Contract
17.6.14 h. 18.30
Art. ….
(Credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi)
1. Ai soggetti titolari di reddito d’impresa che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi compresi nella divisione 28 della tabella ATECO, di cui al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 16 novembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 296 del 21 dicembre 2007, destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 30 giugno 2015, è attribuito un credito d’imposta nella misura del 15 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media degli investimenti in beni strumentali compresi nella suddetta tabella realizzati nei cinque periodi di imposta precedenti, con facoltà di escludere dal calcolo della media il periodo in cui l'investimento è stato maggiore.
2. Il credito d’imposta si applica anche alle imprese in attività alla data di entrata in vigore del presente decreto legge, anche se con un'attività d'impresa inferiore ai cinque anni. Per tali soggetti la media degli investimenti in beni strumentali nuovi compresi nella divisione 28 della tabella ATECO da considerare è quella risultante dagli investimenti realizzati nei periodi d'imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto legge o a quello successivo, con facoltà di escludere dal calcolo della media il periodo in cui l'investimento è stato maggiore. Per le imprese costituite successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto legge il credito d’imposta si applica con riguardo al valore complessivo degli investimenti realizzati in ciascun periodo d’imposta.
Il credito d’imposta non spetta per gli investimenti di importo unitario inferiore a 10.000 euro.
3.
4. Il credito d’imposta va ripartito nonché utilizzato in tre quote annuali di pari importo e indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di riconoscimento del credito e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta successivi nei quali il credito è utilizzato. Esso non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni. Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni e non è soggetto al limite di cui al comma 53 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. La prima quota annuale è utilizzabile a decorrere dal 1° gennaio del secondo periodo di imposta successivo a quello in cui è stato effettuato l’investimento. I fondi occorrenti per la regolazione contabile delle compensazioni esercitate ai sensi del periodo precedente sono stanziati su apposito capitolo di spesa nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per il successivo trasferimento sulla contabilità speciale n. 1778 "Agenzia delle Entrate - Fondi di bilancio.
5. I soggetti titolari di attività industriali a rischio di incidenti sul lavoro, individuate ai sensi del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, come modificato dal decreto legislativo 21 settembre 2005, n. 238, possono usufruire del credito d’imposta solo se è documentato l'adempimento degli obblighi e delle prescrizioni di cui al citato decreto.
6. Il credito d’imposta è revocato:
a) se l'imprenditore cede a terzi o destina i beni oggetto degli investimenti a finalità estranee all'esercizio di impresa prima del secondo periodo di imposta successivo all'acquisto;
b) se i beni oggetto degli investimenti sono trasferiti, entro il termine di cui all’articolo 43, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in strutture produttive situate al di fuori dello Stato, anche appartenenti al soggetto beneficiario dell’agevolazione.
7. Il credito d’imposta indebitamente utilizzato ai sensi del comma 6 è versato entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sui redditi dovuta per il periodo d’imposta in cui si verificano le ipotesi ivi indicate.
8. Qualora, a seguito dei controlli, si accerti l’indebita fruizione, anche parziale, del credito d’imposta per il mancato rispetto delle condizioni richieste dalla norma ovvero a causa dell’inammissibilità dei costi sulla base dei quali è stato determinato l’importo fruito, l’Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge.
9. Agli oneri derivanti dal presente articolo, valutati in 204 milioni per il 2016, 408 milioni per gli anni 2017 e 2018, e 204 milioni per l’anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione della quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020, di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al presente articolo. Nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, provvede alla riduzione della dotazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione in modo da garantire la compensazione degli effetti dello scostamento finanziario riscontrato, su tutti i saldi di finanza pubblica e, conseguentemente, il CIPE provvede alla riprogrammazione degli interventi finanziati a valere sul Fondo. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all'adozione delle misure di cui al precedente periodo
Relazione illustrativa (Credito d’imposta investimenti produttivi)
L’art. .. del decreto legge rubricato, “Credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi”, introduce un credito d’imposta nella misura del 15 per cento del valore degli investimenti in beni strumentali nuovi (macchinari e apparecchiature) compresi nella divisione 28 della tabella ATECO 2007, realizzati dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 30 giugno 2015 in eccedenza rispetto alla media aritmetica degli investimenti in beni strumentali compresi nella suddetta tabella realizzati nei cinque periodi di imposta precedenti, con facoltà di escludere dal calcolo della media il periodo in cui l'investimento è stato maggiore.
L’agevolazione riguarda tutti i soggetti residenti nel territorio dello Stato titolari di reddito d’impresa, indipendentemente dalla natura giuridica, dalla dimensione e dal settore produttivo di appartenenza degli stessi, nonché dall’adozione di particolari regimi d’imposta o contabili. L’agevolazione si applica anche alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti.
Gli investimenti che danno diritto al credito d’imposta sono esclusivamente quelli compresi nella divisione 28 della tabella ATECO 2007. Dagli investimenti agevolabili sono esclusi quelli d'importo inferiore a 10.000 euro. L’agevolazione non spetta per gli investimenti in beni a qualunque titolo già utilizzati.
Per le imprese che hanno iniziato l’attività da meno di cinque anni la media aritmetica degli investimenti in beni strumentali compresi nella divisione 28 della tabella ATECO che rileva ai fini dell’agevolazione è quella risultante dagli investimenti realizzati in tutti i periodi di imposta precedenti a quello di applicazione della norma agevolativa, con esclusione, anche in questo caso, del valore più alto.
Possono usufruire dell’agevolazione anche i soggetti che iniziano l’attività d’impresa nel periodo che va dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 30 giugno 2015.
Le imprese che hanno iniziato o inizieranno l’attività nel corso del 2014, nonché quelle che inizieranno l’attività nel 2015, potranno beneficiare dell’agevolazione nello stesso esercizio, anche in assenza di un periodo di imposta su cui operare il confronto, per il valore complessivo degli investimenti realizzati nel periodo agevolato in ciascun periodo d’imposta.
L’imputazione degli investimenti al periodo di vigenza dell’agevolazione segue le regole generali della competenza previste dall’articolo 109, commi 1 e 2, del Tuir.
Il credito d’imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo ed è fruito esclusivamente in compensazione in sede di versamento dei tributi e contributi in F24.
Il diritto alla fruizione dell’incentivo fiscale è vincolato alla circostanza che i beni oggetto dell’investimento agevolato siano mantenuti nell’impresa per il periodo di tempo indicato nel comma 7; l’agevolazione è, pertanto, revocata se l’imprenditore cede a terzi o destina i beni oggetto degli investimenti a finalità estranee all’esercizio di impresa prima del secondo periodo di imposta successivo all’acquisto.
L’agevolazione è, inoltre, subordinata all’utilizzo del bene agevolato in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato. L’agevolazione è revocata se i beni oggetto degli investimenti sono trasferiti, entro il termine di cui all’articolo 43, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.
600, in strutture produttive situate al di fuori dello Stato, anche appartenenti al soggetto beneficiario dell’agevolazione.
Effetti di gettito
Ai fini della valutazione degli effetti di gettito conseguenti l’introduzione della norma che prevede un credito di imposta nella misura del 15% degli investimenti in macchinari e apparecchiature che abbiano costo unitario inferiore ad euro 10.000, si è proceduto partendo dagli effetti economici e fiscali emersi dalla valutazione quantitativa ex-post dell’agevolazione introdotta dall’articolo 5 del DL 78/2009, cd Tremonti- ter, in forza delle analogie nei confronti delle tipologie dei beni agevolabili, seppur con la limitazione del valore, ovvero quelli prodotti dal settore Istat-Ateco 28 (“fabbricazione di macchinari e apparecchiature nca”), e, contemporaneamente, dalle risultanze dell’analisi della agevolazione della legge 383/2001 (nota come Tremonti-bis); dal punto di vista applicativo la proposta normativa rispecchia difatti l’analoga agevolazione in vigore nel 2001-2002, difatti considera agevolabili, con la concessione del suddetto credito di imposta, gli investimenti eccedenti la media dell’ultimo quinquennio con la facoltà di escludere il periodo in cui l’investimento è stato maggiore.
Per la definizione dell’ammontare degli investimenti oggetto dell’agevolazione si è fatto ricorso alle risultanze ex-post prodotte dalla Tremonti-ter nei due semestri di applicazione della norma, 2009 e 2010. Dalla dichiarazioni Unico 2010 e 2011 il valore dei beni agevolati complessivi è risultato pari a 22,3 miliardi di euro. Tale importo è stato attualizzato secondo le rilevazioni effettuate dall’Istat, che hanno mostrato una flessione del 10,61 per cento per il periodo 2011-2013, generando di conseguenza un importo degli investimenti stimato in circa 20 miliardi di euro annui.
Poiché la norma rende agevolabili gli investimenti eccedenti la media dei cinque anni precedenti, eventualmente escluso il più elevato, si è proceduto ad individuare tale ammontare sulla base delle risultanze dichiarative dell’analoga agevolazione del 2001-2002; in considerazione della attuale contingenza economica e delle difficoltà di accesso al credito, in definitiva sono stati considerati i 2/3 degli investimenti complessivi quale quota degli investimenti agevolabili cui verrebbe applicata la prevista aliquota del 15% per la definizione del credito. Inoltre, è stato effettuato un abbattimento degli investimenti di 1/3 per tener conto dei beni di valore unitario inferiore a 10.000€.
Conseguentemente sono stati stimati 8,2 miliardi di euro di beni agevolabili per il periodo 2014-2015, ripartito equamente nei due semestri di applicazione.
Di seguito si evidenziano gli effetti di gettito complessivi della disposizione:
CASSA | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | 2020 |
Credito di imposta 2014 | - 204 | - 102 | - 102 | ||||
Credito di imposta 2015 | - 306 | - 306 | - 204 | ||||
TOTALE | - 204 | - 408 | - 408 | - 204 |
Milioni di euro
Relazione tecnica (Credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi)
La disposizione prevede che a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 30 giugno 2015 ai soggetti titolari di reddito d’impresa che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi compresi nella divisione 28 della tabella ATECO è attribuito un credito d’imposta nella misura del 15 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media degli investimenti in beni strumentali compresi nella suddetta tabella realizzati nei cinque periodi di imposta precedenti, con facoltà di escludere dal calcolo
della media il periodo in cui l'investimento è stato maggiore. Il credito d’imposta non spetta per gli investimenti di importo unitario inferiore a 10.000 euro e va ripartito nonché utilizzato in tre quote annuali di pari importo.
Ai fini della valutazione degli effetti finanziari si è proceduto partendo dagli effetti economici e fiscali emersi dalla valutazione quantitativa ex-post dell’agevolazione introdotta dall’articolo 5 del DL 78/2009, cd Tremonti-ter, in forza delle analogie nei confronti delle tipologie dei beni agevolabili, seppur con la limitazione del valore, ovvero quelli prodotti dal settore Istat-Ateco 28 (“fabbricazione di macchinari e apparecchiature nca”), e, contemporaneamente, dalle risultanze dell’analisi della agevolazione della legge 383/2001 (nota come Tremonti-bis); dal punto di vista applicativo la proposta normativa rispecchia difatti l’analoga agevolazione in vigore nel 2001-2002, difatti considera agevolabili, con la concessione del suddetto credito di imposta, gli investimenti eccedenti la media dell’ultimo quinquennio con la facoltà di escludere il periodo in cui l’investimento è stato maggiore.
Per la definizione dell’ammontare degli investimenti oggetto dell’agevolazione si è fatto ricorso alle risultanze ex-post prodotte dalla Tremonti-ter nei due semestri di applicazione della norma, 2009 e 2010. Dalla dichiarazioni Unico 2010 e 2011 il valore dei beni agevolati complessivi è risultato pari a 22,3 miliardi di euro. Tale importo è stato attualizzato secondo le rilevazioni effettuate dall’Istat, che hanno mostrato una
flessione del 10,62 per cento per il periodo 2011-2013, generando di conseguenza un importo degli
investimenti stimato in circa 20 miliardi di euro annui.
Poiché la norma rende agevolabili gli investimenti eccedenti la media dei cinque anni precedenti, eventualmente escluso il più elevato, si è proceduto ad individuare tale ammontare sulla base delle risultanze dichiarative dell’analoga agevolazione del 2001-2002; in considerazione della attuale contingenza economica e delle difficoltà di accesso al credito, in definitiva sono stati considerati i 2/3 degli investimenti complessivi quale quota degli investimenti agevolabili cui verrebbe applicata la prevista aliquota del 15% per la definizione del credito. Inoltre, è stato effettuato un abbattimento degli investimenti di 1/3 per tener conto dei beni di valore unitario inferiore a 10.000€.
Conseguentemente sono stati stimati 8,2 miliardi di euro di beni agevolabili per il periodo 2014-2015, ripartito equamente nei due semestri di applicazione.
Di seguito si evidenziano gli effetti di gettito complessivi della disposizione:
2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | 2020 | |
Credito di imposta 2014 | 0 | 0 | -204 | - 204 | - 204 | 0 | 0 |
Credito di imposta 2015 | 0 | 0 | 0 | - 204 | - 204 | - 204 | 0 |
TOTALE | 0 | 0 | - 204 | - 408 | - 408 | - 204 | 0 |
in milioni di euro
Art.
(Modifiche alla disciplina ACE)
1. All’articolo 1 del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: “2-bis. Per le società le cui azioni sono quotate in mercati regolamentati di Stati membri della UE o aderenti allo Spazio Economico Europeo, per il periodo di imposta di ammissione ai predetti mercati e per i due successivi, la variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura di ciascun esercizio precedente a quelli in corso nei suddetti periodi d'imposta è incrementata del 40 per cento. Per i periodi d’imposta successivi la variazione in aumento del capitale proprio è determinata senza tenere conto del suddetto incremento.";
b) al comma 4, dopo le parole “periodi d’imposta successivi” sono aggiunte le seguenti: “ovvero si può fruire di un credito d’imposta applicando alla suddetta eccedenza le aliquote di cui agli articoli 11 e 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Il credito d’imposta è utilizzato in diminuzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, e va ripartito in cinque quote annuali di pari importo.”.
2. Le disposizioni di cui al comma 1, lettera a), si applicano alle società la cui ammissione alla quotazione avviene dalla data di entrata in vigore del presente decreto e sono subordinate alla preventiva autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea richiesta a cura del Ministero dello Sviluppo Economico. La disposizione di cui al comma 1, lettera b), ha effetto a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014.
3. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 27,3 milioni nel 2015, 55,0 milioni nel 2016, 85,3 milioni nel 2017, 112,3 milioni nel 2018, 140,7 milioni nel 2019, 146,4 milioni nel 2020 e 148,3 milioni a decorrere dal 2021, si provvede come segue:
a) mediante riduzione della quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione,
programmazione 2014-2020, di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per
l’importo di 27,3 milioni nel 2015, 55,0 milioni nel 2016, 85,3 milioni nel 2017 e 112,3 milioni nel 2018;
b) mediante aumento, a decorrere dal 1° gennaio 2019, disposto con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli da adottare entro il 30 novembre 2018, dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, di cui all'allegato I del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 140,7 milioni nel 2019, a 146,4 milioni nel 2020 e a 148,3 milioni a decorrere dal 2021; il provvedimento è efficace dalla data di pubblicazione sul sito internet dell'Agenzia.
Relazione illustrativa (ACE)
Al fine di incentivare gli investimenti in capitale di rischio correlati alla quotazione in mercati regolamentati, il comma 1, lettera a) reca un potenziamento della disciplina dell’aiuto alla crescita economica (ACE). In particolare, è prevista una maggiorazione del….per cento della variazione in aumento del capitale proprio per le società che vengono ammesse alla quotazione nei mercati regolamentati di Stati membri della UE o aderenti allo Spazio Economico Europeo. La disciplina rileva a regime, per il periodo di imposta in cui avviene l’ammissione alla quotazione e per i due successivi e il potenziamento dell’incentivo è limitato all’incremento che la variazione in aumento del capitale proprio subisce nei periodi d’imposta citati. Resta ferma l’applicazione dell’articolo 11 del D.M. 13 marzo 2012, e, pertanto, la verifica del limite del patrimonio netto andrà effettuata in raffronto alla variazione in aumento del capitale proprio, inclusa la maggiorazione calcolata per i periodi d’imposta agevolabili.
L’incremento del 40 per cento della variazione in aumento del capitale proprio verificatosi nei citati periodi d’imposta non produce effetti negli esercizi successivi. Ne consegue che la variazione in aumento del
capitale proprio da determinarsi negli esercizi successivi a quelli agevolabili dovrà essere ricalcolata come se l’incentivo non avesse mai operato.
La misura si applica alle società la cui ammissione alla quotazione avviene dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Tenuto conto, infine, che la misura è riservata solo a talune imprese, il comma 2 subordina l’efficacia della stessa alla preventiva autorizzazione della Commissione europea al fine della verifica della compatibilità della stessa con il mercato interno.
Il comma 1, lettera b), prevede a regime la facoltà, sia per i soggetti Irpef sia Ires, di fruire di un credito di imposta commisurato all’eccedenza del rendimento nozionale non utilizzato nel periodo di imposta per incapienza del reddito complessivo netto. Il credito d’imposta è fruibile in 5 anni nei limiti dell’IRAP dovuta in ogni esercizio.
La possibilità è prevista a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014, ossia con la presentazione della dichiarazione UNICO 2015.
Per determinare la misura del credito d’imposta i soggetti Ires devono applicare l’aliquota del 27,5% all’eccedenza per la quale rinunciano, di fatto, al riporto a nuovo, optando, appunto, per il regime del credito d’imposta. I soggetti Irpef, invece, avuto riguardo alla modalità di calcolo dell’ACE in dichiarazione, devono applicare le aliquote corrispondenti agli scaglioni di reddito previste dall’articolo 11 del TUIR. In sostanza, calcolano il credito d’imposta nello stesso modo in cui si determina l’Irpef ai sensi dell’articolo 11, distribuendo le eccedenze ACE secondo gli scaglioni di reddito previsti ai fini del calcolo dell’imposta
Relazione tecnica (Modifiche alla disciplina ACE)
La normativa proposta prevede al comma 1:
• lettera a) una agevolazione per le imprese quotate in mercati regolamentati di Stati membri della UE o aderenti allo Spazio Economico Europeo, per il periodo di imposta di ammissione ai predetti mercati e per i due successivi, incrementando del 40% la variazione del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura di ciascun esercizio precedente a quelli in corso nei suddetti periodi d'imposta;
• lettera b) prevede la facoltà a regime di fruire di un credito di imposta commisurato all’eccedenza del rendimento nozionale non utilizzato nel periodo di imposta, spendibile in 5 anni nei limiti dell’IRAP dovuta in ogni esercizio, in luogo del riporto dell’eccedenza stessa a valere sui redditi degli anni successivi.
Comma 1 lettera a)
Ai fini della stima sono stati analizzati i dati indicati nel prospetto ACE del quadro RS dei modelli Unico 2013 Società di capitali e enti commerciali (dati provvisori) e Unico 2012, individuando gli incrementi di capitale intervenuti nel periodo di imposta 2012 relativi alle società quotate; a tali incrementi è stato applicato il moltiplicatore del 40%. Per individuare le società che procederanno alla quotazione è stato ipotizzato prudenzialmente che le imprese in tale condizione rappresentino un importo annuo, in termini di variazione del patrimonio, pari al 10% delle imprese attualmente quotate. Non avendo a disposizione gli esercizi successivi è stato ipotizzato che le imprese che si quotano procederanno negli esercizi successivi ad aumenti di capitale pari al 50% dell’incremento del primo anno. Tutto ciò premesso applicando il moltiplicatore del 40% agli incrementi delle imprese quotate, risulta una perdita di gettito per circa 26,5 milioni di euro il primo anno, circa 30 milioni di euro il secondo anno e 31,5 milioni di euro il terzo, applicando le ipotesi precedentemente indicate (10% nuove quotate e 50% incrementi anni successivi) gli effetti di gettito di competenza si stimano:
Competenza | 2014 | 0000 | 0000 | 0000 | 0000 |
Quotande1 | -2,6 | -1,5 | -1,6 | 0,0 | 0,0 |
Quotande2 | -3,0 | -1,6 | -1,6 | 0,0 | |
Quotande3 | -3,1 | -1,6 | -1,6 | ||
Quotande4 | -3,1 | -1,6 |
Quotande5 Totale | -3,1 | ||||
-2,6 | -4,5 | -6,3 | -6,3 | -6,3 |
in milioni di euro
Di cassa, con un acconto del 75%, l’andamento è il seguente:
Cassa | 0000 | 0000 | 0000 | 0000 |
IRES | -4,6 | -5,8 | -7,7 | -6,3 |
in milioni di euro
Comma 1 lettera b)
La normativa in parola prevede la facoltà a regime di fruire di un credito di imposta commisurato all’eccedenza del rendimento nozionale non utilizzato nel periodo di imposta, spendibile in 5 anni nei limiti dell’IRAP dovuta in ogni esercizio, in luogo del riporto dell’eccedenza stessa a valere sui redditi degli anni successivi.
Società di capitali
Ai fini della stima sono state analizzate le eccedenze ACE non dedotte per i contribuenti fuori da un consolidato fiscale e quelle relative a contribuenti facenti parte di un consolidato fiscale; è stata ipotizzata una convenienza alla trasformazione in credito limitatamente alle eccedenze della prima tipologia di contribuenti in quanto le eccedenze trasferite al gruppo trovano più facilmente capienza nel reddito imponibile di gruppo. Inoltre, per i contribuenti fuori consolidato, prudenzialmente non è stato considerato un recupero di gettito IRES conseguente alle eccedenze trasformate in credito che, a legislazione vigente, avrebbero trovato deducibilità nel reddito imponibile degli esercizi successivi, basandosi sull’ipotesi che il contribuente che decide di trasformare le eccedenze in credito, abbia una aspettativa ridotta di trovare capienza nel reddito imponibile degli esercizi successivi.
