COLLEGIO DI BOLOGNA – DEC. 6344/2018 –PRES. MARINARI –REL. ALVISI
COLLEGIO DI BOLOGNA – DEC. 6344/2018 –PRES. MARINARI –REL. ALVISI
Contratto bancario in genere – recesso della Banca – presupposti - segnalazione in C.R. – illegittimità (cod. civ., artt. 1175, 1375, 1845, 1855; d. lgs. n. 385/1993, artt. 119 e125).
In un contratto di apertura di credito le parti possono convenire che, indipendentemente dalla durata del contratto, sia attribuito alla Banca un diritto potestativo di recesso unilaterale ad nutum (a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa di recesso) con l’onere di preavviso di un giorno. Va da sé che l’esercizio della facoltà deve essere effettuato nel pieno rispetto delle regole di correttezza e buona fede.(MDC)
FATTO
Con ricorso presentato in data 1.08.2017, cui univa copia del reclamo dd. 19.05.2017, l’attore deduceva di aver perfezionato con l’intermediario convenuto il contratto di x/x x.
*000, xxx quale era stata accordata un’apertura di credito di euro 60.000,00. Il ricorrente lamentava che, in data 19.01.2017, l’intermediario gli aveva comunicato il proprio recesso dal contratto di apertura di credito e dalla convenzione di assegno collegata al contratto di conto corrente, accordandogli un preavviso di 60 giorni per il rimborso dell’utilizzato, pari all’importo di euro 59.936,03 ed informandolo che “ai sensi della normativa vigente” l’intermediario era tenuto “a segnalare alle Centrali Interbancarie di riferimento (es.
Centrale Rischi di Banca d’Italia, Crif, etc..) la situazione rilevata a suo carico e che il perdurare di tale situazione” avrebbe potuto non consentirgli “di accedere ad altri finanziamenti o provocare la revoca di tali altri rapporti”. Il ricorrente lamentava, altresì, che il suo nominativo era stato successivamente segnalato alla Centrale dei Rischi “con grave ed ingiusto danno”.
Con reclamo dd. 19 maggio 2017 il ricorrente contestava all’intermediario l’illegittimità del recesso dal rapporto di apertura di credito nonchè il suo obbligo di restituire la somma di euro 59.936,03, così come quantificata dalla banca, ritenendo che essa fosse il risultato Decisione N. 6344 del 20 marzo 2018
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della “violazione dei termini contrattuali e legali per addebiti/illeciti/indebiti a seguito di applicazione di tassi ed interessi passivi eccedenti la misura dell’interesse legale ex art. 1284 c.c. (nell’ipotesi di superamento del tasso soglia usuraio) e, comunque, non pattuiti, commissioni trimestrali e di “massimo scoperto”, spese non documentate e non oggetto di pattuizione, capitalizzazioni trimestrali degli interessi passivi, applicazione di valute fittizie rispetto a quelle di effettiva liquidità, salvo se altro”. Sempre col reclamo il ricorrente chiedeva all’intermediario anche la comunicazione di copia del contratto di apertura del conto corrente di corrispondenza; di copia del contratto di apertura di credito; di copia delle successive eventuali variazioni contrattuali intervenute nel corso del rapporto; di copia degli estratti contabili trimestrali dall’inizio del rapporto ad oggi; di copia di tutta la documentazione afferente al rapporto di c/c di tempo in tempo sottoscritta, anche dai garanti.
