagliate modalità con le quali l’associato deve svolgere l’incarico affidato.
L’associante, tuttavia, può fornire nell’ambito dell’accordo contrattuale indirizzi di ordine generale cui l’associato è chiamato ad attenersi durante lo svolgimento della prestazione in piena autonomia.
Si dovrà evitare che dal contratto si ricavi una sostanziale inserimento dell’associato in una struttura gerarchica dell’associante. In altri termini, ad esempio, si dovrà evitare che un contratto preveda che l’associato coordini personale aziendale e che a sua volta sia coordinato da soggetti preposti del dall’associante.
Non potranno altresì essere presenti clausole che prevedono un assiduo e costante controllo dell’operato dell’associato durante il rapporto di lavoro. Il contratto, tuttavia, può prevedere accordi finalizzati alla verifica dello stato di avanzamento dei lavori affidati all’associato.
SCHEMA RIEPILOGATIVO LINEE GUIDA CONTRATTO DI ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE con associato lavoratore | |
Associante | Deve essere un soggetto imprenditore, indipendentemente dalla veste giuridica rivestita |
Associato | Deve essere un lavoratore, cioè una persona fisica che apporta il proprio lavoro con attività prevalentemente personale |
Attività ammesse | L’oggetto dell’associazione in partecipazione può riguardare sia l’attività tipica dell’azienda sia un’attività accessoria a quest’ultima. |
Potere di controllo dell’associato | Il contratto deve prevedere il potere di controllo dell’associato sulla gestione dell’affare o sull’impresa dell’associante, di solito attraverso il diritto al rendiconto annuale. Tale potere di controllo deve essere effettivo e non fittizio e quindi esige un controllo rigoroso da parte della Commissione di Certificazione. |
Aleatorietà del corrispettivo | Il corrispettivo dell’associato deve essere aleatorio, in quanto commisurata agli utili eventualmente conseguiti dall’associante. La Commissione di Certificazione verifica che il contratto indichi i criteri di individuazione dell’utile di impresa. Il contratto può prevedere che l’associato non partecipi alle perdite dell’impresa, ovvero che l’associato percepisca un acconto periodico sul compenso finale, salvo conguaglio. Non può essere certificato il contratto che preveda la partecipazione ai ricavi anziché agli utili dell’impresa, né il |
contratto che preveda un guadagno minimo garantito per l’associato. Il corrispettivo deve essere adeguato al valore del lavoro apportato dall’associato. Non può quindi essere certificato il contratto che preveda un compenso palesemente fittizio o iniquo. | |
Autonomia | Nel contratto non devono risultare clausole che disciplinino: • modalità dettagliate di svolgimento dell’incarico affidato al collaboratore (sono comunque ammessi da parte del committente indirizzi di ordine generale) • l’inserimento del collaboratore nella struttura gerarchica del committente • un assiduo e costante controllo sulle modalità di esecuzione dell’incarico affidato al collaboratore • l’esercizio di un potere disciplinare nei confronti del lavoratore |
Durata | Il contratto di associazione può essere stipulato a tempo determinato o indeterminato. |
Rinnovo del contratto | Le medesime parti possono stipulare diversi contratti per la gestione di uno o più affari, o possono rinnovare il medesimo contratto in caso di prolungamento dell’associazione. |
6. APPALTO
L’istituto della certificazione può essere utilizzato anche con riferimento alla distinzione tra il contratto di appalto e quello di somministrazione di lavoro.
In particolare – poiché la somministrazione di lavoro è sottoposta ad una disciplina giuridica più vincolante rispetto all’appalto – l’interesse delle parti del contratto sarà, di regola, quello di certificare la sussistenza dei requisiti del contratto di appalto, escludendo così la configurabilità della somministrazione irregolare di mano d’opera.
La certificazione dell’appalto si può quindi basare non soltanto sul contratto iniziale ma anche sul successivo svolgimento del rapporto negoziale. Tuttavia, anche con riferimento alla attuazione del programma negoziale, la Commissione di Certificazione fonda la propria valutazione sulle dichiarazioni delle parti e sulla documentazione da esse prodotta, non avendo poteri istruttori per verificare le modalità in concreto del rapporto né disponendo comunque di un tempo ragionevolmente sufficiente ad eseguire le necessarie verifiche (in base all’art. 78, comma 2, lett. b), del decreto, il procedimento si deve infatti concludere entro 30 giorni dal ricevimento della istanza).
LE LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE
La Commissione deve verificare che l’appaltatore esegua l’opera o il servizio con “organizzazione dei mezzi necessari” e con “gestione a proprio rischio”, a favore di altro soggetto, verso il corrispettivo in denaro.
Organizzazione dei mezzi
L’appaltatore, ai fini della genuinità del contratto, non può rappresentare un semplice intermediario nella esecuzione dell’opera, ma deve essere dotato di una propria struttura imprenditoriale effettivamente utilizzata per l'esecuzione dell'appalto in questione, possibilmente con una collocazione riconoscibile nel mercato di riferimento e con rapporti commerciali verso una pluralità di committenti. Nella valutazione di tale requisito la Commissione di certificazione deve considerare che è venuta meno la disposizione di cui all’art. 1, comma 3, della legge n. 1369 del 1960, secondo la quale era “considerato appalto di mere prestazioni di lavoro ogni forma di appalto o subappalto, anche per
esecuzione di opere o di servizi, ave l’appaltatore impieghi capitali, macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante, quand’anche per il loro uso venga corrisposto un compenso all’appaltante”.
In base a tale disposizione, il legislatore aveva stabilito una presunzione legale assoluta di pseudo- appalto vietato nei casi in cui l’appaltatore faceva uso di capitali o strumenti del committente, a prescindere da ogni indagine circa la effettiva sussistenza dei requisiti del contratto di appalto (peraltro, la previsione legale era già stata ridimensionata nell’interpretazione giurisprudenziale meno risalente, secondo cui non si aveva interposizione illecita quando l’apporto dell’appaltatore era comunque rilevante, anche attraverso il conferimento di beni immateriali, software, know-how, etc.).
Attualmente, invece, il fatto che l’appaltatore utilizzi capitali, macchine o attrezzature del committente, non determina automaticamente la qualificazione del rapporto come somministrazione di mano d’opera, a condizione però che sussistano effettivamente i requisiti di cui si è detto sopra, cioè l’organizzazione dei mezzi ed il rischio d’impresa in capo all’appaltatore, che deve pur sempre esercitare in maniera effettiva ed esclusiva il proprio potere organizzativo e direttivo sul personale impiegato (Cass.civ.sez.lav., sent. 22 febbraio 2007, n. 4138).
L’art. 29, comma 1, del decreto, indica espressamente quali sono gli elementi cui si deve fare riferimento per qualificare il contratto; ossia, le “esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto” e lo “esercizio del potere direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto”.
Il potere organizzativo e direttivo nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore deve essere esercitato (esclusivamente) dall’appaltatore o dai dirigenti o preposti dell’appaltatore, mentre ai fini del coordinamento il committente si deve relazionare con l’appaltatore o con un referente indicato da questo.
Inoltre, negli appalti in cui non rileva l’utilizzo di attrezzature e macchinari ma il know-how aziendale e/o l’organizzazione del lavoro da parte dell’appaltatore, la Commissione deve attribuire particolare importanza all’esercizio del potere direttivo da parte dell’appaltatore e all’elemento della coerenza tra le mansioni esercitate dai lavoratori e l’opera o il servizio dedotto nel contratto d’appalto.
Infine, le mansioni che vengono svolte dai dipendenti dell’appaltatore devono essere funzionali esclusivamente alla realizzazione dell’opera o del servizio dedotti nel contratto di appalto. Ad esempio, se l’appalto di pulizie si riferisce ad un solo immobile ubicato in un sito aziendale, i lavoratori di quell’appaltatore non devono dedicarsi alle pulizie di altro immobile, o addirittura a mansioni diverse da quelle di pulizia.
La sussistenza di questi due elementi deve permanere per tutta la durata dell’appalto. Di conseguenza, se risulta dalle dichiarazioni delle parti o dalla documentazione prodotta che in un momento successivo
all’inizio del lavoro il committente ha assunto il potere direttivo e/o di controllo sui dipendenti dell’appaltatore, ovvero che questi iniziano a svolgere mansioni non funzionali alla realizzazione dell’opera o del servizio, l’appalto si trasforma da quel momento in una somministrazione irregolare di mano d’opera (cfr. Cass. S.U., 21 marzo 1997, n. 2517), e quindi non può essere certificata la sussistenza di un appalto genuino.
Gestione a proprio rischio
Quanto al requisito del rischio d’impresa in capo all’appaltatore, la Commissione deve accertare che dal contratto risulti che l’appaltatore è esposto all’eventuale risultato negativo dell’attività, qualora l’opera o il servizio non siano portati a compimento ovvero si manifesti un rapporto negativo tra i costi e i benefici dell’attività stessa.
Ne consegue, ad esempio, che se il compenso pattuito con il committente è commisurato (in tutto o in parte) al tempo di lavoro impiegato dai lavoratori per eseguire l’opera o il servizio, la Commissione deve verificare con particolare rigore la sussistenza degli altri requisiti dell’appalto genuino.
SCHEMA RIEPILOGATIVO LINEE GUIDA CONTRATTO DI APPALTO | |
Organizzazione di mezzi da parte dell’appaltatore | a) Natura imprenditoriale dell’appaltatore L’appaltatore deve essere dotato di una vera e propria struttura imprenditoriale effettivamente utilizzata per l'esecuzione dell'appalto in questione. Negli appalti in cui prevale il know-how aziendale e/o l’organizzazione del lavoro da parte dell’appaltatore, la Commissione di certificazione deve verificare in modo rigoroso la titolarità del potere direttivo in capo all’appaltatore e la coerenza tra le mansioni dei lavoratori e l’opera o il servizio dedotto nel contratto d’appalto. L’appaltatore può utilizzare entro certi limiti capitali, macchine o attrezzature del committente, a condizione che sussistano i requisiti della organizzazione dei mezzi e del rischio d’impresa in capo all’appaltatore. b) Esercizio del potere direttivo da parte dell’appaltatore Il potere direttivo sui lavoratori impiegati nell’appalto deve essere in capo esclusivamente al datore di lavoro appaltatore. c) Funzionalità delle mansioni rispetto all’opera o al servizio Le mansioni dei dipendenti dell’appaltatore devono essere funzionali esclusivamente alla realizzazione dell’opera o del servizio dedotti nel contratto di appalto. |
Rischio d’impresa | Dal contratto deve risultare che l’appaltatore è esposto all’eventuale risultato negativo dell’attività. |
7. APPRENDISTATO
L’apprendistato è uno speciale rapporto di lavoro subordinato in forza del quale il datore di lavoro è obbligato ad impartire all'apprendista assunto alle proprie dipendenze l'insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzandone l'opera nell'impresa. Si tratta, dunque, di un contratto a causa mista nel quale l'elemento qualificante è rappresentato dalla finalità formativa. A fronte dell'impegno formativo del datore di lavoro sono previsti incentivi economici e normativi.
Il contratto di apprendistato è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla legge n. 25/1955 e successivamente modificato dall’art. 16 della legge n. 196/1997.
Ferma restando la previgente regolamentazione, con l’art. 47 e seguenti del decreto è stata introdotta una nuova disciplina del contratto, distinguendo tre tipologie di apprendistato:
a) per l'assolvimento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
b) professionalizzante, per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione teorico- pratica;
c) per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.
