NORMATIVA
DI RIFERIMENTO
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Art.
7, Legge n. 604/1966 come modificato da art. 1, comma 40, Legge n.
92/2012; circolare Ministero del Lavoro n. 3/2013
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CHE
COS’E’
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E’
una procedura obbligatoria di conciliazione tra le parti
conseguente ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
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ORGANO
COMPETENTE
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Commissione
Provinciale di Conciliazione istituita ex art. 410del codice di
proceduta civile presso la Direzione Territoriale del Lavoro
competente
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COMPETENZA
TERRITORIALE
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Luogo
dove il lavoratore presta la sua opera
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SOGGETTI
INTERESSATI
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Datori
di lavoro – imprenditori e non imprenditori - che nello stesso
ambito comunale occupino più di 15 lavoratori ovvero più di 60
su scala nazionale, avendo come parametro la normale occupazione
negli ultimi 6 mesi. Sono esclusi dal computo il coniuge ed i
parenti entro il secondo grado, gli assunti con rapporto di
apprendistato, con contratto di inserimento, con contratto di
reinserimento ex art. 20 L. 223/91, gli assunti già impiegati in
lavori socialmente utili o di pubblica utilità e i lavoratori
somministrati. Sono calcolati in proporzione i lavoratori a tempo
parziale, gli intermittenti e quelli in lavoro ripartito
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CHI
ATTIVA LA PROCEDURA
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L’azienda,
con comunicazione scritta inviata per raccomandata con avviso di
ricevimento o tramite posta elettronica certificata alla Direzione
Territoriale del Lavoro competente e trasmessa per conoscenza al
domicilio del diretto interessato nella quale manifesta la propria
volontà di recedere dal rapporto per un motivo oggettivo, indica
le motivazioni e le eventuali misure di assistenza finalizzate ad
una ricollocazione del lavoratore interessato. Il momento di avvio
della procedura coincide con la data di ricezione da parte della
DTL.
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OGGETTO
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Giustificato
motivo oggettivo di licenziamento. A titolo esemplificativo:
ristrutturazione di reparti, soppressione del posto di lavoro,
terziarizzazione ed esternalizzazione di attività, inidoneità
fisica, impossibilità del c.d. repechage all’interno del gruppo
d’imprese, chiusura di cantiere edile, provvedimenti
amministrativi che incidono sul rapporto (ritiro patente guida o
del porto d’armi ecc.), misure detentive.
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ISTRUTTORIA
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La
DTL, entro il termine perentorio di 7 giorni dalla ricezione
dell’istanza datoriale e con lettera raccomandata o attraverso
PEC, trasmette al datore di lavoro e al lavoratore, presso il
domicilio formalmente comunicato al datore di lavoro, l’invito a
comparire avanti alla Commissione Provinciale di Conciliazione.
Il
tentativo di conciliazione dev’essere esperito entro e non oltre
20 giorni dal momento in cui la DTL ha trasmesso la convocazione
per l’incontro.
Se
la DTL omette di effettuare entro i 7 giorni prescritti la
convocazione per il tentativo di conciliazione richiesto dal
datore di lavoro, questo può procedere al recesso con proprio
atto unilaterale.
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PROCEDURA
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Nel
giorno e nell’ora fissata le parti sono tenute a presentarsi
avanti alla Commissione. Possono farsi assistere da organizzazioni
di rappresentanza o sindacali, da un componente RSA o RSU, da un
avvocato o un consulente del lavoro iscritti al relativo albo.
L’assenza
di una delle parti non sorretta da elementi giustificativi
comporterà la redazione di un verbale di assenza.
In
caso di legittimo e documentato impedimento (che trovi la propria
giustificazione in una tutela prevista dalla legge o dal
contratto) del lavoratore a presenziare all’incontro fissato
dalla Commissione, la procedura può essere sospesa per un massimo
di 15 giorni. La mancata e non giustificata presenza del
lavoratore abilita il datore di lavoro ad attuare il recesso.
Durante
la procedura conciliativa, che deve concludersi entro 20 giorni
dalla trasmissione della convocazione, le parti con la
partecipazione attiva della Commissione procedono ad esaminare
ogni possibile soluzione anche alternativa al recesso. Il termine
di 20 giorni per la conclusione può essere superato se le parti
lo reputano funzionale al raggiungimento di un possibile accordo.
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EFFETTI:
ESITO NEGATIVO DELLA PROCEDURA
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In
caso di mancato accordo, assenza o abbandono, il datore di lavoro
può procedere al licenziamento.
Dal
verbale di mancato accordo deve desumersi il comportamento tenuto
dalle parti nella fase conciliativa, onde consentire al giudice
eventualmente in seguito adito una corretta valutazione.
Il
licenziamento adottato per esito negativo della procedura
conciliativa ha effetto dal giorno della comunicazione con cui il
procedimento è stato avviato da parte datoriale, salvo
l’eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa
indennità sostitutiva.
Gli
effetti retroattivi del licenziamento non incidono sui termini di
effettuazione dell’obbligo di comunicazione al Centro per
l’Impiego.
Il
periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura
conciliativa si considera preavviso lavorato.
E’
fatto salvo l’effetto sospensivo scaturente dai periodi di
tutela per maternità/paternità ed infortunio sul lavoro.
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EFFETTI:
ESITO POSITIVO DELLA PROCEDURA
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In
caso di accordo tra le parti le soluzioni individuate possono
essere anche alternative alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Trattandosi
di conciliazione ex art. 410 c.p.c. i contenuti del verbale di
accordo diventano inoppugnabili.
In
caso di risoluzione consensuale il verbale ne darà atto,
riportandone tutti i contenuti, anche di natura economica.
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VANTAGGI
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In
deroga alla disciplina ordinaria, in caso di risoluzione
consensuale al termine della procedura conciliativa obbligatoria
al lavoratore si riconosce il diritto al godimento
dell’Assicurazione Sociale per l’Impiego.
La
risoluzione consensuale sottoscritta dal lavoratore avanti alla
commissione provinciale di conciliazione presieduta da un
funzionario della Direzione del lavoro è esaustiva della
procedura di convalida ex art. 4 comma 17.
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RESPONSABILE
DEL PROCEDIMENTO
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Xxxxxx
Xxxxxx (xxxxxxx@xxxxxx.xxx.xx)
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