Dai dati provvisori Unico 2013 risultano eccedenze per i soggetti interessati per circa 547 milioni di euro che applicando l’aliquota IRES del 27,5% generano un credito massimo per circa 150 milioni di euro, essendo spendibile nei limiti del debito IRAP è stata verificata la capienza di un quinto di tale credito nell’IRAP dell’anno stimando di conseguenza un credito per il 2014 per circa 60 milioni di euro da ripartire in 5 anni per circa 12 milioni di euro annui; per il 2015 applicando l’aliquota ACE prevista del 4,5% le eccedenze sono circa 628 milioni di euro che applicando l’aliquota IRES del 27,5% generano un credito massimo per circa 173 milioni di euro, essendo spendibile nei limiti del debito IRAP è stata verificata la capienza di un quinto di tale credito nell’IRAP dell’anno stimando di conseguenza un credito per il 2015 per circa 68,4 milioni di euro da ripartire in 5 anni per circa 13,7 milioni di euro annui; dal 2016 applicando l’aliquota ACE prevista del 4,75% le eccedenze sono circa 670 milioni di euro che applicando l’aliquota IRES del 27,5% generano un credito massimo per circa 184 milioni di euro, essendo spendibile nei limiti del debito IRAP è stata verificata la capienza di un quinto di tale credito nell’IRAP dell’anno stimando di conseguenza un credito dal 2016 per circa 72,9 milioni di euro da ripartire in 5 anni per circa 14,6 milioni di euro annui;
Società di persone e persone fisiche
Ai fini della stima sono state analizzate le eccedenze ACE non dedotte per i contribuenti società di persone e persone fisiche. Dai dati Unico 2012 risultano eccedenze per i soggetti interessati per circa 345 milioni di euro che applicando la progressività per scaglioni generano un credito massimo per circa 95 milioni di euro, essendo spendibile nei limiti del debito IRAP è stata verificata la capienza di un quinto di tale credito nell’IRAP dell’anno stimando di conseguenza un credito per il 2014 per circa 53 milioni di euro da ripartire in 5 anni per circa 10,8 milioni di euro annui; per il 2015 applicando l’aliquota ACE prevista del 4,5% le eccedenze sono circa 413 milioni di euro che applicando la progressività per scaglioni generano un credito massimo per circa 113,6 milioni di euro, essendo spendibile nei limiti del debito IRAP è stata verificata la capienza di un quinto di tale credito nell’IRAP dell’anno stimando di conseguenza un credito per il 2015 per circa 62,5 milioni di euro da ripartire in 5 anni per circa 12,8 milioni di euro annui; dal 2016
applicando l’aliquota ACE prevista del 4,75% le eccedenze sono circa 450 milioni di euro che applicando la progressività per scaglioni generano un credito massimo per circa 123,8 milioni di euro, essendo spendibile nei limiti del debito IRAP è stata verificata la capienza di un quinto di tale credito nell’IRAP dell’anno stimando di conseguenza un credito dal 2016 per circa 67,5 milioni di euro da ripartire in 5 anni per circa 13,8 milioni di euro annui;
Di cassa, nell’ipotesi di spendibilità del credito dall’anno di imposta successivo a quello rispetto al quale sono maturati, l’andamento è il seguente:
2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | 2020 | 2021 | |
Credito di imposta | -22,7 | -49,2 | -77,6 | -106,0 | -134,4 | -140,1 | -142,0 |
in milioni di euro
Complessivamente gli effetti di gettito si stimano essere i seguenti:
2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | 2020 | 2021 | |
IRES | -4,6 | -5,8 | -7,7 | -6,3 | -6,3 | -6,3 | -6,3 |
Credito di imposta | -22,7 | -49,2 | -77,6 | -106 | -134,4 | -140,1 | -142 |
Totale | -27,3 | -55,0 | -85,3 | -112,3 | -140,7 | -146,4 | -148,3 |
in milioni di euro
Articolo
(Misure a favore delle SIIQ)
1. All’articolo 1, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 119:
1) le parole: «del 51 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «del 60 per cento» e le parole: «il 35 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «il 25 per cento»;
2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il requisito partecipativo del 25 per cento non si applica in ogni caso per le società il cui capitale sia già quotato. Ove il requisito partecipativo del 60 per cento venisse superato a seguito di operazioni societarie straordinarie o sul mercato dei capitali il regime speciale di cui al precedente periodo viene sospeso sino a quando il suddetto requisito partecipativo non venga ristabilito nei limiti imposti dalla presente norma.»;
b) dopo il comma 119 è inserito il seguente:
«119-bis. I requisiti partecipativi di cui al comma 119 devono essere verificati entro il primo periodo d’imposta per cui si esercita l’opzione ai sensi del comma 120; in tal caso il regime speciale esplica i propri effetti dall’inizio di detto periodo. Tuttavia, per le società che al termine del primo periodo d’imposta abbiano realizzato il solo requisito del 25 per cento è consentito di verificare l’ulteriore requisito partecipativo del 60 per cento nei due esercizi successivi. In tal caso, il regime speciale previsto dal comma 119 si applica a partire dall’inizio del periodo d’imposta in cui detto requisito partecipativo viene verificato e fino ad allora la società applica in via ordinaria l’imposta sul reddito delle società e l’imposta regionale sulle attività produttive. L’imposta d’ingresso di cui al comma 126, l’imposta sostitutiva sulle plusvalenze da conferimento di cui al comma 137 e le imposte ipotecarie e catastali di cui al comma 139 sono applicate, rispettivamente dalla società che ha presentato l’opzione e dal soggetto conferente, in via provvisoria fino al realizzarsi dell’accesso al regime speciale. Se l’accesso al regime speciale non si realizza, le suddette imposte sono rideterminate e dovute in via ordinaria entro la fine del quarto periodo d’imposta successivo alla presentazione dell’opzione. Le imposte corrisposte in via
provvisoria costituiscono credito d’imposta da scomputare ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.»;
c) al comma 121:
1) dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Agli stessi effetti assumono rilevanza le quote di partecipazione nei fondi immobiliari indicati nel successivo comma 131 e i relativi proventi.»;
2) il terzo periodo è sostituito dal seguente: «In caso di alienazione degli immobili e dei diritti reali su immobili destinati alla locazione, anche nel caso di loro classificazione tra le attività correnti, ai fini della verifica del parametro reddituale concorrono a formare i componenti positivi derivanti dallo svolgimento di attività di locazione immobiliare soltanto le eventuali plusvalenze realizzate».
d) al comma 122, le parole: «due esercizi» sono sostituite dalle seguenti: «tre esercizi»;
e) al comma 123:
1) le parole: «l’85 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «il 70 per cento»;
2) al primo periodo, dopo la parola: «partecipazioni» sono inserite le seguenti: «o di quote di partecipazione in fondi immobiliari di cui al comma 131»;
f) dopo il comma 123 è inserito il seguente:
«123-bis. Ai fini del comma 123, i proventi rivenienti dalle plusvalenze nette realizzate su immobili destinati alla locazione nonché derivanti dalla cessione di partecipazioni in SIIQ e SIINQ o di quote in fondi immobiliari di cui al comma 131, incluse nella gestione esente ai sensi del comma 131, sono soggette all’obbligo di distribuzione per il 50 per cento nei due esercizi successivi a quello di realizzo.».
g) al comma 127, il secondo periodo è sostituito dal seguente:
«In caso di alienazione degli immobili o dei diritti reali anteriormente a tale termine, la differenza fra il valore normale assoggettato all’imposta di cui ai commi 126 e 137 e il costo fiscale riconosciuto prima dell’ingresso nel regime speciale, al netto delle quote di ammortamento calcolate su tale costo, è assoggettato ad imposizione ordinaria e l’imposta sostitutiva proporzionalmente imputabile agli immobili e ai diritti reali alienati costituisce credito d’imposta»;
h) al comma 131, al secondo periodo, dopo le parole: «locazione immobiliare svolta da tali società», è aggiunto il seguente periodo:
«, ovvero le plusvalenze o minusvalenze relative a immobili destinati alla locazione e a partecipazioni in SIIQ o SIINQ e i proventi e le plusvalenze o minusvalenze relative a quote di partecipazione a fondi comuni di investimento immobiliare istituiti in Italia e disciplinati dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, che investono almeno l’80 per cento del valore delle attività in immobili, diritti reali immobiliari, anche derivanti da rapporti concessori o da contratti di locazione finanziaria su immobili a carattere traslativo, e in partecipazioni in società immobiliari o in altri fondi immobiliari, destinati alla locazione immobiliare, ivi inclusi i fondi destinati all’investimento in beni immobili a prevalente utilizzo sociale, ovvero in partecipazioni in SIIQ o SIINQ. Sui proventi di cui al periodo precedente distribuiti dai predetti fondi immobiliari alle SIIQ non si applica la ritenuta prevista dall’articolo 7, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni,
dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.»;
i) al comma 134:
1) al secondo periodo, dopo le parole: «ai sensi dell’articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431», è aggiunto il seguente periodo:
«, ivi inclusi i contratti di locazione relativi agli alloggi sociali realizzati o recuperati in attuazione dell’articolo 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e dell’articolo 11 dell’Allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 luglio 2009; la precedente disposizione fa eccezione all’unificazione dell’aliquota di cui all’articolo 2, comma 6, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito,
con modificazioni, dalla legge 16 settembre 2011, n. 148»;
2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«Per le distribuzioni eseguite nei confronti di soggetti non residenti si applicano, sussistendone i presupposti, le convenzioni per evitare la doppia imposizione sul reddito e a tal fine si applica l’articolo 7, comma 3-bis, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351».
l) al comma 141-bis, primo periodo, dopo le parole: «locazione immobiliare» sono aggiunte le seguenti
«, anche svolta mediante partecipazioni in società che abbiano optato per l’opzione congiunta per il regime speciale di cui al comma 125, legge 27 dicembre 2006, n. 296».
2. All’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo il comma 140 sono aggiunti i seguenti:
«140-bis. Il concambio eseguito dai fondi immobiliari istituiti e disciplinati dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in sede di liquidazione totale o parziale mediante assegnazione ai quotisti di azioni di società che abbiano optato per il regime di cui all’articolo 1, comma 119, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ricevute a seguito di conferimento di immobili nelle stesse società non costituisce realizzo ai fini delle imposte sui redditi in capo al quotista e alle azioni della SIIQ ricevute dagli stessi quotisti è attribuito il medesimo valore fiscale delle quote del fondo. Per la SIIQ conferitaria, il valore di conferimento iscritto in bilancio costituisce valore fiscalmente riconosciuto agli effetti del comma 127. Qualora il conferimento di cui ai periodi precedenti sia effettuato nei confronti di una SIIQ già esistente non si applicano al fondo conferente gli obblighi di offerta pubblica ai sensi dell’articolo 106 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, a condizione che il fondo stesso provveda all’assegnazione delle azioni ai quotisti entro il termine di 30 giorni dall’acquisto.
140-ter. Ai conferimenti effettuati dai fondi immobiliari istituiti e disciplinati dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 in società, che abbiano optato per il regime speciale di cui all’articolo 1, comma 119, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e aventi ad oggetto una pluralità di immobili prevalentemente locati, si applica l’articolo 2, terzo comma, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. I predetti conferimenti si considerano compresi, agli effetti delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, fra gli atti previsti nell’articolo 4, comma 1, lettera a), numero 3), della tariffa, parte I, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, nell’articolo 10, comma 2, del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, e nell’ articolo 4 della tariffa allegata al medesimo decreto legislativo n. 347 del 1990. Le cessioni di azioni o quote effettuate nella fase di liquidazione di cui al comma 5 si considerano, ai fini dell’ articolo 19-bis, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, operazioni che non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo.
140-quater. Il medesimo trattamento fiscale di cui al comma precedente si applica alle assegnazioni che abbiano ad oggetto una pluralità di immobili prevalentemente locati eseguite per la liquidazione delle quote da fondi immobiliari istituiti e disciplinati dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, a società che abbiano optato per il regime di cui all’articolo 1, comma 119, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.».
3. All’onere derivante dal comma 2, lettera f) pari a 2,44 milioni per l’anno 2014, 2,97 milioni per l’anno 2015, a 2,90 milioni per l’anno 2016, a 3,69 milioni per l’anno 2017, a 4,49 milioni per l’anno 2018, a 5.28 milioni per l’anno 2019 e a 4,69 milioni a decorrere dall’anno 2020 si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 27, comma 10, sesto periodo, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni ed integrazioni.
Relazione illustrativa (SIIQ)
Le modifiche al regime SIIQ (Società di Investimento Immobiliare Quotate) si pongono l’obiettivo di sviluppare e rendere efficiente uno strumento giuridico che, introdotto con Legge 296/2006, non ha avuto la diffusione sperata sia a causa di un contesto economico finanziario mutato rispetto alle premesse ma anche per alcune rigidità della normativa sia in fase di costituzione che di gestione. Si prevede quindi di poter accedere al regime speciale, ad esempio, con tempi più morbidi per la verifica delle condizioni e compatibili con le attuali condizioni di mercato. Altre disposizioni sono volte a rendere più flessibile la gestione degli investimenti, eliminando alcune rigidità operative previste dalla normativa attuale.
Un’altra considerazione è che l’efficienza del mercato immobiliare, in particolare del comparto non residenziale, dipende in buona misura dalla presenza di investitori istituzionali. La normativa proposta parte dal presupposto per cui per sviluppare le SIIQ si deve assicurare agli investitori professionali redditività e
strumenti giuridici in linea con gli analoghi strumenti europei, senza incidere sul profilo di rischio del prodotto.
Si prevede, inoltre, di uniformare la normativa fiscale delle SIIQ a quella dei fondi immobiliari prevedendo norme di permeabilità tra gli strumenti e rendendo fiscalmente neutra l’opzione per uno dei due strumenti in modo da favorire l’interdipendenza e la complementarietà degli strumenti di investimento immobiliare presenti sul mercato.
Nello specifico, la riformulazione del comma 119 dell’articolo 1, Legge 296/2006, e il successivo comma 119bis sono volti sia a ridefinire i requisiti partecipativi dei soci delle SIIQ sia i tempi in cui questi debbono essere verificati ai fini dell’accesso al regime. Il requisito partecipativo del 35% viene ridotto al 25% rendendolo quindi equiparato al requisito di quotazione di qualsiasi società. Viene, poi, stabilito che la quotazione (e, quindi, il raggiungimento di questo requisito partecipativo) possa essere soddisfatto entro dodici mesi dall’inizio del periodo d’imposta per cui è stato richiesto l’accesso al regime speciale. In questo modo la quotazione può avvenire in un lasso temporale congruo dopo la presentazione dell’opzione in modo da poter sfruttare al meglio le finestre di quotazione durante l’intero anno. Soddisfatto il requisito, il regime speciale retroagisce al primo giorno del periodo d’imposta.
Viene anche chiarito che detto requisito non si applica per le società già quotate per le quali il requisito è già stato soddisfatto al momento della quotazione e la diffusione delle azioni tra gli azionisti è in re ipsa.
Il limite massimo di partecipazione nelle SIIQ viene elevato dal 51% al 60% in coerenza con quanto avviene in altri paesi europei (es. Francia) e viene data la possibilità di poter soddisfare questo requisito in un arco temporale più congruo di 36 mesi. Al raggiungimento del requisito, il regime speciale si applica dal primo giorno del periodo d’imposta. Le imposte (dirette e indirette) corrisposte dalla società che ha presentato l’opzione (entry tax) ovvero conferente sono agevolate in via provvisoria fino al definitivo raggiungimento del regime speciale da parte della SIIQ. Ove questo non avvenisse le imposte sono dovute in via ordinaria entro il termine del quarto periodo d’imposta rispetto alla presentazione dell’opzione e per quanto già versato verrebbe riconosciuto un credito d’imposta.
Le suddette modifiche sono in linea con quanto previsto dalle legislazioni di altri paesi dell’Unione Europea (in particolare, Francia e Germania).
La modifica al comma 121 (combinata con la successiva modifica al comma 131) si propone di favorire la permeabilità d’investimento tra fondi immobiliari e SIIQ mediante l’inclusione degli investimenti in fondi immobiliari nell’ambito della gestione esente delle SIIQ/SIINQ. In particolare, l’art. 1, comma 1, lett. c), del D.M. n. 174/2007 definisce la “gestione esente” come “l’attività di locazione di immobili posseduti a titolo di proprietà, di usufrutto o di altro diritto reale, nonché in base a contratti di locazione finanziaria; l’attività di locazione derivante dallo sviluppo del compendio immobiliare; il possesso di partecipazioni, costituenti immobilizzazioni finanziarie ai sensi dei principi contabili internazionali, in altre SIIQ o SIINQ”. Tale definizione non include gli investimenti in quote di fondi immobiliari.
La norma, pertanto, ricomprende gli investimenti in quote di fondi immobiliari nell’ambito della “gestione esente”, in analogia con quanto previsto dall’analogo sistema francese delle SIIC. Peraltro, per ragioni di simmetria con le caratteristiche proprie delle SIIQ, sono ricompresi nella “gestione esente” i soli fondi immobiliari il cui patrimonio (come risultante annualmente sulla base del relativo rendiconto di gestione) sia composto per almeno l’80% da immobili destinati alla locazione e/o da partecipazioni in SIIQ o SIINQ, ovvero da parti di altri fondi immobiliari analoghi.
In coerenza con l’inclusione dei fondi immobiliari nella gestione esente, tali investimenti e i proventi da locazione dagli stessi derivanti vengono naturalmente in rilievo ai fini della verifica dei parametri di prevalenza patrimoniale e reddituale di cui all’art. 6, commi 2 e 3, del D.M. n. 174/2007.
La modifica al comma 122 estende di un anno il grace period (previsto attualmente in due anni) relativo alla non osservanza delle condizioni di prevalenza previste dal comma 121.
La disposizione introdotta al comma 123 è volta ad eliminare lo svantaggio competitivo che oggi penalizza le SIIQ italiane rispetto alle corrispondenti forme giuridiche europee (Francia, Germania) dove l’obbligo di distribuzione è calcolato sull’utile civilistico che deduce gli ammortamenti sugli immobili concessi in locazione. Diversamente per le SIIQ italiane l’adozione degli IFRS rappresenta certamente un elemento di trasparenza ma penalizza le stesse non consentendo la deduzione degli ammortamenti dall’utile.
Al comma 123bis e al comma 131 viene introdotto un nuovo regime fiscale di esenzione e di distribuzione delle plusvalenze realizzate sugli immobili oggetto di locazione al fine di equipararlo ai corrispondenti regimi fiscali di altri stati europei (fra cui Olanda, Germania, Regno Unito e Francia).
La ratio dell’esenzione risiede nella considerazione che la natura della SIIQ è prioritariamente quella di generare e ottimizzare la massa di affitti locativi, ma al contempo, ed entro determinati limiti, poter monetizzare tale “efficientamento locativo” attraverso la parziale cessione dei propri immobili al fine di far ruotare il portafoglio e replicare tale efficientamento locativo sugli immobili di nuova acquisizione. Tale razionale è a fondamento delle legislazioni estere che considerano le plusvalenze da cessione esenti da tassazione.
Va inoltre considerato che la rotazione del portafoglio immobiliare costituisce l’unica vera forma di autofinanziamento per la SIIQ, stante gli obblighi stringenti di distribuzione degli utili e di limiti massimi all’indebitamento.
Per coerenza l’esenzione viene estesa anche alle plusvalenze realizzate dalla cessione di partecipazioni in SIIQ e in SIINQ, nonché alle plusvalenze derivanti dalla cessione di quote e ai proventi distribuiti dai fondi immobiliari che investono almeno l’80% del proprio patrimonio in immobili locati. Coerentemente per tali ultimi proventi viene prevista l’esenzione dalla ritenuta in sede di distribuzione.
Similarmente a quanto avviene in Francia, viene posto l’obbligo di distribuire le plusvalenze realizzate, al netto delle minusvalenze, per almeno il 50% del loro importo nei due anni successivi mentre le minusvalenze nette, ricondotte nella gestione esente, riducono l’utile civilistico della gestione stessa e, corrispondentemente, l’obbligo di distribuzione.
Le disposizioni che modificano il comma 134 sono volte a chiarire l’applicabilità, sussistendone le condizioni, dei trattati stipulati dall’Italia contro le doppie imposizioni.
La modifica del comma 141bis si propone di chiarire le modalità di adozione del regime SIIQ da parte di soggetti paritetici esteri per gli investimenti in Italia detenuti da stabili organizzazioni. La possibilità di consentire l’accesso al regime speciale a stabili organizzazioni/SIIQ che detengono solo partecipazioni in SIINQ consente di uniformare il trattamento tributario delle stesse alle SIIQ domestiche.
Le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 sono volte a favorire la complementarietà degli strumenti giuridici dei fondi immobiliari e delle SIIQ come attori di un’unica filiera del mercato immobiliare. Vengono dunque agevolate due distinte modalità per far confluire gli immobili di un fondo immobiliare in una SIIQ. La prima si attua attraverso il conferimento dei beni immobili da parte di un fondo immobiliare in una SIIQ e la successiva assegnazione delle azioni di questa ai quotisti in concambio delle loro quote. Il conferimento è un’operazione realizzativa che in capo al fondo non sconta imposte in quanto esente ai fini delle imposte sul reddito. La SIIQ attribuisce, quindi, agli immobili ricevuti in conferimento un valore fiscale pari al valore di conferimento iscritto nelle scritture contabili della stessa società. Il successivo concambio delle quote del fondo con le azioni della SIIQ non costituisce realizzo ai fini delle imposte sui redditi in capo al quotista il quale attribuisce alle azioni della SIIQ ricevute in cambio il medesimo valore fiscale delle quote concambiate.
Al conferimento che abbia ad oggetto immobili prevalentemente locati si applica la disciplina di esclusione da IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lett. b), del D.P.R. n. 633/1972, con le imposte ipotecarie e catastali applicate in misura fissa in coerenza con il disposto del comma 138. Stesso regime si applica in caso di liquidazione di un fondo immobiliare in una SIIQ mediante assegnazione degli immobili prevalentemente locati da parte del fondo a quest’ultima, ipotesi disciplinata al successivo comma 5.
Il comma 3 individua una idonea copertura finanziaria per la disposizione.
Relazione tecnica (SIIQ)
Le modifiche al regime SIIQ (Società di Investimento Immobiliare Quotate) introdotte dai commi da 2 a 6, apportano una serie di modificazioni. In particolare, le modifiche di cui al comma 2 lettera f) introducono un nuovo regime fiscale di esenzione e di distribuzione delle plusvalenze realizzate sugli immobili oggetto di locazione, prevedendo l’esenzione di tali plusvalenze con un obbligo di distribuzione del 50% nei due anni successivi. Inoltre, le modifiche al comma 2 lettera f) prevedono la riduzione della percentuale di distribuzione minima dell’utile da gestione esente dall’85% al 70%.
In termini di gettito, analizzando i dati dichiarativi presenti in Unico 2012 società di capitali, limitatamente alle imprese che hanno compilato il prospetto di determinazione del reddito esente delle SIIQ, sono state rilevate le plusvalenze patrimoniali, il reddito esente a legislazione vigente, l’utile civilistico. Per quanto riguarda l’esenzione delle plusvalenze, si ha una perdita IRES relativa alla vigente tassazione di un quinto ogni anno, con la creazione di una obbligo di distribuzione parziale di tali importi. Nel caso di reddito esente maggiore dell’utile di bilancio, lo stesso è stato ricondotto all’utile di bilancio civilistico ed è stata stimata la distribuzione alla nuova misura del 70% rispetto alla vigente misura dell’85% con una conseguente riduzione della ritenuta sugli utili distribuiti (20%).
In base a quanto indicato sono risultate plusvalenze per circa 17 milioni di euro, un reddito distribuito a legislazione vigente di circa 69 milioni di euro, un reddito distribuibile a legislazione proposta di circa 56,9 milioni di euro. In termini di cassa si stimano i seguenti effetti:
2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | 2020 | |
IRES | 0 | -1,39 | -2,19 | -2,98 | -3,78 | -4,57 | -3,98 |
Ritenute | -2,44 | -2,44 | -2,44 | -2,44 | -2,44 | -2,44 | -2,44 |
Maggiori ritenute plusvalenze | 0 | 0,86 | 1,73 | 1,73 | 1,73 | 1,73 | 1,73 |
Totale | -2,44 | -2,97 | -2,90 | -3,69 | -4,49 | -5,28 | -4,69 |
Milioni di euro
Relativamente all’abolizione della ritenuta sulle distribuzione dei fondi immobiliari a SIIQ si ritiene che la stessa non comporti sostanziali effetti in termini di gettito, alla luce del fatto che gli investimenti effettuati da tali ultimi soggetti in fondi immobiliari sono allo stato praticamente inesistenti.
Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 sono volte a favorire la complementarietà degli strumenti giuridici dei fondi immobiliari e delle SIIQ come attori di un’unica filiera del mercato immobiliare. Vengono dunque agevolate due distinte modalità per far confluire gli immobili di un fondo immobiliare in una SIIQ. La prima si attua attraverso il conferimento dei beni immobili prevalentemente locati da parte di un fondo immobiliare in una SIIQ e la successiva assegnazione delle azioni di questa ai quotisti in concambio delle loro quote. La seconda si attua mediante liquidazione di un fondo immobiliare in una SIIQ. La modifica normativa introduce una agevolazione ai fini delle imposte indirette (registro, ipotecari e catastale) come tale potenzialmente suscettibile di generare effetti negativi di gettito di non rilevante entità in considerazione del limitato numero di SIIQ presenti attualmente sul mercato.
Nel complesso, in termini di cassa si stimano i seguenti effetti finanziari:
2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | 2020 | |
Totale | -2,44 | -2,97 | -2,90 | -3,69 | -4,49 | -5,28 | -4,69 |
Milioni di euro
Articolo 4 (tenuta numerazione x successivo art. 12)
(Riduzione delle bollette elettriche a favore dei clienti forniti in media e bassa tensione)
1. Al fine di pervenire a una più equa distribuzione degli oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici, i minori oneri per l’utenza derivanti dagli articoli da 5 a 11 del presente decreto-legge, laddove abbiano effetti su specifiche componenti tariffarie, sono destinati alla riduzione delle tariffe elettriche dei clienti di energia elettrica in media tensione e di quelli in bassa tensione con potenza impegnata non inferiore a 16,5 kW, diversi dai clienti residenziali e dall’illuminazione pubblica.
