SMART CONTRACT E TRANSAZIONI IMMOBILIARI
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
DIPARTIMENTO DI DIRITTO PRIVATO E CRITICA DEL DIRITTO
Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza Anno Accademico 2023/2024
SMART CONTRACT E TRANSAZIONI IMMOBILIARI
Relatore:
Xxxxx.xx Professor Xxxxxxxx Xxxxxx
Laureanda:
Xxxxxxxx Xxxxxxx
SOMMARIO
CAPITOLO 1. SMART CONTRACT E BLOCKCHAIN 7
1.1 Smart contract in generale 7
1.3 Smart contract che si basano su blockchain 10
2.1 Smart contract e compatibilità con la disciplina della condizione 17
2.2 La responsabilità nell’utilizzo di smart contract e blockchain 22
2.2.1 Responsabilità negli smart contract 22
2.2.2 Responsabilità all’interno della blockchain 23
2.3 Competenze necessarie per la redazione di uno smart contract 2C
2.4 Immodificabilità dello smart contract inserito su blockchain 2S
CAPITOLO 3. SMART CONTRACT, BLOCKHAIN E RUOLO DEL NOTAIO 35
3.1 Lo smart contract e il notaio 35
3.2 La blockchain e il notaio 38
3.3 Il ruolo del notaio in generale 3S
3.3.1 Maggiore necessità dell’intervento notarile contro l’impersonalità 41
3.3.2 Il notaio certifica la qualità dei dati inseriti nella blockchain 43
3.3.3 Intervento notarile necessario ad eliminare le asimmetrie informative 45
3.3.4 Costi della rinuncia del controllo ex ante del notaio 46
3.4 L’insostituibile ruolo di consulenza del notaio 47
3.5 Un primo tentativo di “de-notarizzazione” 4S
3.6 Testamento e tecnologie innovative 50
3.7 Sfruttare le nuove tecnologie 53
3.8 Esempi applicativi di blockchain 55
3.8.3 Registri volontari digitali 56
Lo sviluppo delle nuove tecnologie ha portato alla diffusione di nuovi strumenti volti a semplificare e velocizzare le operazioni quotidiane e non solo, e ciò ha avuto un impatto specialmente sulle dinamiche relazionali. Tale diffusione ha inevitabilmente reso necessario un adeguamento dei vecchi modelli alle nuove esigenze e modalità offerte dagli strumenti tecnologici, ponendo diverse questioni circa la compatibilità degli strumenti innovativi con i modelli tradizionali. L’utilizzo degli strumenti tecnologici ha riguardato tutti i settori, compreso quello giuridico. Il presente elaborato indaga in particolare le nuove tecnologie quali smart contract e blockchain, analizzandone dal punto di vista teorico la composizione e il funzionamento nonché la relativa normativa, per poi interrogarsi sulla compatibilità di questi strumenti con i consueti modelli giuridici predisposti dall’ordinamento, in particolare riguardo ad alcuni aspetti civilistici quali la condizione, la responsabilità e l’inadempimento, e in aggiunta si considerano altri aspetti rilevanti che possono incidere sull’utilizzabilità di smart contract e blockchain ossia il linguaggio e l’immodificabilità peculiari di queste tecnologie. Infine, il presente scritto si concentra sull’idoneità degli strumenti in parola a sostituire la figura notarile in primis nelle transazioni immobiliari e in secondo luogo anche in altre operazioni in cui è previsto il ricorso al Pubblico Ufficiale, dapprima analizzando il ruolo del notaio e le sue prerogative, per poi considerare l’adeguatezza o meno di questi strumenti a sostituire il pubblico ufficiale, nonché la nuova funzione di quest’ultimo nell’utilizzo si smart contract e blockchain. Da ultimo in un’ottica più ampia vengono esemplificate e teorizzate alcune applicazioni delle tecnologie in parola nell’ambito del diritto e non solo.
CAPITOLO 1. SMART CONTRACT E BLOCKCHAIN
Nell’ultimo decennio il mondo della tecnologia e dell’automazione si sono sempre più sviluppati rendendo necessaria una loro regolazione e un loro dialogo con altri settori, non ultimo quello del diritto. In particolare, le nuove tecnologie hanno approntato strumenti innovativi, taluni già consolidati come l’identità e la firma digitali, altri invece tutt’ora oggetto di discussione riguardo alla loro collocazione giuridica e alla loro applicazione pratica: questo è il caso degli smart contracts e delle blockchain.
1.1 Smart contract in generale
Gli smart contracts, anche detti contratti ad esecuzione automatica o contratti self- executing, furono teorizzati per la prima volta nel 1996 dall’informatico e crittografo statunitense Nick Szabo1.
Si tratta di accordi tra parti tradotti in linguaggio informatico e registrati dalla rete che, tramite un software autoeseguibile contenente uno specifico algoritmo, si eseguono automaticamente al verificarsi delle condizioni previste dalle parti, senza alcuna necessità di intervento delle stesse o di terzi2. In altre parole, le parti concludono un accordo riassumibile in clausole in cui prevedono che al verificarsi di certe condizioni accadano determinate conseguenze, tali clausole vengono poi tradotte dal programmatore in linguaggio informatico, in particolare in algoritmi if-/then, e formalizzate in un software che garantisce, principalmente tramite un hardware, da una parte l’autoesecuzione dei termini contrattuali pattuiti, e dall’altra anche i rimedi automatizzati in caso di inadempimento3.
Xxxx Xxxxx offre alcuni esempi da considerare “antenati primitivi degli smart contracts” in quanto basati sulla stessa tecnologia: in primis il distributore
2 ROBUSTELLA C.; PAPADIMITRIU C. E., “Spunti ricostruttivi in tema di smart contracts, tra innovazione tecnologica e regola giuridica” in PA Persona e Amministrazione, p. 963
3 ROBUSTELLA C.; PAPADIMITRIU C. E., “Spunti ricostruttivi in tema di smart contracts, tra innovazione tecnologica e regola giuridica” in PA Persona e Amministrazione, p. 968
automatico, in cui è esposto un prodotto ed il relativo prezzo e nel momento in cui viene selezionato il prodotto ed inserita la moneta, soddisfando così le condizioni della transazione, automaticamente la macchina eroga il prodotto e l’eventuale resto. Un ulteriore esempio descritto dall’autore è quello dell’acquisto di un autoveicolo tramite pagamento rateizzato, per cui installando una combinazione di software e hardware all’interno del veicolo lo smart contract entra in azione (grazie all’hardware) in caso di mancato pagamento di un certo numero di rate (prestabilito nel software) disabilitando l’accensione dell’auto4.
1.2 Blockchain in generale
La fortuna degli smart contracts è però dovuta alla nascita della blockchain, un tipo di tecnologia a registro distribuito inventata nel 20085 da Xxxxxxx Xxxxxxxx contestualmente ai Bitcoin e introdotta al mondo dal paper “Bitcoin: a peer to peer Electronic Cash System” in cui l’autore spiega il funzionamento di Bitcoin e della relativa Blockchain Bitcoin6. Nel paper Xxxxxxx Xxxxxxxx spiega il duplice obiettivo della nuova tecnologia: da un lato evitare il necessario ricorso ad un terzo in una transazione tra due o più parti, evitando così il costo aggiuntivo che la mediazione comporta e, dall’altro, rendere le transazioni irreversibili per tutelare maggiormente le parti7. La blockchain nasce con i bitcoin ma poi ne diventa autonoma grazie alla sua forza innovativa in quanto consente di creare registri pubblici, sicuri e decentralizzati in quanto distribuiti presso differenti soggetti, ossia gli utilizzatori stessi della blockchain, e che non necessitano di un terzo gestore, ed inoltre garantisce l’immodificabilità delle transazioni che vengono registrate nella catena.
La blockchain, letteralmente “catena di blocchi”, è composta da una rete di computer (cosiddetti nodi) in posizione paritaria tra loro (per questo si parla di
4 XXXXX N. “Formalizing and Securing Relationships on Public Networks”, 1997
6 XXXXXXXX A., “Algoritmi e automazione: la notte del contratto?” in Notariato 4/2023, p. 408
7 XXXXXXXX S., “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System” in xxx.xxxxxxx.xxx
tecnologia peer to peer) per cui quando viene inserito un nuovo blocco, contenente una o più transazioni, all’interno della catena inizia un processo di validazione, in cui il nuovo blocco viene trasmesso a ogni nodo che acquista il ruolo di xxxxx e deve risolvere il gioco matematico, la soluzione trovata dal computer più veloce è verificabile dagli altri pc e così il nuovo blocco si lega al blocco precedente tramite un’operazione logaritmica (detta hash) ed entra a far parte della blockchain in modo irreversibile8. Le blockchain si distinguono in pubbliche, private ed ibride: quelle pubbliche si chiamano permissionless ledger e i blocchi della catena sono liberamente accessibili da tutti i nodi della rete senza previa identificazione o autorizzazione, perciò questo tipo di blockchain è caratterizzato da massima decentralizzazione; invece nel caso delle blockchain private, anche dette permissioned ledger, è individuabile un’autorità centrale che predetermina le modalità di gestione della blockchain, ad esempio per quanto riguarda le autorizzazioni e gli accessi; infine le blockhain ibride, cosiddette Public Permissioned Blockchains, sono solo parzialmente decentralizzate in quanto solo alcuni nodi hanno il ruolo di gestori delle validazioni delle transazioni, mentre gli altri nodi possono solo consultare i dati9. La decentralizzazione è un elemento chiave della blockchain, in particolare nel caso delle blockchain pubbliche, infatti mentre in un registro centralizzato è l’autorità che lo governa a validare le nuove transazioni, nel caso dei registri distribuiti sono invece gli stessi partecipanti alla rete che devono validare concordemente ogni nuovo blocco, e proprio da ciò deriva il problema del meccanismo di formazione del consenso da parte di ciascun nodo; a tale problema ha posto soluzione proprio Xxxxxxx Xxxxxxxx con la blockchain Bitcoin prevedendo il meccanismo informatico noto come “proof of work” che permette ad ogni nodo di risolvere il complesso gioco matematico in qualità di xxxxx e a tutti gli altri nodi della rete di verificarne la soluzione raggiungendo così
8 XXXXXXXX A., “Algoritmi e automazione: la notte del contratto?” in Notariato 4/2023, pp. 408 e ss.
9 ROBUSTELLA C.; PAPADIMITRIUC. E., “Spunti ricostruttivi in tema di smart contracts, tra innovazione tecnologica e regola giuridica” in PA Persona e Amministrazione, p. 971
il consenso nella validazione delle transazioni10. La necessità di questo processo collettivo di prestazione del consenso è una garanzia anche dal punto di vista della sicurezza del registro distribuito e quindi della blockchain; infatti, un attacco esterno sarebbe molto più difficile se non impossibile poiché il malintenzionato dovrebbe immettere nella rete una potenza di calcolo pari ad almeno la metà più uno dei nodi della rete, il che oltre ad essere tecnicamente impossibile, sarebbe anche economicamente non conveniente, a maggior ragione quando il registro è ampiamente diffuso poiché servirebbe una quantità di nodi ancora superiore, perciò è evidente che maggiore è la diffusione di un registro distribuito e maggiore sarà il suo livello di sicurezza11.
Tuttavia, la soluzione offerta dai bitcoin al problema del consenso distribuito ha già sollevato diversi problemi in termini di lentezza e costi energetici, quindi è opportuno tenere presente che comunque ogni registro distribuito deve affrontare il problema della formazione del consenso collettivo e di conseguenza il relativo problema di remunerazione, in quanto è sicuramente necessario un incentivo economico che faccia sì che la collettività partecipi alla rete di nodi e validi le transazioni di un registro, altrimenti difficilmente qualcuno sarebbe disposto a parteciparvi. A conferma di ciò è il fatto che i registri distribuiti attualmente attivi constano anche di un ecosistema di remunerazioni: per esempio, i xxxxx della catena bitcoin vengono remunerati con nuovi bitcoin ogni volta che aggiungono un nuovo blocco alla blockchain12.
1.3 Smart contract che si basano su blockchain
Nonostante lo smart contract possa funzionare anche senza, le sue potenzialità vengono sfruttate in massima misura quando a questo viene applicata la tecnologia della blockchain. Quando le linee di codice (cosiddetti scripts), ossia la traduzione
10 MANENTE M., “Studio 1_201S DI-Legge 12/201S-Smart contract e tecnologie basate su registri distribuiti-prime note” in xxx.xxxxxxxxx.xx
11 MANENTE M., “Blockchain: la pretesa di sostituire il notaio” in Notariato 3/2016, p. 212
in linguaggio informatico degli accordi pattuiti dalle parti con cui si comunica al computer di eseguire determinate operazioni all’accadere di determinati eventi, vengono inserite all’interno di una blockchain, le caratteristiche di quest’ultima quali la sua inviolabilità e sicurezza, l’integrità dei dati inseriti e soprattutto la possibilità di affrancamento da un’autorità centrale13, finiscono per contraddistinguere anche lo smart contract che adopera tale tecnologia a registro distribuito, nonostante, come già rilevato, uno smart contract possa anche operare all’interno di un registro di transazioni centralizzato; in questo modo si ha la garanzia che le linee di codice che compongono lo smart contract non potranno essere modificate da nessuno e che i termini stabiliti nel contratto verranno rispettati così come decisi14. Dopo Bitcoin, un altro ambizioso progetto di blockchain nasce nel 2013 ad opera di Vitalik Buterin15 che diede vita ad Ethereum, una piattaforma blockchain progettata espressamente per sviluppare ed eseguire smart contract16; dalla nascita di questo registro distribuito quanto teorizzato da Xxxx Xxxxx è stato trasfuso nella tecnologia inventata da Satoshi Nakamoto17.
1.4 Normativa
La diffusione delle nuove tecnologie, tra cui smart contracts, tecnologie a registro distribuito e blockchain, ha portato il regolatore europeo e successivamente quello nazionale ad intervenire in materia.
Dapprima, la diffusione dell’impiego dei robot ha indotto il Parlamento Europeo ad emanare la Risoluzione del Parlamento Europeo del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica. In tale Risoluzione il Parlamento Europeo prende atto della possibilità di
13 MANENTE M., “Blockchain: la pretesa di sostituire il notaio” in Notariato 3/2016, pp. 213 e ss. 14 MANENTE M., “Blockchain e smart contract sono la risposta, ma a quale domanda?” in xxx.xxxxxxxxxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
15 xxx.xxxxxxxxxx0xxxxxxxxxx.xx
16 BUTERIN V., “A Next Generation Smart Contract and Decentralized Application Platform – Ethereum White Paper” in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx
17 ROBUSTELLA C.; PAPADIMITRIU C. E., “Spunti ricostruttivi in tema di smart contracts, tra innovazione tecnologica e regola giuridica” in PA Persona e Amministrazione, p. 969
affrancamento da parte dei robot con autonomia decisionale da ruolo di strumento dell’agire umano e perciò sollecita la Commissione a risolvere le numerose questioni che si pongono in tema di imputazione dell’attività e di responsabilità18. Infatti, queste caratteristiche di autonomia dei robot rendono inevitabile una riflessione sull’idoneità delle attuali regole in tema di responsabilità e sull’opportunità di creare una categoria specifica con proprie caratteristiche ed implicazioni, tant’è vero che non si esclude la possibilità che in futuro possa rendersi necessaria la creazione di uno status giuridico specifico per i robot più sofisticati e anche il loro riconoscimento di una personalità elettronica nel caso in cui prendano decisioni autonome senza l’intervento umano19. La Risoluzione evidenzia anche l’inadeguatezza dell’attuale quadro normativo in tema di responsabilità contrattuale data la sua inapplicabilità alle macchine progettate per scegliere le loro controparti, negoziare e concludere contratti e decidere se e come attuarli20.