Il ricorrente lamentava, quindi, nel ricorso anche la mancata trasmissione della documentazione bancaria richiesta precisando che: a) il contratto di apertura di conto corrente e quello di affidamento bancario non sarebbero stati forniti dall’intermediario né in
sede di stipula, né successivamente, ancorché richiesti; b) la mancata produzione della documentazione richiesta da parte dell’istituto bancario risulterebbe illegittima per violazione dell’obbligo di buona fede e correttezza ex artt. 1175 e 1375 c.c. (sul punto rinviava a Cass. n. 11004/2006); c) la richiesta da parte dell’intermediario del pagamento delle spese correlate all’estrazione e alla trasmissione di copia della documentazione richiesta sarebbe dilatorio ed ingiustificato, essendo l’intermediario dotato di tecnologie informatiche tali da consentirgli un’agevole ottemperanza alla suddetta istanza. Il ricorrente concludeva chiedendo all’ABF: di “verificare la legittimità/liceità del recesso adoperato dalla banca, delle segnalazioni conseguenti”; “di ottenere copia della documentazione integrale come richiesta”, “di verificare integralmente la debenza di eventuali crediti in favore della banca o del correntista”.
In data 31.10.2017 si costituiva l’intermediario depositando le proprie controdeduzioni, cui univa copia del contratto di conto corrente n. *688 (all. 1), della segnalazione a Banca d’Italia (all. 5), del reclamo del ricorrente nonché di proprie missive dd. 20 settembre 2017 e dd. 18 ottobre 2017. L’intermediario, dopo aver precisato che la società ricorrente è parte di un gruppo familiare composto di diverse società, di cui alcune clienti, le quali hanno presentato analoghi ricorsi con riferimento a diversi rapporti di conto corrente, confermava che la società ricorrente aveva perfezionato, nel 2004, un contratto di conto corrente sul quale le era stata accordata un’apertura di credito di euro 60.000,00.
L’intermediario deduceva che, dopo aver tentato, tramite diversi contatti ed incontri con la ricorrente (due dei quali svoltisi in data 7.09.2016 e 14.09.2016 con i referenti della Direzione Centrale), di trovare una definizione bonaria, in data dd. 19 gennaio 2017 recedeva dal contratto di apertura di credito accordando all’affidato un preavviso di 60 giorni ai fini del rientro. L’intermediario deduceva di aver risposto in data 21 giugno 2017 al reclamo dd. 23.05.2017 della ricorrente. L’intermediario riferiva altresì che, nel luglio 2017, la posizione della società ricorrente veniva segnalata a sofferenza in Centrale Rischi della Banca d’Italia e che successivamente, in data 16.08.2017, la stessa ricorrente effettuava un bonifico pari ad euro 59.619,85 col quale azzerava il saldo debitore presente sul conto corrente. In data 19.09.2017 l’intermediario riceveva comunicazione dell’esposto presentato a Banca d’Italia con allegata una nuova diffida riferita alla segnalazione in Centrale Rischi, cui l’intermediario rispondeva in data 18.10.2017. Aggiungeva l’intermediario di aver inviato alla ricorrente, in data 20.9.2017, gli estratti conto richiesti nel rispetto dei termini previsti dall’art. 119 TUB.
L’intermediario eccepiva, in via pregiudiziale, la parziale inammissibilità del ricorso con Decisione N. 6344 del 20 marzo 2018
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riferimento alla richiesta“(…) di verificare integralmente la debenza di eventuali crediti in favore della banca o del correntista”, in quanto presuppone che l’Arbitro svolga attività di natura consulenziale che gli è preclusa (cfr. ex multis la decisione del Collegio di Napoli n. 3359/16, “(…) l’orientamento dei Collegi è nel senso di ritenere che una domanda chiaramente generica e volta a sollecitare lo svolgimento di un’attività di tipo sostanzialmente consulenziale sia estranea agli scopi ed alle funzioni dell’Abf, essenso invece necessario per la sottoposizione della controversia alla cognizione dei Collegi non solo il dissenso tra le parti (…), ma anche che tale dissenso si manifesti in una specifica contestazione”). Nel merito, l’intermediario eccepiva l’infondatezza del ricorso sia con riferimento alla revoca dell’affidamento (che, secondo l’intermediario, sarebbe legittima in quanto la società ricorrente, nel corso del 2015 e del 2016, avrebbe effettuato operazioni di trasferimento d’azienda che avrebbero alterato la sua situazione patrimoniale e che non sarebbero state comunicate alla banca ed inoltre la situazione finanziaria del Gruppo di appartenenza sarebbe peggiorata), che con riferimento alla richiesta documentale (in quanto l’intermediario avrebbe trasmesso, unitamente alle controdeduzioni, copia del contratto di conto corrente e copia della lettera datata 20.09.2017 mediante la quale
venivano trasmessi alla ricorrente gli estratti conto relativi agli ultimi 10 anni). Inoltre, l’intermediaro eccepiva che la società ricorrente era stata informata di volta in volta delle condizioni vigenti senza che avesse mai lamentato la mancata ricezione e senza che avesse esercitato il diritto di recesso.