Il decreto dispone che in attesa della regolamentazione regionale e contrattuale collettiva del nuovo apprendistato, continua ad applicarsi la disciplina previgente contenuta nella legge n. 25/1955 e successive modifiche.
Con riferimento alle nuove tipologie di apprendistato in questa prima fase di operatività delle Commissioni di Certificazione si ritiene opportuno limitare le linee guida al solo contratto professionalizzante.
A regime l’apprendistato professionalizzante è destinato a sostituire obbligatoriamente la tipologia della legge n. 25/1955, essendo l’unico contratto applicabile quando sussistono entrambe le seguenti condizioni:
1) la Regione o la Provincia autonoma, ove si svolgerà il rapporto di lavoro, deve avere definito con proprio provvedimento e resi operativi i profili formativi;
2) il contratto collettivo nazionale o regionale applicato (e non anche quello aziendale) deve aver regolamentato i contenuti minimi, vale a dire l’inquadramento e la durata del rapporto.
In via transitoria l’art. 13, comma 13 bis della legge n. 80/2005 ha previsto, a decorrere dal 15 maggio 2005, che nelle Regioni e nelle Province Autonome prive della regolamentazione sopra richiamata, l’apprendistato professionalizzante è comunque ammesso a condizione che il contratto collettivo nazionale applicato (e non anche quello aziendale o territoriale), oltre a regolamentare i contenuti del
rapporto, individui direttamente o mediante rinvio ai documenti ISFOL i profili formativi di base, trasversale e tecnico-professionale.
In mancanza delle condizioni sopra descritte - e in ogni caso per i lavoratori minorenni fino a quando la regolamentazione della tipologia sul diritto-dovere di istruzione non sarà completata - è d’obbligo l’applicazione della disciplina contenuta nella legge n. 25/1955 e successive modifiche.
LE LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE
La certificazione del contratto di apprendistato richiede una verifica rigorosa dei presupposti soggettivi ed oggettivi per l’instaurazione dello speciale rapporto, in particolare con riferimento all’applicabilità o meno della nuova tipologia professionalizzante, introdotta dall'art. 49 del decreto.
Gli interventi di riforma del 2008 (c.d. “manovra d’estate”) hanno mutato il quadro normativo in relazione alla tipologia dello svolgimento dell’attività formativa dell’apprendista.
Nel caso il contratto implichi una formazione anche extra-aziendale le disposizioni rimangono sostanzialmente immutate, e poiché la disciplina transitoria definita dalla contrattazione collettiva vale fino all’approvazione delle leggi regionali, in sede di certificazione del contratto è necessario esaminare il rapporto tra contrattazione collettiva e regolamentazioni regionali preesistenti o sopravvenute. In proposito va rilevato che la delega alle Regioni contenuta nell’art. 49 comma 5 riguarda esclusivamente la definizione dei profili formativi e deve attenersi ai seguenti criteri e principi direttivi:
a) previsione di un monte ore di formazione formale, interna o esterna alla azienda, di almeno centoventi ore per anno, per l’acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali;
b) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative per la determinazione, anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione e della articolazione della formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla capacità formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti esterni; in difetto della regolamentazione contrattuale valgono i provvedimenti regionali.
La regolamentazione contrattuale di tali aspetti prevale rispetto alla contemporanea previsione eventualmente presente in norme regionali.
Ove invece la formazione venga svolta esclusivamente in azienda, il comma 5ter dell’art. 49 del decreto prevede espressamente l’inapplicabilità della disciplina ordinaria, ed i profili formativi sono rimessi integralmente alla contrattazione collettiva, ad ogni livello, o agli enti bilaterali, con l’attribuzione della determinabilità non solo della definizione stessa di formazione aziendale, ma di tutti
gli aspetti ulteriori (durata, modalità di erogazione della formazione, modalità di riconoscimento della qualifica professionale).
APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE DLGS 276/2003
Il contratto è finalizzato al conseguimento di una qualificazione professionale attraverso la formazione sul lavoro. Per qualificazione si intende l’accrescimento delle capacità tecniche del lavoratore al fine di farlo diventare lavoratore qualificato, attraverso l’acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali.
Anche al contratto professionalizzante si applica la disciplina della legge n. 25/1955 in quanto compatibile.
Datori di lavoro e limiti numerici
Il contratto di apprendistato professionalizzante può essere stipulato dai datori di lavoro appartenenti a tutti i settori lavorativi, comprese le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali, nel rispetto dei limiti numerici di seguito indicati:
- numero di apprendisti non superiore al 100% del personale specializzato e qualificato in servizio. Si deve ritenere che ai fini del rispetto della proporzione debbano computarsi tutti i dipendenti specializzati e qualificati assunti a tempo indeterminato, a prescindere da una rigida corrispondenza tra le competenze del personale in forza e quelle cui tendono i rapporti di apprendistato; ciò nella misura in cui il personale specializzato e qualificato sia presente in numero sufficiente da garantire il trasferimento delle competenze all’apprendista;
- fino ad un massimo di tre apprendisti per i datori di lavoro che non abbiano alle proprie dipendenze personale qualificato o specializzato, o che ne abbiano in numero inferiore a tre;
- numero massimo di apprendisti nelle imprese artigiane differenziato in relazione al tipo di lavorazione come indicato nella tabella sottostante
Datori di lavoro artigiani | Numero massimo di apprendisti |
Lavorazioni non in serie | 9 (elevabile a 13) |
Lavorazioni in serie, purché non del tutto automatizzate | 5 (elevabile a 8) |
Lavorazioni artistiche, tradizionali e dello abbigliamento su misura | 16 (elevabile a 24) |
Imprese di costruzioni edili | 5 (elevabile a 9) |
Lavoratori
Possono essere assunti come apprendisti i lavoratori di età compresa tra i 18 e i 29 anni di età. L’età minima è fissata a 17 anni, se il giovane è in possesso di qualifica professionale ai sensi della legge n. 53/2003. Il limite di età massima va inteso come 30 anni non compiuti, cioè 29 anni e 364 giorni.
I nuovi limiti d'età sono direttamente collegati con le finalità e con la disciplina del nuovo apprendistato: in nessun caso tali limiti di età possono applicarsi all’apprendistato della legge n. 25/55.
In via generale i limiti d’età devono essere osservati al momento iniziale del rapporto di apprendistato, tuttavia, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 25/1955 i periodi di apprendistato svolti presso diversi datori di lavoro si cumulano ai fini del computo della durata massima se non sono separati da interruzioni superiori ad un anno e si riferiscono alle stesse attività. Conseguentemente, un lavoratore può essere assunto con il contratto di apprendistato professionalizzante anche oltre il limite di 29 anni e 365 giorni con lo scopo di completare un percorso di apprendistato interrotto presso un altro datore di lavoro nei dodici mesi precedenti.
Durata
Ai sensi dell’art. 49, co. 3, del decreto, la durata è fissata dai CCNL in base alla qualificazione da conseguire. La norma nella sua formulazione originaria prevedeva una durata minima di 2 anni, limite abrogato dal legislatore del 2008 (d.l. 112/08, conv. in l.n. 133/08), cosicché residua la sola durata massima del contratto di apprendistato, rimasta invariata (6 anni).
La durata stabilita dal CCNL deve ritenersi in linea di principio fissa e non quale limite massimo entro il quale le parti possano liberamente accordarsi, salvo quando ciò sia espressamente previsto dal contratto collettivo medesimo. Infatti la struttura del nuovo apprendistato esige che il contratto collettivo fissi in relazione alle qualificazioni professionali da conseguire corrispondenti congrue durate del tirocinio.
La Commissione di Certificazione dovrà tener conto di eventuali periodi di apprendistato già compiuti dal giovane presso altri datori di lavoro per la medesima attività.
Va inoltre osservato che nel nostro ordinamento non è rinvenibile un principio generale per il quale possa ritenersi vietato che un lavoratore, al termine del periodo di apprendistato ed una volta compiuto l’iter professionale contrattualmente previsto – svolto anche presso più datori di lavoro – possa eventualmente intraprendere un nuovo rapporto di apprendistato finalizzato ad una diversa qualificazione (Cass. 15 luglio 1998, n 6941).
Non potrà comunque essere certificato il contratto di apprendistato qualora il lavoratore dichiari in fase istruttoria di aver già ricoperto la medesima qualifica in altro rapporto di lavoro di congrua durata, perché in tal caso dovrebbero ritenersi già acquisite le relative competenze professionali.
Dovranno essere valutate con particolare attenzione eventuali pregressi rapporti di lavoro autonomo, anche in regime di collaborazione, intercorsi tra le parti ed aventi ad oggetto la medesima attività lavorativa del contratto di apprendistato che le stesse parti intendono certificare; in questo caso la certificazione è ammessa qualora risulti che il percorso di formazione accresca la qualificazione professionale del lavoratore rispetto alle competenze già acquisite nel precedente rapporto.
Contratto
Il contratto di apprendistato, per il quale la legge prevede la forma scritta a pena di nullità, oltre a tutti gli elementi previsti dalla legge per la generalità dei contratti di lavoro, deve indicare:
- la prestazione lavorativa cui il lavoratore verrà adibito;
- l’eventuale qualifica professionale ai fini contrattuali che potrà essere conseguita al termine del rapporto;
- il “piano formativo individuale”, nel quale devono essere indicati, in base al bilancio delle competenze del soggetto e degli obiettivi perseguiti mediante il contratto di apprendistato, il percorso di formazione formale e non formale dell’apprendista nonché la ripartizione fra formazione interna ed esterna all’azienda nel rispetto delle disposizioni del contratto collettivo o, in via sussidiaria, della regolamentazione regionale.
L’eventuale previsione di un contratto a tempo parziale è da ritenersi ammissibile solo qualora la riduzione d’orario non pregiudichi la piena realizzazione del programma formativo.
È possibile instaurare rapporti di apprendistato professionalizzante anche per prestazioni con carattere stagionale, purché ciò sia dovuto alla attività, avvenga conformemente alle previsioni del CCNL, e contenga comunque una apprezzabile attività formativa.
Formazione
La formazione dell’apprendista consiste:
- nell’addestramento pratico in azienda;
- nella formazione formale, che deve essere dettagliatamente programmata nel piano formativo individuale allegato al contratto. Deve essere previsto un monte ore minimo di 120 ore annue di formazione formale per l’acquisizione di competenze di base e tecnico-professionali anche in presenza di un rapporto part-time.
La legge non prevede la riduzione della formazione nel caso di soggetti in possesso di titolo di studio superiore o di attestato di qualifica professionale idonei rispetto alla qualifica da conseguire. Tale monte ore non è riducibile da parte della contrattazione collettiva.
La formazione può essere svolta o all’interno dell’azienda o all’esterno di questa: occorrerà a tal fine attenersi alle previsioni del CCNL applicato, cui è demandata dalla legge la definizione delle modalità di articolazione della formazione.
Deve essere garantita la presenza di un “tutor”, che dovrà rispondere a precisi requisiti (D.M. 28 febbraio 2008):
- attività di affiancamento dell’apprendista;
- non più di 5 apprendisti per ogni tutor;
- livello d’inquadramento contrattuale pari o superiore alla qualifica al cui accesso è destinata la formazione;
- significativa esperienza lavorativa.
Tuttavia la formazione, anche se effettuata internamente, deve essere “formale”, deve cioè essere erogata in base a percorsi strutturati di formazione on the job e in affiancamento certificabili secondo le modalità che saranno definite dalle stesse Regioni.
E’ necessario che il contratto preveda le modalità di registrazione della formazione svolta all’interno dell’azienda.