Successivamente, con D.L. 135/2018 convertito dalla L. 12/2019 ed entrato in vigore dal 15 dicembre 2018, il legislatore italiano ha disciplinato le nozioni di “tecnologie basate su registri distribuiti” e di “smart contract”21.
In particolare, l’art. 8-ter, comma 1, D.L. 135/2018 recita: “Si definiscono
«tecnologie basate su registri distribuiti» le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l'aggiornamento e l'archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”. La normativa non prende in considerazione
18 DI SABATO D., “Gli smart contracts: robot che gestiscono il rischio contrattuale”, in Contratto e impresa
2/2017, p. 390
19 Risoluzione del Parlamento Europeo del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica
20 Risoluzione del Parlamento Europeo del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica
21 ROBUSTELLA C.; PAPADIMITRIU C. E., “Spunti ricostruttivi in tema di smart contracts, tra innovazione tecnologica e regola giuridica” in PA Persona e Amministrazione, p. 975
l’anzidetta problematica del consenso distribuito con cui deve confrontarsi qualsiasi tecnologia di questo genere; da un lato, trattandosi di un settore nuovo e ancora in evoluzione, ciò permette all’innovazione di progredire senza essere ristretta in rigide normative, dall’altro tale mancanza non è indice della superfluità di un meccanismo di consenso distribuito, quanto piuttosto indica l’astratta impossibilità del sistema di rispettare il requisito di inalterabilità e immodificabilità (poiché, come anticipato, è astrattamente possibile che un soggetto alteri il sistema immettendo nella rete un potenza di calcolo pari alla maggioranza, anche se è praticamente impossibile) previsto dalla norma stessa e impone di leggere la disposizione nel senso di necessaria assenza di un soggetto dotato ab origine del potere di alterare o modificare il registro. Inoltre, la previsione normativa non fissa una soglia minima oltre la quale un registro possa dirsi distribuito e ciò potrebbe indurre a ritenere che il riconoscimento legale di uno smart contract dipenda solo dalla presenza formale di un registro distribuito, per cui per esempio anche una blockchain gestita solo da due nodi finirebbe per essere considerata valida ai fini dell’esistenza giuridica dello smart contract, nonostante sia evidente che in tal caso mancherebbe una sostanziale differenza da un registro centralizzato22.
Passando allo smart contract, l’art. 8-ter, comma 2, D.L. 135/2018 ne riporta questa definizione: “Si definisce «smart contract» un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'Agenzia per l'Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.”. Nonostante si sia detto che uno smart contract possa funzionare anche appoggiandosi ad un registro centralizzato, è la norma stessa ad imporre che lo
22 MANENTE M., “Studio 1_201S DI-Legge 12/201S-Smart contract e tecnologie basate su registri distribuiti-prime note” in xxx.xxxxxxxxx.xx
smart contract operi attraverso tecnologie basate su registri distribuiti, tra cui la blockchain, ed in particolare il tenore del verbo “operare” utilizzato dal legislatore comporta la necessarietà che lo smart contract sia custodito ed operante all’interno di un registro distribuito23.
La disposizione conferisce poi allo smart contract il valore giuridico di un contratto in forma scritta previa identificazione informatica delle parti come prevista dall’AgID; tuttavia, la norma non rinvia espressamente alla normativa europea e nazionale sui documenti informatici, quali il regolamento UE n. 919/2014 (Regolamento eIDAS) e il d.lgs. 82/2005 istitutivo del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), ma è da ritenere che tale mancanza non sia indice della volontà del legislatore di identificare lo smart contract come un nuovo tipo di documento elettronico con strumenti specifici e differenti da quelli che il CAD prevede per i documenti informatici; è infatti innegabile che lo smart contract rientri nelle definizioni di documento elettronico e documento informatico riportate rispettivamente dal Regolamento eIDAS e dal CAD, per questo parte della dottrina ritiene che le attese linee guida dell’AgID menzionate finiranno per riprodurre quanto disposto dall’art. 20 comma 1-bis CAD per i documenti informatici24.
L’art. 8-ter, comma 2, D.L. 135/2018 non comprende alcun riferimento alla componente hardware che serve a portare ad esecuzione lo smart contract; infatti, si è detto che lo smart contract opera tramite un software che memorizza le informazioni, ossia le clausole if-/then-, e un hardware che serve appunto ad eseguire all’atto pratico gli effetti pattuiti dalle parti; quest’ultima componente in realtà può essere sostituita anche da un altro apparato software, ma comunque la norma definisce lo smart contract come un “programma per elaboratore”, quindi come un software, e non contiene alcun riferimento ad un’ulteriore elemento
23 MANENTE M., “Studio 1_201S DI-Legge 12/201S-Smart contract e tecnologie basate su registri distribuiti-prime note” in xxx.xxxxxxxxx.xx
24 ROBUSTELLA C.; PAPADIMITRIU C. E., “Spunti ricostruttivi in tema di smart contracts, tra innovazione tecnologica e regola giuridica” in PA Persona e Amministrazione, pp. 979 e ss.
(software o hardware che sia) chiamato ad eseguire materialmente le istruzioni, il quale però è necessario. Questa mancanza, tuttavia, non va necessariamente considerata come una lacuna in quanto è possibile interpretarla come volontà del legislatore di lasciare libertà sul punto, evitando di limitare l’applicazione degli smart contract25, e questo nell’ottica di non voler ostacolare il progresso, ma anzi di favorire l’innovazione, soprattutto in un settore ancora in grande evoluzione come quello tecnologico.
Infine, la disposizione normativa presenta una grande lacuna in quanto non risponde al quesito sulla qualificazione dello smart contract come contratto vero e proprio. Il termine “esecuzione” utilizzato dal legislatore ha indotto alcuni a ritenere che lo smart contract si formi solo successivamente ad un altro contratto propriamente detto in cui le parti predeterminano gli effetti voluti e che quindi riguardi solo la parte dell’esecuzione materiale di quello26; altri invece interpretano il termine “esecuzione” secondo il significato dato nel linguaggio informatico, per cui starebbe a significare “avvio del programma”, ossia lettura delle istruzioni e loro memorizzazione nel sistema, e secondo questa impostazione l’azione materiale di dare avvio al programma fornirebbe la prova della manifestazione di accordo delle parti, elemento essenziale del contratto, e perciò questa teoria ritiene lo smart contract idoneo a costituire la fonte di un rapporto contrattuale27. Per quanto riguarda gli altri elementi essenziali del contratto, ossia la causa e l’oggetto, nessuno dei due pone particolari problemi: per quanto riguarda la causa la normativa non prevede che questa debba essere esplicitata perciò non è necessario che il contratto, e di conseguenza anche lo smart contract, ne diano conto nel testo dell’accordo. Anche l’oggetto del contratto non pone particolari problemi, in quanto la norma stessa prescrive che il programma per elaboratore agisca sulla
25 MANENTE M., “Studio 1_201S DI-Legge 12/201S-Smart contract e tecnologie basate su registri distribuiti-prime note” in xxx.xxxxxxxxx.xx
26 XXXXXXXX A., “Algoritmi e automazione: la notte del contratto?” in Notariato 4/2023, pp. 409 e ss.
“base di effetti predefiniti” dalle parti e ciò è sufficiente a documentare la presenza nello smart contract dell’insieme delle prestazioni convenute dalle parti28.
CAPITOLO 2. INCOMPATIBILITÀ E PROBLEMATICHE LEGATE ALL’UTILIZZO DI BLOCKCHAIN E SMART CONTRACT
2.1 Smart contract e compatibilità con la disciplina della condizione
La condizione è un istituto della disciplina negoziale molto utilizzato nella prassi e oggetto di numerose decisioni giurisprudenziali, soprattutto per quanto riguarda aspetti particolari dell’istituto quali la condizione potestativa semplice, la condizione meramente potestativa e l’applicazione della finzione di avveramento di cui all’articolo 1359 del codice civile alle condizioni potestative e alle condizioni miste. La rilevanza della condizione nel panorama giuridico rende utile un’analisi sulla compatibilità della relativa disciplina con la tecnologia degli smart contract, partendo da un’esposizione delle discussioni relative all’istituto per poi applicarne i ragionamenti al confronto con gli smart contract.
La condizione potestativa dipende dalla volontà di una delle parti e non comporta l’obbligo al comportamento in essa dedotto, da qui parte della dottrina29 ricava l’incompatibilità con la finzione di avveramento di cui all’articolo 1359 del codice civile; tuttavia, è necessario fare delle distinzioni. La Cassazione in materia di applicabilità della finzione di avveramento alle condizioni miste ha trattato il caso di un contratto d’opera professionale concluso tra la pubblica amministrazione e un professionista in cui il pagamento del compenso era subordinato alla concessione all’ente pubblico di un finanziamento da parte di un terzo30; la Corte ha qualificato tale condizione come mista e ha affermato che l’ente pubblico deve comportarsi secondo buona fede ai sensi dell’articolo 1358 c.c. e chiedere il finanziamento, in caso contrario opererà l’articolo 1359 c.c.; ma delle due l’una, o la condizione è da qualificarsi come potestativa e allora l’ente può anche non chiedere il finanziamento, in quanto la parte con il potere di far avverare o meno la condizione nella condizione interamente potestativa e nel segmento potestativo della condizione mista è libera di realizzare o
29 CARUSI D., “Appunti in tema di condizione”, in Rassegna di diritto civile 1/1996, pp. 80 e ss.; Xxxxxxx F., “Il negozio giuridico”, Xxxxxxx, 2002, p. 163
30 Cass. 28 marzo 2014, n. 7405 in Nuova giurisprudenza civile commentata, 2014, pp. 863 e ss.
meno l’evento, oppure se si ritiene, come fa la Cassazione, che l’ente è obbligato a chiedere il finanziamento non può parlarsi di condizione mista in quanto mancherebbe l’elemento potestativo della condizione mista, il quale rimette al soggetto, in questo caso all’ente pubblico, di realizzare o meno la condizione, e residuerebbe così solo l’elemento casuale dando luogo ad una condizione, per l’appunto, casuale. Affinché la condizione sia potestativa non basta che essa dipenda dalla volontà di una delle parti, bensì bisogna valutare caso per caso ciò che i contraenti hanno voluto attuare: se questi hanno inteso lasciare libera la parte riguardo gli esiti della componente volontaria dell’evento, permettendole di decidere liberamente se realizzare o meno l’evento dedotto in condizione, si ha una condizione propriamente potestativa; nel caso in cui invece l’avveramento della condizione non sia rimesso alla libera scelta del contraente, ma dipenda da altri fattori esterni alla volontà della parte, la condizione è solo apparentemente potestativa, cioè si tratta di una condizione casuale, perciò dalla buona fede deriva per la parte un obbligo di compiere l’attività volta alla realizzazione della condizione, per cui in quest’ultimo caso non è da escludere l’applicazione della finzione di avveramento della condizione di cui all’articolo 1359 c.c. nel caso l’obbligo sia stato violato. Nel caso di specie l’ente era sì tenuto a chiedere il finanziamento, ma non perché, come ha sostenuto la Cassazione, la condizione fosse mista, quanto piuttosto poiché la condizione era casuale.
Quanto detto comunque non implica che la parte da cui dipende la condizione propriamente potestativa non incontri alcun limite, in quanto l’articolo 1355 del codice civile vieta la condizione sospensiva la quale sia meramente potestativa, che dipende cioè dal mero arbitrio dell’alienante o del debitore; il titolare della potestatività condizionale ha comunque l’obbligo di comportarsi secondo buona fede nella realizzazione o nell’omissione del fatto condizionante, pena l’applicazione della finzione di avveramento ex articolo 1359 c.c. o il risarcimento per equivalente. Il contenuto di questo dovere di buona fede non riguarda il se della decisione di far avverare o meno la condizione, poiché lasciato alla discrezionalità della parte, ma riguarda le sue modalità, per esempio il rispetto di un termine.
Venendo ora alle modalità di interazione tra l’istituto condizionale e lo smart contract, è opportuno fin da subito chiarire che il rapporto non sta nel fatto che lo smart contrat funziona secondo l’algoritmo if this/than that, che è lo stesso meccanismo alla base dell’istituto condizionale; ciò non è sufficiente a fare della funzione if/then un mezzo di attuazione della condizione; l’algoritmo in questione può operare come strumento di attuazione di una condizione, ma uno smart contract che comunque funziona secondo questo meccanismo può non contenere condizioni; in altre parole l’algoritmo if/then opera nella veste di condizione quando le parti hanno concluso un contratto condizionato, in particolare quando questo algoritmo può incidere sull’efficacia del contratto. Un esempio in cui l’algoritmo if/then funziona come un congegno condizionale è quello di uno smart contract esecutivo di un contratto per l’acquisto di una criptovaluta sospensivamente condizionato al fatto che questa raggiunga un certo valore.
La condizione è unanimemente31 considerata essere un meccanismo duttile e perciò idoneo a modellare gli effetti del contratto in base agli interessi delle parti; allo stesso tempo lo smart contract, una volta trascritto su blockchain, diventa inarrestabile nella sua esecuzione ed immodificabile, e proprio per queste peculiarità dello smart contract la condizione diventa uno strumento ancora più utile nella gestione delle sopravvenienze contrattuali; tuttavia, si pongono una serie di problemi pratici quando si tratta di applicare la disciplina condizionale allo smart contract. Innanzitutto va rilevata la difficile operatività della finzione di avveramento della condizione di cui all’articolo 1359 c.c., ciò in quanto se l’evento programmato nella clausola if manca, lo smart contract non può produrre l’effetto (then) collegato al suo avveramento, e se la condizione è mancata per causa imputabile alla parte che aveva un interesse contrario al suo avveramento, a maggior ragione lo smart contract non è in grado di valutare questi aspetti così da autoeseguirsi e realizzare dell’effetto prestabilito (then), ossia l’evento condizionato, anche in mancanza dell’evento (if); l’automatismo e l’irreversibilità dello smart contract sono un ostacolo insuperabile all’operatività della
31 XXXXX X., “Il contratto”, Xxxxxxx, 2011, p. 567
fictio di avveramento, a meno che non venga previsto in sede di programmazione dello smart contract l’intervento di una persona fisica che funga da “oracolo”, il quale consiste in un elemento esterno allo smart contract che può essere, come nel caso di specie, una persona fisica che opera alla stregua di un mediatore tra la realtà esterna e il software comunicando con quest’ultimo tramite degli input che attivano il meccanismo a seguito di eventi esterni non autonomamente verificabili dal software e accertati dall’oracolo. Così l’oracolo accerta che la condizione è mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento e di conseguenza invia un input per la produzione dell’effetto collegato alla condizione non avveratasi; tale meccanismo tuttavia è distante delle prerogative di disintermediazione proprie dello smart contract. Può concludersi quindi che condizione e smart contract sono compatibili nelle ipotesi fisiologiche in cui gli esiti dell’evento non dipendono da interferenze delle parti, mentre nelle ipotesi patologiche emergono delle criticità nell’interrelazione tra la disciplina condizionale e i contratti self-executing.
Specifiche considerazioni vanno effettuate qui con riferimento al rapporto tra smart contract e condizione potestativa. La condizione potestativa può consistere in un atto materiale, una dichiarazione di volontà delle parti o una valutazione discrezionale di uno dei contraenti: nessun problema quando lo smart contract deve attuare condizioni in cui la realizzazione o meno dell’evento è oggettivamente verificabile, indipendentemente dal fatto che dipenda dalla volontà della parte; maggiori criticità emergono invece quando l’evento consiste in una dichiarazione di volontà o in una valutazione discrezionale della parte, poiché in questo caso è necessario che lo smart contract sia dotato di un meccanismo che permetta ad un “oracolo” esterno di accertare la volontà della parte e di conseguenza inviare un input (che comunque, di nuovo, comprometterebbe il vantaggio della disintermediazione per cui si ricorrerebbe allo smart contract in primo luogo); ciononostante l’intervento di un “oracolo” non sembra essere sufficiente poiché allo stesso tempo i soggetti che operano su blockchain rimangono anonimi o utilizzano uno pseudonimo e per questo diventa difficile valutare la capacità delle parti e anche la corretta formazione della loro volontà complicando
così anche l’accertamento dell’evento condizione e l’invio del relativo input. Si può affermare che l’oracolo non è comunque in grado di sostituirsi all’autorità giudiziaria nella valutazione della volontà delle parti da cui dipende la realizzazione della condizione.