L’intermediario concludeva, pertanto, chiedendo che il ricorso fosse dichiarato inammissibile con riferimento alla domanda intesa all’accertamento del debito e fosse rigettato per il resto siccome infondato.
DIRITTO
Circa la domanda di accertamento della “debenza di eventuali crediti”.
Questo Collegio ritiene fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso nella parte in cui si richiede all’ABF di accertare la correttezza dei calcoli effettuati dall’intermediario relativamente alla posizione debitoria nel tempo maturata dalla società ricorrente. Infatti, la società ricorrente non fornisce alcuna prova dell’asserita illegittima quantificazione da parte dell’intermediario della somma richiesta in restituzione, pari all’importo di euro 59.936,03, nonostante le sia stata comunicata dall’intermediario copia degli estratti conto relativi agli ultimi dieci anni. In particolare, la società ricorrente non offre neppure alcun inizio di prova circa la lamentata applicazione di interessi oltre soglia e di commissioni non pattuite contrattualmente, nonché su asserite capitalizzazioni trimestrali degli interessi passivi.
A ciò si deve poi aggiungere in via dirimente che, stante la natura esclusivamente documentale dell’istruttoria dinnazi all’Arbitro, non è in alcun modo possibile all’ABF verificare le doglianze generiche formulate dalla ricorrente circa l’effettiva debenza del credito vantato dall’intermediario nei suoi confronti, né potrebbe soccorrere a tal fine la documentazione contrattuale trasmessa dall’intermediario in sede di controdeduzioni, stante l’eccessiva genericità con cui è formulata la contestazione. Si tratta, pertanto, di una richiesta esplorativa, come tale inammissibile, in quanto implicherebbe lo svolgimento di attività consulenziale invece preclusa all’ABF. Anche recentemente questo Collegio ha affermato che lo svolgimento di attività consulenziale “è estranea alle competenze dell’ABF. Si veda, la decisione n. 10808/16 del Collegio di Napoli, che ha chiarito come lo “svolgimento di una funzione di tipo consulenziale [sia] estranea agli scopi ed alle funzioni dell’ABF, il quale è organo chiamato a dirimere controversie sulla base di fatti dedotti e provati e non già a rilasciare pareri o rendere servizi di natura consulenziale ai ricorrenti (e v., ex multis, ABF Napoli, nn. 3761/2015, 6836/2015 e 6767/2015; ABF Roma, n.
522/2015; ABF Milano, nn. 1897/2014 e 4404/2015)” (cfr. in tal senso il Collegio di Bologna, con la decisione n. 5230/17, Pres. Marinari).
Circa la contestata legittimità del recesso della banca dal contratto di apertura di credito. Parte ricorrente ha chiesto all’Arbitro di “verificare la legittimità/liceità del recesso adoperato dalla Banca” senza null’altro argomentare salvo che, al momento in cui è stata comunicata la revoca dell’affidamento sul x/x x. *000 (xxxxxxx del 19.01.2017), l’esposizione debitoria sarebbe stata comunque inferiore rispetto all’accordato.