2. Alla stessa finalità sono destinati i minori oneri tariffari conseguenti dall’attuazione dell’articolo 1, commi da 3 a 5, del decreto-legge 23 dicembre 2013 n. 145, convertito, con modificazioni, in legge 21 febbraio 2014 n.9.
3. Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico adotta i provvedimenti necessari ai fini dell’applicazione dei commi 1 e 2, garantendo che i medesimi benefici siano ripartiti in modo proporzionale tra i soggetti che ne hanno diritto e assicurando che i benefici previsti agli stessi commi 1 e 2 non siano cumulabili a regime con le agevolazioni in materia di oneri generali di sistema, di cui all’articolo 39 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134.
Articolo
(Disposizioni in materia di esenzione da corrispettivi e oneri del sistema elettrico per reti interne e sistemi efficienti di produzione e consumo)
1. A decorrere dal 1° gennaio 2015, i corrispettivi tariffari di trasmissione e di distribuzione dell’energia elettrica nonché quelli a copertura degli oneri generali di sistema di cui all’articolo 3, comma 11, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e degli oneri ai sensi dell’ articolo 4, comma 1, del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368, sono determinati facendo esclusivo riferimento al consumo di energia elettrica dei clienti finali o a parametri relativi al punto di connessione dei medesimi clienti finali, fatto salvo quanto disposto ai successivi commi.
2. Per le reti interne di utenza di cui all’articolo 33 della legge 23 luglio 2009, n. 99, e successive modifiche e integrazioni, per i sistemi di cui al secondo periodo del comma 2 dell’articolo 10 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, e successive modifiche e integrazioni, nonché per i sistemi efficienti di utenza di cui al comma 1 del medesimo articolo 10, entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2014, i corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema di cui al comma 1, limitatamente alle parti variabili, si applicano sull’energia elettrica consumata e non prelevata dalla rete, in misura pari al 5% dei corrispondenti importi unitari dovuti sull’energia prelevata dalla rete.
3. Per i sistemi efficienti di utenza, di cui al comma 1 dell’articolo 10 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, e successive modifiche e integrazioni, entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2014, i corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema di cui al comma 1, limitatamente alle parte variabili, si applicano sull’energia elettrica consumata e non prelevata dalla rete, in misura pari al 10% dei corrispondenti importi unitari dovuti sull’energia prelevata dalla rete qualora i predetti sistemi accedano ad incentivi statali sull’energia prodotta, e in misura pari al 5% negli altri casi.
4. Al fine di non ridurre l’entità complessiva dei consumi soggetti al pagamento degli oneri di cui al comma 1, a decorrere dal 1° gennaio 2016 le quote di cui al comma 3 possono essere aggiornate, con decreti del Ministro dello sviluppo economico , assicurando in ogni caso che la quota di oneri dovuta sia minore per i sistemi che non accedono ad incentivi statali sull’energia prodotta.
5. Per il raggiungimento delle finalità di cui ai commi 2 e 3, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico adotta i provvedimenti necessari alla misurazione dell’energia consumata e non prelevata dalla rete.
6. In via transitoria, per l’anno 2015, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico definisce, per le reti e i sistemi di cui ai commi 2 e 3 per i quali non sia possibile misurare l’energia consumata e non prelevata dalla rete, un sistema di maggiorazioni delle parti fisse dei corrispettivi posti a copertura degli oneri generali di sistema, di effetto stimato equivalente a quanto previsto ai medesimi commi 2 e 3.
7. Sono fatti salvi gli effetti dei provvedimenti adottati dall’ Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico in attuazione dell’articolo 33 della legge 23 luglio 2009, n. 99, e successive modifiche e integrazioni, e dell’articolo 10 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, e successive modifiche e integrazioni, per le parti compatibili con le disposizioni dei precedenti commi.
Articolo
(Modalità di copertura di oneri sostenuti dal Gestore dei Servizi Energetici GSE S.p.A.)
1. Gli oneri sostenuti dal GSE per lo svolgimento delle attività di gestione, di verifica e di controllo, inerenti i meccanismi di incentivazione e di sostegno, sono a carico dei beneficiari delle medesime attività, ivi incluse quelle in corso.
2. Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legge, e successivamente ogni tre anni, il GSE propone al Ministro dello sviluppo economico l’entità delle tariffe per le attività di cui al comma 1 da applicare a decorrere dal 1° gennaio 2015 e valide per un triennio. Le tariffe sono definite dal GSE sulla base dei costi, della programmazione e delle previsioni di sviluppo delle medesime attività. La proposta include le modalità di pagamento delle tariffe.
3. La proposta di tariffe di cui al comma 2 è approvata dal Ministro dello sviluppo economico con decreto da adottare entro 60 giorni dalla comunicazione.
4. L’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico provvede alle compensazioni ove necessario.
Articolo
(Interventi sulle tariffe incentivanti dell’elettricità prodotta da impianti fotovoltaici)
1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi e favorire una migliore sostenibilità nella politica di supporto alle energie rinnovabili, le tariffe incentivanti sull’energia elettrica prodotta da impianti solari fotovoltaici, riconosciute in base all’articolo 7 del decreto legislativo n. 387 del 2003 e all’articolo 25, comma 10, del decreto legislativo n. 28 del 2011 sono erogate secondo le modalità previste dal presente articolo.
2. A decorrere dal secondo semestre 2014, il Gestore dei servizi energetici S.p.A. eroga le tariffe incentivanti di cui al comma 1, con rate mensili costanti, in misura pari all’90% della producibilità media annua stimata di ciascun impianto, nell’anno solare di produzione ed effettua il conguaglio, in relazione alla produzione effettiva, entro il 30 giugno dell’anno successivo. Le modalità operative sono definite dal GSE entro 15 giorni dalla pubblicazione del presente decreto e approvate con decreto del Ministro dello sviluppo economico.
3. A decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa incentivante per l’energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200 kW è rimodulata secondo la percentuale di riduzione indicata nella tabella all’Allegato 1 ed è erogata per un periodo di 24 anni, decorrente dall’entrata in esercizio degli impianti.
4. Per le tariffe onnicomprensive erogate ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 5 luglio 2012, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 10 luglio 2012, n. 159, le riduzioni di cui all’Allegato 1 si applicano alla sola componente incentivante, calcolata secondo le modalità di cui all’articolo 5, comma 2, secondo periodo, del medesimo decreto.
5. Il beneficiario della tariffa incentivante di cui ai commi 3 e 4 può accedere a finanziamenti bancari per un importo massimo pari alla differenza tra l’incentivo già spettante al 31 dicembre 2014 e l’incentivo rimodulato ai sensi del comma 3. Tali finanziamenti possono beneficiare, cumulativamente o alternativamente, sulla base di apposite convenzioni con il sistema bancario, di
provvista dedicata o di garanzia concessa, , dalla Cassa depositi e prestiti SpA (Cdp) a valere sui fondi di cui al comma 7, lettera a), dell’articolo 5 del decreto legge n. 269 del 30 settembre 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n 326. L’esposizione di Cdp è garantita dallo Stato ai sensi del articolo 1, comma 47, della legge n. 27 dicembre 2013, n. 147, secondo criteri e modalità stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze.
6. Le Regioni e gli enti locali adeguano, ciascuno per la parte di competenza, alla durata dell’incentivo come rimodulata ai sensi dei commi 3 e 4 la validità temporale dei permessi rilasciati, comunque denominati, per la costruzione e l’esercizio degli impianti fotovoltaici ricadenti nel campo di applicazione del presente articolo.
7. Le disposizioni di cui ai commi da 3 a 6 non trovano applicazione in ipotesi in cui i titolari degli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW optino per una riduzione di una quota pari al 10% dell’incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, per la durata residua del periodo di incentivazione. L’opzione deve essere esercitata e comunicata al GSE SpA entro il 30 novembre 2014 e la riduzione dell’incentivo decorre dall’1 gennaio 2015.
Articolo
(Rimodulazione del sistema tariffario dei dipendenti del settore elettrico)
1. A decorrere dal 1° luglio 2014, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas esclude dall’applicazione dei corrispettivi tariffari gli oneri per lo sconto dipendenti previsti dal Contratto collettivo nazionale di lavoro del settore elettrico.
Articolo
(Riduzione dei costi del sistema elettrico per le isole minori non interconnesse)
1. Nelle more dell’attuazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 6-octies, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni con legge 21 gennaio 2014 n. 9, con riferimento alla progressiva copertura del fabbisogno delle isole minori non interconnesse attraverso energia da fonti rinnovabili, l’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto – legge, adotta una revisione della regolazione dei sistemi elettrici integrati insulari di cui all’articolo 7 della legge del 9 gennaio 1991 n.10, che sia basata esclusivamente su criteri di costi efficienti e che sia di stimolo all’efficienza energetica nelle attività di distribuzione e consumo finale di energia, anche valutando soluzioni alternative alle esistenti che migliorino la sostenibilità economica ed ambientale del servizio.
Articolo
(Rimodulazione del sistema tariffario elettrico delle Ferrovie dello Stato)
1. Il regime tariffario speciale al consumo di RFI – Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1963, n. 730, è applicato a decorrere dal 1° gennaio 2015 ai soli consumi di energia elettrica impiegati per i trasporti rientranti nel servizio universale. Con decreto del Ministero dello sviluppo economico da adottare entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto – legge, sentite l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e i servizi idrici e l’Autorità per i trasporti, sono definite le modalità di individuazione dei consumi rilevanti ai fini dell’attuazione del regime. Il decreto viene aggiornato con cadenza biennale, seguendo le medesime modalità previste per la sua adozione.
2. Fino all’entrata in operatività delle modalità di individuazione dei consumi di cui al periodo precedente, la componente tariffaria compensativa non si applica ai quantitativi di energia elettrica per trazione eccedenti il limite di 3300 GWh di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1963, n. 730 e relativi atti di esecuzione.
3. E' fatto divieto all’operatore economico di cui al comma 1 di traslare i maggiori oneri derivanti dall’applicazione della presente disposizione sui prezzi praticati nell’ambito del servizio universale.
L'Autorità per i trasporti vigila sull’osservanza della disposizione di cui al primo periodo, anche mediante accertamenti a campione.
Articolo 11
(Modifiche al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28)
1. Dopo l’articolo 7 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 è inserito il seguente articolo 7-bis:
«Art. 7-bis
(Semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione di interventi di efficienza energetica e piccoli impianti a fonti rinnovabili)
1. Dal1° ottobre 2014, la comunicazione per la realizzazione, la connessione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, soggetti alla previsione del del comma 11 dell’articolo 6, viene effettuata utilizzando un modello unico approvato dal Ministro dello sviluppo economico, sentita l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ed il sistema idrico, che sostituisce i modelli eventualmente adottati dai Comuni, dai gestori di rete e dal GSE SpA. con riferimento alle comunicazioni di competenza del Comune, di cui agli articoli 6, comma 11, e 7, commi 1, 2 e 5, il modulo contiene esclusivamente:
a) i dati anagrafici del proprietario o di chi abbia titolo per presentare la comunicazione, l’indirizzo dell’immobile e la descrizione sommaria dell’intervento;
b) la dichiarazione del proprietario di essere in possesso della documentazione rilasciata dal progettista circa la conformità dell’intervento alla regola d’arte e alle normative di settore.
2. Le dichiarazioni contenute nella comunicazione di cui al comma 1 sono rese ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Il Comune e le autorità competenti effettuano i controlli sulla veridicità delle predette dichiarazioni, applicando le sanzioni previste dall’articolo 76 del medesimo decreto.
3. Nei casi in cui sia necessario acquisire atti amministrativi di assenso, comunque denominati, l’interessato può:
a) allegarli alla comunicazione di cui al comma 1, ovvero
b) richiedere allo sportello unico per l’edilizia di acquisirli d’ufficio, allegando la documentazione strettamente necessaria allo scopo. In tale caso, il Comune provvede entro il termine di quarantacinque giorni dalla presentazione della comunicazione, decorsi inutilmente i quali si applica l’articolo 20, comma 5-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. L’inizio dei lavori è sospeso fino all’acquisizione dei medesimi atti. Lo sportello unico per l’edilizia comunica tempestivamente all’interessato l’avvenuta acquisizione degli atti di assenso.
4. I soggetti destinatari della comunicazione resa con il modello unico di cui al comma 8 non possono richiedere documentazione aggiuntiva.
5. L’installazione di impianti solari fotovoltaici e termici con le modalità di cui all’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo n. 115 del 2008, su edifici non ricadenti fra quelli di cui all'articolo 136, comma 1, lettere
b) e c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, non è subordinata all’acquisizione di atti amministrativi di assenso, comunque denominati.»
2. Dopo l’articolo 8 del decreto legislativo n. 28/2011 è inserito il seguente:
«Articolo 8-bis
(Regimi di autorizzazione per la produzione di biometano)
1. Per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti di produzione di biometano e delle relative opere di modifica, ivi incluse le opere e le infrastrutture connesse, si applicano le procedure di cui agli articoli 5 e 6. A tali fini si utilizza:
a) la procedura abilitativa semplificata per i nuovi impianti di capacità produttiva, come definita ai sensi dell’articolo 21, comma 2, non superiore a 100 standard metri cubi/ora, nonché per le opere di modifica e per gli interventi di parziale o completa riconversione alla produzione di biometano di
impianti di produzione di energia elettrica alimentati a biogas, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione, che non comportano aumento e variazione delle matrici biologiche in ingresso;
b) l’autorizzazione unica nei casi diversi da quelli di cui alla lettera a).
2. Nel comma 4-bis dell’articolo 12 del decreto legislativo del 29 dicembre 2003 n. 387, dopo la parola “biomassa, sono inserite le seguenti: “, ivi inclusi gli impianti a biogas e gli impianti per produzione di biometano di nuova costruzione,”.
Articolo 12
(Abrogazioni e invarianza finanziaria)
1. Con decorrenza 1 gennaio 2015 sono abrogati:
a) Il comma 6 dell’articolo 33 della legge 23 luglio 2009, n. 99, e successive modifiche e integrazioni;
b) il primo periodo del comma 2 dell’articolo 10 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, e successive modifiche e integrazioni;
c) i commi 1, 2, 3, 4 e 6 dell’articolo 10 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 5 luglio 2012, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 10 luglio 2012, n. 159;
d) i commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell’articolo 21del decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 10 luglio 2012, n. 159;
e) il secondo periodo del comma 5-sexies dell’articolo 33 del decreto legislativo 3 marzo 2001 n. 28;
f) il decreto del Ministro dello sviluppo economico 11 dicembre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4 marzo 2014, n. 52;
g) l’articolo 17 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2012, Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 gennaio 2013, n. 1.
2. Dall’applicazione degli articoli da 4 a 11 non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
Tabella Allegato 1
Periodo residuo (anni) | Percentuale di riduzione dell'incentivo |
12 | 25% |
13 | 24% |
14 | 22% |
15 | 21% |
16 | 20% |
17 | 19% |
18 | 18% |
oltre 19 | 17% |
Relazione illustrativa degli articoli da 4 a 12 (Norme Energia) DISPOSIZIONI URGENTI DI RIDUZIONE DELLA BOLLETTA ELETTRICA
Il costo dell’energia è una delle principali voci del bilancio delle imprese e delle famiglie ed è considerato come un importante fattore di competitività per il sistema Paese. Per questi motivi è ormai un’esigenza prioritaria avviare un ampio processo di revisione della bolletta energetica, elettrica e del gas, con ricadute nel futuro immediato e prossimo ed avente il duplice obiettivo di rilanciare l’economia, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese che costituiscono la struttura portante del sistema economico Italiano, e di garantire l’equità tariffaria del settore elettrico, riequilibrando gli oneri tra le diverse categorie di consumatori e riducendo le forme di prelievo eccessive o ingiustificate.
L’azione da porre in essere, dunque, risponde ad un disegno unitario che è idoneo ad incidere su singole voci tariffarie e componenti strutturali del sistema energetico. Esso per essere attuato richiede interventi molteplici e diversificati, di natura legislativa ed amministrativa, da realizzare in maniera simultanea e i cui effetti, di breve e medio periodo, si manifesteranno già alla fine di quest’anno attraverso positive ricadute a favore dei consumatori finali.
Le misure sono di ampio respiro e riguardano l’intero bilancio energetico, esse operano attraverso la rimodulazione degli incentivi, la revisione dei trasferimenti in favore di alcuni produttori di energia (in particolare l'eliminazione di alcune forme di sussidio alle fonti fossili), il riesame delle agevolazioni per specifiche categorie di consumatori e la riduzione dei costi di sistema, anche con riguardo alla tariffa del gas.
Già il decreto Destinazione Italia aveva individuato nel cd. “spalma-incentivi volontario” per tutti i produttori di energia da fonti rinnovabili un prezioso strumento per ridurre il costo dell’energia a favore dei consumatori.
Sul solco di tale tracciato e per reperire importanti risorse per il rilancio delle piccole e medie imprese, si è pensato di potenziare tale meccanismo attraverso la rimodulazione dell’erogazione degli incentivi destinati ai produttori di energia fotovoltaica con impianti di potenza superiore ai 200 kW, che rappresentano il 4% degli operatori del settore e beneficiano del 60% della spesa annua per incentivo.
Saranno, inoltre, verificati, adeguati ed eventualmente eliminati alcuni servizi o agevolazioni che appaiono oggi meno necessarie che nel passato. Tale processo di verifica riguarda, per esempio, il servizio di interrompibilità dei grandi consumatori industriali, il regime speciale per il trasporto ferroviario, limitando le agevolazioni al solo servizio universale, le riserve di capacità garantite agli Stati esteri, i benefici per i sistemi semplici di produzione e consumo, l’integrazione dei ricavi per lo sconto dipendenti del settore elettrico, le modalità di ricupero dei costi sostenuti dalle imprese elettriche minori.
In generale, i costi di sistema saranno rideterminati. In questo ambito sarà necessario rivedere il fondo di garanzia per i ricavi del gestore della rete elettrica, garantire che il funzionamento del GSE sia posto a carico dei fruitori dei servizi mediante tariffa specifica, ridurre i colli di bottiglia sulla rete mediante investimenti che consentano di rimodulare gli impianti “essenziali”.
Un ulteriore contributo arriverà dall’azione delle autorità di regolazione e controllo e dall'adeguamento dei regolamenti di mercato, nell’ambito della remunerazione delle reti, del regolamento della borsa elettrica con la previsione di prezzi “negativi”, dell’intensificazione dei controlli su eventuali abusi di posizione dominante e sui beneficiari degli incentivi.
Infine, sarà possibile intervenire sulla tariffa gas mediante il potenziamento infrastrutturale, l’eliminazione delle sovvenzioni alla centrali a olio, il contenimento dei costi di remunerazione delle infrastrutture e delle reti, a garanzia della concorrenza e della sicurezza del sistema gas.
In sintesi e graficamente le misure si possono così riassumere:
Spalma-incentivi volontario nel settore delle rinnovabili
Spalma-incentivi obbligatorio per i grandi produttori di energia fotovoltaica, con opzione di autoriduzione | |
Riduzione interrompibilità | |
Revisione fondo di garanzia dei ricavi del gestore rete elettrica | |
Revisione del regime speciale del sistema ferroviario | |
Revisione Accordi con gli Stati esteri | |
Revisione regolamento della borsa elettrica (es. prezzi negativi) | |
Interventi contro abuso di posizione dominante | |
Intensificazione controlli su beneficiari di incentivi a carico delle tariffe | |
Revisione regolazione per terminali di rigassificazione e gasdotti | |
Eliminazione riconoscimenti per centrali a olio | |
Rimodulazione delle agevolazioni per Riu, Seu, Xxxxx | |
Rimodulazione modalità di finanziamento del Gse | |
Eliminazione del riconoscimento dei ricavi per Sconti dipendenti settore elettrico | |
Riduzioni colli di bottiglia | |
Riduzione delle centrali elettriche “essenziali” | |
Introduzione di costi efficienti per le Isole Minori |
Il presente provvedimento intende dare avvio a questo processo e a tal fine introduce un primo pacchetto di misure a beneficio delle piccole e medie imprese per le quali il costo dell’energia è mediamente più elevato del 30% rispetto ai prezzi praticati alle imprese in altri Paesi dell’Unione europea.
Quello delle Pmi è un ambito altamente competitivo, che necessita di interventi urgenti che ne garantiscano la stessa sopravvivenza, e i cui attori operano anche sui mercati esteri, contribuendo a generare una parte importante del Pil del Paese.
Ad esso risulta destinato in misura prevalente il risparmio di spesa derivante dalle misure di seguito descritte in dettaglio e riguardanti l’eliminazione di rendite di posizione e la rimodulazione degli incentivi, con l'obiettivo di pervenire a regime a un risparmio in bolletta pari a circa il 10 per cento del costo attuale.
Articolo 4
(Riduzione della bolletta elettrica a favore dei clienti forniti in media e bassa tensione)
Con tale articolo si stabilisce che i risparmi conseguenti alla riduzione di taluni oneri che gravano sulle bollette elettriche, derivanti dall’applicazione degli articoli da 5 a 11, vengono destinati ai consumatori di energia elettrica dotati di connessioni a media e bassa tensione per utenze diverse dal residenziale e dall’illuminazione pubblica, con potenza impegnata non inferiore a 16,5 kW per la bassa tensione e con potenza impegnata qualsiasi per la media tensione. E’ attribuito all’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico il compito di assicurare che, a regime, la riduzione della bolletta elettrica non sia cumulata con le agevolazioni di cui godono le imprese ad alta intensità energetica e che i benefici siano ripartiti in modo proporzionale tra gli aventi diritto.
Articolo
(Disposizioni in materia di esenzione di corrispettivi e oneri del sistema elettrico per reti interne e sistemi efficienti di produzione e consumo)
Il comma 1 della disposizione stabilisce il principio generale secondo cui i corrispettivi tariffari per la copertura degli oneri di trasmissione e di distribuzione dell’energia elettrica nonché quelli a copertura degli oneri generali di sistema sono determinati facendo esclusivo riferimento al consumo di energia elettrica dei clienti finali o a parametri relativi al punto di connessione dei medesimi clienti finali, salvo le esenzioni disposte ai successivi commi.
I commi successivi intervengono sulla disciplina dei consumatori connessi ai cosiddetti sistemi semplici di produzione e consumo - le reti interne di utenza (RIU), i sistemi efficienti di utenza (SEU) e i sistemi equiparati ai sistemi efficienti di utenza (SESEU) - che sono, ad oggi, completamente esentati dal pagamento degli oneri di sistema per la parte di energia autoprodotta o per le forniture gestite nell’ambito di questi sistemi.
In particolare, il comma 2 stabilisce modalità con cui anche tali consumatori contribuiscono agli oneri generali di sistema, chiarendo che il regime di esenzione si applica non a tutta ma una parte dell’energia consumata e non prelevata dalla rete (ovvero a quella quota di energia consumata proveniente da autoproduzione). Più precisamente, si stabilisce che ai predetti sistemi entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2014 i corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema si applicano sull’energia elettrica consumata e non prelevata dalla rete, in misura pari al 5% dei corrispondenti importi unitari dovuti sull’energia prelevata dalla rete. La medesima percentuale si applica ai sistemi entrati in esercizio successivamente a tale data, qualora gli stessi non accedano ad altri incentivi statali sull’energia prodotta.
In ogni caso, il Ministro dello sviluppo economico può variare con proprio decreto le percentuali citate assicurando che siano minori per i sistemi che accedono a incentivi statali sull’energia prodotta e tenendo conto dell’esigenza di non ridurre la base di consumi cui si applicano gli oneri. E’ prevista, infine, una disciplina transitoria per l’anno 2015 al fine di consentire l’applicazione della norma anche alle reti e ai sistemi per i quali non sia possibile misurare l’energia consumata e non prelevata dalla rete. In tali casi l’Autorità può definire un sistema di maggiorazione delle parti fisse dei corrispettivi posti a copertura degli oneri generali di sistema in modo da ottenere un effetto stimato equivalente a quello previsto dall’applicazione delle suindicate percentuali.