Anche la condizione potestativa risolutiva pone dei problemi e ciò in quanto questa collega la produzione degli effetti contrattuali a una valutazione discrezionale della parte riguardo ad un evento diverso dall’efficacia del contratto, sicché una delle parti diventa arbitro delle sorti del contratto; nondimeno lo smart contract è finalizzato a ridurre il più possibile i margini di discrezionalità delle parti, per questa ragione appare problematico immaginare che possa esserci spazio in uno smart contract per un congegno condizionale, quale quello rappresentato dalla condizione potestativa risolutiva, che valorizza la discrezionalità di uno dei contraenti facendo dipendere da questa la sorte del contratto.
Per quanto riguarda la condizione potestativa semplice e la condizione meramente potestativa, la cui distinzione32 si fonda sulla controllabilità della rispondenza alla buona fede dell’esercizio del potere da parte di uno dei contraenti attribuitogli dal congegno condizionale, tale controllo va affidato in sede di programmazione dello smart contract, ancora una volta, a un soggetto esterno che sia una persona fisica, in quanto il linguaggio informatico non è in grado di tradurre in istruzioni eseguibili clausole generali come quella di buona fede; e nell’ipotesi in cui tale meccanismo non sia stato previsto in sede di programmazione dello smart contract, l’”oracolo” accerterà semplicemente l’avveramento della condizione, indipendentemente dalla rispondenza alla buona fede dell’esercizio del potere, configurandosi così la possibilità che lo smart contract esegua una condizione meramente potestativa vietata dall’articolo 1355 del codice civile33.
32 XXXXXXXXX G., “Lineamenti evolutivi della potestatività condizionale: dal contratto allo smart contract” in
Rivista di diritto civile 1/2022, pp.120 e ss.
33 XXXXXXXXX G., “Lineamenti evolutivi della potestatività condizionale: dal contratto allo smart contract” in
Rivista di diritto civile 1/2022, pp. 100 e ss.
2.2 La responsabilità nell’utilizzo di smart contract e blockchain
Nell’ipotesi in cui un malfunzionamento della piattaforma blockchain o una sbagliata esecuzione dello smart contract comportino un pregiudizio agli utenti, è opportuno individuare il responsabile civile che sarà eventualmente tenuto a risarcire il danno. Tuttavia, i caratteri innovativi propri di queste tecnologie quali la disintermediazione, decentralizzazione e immutabilità pongono dei problemi nell’individuazione del soggetto responsabile, ciò vale in particolare per quanto riguarda la blockchain perché manca un operatore centralizzato con dei compiti di gestione e prevenzione a cui imputare eventuali difetti.
2.2.1 Responsabilità negli smart contract
Relativamente agli smart contract, la questione riguardante la responsabilità appare di più semplice soluzione in quanto, come anticipato, sono presenti diversi soggetti che presidiano le varie fasi di formazione dello smart contract per cui sarà configurabile la loro responsabilità a seconda della tipologia di difetto: perciò, qualora la sbagliata esecuzione dello smart contract fosse dovuta ad un errore nella traduzione in termini giuridici del volere delle parti, la responsabilità sarà del giurista o più probabilmente, data la funzione primaria di disintermediazione apportata da questa tecnologia, dei contraenti stessi dello smart contract; se invece il danno deriva da un malfunzionamento della macchina la responsabilità ricadrà sul produttore, il quale potrà esimersi dalla propria responsabilità risarcitoria ai sensi dell’articolo 1494 del codice civile provando di aver fatto tutto il possibile per evitare il malfunzionamento o di non esserne stato a conoscenza, per esempio nel caso in cui avesse commissionato la produzione di un pezzo del macchinario ad un altro soggetto, ed in questo caso il produttore avrà sì la responsabilità oggettiva del malfunzionamento, ma avrà altresì l’azione di regresso contro il terzo produttore del pezzo difettoso; infine, se il difetto nell’esecuzione è dipeso da un errore nella programmazione dello smart contract, è il caso per esempio della non corrispondenza tra quanto voluto e previsto dalle parti e quanto poi tradotto con linguaggio informatico in algoritmi dal programmatore, la
responsabilità e il risarcimento del danno derivante dall’errore di programmazione cadranno in capo al programmatore, a meno che quest’ultimo non provi di aver utilizzato tutta la diligenza necessaria per inserire i valori giuridici nel programma34. Questo metodo di ripartizione della responsabilità potrebbe non essere sufficiente, in quanto il programmatore perde progressivamente il controllo del software35, pertanto sarebbe più adeguato, per tutelare le pretese di utenti danneggiati, prevedere un fondo assicurativo, come si chiarirà nel prosieguo anche relativamente alla blockchain, anche nell’ottica della risoluzione del parlamento Europeo recante raccomandazioni concernenti norme di diritto civile sulla robotica che teorizza la possibilità di prevedere nuove categorie civilistiche di responsabilità in cui far rientrare anche i robot e altri “soggetti tecnologici” assimilabili, nonostante come già anticipato, gli smart contract non siano ancora completamente dotati di una propria intelligenza ed autonomia.
2.2.2 Responsabilità all’interno della blockchain
Come già spiegato, la normativa di cui all’articolo 8-ter del D.L. 135/2018 prevede che lo smart contract operi su blockchain e per questo non è sufficiente individuare la responsabilità dei soggetti che intervengono nella costituzione di uno smart contract, ma è altrettanto rilevante distinguere il soggetto responsabile nel caso in cui il danno economico agli utenti sia stato cagionato proprio da un malfunzionamento della piattaforma blockchain. Il tema è ancora più rilevante in seguito alle vicende che hanno coinvolto Ethereum36 e altre piattaforme blockchain37.
La responsabilità dei gestori di blockchain non è equiparabile a quella dei service provider, infatti, a differenza degli internet provider, che sono obbligati a rimuovere elementi illeciti dalle loro piattaforme una volta venuti a conoscenza della loro esistenza, i gestori della piattaforma blockchain, per la natura decentralizzata della tecnologia, non hanno la possibilità di effettuare controlli sulle attività illecite compiute
34 XXXXXX R., “Il contratto nell’era digitale e dell’intelligenza artificiale” in Il diritto dell’economia 2/2021, p. 317 35 XXXXXXXX X., “The responsibility gap: ascribing responsibility for the actions of learning automata” in Ethics and Information Technology 6/2004, pp. 175 e ss.
36 “Ethereum, The DAO e la mancanza di governance” in xxx.xxxxxxxxxx.xxx
37 MESSINA A., “Mondo crypto: i principali attacchi e minacce ai conti” in xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx
dagli utenti, controlli che comunque attribuirebbero ai gestori un ampio potere di giudizio assimilabile sotto certi aspetti a quello dell’autorità giudiziaria, e per la prerogativa di immodificabilità della blockchain i gestori non sono nemmeno in grado di intervenire eliminando dai nodi un contratto illecito.
Per individuare il soggetto responsabile di queste piattaforme è prima necessario fare un distinzione nell’ottica del diritto privato europeo tra, da un lato, la responsabilità per danno da prodotti dannosi, per cui è prevista una disciplina europea e normative nazionali di attuazione, e dall’altro la responsabilità derivante da prestazione di servizi: la blockchain non può essere considerata un bene in quanto non è suscettibile di appropriazione o sfruttamento economico da parte degli utenti, ma rappresenta piuttosto un servizio accessibile agli utenti, la cui responsabilità non è disciplinata a livello sovranazionale, nonostante la proposta di direttiva presentata dalla Commissione Europea nel 1990; diventa allora opportuno ad oggi valutare la necessità di introdurre una disciplina della responsabilità dei fornitori di servizi algoritmici adeguata alla nuova realtà tecnologica sempre più diffusa. In particolare alla tecnologia blockchain si confà una disciplina fondata sulla natura oggettiva della responsabilità del gestore-creatore della piattaforma: nonostante il gestore non abbia il controllo delle operazioni effettuate sulla piattaforma per la natura decentralizzata di quest’ultima, è ragionevole che il danno subito dagli utenti a causa di un malfunzionamento della blockchain gravi su chi avrebbe potuto evitarlo. Se da un lato la responsabilità oggettiva nel paradigma europeo è confinata ad un ruolo residuale, mentre è preminente l’elemento della colpa nell’attribuzione della responsabilità, dall’altro queste nuove esigenze legate all’utilizzo di nuove tecnologie come la blockchain invertono i ruoli e fanno sì che la responsabilità oggettiva acquisti sempre più vigore. È significativo il fatto che, qualora un utente volesse fare il download del programma su cui utilizzare la piattaforma blockchain, egli deve preliminarmente accettare un esonero del gestore da responsabilità, e questo a ragione del fatto che lo sfruttamento della piattaforma comporta dei rischi inevitabili per gli utenti, e in secondo luogo che la responsabilità di questi rischi è allocata in capo al gestore della piattaforma
blockchain, il quale è l’unico soggetto che può garantire la massima sicurezza possibile del servizio tecnologico, prevenire i danni ed eventualmente risarcirli. Il ricorso alla teorica radicata sulla gestione del rischio è necessario per individuare il soggetto responsabile di malfunzionamenti della piattaforma blockchain, individuazione necessaria per due ragioni: da una parte incentivare gli utenti ad utilizzare questo tipo di piattaforme, e, dall’altra, non indebolire lo stimolo da parte del gestore/responsabile ad adottare le dovute precauzioni contro i rischi derivanti dall’utilizzo di blockchain. Il danno provocato da un malfunzionamento della piattaforma blockchain non può essere eliminato proprio per l’immodificabilità intrinseca di questa tecnologia, per questo motivo il rimedio offerto all’utente deve essere il risarcimento del danno da parte del gestore in quanto responsabile, essendo questo l’unico soggetto a che ha la possibilità di evitare il danno e di sostenerlo economicamente, così da trasferirne il peso economico da chi lo ha subito a colui che deve ed è in grado di risarcirlo.
Stabilito che il gestore della piattaforma ha la responsabilità di eventuali danni provocati da malfunzionamenti, sembra essere opportuno teorizzare l’obbligo per il gestore di adottare un’assicurazione, anche in seguito alla Risoluzione del Parlamento Europeo del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni concernenti norme di diritto civile sulla robotica38, la quale induce a considerare l’opportunità di introdurre un meccanismo assicurativo obbligatorio per i sistemi autonomi e quindi analogamente per la tecnologia basata su registri distribuiti in quanto presenta un certo grado di autonomia. In particolare, l’assicurazione obbligatoria avrebbe effetti positivi sia per il gestore, il quale può trasformare il rischio del servizio che egli offre in un costo prevedibile della sua attività prevedendo il pagamento ex ante di un premio assicurativo, sia per gli utenti che non incorrerebbero nel rischio della mancata realizzazione del loro credito risarcitorio39.
38 BUONANNO L., “La responsabilità civile nell’era delle nuove tecnologie: l’inffuenza della blockchain” in
Responsabilità civile e previdenza 5/2020, pp. 1625 e ss.
39 BUONANNO L., “La responsabilità civile nell’era delle nuove tecnologie: l’inffuenza della blockchain” in
Responsabilità civile e previdenza 5/2020, pp. 1620 e ss.
2.3 Competenze necessarie per la redazione di uno smart contract
Come spiegato precedentemente, una fase indispensabile nella formazione dello smart contract consiste nella programmazione di questo tramite la traduzione di quanto voluto dalle parti secondo concetti giuridici in algoritmi if/then scritti in linguaggio informatico; questo compito di trasposizione del volere delle parti all’interno del software è affidato al programmatore dello smart contract. Di qui un’ulteriore peculiarità della tecnologia smart contract: l’utilizzo del linguaggio informatico è inevitabile e non ammette equipollenti e questo comporta un’inversione della tipica dinamica nel rapporto tra l’uomo e la tecnologia: se normalmente è la macchina che si adegua e si rende intellegibile agli utenti tramite l’intermediazione di interfacce user- friendly che parlano il linguaggio umano, dall’altro lato il ricorso allo smart contract richiede che siano gli utenti ad apprendere ed utilizzare il linguaggio informatico, o comunque ad affidarsi a qualcuno che lo padroneggi, con i limiti che ciò comporta e di cui ora si tratterà.
Un primo limite del linguaggio informatico è l’incapacità di questo di tradurre formule valoriali che invece il linguaggio umano contiene, come la buona fede o il grado di colpa. Per questo motivo nel momento in cui fosse necessario inserire nello smart contract un’istruzione del tipo “paga x a tizio se Xxxx non adempie con colpa grave” oppure nel caso in cui fosse previsto un esonero da responsabilità in caso di colpa lieve (e non grave, altrimenti la clausola sarebbe nulla ai sensi dell’articolo 1229 del codice civile), non sarebbe traducibile in linguaggio informatico l’istruzione poiché non contiene fatti oggettivi il cui avveramento è autonomamente e automaticamente verificabile da parte del software, bensì implica un giudizio di valore che lo smart contract non è in grado di svolgere; quanto detto vale anche nel caso in cui la clausola di esonero da responsabilità fosse nulla poiché contraria, per esempio, all’articolo 1229 del codice civile, nullità non rilevabile da parte del software poiché legata ad una valutazione della “gravità”. Questo tipo di giudizio dovrebbe allora essere reso da un intermediario umano, un “oracolo”, il quale deve valutare, nell’esempio, lo stato soggettivo della parte per poi dare l’input al software affinché si esegua o meno. Inoltre, un contratto solitamente contiene anche altri elementi come le dichiarazioni di
scienza, le premesse, gli allegati etc, che concorrono a formare il contenuto complessivo del contratto e i quali sono oltretutto rilevanti per l’interpretazione del negozio stesso ai sensi degli articoli 1363 e seguenti del codice civile; tuttavia, questi elementi non formano delle vere e proprie istruzioni da inserire all’interno dello smart contract, perciò per dare comunque conto di questi ulteriori elementi sarebbe necessario inserirli nello smart contract in linguaggio umano, ma ciò va a discapito della “purezza” dello smart contract stesso40. Potrebbe essere utile allegare allo smart contract la traduzione in linguaggio naturale dell’accordo per assicurare la comprensione delle parti delle istruzioni inserite nel software, salvo errori di traduzione del volere delle parti nel linguaggio informatico; le linee di codice in linguaggio informatico contenenti le istruzioni che il software dovrà eseguire comunque prevarranno sul testo tradotto in linguaggio naturale allegato, che funge solo come ausilio per le parti per dar prova della loro comprensione41. In ogni caso, nell’eventualità in cui si ponga un problema di comprensione da parte dei contraenti del contenuto dello smart contract si ritiene applicabile la disciplina dell’errore disciplinata nel codice civile: qualora le parti non abbiano compreso il contenuto del contratto a causa della loro ignoranza del linguaggio informatico con cui il contratto stesso è stato redatto, potranno chiederne l’annullamento per errore ex articolo 1428 del codice civile, purché l’errore rispetti il requisito dell’essenzialità di cui all’articolo 1429 del codice civile; analogamente, nel caso in cui si presenti una divergenza tra la volontà “interna” delle parti e quanto trascritto nelle linee di codice dalle parti stesse o dal programmatore incaricato, i contraenti potranno chiedere l’annullamento per errore di cui sopra ai sensi dell’articolo 1433 del codice civile che disciplina l’errore ostativo. L’importanza di tradurre correttamente la volontà delle parti nel linguaggio informatico affinché possa essere inserita sottoforma di istruzioni all’interno dello smart contract, è resa ancora più evidente dall’immodificabilità che è propria di questa tecnologia, la quale richiede certezza e definitività dei dati caricati trascritti sul software. Per
40 XXXXXXX S., “Appunti su smart contract e diritto dei contratti” in Banca, borsa, titoli di credito 3/2020, pp. 390 e ss.