L’intermediario, in sede di controdeduzioni, ha eccepito l’infondatezza di siffatta doglianza, argomentando che il recesso non è stato né arbitrario, né improvviso, avendo, fra l’altro, contattato in precedenza diverse volte l’affidato per una composizione bonaria della sua esposizione debitoria ed avendogli comunque concesso un preavviso di 60 giorni ai fini del rientro. E’, peraltro, la stessa società ricorrente ad allegare la missiva, datata 19.01.2017, con la quale l’intermediario comunicava la revoca dell’affidamento “decorso il termine di 60 giorni dalla ricezione della (…) comunicazione”.
In materia di recesso dal contratto di apertura di credito bancario, l’art. 1845 c.c. (rubricato Recesso dal Contratto) prevede che, in caso di apertura di credito a tempo determinato, “Salvo patto contrario, la banca non può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se non per giusta causa. Il recesso sospende immediatamente l'utilizzazione del
credito, ma la banca deve concedere un termine di almeno quindici giorni per la restituzione delle somme utilizzate e dei relativi accessori. Se l'apertura di credito è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni”.
Con riferimento alle “operazioni a tempo indeterminato” anche l’ art. 1855 c.c. dispone che: “Se l’operazione regolata in conto corrente è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, dandone preavviso nel termine stabilito dagli usi o, in mancanza, entro quindici giorni”.
Nel caso in esame, l’art. 6 delle condizioni generali del contratto di conto corrente, prodotto dall’intermediario, prevede che “(…) Le aperture di credito che la Banca ritenesse eventualmente di concedere al Correntista sono soggette alle seguenti statuizioni: (…) c) la Banca ha facoltà di recedere in qualsiasi momento dall’apertura di credito, ancorché concessa a tempo determinato, nonché di ridurla o di sospenderla; per il pagamento di quanto dovuto sarà dato al correntista un preavviso non inferiore ad un giorno (…). La Banca dà immediata comunicazione scritta al cliente della riduzione, sospensione o recesso dall’apertura di credito (…) d) In ogni caso il recesso ha l’effetto di sospendere immediatamente l’utilizzo del credito concesso”.
A meno che il contratto di apertura di credito non abbia espressamente derogato a questa previsione contenuta nelle condizioni generali del contratto di conto corrente (ma il contratto di apetura di credito non è stato prodotto), si deve ritenere che, per espressa pattuizione contrattuale, così come é consentito dallo stesso art. 1845 c.c. il cui incipit ne esplicita il tenore dispositivo, le parti abbiano convenuto che, a prescindere dalla durata del contratto di apertura di credito, e dunque sia nei rapporti a tempo indeterminato che, in deroga all’art. 1845, comma 1 c.c., nei rapporti a tempo determinato, alla banca fosse attribuito un diritto potestativo di recesso unilaterale ad nutum, i.e. a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa di recesso, con l’unico onere di concedere alla controparte il preavviso di un giorno, mentre nel caso di specie è stato accordato un termine di sessanta giorni.
La banca ha successivamente chiarito che tale decisione è stata motivata dalla circostanza che la ricorrente non avrebbe comunicato alla banca alcune operazioni di trasferimento d’azienda effettuate nel 2015 e nel 2016 nonché da una valutazione deteriore del merito creditizio del gruppo familiare cui la società ricorrente appartiene, che come tale è insindacabile dall’ABF, salvo il controllo sulle modalità di esercizio del recesso che, ove improvviso ed arbitrario, potrebbe risultare abusivo e dunque integrare un fatto illecito.