L’eventuale formazione esterna, invece, deve essere erogata attraverso strutture accreditate. La formazione può anche svolgersi in modalità e-learning o di formazione a distanza.
Trattamento economico e normativo
La categoria di inquadramento non può essere inferiore, per più di 2 livelli, alla categoria spettante, in applicazione del CCNL, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto.
Il compenso non può essere determinato secondo tariffe di cottimo. Deve, al contrario, ritenersi compatibile con l’apprendistato il riconoscimento di somme aggiuntive incentivanti, sia di carattere collettivo che individuale.
I contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono stabilire la retribuzione dell'apprendista in misura percentuale della retribuzione spettante ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle per il conseguimento delle quali è finalizzato il contratto. La retribuzione così determinata deve essere graduale anche in rapporto all'anzianità di servizio (art. 53, co. 1bis d.lgs. n. 276/2003, c.m. da l.n. 191/2009).
SCHEMA RIEPILOGATIVO LINEE GUIDA CONTRATTO DI APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE | |
Presupposti normativi | • sussistenza delle condizioni di legge alle quali è subordinata l’operatività dell’apprendistato professionalizzante: - esistenza di una disciplina regionale dei profili formativi e di una disciplina contrattuale collettiva di categoria che regolamenti i contenuti del contratto (durata, retribuzione, livelli di inquadramento ecc) oppure, in assenza di disciplina regionale - esistenza di una disciplina contrattuale collettiva nazionale di categoria che regolamenti i contenuti del contratto specificando i profili oppure rinviando a quelli elaborati dall’ISFOL (xxx.xxxxx.xx) Qualora difettino i presupposti normativi indicati per l’instaurazione dell’apprendistato professionalizzante, trova applicazione la disciplina del “vecchio” apprendistato, contenuta nella legge n. 25/1955 e nell’art. 16 legge n. 196/97. |
Organico aziendale | • Devono essere rispettati i limiti numerici all’assunzione di apprendisti. Nelle aziende artigiane con più di tre dipendenti si deve ritenere che ai fini del rispetto della proporzione del 100% debbano computarsi tutti i dipendenti specializzati e qualificati assunti a tempo indeterminato, a prescindere da una rigida corrispondenza tra le competenze del personale in forza e quelle cui tendono i rapporti di apprendistato; ciò nella misura in cui il personale specializzato e qualificato sia presente in numero sufficiente da garantire il trasferimento delle competenze all’apprendista; |
Lavoratori | L’età dell’apprendista deve essere: |
• compresa tra i 18 e i 29 anni e 364 giorni di età • a partire da 17 anni, se in possesso di qualifica professionale ai sensi della legge n. 53/2003 In generale l’apprendistato professionalizzante è precluso ai lavoratori minorenni, per i quali rimane applicabile il vecchio apprendistato della legge n. 25/1955 a condizione che abbiano compiuto l’età minima per l’accesso al lavoro (attualmente fissata in 15 anni). E’ consentito che un lavoratore, al termine del periodo di apprendistato ed una volta compiuto l’iter professionale contrattualmente previsto – svolto anche presso più datori di lavoro – possa eventualmente intraprendere un nuovo rapporto di apprendistato finalizzato ad una diversa qualificazione. Non potrà comunque essere certificato il contratto di apprendistato qualora il lavoratore dichiari in fase istruttoria di aver già ricoperto la medesima qualifica in altro rapporto di lavoro di congrua durata, perché in tal caso dovrebbero ritenersi già acquisite le relative competenze professionali. Dovranno essere valutati con particolare attenzione eventuali pregressi rapporti di lavoro autonomo, anche in regime di collaborazione, intercorsi tra le parti ed aventi ad oggetto la medesima attività lavorativa del contratto di apprendistato che le stesse parti intendono certificare; in questo caso la certificazione è ammessa qualora risulti che il percorso di formazione accresca la qualificazione professionale del lavoratore rispetto alle competenze già acquisite nel precedente rapporto. | |
Durata | • rispetto dei limiti di durata definiti dal CCNL, in misura non superiore a 6 anni; • i periodi di apprendistato svolti presso diversi datori di lavoro si cumulano ai fini del computo della durata massima se non sono separati da interruzioni superiori ad un anno e si riferiscono alle |
stesse attività. La durata stabilita dal CCNL deve ritenersi in linea di principio fissa e non quale limite massimo entro il quale le parti possano liberamente accordarsi, salvo quando ciò sia previsto dal contratto collettivo di riferimento. Infatti la struttura del nuovo apprendistato esige che il contratto collettivo fissi in relazione alle qualificazioni professionali da conseguire corrispondenti congrue durate del tirocinio. | |
Elementi del contratto | • rispetto da parte del datore di lavoro del CCNL applicato • inquadramento dell’apprendista non inferiore, per più di 2 livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto • specifica indicazione della prestazione lavorativa cui il lavoratore verrà adibito e alla qualifica professionale ai fini contrattuali che potrà essere conseguita al termine del rapporto • trattamento economico dell’apprendista, corrispondente ad un inquadramento fino a due livelli inferiore rispetto a quello della qualifica da conseguire, determinato senza alcun riferimento a tariffe di cottimo |
Formazione | • definizione del piano formativo individuale, da allegare al contratto di lavoro, in cui deve essere indicata la concreta articolazione della formazione da erogare al lavoratore (in particolare, il percorso di formazione formale e non formale dell’apprendista e la ripartizione fra formazione interna o esterna all’azienda). Con riferimento a tali aspetti la regolamentazione contrattuale prevale rispetto alla contemporanea previsione eventualmente presente in norme regionali |
APPRENDISTATO LEGGE N. 25/1955
Il contratto di apprendistato può essere stipulato dai datori di lavoro appartenenti a tutti i settori lavorativi, nel rispetto dei limiti numerici già indicati sopra per la tipologia professionalizzante.
In generale, possono essere assunti con contratto di apprendistato i giovani di età compresa tra i 16 e i
24 anni e 364 giorni di età (elevabili a 26 anni e 364 giorni, per assunzioni effettuate in aree svantaggiate).
Per i giovani portatori di handicap l’età è compresa tra i 16 e i 26 anni e 364 giorni (elevabili a 28 anni e 364 giorni, per assunzioni effettuate in aree svantaggiate).
Per il settore artigiano l’età massima è elevata a 29 anni e 364 giorni per qualifiche ad alto contenuto professionale indicate dal contratto collettivo nazionale.
Occorre tener presente che per i lavoratori di età compresa tra i 16 ed i 18 anni questa tipologia di apprendistato è l’unica attualmente disponibile, essendo precluso ai giovani di età inferiore a 18 anni (17 se in possesso di qualifica professionale ex legge n. 53/2003) il nuovo contratto professionalizzante.
Durata
L’apprendistato non può avere una durata superiore a quella stabilita per categorie professionali dai contratti collettivi e comunque non inferiore a 18 mesi e superiore a 4 anni. La durata massima può essere elevata a 5 anni nel settore artigiano per qualifiche ad alto contenuto professionale tassativamente indicate dal medesimo contratto collettivo nazionale (art. 21 comm. 5, legge n. 56/1987).
La formulazione della norma consente alle parti di ridurre il periodo di apprendistato rispetto alla previsione del CCNL, fermo restando il limite minimo di 18 mesi. La riduzione della durata è peraltro obbligatoria qualora il giovane abbia già svolto periodi di apprendistato presso altri datori di lavoro per la medesima attività, se non separati da interruzioni superiori ad un anno. Di essi dovrà tener conto la Commissione di certificazione ai fini del computo della durata massima. Va inoltre osservato che nel nostro ordinamento non è rinvenibile un principio generale per il quale possa ritenersi vietato che un lavoratore, al termine del periodo di apprendistato ed una volta compiuto l’iter professionale contrattualmente previsto – svolto anche presso più datori di lavoro – possa eventualmente
intraprendere un nuovo rapporto di apprendistato finalizzato ad una diversa qualificazione (Cass. 15 luglio 1998, n 6941).
Non potrà comunque essere certificato il contratto di apprendistato qualora il lavoratore dichiari in fase istruttoria di aver già ricoperto la medesima qualifica in altro rapporto di lavoro di congrua durata, perché in tal caso dovrebbero ritenersi già acquisite le relative competenze professionali.
Dovranno essere valutate con particolare attenzione eventuali pregressi rapporti di lavoro autonomo, anche in regime di collaborazione, intercorsi tra le parti ed aventi ad oggetto la medesima attività lavorativa del contratto di apprendistato che le stesse parti intendono certificare; in questo caso la certificazione è ammessa qualora risulti che il percorso di formazione accresca la qualificazione professionale del lavoratore rispetto alle competenze già acquisite nel precedente rapporto.
Contratto
Il contratto deve indicare, in particolare:
- le mansioni;
- le caratteristiche del percorso formativo e le modalità di addestramento pratico;
- il nominativo del tutor aziendale;
- le attrezzature che devono essere utilizzate.
L’eventuale previsione del tempo parziale è da ritenersi ammissibile solo qualora la riduzione d’orario non pregiudichi la piena realizzazione del programma formativo. Occorrerà a tal fine tenere in debito conto le previsioni del CCNL applicato.
Formazione
La formazione dell’apprendista consiste:
- nell’addestramento pratico in azienda;
- nella formazione esterna, che deve essere organizzata e proposta dalla Provincia e svolgersi nei modi stabiliti dai CCNL per una durata minima di 120 ore medie annue. La formazione può essere ridotta nel caso di soggetti in possesso di titolo di studio superiore o di attestato di qualifica professionale idonei rispetto alla qualifica da conseguire.
Trattamento economico e normativo
L’apprendista è inquadrato in conformità alle disposizioni del contratto collettivo applicato. La retribuzione, fissata dai CCNL, è determinata come quota percentuale crescente dei minimi di paga stabiliti per i lavoratori qualificati. Può accadere che il contratto collettivo nazionale, rinnovato dopo l’entrata in vigore della Riforma Biagi, già preveda un nuovo sistema retributivo per l’apprendista in conformità al dettato dell’art. 53 D.lgs 276/2003, ma difetti di una disciplina compiuta della nuova tipologia professionalizzante. In tal caso, pur dovendosi applicare per le ragioni già esposte in premessa la regolamentazione legale previgente, la paga dell’apprendista sarà determinata come quota percentuale dei nuovi minimi retributivi.
Il compenso non può essere determinato secondo tariffe di cottimo. A tal fine si può ritenere che nel divieto di cottimo ricadano in senso lato tutte le forme di retribuzione esclusivamente collegate alle quantità prodotte o ai risultati raggiunti. Deve, al contrario, ritenersi compatibile con l’apprendistato il riconoscimento di somme incentivanti, sia di carattere collettivo che individuale, legate al raggiungimento di obiettivi ovvero al grado di apprendimento, purché dette somme risultino aggiuntive e non sostitutive rispetto alla retribuzione fissa mensile dovuta in conformità al CCNL.