41 XXXXXXX M., “Smart Contracts e disciplina dei contratti”, Bologna, il Mulino, 2021, p. 61
raggiungere un grado di certezza e sicurezza nella corrispondenza tra il volere delle parti e il contenuto delle linee di codice che compongono lo smart contract sembra però non essere sufficiente l’intervento di programmatori e ingegneri, i quali i quali sono in grado di trasporre l’accordo contrattuale nel linguaggio informatico, ma non hanno le competenze per vagliare e comprendere giuridicamente la volontà delle parti: si rischierebbe di dar luogo a smart contract non completamente aderenti alle intenzioni dei contraenti che portino quindi a risultati inattesi o comunque diversi da quelli voluti. Inoltre, programmatori e ingegneri non esperti di diritto non sarebbero probabilmente in grado di prevedere la necessità di applicare norme di ordine pubblico o a tutela di specifici soggetti (si pensi ai consumatori); per ovviare a questo limite sarebbe allora più opportuno che i soggetti già deputati ad affiancare le parti nella redazione ed esecuzione degli accordi contrattuali, quali avvocati e notai, accrescessero il proprio bagaglio culturale anche con conoscenze informatiche così da garantire un elevato livello di sicurezza anche nell’utilizzo di nuove tecnologie quali gli smart contract. In ogni caso, la necessità di superare la barriera linguistica che separa gli utenti dall’utilizzo degli smart contract rende sempre necessario il ricorso ad intermediari, esperti o meno di diritto che siano, deputati a tradurre il volere delle parti in codici informatici. Proprio per questo motivo è da escludere allo stato attuale che l’utilizzo di questa tecnologia comporti una totale disintermediazione42. Non da ultimo, il ruolo di un esperto è reso ancora più indispensabile nel momento in cui ci si accorga del gap di conoscenza tecnologica che l’utilizzo di questo strumento può comportare e che rende maggiormente rilevante i principi di buona fede e correttezza che le parti devono rispettare nella stipulazione del contratto ai sensi dell’articolo 1337 del codice civile, pena la responsabilità precontrattuale della parte che ha tenuto il comportamento scorretto; l’esperto di diritto deve allora valutare il rispetto di questi principi non solo nella fase delle trattative ma anche nei contenuti del contratto, salvaguardando per esempio il consumatore o il contraente debole, in quanto meno tecnologicamente avanzato, da squilibri contrattuali che vadano a suo discapito e colmando l’asimmetria
42 XXXXXXXXXX X., “Smart contracts e profili di diritto civile” in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
informativa (tecnologica) tra le parti43. Qualora venissero violate norme dell’ordinamento, nel caso di un contratto tradizionale opererà il meccanismo di integrazione e adeguamento previsto dall’articolo 1374 nonché eventuali nullità ex legem, bisogna chiedersi però se e come queste norme possano operare all’interno di uno smart contract regolato, per definizione, dalla sola volontà dei contraenti: come verrà spiegato successivamente, sarà necessario il ricorso ad un “oracolo” che permetta l’attivazione dei meccanismi idonei previsti dall’ordinamento.
2.4 Immodificabilità dello smart contract inserito su blockchain
Lo smart contract, una volta inserito nella piattaforma blockchain acquista la sua caratteristica principale: l’immodificabilità. Nessun componente della rete peer-to- peer ha il potere di intervenire su quanto immesso nella blockchain, che nella sua forma “pura”, essendo un registro distribuito, non contempla nemmeno un’autorità centrale che possa modificare il contenuto degli smart contract che costituiscono la catena. Sebbene l’immodificabilità garantisca la sicurezza dei dati inseriti e la certezza della loro incompromettibilità, allo stesso tempo comporta dei limiti al potere delle parti (o di terzi), le quali a loro volta non possono modificare lo smart contract che hanno stipulato e inserito sulla blockchain, nemmeno nel caso in cui fossero entrambe d’accordo sull’eliminazione dell’accordo contrattuale, che, nonostante il dissenso delle parti, verrebbe comunque automaticamente portato ad esecuzione. In altre parole, lo smart contract inserito su blockchain è incompatibile con l’articolo 1372 del codice civile nella parte in cui conferisce alle parti il potere, tramite il mutuo dissenso, di risolvere il contratto. Per gestire l’evenienza in cui entrambe le parti fossero d’accordo nello sciogliere lo smart contract, il rimedio a loro disposizione sarebbe la creazione di un ulteriore smart contract uguale e contrario che neutralizzi gli effetti prodotti dal primo, il quale però non verrebbe eliminato, infatti quest’ultimo avrà comunque efficacemente prodotto i suoi effetti che verranno neutralizzati in un secondo momento
43 XXXXXXX S., “Appunti su smart contract e diritto dei contratti” in Banca, borsa, titoli di credito 3/2020, pp. 389 e ss.
tramite l’esecuzione dello smart contract successivo; in alternativa, ipotizzando di eliminare lo smart contract principale, le parti devono prevedere nella programmazione dello stesso, quindi ex ante, una kill code, ossia una funzione di disattivazione dello smart contract attivabile solo da entrambe le parti, o da una soltanto nel caso in cui il negozio attribuisca a uno dei contraenti il diritto di recedere unilateralmente44 in conformità all’articolo 1373 del codice civile45. Lo stesso ragionamento vale nel caso delle sopravvenienze nei contratti a esecuzione continuata, periodica o differita, ove si pongono dei problemi di compatibilità con l’immodificabilità degli smart contract. Qualora si verifichino delle sopravvenienze o degli eventi imprevisti, l’ordinamento all’articolo 1467 del codice civile conferisce alle parti il potere di risolvere o di rinegoziare il contratto: nessun problema nel caso in cui le parti si accordino per rinegoziare le condizioni contrattuali in quanto, data l’immodificabilità dello smart contract principale il quale non potrà auto-eseguirsi dato il non avveramento della condizione (clausola if) che comporta la produzione degli effetti prestabiliti a causa proprio degli eventi imprevisti, i contraenti dovranno stipulare un secondo smart contract uguale al primo e diverso solo per quanto riguarda le condizioni, quindi di fatto uno smart contract rinegoziato46. Più complesso è il caso in cui le parti vogliano risolvere il contratto poiché, di nuovo, dovrebbero aver previsto anticipatamente nella programmazione dello smart contract la possibilità di interrompere l’esecuzione nel caso di sopravvenienze, ma proprio in quanto tali non erano prevedibili dalle parti; non rimane allora che prevedere una kill code da attivare anche nel caso in cui i contraenti a seguito dell’insorgenza di sopravvenienze, volessero risolvere il rapporto contrattuale.
44 XXXXXXX S., “Appunti su smart contract e diritto dei contratti” in Banca, borsa, titoli di credito 3/2020, p. 397 45 In realtà l’art. 1373 c.c. prevede che il diritto di recesso unilaterale sia esercitabile solo xxxxxx il contratto non abbia avuto principio di esecuzione e ciò appare incompatibile con il meccanismo di auto-esecuzione tipico degli smart contract; tuttavia, la giurisprudenza ritiene che le parti possano regolare diversamente le condizioni del recesso (vedi CASSAZ. civ. Sez. Lavoro Sentenza n. 1513 del 199; Cass. Civ. Sez. II Sentenze n.:12860 del 1993, 16591 del 2012)
46 MAIO E., “La gestione dell’inadempimento contrattuale negli smart contract” in Actualidad Juridica Iberoamericana 16/2022, pp. 1340 e ss.
L’immodificabilità e l’automazione dell’esecuzione dello smart contract fanno sì che possa essere eseguito e che possa produrre effetti anche un contratto che contenga una o più clausole contra legem o che sia radicalmente invalido47, anche in conseguenza del fatto che non è prevista nella piattaforma blockchain alcuna autorità centrale che vigili sul rispetto dell’ordinamento di quanto contenuto negli smart contract, né è formalmente previsto il ricorso a professionisti legali (che siano avvocati, notai o consulenti) che svolgano un controllo a priori del contenuto del contratto prima che venga tradotto in linguaggio informatico e inserito nel software nonché sulla piattaforma blockchain.
Un’altra peculiarità dello smart contract che lo distingue dal contratto tradizionale e che ha delle ricadute sulla sua immodificabilità è il fatto che, come previsto testualmente dall’articolo 8-ter del D.L. 135/2018, lo smart contract “vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse”, mentre nel contratto tradizionale l’accordo tra le parti è la fonte primaria degli effetti contrattuali, ma non esclusiva: l’articolo 1374 del codice civile prevede che alcuni effetti del contratto siano determinati dalla legge o dagli usi e dall’equità in via subordinata. Il fenomeno dell’integrazione previsto dal codice civile avviene quando l’autonomia privata non risulta sufficiente a realizzare i suoi obiettivi oppure per esempio nel caso in cui lacune del regolamento lasciate dalle parti rischino di lasciare l’esecuzione contrattuale in una situazione di stallo; ancora, l’integrazione può essere cogente quando l’accordo tra le parti è disapprovato dall’ordinamento in quanto viola interessi o valori superiori. Questi meccanismi integrativi non possono funzionare in presenza di uno smart contract proprio per via della sua immodificabilità e ciò può creare un vulnus alla tutela prevista dall’ordinamento nel caso di interessi o valori preminenti contrastanti con l’accordo delle parti, nonché all’interesse stesso dei contraenti a concludere un contratto adeguato al raggiungimento dei loro obiettivi. Una soluzione a questo ostacolo potrebbe essere il ricorso ad un “oracolo” che mettendo in
47 XXXXXXX S., “Appunti su smart contract e diritto dei contratti” in Banca, borsa, titoli di credito 3/2020, p. 383
collegamento lo smart contract con l’ordinamento giuridico, permetta di attivare il meccanismo di integrazione secondo le norme dell’ordinamento48.
2.5 L’inadempimento dello smart contract
La tecnologia self-executing degli smart contract ha il pregio di ridurre al minimo il rischio di inadempimento, infatti mentre il contratto tradizionale è lasciato nell’incertezza che le parti vogliano o meno adempiere le proprie obbligazioni affrontando le conseguenze legali del proprio inadempimento, l’auto esecuzione tipica dello smart contract non lascia spazio all’inosservanza delle clausole contrattuali49. Tuttavia, questo carattere, insieme all’inadeguatezza del meccanismo dello smart contract di effettuare valutazioni morali o soggettive, lascia scoperte alcune tutele che l’ordinamento garantisce al contraente che non ha adempiuto per causa a lui non imputabile. L’articolo 1218 del codice civile afferma che il debitore non è responsabile del proprio inadempimento e non è quindi tenuto al risarcimento del danno derivante dallo stesso se prova che l’inadempimento è stato determinato dall’impossibilità della prestazione dovuta a causa a lui non imputabile; pertanto uno smart contract contenente una clausola per cui all’avverarsi della condizione “inadempimento di Xxxxx” si attua la conseguenza “pagamento da parte di Xxxxx a titolo di risarcimento del danno” non sarebbe in grado di tutelare le ragioni Xxxxx che non avesse potuto adempiere per causa a lui non imputabile. Per integrare lo smart contract con questa previsione normativa si potrebbe ricorrere ad un cosiddetto “oracolo” esterno che rilevi l’impossibilità della prestazione e la non imputabilità di questa al debitore e di conseguenza invii un input al software affinché non si consideri avverata la condizione “inadempimento”, anche se a ben guardare di inadempimento si tratta comunque, anche se non imputabile al soggetto. Un’alternativa potrebbe essere quella di prevedere in fase di programmazione dello smart contract una serie di accadimenti che renderebbero impossibile la prestazione giustificando l’inadempimento, ma appare
48 MASCIOPINTO C., “L’impatto degli smart contracts sulla disciplina del contratto. Una nuova frontiera dell’autonomia negoziale?” in xxx.xxxx.xxxxx.xx
49 XXXXXXXXXX X., “Smart contracts e profili di diritto civile” in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
chiaro come questa soluzione non sia adeguata a tutelare i contraenti in tutte quelle ipotesi di impossibilità sopravvenuta non imputabile per cause non prevedibili e non previste in sede di programmazione. Ancora, non sarebbe sufficiente prevedere nello smart contract una clausola generale che giustifichi l’inadempimento per cause non imputabili al contraente, poiché il software autonomamente non sarebbe in grado di elaborare quest’informazione valutando l’imputabilità o meno dell’inadempimento a un soggetto e si renderebbe comunque necessario il ricorso ad un soggetto esterno che valuti l’impossibilità dell’inadempimento come imputabile o meno al debitore.
Quanto detto vale anche in rapporto ad altre norme del codice civile che richiedono una valutazione sull’imputabilità o meno dell’impossibilità della prestazione (ad esempio l’articolo 1557), nonché all’articolo 1258 del codice civile per cui quando una prestazione diviene parzialmente possibile, il debitore si libera dall’obbligazione eseguendo la parte che è rimasta possibile, per cui la parte che dovesse eseguire solo parzialmente la prestazione ai sensi dell’articolo 1258 sarebbe considerata dal software dello smart contract comunque inadempiente, pertanto sarebbe necessario il ricorso ad un “oracolo” esterno che invii un segnale al software cosicché consideri l’adempimento parziale come adempimento totale. Le riflessioni appena svolte sono applicabili anche al caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione di cui all’articolo 1463 del codice civile per cui in tale eventualità un “oracolo” esterno dovrebbe inviare un input al software che comunichi la sopravvenuta impossibilità della prestazione e disattivi quindi la pretesa alla controprestazione ed eventualmente restituisca quanto già ricevuto.
Anche nel caso in cui la controprestazione non sia dovuta ai sensi dell’articolo 1460 del codice civile in quanto l’altro contraente non ha adempiuto (trattasi del principio inadimplenti non est adimplendum) sarà necessario che l’inadempimento venga comunicato al software tramite un oracolo affinché il conseguente inadempimento sia giustificato.
In seguito a queste riflessioni emerge come spesso si renda necessario il ricorso ad un “oracolo” esterno, spesso persona fisica, che funga da ponte tra la realtà esterna e il
software, affinchè colmi quelle lacune lasciate dallo smart contract, spesso in termini di tutela dei contraenti, a causa dell’inadeguatezza di quest’ultimo nel valutare concetti giuridici rilevanti quali il principio di buona fede e l’imputabilità del soggetto; ciononostante il ricorso ad un soggetto esterno indebolisce la prerogativa di disintermediazione delle nuove tecnologie quali smart contract e blockchain.
CAPITOLO 3. SMART CONTRACT, BLOCKHAIN E RUOLO DEL NOTAIO
Gli smart contract e la blockchain grazie alle loro potenzialità innovative hanno un ampio spettro applicativo: gli smart contract, per esempio, vengono utilizzati nel settore assicurativo per il rimborso dei biglietti aerei in caso di ritardo del volo superiore ad una certa soglia50 (all’avverarsi della condizione predeterminata, ossia il ritardo del volo, il cliente viene rimborsato automaticamente). La blockchain a sua volta viene sfruttata principalmente nel settore finanziario al fine di eliminare gli intermediari quali banche, gestori di pagamento e mercati finanziari51; inoltre entrambe le tecnologie possono essere applicate nel campo dei media, in particolare al settore dei diritti d’autore per la concessione di licenze dei diritti di proprietà intellettuale52 e poter accertare in modo sicuro la proprietà intellettuale di musica e immagini53. Non da ultimo è stato teorizzata anche l’applicazione di smart contract e blockchain al settore delle transazioni immobiliari, proprio grazie alle potenzialità di disintermediazione di queste tecnologie che astrattamente renderebbero superfluo il ruolo del notaio54. L’obiettivo di questo capitolo è analizzare il rapporto che intercorre tra la funzione notarile e queste nuove tecnologie, al fine di evidenziare i punti di forza e le problematiche di questa interrelazione.