La giurisprudenza dell’ABF ha un orientamento consolidato “secondo cui, ferma restando la valutazione imprenditoriale della banca in tema di meritevolezza del credito, la condotta di un intermediario in tema di concessione, revoca o rinegoziazione del credito, è vincolata al rispetto dei canoni generali di buona fede e correttezza che devono improntare la condotta della banca nelle relazioni con la propria (anche potenziale) clientela (cfr., ad es., ABF Milano, nn. 1172/2016 e 3105/2013). Tale orientamento si colloca nel solco dell’indirizzo della giurisprudenza di legittimità per il quale: “Qualora un contratto preveda il diritto di recesso "ad nutum" in favore di una delle parti, il giudice del merito non può esimersi, per il semplice fatto che i contraenti hanno previsto espressamente quella clausola in virtù della loro libertà e autonomia contrattuale, dal valutare se l'esercizio di tale facoltà sia stato effettuato nel pieno rispetto delle regole di correttezza e di buona fede cui deve improntarsi il comportamento delle parti del contratto. La mancanza della buona fede in senso oggettivo, espressamente richiesta dagli art. 1175 e 1375 c.c. nella formazione e nell'esecuzione del contratto, può rivelare, infatti, un abuso del diritto, pure contrattualmente stabilito, ossia un esercizio del diritto volto a conseguire fini diversi da quelli per i quali il diritto stesso è stato conferito. Conseguenzialmente, accertato l'abuso,
può sorgere il diritto al risarcimento dei danni subiti. Tale sindacato, da parte del giudice di merito, deve pertanto essere esercitato in chiave di contemperamento dei diritti e degli interessi delle parti in causa, in una prospettiva anche di equilibrio e di correttezza dei comportamenti economici” (Cass. civ., sez. III, 18.9.2009, n. 20106). Tanto rammentato, va però rilevato che, nel caso di specie – per quanto, in assenza di controdeduzioni dell’intermediario, non sia possibile ricostruire con esattezza i termini della vicenda –, l’assunto intorno al quale ruota la narrazione del ricorrente non è in alcun modo provato (…)”.
Nel caso all’esame di questo Collegio, come si evince dalla missiva prodotta dalla stessa ricorrente, l’intermediario, conformemente alla previsione di cui all’art. 6 delle condizioni generali del contratto di conto corrente, ha comunicato il proprio recesso dal contratto di apertura di credito bancario accordando un preavviso di 60 giorni (“il predetto affidamento deve ritenersi revocato decorso il termine di sessanta giorni dalla ricezione della presente comunicazione”), superiore a quello previsto dal contratto, il che vale ad eslcudere che si sia trattato di un recesso improvviso, anche in considerazione di quanto argomentato dall’intermediario, non contestato dalla ricorrente, circa gli incontri precedenti finalizzati ad una chiusura bonaria dell’esposizione debitoria dell’affidato.
Si deve poi eslcudere che il recesso sia stato nel caso di specie un atto capriccioso ed arbitrario, atteso che l’intermediario ha dichiarato, nelle controdeduzioni, che “alla decisione di revoca della facilitazione hanno concorso due motivi: 1) la ricorrente, che ha come core-business la gestione della struttura alberghiera […] nel corso del 2015 e del 2016 ha effettuato operazioni di trasferimento di azienda, come risulta dalla visura CCIAA (all. 2) che hanno alterato la sua situazione patrimoniale e che non sono stati comunicati alla banca; 2) il peggioramento della situazione finanziaria del gruppo di appartenenza”. Dell’effettivo compimento delle suddette operazioni straordinarie l’intermediario fornisce prova allegando una visura storica della società dalla quale risulta, altresì, che i citati contratti di affitto di ramo d’azienda sono stati poi risolti rispettivamente a marzo e a luglio 2017, vale a dire solo in seguito alla revoca dell’affidamento.
Fermo restando che l’Arbitro non può sindacare la valutazione del merito creditizio sulla base della quale una banca decida di revocare un fido ad un proprio cliente (in quanto tale valutazione rientra nell’esclusiva competenza dell’intermediario), da quanto acquisito agli atti non emergono evidenze di alcun abuso del diritto di recesso esercitato dalla banca, peraltro con modalità più favorevoli al cliente di quelle previste in contratto.