Articolo (Modalità di copertura di oneri sostenuti dal Gestore dei Servizi Energetici GSE SpA)
La disposizione prevede che gli oneri per lo svolgimento dell’attività del Gestore dei servizi energetici (GSE), inerente i meccanismi di incentivazione e sostegno alle imprese in materia di rinnovabili ed efficienza energetica sono posti a carico dei beneficiari dell’attività della medesima società. Le tariffe, proposte dal GSE sulla base dei costi, della programmazione e delle previsioni di sviluppo delle attività, sono approvate dal Ministro dello sviluppo economico e aggiornate ogni tre anni.
Articolo (Interventi sulle tariffe incentivanti dell’elettricità prodotta da impianti fotovoltaici)
L’articolo rimodula modalità e tempistiche di erogazione degli incentivi per gli impianti fotovoltaici, con particolare riferimento a quelli di potenza superiore a 200 kW.
In particolare, ridefinisce le modalità con cui il Gestore dei Servizi Energetici SPA provvede all’erogazione degli incentivi prevedendo la corresponsione di un acconto, con rate mensili costanti, su base annua, pari al 90% della producibilità media annua stimata di ciascun impianto e un conguaglio riconosciuto entro il 30 giugno dell’anno successivo in relazione alla produzione effettiva. Tale modalità intende evitare che l’erogazione degli incentivi sia basata esclusivamente sulla produzione presunta.
Il comma 3 prevede, per i soli impianti di potenza maggiore di 200 kW, una rimodulazione degli incentivi, che vengono spalmati su un periodo di 24 anni, rispetto all’attuale durata ventennale, con conseguente riduzione delle tariffe incentivanti spettanti. Per tali impianti, è prevista la possibilità di accedere a finanziamenti bancari, per un importo massimo pari alla differenza tra l’incentivo già spettante al 31 dicembre 2014 e l’incentivo rimodulato, sulla base di apposite convenzioni con il sistema bancario di provvista dedicata e di garanzia concessa, cumulativamente o alternativamente, dalla Cassa depositi e prestiti SpA. E’ previsto, inoltre, che le Regioni e gli enti locali adeguino i permessi rilasciati, comunque denominati, per la costruzione e l’esercizio degli impianti fotovoltaici, alla nuova durata dell’incentivo. Si prevede, infine, che il produttore possa optare, in alternativa al predetto allungamento a 24 anni, per una riduzione volontaria di una quota pari all’8% dell’entità residua dell’incentivo di spettanza alla data di entrata in vigore del presente provvedimento.
Articolo
(Rimodulazione del sistema tariffario dei dipendenti del settore elettrico)
La norma dispone l’esclusione dagli oneri tariffari, a decorrere dal 1 luglio 2014, dello sconto attualmente previsto dai CCNL per i dipendenti del settore elettrico assunti dal 1979 al 1996.
Articolo
(Riduzione dei costi del sistema elettrico per le isole minori non interconnesse)
L’articolo prevede la revisione della regolazione e della remunerazione dei sistemi elettrici integrati insulari di cui all’art. 7 della L. 10/1991 sulla base di criteri di efficienza e di stimolo all’efficienza energetica, al fine di conseguire una riduzione degli oneri gravanti sulla bolletta elettrica dei consumatori.
Articolo
(Rimodulazione del sistema tariffario elettrico delle Ferrovie dello Stato)
La norma stabilisce che l’applicazione delle condizioni tariffarie favorevoli previste in base alla convenzione tra Rete Ferroviaria Italiana SPA (RFI) e Enel Distribuzione venga limitata ai soli consumi di energia elettrica relativi al servizio di trasporto ferroviario universale, come individuati con decreto che il MISE è chiamato ad adottare con cadenza biennale, sentite le Autorità per l’energia elettrica, il gas e i servizi idrici e quella per i trasporti. Nelle more dell’adozione del predetto decreto la componente tariffaria compensativa si applica ai quantitativi di energia elettrica per trazione fino al limite di 3300 GWh. I tipi di trasporto diversi dal servizio universale (alta velocità, merci, etc.) rimangono assoggettati al pagamento secondo i costi effettivi del servizio evitando, in tal modo, sussidi incrociati tra settore elettrico e settore ferroviario.
L’Autorità dei trasporti vigila sulle tariffe al fine di evitare la traslazione degli oneri in capo all’utenza del servizio universale.
Articolo
(Modifiche al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28)
L’articolo introduce una serie di semplificazioni amministrative per la realizzazione di interventi di efficienza energetica e di piccoli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, in particolare solare fotovoltaico. Per gli interventi già realizzabili con semplice comunicazione, se ne precisano i contenuti, prevedendo un modello unico approvato dal MISE, sentita l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, e si stabiliscono modalità semplificate per l’acquisizione degli atti di assenso eventualmente
necessari. Tale disposizione consente, peraltro, una riduzione degli oneri per le pratiche di realizzazione di piccoli impianti fotovoltaici collocati sugli edifici.
Sono, altresì, introdotte ulteriori misure di semplificazione per la realizzazione di impianti di produzione di biometano e la conversione a biometano di impianti di produzione di energia elettrica da biogas, che consentono una diminuzione degli oneri economici gravanti sulle bollette elettriche, riducendo l’uso di biocarburanti diversi dal biometano, prevalentemente di importazione.
Articolo 12
(Abrogazioni)
L’articolo abroga le norme non compatibili con le disposizioni di cui ai precedenti articoli e reca la clausola di invarianza finanziaria.
Articolo
(Misure di semplificazione a favore della quotazione delle imprese e misure contabili)
1. Al decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’articolo 1, comma 1, dopo la lettera w-quater, è inserita la seguente lettera: “w-quinquies “PMI”: fermo quanto previsto da altre disposizione di legge, le piccole e medie imprese, emittenti azioni quotate, che abbiano, in base al bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio, anche anteriore all’ammissione alla negoziazione delle proprie azioni, un fatturato fino a 300 milioni di euro, ovvero una capitalizzazione media di mercato nell’ultimo anno solare inferiore ai 500 milioni di euro. Non si considerano PMI gli emittenti azioni quotate che abbiano superato entrambi i predetti limiti per tre esercizi, ovvero tre anni solari, consecutivi.”;
b) all’articolo 104-bis, comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “I diritti di voto assegnati ai sensi dell’articolo 127-quinquies non si computano nell’assemblea convocata per deliberare su eventuali misure di difesa.”; nel comma 3 dell’articolo 104-bis, dopo la lettera b), è aggiunta la seguente lettera: “b- bis) le maggiorazioni di voto spettanti ai sensi dell’articolo 127-quinquies”;
c) all’articolo 105, comma 3, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole “ovvero nelle ipotesi in cui lo statuto preveda la maggiorazione del diritto di voto.”;
d) all’articolo 106, il comma 1 è sostituito dal seguente comma “1. Chiunque, a seguito di acquisti ovvero di maggiorazione dei diritti di voto, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento ovvero a disporre di diritti di voto in misura superiore al trenta per cento dei medesimi promuove un'offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti i possessori di titoli sulla totalità dei titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in loro possesso.”; all’articolo 106, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente comma: “1-bis Gli statuti delle PMI possono prevedere una soglia diversa da quella indicata nel comma 1, comunque non inferiore al venti per cento né superiore al quaranta per cento. Se la modifica dello statuto interviene dopo l’inizio delle negoziazioni dei titoli in un mercato regolamentato, i soci che non hanno concorso alla relativa deliberazione hanno diritto di recedere per tutti o parte dei loro titoli; si applicano gli articoli 2437-bis, 2437-ter e 2437-quater del codice civile.”; al comma 2 dell’articolo 106 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole “Il medesimo prezzo si applica, in mancanza di acquisti a un prezzo più elevato, in caso di superamento della soglia relativa ai diritti di voto per effetto della maggiorazione ai sensi dell’articolo 127-quinquies.”; nei commi 3, lettere a) e b), 3-bis, 4, 5 e 6, dell’articolo 106, le parole “nel comma 1” sono sostituite dalle parole “nei commi 1 e 1-bis”; nel comma 3, lettera a), dell’articolo 106 dopo le parole “l'acquisto di partecipazioni” sono aggiunte le seguenti parole “o la maggiorazione dei diritti di voto,”; nel comma 3, lettera b), dell’articolo 106, dopo le parole “al cinque per cento” sono aggiunte le seguenti parole “o alla maggiorazione dei diritti di voto in misura superiore al cinque per cento dei medesimi,”; dopo il comma 3-ter dell’articolo 106 è aggiunto il seguente comma: “3- quater. L’obbligo di offerta previsto dal comma 3, lettera b), non si applica alle PMI, a condizione che ciò sia previsto dallo statuto, sino alla data dell’assemblea convocata per approvare il bilancio relativo al
quinto esercizio successivo alla quotazione.”; la lettera d), comma 5, dell’articolo 106 è sostituita dalla seguente: “d) operazioni ovvero superamenti della soglia di carattere temporaneo;”;
e) all’art. 109, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “I medesimi obblighi sussistono in capo a coloro che agiscono di concerto, a seguito di maggiorazione, anche a favore di uno solo di essi, dei diritti di voto, qualora essi vengano a disporre di diritti di voto in misura superiore alle percentuali indicate nell’articolo 106.”; nel comma 2 dell’articolo 109, dopo le parole “Il comma 1” sono aggiunte le seguenti parole: “,primo periodo,”;
f) all’articolo 113-ter, comma 3, e all’articolo 114, comma 1, sono soppresse le parole “ferma restando la necessità di pubblicazione tramite mezzi di informazione su giornali quotidiani nazionali”;
g) all’articolo 120, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “Nelle società i cui statuti consentono la maggiorazione del diritto di voto, per capitale si intende il numero complessivo dei diritti di voto.”; all’articolo 120, comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “Nel caso in cui l’emittente sia una PMI, tale soglia è pari al cinque per cento.”; all’articolo 120, comma 4, la lettera b è sostituita dalla seguente: “b) i criteri per il calcolo delle partecipazioni, avendo riguardo anche alle partecipazioni indirettamente detenute, alle ipotesi in cui il diritto di voto spetta o è attribuito a soggetto diverso dal socio nonché a quelle di maggiorazione dei diritti di voto;”;
h) all’articolo 121, il comma 2, è sostituito dal seguente: “2. Il limite richiamato nel comma 1 è elevato al cinque per cento, ovvero, nei casi previsti dall’articolo 120, comma 2, secondo periodo, al dieci per cento, a condizione che il superamento della soglia da parte di entrambe le società abbia luogo a seguito di un accordo preventivamente autorizzato dall'assemblea ordinaria delle società interessate.”;
i) all’articolo 121, comma 3, le parole “superiore al due per cento del capitale” sono sostituite dalla parole “in misura superiore alla soglia indicata nel comma precedente”;
l) all’articolo 122, comma 1, la lettera b) è sostituita dalla seguente “b) pubblicati per estratto sul sito Internet della società con azioni quotate” e la lettera c) è sostituita dalla seguente “c) comunicati anche per estratto alla società con azioni quotate”;
m) all’articolo 125-bis, comma 1, sono soppresse le parole: “ivi inclusa la pubblicazione per estratto sui giornali quotidiani”;
n) dopo l’articolo 127-quater è inserito il seguente articolo:
<<Art. 127-quinquies. Maggiorazione del voto.
1. In deroga all’articolo 2351, quarto comma, del codice civile, gli statuti possono disporre che sia attribuito voto maggiorato, fino a un massimo di due voti, per ciascuna azione appartenuta al medesimo soggetto per un periodo continuativo non inferiore a ventiquattro mesi a decorrere dalla data di iscrizione nell’elenco previsto dal comma 2. In tal caso, gli statuti possono altresì prevedere che colui al quale spetta il diritto di voto possa irrevocabilmente rinunciare, in tutto o in parte, al voto maggiorato.
2. Gli statuti stabiliscono le modalità per l’attribuzione del voto maggiorato e per l’accertamento dei relativi presupposti, prevedendo in ogni caso un apposito elenco. La Consob stabilisce con proprio regolamento le disposizioni di attuazione del presente articolo al fine di assicurare la trasparenza degli assetti proprietari e l’osservanza delle disposizioni del titolo II, capo II, sezione II. Restano fermi gli obblighi di comunicazione previsti in capo ai titolari di partecipazioni rilevanti.
3. La cessione dell’azione a titolo oneroso o gratuito comporta la perdita della maggiorazione del voto. Se lo statuto non dispone diversamente, il diritto di voto maggiorato:
a) viene meno in caso di cessione diretta o indiretta di partecipazioni di controllo in società o enti che detengono azioni a voto maggiorato in misura superiore alla soglia prevista dall’articolo 120, comma 2;
b) è conservato in caso di successione per causa di morte nonché in caso di fusione e scissione del titolare delle azioni;
c) si estende alle azioni di nuova emissione in caso di aumento di capitale ai sensi dell’articolo 2442 del codice civile.
4. Il progetto di fusione o di scissione di una società il cui statuto prevede la maggiorazione del voto può prevedere che il diritto di voto maggiorato spetti anche alle azioni spettanti in cambio di quelle a cui è
attribuito voto maggiorato. Lo statuto può prevedere che la maggiorazione del voto si estenda alle azioni emesse in esecuzione di un aumento di capitale mediante nuovi conferimenti..
5. Le azioni cui si applica il beneficio previsto dal comma 1 non costituiscono una categoria speciale di azioni ai sensi dell’art. 2348 del codice civile.
6. La deliberazione di modifica dello statuto con cui viene prevista la maggiorazione del voto non attribuisce il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 2437 del codice civile.
7. Qualora la deliberazione di modifica dello statuto di cui al comma 6 sia adottata nel corso del procedimento di quotazione in un mercato regolamentato delle azioni di una società non risultante da una fusione che coinvolga una società con azioni quotate, la relativa clausola può prevedere che ai fini del possesso continuativo previsto dal comma 1 sia computato anche il possesso anteriore alla data di iscrizione nell’elenco previsto dal comma 2.
8. Se lo statuto non dispone diversamente, la maggiorazione del diritto di voto si computa anche per la determinazione dei quorum costitutivi e deliberativi che fanno riferimento ad aliquote del capitale sociale. La maggiorazione non ha effetto sui diritti, diversi dal voto, spettanti in forza del possesso di determinate aliquote di capitale.>>;
o) l’articolo 134, comma 1, è soppresso.
2. Nel decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, articolo 4, comma 6, sono soppresse le parole: “a partire dall’esercizio individuato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro della giustizia”; nel decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, dopo l’articolo 9, sono inseriti i seguenti articoli:
“Articolo 9-bis. (Ruolo e funzioni dell’ Organismo Italiano di Contabilità)
1. L ‘organismo Italiano di Contabilità, istituto nazionale per i principi contabili:
a) emana i principi contabili nazionali, ispirati alla migliore prassi operativa, per la redazione dei bilanci secondo le disposizioni del codice civile;
b) fornisce supporto all’attività del Parlamento e degli Organi Governativi in materia di normativa contabile cd esprime pareri, quando ciò è previsto da specifiche disposizioni di legge o dietro richiesta dì altre istituzioni pubbliche;
c) partecipa al processo di elaborazione dei principi contabili internazionali adottati in Europa, intrattenendo rapporti con l’International Accounting Standards Board (IASB), con l‘European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) e con gli organismi contabili di altri paesi.
Con riferimento alle attività di cui ai punti precedenti, si coordina con le Autorità nazionali che hanno competenze in materia contabile.
2. Nell’esercizio delle proprie funzioni l’Organismo Italiano di Contabilità persegue finalità di interesse pubblico, agisce in modo indipendente e adegua il proprio statuto ai canoni di efficienza e di economicità. Esso riferisce annualmente al Ministero dell’economia e delle finanze sull’attività svolta.
Articolo 9-ter. (Finanziamento dell’Organismo Italiano di Contabilità)
1. Al finanziamento dell’Organismo italiano di contabilità, fondazione di diritto privato avente piena autonomia statutaria, concorrono le imprese attraverso contributi derivanti dall’applicazione di una maggiorazione dei diritti di segreteria dovuti alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura con il deposito dei bilanci presso il registro delle imprese ai sensi dell’articolo 18, comma .1, lettera e,), della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
2. Il Collegio dei fondatori dell’Organismo Italiano di Contabilità stabilisce annualmente il fabbisogno di finanziamento dell’Organismo Italiano Contabilità nonché le quote di finanziamento di cui al comma 1 da destinare all’International Accounting Standards Board (IASB) e all’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG).
3. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, provvede con decreto, ai sensi dell’articolo 18, comma 2, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, a definire la misura della maggiorazione di cui al comma 1 sulla base delle indicazioni di fabbisogno trasmesse dall’Organismo Italiano Contabilità. Con lo stesso decreto sono individuate le modalità di corresponsione delle relative somme all’Organismo Italiano Contabilità tramite il sistema camerale.”; sono abrogati i commi 86, 87 e 88 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
3. All’articolo 2437-ter, comma 3, del codice civile è soppressa la parola “esclusivamente” e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “Lo statuto delle società con azioni quotate in mercati regolamentati può prevedere che il valore di liquidazione sia determinato secondo i criteri indicati dai commi 2 e 4 del presente articolo, fermo restando che in ogni caso tale valore non può essere inferiore al valore che sarebbe dovuto in applicazione del criterio indicato dal primo periodo del presente comma”.
4. Al secondo comma dell’articolo 2343-bis del codice civile, dopo le parole “di un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede la società”, sono aggiunte le parole “ovvero la documentazione di cui all’art. 2343-ter primo e secondo comma”; al terzo comma dell’articolo 2343-bis del codice civile dopo le parole “di un esperto designato dal tribunale” sono aggiunte le parole “ovvero dalla documentazione di cui all’art. 2343-ter”.
5. Il secondo comma dell’articolo 2500-ter del codice civile è sostituito dal seguente:
“Nei casi previsti dal precedente comma il capitale della società risultante dalla trasformazione deve essere determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo e deve risultare da relazione di stima redatta a norma dell’articolo 2343 ovvero dalla documentazione di cui all’art. 2343-ter ovvero, infine, nel caso di società a responsabilità limitata, dell’articolo 2465. Si applicano altresì, nel caso di società per azioni o in accomandita per azioni, il secondo, terzo e, in quanto compatibile, quarto comma dell’articolo 2343 ovvero, nelle ipotesi di cui al primo e secondo comma dell’art. 2343-ter, il terzo comma del medesimo articolo.”.
6. Il secondo comma dell’articolo 2441 del codice civile, è sostituito dal seguente:
“L’offerta di opzione deve essere depositata presso l’ufficio del registro delle imprese e contestualmente resa nota mediante un avviso pubblicato sul sito internet della società, con modalità atte a garantire la sicurezza del sito medesimo, l’autenticità dei documenti e la certezza della data di pubblicazione, o, in mancanza, mediante deposito presso la sede della società. Per l’esercizio del diritto di opzione deve essere concesso un termine non inferiore a quindici giorni dalla pubblicazione dell’offerta”.
7. All’articolo 2327 del codice civile la parola “centoventimila” è sostituita dalla parola “cinquantamila”; all’articolo 2477 del codice civile è abrogato il secondo comma, nel terzo comma è soppressa la parola “altresì” e nel sesto comma sono soppresse le parole “secondo e”.