3.1 Lo smart contract e il notaio
Un primo dubbio su cui si è interrogata la dottrina55 in tema di smart contract è se questo possa o meno essere considerato a tutti gli effetti un contratto; tale dubbio
50 XXXXXXXX D., BATTARINO L., GELOSA G., XXXXXXXXX O., “Smart contract: cosa sono, come vengono usati, i problemi da risolvere” in xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx
51 FIORE P., “Non solo bitcoin: ecco tutti gli usi della blockchain che stanno cambiando il mondo” in xxx.xxxxxxxxxx.xxxxxxxxxxxxx.xx
52 XXXXXXXX D., XXXXXXXXX L., GELOSA G., XXXXXXXXX O., “Smart contract: cosa sono, come vengono usati, i problemi da risolvere” in xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx
53 FIORE P., “Non solo bitcoin: ecco tutti gli usi della blockchain che stanno cambiando il mondo” in xxx.xxxxxxxxxx.xxxxxxxxxxxxx.xx
54 MANENTE M., “Blockchain: la pretesa di sostituire il notaio” in Notariato 3/2016, p. 213
55 XXXXXXX M., “Smart Contracts e disciplina dei contratti”, Bologna, il Mulino, 2021, pp. 49 e ss.; XXXXXXXXXX C.; PAPADIMITRIU C. E., “Spunti ricostruttivi in tema di smart contracts, tra innovazione tecnologica e regola giuridica” in PA Persona e Amministrazione, pp. 978 e ss.; XXXXXXX S., “Appunti su smart contract e diritto dei contratti” in Banca, borsa, titoli di credito 3/2020, pp. 388 e ss.
deriva dal fatto che la normativa in tema di smart contract di cui al D.L. 135/2018 parla di quest’ultimo come di uno strumento per l’esecuzione di un accordo, dando così l’idea che lo smart contract affianchi un contratto già esistente tra le parti. Allo stesso tempo lo stesso D.L. 135/2018 attribuisce a uno smart contract il valore di documento avente forma scritta, con ciò avvicinando questa fattispecie ad un contratto vero e proprio. Detto ciò, bisogna interrogarsi sulla possibilità di scrivere un atto notarile sottoforma di smart contract, o meglio, se lo smart contract possa contenere tutti gli elementi che può contenere l’atto notarile affinchè sia valido. Dato l’ambito di questo lavoro si prenderà in considerazione una transazione immobiliare, la quale ai sensi dell’articolo 1350 del codice civile prevede la forma scritta ad substantiam. Gli elementi essenziali del contratto sono indicati all’articolo 1325 del codice civile e sono le parti, l’accordo, la causa, l’oggetto e la forma quando, come nel caso di specie, sia prevista per legge.
Un problema è dato dall’identificazione delle parti, in quanto l’articolo 8-ter del D.L. 135/2018 non prevede un processo specifico di identificazione dei contraenti che è rimesso alla determinazione da parte delle linee guida dell’Agenzia per l’Italia Digitale e questa mancanza non è da sottovalutare soprattutto se messa in relazione alle criticità che pone l’utilizzo della blockchain in tema di identificazione delle parti che verranno illustrate in seguito. Come già visto nel primo capitolo, lo smart contract è in grado di dare conto dell’accordo, in quanto l’avvio del programma ne fornirebbe la dimostrazione; nonchè dell’oggetto, poiché le istruzioni contenute nel software sono sufficienti a dar conto degli effetti voluti dalle parti. Per quanto riguarda la forma scritta, come previsto testualmente dall’articolo 8-ter del D.L. 135/2018, questo requisito è soddisfatto previa identificazione delle parti secondo un processo da stabilire seguendo le linee guida dell’AgID le quali però non sono ancora state previste, perciò si può dire che lo smart contract sarebbe idoneo a soddisfare il requisito della forma scritta una volta previsto un processo di identificazione delle parti. Infine, la causa non crea problemi di compatibilità dello smart contract con la normativa in quanto quest’ultima non prevede la specifica menzione della causa
all’interno dell’accordo, pertanto non è necessario che lo smart contract, come il contratto tradizionale, dia conto testualmente di questo elemento affinchè possa ritenersi presente. L’obiettivo di un contratto self-executing è autoeseguirsi, ossia realizzare gli effetti prestabiliti dalle parti automaticamente e senza alcun intervento esterno al verificarsi delle condizioni pattuite, ma allo stesso tempo lo smart contract non è in grado di fare una valutazione di merito circa la liceità della causa ai sensi dell’articolo 1343 del codice civile: in altre parole, questa tecnologia non è idonea a valutare la contrarietà della causa alle norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume alla stregua del giurista, infatti anche l’“oracolo” che collega la realtà esterna al software che è considerato una fonte di dati affidabile e certificata non può efficacemente sostituire l’apporto specialistico del giurista, allo stesso modo il sistema blockchain in quanto sprovvisto tipicamente del controllo da parte di un’autorità centrale, eliminerebbe la funzione principale di giudici e notai di controllo di legalità e il rischio è quello di portare a termine ed eseguire un contratto nullo. Da ciò deriva un ulteriore problema: uno smart contract illecito sarà da ritenersi nullo, nonostante sia stato automaticamente portato ad esecuzione, perciò il rimedio potrà solo essere di rimedio restitutorio, alla stregua del meccanismo della clausola solve et repete, per cui niente potrà impedire l’esecuzione automatica del contratto, nemmeno in caso di nullità, e solo al termine dell’esecuzione potrà essere chiesta la restituzione. Lo stesso vale per le altre componenti del contratto; infatti, una clausola invalida non impedirebbe l’esecuzione automatica dello smart contract in quanto questo non è in grado di valutarne l’invalidità. Per sopperire a queste esigenze di controllo sarebbe allora necessario l’intervento di un terzo, un esperto di diritto come un avvocato o un notaio appunto, che comprendano gli aspetti di contenuto e valutino la conformità del contratto, in tutte le sue parti, all’ordinamento giuridico56; ma com’è intuibile, tale intervento esterno minerebbe la prerogativa di
56 ARCELLA G., “L’atto notarile ed i big data: il valore dell’informazione dalla pubblica fede, ai dati statistici fino agli “oracoli” per gli smart contract” in xxx.xxxxxxxxxxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
disintermediazione che caratterizza lo smart contract e per cui si ricorrerebbe al suo utilizzo in primo luogo, rendendo così questa tecnologia meno efficiente.
Inoltre, gli smart contract sono al momento in grado di fare solo calcoli di base e non possono processare grandi quantità di informazioni, né hanno accesso alla rete, ai file di sistema o ad altri processi, mentre contratto notarile mediamente contiene una serie di informazioni superiori a quelle che uno smart contract è in grado di elaborare, perciò di nuovo si renderebbe necessario l’intervento del notaio ai fini dell’esecuzione della parte di contratto che lo smart contract non è in grado di elaborare57.
Nello specifico, il ruolo del terzo, nel nostro caso il notaio, dovrebbe piuttosto essere quello di un professionista che offre un servizio di legal tech, ossia di produzione di un servizio giuridico tramite avanzate tecnologie di informazione e comunicazione, il cui ruolo è volto ad aumentare la garanzia associata agli smart contract, senza però appesantire il processo, cioè senza comprimere eccessivamente la carica innovativa e il vantaggio primario di queste tecnologie che consiste nella disintermediazione58. Sebbene sia stato evidenziato come l’atto notarile possa difficilmente essere sostituito da uno smart contract principalmente per la mancanza del controllo dell’identità delle parti e della legalità del contenuto dell’accordo, ciò nonostante, il suo utilizzo non è da escludere in quanto può integrare l’atto nella sua fase di esecuzione in senso stretto che riguarda l’adempimento/pagamento, rendendola più efficiente. Pertanto, il contratto self-executing rimane uno strumento appetibile anche nell’ambito notarile e nelle transazioni immobiliari, purché venga adottato con i suddetti limiti e le dovute cautele.
3.2 La blockchain e il notaio
L’adozione della blockchain nel settore delle transazioni immobiliari, avrebbe ripercussioni sulla tenuta dei pubblici registri immobiliari. All’atto pratico le
57 ARCELLA G., “L’atto notarile ed i big data: il valore dell’informazione dalla pubblica fede, ai dati statistici fino agli “oracoli” per gli smart contract” in xxx.xxxxxxxxxxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
58 FIAMMANÒ F., “Legaltech e notariato” in Notariato 1/2021, p. 51
transazioni immobiliari, in ipotesi stipulate sotto forma di smart contract senza alcun intervento del notaio, verrebbero inserite dalle parti stesse all’interno di una blockchain, secondo i meccanismi già spiegati in precedenza: senza la necessità di ricorrere ad un notaio per la stipulazione della transazione e nemmeno per la sua registrazione.
Attualmente in tutti i paesi di civil law il sistema dei pubblici registri si basa sulla garanzia dello Stato per la loro tenuta e sull’immissione in questi di documenti qualificati, come appunto l’atto notarile, con tutte le relative conseguenze in tema di sicurezza e certezza dei dati che si rinvengono nei registri e di tutela giurisdizionale59. Idealmente l’obiettivo di questa tecnologia sarebbe quello di eliminare completamente la necessità di ricorrere ad un soggetto terzo (il notaio/Stato), soprattutto nel caso in cui ci si appoggi ad una blockchain di tipo permissionless, che quindi permette ad ogni utente indistintamente di inserire all’interno della catena di blocchi nuove transazioni. La questione che si pone dunque relativamente a questa tecnologia è se sia idonea a sostituire interamente il ruolo del notaio, o se invece quest’ultimo sia una parte indefettibile nel processo di transazione immobiliare, in quanto portatore di garanzie irrinunciabili da parte dei privati e soprattutto della società.
3.3 Il ruolo del notaio in generale
59 NASTRI M., “Blockchain per i notai: opportunità e rischi” pubblicato il 30 maggio 2017 in xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx
legale è attribuito alle scritture private autenticate da notaio o altro pubblico ufficiale ai sensi dell’articolo 2703 del codice civile. Il valore dell’atto pubblico e delle scritture private autenticate dal notaio o da altro pubblico ufficiale è dato anche dal fatto che solo queste, insieme alle sentenze e alle scritture private con sottoscrizione accertata giudizialmente costituiscono titolo per la trascrizione ai sensi dell’articolo 2657 del codice civile. Causa ed effetto di questa importanza riconosciuta agli atti notarili che li rende adatti ad essere considerati fonti di garanzie è la necessità che il notaio effettui particolari controlli, in particolare il pubblico ufficiale deve verificare l’identità delle parti (ai sensi dell’articolo 49 della legge notarile n. 89/1913), la loro capacità e l’effettiva volontà di queste (ai sensi dell’articolo 47 della legge notarile
n. 89/1913), l’oggetto dell’atto, in particolare nel caso delle transazioni immobiliari i dati catastali, tra cui l’intestazione catastale, le risultanze dei registri immobiliari, nonché il rispetto delle prescrizioni urbanistiche, nonché quando presta l’allegazione del certificato di destinazione urbanistica e l’attestato di certificazione energetica. Il notaio ha inoltre delle responsabilità in tema di controllo antiriciclaggio e tracciabilità dei pagamenti; basti pensare al decreto legge 223/2006, il quale prevede che nell’atto di cessione immobiliare le parti debbano rendere apposita dichiarazione sostituiva di atto di notorietà contenente l’analitica esposizione delle modalità di pagamento del corrispettivo, al fine di tracciare le modalità di pagamento e mettere in trasparenza l’origine del denaro impiegato e la sua destinazione con lo scopo di contrastare l’evasione fiscale61, nonché la dichiarazione di essersi avvalse o meno dell’opera di un mediatore. Il pubblico ufficiale svolge un importante ruolo di controllo di legalità dei rapporti giuridici, e si tratta di un controllo preventivo indispensabile al fine di ridurre il contenzioso ed i relativi costi a carico delle parti nonché dello Stato, oltre a produrre esternalità positive irrinunciabili quali la certezza del diritto e la fiducia62. In aggiunta, il notaio svolge una funzione di consulenza e consiglio, non si limita a recepire passivamente l’intenzione delle parti e a dare
61 XXXXX M., “Transazioni in valute virtuali e rischi di riciclaggio. Il ruolo del notaio” in Notariato 2/2018, p. 169
62 XXXXXX X., “Riusciranno i notai a non essere disintermediati nel mondo telematico? (Parte I)” pubblicato l’11
3.3.1 Maggiore necessità dell’intervento notarile contro l’impersonalità
Uno dei vantaggi principali dell’utilizzo di una blockchain di tipo permissionless, che, come visto, consiste in una catena di blocchi accessibile da tutti i nodi senza alcuna previa identificazione e autorizzazione, è appunto l’assenza di un controllo all’accesso; il sistema non prevede alcuna verifica perché questa non è considerata necessaria e ciò in quanto il sistema è teoricamente in grado di garantire la regolarità delle transazioni, tramite il meccanismo del consenso di cui si è parlato in precedenza. Ciò non significa tuttavia che il sistema sia anonimo, più correttamente si può definire la blockchain un sistema di “pseudonimato”, per cui le parti che effettuano la transazione sono chi loro dichiarano di essere64. La dematerializzazione, i rapporti non-face-to-face e questo “pseudonimato” che caratterizzano lo spazio cibernetico, dal punto di vista di un soggetto privato sono fonte di diffidenza verso questo genere di transazioni impersonali, per questo rimane attuale la figura di un soggetto terzo, di cui il privato normalmente si fida, dotato dell’autorevolezza di rispristinare la fiducia nello scambio65. Come anticipato, nell’ambito delle transazioni immobiliari è il notaio ad essere deputato ad effettuare il controllo dell’identità delle parti e di capacità delle stesse, intesa come capacità di agire, nonché come capacità di intendere e di volere, e a verificare la loro volontà. In particolare l’indagine della volontà delle parti implica un previo controllo della loro capacità di intendere e di volere poiché si tratta di una volontà “consapevole”, la quale emerge dal colloquio del notaio con le parti. Tale controllo da parte del notaio
63 SALA A., XXXXXXXXXXX F., TETI A., “Registri pubblici digitali: le nuove proposte del Notariato” pubblicato il 13 ottobre 2017 in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx
64 MANENTE M., “Blockchain: la pretesa di sostituire il notaio” in Notariato 3/2016, p. 215
65 XXXXXX X., “Riusciranno i notai a non essere disintermediati nel mondo telematico? (Parte II)” pubblicato il 15
è tanto più importante considerando che la giurisprudenza66 ritiene che un notaio che ricevesse un atto pubblico senza aver previamente accertato la capacità di intendere e di volere delle parti commetterebbe il delitto di falso ideologico in atto pubblico a norma dell’articolo 479 del codice penale. È quindi evidente che la mancanza di un controllo dell’identità e della capacità delle parti è un importante limite del sistema blockchain, il quale non è adeguato a sostituire il controllo diretto e pervasivo che è in grado di svolgere il notaio, controllo la cui qualità è garantita dal ruolo di certificatore riconosciuto al pubblico ufficiale dall’ordinamento; non solo, le caratteristiche di dematerializzazione e impersonalità della blockchain di tipo permissionless accrescono l’esigenza di certezza, fiducia e legalità e per questo amplificano addirittura le potenzialità del notaio all’interno dello spazio tecnologico67.