Questo Xxxxxxxx ritiene, pertanto, che la domanda della ricorrente, intesa all’accertamento dell’illegittimità del recesso esercitato dalla banca, non possa, nel caso di specie, essere accolta in quanto infondata, e comunque non provata, fermo che la ricorrente non svolge alcuna domanda di tipo risarcitorio a questo titolo.
Nello stesso senso si richiama un precedente del Collegio di Roma che, con la decisione
n. 1854/17, ha ribadito ancora una volta che l’ABF “non può sindacare il comportamento di una banca che decida di revocare un fido ad un proprio cliente, in quanto tale decisione attiene alla valutazione del merito creditizio di completa competenza dell’intermediario
che eroga credito”, ed ha, altresì, escluso che possa considerarsi censurabile e/o abusiva la condotta della banca che risulti pienamente conforme alle previsioni contrattuali: “Infatti, il contratto sottoscritto dalle parti conferisce all’intermediario la facoltà di recedere immediatamente dal medesimo contratto con il preavviso di un giorno per la restituzione della somma finanziata. Considerato ciò, il ricorrente lamenta, nella fase esecutiva del contratto, un comportamento abusivo o illegittimo della controparte che, al contrario, è posto in essere in attuazione del medesimo senza che le doglianze in questione fossero state sollevate nella fase di stipulazione dell’accordo. In ragione di ciò si ritiene che la banca abbia operato legittimamente (…)”.
La valutazione della segnalazione in C.R.
Parte ricorrente chiede, altresì, di “verificare la legittimità/liceità (…) delle segnalazioni conseguenti”, riferendosi alla sua segnalazione a sofferenza in C.R.
L’intermediario conferma di aver segnalato a sofferenza la posizione della società ricorrente in C.R. della Banca d’Italia nel luglio del 2017, e riferisce che, in seguito al bonifico della somma di euro 59.619,85 effettuato dalla società ricorrente in data 16.08.2017, avrebbe interrotto la segnalazione con decorrenza dal mese di agosto 2017. Così si legge nella risposta dell’intermediario dd. 18 ottobre 2017 all’esposto presentato dalla ricorrente a Banca d’Italia (all. 6 alle controdeduzioni).
Parte ricorrente, nel chiedere di “verificare la legittimità/liceità (…) delle segnalazioni conseguenti”, pare voler contestare la mancanza, nel caso in esame, sia del presupposto formale (preavviso) che del presupposto sostanziale (stato di insolvenza) della segnalazione a sofferenza.
Quanto alla sussistenza del presupposto formale, la normativa di riferimento (Circolare n. 139/1991 di Banca, Cap. 1, sez. 1(4), prevede che: «Gli intermediari devono informare per iscritto il cliente e gli eventuali coobbligati (garanti, soci illimitatamente responsabili) in occasione della prima segnalazione a sofferenza. Il cliente consumatore, ai sensi dell’articolo 125 del T.U.B., va informato quando, per la prima volta, viene classificato “negativamente” (ossia quando si evidenzia un inadempimento persistente o una sofferenza); tale informativa deve essere preventiva, cioè va trasmessa prima dell’invio della prima segnalazione “negativa”. Per garantire l’inoltro delle segnalazioni nei termini previsti, l’intermediario può – se necessario previa integrazione del contratto di finanziamento – preavvertire il debitore/consumatore anche attraverso l’uso di mezzi elettronici o telematici, quali ad esempio mail o sms, che consentano il tempestivo e sicuro recapito dell’informazione. La comunicazione preventiva è volta a garantire la trasparenza nel rapporto con il cliente, non può essere strumentale alla più agevole riscossione del credito da parte dell’intermediario segnalante, né può essere utilizzata per sollecitare il debitore ad adempiere».
Dalla documentazione agli atti risulta che nella missiva del 19.01.2017, contenente la revoca dell’apertura di credito, l’intermediario comunicava alla ricorrente la possibile imminente segnalazione. Tale missiva è stata prodotta dalla stessa società istante.