Relazione illustrativa
Nell’ottica di favorire e semplificare l’accesso al mercato dei capitali di rischio - soprattutto da parte delle piccole e medie imprese - nel comma 1 sono previste le seguenti modifiche del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (“Testo Unico della Finanza” o “TUF”):
• si introduce nel TUF una definizione di piccole e medie imprese con azioni quotate (“PMI”), rilevante ai fini delle nuove disposizioni che si introducono nello stesso Testo Unico della Finanza per prevedere un regime agevolato, rispetto a quello applicabile alla generalità delle società quotate, per tali società di minori dimensioni. In particolare, per individuare le PMI con azioni quotate sono stati presi a riferimento i seguenti parametri dimensionali: 1) fatturato; 2) capitalizzazione. Il parametro del fatturato deve essere necessariamente considerato alternativo a quello della capitalizzazione di mercato in quanto esso è: i) più stabile nel tempo (è soggetto a variazioni rilevabili con frequenza almeno annuale) e ii) conosciuto con assoluta certezza dalle società prima dell’inizio della procedura di ammissione a quotazione. Per dare stabilità all’assunzione della qualifica di PMI, si è previsto che la stessa venga meno solo se entrambi i limiti di fatturato e di capitalizzazione siano superati per tre anni consecutivi;
• al fine di incentivare la quotazione delle piccole e medie imprese a proprietà familiare, si introduce per le PMI la facoltà di modificare in via statutaria, entro un intervallo prestabilito dalla legge, la soglia rilevante per le offerte pubbliche di acquisto (“OPA”) obbligatorie di cui all’art. 106, comma 1, del TUF. In particolare, l’obbligo di OPA successiva e totalitaria, previsto dal vigente art. 106 del TUF, consegue al superamento della soglia fissa del 30% con riferimento a tutte le società quotate indipendentemente dalla dimensione delle stesse. Il sistema a soglia unica per tutte le società può irrigidire, in taluni casi, gli assetti proprietari con evidenti ripercussioni sul piano delle politiche di investimento. Con la modifica dell’art. 106 del TUF, le società che rientrano nella definizione di PMI
possono individuare, con apposita clausola statutaria, la soglia più adeguata alle proprie caratteristiche, individuata in un intervallo prestabilito (tra il 20% e il 40%). Ciò consentirebbe alle singole società la facoltà di diminuire/aumentare la loro contendibilità, in funzione delle specifiche esigenze. Le PMI potrebbero, pertanto, decidere di tutelarsi maggiormente contro il rischio di perdita del controllo attraverso la previsione di una soglia più bassa ovvero individuare una soglia più alta allo scopo di favorire l’ingresso nel capitale di altri soggetti. A tutela delle minoranze azionarie è stato, inoltre, previsto il diritto di recesso per i soci che non abbiano concorso all’adozione della relativa delibera, nelle ipotesi in cui la modifica statutaria per l’introduzione di una nuova soglia OPA intervenga quando i titoli della PMI siano già quotati. Con l’introduzione del nuovo comma 3- quater dell’art. 106 si interviene anche sulla disciplina dell’OPA da consolidamento delle PMI. L’art. 106, comma 3, lett. b), del TUF e la regolamentazione attuativa della Consob, prevedono un obbligo di offerta per i soggetti che, detenendo più del 30% e meno del 50%, acquistino più del 5% in un arco temporale di dodici mesi. Tale istituto, anche se non previsto dalla direttiva comunitaria sulle OPA (Direttiva 2004/25/CE del 21 aprile 2004), è presente in diversi ordinamenti, peraltro con regimi fortemente differenziati, e risponde alla finalità di garantire un diritto di exit agli azionisti di minoranza, in presenza del rafforzamento dell’influenza esercitata sulla quotata dal socio di controllo che accresce la propria partecipazione, passando da un controllo di fatto ad un controllo di diritto. La necessità di contemperare la posizione dei piccoli azionisti con la possibilità per l’azionista controllante “di fatto” di incrementare la propria posizione mediante ulteriori investimenti nella società, è stata già oggetto di considerazione nella legge 9 aprile 2009, n. 33, con cui è stato convertito il decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5 (c.d. “decreto incentivi” per favorire la ripresa economica), la quale ha innalzato la soglia rilevante ai fini dell’OPA da consolidamento dal 3% al 5% del capitale. Con la modifica in commento si prevede una agevolazione per le PMI per un primo periodo successivo alla quotazione: le PMI possono prevedere in via statutaria che nei primi 5 anni dall’inizio della quotazione non sia applicabile la disciplina dell’OPA da consolidamento. In tal modo gli azionisti di controllo possono in fase di IPO collocare più del 50% del capitale sul mercato, aumentando la liquidità delle azioni; allo stesso tempo mantengono la possibilità di riacquistare la quota di controllo di diritto nell’arco del quinquennio successivo alla quotazione, senza incorrere nell’obbligo di OPA;
• si modificano gli articoli 113-ter, 114, 122 e 125-bis del TUF, al fine di ridurre gli oneri economici delle società quotate correlati all’adempimento dell’obbligo di pubblicazione delle informazioni regolamentate sulla stampa quotidiana. Oltre ad un eccessivo costo per le società quotate, la pubblicazione sulla stampa non garantisce quella diffusione dell’informazione che oggi è assicurata, in attuazione della normativa comunitaria, dalla immediata pubblicazione sul sito internet della quotata, oltre che dalla trasmissione al sistema di diffusione delle informazioni regolamentate (“SDIR”), cui hanno accesso le agenzie di stampa, e al meccanismo di stoccaggio autorizzato dalla Consob, che ne garantisce la memoria storica;
• si modifica l’articolo 120, comma 4, del TUF per elevare, per le PMI, dal 2% al 5% la soglia delle partecipazioni rilevanti da comunicare alla Consob e alla società partecipata. Ciò può costituire un incentivo all’ingresso nel capitale delle PMI quotate da parte degli investitori professionali, soprattutto esteri;
• si modifica la disciplina dei limiti alle partecipazioni reciproche contenuta nell’art. 121 del TUF per le società con azioni quotate. In particolare, la disciplina civilistica (art. 2359-bis x.x., xxxxx 0) x xxxxxx xxx XXX (xxx. 121) prevedono limiti in materia di incroci azionari, con la finalità di prevenire possibili abusi di carattere amministrativo derivanti dagli incroci azionari, come l’inquinamento del voto, nonché di scongiurare il pericolo di un effetto “annacquamento” dei patrimoni delle società coinvolte. Si osserva, tuttavia, che il limite del 2% attualmente previsto in Italia per le quotate è il più basso tra quelli previsti negli Stati europei dotati di una specifica disciplina in materia. Al fine di favorire le politiche di alleanza commerciale tra le PMI (anche già quotate), si prevede l’innalzamento della soglia dal 2% al 5% e, nei casi di accordo autorizzato dall’assemblea ordinaria delle società interessate, al 10%;
• con l’introduzione nel TUF di un nuovo articolo 127-quinquies (“Maggiorazione del voto”), si rimette all’autonomia statutaria delle società in via di quotazione ovvero già quotate di prevedere azioni a voto maggiorato a beneficio degli azionisti di lungo periodo. Il timore di perdere il controllo a seguito della quotazione rappresenta uno dei principali fattori che disincentiva l’ingresso in borsa delle imprese familiari italiane. Una maggiore flessibilità nella struttura del capitale in deroga al
principio “one share-one vote” può consentire di aumentare la dimensione del flottante in sede di offerta al pubblico finalizzata alla quotazione (“IPO”) e, di conseguenza, la liquidità delle azioni delle società quotate senza determinare una diluizione in sede assembleare per gli azionisti di riferimento. L’uso di diverse classi di azioni con diritti di voto differenziati e di meccanismi di incremento del diritto di voto per gli azionisti stabili è prassi comune in altri paesi tra i quali: Francia, Olanda, Paesi nordici europei e Stati Uniti. In Italia, l’art. 2351 del codice civile, a seguito della riforma del diritto societario del 2003, consente all’autonomia statutaria di prevedere l’emissione di categorie di azioni senza diritto di voto, con voto limitato a particolari argomenti, con voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative, ma continua a vietare l’emissione di azioni con voto plurimo. Tuttavia, come evidenziato dalla letteratura economica e dalla prassi operativa, l’obbligatorietà della regola “un’azione-un voto” può spingere le imprese a ricorrere alla stipula di patti parasociali o altri strumenti di rafforzamento del controllo tendenzialmente più opachi come i gruppi piramidali e le partecipazioni incrociate. Inoltre, il Piano d’Azione della Commissione Europea per la modernizzazione del diritto delle società e il rafforzamento del governo societario del 2012 ha riproposto una riflessione sull’opportunità di incentivare gli azionisti a investimenti di lungo periodo, anche attraverso l’utilizzo di azioni a voto multiplo (con particolare riguardo alle loyalty shares francesi che attribuiscono un doppio voto a coloro che le abbiano detenute ininterrottamente per un certo periodo di tempo). Si rammenta che in Italia, con il d.lgs. n. 27/2010, al fine di incentivare gli investitori di lungo periodo, è stata rimessa all’autonomia statutaria delle quotate (cfr. art. 127-quater del TUF) la possibilità di prevedere un “dividendo maggiorato” (non superiore al 10% del dividendo ordinario) a beneficio degli azionisti, diversi dai soci di controllo, che abbiano detenuto in modo continuativo le azioni per un periodo individuato dagli stessi statuti, non inferiore ad un anno. Si ritiene, pertanto, importante consentire alle società quotande e quotate di prevedere una maggiorazione del voto come “premio di fedeltà” per gli azionisti di lungo periodo. Con l’introduzione dell’art. 127-quinquies nel TUF si consente, quindi, alle società quotande e quotate di prevedere in via statutaria l’attribuzione di un diritto di voto maggiorato, con un limite di due voti, per tutte le azioni detenute da uno stesso azionista per un periodo consecutivo indicato nello statuto, non inferiore a ventiquattro mesi. Le azioni a voto doppio non costituiscono una categoria speciale di azioni e in caso di successivo trasferimento delle stesse la maggiorazione del voto si estingue. Le modalità attuative per l’accertamento dei presupposti per l’attribuzione del voto maggiorato sono individuate nello statuto e la Consob è delegata a stabilire con proprio regolamento ulteriori norme di attuazione anche con riferimento a regole di trasparenza. Ai fini di un coordinamento, sono introdotte, inoltre, modifiche alle norme del TUF in materia di partecipazioni rilevanti e di OPA obbligatoria (in particolare sono modificati gli artt. 104-bis, 105, 106 e 109, in materia di OPA, e l’art. 120 in materia di partecipazioni rilevanti). Con riferimento alle partecipazioni rilevanti, si è chiarito che, come richiesto dalla c.d. Direttiva Transparency (Direttiva 2004/109/CE), la maggiorazione del voto fa sorgere gli obblighi di comunicazione. Coerentemente con il grado di dettaglio della disciplina primaria, si è rimessa alla Consob l’attuazione delle disposizioni conseguenti. Con riferimento alla disciplina dell’OPA obbligatoria - in linea con l’art. 3, lettera a), della Direttiva 2004/25/CE in materia di offerte pubbliche di acquisto e come previsto in Francia per le loyalty shares - si è attribuita rilevanza al superamento della soglia per maggiorazione dei diritti di voto anche in assenza di acquisti, salvo che sussistano ipotesi di esenzione per superamenti di soglia temporanei.
Nel comma 2 è prevista la modifica dell’articolo 4, comma 6, del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38 (recante disposizioni in materia di applicazione dei principi contabili internazionali per la redazione dei bilanci annuali o consolidati), per semplificare l’utilizzo degli IAS/IFRS (International Financial Reporting Standards) da parte delle “società chiuse”. In particolare, la previsione della facoltà per le “società chiuse” di utilizzare gli IAS/IFRS favorisce il percorso di conoscibilità e visibilità internazionale delle società che intendano, o anche solo non escludano, accedere al mercato dei capitali di rischio e il graduale adeguamento allo status di emittente quotato. La mancata emanazione del decreto ministeriale citato dalla disposizione in esame non ha consentito, ad oggi, il ricorso a tale facoltà; viene, pertanto, eliminato il rinvio al decreto ministeriale. Nel medesimo comma 2, tramite ulteriori novelle al decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, sono definiti il ruolo e le funzioni svolte dall’Organismo Italiano Contabilità (“OIC”). A causa dell’importanza sempre maggiore rivestita dalle regole contabili e dalla difficoltà nell’influire sul processo di formazione delle stesse, i principali Paesi europei hanno proceduto ad un formale riconoscimento dei propri organismi contabili, in modo che essi operino all’interno dei consessi internazionali quali portatori di interessi pubblici. Il riconoscimento dell’OIC quale soggetto legittimato a rappresentare istituzionalmente le istanze italiane nel processo di formazione dei principi contabili e nella definizione delle regole di
governance degli organismi a ciò preposti, è stato implicitamente già conferito allo stesso nel momento in cui la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria per il 2008) ne ha previsto il finanziamento a carico di contributi obbligatori da parte delle imprese. Un riconoscimento esplicito di tale ruolo per via legislativa potrebbe conferire allo standard setter nazionale una posizione di maggiore influenza nei tavoli negoziali ove le suddette questioni sono trattate, con particolare riferimento alla proattiva collaborazione con l’International Accounting Standards Board (IASB), l’organismo preposto all’emanazione dei principi contabili internazionali (IFRS), nonché alla partecipazione ai lavori dell’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG), l’ente chiamato a fornire consulenza ed assistenza alla Commissione europea nel processo di omologazione degli IFRS da parte dell’Unione europea. Le motivazioni di fondo della presente proposta normativa rispondono quindi all’esigenza di potere influenzare il procedimento di formazione dei principi contabili internazionali (IFRS) e alla necessità di assicurare un coordinamento tra i diversi soggetti pubblici ad esse interessate. Poiché nel decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, per motivi sistematici, è introdotto un nuovo articolo 9-ter che disciplina le modalità di finanziamento dell’Organismo Italiano Contabilità, replicando quanto già disposto nei commi 86, 87 e 88 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria per il 2008), quest’ultimi sono abrogati.
Nel comma 3 è prevista una modifica dell’art. 2437-ter, comma 3, del codice civile che disciplina i criteri di determinazione del valore delle azioni delle società quotate in caso di recesso. L’esclusivo criterio della media aritmetica dei prezzi di chiusura di mercato nei sei mesi che precedono la pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea, non sempre risulta idoneo al fine di una corretta e reale determinazione del valore delle azioni quotate, necessaria per garantire un equo trattamento ai soci titolari del diritto di recesso. L’introduzione di una maggiore flessibilità del criterio di liquidazione delle azioni quotate in mercati regolamentati, consentendo agli statuti di prevedere, in caso di recesso, un criterio diverso dalla media aritmetica dei prezzi di chiusura di mercato nei sei mesi anteriori, purché in concreto più vantaggioso per il socio recedente, certamente può favorire un maggiore sviluppo degli investimenti a beneficio delle quotate. In particolare, può favorire l’ingresso di investitori nelle Special Purpose Acquisition Companies (SPACs), veicoli societari che avviano la propria quotazione per reperire risorse dal mercato da investire in PMI prima ancora di aver concretamente individuato il preciso settore di attività su cui le risorse raccolte saranno investite e che, una volta acquisite le società target, sono solite procedere alla fusione per incorporazione. I soci investitori avranno così la possibilità o di rimanere soci della società risultante della fusione o di recedere ad un prezzo equo.
I commi 4 e 5 prevedono l’applicazione della procedura semplificata prevista dall’art. 2343-ter del codice civile (“Conferimento di beni in natura e crediti senza relazione di stima”), qualora sussistano i presupposti ivi indicati, alle ipotesi di cui all’art. 2343-bis (“Acquisto della società da promotori, fondatori, soci e amministratori”) e all’art. 2500-ter (“Trasformazione di società di persone”), recependo quanto in parte già sostenuto in dottrina in merito all’applicabilità, in via analogica, della predetta procedura semplificata per gli acquisti da promotori, fondatori, soci e amministratori e per la trasformazione di società di persone in società di capitali.
Il comma 6, modificando il secondo comma dell’art. 2441 c.c., riduce la durata minima del periodo previsto per l’esercizio del diritto di opzione negli aumenti di capitale a quindici giorni, allineando la disciplina delle società non quotate a quella attualmente prevista per le società quotate. Conseguentemente, si abroga – cfr. comma 1, lettera m - il comma 1 dell’art. 134 del TUF che prevede la norma speciale per le società con azioni quotate. Si ritiene che la riduzione alla metà dei termini in questione possa consentire alle società non quotate di raccogliere nuovi capitali più rapidamente, esigenza avvertita soprattutto in occasione di aumenti di capitale conseguenti all’erosione del capitale per perdite ai sensi degli artt. 2446 e 2447 del codice civile e in connessione con operazioni di ristrutturazione dell’indebitamento. La riduzione del termine minimo per l’esercizio del diritto di opzione per le società non quotate si ritiene sia mitigata dalla previsione della pubblicazione sul sito internet della società di un avviso sull’offerta in opzione ovvero, in alternativa, dal deposito dell’avviso presso la sede sociale: in tal modo l’informativa sull’offerta risulterà, in concreto, più rapidamente accessibile per i soci rispetto al mero accesso al registro delle imprese. Rimane ferma la disciplina speciale sulle modalità di pubblicazione degli avvisi dell’offerta in opzione prevista per le società quotate.
Il comma 7 riduce il capitale minimo richiesto per la costituzione di una Spa da 120 mila a 50 mila euro. L’ammontare minimo del capitale sociale per la costituzione di una società per azioni può essere considerato, tra gli altri, uno dei motivi per i quali le imprese in fase di avviamento privilegiano il ricorso al tipo della s.r.l., in luogo della s.p.a. che per converso rappresenta il modello di riferimento per accedere al mercato dei capitali di rischio e di debito. Nell’ordinamento europeo la seconda direttiva in materia di società (77/91/CE) e l’art. 6, par. 1, della direttiva 2012/30/UE del 25 ottobre 2012 prevedono un importo minimo pari a 25 mila euro. Inoltre, le legislazioni dei principali Stati membri dell’UE (Regno Unito, Germania e Francia) prevedono un capitale minimo inferiore a quello stabilito in Italia. Per motivi sistematici e in un’ottica di semplificazione e di riduzione dei costi per le piccole e medie imprese, viene abrogato il secondo comma dell’art. 2477 del codice civile che impone alle società a responsabilità limitata con capitale sociale non inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni di nominare un organo di controllo o un revisore unico.
Articolo
(Misure a favore delle emissioni di obbligazioni societarie)
1. Al primo comma dell’articolo 1 del decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239, dopo le parole "sistemi multilaterali di negoziazione emessi da società diverse dalle prime," sono inserite le parole: "o, qualora tali obbligazioni e titoli similari e cambiali finanziarie non siano negoziate, detenuti da uno o più investitori qualificati ai sensi dell’articolo 100 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58";
2. Il comma 9-bis dell'articolo 32 del decreto legge 22 giugno 2012 n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 è sostituito dal seguente:
“9-bis. La ritenuta di cui all’articolo 26, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, non si applica agli interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari e delle cambiali finanziarie corrisposti a organismi di investimento collettivo del risparmio, istituiti in Italia o in uno Stato membro dell'Unione Europea, il cui patrimonio sia investito in misura superiore al 50 per cento in tali titoli e le cui quote siano detenute esclusivamente da investitori qualificati ai sensi dell’articolo 100 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. La composizione del patrimonio e la tipologia di investitori deve risultare dal regolamento dell’organismo. La medesima ritenuta non si applica agli interessi e altri proventi corrisposti a società per la cartolarizzazione dei crediti di cui alla legge 30 aprile 1999, n. 130, emittenti titoli detenuti dai predetti investitori qualificati e il cui patrimonio sia investito in misura superiore al 50 per cento in tali obbligazioni, titoli similari o cambiali finanziarie”.
Relazione illustrativa
Il comma 1 estende il regime dell’imposta sostitutiva di cui al Decreto Legislativo 1 aprile 1996, n. 239, anche agli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari e cambiali finanziarie non quotate emesse da società non quotate e detenute da investitori qualificati.
Questa misura mira a rimuovere le incongruenze normative che penalizzano le operazioni cd. di private placement, molto diffuse sui mercati internazionali e idonee a consentire la provvista a favore delle imprese italiane anche da parte di soggetti finanziatori che investono unicamente in strumenti finanziari negoziabili. In relazione a tali operazioni, che per ragioni di costo non prevedono di norma l’accentramento dei titoli presso sistemi di gestione accentrata ovvero l’intervento di intermediari finanziari, l’imposta sostitutiva sarà normalmente applicata dall’emittente ai sensi dell’art. 5, comma 2, del medesimo decreto legislativo nella sua formulazione vigente.
Il comma 2 ha la finalità di meglio precisare le condizioni previste ai fini della disapplicazione della ritenuta di cui all’art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973 sui proventi dei titoli obbligazionari e cambiali finanziarie ivi disciplinate, se percepiti da OICR dedicati ai predetti investimenti e detenuti da investitori qualificati. Allo scopo di eliminare una residua asimmetria di trattamento fiscale relativa alle operazioni di cartolarizzazione, si estende anche ai titoli emessi nell’ambito di questa tipologia di operazioni il beneficio della disapplicazione della ritenuta d’acconto.
Articolo …
(Misure a favore del credito alle imprese)
1. Dopo il comma 5 dell’art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è aggiunto il seguente:
"La ritenuta di cui al precedente comma non si applica agli interessi e altri proventi derivanti da finanziamenti [a medio e lungo termine] alle imprese erogati da enti creditizi stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea, imprese di assicurazione costituite e autorizzate ai sensi di normative emanate da Stati membri dell’Unione europea o organismi di investimento collettivo del risparmio che non fanno ricorso alla leva finanziaria, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917".
2. Al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al primo comma dell’articolo 15, dopo le parole "le cessioni di credito stipulate in relazione a tali finanziamenti," sono inserite le parole "nonché alle successive cessioni dei relativi contratti o crediti e ai trasferimenti delle garanzie ad essi relativi";
b) dopo l’articolo 17 è inserito il seguente:
c) “Art. 17-bis (Altre operazioni ammesse a fruire dell’agevolazione). Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano altresì alle operazioni di finanziamento la cui durata contrattuale sia stabilita in più di diciotto mesi poste in essere dalle società di cartolarizzazione di cui alla legge 30 aprile 1999, n. 130, nonché da imprese di assicurazione costituite e autorizzate ai sensi di normative emanate da Stati membri dell’Unione europea o organismi di investimento collettivo del risparmio costituiti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917".
3. Dopo il comma 2 dell’articolo 114 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, sono aggiunti i seguenti commi:
“2-bis. Non configura esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma l’operatività [, diversa dal rilascio di garanzie,] effettuata esclusivamente nei confronti di soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle microimprese, come definite dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato alla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea, del 6 maggio 2003, da parte di imprese di assicurazione italiane entro i limiti stabiliti dal decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, come modificato dalla presente legge, e dalle relative disposizioni attuative emanate dall’IVASS. I soggetti di cui al comma 2-bis inviano alla Banca d’Italia, con le modalità e nei termini da essa stabiliti, le segnalazioni periodiche nonché ogni altro dato e documento richiesto, e partecipano alla centrale dei Rischi della Banca d’Italia, secondo quanto stabilito dalla Banca d’Italia.
4. L’articolo 38, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, sono apportate le seguenti modifiche:
a) dopo la parola “derivati” sono inserite le seguenti: “e finanziamenti concessi nei confronti di soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle microimprese, come definite dall’art. 2, paragrafo 1, dell’allegato alla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione Europea”;
b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Nel caso di finanziamenti concessi nei confronti di soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle microimprese, l’IVASS stabilisce condizioni e limiti operativi tenendo conto dei seguenti criteri:
a) i prenditori dei finanziamenti siano individuati da una banca o da un intermediario finanziario iscritto nell’albo di cui all’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni;
b) la banca o l’intermediario finanziario di cui alla lettera a) trattenga un significativo interesse economico nell’operazione fino alla scadenza dell’operazione;
c) il sistema dei controlli interni e gestione dei rischi dell’impresa sia adeguato e consenta di comprendere a pieno i rischi, in particolare di credito, connessi a tale categoria di attivi;
d) l’impresa sia dotata di un adeguato livello di patrimonializzazione”.
5. Al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’art. 1, comma 1, lettera k), dopo la parola “crediti” sono inserite le seguenti: “, inclusi quelli erogati a valere sul patrimonio dell’OICR,”;
b) all’art. 8, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente comma:
“1-bis. Gli OICR che investono in crediti partecipano alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia, secondo quanto stabilito dalla Banca d’Italia.”.
6. Alla legge del 30 aprile 1999 n. 130, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’articolo 1, dopo il comma 1-bis, è aggiunto il seguente:
“1-ter. Le società di cartolarizzazione di cui all’articolo 3 possono concedere finanziamenti nei confronti di soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle microimprese, come definite dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato alla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea, del 6 maggio 2003, nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) i prenditori dei finanziamenti siano individuati da una banca o da un intermediario finanziario iscritto nell’albo di cui all’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, i quali possono svolgere altresì i compiti indicati all’articolo 2, comma 3, lettera c);
b) i titoli emessi dalle stesse per finanziare l’erogazione dei finanziamenti siano destinati ad investitori qualificati come definiti ai sensi dell’articolo 100 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;
c) la banca o l’intermediario finanziario di cui alla lettera a) trattenga un significativo interesse economico nell’operazione, nel rispetto delle modalità stabilite dalle disposizioni di attuazione della Banca d’Italia.”.
b) All’articolo 3, comma 2, dopo le parole “I crediti relativi a ciascuna operazione” sono aggiunte le seguenti: “(per tali intendendosi sia i crediti vantati nei confronti del debitore o dei debitori ceduti, sia ogni altro credito maturato dalla società di cui al comma 1 nel contesto dell’operazione), i relativi incassi e le attività finanziarie acquistate con i medesimi”.
c) All’articolo 3, il comma 2-bis è sostituito dal seguente:
“2-bis. Non sono ammesse azioni da parte di soggetti diversi da quelli di cui al comma 2 sui conti delle società di cui al comma 1 aperti presso la banca depositaria ovvero presso i soggetti di cui all’articolo 2, comma 3, lettera c), dove vengono accreditate le somme corrisposte dai debitori ceduti nonché ogni altra somma pagata o comunque di spettanza della società ai sensi delle operazioni accessorie condotte nell’ambito di ciascuna operazione di cartolarizzazione o comunque ai sensi dei contratti dell’operazione. Tali somme possono essere utilizzate dalle società di cui al comma 1 esclusivamente per il soddisfacimento di crediti vantati dai soggetti di cui al comma 2 e dalle controparti dei contratti derivati con finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti, nonché per il pagamento degli altri costi dell’operazione. In caso di avvio nei confronti del depositario di procedimenti di cui al titolo IV del testo unico bancario, nonché di procedure concorsuali, le somme accreditate su tali conti e quelle affluite in corso di procedura non sono soggette a sospensione dei pagamenti e vengono immediatamente e integralmente restituite alla società senza la necessità di deposito di domanda di ammissione al passivo o di rivendica e al di fuori dei piani di riparto o di restituzione di somme.”
d) All’articolo 3, il comma 2-ter è sostituito dal seguente:
“2-ter. Sui conti correnti dove vengono accreditate le somme incassate per conto delle società di cui al comma 1 corrisposte dai debitori ceduti - aperti dai soggetti che svolgono nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione dei crediti, anche su delega dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 6, i servizi indicati nell’articolo 2, comma 3, lettera c) - non sono ammesse azioni da parte dei creditori di tali soggetti se non per l’eccedenza delle somme incassate e dovute alle società di cui al comma 1. In caso di avvio nei confronti di tali soggetti di procedimenti concorsuali, le somme accreditate su tali conti e quelle affluite in corso di procedura, per un importo pari alle somme incassate e dovute alle società di cui al comma 1, vengono
immediatamente e integralmente restituite alle società di cui al comma 1 senza la necessità di deposito di domanda di ammissione al passivo o di rivendica e al di fuori dei piani riparto o di restituzione di somme.”
e) All’articolo 5, comma 2-bis, le parole “comma 1-bis,” sono eliminate.
f) All’articolo 7, dopo il comma 7-ter sono inseriti i seguenti commi:
“7-quater. La presente legge si applica altresì alle operazioni di cartolarizzazione di crediti sorti dalla concessione di uno o più finanziamenti da parte della società emittente i titoli. Nel caso di operazioni realizzate mediante concessione di finanziamenti, i richiami al cedente e al cessionario devono intendersi riferiti, rispettivamente, al soggetto finanziato e al soggetto finanziatore e i richiami ai debitori ceduti si intendono riferiti ai soggetti finanziati. A tali operazioni si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 1, 2, 3, 5, 6 e 7.
7-quinquies. Dalla data certa dell’avvenuta erogazione, anche in parte, del finanziamento relativo alle operazioni di cartolarizzazione di cui al comma 7-quater, sui crediti sorti e sulle somme corrisposte dai debitori sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti di cui all’ articolo 1, comma 1, lettera b).