L’esigenza di verifica di identità delle parti è enfatizzata anche dall’attuale normativa antiriciclaggio, in cui il notaio è un attore principale, infatti secondo i dati forniti dall’Unità di Informazione Finanziaria (UIF), il 90% delle segnalazioni di operazioni sospette trasmesse da professionisti provengono dai notai68; la normativa antiriciclaggio, come anticipato, prevede il tracciamento di ogni operazione ed una precisa identificazione del soggetto che la dispone69. Inoltre, il notaio deve svolgere un ruolo cardinale contro le infiltrazioni del crimine internazionale e la proliferazione dell’anonimizzazione criminale nelle piattaforme blockchain, tale intervento di prevenzione e contrasto è al centro dell’azione UE, come emerge dall’”European Agenda on Security”, 28 aprile 2015 COM(2015)18570. Il notaio nello svolgimento del compito di collaborazione con le Autorità ai fini dell’antiriciclaggio deve svolgere un’adeguata verifica delle parti che riguarda la loro identità, sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile, l’attività lavorativa prevalentemente svolta, il comportamento tenuto durante il compimento
66 Cass. Pen. 5 luglio 1994, in Giustizia Penale, 1995
67 XXXXXX X., “Il notaio dell’era digitale: riffessioni gius-economiche” in Notariato 2/2018, p. 147
68 “I controlli antiriciclaggio” in xxx.xxxxxxxxx.xx
69 MANENTE M., “Blockchain: la pretesa di sostituire il notaio” in Notariato 3/2016, p. 215
70 LICINI C., “Il notaio dell’era digitale: riffessioni gius-economiche” in Notariato 2/2018, p. 148
dell’operazione o al momento dell’instaurazione del rapporto con il notaio; il pubblico ufficiale deve inoltre valutare, per quanto riguarda l’operazione, la tipologia, la modalità di svolgimento, l’ammontare, la frequenza delle operazioni, la ragionevolezza. Queste verifiche sono svolte secondo il cosiddetto approccio basato sul rischio, per cui l’attività di vigilanza notarile è commisurata al livello di rischio associato a questo tipo di cliente e alla tipologia della prestazione professionale71. Alla luce di quanto appena detto, appare evidente come diversi aspetti del controllo notarile in materia di antiriciclaggio non sia agevolmente sostituibile dal software su cui opera lo smart contract né dalla piattaforma blockchain: prima di tutto persiste il problema dell’identità delle parti, la quale non è verificabile dagli strumenti tecnologici con la stessa sicurezza che garantisce il notaio in quanto anche persona fisica, nonché per il ruolo riconosciutogli dall’ordinamento; in secondo luogo questi meccanismi non sono in grado di svolgere alcuna valutazione sul comportamento delle parti che è comunque un elemento rilevante nell’indagine in parola; non da ultimo smart contract e blockchain non posso modulare il controllo in base al livello di rischio, poiché questa modulazione prevede una previa valutazione “umana” che riguarda i profili soggettivi del cliente, che il notaio è in grado di svolgere non in quanto pubblico ufficiale, ma in quanto persona fisica, nonché una valutazione della tipologia della prestazione in senso ampio che prende in considerazione più fattori anche esterni.
3.3.2 Il notaio certifica la qualità dei dati inseriti nella blockchain
Come già spiegato, la novità della blockchain è quella di sostituire tutte le istituzioni terze di controllo e certificazione; nel caso delle transazioni immobiliari questo ruolo è affidato al notaio. Tuttavia, la sicurezza di conservazione che questa tecnologia garantisce non implica altrettanta sicurezza per quanto riguarda la qualità dei dati conservati. Innanzitutto, la blockchain non conosce il contenuto intrinseco delle transazioni depositate al suo interno e non è in grado, come visto, di fare valutazioni
71 Vademecum antiriciclaggio, KyC antiriciclaggio, in xxx.xxxxxxxxxxxxx.xxx
giuridiche; ciò quindi esclude alcun tipo di verifica della legalità dei dati e di conseguenza della loro veridicità. Di nuovo, quindi, il ruolo del notaio torna in auge a tutela degli interessi dello Stato in primis alla legalità72 e anche delle parti attuali e future, in quanto solo il pubblico ufficiale è competente, in una posizione di terzietà e neutralità, a fornire il proprio apporto specialistico nella formazione dell’atto che comprende un adeguamento della volontà delle parti all’ordinamento giuridico e ciò è garanzia di legalità della transazione73; in aggiunta a ciò, questo accertamento della legalità effettuato dal pubblico ufficiale ha come corollario la fiducia dei privati nel notaio in quanto garante, proprio per il ruolo affidatogli e riconosciutogli dallo Stato, e di conseguenza l’intervento di questo genera automaticamente certezza di quanto statuito e inserito nella blockchain, proprio perché previamente è stato svolto un controllo che sarebbe invece mancato nel sistema permissionless della blockchain. In altri termini, il notaio come esperto di diritto svolge un vaglio di regolarità secondo diritto della transazione non altrimenti eseguibile, e questa verifica, insieme al fatto che il pubblico ufficiale è un Trusted third party che genera fiducia74, comporta la certezza e veridicità dei dati inseriti.
Il grado di certezza che produce la funzione notarile è un’esternalità positiva irriproducibile e allo stesso tempo non rinunciabile, in quanto non va a vantaggio solo dei privati, i quali altrimenti potrebbero disporre di questo beneficio e rinunciarvi, stipulando a loro rischio e pericolo transazioni con controparti non verificate e i cui dati sono altrettanto incerti, ma questa qualità è a profitto di tutta la società poiché riguarda la certezza dei diritti, un bene pubblico non sacrificabile75. A prova della qualità riconosciuta dall’ordinamento agli atti provenienti dal pubblico ufficiale, tra cui il notaio, è il valore di piena prova che il codice civile conferisce all’articolo 2700 agli atti pubblici redatti secondo le modalità di cui all’articolo 2699,
72 Redazione Federnotizie, “Convegno “Blockchain, Smart Contract e Notariato”: resoconti degli interventi ed interviste” pubblicato il 26 settembre 2019 in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx
73 XXXXXX X., “Riusciranno i notai a non essere disintermediati nel mondo telematico? (Parte I)” pubblicato l’11 febbraio 2019 in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx
74 XXXXXX X., “Il notaio dell’era digitale: riffessioni gius-economiche” in Notariato 2/2018, p. 144
75 XXXXXX X., “Il notaio dell’era digitale: riffessioni gius-economiche” in Notariato 2/2018, pp. 146 e ss.
nonché alle scritture private autenticate per quanto riguarda la sottoscrizione che si ha per riconosciuta in quanto l’autenticazione consiste nella dichiarazione del notaio che la firma è stata apposta in sua presenza ai sensi dell’articolo 2703 comma 2 del codice civile. Questo valore probatorio è riconosciuto agli atti pubblici provenienti dal notaio o da altro pubblico ufficiale, perciò un atto disintermediato, privo dell’intervento del notaio nella verifica dell’identità delle parti, della volontà delle stesse e della corrispondenza di questa al contenuto stesso dell’atto non può avere valore probatorio equiparabile a quello riconosciuto dal codice civile.
3.3.3 Intervento notarile necessario ad eliminare le asimmetrie informative
L’efficienza dei sistemi economici dipende dalla presenza di validi sistemi di organizzazione della conoscenza, che facilitino i fattori chiave dell’investimento, in particolare l’informazione delle parti, e che per la loro attendibilità permettano di fare scambi in modo anche impersonale, senza la necessità di ricercare informazioni sulle persone che non si conoscono76. La fiducia è un fattore essenziale del mercato, e questo è vero nonostante la direttiva 2011/83/EU, emanata nella prospettiva dello sviluppo di un “Unico Mercato Digitale”, la quale contiene il regime legale uniforme della “European Digital Market Strategy”, non preveda delle autorità deputate al controllo sull’adeguamento degli operatori alle prescrizioni riguardanti i doveri di completezza e correttezza delle informazioni precontrattuali, le quali sono utili a trasformare il deficit di informazione in consenso informato: solo dove ci sono informazioni imparziali, certe e corrette c’è libertà77. Dunque, la fiducia o la si ripone nella controparte, oppure la si ripone in un terzo, in quest’ultimo caso tale elemento è prodotto dal notaio.
Le asimmetrie informative, vale a dire la disponibilità per un operatore economico di più informazioni rispetto ad un altro, vanno neutralizzate e se ciò non è possibile tra gli operatori stessi, diventa opportuno l’intervento di un altro soggetto. Il terzo
76 LICINI C., “Il notaio dell’era digitale: riffessioni gius-economiche” in Notariato 2/2018, p. 144
77 LICINI C., “Riusciranno i notai a non essere disintermediati nel mondo telematico? (Parte II)” pubblicato il 15 febbraio 2019 in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx
nella qualità di trusted third party è in grado di fornire l’informazione agli attori di mercato così da colmare l’asimmetria informativa; il valore aggiunto dell’informazione fornita dal terzo è dato dalla fiducia che le parti ripongono in questo soggetto, per cui deve trattarsi di una figura ritenuta affidabile per il suo ruolo fiduciale ed imparziale ricoperto nel mercato78.
3.3.4 Costi della rinuncia del controllo ex ante del notaio
Una delle principali ragioni per cui si è teorizzato l’utilizzo di smart contract e blockchain è per sfruttare la loro potenzialità di disintermediazione con l’obiettivo così di diminuire i costi legati all’intervento di un terzo nella formazione del contratto, nella sua esecuzione e nella sua registrazione e pubblicizzazione. Tuttavia, il rischio è che l’eliminazione di un esperto, in particolare di un garante, che operi un controllo ex ante sui contenuti del contratto e che dia quel valore aggiunto di “certezza”, abbia l’effetto opposto a quello desiderato e finisca invece per comportare un aggravio economico sulle parti, soprattutto nel momento in cui dovesse sorgere un contenzioso. Ammesso che è inevitabile che vi debba essere una spesa da
78 XXXXXX X., “Riusciranno i notai a non essere disintermediati nel mondo telematico? (Parte II)” pubblicato il 15 febbraio 2019 in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx
79 XXXXXX X., “Il notaio dell’era digitale: riffessioni gius-economiche” in Notariato 2/2018, p. 144
sostenere, il proposito allora non deve essere quello di eliminare ogni costo, quanto piuttosto di minimizzarlo e scegliere il costo più efficiente, ossia l’opzione che comporti minore spesa per le parti e per l’ordinamento in generale: in quest’ottica il costo di formalizzazione che va sostenuto ricorrendo ad un notaio, il quale produce certezza relativamente ai contratti e ai loro contenuti, è comunque minore del costo che altrimenti la parti dovrebbero sostenere per ricostruire la certezza del diritto ex post davanti al giudice80. Il controllo ex ante svolto dal notaio e il suo ruolo di “erogatore di fiducia” svolgono una sostanziale funzione deflattiva delle controversie, infatti solo lo 0,003% delle transazioni immobiliari crea contenzioso81 e ciò evita un altrimenti importante esborso di denaro a carico delle parti nonché a carico dello Stato.
3.4 L’insostituibile ruolo di consulenza del notaio
Come precedentemente accennato, il servizio offerto dal notaio in quanto esperto di diritto comprende anche una funzione essenziale di consulenza e consiglio nei confronti delle parti, per cui accoglie le istanze di queste, formula loro le proposte più efficienti in termini sia di risultato giuridico che di costi e modella atti che armonizzano gli effetti voluti dalle parti con i limiti previsti dall’ordinamento.
L’articolo 47 della legge notarile impone al notaio di indagare l’effettiva volontà delle parti: interagendo con loro le interroga, individua il loro intento, chiarisce i presupposti e le conseguenze delle scelte da loro compiute, ne spiega i profili civilistici e tributari e traspone tali scelte nelle adeguate categorie giuridiche per compilare l’atto personalmente rendendo le dichiarazioni delle parti con l’adeguato linguaggio giuridico; in questo lavoro di trasposizione del volere delle parti in un atto giuridicamente rilevante il notaio svolge anche un controllo di legalità ai sensi dell’articolo 28 della legge notarile, che impone al pubblico ufficiale, nel plasmare l’atto, di tenere conto dei divieti imposti dalla legge o derivanti da orientamenti
80 LICINI C., “Riusciranno i notai a non essere disintermediati nel mondo telematico? (Parte II)” pubblicato il 15 febbraio 2019 in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx
dottrinali e/o giurisprudenziali, nonché dei limiti imposti dal buon costume e dall’ordine pubblico.
Smart contract e blockchain, a differenza del pubblico ufficiale, sono tecnologie prive di capacità consultive e non sono “esperti di diritto”, pertanto non possono offrire un supporto alle parti nella realizzazione delle proprie intenzioni nel modo più confacente alla loro volontà e all’ordinamento giuridico, sono solo in grado di eseguire e conservare quanto previamente stabilito; mancano a queste tecnologie le abilità di fare valutazioni di contenuto relativamente da una parte a quanto voluto dalle parti, poiché il colloquio con il notaio implica un’attività ermeneutica di quest’ultima volto a ricavare dai concetti spesso espressi in modo scorretto o impreciso quale sia lo scopo effettivamente perseguito, sia agli strumenti giuridici adeguati a raggiungere quei fini senza incorrere nei divieti e nelle limitazioni suddette, perciò non sono in grado di offrire alcuna consulenza tecnica ai privati volta a stabilire all’atto pratico cosa inserire nell’atto e come formularlo nel modo più congruo ad ottenere gli effetti voluti e allo stesso tempo rispettare l’ordinamento svolgendo il controllo di legalità che la legge notarile impone al notaio di eseguire, anche perché relativamente a quest’ultimo punto, le tecnologie in parola, come già detto, non possiedono le capacità di fare valutazioni di valore riguardanti quindi anche l’ordine pubblico e il buon costume, concetti mutevoli e dipendenti da diversi fattori; in altre parole smart contract e blockchain non sono in grado di sostituire l’intervento umano del professionista.
82 Si veda quanto detto dal Professor Xxxxxxxx Xxxxxx come riportato in SALA A., XXXXXXXXXXX F., TETI A., “Registri pubblici digitali: le nuove proposte del Notariato” pubblicato il 13 ottobre 2017 in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx
3.5 Un primo tentativo di “de-notarizzazione”
Un primo tentativo paradigmatico di “de-notarizzazione” lo si è avuto con l’introduzione della possibilità di costituire online, senza l’intervento del notaio, s.r.l. start up innovative a norma del decreto-legge n. 3/2015, convertito nella legge n. 33/2015, in forza del quale l’atto costitutivo e le successive modificazioni di start up innovative sono redatti o per atto pubblico oppure per atto sottoscritto con le modalità previste dagli articoli 24 e 25 del CAD secondo un modello uniforme adottato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, ossia il D.M. MiSe del 17 febbraio 2016. La nuova normativa ha suscitato perplessità da parte della dottrina83 soprattutto in merito alla compatibilità con la normativa antiriciclaggio e alle violazioni che attengono alla prevenzione criminale, principalmente nel momento cruciale di identificazione dei soggetti; il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2643 del 24 marzo 2021 ha annullato il suddetto decreto ministeriale del MiSe in quanto questo aveva ampliato illegittimamente l’ambito dei controlli demandati all’Ufficio del registro delle Imprese, ponendosi in contrasto con il principio di gerarchia delle fonti. Infatti sono stati sollevati dubbi in tema di contrasto con fonti sovraordinate, come la direttiva 2009/101/CE secondo la quale in tutti gli Stati membri la cui legislazione non preveda, all’atto di costituzione delle società ivi contemplate, un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario, l’atto costitutivo e lo statuto delle predette società, nonché le relative modifiche, “devono rivestire la forma dell’atto pubblico” e non perché sulle suddette vicende non si svolga altrimenti alcun controllo, ma perché tale controllo è per diverse ragioni più limitato rispetto a quello esperibile dal notaio. Inoltre, l’esonero dal controllo notarile potrebbe essere facile mezzo di elusione della normativa antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo, giacché l’ufficio del registro delle imprese non è contemplato tra i destinatari della normativa in materia di antiriciclaggio, la quale prevede da una parte l’identificazione del cliente e del titolare effettivo e dall’altra l’acquisizione e
83 Si veda in questo senso ARCELLA G., XXXXXXXX S., MANENTE M., XXXXXX M., “S.R.L. online, atto telematico e atto a distanza” in Notariato 1/2021, pp. 34 e ss.; XXXXXX C., “Il notaio dell’era digitale: riffessioni gius-
economiche” in Notariato 2/2018, pp. 149 e ss.; XXXXXXXX V., “Le start up innovative online e la normativa antiriciclaggio” in Notariato 2/2021, pp. 123 e ss.
valutazione di informazioni sullo scopo e la natura della prestazione84, e conseguentemente non risulta assicurata alcuna certezza in ordine all’effettiva identità né di coloro che sottoscrivono l’atto né di colui che procede alla trasmissione dei dati85.