L’intermediario, nelle controdeduzioni e nella lettera di risposta all’esposto inoltrata anche a Banca d’Italia, afferma di aver segnalato a sofferenza la società ricorrente a luglio del 2017, quindi in seguito al preavviso.
Questo Collegio ritiene, pertanto, che nel caso di specie risulti rispettato il presupposto formale di legittimità della segnalazione a sofferenza in Centrale dei Rischi.
Il Collegio ritiene, invece, che non ricorresse nel caso di specie il presupposto sostanziale richiesto dalla normativa di riferimento ai fini della segnalazione a sofferenza in Centrale dei Rischi. Infatti, il Cap. II, sez. II, § 1.5, della Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia, XV aggiornamento del giugno 2016, applicabile ratione temporis, stabilisce che “nella categoria di censimento sofferenze va ricondotta l’intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall’intermediario (…). L’apposizione a sofferenza implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva sitazione finanziaria del cliente e non può originare automaticamente al verificarsi di singoli specifici eventi quali, ad esempio, uno o più ritardi nel pagamento del debito o la contestazione del credito da parte del debitore (…)”.
Secondo la giurisprudenza dell’ABF «(…) la segnalazione trova il suo necessario presupposto sostanziale in una situazione di grave e non transitoria difficoltà del debitore, riconducibile alla nozione di insolvenza, che il segnalando, anche se tempestivamente informato, non avrebbe possibilità di eliminare in breve volgere di tempo (in termini,
Collegio di Roma, decisione n. 1452/13)». (così Collegio di Roma, decisione n. 3140/16; nello stesso senso Collegio di Roma, decisione n. 1927/17).
Allo stesso modo, secondo la Suprema Corte di Cassazione, sentenza n. 7958/09, «(…) la segnalazione a sofferenza non può (...) scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento, ma deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione di insolvenza (…) ciò che rileva è la situazione “oggettiva” di incapacità finanziaria».
Nel caso all’esame di questo Collegio né parte ricorrente né l’intermediario hanno versato in atti la visura C.R. dalla quale poter verificare la correttezza delle affermazioni dell’intermediario (circa il quando ed il motivo – accordato/utilizzato - della segnalazione, e circa il quando dell’interruzione della stessa). Tuttavia risulta incontestata sia la circostanza della segnalazione a sofferenza della società ricorrente in CR nel luglio 2017 che la circostanza per cui tale segnalazione sarebbe stata interrotta nell’agosto 2017, dopo che la società segnalata ha estinto la propria posizione debitoria sul c/c con un bonifico dell’importo di euro 59.936,03 euro. La celerità con la quale la ricorrente ha provveduto ad azzerare il proprio debito, parrebbe far propendere per la non sussistenza, nel caso in esame, di uno stato di insolvenza. Inoltre, lo stesso intermediario, nelle proprie controdeduzioni, confessoriamente dichiara che “nel luglio 2017 la posizione veniva segnalata a sofferenza in Centrale dei Rischi Banca d’Italia stante la situazione di difficoltà economica e l’inerzia della società che non si attivava per il ripianamento della propria esposizione”.
E’ evidente che una “situazione di difficoltà economica” non ha di per sé quei connotati di gravità e di non transitorietà che connotano l’insolvenza, quantunque non conclamata, che costituisce il presupposto sostanziale della segnalazione a sofferenza in Centrale dei Rischi. Né a fortiori, la mera “inerzia” nel pagamento del debito può integrare il presupposto di legittimità della suddetta segnalazione.