7-sexies. Nelle operazioni di cui al comma 7-quater i titoli emessi dalle società per finanziare l’erogazione dei finanziamenti o l’acquisto dei crediti sono destinati ad investitori qualificati ai sensi dell’articolo 100 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
7-septies. I soggetti di cui all’articolo 2, comma 6, in aggiunta agli altri obblighi previsti dalla presente legge, verificano la correttezza delle operazioni poste in essere ai sensi del comma 7-quater e la conformità delle stesse alla normativa applicabile.”.
7. L’articolo 11, comma 3-quater, del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni nella legge 21 febbraio 2014, n. 9, è abrogato.
Relazione illustrativa
Al fine di favorire i finanziamenti alle imprese, il comma 1 mira ad ampliare anche agli enti creditizi, alle imprese di assicurazioni costituite e autorizzate ai sensi di normative emanate da Stati membri dell’Unione europea e ai fondi di investimento in strumenti di credito stabiliti in Stati membri dell’Unione Europea, o dello spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni, il regime di esenzione da ritenuta alla fonte sugli interessi attualmente riservato soltanto ai soggetti residenti in Italia.
Con questa misura, limitata ai finanziamenti a favore di soggetti che esercitano attività di impresa in qualsiasi forma, si intende eliminare il rischio di doppia imposizione giuridica, che economicamente risulta di norma traslato sul debitore, favorendo l’accesso delle imprese italiane a costi competitivi anche a fonti di finanziamento estere. Tra queste rientrano i cosiddetti "fondi di credito", che dispongono di ampie riserve di liquidità per finanziare le imprese. Si è ritenuto di limitare il beneficio ai fondi che non fanno ricorso alla leva finanziaria, ossia quelli che presentano un rischio sistemico molto contenuto.
Il comma 2 mira invece ad estendere l’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione del regime sostitutivo delle imposte gravanti sui finanziamenti a medio e lungo termine.
Infatti, da un lato, è stabilito che anche le cessioni di credito stipulate in relazione ai finanziamenti che beneficiano del regime nonché le eventuali successive cessioni dei relativi crediti o contratti unitamente ai trasferimenti delle garanzie ad essi relativi ricadano nell’ambito di applicazione dell’imposta sostitutiva, che ora è previsto che sostituisca anche l’imposta sulle transazioni finanziarie altrimenti applicabile alle obbligazioni convertibili.
Dall’altro, è previsto l’ampliamento della platea di soggetti ammessi a fruire del regime in oggetto, con l’obiettivo di incrementare l’offerta fiscalmente agevolata di credito anche da parte di soggetti non residenti, anche non bancari, quali imprese di assicurazioni, organismi di investimento collettivo del risparmio e delle società di cartolarizzazione, che possono raccogliere la provvista sul mercato dei capitali mediante l’emissione di strumenti finanziari.
I commi 3 e 4 consentono alle imprese di assicurazione italiane di svolgere l’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, esclusivamente nei confronti delle imprese. Questa apertura è volta a
consentire a tali soggetti, che possono svolgere un importante ruolo di investitori di lungo periodo, l’accesso diretto al mercato del credito. Ad oggi, le imprese di assicurazione possono investire in crediti, ma è loro preclusa l’attività di concessione diretta di finanziamenti. In linea con la positiva esperienza maturata in altre giurisdizioni europee, la norma in questione intende aprire a tale opportunità di investimento.
La Banca d’Italia disciplinerà i termini e le modalità per la trasmissione da parte delle compagnie di comunicazioni periodiche (ci si riferisce, segnatamente, alle c.d. segnalazioni statistiche), di ogni altro dato o documento richiesto e della loro partecipazione alla Centrale dei Rischi.
L’IVASS invece stabilirà le condizioni e i limiti operativi per la concessione dei finanziamenti, prevedendo in particolare che i prenditori dei finanziamenti siano individuati da una banca o da un intermediario finanziario iscritto all’albo previsto dall’art. 106 del Testo Unico Bancario, che dovranno trattenere un significativo interesse economico nell’operazione di finanziamento fino alla sua scadenza.
Il comma 5 e il comma 6, lettera a), introducono la possibilità anche per le società di cartolarizzazione di concedere finanziamenti alle imprese, nel rispetto di condizioni analoghe a quanto previsto per le compagnie di assicurazione.
L’apertura ai veicoli di cartolarizzazione si pone in continuità con l’apertura data dal nostro ordinamento agli investitori istituzionali esteri e all’investimento di capitali di credito tramite lo strumento della cartolarizzazione. La legge 130 del 1999 ha mostrato grande flessibilità operativa, coniugando le esigenze di flessibilità degli investitori con la necessaria presenza di una banca o di un intermediario vigilato che – svolgendo il ruolo di soggetto incaricato dei servizi di cassa e pagamento (c.d. servicer) – assicura un presidio pubblico e di trasparenza in ottica di riduzione dei rischi sistemici.
Le disposizioni della lettera b) sono volte a chiarire che rientrano nel patrimonio separato di ciascuna operazione di cartolarizzazione (e, pertanto, non assoggettabili ad azioni da parte di terzi diversi dai portatori dei titoli), oltre ai crediti vantati nei confronti dei debitori ceduti, qualsiasi credito maturato dalla società di cartolarizzazione in relazione alla specifica operazione di cartolarizzazione, nonché la cassa generata dagli incassi dei crediti ceduti e le attività finanziarie acquistate dalla società di cartolarizzazione nel contesto della medesima operazione. Queste misure mirano a fugare possibili incertezze interpretative e a irrobustire la struttura delle operazioni estendendo il regime della segregazione anche a eventuali investimenti realizzati con i proventi dell’incasso dei crediti, in modo da agevolare una migliore e più efficiente gestione della cassa.
Le disposizioni della lettera c) sono volte a salvaguardare i pagamenti previsti in un’operazione di cartolarizzazione, garantendo la libera e immediata disponibilità degli incassi generati nell’ambito dell’operazione medesima. A tal fine viene stabilito che i conti correnti utilizzati nel contesto di una operazione di cartolarizzazione non sono assoggettabili ad azioni da parte di soggetti diversi dai portatori dei titoli della specifica operazione nonché che l’eventuale apertura di una procedura concorsuale nei confronti del depositario non comporta la sospensione dei pagamenti a valere sulle somme accreditate sui conti aperti presso lo stesso depositario, anche in relazione a somme che vengano depositate su tali conti nel corso della procedura. È previsto, infatti, che tali somme siano immediatamente disponibili, senza necessità di specifiche domande agli organi della procedura.
Le disposizioni della lettera d) condividono le medesime finalità di quelle della lettera b), ovvero salvaguardare i pagamenti previsti in un’operazione di cartolarizzazione, garantendo la libera ed immediata disponibilità degli incassi generati nell’ambito dell’operazione medesima. Pertanto, viene stabilito che i conti correnti utilizzati dai soggetti incaricati della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento di un’operazione di cartolarizzazione non sono assoggettabili ad azioni da parte di creditori degli stessi, se non nei limiti di eventuali somme depositate in eccesso rispetto a quanto dovuto alla società di cartolarizzazione. Inoltre, in linea con quanto previsto dalla lettera b), viene stabilito che le somme depositate su tali conti correnti siano immediatamente disponibili per essere trasferite alla società di cartolarizzazione anche nell’ipotesi di apertura di una proceduta concorsuale, senza necessità di specifiche domande agli organi della procedura.
La lettera e) mira ad ampliare l’ambito di applicazione della norma, consentendo alle imprese di assicurazione l’utilizzo di qualsiasi titolo emesso nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione (e non solamente dei titoli emessi nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione dei cosiddetti mini-bond) quale attivo ammesso a copertura di riserve tecniche. Tale modifica dovrebbe aumentare l’interesse da parte delle imprese di assicurazione all’acquisto di titoli emessi nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione.
Le disposizioni della lettera f) sono volte a regolare, la possibilità per le società disciplinate dalla legge 130 del 1999 di concedere credito anche sotto forma di finanziamento. La norma pone le basi per consentire a tali società – che rappresentano un punto di collegamento tra le imprese finanziate e gli investitori istituzionali – la concessione di finanziamenti e l’emissione di titoli a fronte dei finanziamenti concessi. In ottica di tutela degli investitori, della riserva di attività bancaria e di riduzione dei rischi sistemici, i titoli emessi a fronte delle operazioni realizzate tramite la concessione di un finanziamento possono essere acquistati solo da investitori qualificati ai sensi dell’articolo 100 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
Il comma 7 abroga la norma di interpretazione autentica dell’art. 111 l. fall., di recente introdotta in sede di conversione del c.d. “Decreto Destinazione Italia”, in quanto in netto contrasto con gli interventi di riforma della disciplina del concordato preventivo che si sono susseguiti a partire dal 2005. Come noto, infatti, i principali obiettivi di tali interventi sono stati quelli di rendere la procedura di concordato preventivo più efficiente al fine di pervenire alla risoluzione delle crisi d’impresa in maniera più celere e, soprattutto, di favorire il risanamento dell’impresa in crisi attraverso la prosecuzione dell’attività aziendale. La norma in questione, per quanto di portata apparentemente limitata, pregiudica in misura significativa il raggiungimento di tali obbiettivi.
Si richiamano a tal proposito le osservazioni critiche formulate nel parere del Ministero della Giustizia in data 5 febbraio 2014 e, in particolare, i dubbi sulla legittimità costituzionale della norma (retroattività della norma; assenza di significativo contrasto interpretativo della norma interpretata) nonché gli effetti negativi che dalla stessa potrebbero discendere (lesione dell’affidamento delle controparti del debitore in concordato; incerto rilievo della norma in caso di deposito di domanda di omologazione degli accordi ex art. 182-bis; mancato coordinamento con esenzione da revocatoria).
Tra questi, occorre evidenziare il pregiudizio che ne potrebbe derivare alla continuità aziendale del debitore durante la procedura di “pre-concordato” e più in generale l’effetto disincentivante sull’utilizzo del concordato preventivo da parte delle aziende stante l’incertezza nei rapporti con i terzi. Infatti, poiché ai terzi non si garantisce più che, in caso di inadempimento, il debito contratto dal debitore in concordato sarà trattato come prededucibile in un successivo fallimento, tali terzi saranno restii a proseguire o avviare rapporti commerciali con il debitore, se non a condizioni particolarmente gravose per quest’ultimo. Ciò con pregiudizio, dunque, della continuità aziendale che la disciplina del concordato, specie dopo la riforma del 2012, intende favorire.
Più in generale, stante l’incertezza che deriva dalla norma in questione (peraltro in contrasto sistematico con altre norme, si veda oltre), lo strumento del concordato preventivo rischia di diventare un’opzione poco praticabile soprattutto per le aziende che abbiano serie prospettive di risanamento e rapporti con i terzi da preservare. Il concordato preventivo tornerebbe dunque a essere relegato a soluzione di ultima istanza per società decotte, sostanzialmente un’anticamera del fallimento. Degli effetti di cui sopra si ha già evidenza pratica in alcune situazioni concrete, stante il clima di incertezza creato dalla norma in questione, clima destinato a diffondersi mano a mano che gli operatori acquistano consapevolezza degli effetti derivanti dalla norma.
Infine, si rileva che la norma di interpretazione autentica è intervenuta sull’art. 111 e non sull’art. 161, comma 7, l. fall. Quest’ultima norma espressamente dispone che i crediti sorti durante il concordato per effetto di atti legalmente compiuti dal debitore sono assistiti dal beneficio della prededuzione (indipendentemente dalla successiva ammissione del debitore alla procedura). Conseguentemente, non è chiaro in che modo la norma di interpretazione autentica abbia inciso sull’applicazione dell’art. 161, comma 7, l. fall. né in che rapporto si ponga ora l’art. 161, comma 7, l. fall. rispetto all’art. 111 l. fall. La conseguente incertezza pregiudica la comprensibilità della complessiva disciplina della prededuzione, esattamente al contrario di ciò cui dovrebbe tendere una norma di interpretazione autentica.
Articolo
(Finanziamenti di cui all’art. 3-bis del decreto legge n. 4 del 2014)
0.Xx soggetti che hanno contratto i finanziamenti di cui all'articolo 3-bis, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio 2014, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2014, n. 50, ferma restando la durata massima del piano di ammortamento per la restituzione del debito, ai sensi del citato articolo 3-bis, è concessa, previa domanda, la sospensione del pagamento dovuto per la restituzione del debito per quota capitale di cui al medesimo articolo 3-bis, comma 1, per un periodo di dodici mesi e con conseguente rimodulazione delle rate in quote costanti. All'attuazione del presente articolo si provvede a valere sulle
risorse disponibili delle contabilità speciali di cui all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge 6 giugno 2012,
n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2012. n. 122, e successive modificazioni, ricorrendo eventualmente alla ridefinizione degli interventi programmati.
Articolo
(Garanzia dello Stato in favore di SACE per operazioni non di mercato
1. Al fine di rafforzare il supporto all'export e all'internazionalizzazione delle imprese, nonché di assicurare certezza e trasparenza al rapporto tra lo Stato e Sace S.p.A. in materia di assicurazione e garanzia dei rischi non di mercato, all'articolo 6 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo il comma 9, sono aggiunti i seguenti:
“9-bis. La garanzia dello Stato per rischi non di mercato può altresì operare in favore di Xxxx S.p.A. rispetto ad operazioni riguardanti settori strategici per l’economia italiana ovvero società di rilevante interesse nazionale in termini di livelli occupazionali, di entità di fatturato o di ricadute per il sistema economico produttivo del Paese, che sono in grado di determinare in capo a Sace S.p.A. elevati rischi di concentrazione verso singole controparti, gruppi di controparti connesse o paesi di destinazione. In tal caso, la garanzia opera a copertura di eventuali perdite eccedenti determinate soglie e fino ad un ammontare massimo di capacità, compatibile con i limiti globali degli impegni assumibili in garanzia. Tale garanzia è rilasciata a prima domanda, con rinuncia all'azione di regresso su Sace S.p.A., è onerosa e conforme con la normativa di riferimento dell'Unione europea in materia di assicurazione e garanzia per rischi non di mercato. Su istanza di Sace S.p.a., la garanzia è rilasciata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) con riferimento, tra l’altro, alla sussistenza di un elevato rischio di concentrazione e alla congruità del premio riconosciuto allo Stato, tenuto conto della dotazione del fondo; il parere dell’Ivass è espresso entro 15 giorni dalla relativa richiesta. E' istituito nello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze un fondo a copertura delle garanzie dello Stato concesse ai sensi della presente disposizione, con una dotazione iniziale di 100 milioni di euro per l’anno 2014. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 37, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, Tale fondo è ulteriormente alimentato con i premi corrisposti da Sace S.p.A., che a tal fine sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro trenta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, è definito l’ambito di applicazione della presente disposizione.
9-ter. Il Ministero dell'economia e delle finanze, entro quarantacinque giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, stipula con Sace S.p.A. uno schema di convenzione che disciplina lo svolgimento dell'attività assicurativa per rischi non di mercato di cui ai commi 9 e 9-bis, e specificamente il funzionamento della garanzia di cui al comma 9-bis, ivi inclusi i parametri per la determinazione della concentrazione del rischio, la ripartizione dei rischi e delle relative remunerazioni, i criteri di quantificazione del premio riconosciuto allo Stato, nonché il livello minimo di patrimonializzazione che Sace S.p.A è tenuta ad assicurare per poter accedere alla garanzia e i relativi criteri di misurazione. La convenzione ha una durata di dieci anni. Lo schema di convenzione è approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione. Ai fini della predisposizione dello schema di convenzione, il Ministero dell’economia e delle finanze può affidare a società di provata esperienza e capacità operativa nazionali ed estere un incarico di studio, consulenza, valutazione e assistenza operativa, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Relazione illustrativa (Xxxxx XXXX)
Sace S.p.a. - già Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero - è la società che, ai sensi dell’articolo 6 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, 326, svolge le funzioni di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143: in particolare, essa è autorizzata a rilasciare garanzie e ad assumere rischi di carattere politico, catastrofico, economico,
commerciale e di cambio ai quali sono esposti gli operatori nazionali nelle loro attività con l’estero e di internazionalizzazione dell’economia italiana, come meglio definiti con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica.
Nel 2012, in forza delle previsioni contenute all’articolo 23-bis del decreto legge 7 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nell’ambito di un più ampio piano di valorizzazione e dismissione di partecipazioni societarie pubbliche, Sace S.p.a. è stata interamente ceduta dallo Stato a Cassa depositi e prestiti S.p.A., a un soggetto, cioè, che, pur essendo portatore di rilevanti interessi pubblici, è sul piano sia formale sia sostanziale un soggetto privato che opera sul mercato. A valle dell’operazione, si è quindi posta una duplice esigenza: da un lato, quella di assicurare la continuità dell’azione di Sace anche in relazione ad operazioni che determinano elevati rischi di concentrazione e, dall’altra, quella di assicurare certezza e trasparenza al rapporto tra lo Stato e Sace S.p.A. rispetto ad attività che, riguardando rischi non di mercato, hanno una evidente funzione pubblica.
In questa prospettiva, la disposizione integra il citato articolo 6 con i commi 9-bis e 9-ter.
Il comma 9-bis prevede che la garanzia dello Stato per rischi non di mercato possa operare direttamente in favore di Sace S.p.A. rispetto ad operazioni riguardanti settori strategici per l’economia italiana ovvero per società di rilevante interesse nazionale individuate in ragione di livelli occupazionali, di entità di fatturato o di ricadute per il sistema economico produttivo del Paese, che siano in grado di determinare in capo a Sace
S.p.A. elevati rischi di concentrazione verso singole controparti, gruppi di controparti connesse o paesi di destinazione. Sulla base di questi criteri, l’ambito di applicazione è comunque rimesso all’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro trenta giorni dall’entrata in vigore della disposizione.
La garanzia dello Stato opera non già sull’intera operazione ma a copertura di eventuali perdite eccedenti determinate soglie (cosiddette soglie di attivazione e di disattivazione) e fino ad un ammontare massimo di capacità, compatibile con i limiti globali degli impegni assumibili in garanzia. Essa è rilasciata a prima domanda, con rinuncia all'azione di regresso su Sace S.p.A., è onerosa e conforme con la normativa di riferimento dell'Unione europea in materia di assicurazione e garanzia per rischi non di mercato.
La garanzia può essere richiesta da Sace S.p.a. ed è rilasciata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) con riferimento, tra l’altro, alla sussistenza di un elevato rischio di concentrazione e alla congruità del premio riconosciuto allo Stato, anche tenuto conto della dotazione del Fondo. In particolare, il Fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze a copertura delle garanzie dello Stato concesse, con una dotazione iniziale di 100 milioni di euro per l’anno 2014, ulteriormente alimentato con i premi corrisposti da Sace
S.p.A. in relazione alle operazioni per le quali è rilasciata la garanzia.
Il comma 9-ter rimette a una convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e Sace S.p.A., approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, la disciplina dello svolgimento dell'attività assicurativa per rischi non di mercato di cui ai commi 9 e 9-bis del decreto legge n. 269/2003, tra cui appunto il funzionamento della garanzia di cui al comma 9-bis, ivi inclusi i parametri per la determinazione della concentrazione del rischio, la ripartizione dei rischi e delle relative remunerazioni, i criteri di quantificazione del premio riconosciuto allo Stato, nonché il livello minimo di patrimonializzazione che Sace S.p.A è tenuta ad assicurare per poter accedere alla garanzia e i relativi criteri di misurazione. La convenzione ha una durata di dieci anni. Ai fini della predisposizione dello schema di convenzione, si dà la possibilità al Ministero dell’economia e delle finanze di affidare a società di provata esperienza e capacità operativa nazionali ed estere incarichi di studio, consulenza, valutazione e assistenza operativa, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Norme su cui attendere indicazioni Dagl
Xxxxx Commissario TPL Campania:
All’articolo 17, comma 5, del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito dalla legge 2 maggio 2014, n.
68, le parole: “30 giugno 2014” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2015”.
Relazione illustrativa
Al fine di consentire la completa attuazione del piano di rientro TPL Campania ed il conseguente risanamento delle società regionali campane operanti nel trasporto ferroviario locale, la disposizione prevede la proroga fino al 31/12/2015 della moratoria delle azioni esecutive intraprese dai creditori, necessaria per permettere alla gestione Commissariale la stipula di atti transattivi in attuazione del piano dei pagamenti.
Relazione Tecnica
La disposizione prevede l’impossibilità, fino al 31 dicembre 2015, di intraprendere e proseguire azioni esecutive, anche concorsuali, nei confronti delle società ferroviarie regionali nonché l’impignorabilità delle risorse destinate alla copertura del piano di rientro della Regione Campania.
La norma appare necessaria al fine di consentire la realizzazione delle misure previste nel citato piano di rientro.
La disposizione non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, trattandosi della proroga di una disposizione già presente nell’ordinamento, alla quale non erano stati ascritti effetti finanziari negativi.
- Ipotesi di norma attuativa dell’Accordo
Norma Sicilia
1. Al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, in applicazione della normativa
vigente e dell’Accordo sottoscritto il 9 giugno 2014 fra il Ministro dell’economia e delle finanze ed il Presidente della regione Siciliana, l’obiettivo di patto di stabilità interno della regione Siciliana, di cui al comma 454 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, è determinato in 5.786 milioni di euro per l’anno 2014 e in 5.665 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017. I predetti obiettivi, per gli anni 2014-2017, possono essere rideterminati in conseguenza di nuovi contributi alla finanza pubblica posti a carico delle autonomie speciali con legge statale. Per gli anni 2014-2017 non si applica alla regione Siciliana quanto disposto dagli ultimi due periodi del comma 454 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228. Dai predetti obiettivi sono escluse le sole spese individuate dal citato Accordo del 9.giugno 2014.
2. La regione Siciliana nel 2014 non può impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nel triennio 2011-2013. Nell’ambito della certificazione di cui al comma 461 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la regione comunica al Ministero dell’economia e delle finanze il rispetto del predetto limite.
3. Gli effetti positivi in termini di indebitamento netto e fabbisogno derivanti dall’applicazione del comma 1, pari a 400 milioni annui, alimentano il “Fondo Rapporti finanziari con le autonomie speciali” istituito con la presente norma.
Relazione tecnica (Norma Sicilia)
La norma, in attuazione dell’Accordo sottoscritto il 9 giugno 2014 fra il Ministro dell’economia e delle finanze ed il Presidente della regione Siciliana, fissa l’obiettivo di patto di stabilità interno della regione Siciliana, in 5.786 milioni di euro per l’anno 2014 e in 5.665 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, determinando, nel periodo 2014-2017, un incremento annuo di 400 milioni del contributo della regione Siciliana alla finanza pubblica.
La norma determina, pertanto, un miglioramento dell’indebitamento netto e del fabbisogno di 400 milioni per ciascuno degli anni 2014-2017. I predetti effetti positivi sono finalizzati alla gestione dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie speciali e alimentano un Fondo appositamente istituito dalla norma stessa.
Relazione illustrativa
La norma, in applicazione della normativa vigente, e in particolare del comma 454 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e in applicazione dell’Accordo sottoscritto il 9 giugno 2014 fra il Ministro dell’economia e delle finanze ed il Presidente della regione Siciliana, fissa l’obiettivo di patto di stabilità interno della regione Siciliana, in 5.786 milioni di euro per l’anno 2014 e in 5.665 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017. Tali obiettivi possono essere modificati dal Legislatore qualora siano richiesti alle autonomie speciali nuovi contributi alla finanza pubblica. La norma dispone, inoltre, per gli anni 2014-2017, l’eliminazione degli accordi fra Stato e regione Siciliana atteso che gli stessi sono già recepiti dalla norma che è attuativa dell’accordo sottoscritto il 9 giugno 2014 fra il Ministro dell’economia e delle finanze ed il Presidente della regione Siciliana.
E’ chiarito, inoltre, che le spese escluse dai vincoli del patto di stabilità interno sono solo quelle indicate nell’accordo e cioè le spese previste dalla normativa vigente per le regioni a statuto ordinario, le spese correttive e compensative delle entrate relative alle regolazioni contabili per la contabilizzazione degli accantonamenti previsti dall’articolo 28, comma 3, del decreto legge 6 dicembre 2011, n.201 e dall’articolo 16, comma 3, del decreto legge 6 luglio 2012, n.95 e le spese che saranno eventualmente escluse dalla normativa futura.