3.6 Testamento e tecnologie innovative
Rimanendo all’interno dell’ambito notarile, le nuove tecnologie hanno un impatto attuale e potenziale anche sulle modalità di redazione e conservazione del testamento. Innanzitutto, il testamento potrebbe essere redatto sotto forma di smart contract affinché questo si auto-esegua secondo quanto previsto nel momento in cui il testatore viene a mancare; nello specifico si tratterebbe di programmare lo smart contract per comunicare con le istituzioni e così facilitare, automatizzandoli, gli adempimenti che riguardano per esempio la comunicazione da parte del comune di residenza dell’evento morte, oppure il trasferimento della proprietà degli immobili secondo le disposizioni testamentarie contenute nello smart contract, o ancora il trasferimento dei fondi presenti sul conto bancario del defunto agli eredi; servendosi di detta tecnologia diverrebbe allora superfluo il ricorso ad un intermediario nell’adempimento dei vari passaggi che conseguono alla morte di un soggetto, risparmiando così anche i relativi costi86.
Anche la blockchain è uno strumento rilevante per le qualità di conservazione, immutabilità e certezza che offre, infatti l’inserimento di un testamento all’interno di un registro blockchain attribuisce all’atto di ultima volontà un timestamp che ne certifica il deposito ad una certa data e ad una certa ora da parte di un soggetto preciso, purché previamente identificato da un’autorità quale potrebbe essere il notaio o tramite l’utilizzo di strumenti di scrittura che sostituiscano efficacemente l’autografia, ed inoltre garantisce la conservazione di un documento come farebbe
84 GUNNELLA V., “Le start up innovative online e la normativa antiriciclaggio” in Notariato 2/2021, p. 123
85 ZANARONE G., “La s.r.l.: a vent’anni dalla riforma del diritto societario”, Milano, Xxxxxxx, 2023, pp. 564 e ss. 86 XXXXXXXXX X., TRIO G., “Il testamento “intelligente”: come blockchain e smart contract possono essere applicati agli atti dispositivi di ultima volontà”, pubblicato il 3 giugno 2020 in xxx.xxxxxxxxxx0xxxxxxxxxx.xx
un notaio a seguito del deposito fiduciario presso il professionista stesso87. L’utilizzo della blockchain per la conservazione del testamento non è più solo un’ipotesi teorica, bensì è ora possibile grazie alla startup romana Lastello che, oltre ad offrire un supporto per la redazione di un testamento olografo che rispecchi le volontà del testatore per evitare di incorrere in invalidità ed incomprensioni, permette all’interessato di caricare, sottoforma di token, la fotografia o la scannerizzazione del testamento scritto a mano e sottoscritto dal testatore sulla blockchain Ethereum al fine di certificare in modo incontrovertibile la data di realizzazione dell’atto e l’immutabilità del suo contenuto88, è opportuno però evidenziare che il documento avente valore legale rimane comunque il testamento olografo scritto a mano e sottoscritto dal testatore in quanto corrispondente ai requisiti di legge. Interessa qui rilevare come a partire da novembre 2023 sia possibile depositare fiduciariamente presso un notaio il proprio testamento olografo affinché venga inserito in un registro pubblico digitale, ma di ciò si parlerà più approfonditamente nel prosieguo.
A partire dal decreto legislativo 110/2010 che ha introdotto la possibilità per i notai di redigere atti pubblici informatici, è da ritenersi possibile stilare anche testamenti pubblici informatici89; tuttavia, nulla viene detto per quanto riguarda il testamento olografo, che allo stesso tempo rappresenta la tipologia di testamento più utilizzata90, perciò ad oggi è possibile solo formulare delle ipotesi riguardo all’adozione di supporti digitali anche per il testamento autografo ragionando per analogia. Il testamento olografo per essere valido ed efficace deve rispettare precisi requisiti di legge previsti dall’articolo 602 del codice civile (deve essere scritto, datato e sottoscritto dal testatore) a pena di nullità ai sensi dell’articolo 606 del codice civile, perciò l’avvento della tecnologia porta a chiedersi se questi requisiti possano essere
87 XXXXXXXXX X., TRIO G., “Il testamento “intelligente”: come blockchain e smart contract possono essere applicati agli atti dispositivi di ultima volontà”, pubblicato il 3 giugno 2020 in xxx.xxxxxxxxxx0xxxxxxxxxx.xx
88 CIMMINELLA M., “Il testamento diventa digitale e viaggia sulla blockchain”, pubblicato il 5 novembre 2021 in xxx.xxxxxxxxxx.xx
89 DELLAǪUILA A., “Verso un testamento olografo informatico? Prospettive e riffessioni”, in Notariato 3/2022, p. 230
90 Ogni anno si compilano circa 80.000 testamenti e nel 77% dei casi si tratta di testamento olografo. D’AMBROSIO A., “Arriva il testamento digitale che utilizza tecnologia blockchain”, pubblicato il 27 ottobre 2021 in xxx.xxxxxx00xxx.xxx
soddisfatti anche attraverso l’utilizzo di supporti digitali che sostituiscano l’uso di carta e penna o altri supporti materiali; affinché questo sia possibile è indispensabile che, come carta e penna, il supporto digitale garantisca la possibilità di effettuare ex post un accertamento della paternità del testamento, ciò in quanto la ratio dell’olografia è proprio di rimandare il testamento ad una data persona per avere la certezza che questo sia scritto da un determinato soggetto senza interpolazioni; questa finalità potrebbe essere raggiunta tramite l’impiego di mezzi che assicurino il rilevamento biometrico dei dati, come accade con la firma grafometrica apposta con le tavolette grafometriche, le quali rilevano i dati biometrici, ossia le caratteristiche biologiche e comportamentali riferibili a un individuo che lo caratterizzano e ne rendono possibile l’identificazione; i dati biometrici dei sottoscrittori, in particolare la velocità, l’accelerazione, la pressione, il ritmo e il movimento con cui viene eseguita la sottoscrizione, vengono memorizzati nel documento in forma criptata e permettono il riconoscimento del sottoscrittore, che si basa sul confronto tra i dati rilevati riferibili al soggetto e i dati memorizzati in banca dati. Tuttavia, la firma apposta su tavoletta grafometrica non sia esattamente comparabile a quella scritta su un supporto cartaceo, infatti risulta meno precisa e riconoscibile rispetto a quella tradizionale, ma ciò non esclude che in un futuro non troppo lontano la tecnologia possa progredire prevedendo strumenti più sofisticati i grado di rendere una firma in un tutto e per tutto identica a quella che normalmente viene fatta con carta e penna. Nel caso di un testamento scritto con mezzi meccanici, ma sottoscritto con firma grafometrica si potrebbe procedere alla sua pubblicazione e conferma delle disposizioni nulle ai sensi dell’articolo 590 del codice civile per cui la nullità per mancanza dell’olografia o della firma può essere sanata tramite conferma; ciò sarebbe possibile ammettendo l’equiparazione della firma grafometrica alla firma cartacea, e di conseguenza si verificherebbe la stessa fattispecie rappresentata da un
testamento scritto al computer, stampato e sottoscritto a mano, il quale può essere confermato91.
3.7 Sfruttare le nuove tecnologie
Alla luce di quanto esposto finora, le conclusioni che si devono trarre non sono quelle per cui la tecnologia dovrebbe essere accantonata ed esclusa dal mondo notarile, tutt’altro, una prova di come il mondo notarile si sia sempre adattato all’uso della tecnologia è il suo costante dialogo con la pubblica amministrazione che avviene telematicamente tramite l’utilizzo dell’identità digitale. Perciò anche l’adozione di strumenti come smart contract e blockchain è un’occasione per accrescere l’utilità della funzione notarile e per esaltarne le potenzialità, ma con le dovute precauzioni. Dalle considerazioni fatte nelle pagine precedenti è infatti emerso che queste nuove tecnologie, lungi dall’eliminare la funzione notarile, ne amplificano i tradizionali ruoli di garanzia e controllo92, pertanto è opportuno da parte della categoria dei notai non respingerne l’utilizzo quanto piuttosto sfruttarle a proprio vantaggio per implementare ed integrare la propria attività di certificazione, quid pluris dell’operato notarile non surrogabile dalla tecnologia. È innegabile, infatti, che smart contract e blockchain constino anche di apporti postivi, quali rispettivamente l’autonomia nell’esecuzione e la sicurezza nella conservazione dei dati, che unitamente alle qualità insostituibili del notaio sono in grado di implementare gli attuali strumenti di esecuzione e registrazione dei dati rendendoli più efficienti e sicuri; allo stesso tempo, è bene ribadirlo, altri aspetti caratterizzanti queste tecnologie che invece, più cautamente, dovrebbero essere maneggiati con cura riguardano le prerogative di disintermediazione, da cui deriva, come si è visto, che l’assenza di un’autorità terza che dia il proprio apporto professionale, umano e specialistico può condurre a conseguenze giuridicamente inaccettabili. La qualità della blockchain di essere immodificabile è invece un’arma a doppio taglio su cui
91 DELLAǪUILA A., “Verso un testamento olografo informatico? Prospettive e riffessioni”, in Notariato 3/2022, p. 232
92 MANENTE M., “Blockchain: la pretesa di sostituire il notaio” in Notariato 3/2016, p. 219
meritano di essere spese alcune parole; se da una parte l’immodificabilità dei dati inseriti all’interno della blockchain è elemento chiave della peculiare sicurezza che è in grado di garantire questa tecnologia e che la rende assai appetibile, dall’altro lato, proprio tale elemento richiede una ancora maggiore certezza della correttezza dei dati inseriti, ed è proprio sotto questo profilo che il ruolo del notaio torna ad essere cruciale in quanto garante della qualità, intesa come certezza e veridicità, dei dati inseriti, così da ridurre al minimo le problematiche che potrebbero sorgere in ragione dell’immodificabilità delle informazioni inserite all’interno della blockchain. Sempre nell’ottica della doverosità di sfruttare le nuove tecnologie è opportuno l’utilizzo di nuovi strumenti volti ad implementare e facilitare l’attività notarile, per esempio iniziando a sperimentare “video” atti in cui le parti si trovano solo virtualmente nello studio del notaio tramite sistemi video in combinazione con l’utilizzo di sistemi di identificazione biometrica per garantire il controllo notarile sull’identità dei soggetti93; un altro esempio non solo teorico ma già funzionante a partire dal decreto legislativo 110/2010 è rappresentato dall’atto notarile informatico,, grazie al quale è possibile stipulare un atto interamente digitale tra due o più parti non solo in presenza davanti allo stesso notaio, ma anche davanti a notai diversi in città diverse, per cui in quest’ultimo caso ogni notaio autentica tramite l’utilizzo della propria firma digitale (mediante smart card) la sottoscrizione del proprio cliente, fatta attraverso firma grafometrica sulla “tavoletta”, ed invia il relativo file con le firme digitali all’altro notaio che a sua volta inserisce la firma del proprio cliente da lui autenticata; dopodiché viene formato un file .ATI (acronimo per atto informatico) contente il testo degli atti, gli allegati, gli allegati autentici, le eventuali autentiche, le firme, i metadati dei firmatari e un indice XML dotato di “legatura digitale”, quest’ultimo elemento trasforma il file .ATI in un fascicolo elettronico e serve a garantire la sicurezza della conservazione dell’atto digitale94. In
93 XXXXXX X., “Il notariato tra tradizione e innovazione: formula vuota o ipotesi di lavoro?” in xxx.xxxxxxxx.xxxxxxxx.xx 4/2017
94 XXXXXXXX X., XXXXXXXXXX C., “Usare iStrumentum per le procure notarili” in xxx.xxxxxxxx.xxxxxxxx.xx 2/2020
materia di appalti l’atto informatico non è più un’alternativa, bensì è l’unico modo contemplato per procedere alla stipulazione di detti contratti, come indicato al nuovo articolo 18 del Codice degli appalti (decreto legislativo 36/2023)95, mentre per gli altri contratti la scelta è rimessa alla discrezionalità del cliente. I vantaggi di questa tecnologia sono diversi, innanzitutto essendo l’atto completamente digitale e quindi paperless permette di rispettare l’ambiente, e questo vale anche per le copie autentiche che possono essere rilasciate a loro volta in formato digitale; inoltre, questa modalità permette a cittadini e imprese di stipulare un atto notarile a distanza trovandosi in città diverse, superando così l’inconveniente della distanza fisica.
3.8 Esempi applicativi di blockchain
Tornando al tema più specifico delle blockchain, esistono alcuni esempi pratici di applicazione di questa tecnologia, alcuni già attivi come la NotarChain, altri invece che nonostante siano già frutto di un avvicinamento alle opportunità offerte dal mondo delle nuove tecnologie, ancora non sfruttano i sistemi in questione, ma vale comunque la pena teorizzarne l’applicazione.
3.8.1 NotarChain
Primo tra tutti la cosiddetta NotarChain, un progetto della categoria del notariato in collaborazione con IBM Italia, che consiste in una blockchain privata i cui nodi sono i notai diffusi su tutto il territorio nazionale, e non soggetti anonimi, che garantiranno un preventivo controllo sull’identità dei soggetti coinvolti, nonché la certezza e correttezza dei dati introdotti nel sistema che diverranno immodificabili96; si tratta quindi di una blockchain di tipo permissioned in quanto i partecipanti vengono identificati a priori ed è prevista la concessione di un permesso per potervi accedere. Il cliente individuato per la sperimentazione della blockchain sicura è un’azienda che realizza tessuti in seta per marchi di rilevanza internazionale, la cui esigenza è quella
96 DONEGANA L, “Notariato e IBM insieme presentano la nuova NotarChain” pubblicato il 13 ottobre in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx
di tutelare ogni singolo disegno man mano che questo viene creato: il cliente viene riconosciuto dal notaio e registrato all’interno della blockchain nella quale di conseguenza è inserito uno smart contract che evidenzia un algoritmo che rappresenta il disegno che in questo modo viene conservato in modo sicuro, così da soddisfare l’esigenza del xxxxxxx00.
3.8.2 Il progetto SIAE
Sfruttando la stessa tecnologia è stato elaborato anche un altro progetto per la tutela dei diritti d’autore: SIAE e Algorand nel 2019 hanno formato una partnership volta ad esplorare le opportunità offerte dalla tecnologia blockchain per rappresentare i diritti degli autori iscritti a SIAE, obiettivo primario della società, come dichiarato dal suo direttore generale Xxxxxxx Xxxxxxxx; a marzo 2021 sono stati creati più di 4 milioni di NFTs (Non Fungible Token), un tipo di asset digitale registrato su blockchain, che rappresentano digitalmente i diritti degli autori associati a SIAE; l’obiettivo è creare un registro pubblico decentralizzato e trasparente che rappresenti gli autori e li tuteli a 360° grazie alle peculiarità di questa tecnologia98.