SCHEMA RIEPILOGATIVO LINEE GUIDA CONTRATTO DI APPRENDISTATO | |
Organico aziendale | • devono essere rispettati i limiti numerici all’assunzione di apprendisti |
Lavoratori | • età dell’apprendista, che in generale deve essere compresa tra i 15 e i 24 anni (elevabili a 26 anni, per assunzioni effettuate in aree svantaggiate). Per i giovani portatori di handicap è compresa tra i 15 e i 26 anni (elevabili a 28 anni, per assunzioni effettuate in aree svantaggiate). Per il settore artigiano è compresa tra i 15 e i 29 anni (per le qualifiche ad alto contenuto professionale) |
Durata | • rispetto dei limiti di durata definiti dal CCNL, in misura non inferiore a 18 mesi e non superiore a 4 anni (5 anni, per il settore artigiano per qualifiche elevate individuate tassativamente dal CCNL). • valutazione di eventuali periodi precedenti di apprendistato per la stessa attività presso altri datori di lavoro, non separati da interruzioni superiori ad un anno . La formulazione della norma consente alle parti di ridurre il periodo di apprendistato rispetto alla previsione del CCNL, fermo restando il limite minimo di 18 mesi. |
Contratto | • rispetto da parte del datore di lavoro del CCNL applicato. • specifica indicazione della prestazione lavorativa cui il lavoratore verrà adibito e della qualifica professionale ai fini contrattuali che potrà essere conseguita al termine del rapporto; • trattamento economico dell’apprendista conforme alle previsioni dei contratti collettivi e assenza di un qualsiasi riferimento ad una retribuzione basata su tariffe di cottimo. • indicazione del tutor aziendale |
Formazione | • impegno da parte del datore di comunicare agli uffici della provincia l’instaurazione del rapporto di apprendistato ai fini dell’attività formativa esterna. • impegno da parte del datore di lavoro di impartire gli insegnamenti necessari al conseguimento della qualifica con l’affiancamento di un tutor aziendale qualificato. |
8. INSERIMENTO
Il contratto di inserimento è un contratto di lavoro il cui obiettivo è quello di favorire, attraverso un contratto di lavoro subordinato, l’inserimento o il reinserimento in una realtà lavorativa, di soggetti svantaggiati che incontrano maggiori difficoltà rispetto ad altri a trovare un posto di lavoro.
Si tratta prevalentemente di lavoratori che hanno già avuto precedenti esperienze lavorative, ma anche di lavoratori che non hanno mai avuto un contratto e che si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro.
L’inserimento nel mondo del lavoro deve essere favorito attraverso un programma di azioni e di interventi da attuare in azienda che consentano di valorizzare le competenze già possedute dal lavoratore e di adeguarle al contesto aziendale.
Competenze che, comunque, non necessariamente devono essere identiche a quelle richieste dalle mansioni che dovrà svolgere il lavoratore.
I presupposti per la legittimità del contratto sono:
- che il lavoratore possegga i requisiti previsti dalla legge
- che l’azienda abbia formulato e concordato con il lavoratore un piano di inserimento coerente e conforme alle indicazioni del contratto collettivo di riferimento
- che le condizioni contrattuali (come ad esempio, inquadramento e durata del rapporto) siano conformi alle disposizioni legislative e contrattuali
- che l’azienda abbia confermato a tempo indeterminato i contratti di inserimento scaduti nei precedenti 18 mesi nella misura minima stabilita dalla legge e dal contratto collettivo.
LE LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE
La Commissione ai fini della certificazione del contratto di inserimento dovrà verificare che:
• il datore di lavoro richiedente sia compreso tra coloro che la norma ammette alla stipula di un contratto di inserimento. Sono esclusi gli studi professionali che svolgono l’attività sia in forma individuale sia in forma associata
• il datore di lavoro non si trovi in una delle condizioni che vietano il ricorso a contratto a tempo determinato di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 368/2001
• il lavoratore possegga i requisiti indicati dalla legge. In particolare con riferimento alle singole fattispecie si deve verificare:
- per i disoccupati di lunga durata di cui alla lettera b) dell’articolo 54, l’elemento per comprovare detto stato di disoccupazione è l’attestazione di permanenza del soggetto nello stato di disoccupazione rilasciata dal Centro per l’Impiego competente a seguito della dichiarazione di disponibilità rilasciata dal lavoratore interessato
- per i lavoratori ultracinquantenni di cui alla lettera c) dell’articolo 54, la locuzione “privi di un posto di lavoro” va interpretata nel senso che non è necessario che il lavoratore abbia rilasciato al competente Centro per l’Impiego la dichiarazione di immediata disponibilità all’avvio di un’attività di lavoro richiesta ai sensi delle disposizioni vigenti in materia di collocamento pubblico (D.Lgs. n. 181/2000). Si precisa che rientrano in questa categoria sia i soggetti inoccupati sia quelli titolari di trattamenti pensionistici, purché in possesso del necessario requisito anagrafico
- per i lavoratori di cui alla lettera d) - ossia, “lavoratori che desiderino riprendere un’attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno due anni” - si precisa che per poter soddisfare i requisiti richiesti dalla previsione in esame il lavoratore deve aver, da un lato, svolto in passato un’attività lavorativa tale da essere considerato un soggetto che desidera “riprendere” a lavorare, dall’altro lato, tale attività di lavoro non deve essere stata svolta negli ultimi due anni. Per attività lavorativa come sopra richiesta deve intendersi qualsiasi prestazione di lavoro sia subordinato sia autonomo. Va inoltre sottolineato che, se in possesso dei due requisiti sopra descritti, il lavoratore rientra nella previsione in esame a prescindere dall’età anagrafica. Il contratto può essere stipulato anche con un lavoratore che negli ultimi due anni ha svolto prestazioni di lavoro accessorio di cui all’art. 70 del decreto a condizione che la tipologia di rapporto rientri tra quelle che determinano il riconoscimento di un beneficio contributivo non eccedente il 25% dei contributi posti a carico del datore di lavoro
- per le lavoratrici donne di cui alla lettera e) dell’articolo 54 è ammessa l’assunzione agevolata nel rispetto delle condizioni di cui al DM 17 novembre 2005 pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio 2006, n. 25
- per quanto concerne, infine, le persone riconosciute affette da grave handicap fisico, mentale o psichico, il requisito d’ammissibilità, è quello ricavabile dalla legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone con handicap (Legge 5 febbraio
1992, n.104) e dalla legge 69/99. Anche in questo caso il lavoratore rientra nella previsione in esame rispettando i requisiti stabiliti, a prescindere dall’età anagrafica.
Va sottolineato che l’assunzione dei soggetti svantaggiati come sopra individuati danno luogo alla fruizione di agevolazioni contributive.
Per i benefici in misura superiore al 25% dei contributi posti a carico del datore di lavoro è necessario il rispetto della disciplina europea stabilita dal regolamento CE n. 2204/2002.
Le condizioni previste da tale ultimo regolamento sono:
1. il beneficio concesso a ciascun lavoratore non deve superare il 50 per cento dei costi salariali su un periodo di un anno ovvero, il 60 per cento se trattasi di lavoratore disabile;
2. quando l’assunzione non rappresenta un incremento netto del numero dei dipendenti dello stabilimento interessato, il posto o i posti occupati devono essersi resi vacanti a seguito di dimissioni volontarie, di pensionamento per raggiunti limiti di età, di riduzione volontaria dell’orario di lavoro o di licenziamenti per giusta causa e non a seguito di licenziamenti per riduzione del personale;
3. al lavoratore assunto con contratto di inserimento deve essere garantita la continuità dell’impiego per almeno 12 mesi.
• il datore di lavoro stipulante il contratto abbia rispettato la condizione di conferma dei contratti di inserimento stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi, producendo apposita dichiarazione
• il piano di inserimento sia stato redatto in modo conforme alle disposizioni della legge e del contratto collettivo di riferimento . In particolare:
- che siano identificate le competenze possedute dal lavoratore
- che siano identificate le competenze e la professionalità che dovranno essere conseguite al termine del contratto di inserimento
- che siano identificate le modalità attraverso cui avverrà il processo di adattamento, secondo le indicazioni contenute nel contratto collettivo, sia con riferimento alla formazione formale, sia con riferimento all’affiancamento durante l’attività lavorativa
- che sia esplicito il consenso del lavoratore al piano di inserimento
• le condizioni contrattuali siano conformi alle disposizioni legislative e contrattuali e che siano coerenti con il progetto di inserimento. In particolare:
- con riferimento alla durata siano rispettati i termini fissati dalla legge ( minimo 9 massimo 18 mesi, 36 per i lavoratori di cui alla lettera f) e/o gli ulteriori limiti fissati dal Contratto collettivo
- con riferimento all’inquadramento siano rispettati i limiti fissati dalla legge (non oltre due livelli inferiori a quello corrispondente alle mansioni svolte) e/o gli ulteriori limiti stabiliti dal contratto collettivo
- che in caso di part time la durata della prestazione sia compatibile con il piano di inserimento.
SCHEMA RIEPILOGATIVO LINEE GUIDA CONTRATTO DI INSERIMENTO | |
DATORE DI LAVORO | Sono ammessi i seguenti soggetti - enti pubblici economici, imprese e loro consorzi; - gruppi di imprese; - associazioni professionali, socio-culturali, sportive; Sono esclusi gli studi professionali che svolgono l’attività sia in forma individuale sia in forma associata - fondazioni; - enti di ricerca, pubblici e privati; |
LAVORATORE | Devono trovarsi in una delle seguenti situazioni a. soggetti di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni; b. disoccupati di lunga durata da ventinove fino a trentadue anni; c. lavoratori con più di cinquanta anni di età che siano privi di un posto di lavoro; d. lavoratori che desiderino riprendere una attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno due anni; e. donne di qualsiasi età di cui al DM 17 novembre 2005 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 31 gennaio 2006, n. 25 (si veda allegato alle presente scheda); f. persone riconosciute affette, ai sensi della normativa vigente, da un grave handicap fisico, mentale o psichico |
CONDIZIONI | Il contratto deve essere redatto in conformità alle disposizioni della legge e del CCNL in particolare con riferimento: - alla durata - all’inquadramento |
- alla conferma dei contratti precedentemente scaduti - alle modalità attraverso cui, con il piano di inserimento, si intende favorire l’inserimento, compresa l’eventuale formazione formale |
IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
di concerto con
IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
VISTI gli articoli 87 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea, e successive modificazioni;
VISTO l'articolo 3 del Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione del 12 dicembre 2002, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione, secondo il quale i regimi di aiuti che rispettino tutte le condizioni di cui al regolamento sono compatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, del Trattato e sono esentati dall'obbligo di notificazione di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato;
VISTO l'articolo 4 del Regolamento (CE) n. 2204/2002 che definisce i limiti generali di intensità degli aiuti di Stato al di sotto dei quali gli aiuti sono considerati ammissibili;
VISTO l'articolo 5 del Regolamento (CE) n. 2204/2002, che definisce i limiti di intensità degli aiuti di Stato per i regimi a favore dell'assunzione di lavoratori svantaggiati e disabili;
VISTO l'articolo 2, lettera f), del Regolamento (CE) n. 2204/2002, che qualifica come lavoratori svantaggiati, tra gli altri, "qualsiasi donna di un'area geografica al livello NUTS II nella quale il tasso medio di disoccupazione superi il 100 % della media comunitaria da almeno due anni civili e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150 % del tasso di disoccupazione maschile dell'area considerata per almeno due dei tre anni civili precedenti";
VISTO l'articolo 54, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, concernente la definizione da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, delle aree territoriali ove il tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno del 20 per cento di quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 10 per cento quello maschile;
VISTO l'articolo 59, comma 3, del decreto legislativo n. 276 del 2003, come modificato dall'articolo 13 del decreto legislativo 6 ottobre 2004, n. 251, secondo cui, in attesa della riforma del sistema degli incentivi alla occupazione, gli incentivi economici previsti dalla disciplina vigente in materia di contratto di formazione e lavoro trovano applicazione con esclusivo riferimento ai lavoratori di cui all'articolo 54, comma 1, lettere b), c), d), e) ed f) nel rispetto del Regolamento (CE) n. 2204/2002;
CONSIDERATO che l'Istituto Nazionale di Statistica ha pubblicato i dati ufficiali sull'occupazione e disoccupazione nella pubblicazione "Forze di Lavoro";
DECRETA
Art. 1
(Identificazione delle aree territoriali di cui all'articolo 54, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276)
1. Le aree territoriali di cui all'articolo 54, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, sono identificate per gli anni 2004, 2005 e 2006 in tutte le Regioni e Province Autonome.