E’, inoltre, introdotto, per il 2014, un vincolo agli impegni correnti della regione Siciliana che, al netto delle spese per la sanità, non possono essere superiori all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nel triennio 2011-2013. Il rispetto del predetto vincolo agli impegni è comunicato dalla regione nell’ambito della certificazione di cui al comma 461 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
modifica art. 46 del D.L. n. 66/14- Proposta modificativa dell’articolo 46 del decreto legge n. 66 del 2014
Art.
All’articolo 46, comma 6, del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, le parole “31 ottobre 2014” sono sostituite dalle seguenti “20 settembre 2014” e dopo il comma 7 sono aggiunti i seguenti commi:
“7-bis. Le Regioni a statuto ordinario, in base a quanto stabilito dall’intesa sancita, ai sensi del comma 6, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nella seduta del 29 maggio 2014, sono tenute per l’anno 2014 ad effettuare, fermo restando il rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno, come modificati dal comma 7-quater, le spese nei confronti dei beneficiari, a valere sulle seguenti autorizzazioni di spesa:
• articolo 1, comma 260, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per le istituzioni scolastiche paritarie, per un importo complessivamente pari a 100 milioni di euro;
• articolo 2 del decreto legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, e articolo 1, comma 259, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per il diritto allo studio, per un importo complessivamente pari a 150 milioni di euro;
• articolo 1 del decreto legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, per contributi e benefici a favore degli studenti, anche con disabilità, per un importo complessivamente pari a 15 milioni di euro;
• articolo 9, comma 4-bis, del decreto legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, per il fondo per il diritto al lavoro dei disabili per un importo complessivamente pari a 20 milioni di euro;
• articolo 23, comma 5, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per l’ erogazione gratuita di libri di testo per un importo complessivamente pari a 80 milioni di euro;
• articolo 1, comma 83, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per il materiale rotabile per un importo complessivamente pari a 135 milioni di euro.
7-ter. Le Regioni attestano l’effettuazione delle spese di cui al comma 7-bis, nell’ambito della certificazione di cui all’articolo 1, comma 461, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. Le regioni che, sulla base della certificazione di cui al periodo precedente, risultino non aver effettuato integralmente la spesa, versano all’entrata di Bilancio statale la quota non effettuata.
7-quater. Per l’anno 2014, non si applicano le esclusioni dai vincoli del patto di stabilità interno previste dalle seguenti disposizioni:
• articolo 1, comma 260, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;
• articolo 1, comma 4, e articolo 2, comma 2, del decreto legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n. 128;
• articolo 1, comma 83, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. Conseguentemente, per l’anno 2014, non si applica il comma 7 del presente articolo.”.
Relazione illustrativa (Mod. art. 46) Relazione illustrativa
L’articolo 46, comma 6, del decreto legge n. 66 del 2014, prevede che le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, in conseguenza dell'adeguamento dei propri ordinamenti ai principi di coordinamento della finanza pubblica introdotti dal medesimo decreto legge e a valere sui risparmi derivanti dalle disposizioni ad esse direttamente applicabili ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, della Costituzione, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e di 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, in ambiti di spesa e per importi proposti in sede di auto- coordinamento dalle Regioni e Province autonome medesime, tenendo anche conto del rispetto dei tempi di pagamento stabiliti dalla direttiva 2011/7/UE, nonché dell'incidenza degli acquisti centralizzati, da recepire con intesa sancita dalla Conferenza Stato-Regioni, entro il 31 maggio 2014, con riferimento all'anno 2014 ed entro il 31 ottobre 2014, con riferimento agli anni 2015 e seguenti. Il complesso delle spese finali espresse in termini di competenza eurocompatibile di ciascuna Regione a statuto ordinario, di cui al comma 449-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 228, è ridotto per ciascuno degli anni dal 2014 al 2017, tenendo conto degli importi determinati con le modalità sopra descritte.
L’intesa sancita dalla Conferenza Stato – Regioni nella seduta del 29 maggio 2014 ha previsto l’impegno delle Regioni a statuto ordinario a realizzare misure di razionalizzazione e di contenimento della spesa tali da assicurare ai fini dell’indebitamento netto per il 2014 un importo complessivo di 500 milioni di euro, con contestuale rinuncia da parte delle Regioni medesime alle esclusioni dai vincoli del patto di stabilità interno per determinati ambiti (istituzioni scolastiche paritarie, borse di studio e contributi in favore di studenti, erogazione gratuita di libri di testo, fondo per il diritto al lavoro dei disabili, materiale rotabile).
L’emendamento in esame è finalizzato a dare attuazione alla predetta intesa, prevedendo che le Regioni a statuto ordinario provvedano alle necessarie spese in favore dei beneficiari nei citati settori, attestando le spese effettuate nell’ambito della certificazione del patto di stabilità interno.
Si prevede, inoltre, una modifica del comma 6 dell’articolo 46 del citato decreto legge n. 66 del 2014, finalizzata ad anticipare al 20 settembre 2014 il termine, attualmente fissato al 31 ottobre 2014, entro cui occorre definire mediante intesa in Conferenza Stato – Regioni il contributo alla finanza pubblica delle Regioni pari a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017. Tale proposta è volta a consentire il recepimento della predetta intesa nell’ambito del disegno di legge di bilancio 2015-2017, che dovrà essere presentato alle Camere entro il 15 ottobre 2014.
Relazione tecnica
L’emendamento in esame, volto a dare attuazione all’intesa sancita dalla Conferenza Stato – Regioni nella seduta del 29 maggio 2014, è finalizzato a garantire l’impegno delle Regioni a statuto ordinario a realizzare misure di razionalizzazione e di contenimento della spesa tali da assicurare ai fini dell’indebitamento netto per il 2014 un importo complessivo di 500 milioni di euro.
In particolare, il predetto importo viene assicurato, non già attraverso una riduzione dei limiti di spesa del patto di stabilità interno di cui al comma 7 dell’articolo 46 del citato decreto legge n. 66 del 2014, bensì attraverso l’eliminazione di determinate esclusioni dal patto di stabilità stesso.
Conseguentemente, le Regioni a statuto ordinario sono tenute per l’anno 2014 ad effettuare le spese nei confronti dei beneficiari nel rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno, a valere sulle seguenti autorizzazioni di spesa:
• articolo 1, comma 260, della legge n. 147 del 2013 per le istituzioni scolastiche paritarie, per un importo complessivamente pari a 100 milioni di euro;
• articolo 2 del decreto legge n. 104 del 2013 e articolo 1, comma 259, della legge n. 147 del 2013 per il diritto allo studio per un importo complessivamente pari a 150 milioni di euro;
• articolo 1 del decreto legge n. 104 del 2013, per contributi e benefici a favore degli studenti, anche con disabilità, per un importo complessivamente pari a 15 milioni di euro;
• articolo 9, comma 4-bis, del decreto legge n. 76 del 2013 per il fondo per il diritto al lavoro dei disabili per un importo complessivamente pari a 20 milioni di euro;
• articolo 23, comma 5, del decreto legge n. 95 del 2012 per l’ erogazione gratuita di libri di testo per un importo complessivamente pari a 80 milioni di euro;
• articolo 1, comma 83, della legge n. 147 del 2013 per il materiale rotabile per un importo complessivamente pari a 135 milioni di euro.
Le predette autorizzazioni di spesa erano escluse dai vincoli del patto di stabilità interno o già scontate nei tendenziali e pertanto sono state scontate in termini di indebitamento netto per gli importi indicati (per complessivi 500 milioni di euro). La soppressione delle esclusione delle predette spese dei vincoli del patto di stabilità interno e gli importi già scontati nei tendenziali determinano l’effetto positivo in termini di indebitamento netto previsto dall’articolo 46, commi 6 e 7, del decreto legge n. 66 del 2014, pari a 500 milioni di euro per l’anno 2014.
In ogni caso, non si tratta di effetti positivi aggiuntivi rispetto alla legislazione vigente, ma di una diversa modalità nel perseguimento degli stessi effetti positivi.
Norme Consulenti finanziari
Articolo
(Riorganizzazione dell’attività di consulenza finanziaria)
4. Al decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58 apportare le seguenti modificazioni:
c) all’articolo 18-bis sono apportate le seguenti modificazioni:
1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «(Consulenti finanziari indipendenti)»;
2) al comma 1, le parole «iscritte nell’albo di cui al comma 2» sono sostituite con le parole seguenti «iscritte in una sezione apposita dell’albo di cui all’art. 18-quater»;
3) i commi da 2 a 11 sono soppressi;
d) all’articolo 18-ter sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 1 le parole «A decorrere dal 1° ottobre 2009» sono soppresse;
2) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«Nell’albo di cui all’articolo 18-quater è istituita una sezione dedicata alle società di consulenza finanziaria cui si applica il comma 2 del medesimo articolo 18-quater, nonché le disposizioni di cui all’articolo 31-bis»;
e) dopo l’articolo 18 ter, è inserito il seguente:
«Art. 18-quater (Albo unico)
1. E’ istituito l’albo unico dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, delle persone fisiche consulenti finanziari indipendenti e delle società di consulenza finanziaria, articolato in tre distinte sezioni. Ciascuna sezione dell’albo è suddivisa in sezioni territoriali. Alla tenuta dell’albo, in conformità alle disposizioni emanate ai sensi dell’articolo 31-bis, comma 9, provvede l’Organismo di cui al medesimo articolo 31-bis.
2. La Consob determina con regolamento i principi e i criteri relativi:
a) alle cause di incompatibilità;
b) alle regole di condotta che gli iscritti nell’albo devono rispettare nel rapporto con i clienti, avuto riguardo alla disciplina cui sono sottoposti i soggetti abilitati;
c) alle modalità di tenuta della documentazione concernente l’attività svolta dagli iscritti nell’albo;
d) all’aggiornamento professionale degli iscritti;
e) alle misure cautelari e sanzionatorie applicabili ai soggetti iscritti all’albo;
f) alle regole di presentazione e di comportamento che gli iscritti all’albo devono osservare nei rapporti con la clientela;
g) alle modalità di aggiornamento professionale degli iscritti all’albo.
3. Il Ministro dell’economia e delle finanze, con regolamento adottato sentita la Consob, determina i requisiti di onorabilità e di professionalità per l'iscrizione all'albo previsto dal comma 1. I requisiti di professionalità per l'iscrizione all'albo sono accertati sulla base di rigorosi criteri valutativi che tengano conto della pregressa esperienza professionale, validamente documentata, ovvero sulla base di prove valutative»;
f) all’articolo 30 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 6, le parole «promotore finanziario» sono sostituite con le seguenti parole «consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede»;
g) all’articolo 31, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) sostituire, ovunque ricorrenti, le parole «promotori finanziari» con le seguenti parole:
«consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede» e le parole «promotore finanziario» con le seguenti: «consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede»;
2) al comma 2, dopo l’ultima riga è aggiunto il seguente periodo:
«Il consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede promuove i servizi d’investimento e i servizi accessori presso clienti o potenziali clienti, riceve e trasmette le istruzioni o gli ordini dei clienti riguardanti servizi d’investimento o prodotti finanziari, colloca prodotti finanziari, presta consulenza ai clienti o potenziali clienti rispetto a detti prodotti o servizi finanziari»;
3) i commi da 4 a 7 sono soppressi;
h) dopo l’articolo 31, sono inseriti i seguenti:
«Art.31-bis
(Organismo per la tenuta dell’albo unico e la vigilanza)
1. Alla tenuta dell’albo di cui all’articolo 18-quater provvede un Organismo costituito dalle associazioni professionali rappresentative dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, dei soggetti abilitati, dei consulenti finanziari indipendenti e delle società di consulenza finanziaria.
2.L’Organismo ha personalità giuridica di diritto privato, è ordinato in forma di associazione ed è dotato di autonomia organizzativa e finanziaria. L’Organismo cura la redazione del proprio statuto e dei regolamenti interni nel rispetto dei principi e criteri determinati dalla Consob con il regolamento adottato ai sensi del
comma 9 e dal Ministro dell’economia e delle finanze con il regolamento adottato ai sensi dell’art. 18 quater comma 3. Lo statuto e i regolamenti interni dell’Organismo sono trasmessi al Ministro dell’economia e delle finanze per la successiva approvazione, sentita la Consob, e pubblicazione. Gli organi statutari vengono nominati dall’Assemblea degli iscritti secondo le regole previste dallo statuto. L’Organismo pubblica annualmente una relazione sull’attività svolta.
3. Nell’ambito della propria autonomia finanziaria, l’Organismo determina e riscuote i contributi e le altre somme dovute dagli iscritti, dai richiedenti l’iscrizione all’albo, nonché da coloro i quali presentano domanda di partecipazione alle prove valutative volte all’accertamento del possesso dei requisiti di professionalità per l’iscrizione all’albo, nella misura necessaria per garantire lo svolgimento delle proprie attività. Il provvedimento con cui l’Organismo ingiunge il pagamento dei contributi dovuti ha efficacia di titolo esecutivo. Decorso inutilmente il termine fissato per il pagamento, l’Organismo procede all’esazione delle somme dovute in base alle norme previste per la riscossione, mediante ruolo, delle entrate dello Stato, degli enti territoriali, degli enti pubblici e previdenziali. Nel caso di mancato versamento dei contributi dovuti, l’Organismo dispone la cancellazione dall’albo del soggetto inadempiente.
4. L’Organismo provvede all’iscrizione all’albo, previa verifica dei necessari requisiti, ed alla cancellazione dall’albo nelle ipotesi stabilite dalla Consob con il regolamento di cui al comma 9, e svolge ogni altra attività necessaria per la tenuta dell’albo.
5. L’Organismo vigila sul rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 18-quater, comma 2.
6. L’Organismo può richiedere ai consulenti finanziari indipendenti, alle società di consulenza finanziaria e ai consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti, secondo le modalità e nei termini dallo stesso determinati.
7. L’Organismo può effettuare nei confronti dei consulenti finanziari indipendenti, delle società di consulenza finanziaria e dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede ispezioni e richiedere l’esibizione dei documenti e il compimento degli atti ritenuti necessari, nonché procedere ad audizione personale.
8. L’Organismo opera nel rispetto dei principi e dei criteri stabiliti dalla Consob con regolamento e sotto la vigilanza della medesima.
9. La Consob determina con regolamento i principi e i criteri relativi:
a) alla formazione dell’albo ed alle relative forme di pubblicità;
b) all’iscrizione ed alla cancellazione dall’albo, alle cause di sospensione, radiazione e riammissione ed alle misure applicabili nei confronti degli iscritti;
c) all’esame, da parte della stessa Xxxxxx, dei reclami contro le delibere dell’Organismo;
d) all’attività dell’Organismo ed alle modalità di esercizio della vigilanza da parte della stessa Consob;
e) ai requisiti di rappresentatività delle associazioni professionali dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, dei soggetti abilitati, dei consulenti finanziari indipendenti e delle società di consulenza finanziaria.
10. La Consob può richiedere all’Organismo la comunicazione anche periodica di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti con le modalità e nei termini da essa stabiliti. La Consob può effettuare ispezioni e richiedere l’esibizione dei documenti e il compimento degli atti ritenuti necessari presso l’Organismo. La Consob e l’Organismo collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, al fine di agevolare lo svolgimento delle rispettive funzioni. L’Organismo non può opporre alla Consob il segreto d’ufficio.
11. Su proposta della Consob, il Ministro dell’economia e delle finanze può sciogliere gli organi di gestione e di controllo dell’Organismo in caso di gravi irregolarità nell’amministrazione, ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie che regolano l’attività dello stesso. La Consob provvede agli adempimenti necessari alla ricostituzione degli organi di gestione e controllo dell’Organismo, assicurandone la continuità operativa, se necessario anche attraverso la nomina di un commissario. La Consob può disporre la rimozione di uno o più componenti degli organi di gestione o controllo in caso di grave inosservanza dei doveri ad essi assegnati dalla legge, dallo statuto o dalle disposizioni di vigilanza, nonché dei provvedimenti specifici e di altre istruzioni impartite dalla Consob, ovvero in caso di comprovata inadeguatezza, accertata dalla Consob, all’esercizio cui sono preposti».
«Art. 31-ter
(Provvedimenti cautelari e sanzioni applicabili ai consulenti finanziari e alle società di consulenza finanziaria nonché ai consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede)
1. I consulenti finanziari indipendenti, le società di consulenza finanziaria e i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede che violano le norme del presente decreto o le disposizioni generali o particolari emanate dalla Consob e dall’Organismo in forza di esso, sono puniti, in base alla gravità della violazione e tenuto conto dell'eventuale recidiva, con una delle seguenti sanzioni:
a) il richiamo scritto;
b) il pagamento di un importo da euro cinquecento a euro venticinquemila;
c) la sospensione dall’albo da uno a quattro mesi;
d) la radiazione dall’albo.
2. Le sanzioni sono applicate dall’Organismo con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti agli interessati, da effettuarsi entro centottanta giorni dall’accertamento ovvero entro trecentosessanta giorni se l’interessato risiede o ha la sede all’estero, e valutate le deduzioni da essi presentate nei successivi trenta giorni. Nello stesso termine gli interessati possono, altresì, chiedere di essere sentiti personalmente.
3. Le società che si avvalgano dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede responsabili delle violazioni rispondono, in solido con essi, del pagamento delle sanzioni pecuniarie e sono tenute ad esercitare il regresso verso i responsabili.
4. L’Organismo, in caso di necessità e urgenza, può disporre in via cautelare la sospensione del consulente finanziario indipendente o della società di consulenza finanziaria o del consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede dall'esercizio dell'attività per un periodo massimo di sessanta giorni, qualora sussistano elementi che facciano presumere l'esistenza di gravi violazioni di legge ovvero di disposizioni generali o particolari impartite dalla Consob e dall’Organismo.
5. L’Organismo può disporre in via cautelare, per un periodo massimo di un anno, la sospensione dall'esercizio dell'attività qualora il soggetto iscritto all’albo sia sottoposto a una delle misure cautelari personali del libro IV, titolo I, capo II, del codice di procedura penale o assuma la qualità di imputato ai sensi dell'articolo 60 dello stesso codice in relazione ai seguenti reati:
a) delitti previsti nel titolo XI del libro V del codice civile e nella legge fallimentare;
b) delitti contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l'ordine pubblico, contro l'economia pubblica, ovvero delitti in materia tributaria;
c) reati previsti dal titolo VIII del T.U. bancario;
d) reati previsti dal presente decreto.»
g) l’articolo 55 è soppresso;
h) all’articolo 166, il comma 2, è sostituito dal seguente:
«Con la stessa pena è punito chiunque esercita l'attività di cui agli articoli 18-bis, 18-ter e 31 senza essere iscritto nell'albo di cui all'articolo 18-quater e chiunque svolge l’attività di consulente finanziario indipendente per conto di una società di consulenza finanziaria senza essere iscritto nell'albo anzidetto»;
i) all’articolo 187-quater, comma 1, le parole «promotori finanziari» sono sostituite con le parole «consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede e consulenti finanziari indipendenti»;
l) all’articolo 190, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 1, l’ultimo periodo è sostituito dal seguente:
«La stessa sanzione si applica nel caso di:
a) violazione dell'articolo 18, commi 1 e 2, e dell'articolo 32-quater, commi 1 e 3;
b) esercizio dell’attività prevista dagli articoli 18-bis, 18-ter e 31 ovvero in caso di esercizio dell’attività di consulente finanziario indipendente per conto di una società di consulenza finanziaria senza iscrizione all'albo di cui all'articolo 18-quater;
c) esercizio dell’attività di gestore di portali in assenza dell’iscrizione nel registro di cui all’articolo 50- quinquies»;
2) al comma 2, la lettera d-quater) è sostituita dalla seguente:
«d-quater) ai membri dell’Organismo per la tenuta dell’albo unico in caso di inosservanza delle disposizioni previste dall’articolo 31-bis e di quelle emanate in base ad esso»;
3) al comma 2, la lettera d-quinquies è soppressa;
m) all’articolo 191, comma 3 le parole «abilitati e per i promotori finanziari» sono sostituite dalle parole
«abilitati, per i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede e per i consulenti finanziari indipendenti»;
n) l’articolo 196 è soppresso.
2. All’articolo 19 del decreto legislativo 17 settembre 2007 n. 164 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 14 la parole «Fino al 30 giugno 2014» sono sostituite con le parole «Fino al 31 dicembre 2015»;
b) il comma 14-bis è soppresso.
3. L’ Organismo per la tenuta dell’albo unico dei promotori finanziari (APF) di cui all’articolo 31 del decreto legislativo 24 febbraio del 1998 n. 58, nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del presente decreto, si trasforma nell’Organismo di cui all’articolo 31-bis del decreto legislativo 24 febbraio del 1998 n. 58 seguendo la procedura stabilita dai commi seguenti. Fino alla data di avvio di operatività del nuovo Organismo, stabilita dalla Consob ai sensi del comma 6, l’ Organismo per la tenuta dell’albo unico dei promotori finanziari (APF) continua a provvedere alla tenuta dell’albo unico dei promotori finanziari. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 31, 55, 166, 187-quater, 190, 191 e 196 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del presente decreto.
4. Entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto la Consob adotta i regolamenti di cui agli articoli 18-quater, comma 2, e 31-bis, comma 9, e il Ministero dell’Economia e delle Finanze adotta il regolamento di cui all’articolo 18-quater, comma 3.
5. Entro sei mesi dall’adozione dei regolamenti di cui al comma 4, l’ Organismo per la tenuta dell’albo unico dei promotori finanziari (APF) presenta al Ministero dell’Economia e delle Finanze, per la relativa approvazione, sentita la Consob, le modifiche statutarie necessarie allo svolgimento delle nuove funzioni assegnate all’Organismo di cui all’art. 31-bis del decreto legislativo 24 febbraio del 1998 n. 58.
6. Entro sei mesi dall’approvazione da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze del nuovo statuto, la Consob e l’Organismo per la tenuta dell’albo unico dei promotori finanziari (APF) stabiliscono con protocollo di intesa le modalità operative ed i tempi del trasferimento delle funzioni nonché le attività propedeutiche connesse all’iscrizione con esonero dalla prova valutativa dei consulenti finanziari indipendenti e delle società di consulenza finanziaria. Con successive delibere da adottarsi in conformità al protocollo d’intesa di cui al comma 5, la Consob dichiara:
a) la data di avvio di operatività dell’Organismo di cui all’articolo 31-bis del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;
b) la data di avvio di operatività dell’albo di cui all’articolo 18-quater del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
8. I soggetti che alla data di avvio di operatività dell’albo di cui all’articolo 18-quater del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 risultano iscritti all’albo unico dei promotori finanziari tenuto dall’Organismo di cui all’articolo 31 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del presente decreto, vengono iscritti all’albo di cui all’articolo 18-quater del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 dall’Organismo di cui all’articolo 31-bis del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 nella medesima situazione in cui si trovano iscritti al citato albo unico dei promotori finanziari.
9. L’Organismo di cui all’articolo 31-bis del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 si avvale del proprio personale e di un contingente di personale anche con qualifica dirigenziale posto in posizione di distacco, comando o altro analogo istituto, da amministrazioni pubbliche incluse le Autorità amministrative indipendenti. Il predetto personale conserva ad ogni effetto il rapporto di lavoro con l’amministrazione di appartenenza e il periodo di lavoro prestato presso il suddetto Organismo è valutato pienamente ai fini
dell’anzianità di servizio e ad ogni altro effetto; l’Organismo rimborsa alle amministrazioni di appartenenza gli oneri relativi al predetto personale distaccato. Al termine del periodo di distacco e degli eventuali rinnovi, il predetto personale rientra nell’Amministrazione di appartenenza, salvo che, a richiesta del personale interessato, l’Organismo non immetta il predetto personale nel proprio organico a tempo indeterminato. Si applica l’art. 17, comma 14, della legge n. 127 del 15 maggio 1997.