3.8.3 Registri volontari digitali
La stessa tecnologia basata su registri distribuiti quale è la blockchain potrebbe essere adoperata anche per i registri volontari digitali, così da potenziare in massima misura le esigenze di sicurezza e conservazione. Al Congresso Nazionale del Notariato di ottobre 2017, è stato presentato insieme alla blockchain del notariato (la cosiddetta NotarChain) anche il registro pubblico sussidiario dedicato agli amministratori di sostegno, una piattaforma a cui tutti i notai possono accedere e su cui possono inserire
97 DE XXXXXXX X., RESCHIGNA A., LAFFRANCHI M., “Notaio e Blockchain: innovazione tecnologica e certezze” pubblicato il 13 ottobre 2017 in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx
98PRISCO F., “Blockchain, Xxxx crea più di 4 milioni di token su Algorand”, pubblicato il 24 marzo 2021 in xxx.xxxxxx00xxx.xx
i dati essenziali dell’atto di designazione di amministrazione di sostegno ricevuto in modo da rendere immediata la conoscibilità della volontà espressa dal designatario99. Un’altra tipologia di registro volontario digitale che sfrutta la stessa piattaforma del registro pubblico volontario degli amministratori di sostegno è il registro volontario dei testamenti olografi, aperto dal 6 novembre 2023 e gestito da Notartel S.p.a. e anche questo facente parte del progetto del notariato finalizzato alla creazione di registri pubblici sussidiari digitali per l’archiviazione e la raccolta di atti privi di pubblicità legale che contengono dati e informazioni d’interesse pubblico. Il registro di cui si tratta permette di raccogliere e cercare testamenti olografi depositati fiduciariamente presso i notai d’Italia che aderiscono al servizio; il notaio, su richiesta del testatore, annota sul registro solo le informazioni relative al testamento ricevuto in deposito fiduciario quali i dati anagrafici del testatore, la data di redazione del testamento e la data di deposito presso il notaio, cosicché i cittadini in possesso del certificato di morte del testatore possano chiedere a un qualsiasi notaio d’Italia la ricerca del testamento del defunto100. La presenza del notaio per l’immissione dei dati nel registro è prevista ai fini di garanzia e controllo dei dati stessi, per cui l’intervento del pubblico ufficiale rimarrebbe indispensabile anche se questo registro volontario si appoggiasse ad una blockchain, poiché di questa tecnologia si sfrutterebbe la sicurezza nella conservazione dei dati e non la disintermediazione.
99 Redazione, comunicato stampa “Il notariato presenta notarchain, la blockchain certificata dei notai e i registri volontari digitali” in xxx.xxxxxxxxx.xx
100 FIOCCHI F., “Annotare un testamento olografo nel registro volontario dei testamenti”, pubblicato il 3 novembre 2023 in xxx.xxxxxxxx.xxxxxxxx.xx
Alla luce di quanto esposto finora, risulta evidente come tecnologie quali smart contract e blockchain presentino notevoli potenzialità innovative e semplificative e tuttavia, allo stesso tempo, accrescano il fattore di rischio normalmente presente nelle transazioni; di conseguenza aumenta anche la necessità di tutele, perciò bisogna valutare quali accorgimenti sia necessario adottare al fine di un’utilizzazione efficace di questi strumenti rendendo applicabili le protezioni previste dall’ordinamento per i privati e non solo.
Dal punto di vista della compatibilità di smart contract con l’ordinamento attuale, si è visto innanzitutto che non è da escludere la possibilità di considerare lo smart contract alla stregua di un contratto vero e proprio, ciò in quanto l’unico limite, riguardo agli elementi essenziali del contratto previsti dal codice civile all’articolo 1325, parrebbe ad ora essere l’identificazione delle parti. Tuttavia, nonostante allo stato attuale non siano ancora state previste dall’AgID le linee guida per la creazione di un processo di identificazione delle parti contemplate dall’articolo 8-ter del D.L. 135/2018, tale lacuna è destinata ad essere temporanea, infatti diversi sono gli strumenti di firma elettronica e di identificazione a distanza già in uso anche in altri settori. Tale compatibilità formale con la normativa, anche una volta previsto un processo di identificazione delle parti, potrebbe però non essere sufficiente a rendere applicabili le tutele previste dall’ordinamento agli smart contract operanti su blockchain: il problema principale nell’utilizzo di smart contract e blockchain è il fatto che non è previsto per il loro funzionamento, e nemmeno dalla normativa di riferimento (di cui all’articolo 8-ter del D.L. 135/2018), il ricorso ad esperti di diritto quali avvocati, notai, consulenti e allo stesso tempo è stato evidenziato nelle pagine precedenti come manchi un altrettanto soddisfacente controllo di conformità del contenuto degli accordi tra le parti all’ordinamento e alla volontà stessa dei contraenti; inoltre l’assenza di un intervento “umano”, esperto o meno, rende difficile l’applicazione di norme contenenti formule valoriali non traducibili nel linguaggio informatico. Questa lacuna non è di poco conto in quanto comporta innanzitutto dei
limiti alle tutele previste dall’ordinamento, per esempio nel caso in cui non fossero previste delle clausole a tutela del contraente debole affinchè siano attivabili le integrazioni previste dall’articolo 1374 che nel caso di un contratto tradizionale si applicano automaticamente, si rende necessario l’intervento di un “oracolo”, una persona fisica o un altro strumento esterno, che dia un input al software su cui è contenuto lo smart contract al fine di regolare diversamente l’accordo tra le parti rendendolo conforme al diritto; inoltre l’incapacità del software dello smart contract di fare valutazioni di conformità del contenuto dell’accordo al diritto rende, di nuovo, necessario un intervento successivo ed esterno volto a rilevare l’eventuale nullità di alcune clausole, per esempio nel caso in cui fosse previsto un esonero da responsabilità nel caso di colpa grave, nullo ai sensi dell’articolo 1229 del codice civile. Già da queste considerazioni e da quelle fatte nei capitoli precedenti, emerge come spesso, per un funzionamento adeguato dello smart contract che rispetti l’ordinamento e garantisca i contraenti da violazioni, sia necessario l’intervento di un oracolo che colleghi il software alla realtà esterna tramite input volti ad attivare determinati meccanismi e questo potrebbe anche bastare a rendere applicabili le norme dell’ordinamento anche agli smart contract inseriti su blockchain; tuttavia bisogna chiedersi quale sia effettivamente il ruolo di questi “oracoli”, soprattutto quando si tratta di persone fisiche; è opportuno, in altre parole, domandarsi se giuridicamente questa figura ricopra un ruolo assimilabile a quello dell’autorità giudiziaria anche per comprendere che valore riconoscere all’attività dell’oracolo, soprattutto in quanto va ad incidere spesso sulla volontà delle parti regolando l’accordo diversamente da come era stato impostato inizialmente. Allo stato attuale non pare potersi assimilare il ruolo dell’oracolo a quello dell’autorità giudiziaria, per il semplice fatto che non è previsto che l’oracolo abbia competenze specifiche, né giuridiche né di altri settori. In aggiunta, l’oracolo viene considerato all’interno del meccanismo smart contract e blockchain come fonte affidabile e certificata di quanto comunica al software, ma questo riconoscimento è limitato al meccanismo, non è l’ordinamento giuridico a conferire quest’autorità all’“oracolo”, a differenza di
quanto avviene per l’autorità giudiziaria per cui è l’ordinamento giuridico che le attribuisce le funzioni che esercita e il valore delle decisioni che produce. È opportuno precisare che il ruolo dell’“oracolo” può essere ricoperto anche da un notaio o da un magistrato, e in quest’ultimo caso l’“oracolo” potrebbe intervenire anche ex post ai fini della regolarizzazione del rapporto già instaurato e finanche quando le prestazioni siano già state eseguite, ponendosi in questo modo alla stregua dell’autorità giudiziaria. In un’ottica di connessione degli smart contract operanti su blockchain all’ordinamento giuridico sarebbe utile in futuro riconoscere anche normativamente la necessità che sia presente un “oracolo” persona fisica che padroneggi la materia giuridica per il funzionamento di queste tecnologie, al fine di colmare le lacune causate dall’utilizzo inevitabile di un linguaggio sconosciuto, quale è quello informatico, nella tutela dei contraenti nonché nell’applicazione di formule valoriali esprimibili solo nel linguaggio naturale; non solo, la funzione dell’“oracolo” dovrebbe essere opportunamente riconosciuta a livello normativo anche affinché il valore del suo intervento sia equiparabile a quello dell’autorità giudiziaria.
Anche prevedendo l’intervento di un oracolo rimangono dei problemi a livello pratico derivanti dalle caratteristiche di immodificabilità e autoesecutività dello smart contract inserito su blockchain: eventuali nullità dell’accordo non potranno essere fatte valere se non a seguito dell’esecuzione, proprio perché questa avviene automaticamente senza che possa essere interrotta in alcun modo, anche volontariamente, dalle parti. Per queste caratteristiche qualsiasi tutela caducatoria prevista dall’ordinamento non sarebbe compatibile con l’utilizzo degli smart contract, mentre sarebbe più adeguato prevedere un meccanismo di restituzione, come già evidenziato, per cui a seguito dell’esecuzione di un accordo nullo, altrettanto automaticamente, una volta rilevata la nullità tramite un oracolo, per esempio, dovrebbe attivarsi il processo inverso di ripristino della situazione iniziale. A questo punto, vista la frequenza con cui viene in gioco l’opportunità di ricorrere ad un soggetto esterno, viene da chiedersi se effettivamente smart contract e
blockchain siano così semplificative come si propongono di essere grazie alla loro prerogativa di disintermediazione e se una blockchain pura, che quindi, come visto, non ammette l’intervento di figure terze, come sarebbe appunto l’“oracolo”, sia la tipologia di blockchain più adatta; infatti, tenuto conto di quanto esposto finora, queste tecnologie, lungi dall’eliminare la figura di un intermediario esperto, sembrano anzi accrescerne la necessità. Detto ciò, affinché smart contract e blockchain possano essere sfruttati con gli accorgimenti spiegati sopra, è auspicabile che gli esperti di diritto, quali avvocati, magistrati e non ultimi i notai, arricchiscano le proprie conoscenze con nozioni e competenze informatiche. Quanto detto fino a qui non esclude, a parere di chi scrive, che in un futuro non troppo lontano smart contract e blockchain possano anche essere implementate grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, come sta accadendo in diversi settori, cosicché sia quest’ultima a sostituire l’intervento umano esperto (intervento che comunque rimane rilevante). In particolare, l’intelligenza artificiale comprende un algoritmo che non si limita ad applicare istruzioni preimpostate, come fa lo smart contract il quale si autoesegue semplicemente seguendo le istruzioni inserite all’interno del software, bensì contempla meccanismi di machine learning per cui l’algoritmo elabora costantemente nuovi criteri di inferenza tra dati e in base a questi assume decisioni sempre più efficienti.
Passando poi alla questione se blockchain e smart contract possano sostituire effettivamente la figura del notaio, in base a quanto sopra esposto, è da escludersi allo stato di fatto tale possibilità, anche in quanto, come detto relativamente al rapporto tra l’autorità giudiziaria e l’oracolo, il valore di prova legale di quanto statuito alla presenza del pubblico ufficiale è riconosciuto espressamente dalla legge all’articolo 2700 e allo stesso modo il valore dell’autenticazione da parte del pubblico ufficiale della sottoscrizione è espresso all’articolo 2703; un altrettanto espresso riconoscimento del valore di quanto contenuto all’interno di uno smart contract inserito su blockchain non è ad ora compreso in nessuna norma, pertanto già questa rilevante differenza non permette di riconoscere al contenuto di smart contract e blockchain uguali garanzie a
quanto proveniente dal notaio. Inoltre, come è stato visto in precedenza, il notaio offre oltre alla propria opera professionale, anche un apporto umano e di consulenza, non sostituibile dalla tecnologia o quanto meno non allo stato di fatto, ma nulla esclude che l’adozione nell’applicazione di smart contract e blockchain dell’intelligenza artificiale, come teorizzato in precedenza, possa arrivare ad offrire un servizio molto simile a quello umano. Basti pensare a ChatGPT, l’esempio più lampante di intelligenza artificiale, che permette di avere una conversazione virtuale con un sistema che assomiglia in tutto e per tutto a quella che può intercorrere tra due persone, ciò grazie alla capacità di questa tecnologia di evolversi autonomamente e di imparare man mano che viene utilizzata.
Tuttavia, il problema andrebbe forse guardato in un’ottica diversa, per cui piuttosto che valutare il rapporto tra il notaio e le tecnologie in parola secondo una prospettiva di esclusione, sarebbe più proficuo considerare una interrelazione tra il notaio e l’utilizzo di smart contract e blockchain così da prendere il meglio da entrambi i mondi: a tal fine è ipotizzabile la previsione di un intervento notarile obbligatorio per quegli atti per i quali l’ordinamento attuale prescrive l’atto notarile all’articolo 1350 del codice civile che vengano stipulati sottoforma di smart contract e che vengano poi inseriti su blockchain. Questa previsione permetterebbe di sfruttare le nuove tecnologie senza rinunciare all’esternalità positive prodotte dal notaio, tra cui la qualità dei dati, il controllo della loro legalità e l’eliminazione delle asimmetrie informative tra i contraenti. Affinché l’intervento del notaio nel contesto tecnologico sia efficiente è però necessario che egli implementi le proprie conoscenze estendendole al settore delle nuove tecnologie e dell’informatica. In realtà questa evoluzione verso una categoria dei notai più esperta anche nell’ambito tecnologico e informatico è già in atto; infatti, come si è visto precedentemente, la categoria dei notai da anni utilizza strumenti tecnologici nello svolgimento della propria attività e anche gli atti notarili informatici sono ora realtà, e non è da escludere che in un prossimo futuro possano anche diventare la regola, a scapito degli atti solo cartacei. Pertanto, alla luce di questo continuo aggiornamento da parte dei notai, non è inverosimile che anche tecnologie quali smart
contract e blockchain possano effettivamente essere utilizzate per implementare integralmente l’attività notarile, e non solo in limitati ambiti come si è visto nel terzo capitolo riguardo ai testamenti e NotarChain.
Rimane, a parere di chi scrive, un altro grande ostacolo all’utilizzo di smart contract e blockchain: quando si parla di questi strumenti si sta di fatto parlando di tecnologia, e nonostante sia innegabile che ormai la tecnologia abbia pervaso quasi tutti gli ambiti della nostra quotidianità, ciò però non implica che ognuno sia in grado di utilizzarla correttamente, né che sia tenuto a farlo. Infatti, benché le nuove generazioni siano nate in un mondo in cui la tecnologia, seppur ai suoi albori, già c’era, ciò non vale per le generazioni precedenti che invece hanno vissuto un enorme cambiamento e non necessariamente vi si sono adattate, o quanto meno non completamente. La distanza di conoscenze tecnologiche ed informatiche che esiste oggi tra le generazioni crea un’asimmetria informativa non di poco conto e ciò potrebbe rendere non opportuna l’adozione totale ed esclusiva delle nuove tecnologie nelle transazioni, soprattutto senza che sia previsto l’intervento di un esperto, in particolare di un notaio con competenze anche informatiche, volto ad eliminare l’asimmetria tra le parti.
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RINGRAZIAMENTI
Un ringraziamento va al mio relatore, Professore Xxxxxxxx Xxxxxx, che ammiro molto. Lo ringrazio per la sua disponibilità e per avermi permesso di scegliere liberamente il tema da approfondire con questo lavoro.
Xxxxxxxxx poi i miei genitori per avermi dato l’opportunità di studiare e per assecondarmi nelle mie scelte.
Xxxxxxxxx infine il notaio Xxxxxx Xxxxxxxxx per la sua immensa gentilezza, per avermi messo sempre a disposizione i suoi spazi lavorativi e soprattutto il suo sapere, rispondendo cortesemente ai miei dubbi e insegnandomi con passione.