Art. 2
(Aree territoriali di cui all'articolo 2, lettera f), del Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione del 12 dicembre 2002)
1. Le aree territoriali di cui all'articolo 2, lettera f), del Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione del 12 dicembre 2002 sono identificate nelle Regioni Lazio, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.
Art. 3
(Incentivi economici connessi alla stipula di contratti di inserimento lavorativo con lavoratrici residenti nelle aree di cui all'articolo 1)
1. Gli incentivi economici di cui all'articolo 59, comma 3, del decreto legislativo n. 276 del 2003, si applicano ai contratti stipulati ai sensi dell'articolo 54, comma 1, lettera e), del medesimo decreto legislativo solo ove le lavoratrici siano residenti nei territori di cui all'articolo 2 del presente decreto.
IL MINISTRO DEL LAVORO IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE POLITICHE SOCIALI E DELLE FINANZE
9. LAVORO INTERMITTENTE
Il contratto di lavoro intermittente è stato introdotto dal decreto (articoli dal 33 al 40).
È una figura che era stata abrogata dalla l.n. 247/2007, che ne aveva limitato l’applicazione ai settori turismo e spettacolo. Le norme hanno adesso nuovamente piena efficacia dal 25 giugno 2008, essendo state reintrodotte per effetto del d.l. n. 112/08, conv. in l.n. 133/08.
Si tratta un contratto di lavoro subordinato in funzione del quale un lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro nell’intento di svolgere prestazioni di carattere discontinuo o intermittente.
In particolare il contratto:
• può essere stipulato a tempo indeterminato oppure a tempo determinato;
• non devono essere rispettate le ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive che giustificano l’apposizione del termine e si può prorogare o rinnovare senza alcun limite.
Il contratto di lavoro intermittente costituisce una nuova tipologia contrattuale e allo stesso non è applicabile la normativa in materia di part-time.
Il contratto a chiamata può essere stipulato per svolgere le attività, connotate da discontinuità, individuate dai contratti collettivi ovvero indicate nella tabella allegata al regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657 (si veda allegato).
In realtà la tabella, essendo concepita per altre finalità, si adatta con difficoltà alla fattispecie contrattuale in esame. Per questo lo stesso Ministero ha precisato che si tratta di un parametro di riferimento oggettivo la cui adozione si è resa necessaria poiché i CCNL non individuano le esigenze per le quali si può far ricorso al lavoro a chiamata. E’ stato, infatti, precisato che non operano i requisiti dimensionali e le altre limitazioni previste nella tabella stessa come, ad esempio, i limiti territoriali, le autorizzazioni prescritte. Riguardo all’adozione della tabella va ricordato, inoltre che la stessa opera in via sostitutiva e provvisoria. Restano valide le regolamentazioni contrattuali già emanate e non dovrà più essere utilizzata quando i contratti collettivi dei vari settori si saranno pronunciati in merito. La tabella, in sostanza, è uno strumento che serve ad identificare l’attività oggetto del contratto a chiamata anche se non va dimenticato che deve comunque sussistere l’esigenza di carattere discontinuo o intermittente del datore di lavoro.
Il contratto intermittente può essere concluso anche per prestazioni rese da soggetti che hanno meno di 25 anni (24 anni e 364 giorni) o più di 45 anni di età anche pensionati.
Vi è poi l’ulteriore possibilità di ricorrere al lavoro a chiamata per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno (per la collocazione temporale di tali periodi si veda oltre).
Si tratta di ipotesi soggettive e predeterminate che fanno sorgere il diritto all’utilizzo del contratto in esame a prescindere dal tipo di attività da svolgere.
Non è possibile usare il contratto di lavoro intermittente:
- per sostituire lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, nei sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi (articoli 4 e 24, legge 223/91), riguardanti lavoratori con le stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a chiamata ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a chiamata;
- per le imprese che non hanno effettuato la valutazione dei rischi (art. 4, D.Lgs. 626/94).
A tale ultimo fine è sufficiente un’apposita dichiarazione rilasciata dal datore di lavoro.
Esistono due tipologie di contratto a chiamata: con o senza obbligo di rispondere alla chiamata; solo nel primo caso (con obbligo di risposta alla chiamata) il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore un’indennità di disponibilità. Di tale indennità, del suo ammontare e della modalità di esercizio della chiamata da parte del datore di lavoro ne deve essere fatta menzione nel contratto secondo le modalità illustrate nel prosieguo
La legge prevede che il contratto a chiamata sia redatto in forma scritta. Per l’analisi degli elementi che lo stesso deve contenere, si veda oltre. Nel contratto vanno altresì indicati tutti gli elementi connotativi del rapporto così come previsti dal D.Lgs. 152/1997
LE LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE
La Commissione, al fine di poter certificare il contratto di lavoro intermittente, deve valutare:
▪ se le esigenze che sono alla base del contratto appaiono in linea con quelle individuate dal CCNL applicato ovvero, in assenza di queste ultime, con le altre attività elencate nella tabella allegata al Regio Decreto 2657/1923;
▪ se il rapporto è stato avviato nel rispetto dei periodi predeterminati
▪ che le esigenze datoriali non abbiamo carattere permanente.
Ipotesi di assunzione
La Commissione, tenendo conto che il contratto di lavoro intermittente è di tipo subordinato e può essere stipulato da qualunque lavoratore, deve verificare che lo stesso sia concluso per lo svolgimento di prestazioni:
• di carattere discontinuo o intermittente individuate dalla contrattazione collettiva nazionale o territoriale;
• contenute nella tabella allegata al Regio Decreto 2657/1923 (in xxx xxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxx, xx xxxxxx xxxxx xxxxxxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxxxx xxxxxxxxxx);
• localizzate in determinati periodi nell’arco della settimana, del mese o dell’anno (individuati dal decreto, fatta salva diversa determinazione dei contratti collettivi) quali ad esempio il week-end o in periodi predeterminati (xxxxx xxxxxx, vacanze pasquali o natalizie).
Inoltre il contratto a chiamata può essere stipulato indipendentemente dal tipo di attività da lavoratori con meno di 25 anni (24 anni e 364 giorni) e da quelli che ne hanno più di 45 anche se pensionati.
Con riferimento alle prestazioni da rendersi in determinati periodi dell’anno, al fine di avere interpretazioni uniformi con le altre Sedi di certificazione, si recepiscono le indicazioni ministeriali che identificano i periodi di applicazione dell’istituto. Pertanto, si ricorda che:
- le vacanze natalizie vanno dal 1/12 al 10/1 (dell’anno successivo);
- le vacanze pasquali vanno dalla domenica delle Palme al martedì successivo al lunedì dell’Angelo;
- il fine settimana va da venerdì dopo le ore 13.00 alle 6.00 del lunedì mattina.
I contratti collettivi possono individuare altri periodi.
Datori di lavoro
Sono legittimati a stipulare contratti a chiamata tutti i datori di lavoro tranne quelli che non hanno effettuato e aggiornato la valutazione dei rischi (Dlgs 626/1994). E’ esclusa la pubblica amministrazione.
Esclusioni
Il contratto di lavoro a chiamata non può essere stipulato per sostituire lavoratori in sciopero.
Il divieto opera anche nei casi di ricorso, nei sei mesi precedenti, ad una procedura di licenziamento collettivo o se è in corso una sospensione o riduzione d’orario con cassa integrazione (divieto derogabile da un accordo sindacale); l’esclusione riguarda le stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente. Non possono avvalersi del contratto a chiamata i datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi ai sensi del D.Lgs. 626/94 e quelli che operano nell’ambito della Pubblica Amministrazione.
Forma e contenuto del contratto
Il contratto deve essere scritto e deve contenere, ai fini della prova, i seguenti elementi:
▪ la durata;
il contratto di lavoro a chiamata può essere stipulato sia a tempo indeterminato, sia a tempo determinato. Si deve tenere presente che per i rapporti a termine non si applicano le norme in materia (D.Lgs. 368/2001). In tal senso, quindi, il contratto a chiamata costituisce una fattispecie autonoma di assunzione a tempo determinato e, pertanto, la legittimità dell’apposizione del termine non deve essere ricercata nell’articolo 1 del D.Lgs. 368/2001;
▪ ipotesi, oggettive o soggettive di stipula;
la Commissione deve verificare che la stipula del contratto a chiamata riguardi tassativamente:
- lavoratori che hanno meno di meno di 25 anni di età e quelli che ne hanno più di 45 anni, anche se pensionati;
- qualunque lavoratore per:
• prestazioni discontinue o intermittenti individuate dalla contrattazione collettiva;
• prestazioni da rendersi nel fine settimana, durante le ferie estive o le vacanze natalizie e pasquali o altri periodo individuati dal CCNL;
• prestazioni discontinue e intermittenti indicate dal Regio Decreto 2657/1923;
▪ luogo e modalità della disponibilità garantita dal lavoratore;
in questo senso il luogo può essere anche un numero telefonico, un numero di fax, una casella di posta elettronica e non necessariamente un luogo geografico. Qualora tuttavia si dovesse riscontrare la presenza - nel contratto - di un riferimento geografico, la legge non vieta che la disponibilità del lavoratore possa essere data su l’intero territorio nazionale. Quanto alla modalità, si deve intendere la regolamentazione che il lavoratore ha inteso dare stessa. Ad esempio solo nei giorni feriali oppure non oltre un certo orario serale, ecc. ;
▪ preavviso di chiamata del lavoratore;
è necessario constatare la presenza del preavviso di chiamata che non deve essere inferiore a un giorno lavorativo;
▪ trattamento economico e normativo. Tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità (se prevista);
la Commissione deve verificare che al lavoratore intermittente venga garantito un trattamento economico non inferiore a quello previsto per i lavoratori di pari livello e mansione, anche se riproporzionato sulla base all'attività effettivamente svolta. Trattandosi di un rapporto di lavoro subordinato il pagamento della retribuzione e dell’indennità di disponibilità avviene con le modalità previste per gli altri dipendenti. L’indennità di disponibilità è prevista per i periodi di inattività e solo nel caso in cui il lavoratore si sia obbligato a rispondere alla chiamata; essa è divisibile per quote orarie. Il suo ammontare è stabilito dai contratti collettivi, nel rispetto dei limiti minimi fissati dal D.M. 10/3/2004 (20% di paga base, contingenza, E.D.R. e ratei di mensilità aggiuntivi) e non spetta nel periodo di malattia oppure di altra causa che renda impossibile la risposta alla chiamata. Se il lavoratore non risponde alla chiamata e non esiste un giustificato motivo il datore di lavoro può risolvere il rapporto. In tal caso il lavoratore deve restituire l’indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto e potrebbe essere chiamato a un risarcimento del danno (misura stabilita dai contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto di lavoro). I contributi previdenziali calcolati sull’'indennità di disponibilità devono essere versati per il loro effettivo ammontare senza applicare il minimale contributivo. Per le prestazioni da rendersi in determinati periodi dell’anno, è lecito prevedere che l’indennità di disponibilità sia erogata solo in caso di effettiva chiamata;
▪ forme e modalità di richiesta (da parte del datore di lavoro) dell'esecuzione della prestazione di lavoro;
è necessario verificare che il contratto contenga l’esatta modalità con cui il datore di lavoro si avvarrà della sua facoltà di chiamare il lavoratore. In particolare appare rilevante la forma della chiamata che può essere orale o scritta(fax, raccomandata, e-mail, telegramma, ecc.);
▪ rilevazione della prestazione;
nel contratto deve essere esplicitato il sistema usato per rilevare la presenza del lavoratore che può essere lo stesso gia funzionante in azienda;
▪ misure di sicurezza;
è indispensabile, inoltre, che si rilevi l’indicazione delle misure di sicurezza adottate, riferite all’attività dedotta in contratto;
▪ previsioni dei contratti collettivi;
la Commissione deve anche verificare che le parti abbiano recepito nel contratto di lavoro le eventuali indicazioni contenute nel CCNL applicato.