§ § §
Relazione illustrativa
La proposta normativa è finalizzata alla razionalizzazione del sistema di vigilanza sugli attuali promotori finanziari e sui consulenti finanziari mediante mirate modifiche al D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF). Si prevede l’istituzione di un Albo unico per il settore della Consulenza finanziaria gestito da un solo Organismo con personalità giuridica di diritto privato, ordinato in forma di associazione, in maniera analoga e coerente al modello prescelto dal Legislatore in altri settori del nostro ordinamento (il riferimento in particolare è alla disciplina dell’OAM, Organismo per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi). All’interno del costituendo Albo unico vi saranno tre distinte sezioni con riguardo al tipo di attività svolta dai soggetti che prestano attività di consulenza in materia di investimenti e che saranno individuati in:
- consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede (gli attuali promotori finanziari);
- consulenti finanziari indipendenti (attuali consulenti finanziari);
- società di consulenza finanziaria.
Tale riorganizzazione è necessaria ed urgente in quanto risolve in maniere definitiva il problema della mancata costituzione dell’Organismo per la tenuta dell’albo dei consulenti, per i quali l’iscrizione a questo Albo ha carattere costitutivo e non semplicemente dichiarativo (attuale art. 18 bis del TUF). Tale scelta normativa registra un concreto interesse da parte degli operatori del mercato e delle associazioni di categoria, in quanto in grado di rendere omogenea la normativa per l’esercizio dell’attività di consulenza e certa la vigilanza nel settore, con riguardo alla protezione dell’investitore retail nel mercato finanziario al quale è prioritariamente indirizzata la consulenza finanziaria.
E’ prevista la trasformazione dell’attuale APF (Organismo per la tenuta dell’Albo dei promotori finanziari) nel nuovo Organismo per la tenuta dell’Albo unico dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, dei consulenti finanziari indipendenti e delle società di consulenza finanziaria, secondo la procedura individuata nei commi 3 e ss. della presente proposta. Il nuovo Organismo sarà responsabile non solo della tenuta e della gestione dell’albo unico ma anche della vigilanza e dell’attività sanzionatoria sugli iscritti. La CONSOB è l’Autorità alla quale è affidata la vigilanza sull’Organismo.
Si illustrano i contenuti specifici della proposta.
Il comma 1 prevede la modifica e l’inserimento di tre nuovi articoli nel TUF.
Cambiano le rubriche degli articoli 18 bis: da Consulenti finanziari a Consulenti finanziari indipendenti; dell’articolo 31: da Promotori finanziari a Consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede. Si specifica che il cambio di denominazione riguarda tutte le parti degli articoli dove tali soggetti sono citati (artt. 30, 31, 187 quater).
• Nell’art. 18 ter relativo alle Società di consulenza finanziaria si sostituisce il comma 3 al fine di inserire tali società nell’apposita sezione del costituendo Albo previsto nell’art. 18 quater.
• Viene introdotto il nuovo art. 18 quater che prevede l’istituzione dell’Albo unico per Consulenti finanziari indipendenti, Consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, Società di consulenza finanziaria, che sarà diviso in tre corrispondenti sezioni e articolato su base territoriale. Alla tenuta dell’Albo provvede l’Organismo disciplinato nel nuovo art. 31 bis di seguito illustrato.
L’articolo prevede che è la Consob che determina con regolamento i principi e i criteri relativi alle cause di incompatibilità, alle regole di condotta che gli iscritti nell’albo devono rispettare nel rapporto con i clienti, alle modalità di tenuta della documentazione concernente l’attività svolta dagli iscritti nell’albo, all’aggiornamento professionale degli iscritti, alle misure cautelari e sanzionatorie applicabili ai soggetti
iscritti all’albo, alle regole di presentazione e di comportamento che gli iscritti all’albo devono osservare nei rapporti con la clientela, alle modalità di aggiornamento professionale degli iscritti all’albo.
Il Ministro dell’economia e delle finanze, con regolamento adottato sentita la Consob, determina i requisiti di onorabilità e di professionalità per l'iscrizione all'albo.
• Vengono soppressi i commi da 4 a 7 dell’art. 31 la cui disciplina per coerenza ed armonizzazione del testo viene trasposta nel nuovo articolo 31 bis.
• Viene introdotto il nuovo articolo 31 bis che disciplina il nuovo Organismo per la tenuta dell’Albo in questione che sarà costituito dalle associazioni professionali rappresentative dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, dei soggetti abilitati, dei consulenti finanziari indipendenti e delle società di consulenza finanziaria. L’Organismo avrà personalità giuridica di diritto privato e sarà organizzato in forma di associazione. Il Ministro dell’economia e delle finanze approva lo statuto e i regolamenti interni, sentita la Consob.
Ai sensi del comma 9 dell’art. 31 bis la Consob emana il regolamento inerente all’Albo, alle sue forme di pubblicità, attività e modalità di esercizio della vigilanza e ai criteri di rappresentatività delle diverse categorie dei soggetti iscritti. Il Ministro dell’economia e delle finanze in caso di gravi irregolarità e violazione di disposizioni legislative può sciogliere, su proposta della Consob, gli organi di gestione e controllo dell’Organismo.
• Viene introdotto il nuovo articolo 31 ter che riguarda i provvedimenti cautelari e le sanzioni applicabili ai consulenti finanziari, alle società di consulenza e ai consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede che ricalca le sanzioni già previste nel TUF all’art. 55 che viene soppresso.
• Vengono modificati gli articoli 166 e 190 per ricomprendere le nuove categorie nel sistema sanzionatorio vigente.
2. Il comma 2 modifica il decreto legislativo 17 settembre 2007 n. 164 all’art. 19 modificandone il comma 14 e sopprimendone il comma 14 bis:
La modifica al comma 14 proroga il termine ivi indicato fino al 31 dicembre 2015. Si specifica che tale proroga si rende necessaria in quanto gli articoli 18 bis e 18 ter del TUF, vigenti, (e modificati dalla presente proposta normativa) prevedevano l’istituzione dell’Albo delle persone fisiche consulenti finanziari, alla cui tenuta doveva provvedere un Organismo nominato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e vigilato dalla Consob (comma 14 bis, art 19 D. Lgs 164/2007). In particolare l’art. 19, comma 14 aveva fissato al 31 dicembre 2009 il termine per l’esercizio dell’attività di consulenza in materia di investimenti da parte dei soggetti che al 31 dicembre 2007 prestavano già tale attività, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti. Tale limite temporale originario è stato annualmente prorogato poiché, in assenza della previsione di fondi pubblici, non è stato possibile istituire il suddetto Organismo che si sarebbe dovuto autofinanziare esclusivamente coi contributi dei soggetti vigilati, di numero esiguo ed incerto.
3. I commi da 3 a 9 prevedono la disciplina transitoria che stabilisce la procedura per la trasformazione dell’APF nel nuovo Organismo ed il passaggio dalla Consob a quest’ultimo delle funzioni di vigilanza sugli iscritti all’Albo unico.
Norme Consob
Art. x
…….
1. L’articolo 23, comma 1, lettera e) del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, come convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è soppresso.
2. Al decreto legge 8 aprile 1974, n. 95, come convertito dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 1, xxxx xxxxx, è inserito, prima delle parole “I predetti regolamenti”, il seguente periodo: “Le deliberazioni della Commissione concernenti i regolamenti di cui ai precedenti commi sono adottate con non meno di quattro voti favorevoli.”;
b) all'articolo 2, quarto comma, terzo periodo, le parole "dalla Commissione" sono sostituite dalle seguenti: "con non meno di quattro voti favorevoli.";
c) all'articolo 2, quarto comma, quarto periodo, dopo le parole “su proposta del Presidente” sono inserite le seguenti: "e con non meno di quattro voti favorevoli.";
d) all'articolo 2, ottavo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Le relative deliberazioni sono adottate con non meno di quattro voti favorevoli.”.
Relazione illustrativa (Norme Consob)
Con la presente norma s’intende ripristinare l’originaria composizione a cinque membri della Commissione Nazionale delle Società e la Borsa (“Consob”), dopo che il numero è stato ridotto a tre con il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Sono inoltre ripristinate le norme della legge 7 giugno del 1974, n. 216, che prevedevano maggioranze rafforzate per l’adozione di regolamenti o delibere in materia organizzativa della Consob.
Tenuto conto dell’importanza del ruolo di vigilanza della Consob sul mercato dei capitali, mercato il cui sviluppo risulta essenziale per la crescita e il rafforzamento del sistema imprenditoriale del nostro Paese, si ritiene che una composizione allargata della Commissione rafforzi, con l’apporto al vertice di un maggior numero di competenze e una maggiore collegialità, l’azione di vigilanza sull’efficienza e la trasparenza dei mercati finanziari. Al riguardo, si evidenzia che da un esame della legislazione comparata risulta che tutte le corrispondenti Autorità dei principali mercati finanziari hanno al proprio vertice organi composti da più di tre membri.
La riduzione del numero dei componenti della Consob, prevista dal citato decreto n. 201/2011 insieme alla riduzione del numero dei componenti di altre Autorità, era finalizzata alla riduzione delle spese di funzionamento di alcune Autorità amministrative indipendenti. Tuttavia, la presente modifica non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica tenuto conto del sistema di finanziamento della Consob a carico del mercato, previsto dall’art. 40 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e della circostanza che attualmente la predetta Autorità – dopo l’ulteriore riduzione dei trasferimenti dal bilancio dello Stato prevista dall’art 8, comma 3, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 – si finanzia esclusivamente con i contributi dei soggetti vigilati.
Norme Fondi immobiliari e Banca d’Italia
Articolo
(Proroga straordinaria della durata dei fondi immobiliari quotati)
1. Le società di gestione del risparmio di cui all’articolo 1, comma 1, lettera o), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, che gestiscono i fondi immobiliari previsti dagli articoli 12-bis e 13 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 maggio 1999, n. 228, i cui certificati rappresentativi delle quote risultino ammessi, ovvero siano oggetto di istanza di ammissione, alle negoziazioni in un mercato regolamentato, possono, entro il 31 dicembre 2014, nell’esclusivo interesse dei partecipanti, modificare il regolamento del fondo, secondo le procedure di cui al presente articolo, per stabilire la possibilità di prorogare in via straordinaria il termine di durata del fondo medesimo per un periodo massimo non superiore a due anni al solo fine di completare lo smobilizzo degli investimenti. Tale modifica del regolamento è possibile per i fondi immobiliari anzidetti, esistenti alla data di entrata in vigore del presente articolo, anche nel caso in cui il regolamento del fondo già prevede la possibilità di prorogarne la durata per un massimo di tre anni, ai sensi dell’articolo 14, comma 6, del DM 228/1999.
2. Per i fondi immobiliari il cui termine di attività, anche per effetto dell’eventuale esercizio della proroga ordinaria disposta ai sensi dell’articolo 14, comma 6, del DM 228/1999, scade entro il 31 dicembre 2015, la durata del fondo può essere prorogata in xxx xxxxxxxxxxxxx, xx xxxxxx xx limite di due anni stabilito al comma 1, fino al 31 dicembre 2017, ferme restando le altre disposizioni del presente articolo.
3. Le società di gestione del risparmio esercitano il potere di cui ai commi 1 e 2 previa approvazione dell’assemblea dei partecipanti. Nelle ipotesi in cui i regolamenti di gestione dei fondi non prevedono l’istituto dell’assemblea dei partecipanti, le società di gestione del risparmio sottopongono la modifica del regolamento del fondo all’approvazione dei partecipanti riuniti in un’assemblea speciale all’uopo convocata. L’assemblea delibera con il voto favorevole della maggioranza assoluta delle quote dei votanti.
4. Al fine di favorire una maggiore partecipazione assembleare le società di gestione del risparmio:
a) possono chiedere agli intermediari di cui all’articolo 1 del regolamento recante la disciplina dei servizi di gestione accentrata, di liquidazione, dei sistemi di garanzia e delle relative società di gestione (adottato dalla Banca d'Italia e dalla Consob con provvedimento del 22 febbraio 2008 e successivamente modificato con provvedimento Banca d'Italia/Consob del 22 ottobre 2013), tramite la società di gestione accentrata, la comunicazione dei dati identificativi dei titolari delle quote del fondo, che non abbiano espressamente vietato la diffusione degli stessi, sopportandone i relativi oneri;
b) consentono ai partecipanti l’espressione del voto per corrispondenza di cui all’articolo 18-quater, comma 2, del DM 228/1999;
c) consentono ai partecipanti l’esercizio del diritto di intervento e di voto a mezzo di delega conferita per iscritto e revocabile con dichiarazione pervenuta al rappresentante entro il giorno precedente l’assemblea. La delega contiene le istruzioni di voto sulla proposta di cui al seguente comma 5, lettera a), e non può essere rilasciata con il nome del rappresentante in bianco. La delega non può in ogni caso essere conferita a soggetti in conflitto di interessi con il rappresentato né alla società di gestione del risparmio, ai suoi soci, dipendenti e componenti degli organi di amministrazione o di controllo;
d) pubblicano l’avviso di convocazione dell’assemblea, oltre che con le modalità scelte per la pubblicazione del valore della quota, anche sul proprio sito internet [e su almeno due quotidiani a diffusione nazionale]. L’avviso è diffuso senza indugio alla società di gestione del mercato e ad almeno due agenzie di stampa.
Ai fini dell’accertamento del diritto dei partecipanti all’intervento in assemblea e all’esercizio del voto non sono opponibili alla società di gestione gli atti di trasferimento delle quote perfezionatisi oltre il termine del settimo giorno di mercato aperto precedente la data prevista per l’assemblea.
5. Ferme restando le ulteriori disposizioni applicabili in materia, l’avviso di convocazione dell’assemblea contiene le seguenti informazioni:
a) la proposta di modificare il regolamento del fondo per consentire di estendere, secondo quanto previsto nei commi 1 e 2, la scadenza del fondo;
b) le modalità di esercizio dei diritti dei partecipanti.
6. Successivamente all’approvazione da parte dell’assemblea, le società di gestione del risparmio deliberano la modifica del relativo regolamento di gestione stabilendo:
a) la possibilità di prorogare il fondo, secondo quanto previsto dai commi 1 e 2;
b) che l’attività di gestione durante il periodo di proroga straordinaria previsto dai commi 1 e 2 è finalizzata al completamento dell’attività di smobilizzo degli investimenti. In tale attività sono ricompresi anche gli interventi di valorizzazione e riqualificazione degli attivi patrimoniali, ove necessari a incrementarne il presumibile valore di realizzo e a condizione che tali interventi abbiano un orizzonte temporale non superiore al termine finale di durata del fondo, come prorogato;
c) che durante il periodo di proroga straordinaria previsto dai commi 1 e 2, la misura della provvigione di gestione su base annuale sia ridotta di almeno due terzi rispetto a quanto previsto dal regolamento di gestione; è fatto divieto di prelevare dal fondo provvigioni di incentivo;
d) l’obbligo di distribuire ai partecipanti, con cadenza almeno semestrale, la totalità dei proventi netti realizzati, fermo restando il rispetto delle obbligazioni assunte dal fondo.
7. Le modifiche ai regolamenti di gestione dei fondi apportate in conformità al presente articolo si intendono approvate in xxx xxxxxxxx xx xxxxx xxx xxxxxxxxxxxxx xxxxx Xxxxx x’Xxxxxx dell’8 maggio 2012 sulla gestione collettiva del risparmio.
8. Le società di gestione del risparmio comunicano tempestivamente alla Banca d’Italia e alla Consob le determinazioni assunte ai sensi della presente disposizione.
§ § §
Relazione illustrativa
L’intervento normativo è finalizzato a consentire alle Sgr, in via eccezionale, di modificare i regolamenti dei fondi immobiliari quotati da esse gestiti per prorogare il termine di durata dei fondi medesimi, nell’esclusivo interesse dei partecipanti.
La motivazione dell’intervento normativo risiede nella necessità di evitare che numerose operazioni di dismissione pubbliche e private, in un lasso di tempo circoscritto, possano determinare una crisi del mercato immobiliare, stanti le perduranti negative condizioni di mercato. Inoltre, un’eventuale crisi del settore immobiliare avrebbe inevitabili conseguenze sui programmi di valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico.
Il comma 1 definisce l’ambito di applicazione della norma, il termine di esercizio e la durata della proroga. La possibilità di proroga straordinaria del termine di durata dei fondi immobiliari quotati è concessa a tutte le Sgr che gestiscono fondi esistenti alla data di entrata in vigore della norma, anche nel caso in cui il regolamento del fondo già preveda la possibilità di prorogarne la durata per un massimo di tre anni, ai sensi dell’articolo 14, comma 6, del DM 228/1999.
Per poter esercitare il potere di proroga straordinaria del fondo la Sgr deve modificare il regolamento del fondo entro il 31 dicembre 2014.
La proroga straordinaria può avere una durata massima di due anni.
Il comma 2 prevede, per i fondi la cui scadenza è prossima, una proroga sino al 31.12.2017. In pratica tre anni per i fondi con scadenza al 2014 e comunque più di due anni per quelli che scadono nel corso del 2015.
Il comma 3 prevede una procedura speciale di consultazione dei quotisti. La decisione di proroga straordinaria adottata dalla Sgr dev’essere approvata dall’assemblea dei partecipanti del fondo. Se il regolamento del fondo non prevede l’istituto dell’assemblea, la Sgr convoca un’assemblea speciale dei quotisti per deliberare la proroga. Le decisioni sono prese a maggioranza assoluta dei votanti. La norma non prevede quorum costitutivi o deliberativi minimi, ciò al fine di rendere possibile a tutte le assemblee di pervenire ad una decisione qualunque sia il numero dei votanti.
Il comma 4, per favorire una maggiore partecipazione assembleare, prevede inoltre: a) che la Sgr può chiedere a Monte Titoli l’elenco nominativo dei quotisti, nel rispetto del diritto alla privacy; b) e c) che i partecipanti possono esprimere il proprio voto anche per corrispondenza o mediante delega scritta; d) che all’avviso di convocazione dell’assemblea dev’essere data la massima pubblicità, anche mediante diffusione di comunicati alle agenzie di stampa.
Le forme di pubblicità dell’avviso di convocazione assembleare previste dalla norma mutuano il sistema già adottato per le società quotate e richiamano gli obblighi di diffusione al mercato delle informazioni regolamentate, in quanto rilevanti per l'esercizio dei diritti dei partecipanti.
In tema di esercizio dei diritti dei partecipanti, si evidenzia che la proroga straordinaria della durata dei fondi ex lege, modificando il programma contrattuale iniziale, incide su un diritto soggettivo dei quotisti e, pertanto, si rende necessaria la loro consultazione e l’acquisizione del consenso della maggioranza degli stessi. Senza tale consenso la Sgr non può procedere alla modifica del regolamento del fondo.
Il quotista dissenziente può far valere in assemblea, anche votando per corrispondenza, o delegando un rappresentante, il proprio disaccordo rispetto alla decisione della Sgr, pur rimanendo fermo il principio civilistico secondo cui le decisioni sono prese a maggioranza dei partecipanti.
Non è possibile prevedere il diritto di rimborso anticipato dei quotisti dissenzienti, stante le difficoltà di liquidazione degli asset. Trattandosi di fondi quotati è comunque sempre possibile la vendita delle quote nel mercato secondario.
Il comma 5 precisa i contenuti dell’avviso di convocazione dell’assemblea dei partecipanti.
Il comma 6, per disincentivare politiche dilatorie a danno dei quotisti e mitigare il conflitto di interesse connesso alla percezione, da parte della Sgr, di commissioni oltre il periodo di originaria durata del fondo, disciplina le attività ammesse nel periodo di proroga, le commissioni spettanti alla Sgr e la partecipazione ai proventi del fondo, prevedendo in particolare:
• che nel periodo di proroga straordinaria sono consentite alla Sgr solo le attività finalizzate al completamento dello smobilizzo degli investimenti, ivi compresi gli interventi di valorizzazione e riqualificazione degli immobili finalizzati a rendere gli stessi più facilmente liquidabili. Onde evitare che la Sgr possa prolungare surrettiziamente l’attività di gestione del fondo oltre il tempo strettamente necessario alla liquidazione degli attivi patrimoniali, la norma prevede che gli interventi di valorizzazione e riqualificazione debbano avere una durata non superiore al periodo di proroga deliberato.
• una riduzione delle commissioni per la Sgr che usufruisce della proroga straordinaria. Le Sgr percepiscono due tipologie di commissioni previste dai regolamenti di gestione: una fissa a titolo di copertura delle spese sostenute per lo svolgimento dell’attività di gestione, e una variabile ancorata all’andamento della gestione. Considerato che nel periodo di proroga le sole attività consentite sono quelle liquidatorie, si ritiene congrua una riduzione di 2/3 della commissione fissa annuale e l’abolizione della commissione variabile.
• l’obbligo per la Sgr di distribuire ai partecipanti, almeno ogni sei mesi, la totalità dei proventi netti realizzati, nel rispetto delle obbligazioni assunte dal fondo.
Il comma 7, per accelerare i tempi e ridurre i costi per le Sgr, contiene un’approvazione in via generale delle modifiche regolamentari approvate dalle Sgr ai sensi della presente disposizione di legge.
Il comma 8 prevede il solo obbligo di comunicazione a Banca d’Italia e Consob delle decisioni assunte dalla Sgr.
Articolo
(Misure per favorire le operazioni di finanziamento presso la Banca d’Italia)
1. All’articolo 3 del decreto legislativo 24 maggio 2004, n.170 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il secondo periodo del comma 1-bis, è sostituto dal seguente «Salvo quanto previsto dal comma seguente, ai fini dell’opponibilità ai terzi e al debitore ceduto o debitore del credito dato in pegno restano xxxxx i requisiti di notificazione al debitore o di accettazione da parte del debitore previsti dal codice civile.»;
b) dopo il comma 1-bis è inserito il seguente:
«1-ter. Qualora, al fine di soddisfare anche in modo indiretto esigenze di liquidità, la Banca d’Italia effettui operazioni di finanziamento o di altra natura che siano garantite mediante pegno o cessione di credito, la garanzia ha effetto nei confronti dei terzi dal momento della sua prestazione, ai sensi degli articoli 1, comma 1 lettera q), e 2, comma 1, lettera b), in deroga agli articoli 1265, 2800 e 2914 n. 2) del codice civile. Ai fini dell’opponibilità al debitore ceduto o al debitore del credito dato in pegno restano fermi i requisiti di notificazione o di accettazione previsti dal codice civile. In caso di garanzia costituita da crediti ipotecari, non è richiesta l’annotazione prevista dall’articolo 2843 del codice civile. Alle medesime operazioni si applica l’articolo 67, comma 4, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.».
Relazione illustrativa (norme Fondi immobiliari e Banca d’Italia)
In diverse occasioni la Banca d’Italia ha rappresentato l’esigenza di rendere permanente la disciplina di cui all’articolo 8, comma 30, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla
legge 22 dicembre 2011, n. 214.
Nel dettaglio, la citata disposizione, in tema di finanziamenti erogati dalla Banca d’Italia e garantiti mediante cessione o pegno di credito, prevede una disciplina che deroga ai requisiti di opponibilità della garanzia nei confronti del debitore e dei terzi, stabiliti dal codice civile (articoli 1264, 1265, 2800 e 2843 c.c.) e al regime previsto in tema di contratti di garanzia finanziaria (articolo 3, comma 1-bis del d.lgs 21 maggio 2004, n. 170), considerando, a tal fine, sufficiente la sottoscrizione del contratto di garanzia. Inoltre, siffatta norma
stabilisce che la garanzia prestata è sottratta a revocatoria fallimentare, in applicazione dell'articolo 67, comma 4, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, che già esclude la revocatoria stessa nei confronti dell’Istituto di emissione.
Tale regime derogatorio delle formalità previste dalle disposizioni sopra richiamate del codice civile e del d.lgs n.170/2004 ha carattere transitorio: esso trova applicazione per i contratti di garanzia finanziaria a favore della Banca d’Italia stipulati entro il 30 giugno 2013. L’originario termine di scadenza fissato al 30 dicembre 2012 è stato prorogato dall’articolo 1, comma 388, della legge 24 dicembre 2012, n.228 (legge di stabilità 2013).
Date le finalità di politica monetaria e di stabilità finanziaria delle operazioni in parola, si ritiene opportuna la stabilizzazione della disciplina sopra descritta