In conclusione, conformemente al proprio consolidato orientamento, questo Collegio non può che accertare la mancanza, nel caso di specie, dei presupposti normativi della segnalazione a sofferenza la quale, pertanto, allo stato degli atti sottoposti al Collegio, risulta illegittima. Peraltro, parte ricorrente, anche con riferimento a tale doglianza, non ha chiesto una tutela di tipo risarcitorio, limitandosi a sollecitare l’Arbitro a verificare la legittimità della segnalazione. E’, peraltro, incontestato che la suddetta segnalazione è stata interrotta il mese successivo, cosicchè non vi sarebbe neppure luogo ad una pronuncia ripristinatoria qual è l’ordine di cancellazione.
Richiesta documentale ex art. 119 TUB.
La ricorrente lamenta, infine, la mancata trasmissione della documentazione contrattuale richiesta in sede di reclamo (contratto di conto corrente; contratto di apertura di credito; successive eventuali vaiazioni contrattuali intervenute nel corso del rapporto; estratti contabili trimestrali dall’inizio del rapporto sino ad oggi; tutta la documentazione di tempo in tempo sottoscritta dal l.r.p.t. della società correntista e da eventuali garanti).
Come è noto, l’art 119, quarto comma TUB, stabilisce che: “Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione”.
Le Disposizioni di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e Finanziari del 29.7.2009, emanate dalla Banca d’Italia, alla Sez. IV, par. 4, Richiesta di documentazione su singole operazioni, prevedono, inoltre, che: «Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di
ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni dalla richiesta, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Gli intermediari indicano al cliente, al momento della richiesta, il presumibile importo delle relative spese».
La richesta riferita al contratto di conto corrente di corrispondenza sembra essere stata soddisfatta dall’intermediario, che ne ha allegata una copia alle proprie controdeduzioni, sia pure non recante il numero identificativo del conto corrente di cui si tratta.
Sembra essere stata del pari soddisfatta la richiesta di ricevere gli “estratti contabili trimestrali dall’inizio del rapporto ad oggi”, in quanto l’intermediario ha allegato alle controdeduzioni copia di una missiva del 20.09.2017 inviata al ricorrente, mediante la quale avrebbe trasmesso quanto richiesto con riferimento agli ultimi 10 anni di rapporto (come previsto dall’art. 119 TUB). Parte ricorrente nulla ha replicato sul punto.
Non risultano, invece, essere state soddisfatte le pur legittime richieste riferite al “contratto di apertura del conto affidamento bancario” e alle “successive eventuali variazioni intervenute”.
Questo Xxxxxxxx ritiene, pertanto, che la domanda intesa ad ordinare all’intermediario di consegnare copia del contratto di apertura di credito e delle successive eventuali variazioni meriti accoglimento.
Quanto alla richiesta della ricorrente di ricevere “tutta la documentazione di tempo in tempo sottoscritta dal legale rappresentante della società correntista e da eventuali garanti”, si tratta di domanda eccessivamente generica.
Seppur consapevoli dell’esistenza dell’orientamento arbitrale che ritiene sufficiente una richiesta documentale ex art. 119 TUB anche se non specificatamente circoscritta (cfr. ex multis, seppur in materia di istanza ex art. 119 TUB presentata dai successori mortis causa del cliente, la decisione del Collegio di Milano n. 720/2016: “va riconosciuto il diritto del ricorrente di acquisire copia delle movimentazioni inerenti a tutte le operazioni del periodo rispetto al quale il richiedente sia concretamente interessato, nel rispetto del limite temporale decennale e senza alcun onere per lo stesso di indicare specificamente gli estremi del rapporto a cui la documentazione medesima si riferisce, essendo sufficiente che l’interessato fornisca alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentirle di individuare i documenti richiesti (Coll. Centro, 2/08/2013 n. 4219; Cass. 12/05/2006, n.
11004), a maggior ragione qualora si tratti di ricostruire una situazione pregressa ignota al successore e della quale non è stato parte (cfr. Coll. Centro, 2/08/2013 n. 4219; Cass.
22/05/1997, n. 4598”), si ritiene tuttavia che la sopracitata istanza, così come formulata, risulti obiettivamente inidonea a consentire all’intermediario un pieno soddisfacimento.