Orario di lavoro
L’orario può essere liberamente deciso dalle parti nell’ambito di quanto stabilito dalla norma e dal contratto collettivo applicabile.
SCHEMA RIEPILOGATIVO LINEE GUIDA CONTRATTO INTERMITTENTE | |
Datori di lavoro ammessi | qualunque tipologia |
Ipotesi di assunzione | • lavoratori con meno di 25 anni di età e quelli che ne hanno più di 45 anni, anche pensionati; • prestazioni discontinue o intermittenti individuate dalla contrattazione collettiva; • prestazioni discontinue e intermittenti indicate dal Regio Decreto 2657/1923 [in via sostitutiva in attesa della regolamentazione della contrattazione collettiva; le attività elencate nel decreto vanno assunte come parametro di riferimento. Non operano le altre limitazioni in esso contenute ( requisiti dimensionali, eventuali autorizzazioni richieste ecc.)]; • qualunque lavoratore per prestazioni da rendersi nel fine settimana, durante le ferie estive o le va- canze natalizie e pasquali, salva diversa determi- nazione dei contratti collettivi (a tal fine sono: 🡪 vacanze natalizie,quelle che vanno dal 1/12 al 10/1; 🡪 vacanze pasquali, quelle dalla domenica delle Palme sino al martedì successivo al lunedì dell’Angelo; 🡪 ferie estive, quelle che si collocano nel periodo dal 1/6 al 30/9; |
🡪 fine settimana, da venerdì dopo le 13 fino alle 6 del lunedì mattina;) | |
Esclusioni | • sostituzione di lavoratori in sciopero; • in caso di ricorso, nei sei mesi precedenti ad una procedura di licenziamento collettivo o se è in corso una sospensione o riduzione d’orario con cassa integrazione (divieto derogabile da un accordo sindacale); la limitazione opera per le stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente; • datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi ai sensi del D.Lgs. 626/94; • Pubblica Amministrazione; |
Durata | • a tempo indeterminato o determinato: • per i rapporti a tempo determinato non trova applicazione la normativa in materia di contratti a termine (D.Lgs. 368/2001); • il contratto di lavoro intermittente costituisce una fattispecie autonoma di assunzione a tempo determinato; • la legittimità dell’apposizione del termine non deve essere ricercata nell’articolo 1 del D.Lgs. 368/2001; |
Non discriminazione | deve essere garantita la parità di trattamento economico e normativo rispetto agli altri lavoratori |
Disponibilità del lavoratore | • necessario esplicitare il luogo e il modo in cui il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro; • in presenza di più sedi di lavoro devono essere specificate le sedi nelle quali il lavoratore si rende disponibile; |
o si usano i sistemi di pagamento aziendali; |
Pagamento delle competenze al lavoratore e particolarità dell’indennità di disponibilità | l’indennità di disponibilità: o è prevista per i periodi di inattività e solo se il lavoratore é obbligato a rispondere alla chiamata; o può essere oraria; o l’ammontare stabilito dai CCNL (almeno il 20% di paga base, contingenza, E.D.R. e ratei di mensilità aggiuntive); o non spetta in caso di malattia (o altra causa) che impedisce la risposta alla chiamata; o per le prestazioni da rendersi in determinati periodi dell’anno, è lecito prevedere che sia erogata solo in caso di effettiva chiamata; |
Preavviso di chiamata | obbligatorio; non inferiore a 1 giorno lavorativo |
Utilizzo della chiamata da parte del datore di lavoro | devono essere esplicitate le modalità e le forme di richiesta della prestazione da parte del datore di lavoro (raccomandata, telegramma , fax, mail oppure verbale) |
Rilevazione della prestazione lavorativa | nel contratto va indicato il sistema di rilevazione delle presenze utilizzato |
Misure di sicurezza | devono essere estese le norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro (con riferimento all’attività del lavoratore) |
Previsioni dei CCNL | il contratto deve recepire le indicazioni dei CCNL |
Orario di lavoro | liberamente deciso dalle parti nell’ambito di quanto stabilito dalla norma e dal contratto collettivo applicabile |
TABELLA ALLEGATA AL REGIO DECRETO 06.12.1923, N. 2657
1. Custodi.
2. Guardiani diurni e notturni, guardie daziarie.
3. Portinai.
4. Fattorini (esclusi quelli che svolgono mansioni che richiedono un'applicazione assidua e continuativa) uscieri e inservienti .
L'accertamento che le mansioni disimpegnate dai fattorini costituiscono un'occupazione a carattere continuativo è fatta dall'Ispettorato del lavoro.
5. Camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, carrozze letto, carrozze ristoranti e piroscafi, a meno che nelle particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955.
6. Xxxxxxxx, magazzinieri, dispensieri ed aiuti.
7. Personale addetto all'estinzione degli incendi.
8. Personale addetto ai trasporti di persone e di merci: Personale addetto ai trasporti di persone e di merci: Personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro non abbiano carattere di discontinuità.
9. Cavallanti, stallieri e addetti al governo dei cavalli e del bestiame da trasporto, nelle aziende commerciali e industriali.
10. Personale di treno e di manovra, macchinisti, fuochisti, manovali, scambisti, guardabarriere delle ferrovie interne degli stabilimenti.
11. Sorveglianti che non partecipano materialmente al lavoro.
12. Addetti ai centralini telefonici privati.
13. Personale degli ospedali, dei manicomi, delle case di salute e delle cliniche, fatta eccezione per il personale addetto ai servizi di assistenza nelle sale degli ammalati, dei reparti per agitati o sudici nei manicomi, dei reparti di isolamento per deliranti o ammalati gravi negli ospedali, delle sezioni specializzate per ammalati di forme infettive o diffusive, e, in genere, per tutti quei casi in cui la limitazione di orario, in relazione alle particolari condizioni dell'assistenza ospedaliera, sia riconosciuta necessaria dall'Ispettorato dell'industria e del lavoro, previo parere del medico
provinciale .
14. Commessi di negozio nelle città con meno di cinquantamila abitanti a meno che, anche in queste città, il lavoro dei commessi di negozio sia dichiarato effettivo e non discontinuo con ordinanza del prefetto, su conforme parere delle organizzazioni padronali ed operaie interessate, e del capo circolo dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro competente per territorio .
15. Personale addetto alla sorveglianza degli essiccatoi.
16. Personale addetto alla sorveglianza degli impianti frigoriferi.
17. Personale addetto alla sorveglianza degli apparecchi di sollevamento e di distribuzione di acqua potabile.
18. Personale addetto agli impianti di riscaldamento, ventilazione e inumidimento di edifici pubblici e privati.
19. Personale addetto agli stabilimenti di bagni e acque minerali, escluso il personale addetto all'imbottigliamento, imballaggio e spedizione.
20. Personale addetto ai servizi di alimentazione e d'igiene negli stabilimenti industriali.
21. Personale addetto servizi igienici o sanitari, dispensari ambulatori, guardie mediche e posti di pubblica assistenza, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato corporativo, manchino nella particolarità del caso, gli estremi di cui all'art. 6 del Regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia) .
22. Xxxxxxxx, parrucchieri da uomo e da donna nelle città con meno di centomila abitanti, a meno che, anche in queste città, il lavoro dei xxxxxxxx e parrucchieri da uomo e da donna sia dichiarato effettivo e non discontinuo con ordinanza del prefetto su conforme parere delle organizzazioni padronali ed operaie interessate e del capo circolo dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro competente per territorio .
23. Personale addetto alla toeletta (manicure, pettinatrici).
24. Personale addetto ai gazometri per uso privato.
25. Personale addetto alla guardia dei fiumi, dei canali e delle opere idrauliche.
26. Personale addetto alle pompe di eduzione delle acque se azionate da motori elettrici.
27. Personale addetto all'esercizio ed alla sorveglianza dei forni a fuoco continuo nell'industria della calce e cemento, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato del lavoro, nella particolarità del caso, concorrano speciali circostanze a rendere gravoso il lavoro. Fuochisti adibiti esclusivamente alla condotta del fuoco nelle fornaci di laterizi, di materiali refrattari, ceramiche e vetrerie.
28. Personale addetto nelle officine elettriche alla sorveglianza delle macchine, ai quadri di
trasformazione e di distribuzione, e alla guardia e manutenzione delle linee e degli impianti idraulici, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, la sorveglianza, nella particolarità del caso, non assuma i caratteri di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 .
29. Personale addetto alla sorveglianza ed all'esercizio:
a) degli apparecchi di concentrazione a vuoto;
b) degli apparecchi di filtrazione;
c) degli apparecchi di distillazione;
d) dei forni di ossidazione, riduzione e calcinazione nelle industrie chimiche, a meno che si iraiti di lavori che, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, non rivestano i caratteri di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 ;
e) degli impianti di acido solforico e acido nitrico;
f) degli apparecchi per l'elettrolisi dell'acqua;
g) degli apparecchi per la compressione e liquefazione dei gas.
30. Personale addetto alle gru.
31. Capistazione di fabbrica e personale dell'ufficio ricevimento bietole nella industria degli zuccheri.
32. Personale addetto alla manutenzione stradale.
33. Personale addetto esclusivamente nell'industria del candeggio e della tintoria, alla vigilanza degli autoclavi ed apparecchi per la bollitura e la lisciviatura ed alla produzione con apparecchi automatici del cloro elettrolitico.
34. Personale addetto all'industria della pesca .
35. Impiegati di albergo le cui mansioni implichino rapporti con la clientela e perché abbiano carattere discontinuo (così detti impiegati di bureau come i capi e sottocapi addetti al ricevimento, cassieri, segretari con esclusione di quelli che non abbiano rapporti con i passeggeri), a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia) .
36. Operai addetti alle pompe stradali per la distribuzione della benzina, comunemente detti pompisti. a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia) .
37. Operai addetti al funzionamento e alla sorveglianza dei telai per la segatura del marmo, a meno che nella particolarità del caso a giudizio dell'Ispettorato corporativo manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 .
38. Interpreti alle dipendenze di alberghi o di agenzie di viaggio e turismo, esclusi coloro che hanno anche incarichi od occupazioni di altra natura e coloro le cui prestazioni, a giudizio dell'Ispettorato corporativo, non presentano nella particolarità del caso i caratteri di lavoro discontinuo o di semplice attesa .
39. Operai addetti alle presse per il rapido raffreddamento del sapone, ove dall'Ispettorato corporativo sia nei singoli casi, riconosciuto il carattere discontinuo del lavoro .
40. Personale addetto al governo, alla cura ed all'addestramento dei cavalli nelle aziende di allevamento e di allenamento dei cavalli da corsa .
41. Personale addetto esclusivamente al governo e alla custodia degli animali utilizzati per prodotti medicinali o per esperienze scientifiche nelle aziende o istituti che fabbricano sieri .
42. Personale addetto ai corriponti, a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923,
n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia).
43. Artisti dipendenti da imprese teatrali, cinematografiche e televisive; operai addetti agli spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi; cineoperatori, cameramen recording o teleoperatori da ripresa, fotografi e intervistatori occupati in imprese dello spettacolo in genere ed in campo documentario, anche per fini didattici.
44. Operai addetti esclusivamente alla sorveglianza dei generatori di vapore con superficie non superiore a 50 mq. quando, nella particolarità del caso, detto lavoro abbia carattere di discontinuità, accertato dall'Ispettorato del lavoro.
45. Operai addetti presso gli aeroporti alle pompe per il riempimento delle autocisterne e al rifornimento di carburanti e lubrificanti agli aerei da trasporto, eccettuati i singoli casi nei quali l'Ispettorato del lavoro accerti l'inesistenza del carattere della discontinuità.
46. Operai addobbatori o apparatori per cerimonie civili o religiose ove dall'Ispettorato del lavoro sia, nei singoli casi, riconosciuto il carattere discontinuo del lavoro.
10. CONTRATTO A TEMPO PARZIALE
La disciplina del part-time é contenuta nel D.Lgs. 25 febbraio 2000 n. 61 ed è uno speciale contratto di lavoro subordinato che prevede lo svolgimento della prestazione lavorativa con un orario inferiore rispetto a quello definito normale dalla legge o all’eventuale orario minore fissato dai contratti collettivi applicati.
L’orario normale rispetto al quale si determina la riduzione può anche essere quello “multiperiodale” definito dalla contrattazione collettiva con riferimento alla durata media delle prestazioni per un periodo non superiore all’anno (art. 3 comma 2 DLgs. 66/2003).
La legge (art. 1, c. 2, D.Lgs. 61/2000) prevede tre modalità di svolgimento della prestazione a tempo parziale, in base alla diversa distribuzione dell’orario di lavoro:
⮚ orizzontale: quando la riduzione di orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione all’orario normale giornaliero di lavoro. L’attività è prestata nelle normali giornate lavorative ma con orario ridotto. Si tratta, ad esempio, dell’attività prestata da una segretaria dal lunedì al venerdì per 4 ore, anziché per 8 ore. Il riferimento al normale orario giornaliero ha oggi significato solo se il contratto collettivo ne da una definizione: infatti non esiste più una nozione legale di orario giornaliero di portata generale: la legge (art.3, c.1, X.Xxx. 66/2003) si limita a definire l’orario normale settimanale e a prevedere un tetto massimo alla prestazione giornaliera
⮚ verticale: quando il contratto prevede lo svolgimento dell’attività a tempo pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno. E’ il caso di un lavoratore che si obblighi, ad esempio, a svolgere la normale prestazione di lavoro giornaliera per 2 giorni a settimana, 2 settimane al mese oppure per 6 mesi all’anno;
⮚ misto: quando il rapporto si svolge secondo una combinazione delle modalità orizzontale e verticale. L’attività può essere organizzata ad esempio mediante alternanza di trimestri di lavoro ad orario giornaliero ridotto con trimestri caratterizzati da prestazione piena ma soltanto nel week end.
La legge impone la puntuale indicazione della durata delle prestazioni e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. La legge non fissa limiti alla riduzione di orario lasciando la massima libertà ed autonomia alle parti: gli unici limiti derivano dalla normativa che regola l’orario di lavoro per la generalità dei dipendenti con riferimento alla durata massima della prestazione lavorativa settimanale e giornaliera. La durata massima della giornata di lavoro non deve eccedere, anche per il lavoratore part-time, le 12 ore e 50 minuti, in considerazione del
diritto inderogabile ad un riposo giornaliero di almeno 11 ore consecutive e, se la prestazione giornaliera eccede le 6 ore, ad una pausa di almeno 10 minuti.
LE LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE
La Commissione al fine di poter certificare il contratto di lavoro a tempo parziale esamina i seguenti elementi.
Clausole elastiche e flessibili
La legge riconosce alle parti la facoltà di concordare:
⮚ xxxxxxxx xxxxxxxxxx, relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa, ammesse in tutte le tipologie di rapporto part-time;
⮚ clausole elastiche, relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa, ammesse solo nei contratti part-time di tipo verticale o misto.
Si tratta di una modalità nuova di acquisizione in via anticipata del consenso del lavoratore alla variazione della modalità di svolgimento della prestazione, entro determinati limiti e con diritto a specifiche compensazioni.
La definizione delle condizioni e delle modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può in concreto modificare la collocazione temporale o variare in aumento la prestazione lavorativa, nonché i limiti massimi di variabilità, sono demandate alla contrattazione collettiva. La disciplina legale si limita a prevedere in favore del lavoratore:
- un preavviso di almeno cinque giorni lavorativi (le parti, anche nell’ambito del contratto di lavoro, possono stabilire un preavviso maggiore);
- il diritto a specifiche compensazioni, nella misura e nelle forme stabilite nei contratti collettivi. Deve essere risolto il problema relativo alla validità delle clausole elastiche e flessibili stipulate antecedentemente alla L. n. 247/2007 che, innovando la disciplina precedente di cui all'art. 3 comma 7, D.Lgs. n. 61/2000, stabilisce la necessaria previsione da parte della contrattazione collettiva ai fini della introduzione di tali clausole e la non fungibilità fra la disciplina collettiva e quella individuale.
Pertanto, secondo la soluzione sopra evidenziata, si deve ritenere che le clausole contrattuali stipulate fra le parti in vigenza della vecchia formulazione dell'art.3 comma 7, del D.Lgs. n. 61/2000
mantengono comunque la loro efficacia e continuano a produrre effetti tra le parti stesse. (Min. Lav. Circ. n.7 del 25/3/2008).
L’esercizio senza limiti di flessibilità ed elasticità impedirebbe al lavoratore di organizzare il proprio tempo ed eventualmente, di svolgere un secondo rapporto di lavoro.
Al di fuori dei casi e dei limiti indicati dalla contrattazione collettiva devono ritenersi inammissibili pattuizioni che espressamente attribuiscono al datore di lavoro il potere di variare unilateralmente la collocazione temporale della prestazione lavorativa.
Il decreto nel riformare la disciplina del rapporto a tempo parziale ha abrogato la previgente disposizione che riconosceva al lavoratore un diritto di ripensamento rispetto alla clausola di elasticità sottoscritta. Peraltro il diritto di ripensamento può comunque essere previsto, tanto per le clausole di elasticità che per quelle di flessibilità, dal contratto collettivo applicato.
Rapporto tra contratto individuale e contratto collettivo
Il lavoro part-time è regolato dalla legge solo per gli aspetti fondamentali relativi alla costituzione del rapporto e alle garanzie riconosciute al lavoratore nel corso dello svolgimento; la disciplina di dettaglio è rimessa integralmente alla contrattazione collettiva e individuale.
In particolare, i contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali o dalle RSU possono determinare condizioni e modalità della prestazione lavorativa (art. 1 c. 3, D. Lgs. n. 61/2000); in altre parole, possono regolare lo svolgimento del rapporto, il ricorso al lavoro supplementare e straordinario, agli strumenti di flessibilità e di elasticità.
Il rinvio del legislatore per tale regolamentazione é rivolto tanto ai contratti collettivi nazionali e territoriali, quanto a quelli aziendali stipulati con RSA o RSU. In sede di certificazione occorre quindi tener conto anche delle prescrizioni imposte dai diversi livelli di contrattazione collettiva.
Quanto ai soggetti della contrattazione, va notato che la facoltà di regolamentazione é attribuita dalla legge ai contratti collettivi stipulati “da” e non “dalle” organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Ne consegue che un’intesa che sia sottoscritta anche da una sola organizzazione sindacale dotata della citata rappresentatività avrà piena efficacia nel disciplinare gli aspetti del rapporto di lavoro part-time delegati alla contrattazione collettiva.
Alcuni CCNL fissano una soglia minima di durata della prestazione lavorativa settimanale, mensile o annuale, che può a seconda dei casi rappresentare una condizione più favorevole per il lavoratore oppure al contrario un reale ostacolo alla stipula del contratto. E’ pertanto ammessa la certificazione di contratti che prevedano una prestazione di durata inferiore a tale soglia minima. In questo caso la Commissione nella fase di audizione dovrà acquisire la chiara volontà delle parti e le motivazioni che determinano la deroga alla disciplina contrattuale.
Aspetti delegati alla contrattazione collettiva | Fonte (D.Lgs. n.61/2000) | |
Svolgimento del rapporto in generale | - condizioni e modalità della prestazione lavorativa a tempo parziale; | art. 1 c. 3 |
- durata del periodo di prova e di conservazione del posto in caso di malattia per i contratti a tempo parziale di tipo verticale; | art. 4 c. 2 | |
- corresponsione di emolumenti retributivi, in particolare a carattere variabile, in misura più che proporzionale all’orario svolto; | art. 4 c. 2 | |
- criteri applicativi della comunicazione ai lavoratori a tempo pieno, delle assunzioni a tempo parziale nell’unità produttiva; | art. 5, c. 3 | |
- le procedure di conciliazione ed arbitrato alle quali sottoporre le controversie nei contratti a tempo parziale | art. 8 c. 2 | |
Lavoro supplementare | - limite massimo di ore effettuabili - causali che giustificano la richiesta di lavoro supplementare - conseguenze nel caso di superamento del | art. 3 c. 2 e 4 D. Lgs. n. 61/2000 |
limite massimo; - possibilità di applicare una maggiorazione alla paga oraria di fatto per le ore di lavoro supplementare; | ||
Lavoro straordinario | - limiti massimi di lavoro straordinario previsti per il part-time verticale e misto. | art. 3 c. 5 |
Clausole elastiche e flessibili | - condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa; - condizioni e modalità in relazioni alle quali il datore di lavoro può variare in aumento la durata della prestazione lavorativa; - limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa - specifiche compensazioni, per il ricorso a prestazioni elastiche e flessibili | art. 3 c. 7 e 8 |
Principio di non discriminazione
Il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile, intendendosi per tale quello inquadrato nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi. Ne consegue che il lavoratore a tempo parziale beneficia degli stessi diritti di un lavoratore a tempo pieno per quanto riguarda:
- importo della retribuzione oraria;
- durata del periodo di prova e delle ferie annuali;
- durata del periodo di conservazione del posto a fronte di malattia, infortunio sul lavoro o malattia professionale;
- applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
- accesso ad iniziative di formazione professionale organizzate dal datore di lavoro;
- criteri di calcolo delle competenze indirette e differite previste dai CCNL.
Il trattamento del lavoratore part-time deve essere proporzionato in ragione della riduzione della prestazione per quanto riguarda:
- retribuzione globale e singole componenti di essa;
- retribuzione feriale;
- trattamenti economici per malattia, infortuni sul lavoro, malattia professionale maternità.
Peraltro i contratti collettivi possono prevedere nel part-time verticale una modulazione del periodo di prova e del periodo di conservazione del posto in caso di malattia.
Il contratto individuale e i contratti collettivi, inoltre, possono prevedere che la corresponsione ai lavoratori part-time di emolumenti retributivi, in particolare a carattere variabile sia effettuata in misura più che proporzionale.
SCHEMA RIEPILOGATIVO LINEE GUIDA CONTRATTO A TEMPO PARZIALE | |
Durata della prestazione lavorativa | indicazione precisa della durata della prestazione lavorativa, che deve risultare ridotta rispetto all'orario normale di legge e a quello stabilito dai contratti collettivi applicati (nazionale, territoriale, aziendale). Il lavoratore andrà informato della sussistenza di limiti legali giornalieri e settimanali (in valore assoluto e in media su un periodo di riferimento) alla prestazione lavorativa, affinché ne tenga debito conto in caso di instaurazione di altri contemporanei rapporti part-time. Se le parti decidono di derogare all’eventuale durata minima dell’orario di lavoro (settimanale, mensile, annuale) stabilita dalla contrattazione collettiva nazionale per il lavoro a tempo parziale, la Commissione dovrà acquisire la chiara manifestazione della volontà derogatoria e le relative motivazioni sempre che tale deroga sia consentita dal contratto collettivo. La durata massima della giornata di lavoro non deve eccedere, anche per il lavoratore part-time, le 12 ore e 50 minuti, in considerazione del diritto inderogabile ad un riposo giornaliero di almeno 11 ore consecutive e, se la prestazione giornaliera eccede le 6 ore, ad una pausa di almeno 10 minuti. |
Orario di lavoro | Puntuale indicazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno e tenuto conto della tipologia del rapporto a tempo parziale (orizzontale, verticale o misto). |
Trattamento normativo | Il trattamento normativo previsto a favore del lavoratore deve risultare non inferiore a quello previsto per la generalità dei lavoratori, fatto salvo il riproporzionamento degli istituti che maturano in relazione alla durata della prestazione. |
Trattamento economico | Il trattamento economico previsto a favore del lavoratore deve risultare non inferiore a quello stabilito dai contratti collettivi per il lavoratore a tempo pieno comparabile, riproporzionato in funzione del minor orario di lavoro. Occorre tenere conto dei contratti collettivi di tutti i livelli (nazionale, territoriale e aziendale) applicati dal datore di lavoro. |
Clausola flessibile | L’eventuale pattuizione di una clausola flessibile deve prevedere: - il rispetto di quanto stabilito in materia dalla contrattazione collettiva; - la specificazione dettagliata dello sviluppo della flessibilità, non essendo ammissibile un'indicazione generica di variazione della collocazione temporale della prestazione; - adeguate compensazioni; - un preavviso della variazione d’orario conforme alle disposizioni del contratto collettivo e comunque non inferiore a cinque giorni. Occorre verificare l'effettiva consapevolezza del lavoratore delle conseguenze derivanti dalla sottoscrizione della clausola flessibile. |
Clausola elastica | L’eventuale pattuizione di una clausola elastica deve prevedere: - il rispetto di quanto stabilito dalla contrattazione collettiva; - la definizione dei limiti alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa, che non può mai estendersi alle 40 ore settimanali, ovvero al minor orario normale di lavoro previsto dai contratti collettivi; - adeguate compensazioni; - un preavviso della variazione in aumento dell’orario conforme alle disposizioni del contratto collettivo e comunque non inferiore a due giorni. Occorre verificare l'effettiva consapevolezza del lavoratore delle conseguenze derivanti dalla sottoscrizione della clausola elastica. |
11. CONTRATTO A TERMINE
Il contratto a termine è regolamentato dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, che nella sua più recente formulazione, pur mantenendo l’ampiezza della clausola che ne consente la stipula, gli assegna pur sempre connotati di specialità, ribadendo che il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato (art. 1, co. 01, d.lgs. n. 368/2001, c.m. da l.n. 247/2007).
L’entrata in vigore della disposizione ha comportato l’abrogazione della legge 230/62, dell’articolo 8- bis della legge 79/83 e dell’art. 23 della legge n. 56/87, oltre alle disposizioni incompatibili se non espressamente richiamate.
Una delle maggiori novità introdotte dal D.Lgs. 368/2001 è costituita dalla modificazione della causa legittimante il ricorso al contratto a temine. Nel passato, infatti, quando vigeva la precedente disciplina il termine poteva essere apposto solo in alcuni casi specificatamente elencati dalla norma o individuati dai contratti collettivi. Oggi, invece, per far ricorso al contratto a termine bastano “ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, anche se riferibili alla attività ordinaria del datore di lavoro (d.l. n. 112/2008, conv. in l.n. 133/2008). Alla clausola generale, di cui si è detto, se ne aggiungono anche altre che legittimano l’apposizione del termine. Si tratta di situazioni specifiche quali, ad esempio, quella che riguarda il settore aereo e dei pubblici esercizi. Altre cause, a se se stanti, sono rinvenibili per i dirigenti, per gli sportivi professionisti come si dirà più avanti.
Aspetto di estrema delicatezza e attenzione, in particolare ai fini della certificazione, è dato dai rinvii che il decreto fa alla contrattazione collettiva. L’eventuale regolamentazione collettiva incide sostanzialmente sulla validità del contratto da certificare. È, quindi, necessario che l’analisi del verificatore si incentri, oltre che sulle leggi, anche sul contratto collettivo applicato. I rinvii alla contrattazione collettiva, contenuti nel D.Lgs 368/2001, prevedono la possibilità di:
a) introdurre dei limiti quantitativi di utilizzo dei contratti a tempo determinato. Anche se questa disposizione è fortemente limitata dalle deroghe contenute nello stesso decreto (si veda oltre) non può sottovalutarsi l’impatto che essa produce. Un esempio valga per tutti. Il vigente CCNL del terziario all’articolo 63 dispone: ”le assunzioni effettuate con contratti a tempo determinato e con contratti di somministrazione a tempo determinato non potranno complessivamente superare il 28% annuo dell'organico a tempo indeterminato in forza nell'unità produttiva, ad esclusione dei contratti conclusi per la fase di avvio di nuove attività di cui all'art. 64 e per
sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto e fatto salvo quanto previsto ai precedenti articoli 61, commi 2, 3, e 62, commi 2 e 3”;
b) prevedere un diritto di precedenza, nell'assunzione presso la stessa azienda e con la stessa qualifica, a favore dei lavoratori stagionali che hanno già prestato attività lavorativa con contratto a tempo determinato. Si ricorda che il diritto di precedenza si estingue nel termine di un anno dalla cessazione del rapporto e il lavoratore può esercitarlo entro 3 mesi dalla cessazione del rapporto stesso;
c) introdurre delle deroghe al divieto di assumere a termine lavoratori da adibire a mansioni precedentemente destinate ad altri lavoratori collocati in mobilità nei sei mesi precedenti;
Si segnala che per i casi sub a) e sub b) il rinvio è ai contratti collettivi nazionale di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi; mentre per il caso sub c), il decreto rinvia agli accordi sindacali.
LE LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE
La Commissione al fine di poter certificare il contratto a termine esamina i seguenti elementi.
Cause di ricorso al contratto a termine
L’art. 1, comma 1 del D.Lgs. 368/2001, prevede la possibilità di ricorso al contratto a tempo determinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostituivo, anche se si risolvono nella ordinaria attività aziendale, purché sorrette da esigenze contingenti effettive. Le cause non devono far parte di una casistica precostituita, ma possono essere individuate di volta in volta. Non è previsto che la contrattazione collettiva individui altre causali specifiche.
Il motivo per cui si fa ricorso al contratto a termine deve essere esplicitato nel contratto; in tal senso è da considerarsi insufficiente la sola affermazione dell'esistenza di "ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo". A tale riguardo, le ragioni giustificatrici devono essere sufficientemente particolareggiate, in modo di rendere possibile la consapevolezza dell’effettiva portata delle stesse. Se dovessero ricorrere diverse ragioni legittimanti è possibile che le parti, nel rispetto del criterio di specificità, le indichino tutte nel contratto di lavoro se non sussista incompatibilità (Cassaz. N.6328 del 16/03/2010.
Il ricorso al contratto a termine è possibile a condizione che si indichi nel contratto la finalità; non vi sono casi prestabiliti dalla norma ai quali obbligatoriamente attenersi.
Il datore di lavoro deve indicare le esigenze che l'azienda intende soddisfare attraverso il ricorso al contratto a termine. Le esigenze devono essere valutate basandosi su criteri oggettivi e devono essere verificabili. Occorre, peraltro, rilevare che lo stabilizzarsi dell’esigenza non incide sulla legittimità del contratto e sulla validità del termine.
Per quanto attiene invece l’aspetto sostitutivo si ricorda che il contratto a tempo determinato è possibile, ad esempio:
• per sostituire lavoratori assenti per qualunque causa prevista dalla legge o dal contratto collettivo o individuale;
• in sostituzione di un lavoratore destinato temporaneamente presso un'altra sede di lavoro (escluso il trasferimento definitivo);
• per sostituire un lavoratore temporaneamente inidoneo al lavoro;
• nel caso di assunzione per sostituzione con scorrimento (il nuovo assunto non ricopre il posto di quello assente);
• in sostituzione di lavoratori sospesi nell’ambito di un procedimento disciplinare.
La portata della formulazione legislativa è ampia e può ricomprendere un maggior numero di situazioni che vanno valutate caso per caso.
Nell’ambito dell’instaurazione di rapporti a termine in sostituzione di lavoratrici in maternità, va segnalato che il Testo unico sulla maternità prevede la possibilità di anticipare di un mese (salvo periodi superiori previsti dai contratti collettivi) l’assunzione del lavoratore a termine che sostituisce quello/a assente.
Ipotesi per cui non è richiesta la sussistenza di specifiche ragioni
Dirigenti
Secondo quanto previsto dal comma 4, dell’articolo 10, del D.Lgs. 368/2001, i dirigenti possono essere assunti con contratto a termine nel limite massimo di durata di cinque anni. A questa tipologia assuntiva non si applicano le disposizioni del D.Lgs 368/2001, eccezion fatta per il principio della non discriminazione (articolo 6 ) e per i criteri di conteggio dei dipendenti ai fini dell’applicazione dell’art. 35 della legge n. 300/70 (articolo 8). Ne deriva, pertanto, che la certificazione dovrà imperniarsi proprio sul rispetto di queste regole.
Lavoratori in mobilità
Resta valido e operante l’art. 8, c. 2, della legge n. 223/91. In forma autonoma, rispetto alle cause di apposizione del termine previste dal decreto n. 368/2001, è prevista la possibilità di un’assunzione a termine (massimo 12 mesi) riguardante tutti i soggetti iscritti nelle liste di mobilità.
Settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali
Per i datori di lavoro operanti in questo settore è prevista (art. 2, D.Lgs. 368/2001) una specialità che consente di attuare le assunzioni a termine anche al di fuori delle ragioni tecniche, organizzative, produttive e sostitutive. Possono ricorrervi le aziende di trasporto aereo o esercenti i servizi aeroportuali. I contratti a termine possono riguardare solo lo svolgimento dei servizi operativi di terra e di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e merci. I contratti soggiacciono a una limitazione di durata complessiva prevista in:
• massimo 6 mesi (tra aprile e ottobre di ogni anno);
• massimo 4 mesi per diversi periodi in misura non superiore al 15% dell’organico che al 1° gennaio di ogni anno è adibito a tali servizi (salvo diverse previsioni per gli aeroporti minori e previa autorizzazione della DPL).
Lavoratori disabili
E’ possibile assumere lavoratori diversamente abili con contratto a termine a fronte di una convenzione stipulata tra il datore di lavoro e l’organo che gestisce il collocamento obbligatorio (art. 11, c.2, L. 68/99).
Rapporto a termine per part-time pensionistico
Assunzione a tempo determinato di un lavoratore che ne sostituisce un altro il quale, avendo maturato i requisiti per la pensione di anzianità, ha trasformato il proprio rapporto da full time in part time (art. 1, c.185, legge 662/96).