AVV. EUGENIO TAMBORLINI
AVV. XXXXXXX XXXXXXXXXX
LA CESSIONE DEL CREDITO INDICE
PARTE PRIMA – LA DISCIPLINA DI BASE DELLA CESSIONE DEL CREDITO.
1. Definizione
2. Caratteri del contratto
3. Disciplina
3.1 La notifica
3.2 Le garanzie
3.3 Gli accessori del credito
PARTE SECONDA - LA CESSIONE DEL CREDITO COME ELEMENTO DI FATTISPECIE DIVERSE, CONTRATTUALI E NON.
1. Lo sconto bancario
2. La cessione con funzione solutoria e la delegazione di pagamento
3. La cessione dei beni ai creditori
4. La cessione con funzione di garanzia
5. L’anticresi
6. I titoli di credito
7. La cessione di azienda o di quote sociali
8. Il conferimento di crediti in società
9. La successione ereditaria, la vendita di eredità e il legato di credito
10. La cessione dei crediti di impresa
11. Il factoring
12. La cartolarizzazione
13. Il forfaiting
14. L’esecuzione presso terzi
15. La cessione dei crediti vantati verso la Pubblica Amministrazione
LA CESSIONE DEL CREDITO
Parte prima – La cessione del credito nel codice civile.
1. Definizione
Come è noto, non sempre il codice civile fornisce definizioni, o meglio nozioni, degli istituti che disciplina. Se, quindi, chi si occupa della vendita o del mandato troverà ai rispettivi articoli di riferimento la nozione del contratto (lo stesso vale per l’agenzia, per il deposito e diversi altri), l’approccio alla cessione del credito parte invece da un presupposto diverso, in quanto gli artt. 1260 e seguenti si limitano a descrivere ciò che si può fare, ciò che non si può fare, e quali sono gli effetti della cessione.
Al fine di fornire una definizione della cessione del credito, è pertanto necessario ricavare, a monte, altre definizioni: in particolare, quella di obbligazione e quella di credito, concetti che non vengono definiti dal codice, il quale si limita ad individuare soltanto le fonti (“il contratto, il fatto illecito o ogni altro fatto o atto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico” – art. 1173) e le caratteristiche dell’oggetto (“la prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore” – art. 1174) delle obbligazioni.
Per trovare una definizione specifica del concetto di obbligazione, è necessario risalire al diritto romano, dove veniva definita come “iuris vinculum, quo necessitate adstringimur, alicuius solvendae rei secundum nostrae civitatis iura”, lasciando piuttosto scettici per l’utilizzo del verbo solvere (pagare), che lascia fuori dalla definizione tutte le obbligazioni che hanno un oggetto diverso dalla semplice dazione di una cosa. Estendendo il significato di solvere, può giungersi a ritenere l’obbligazione quel vincolo in forza del quale un soggetto (debitore) è tenuto ad un determinato contegno (prestazione) di fronte ad un altro soggetto (creditore). Assumendo con ciò il rischio, del quale si deve prendere coscienza, di ricavare una definizione che in realtà meglio si attaglia al concetto, assai più generale, di dovere giuridico (si pensi all’obbligo di fedeltà in costanza di matrimonio, che certo non può definirsi obbligazione nel senso civilistico del termine, ma che si adatta perfettamente alla definizione data).
Se l’obbligazione consiste nel vincolo che impone un determinato comportamento, il credito (di cui pure manca una definizione, così come del debito), in senso lato, può definirsi il contenuto della prestazione dal punto di vista del soggetto deputato a riceverla; il debito, ovviamente, individua il medesimo
concetto, ma dalla visuale del soggetto tenuto ad eseguire la prestazione.
Possiamo a questo punto definire la cessione del credito come il contratto con il quale viene trasferita la prestazione oggetto dell’obbligazione, e per effetto del quale si ha una modificazione dal lato soggettivo del rapporto obbligatorio.
2. Caratteristiche del contratto
La cessione di credito è un contratto bilaterale (trasferendosi il credito dal patrimonio del cedente a quello del cessionario per effetto del solo accordo tra cedente e cessionario, senza necessità del consenso del debitore ceduto), consensuale, e ad effetti reali. Essa può avvenire tanto a titolo oneroso, quanto a titolo gratuito.
La ragione per cui si può prescindere dal consenso del debitore ceduto per il perfezionamento del contratto risiede nel fatto che per il debitore nulla cambia – almeno in linea di principio – nell’adempiere la propria obbligazione verso il creditore originario piuttosto che verso una terza persona. Il consenso del cessionario è, invece, richiesto, perché per questi la persona del proprio debitore può assumere rilevanza, posto che il maggiore o minore grado di solvibilità del debitore è evidentemente suscettibile di pregiudicare i diritti del cessionario.
E’ altresì un contratto a forma libera, non essendo in linea generale richiesta alcuna forma solenne per la sua validità1.
La cessione del credito è, secondo alcuni, un negozio astratto2. Tale posizione è stata, però, via via abbandonata, in favore della tesi che individua nella cessione del credito un negozio causale, in quanto essa non prescinde dalla causa, ma piuttosto concretizza uno schema incompleto di negozio. La tesi prevalente ritiene che la cessione del credito debba considerarsi un negozio a causa variabile o generica, nel senso che può rientrare, di volta in volta, in uno o nell’altro tipo contrattuale, a seconda del titolo o della causa che la giustificano3.
La cessione di credito, infine, si differenzia dalla cessione del contratto; questa, infatti, opera il trasferimento dal cedente al cessionario dell’intera posizione contrattuale, con tutti i diritti e gli obblighi ad essa inerenti; con la cessione del credito, invece, il terzo cessionario subentra nei diritti che il cedente vantava nei confronti del debitore, sortendo quindi un effetto più limitato, posto che resta
1 Si veda però l’art. 69, terzo comma, del R.D. n. 2440/1923 in tema di cessione dei crediti verso la Pubblica
2 SOTGIA, voce Cessione dei crediti e di altri diritti, Novissimo Digesto Italiano, 1959, 156.
3 XXXXXXX, La cessione dei crediti, Trattato Xxxxxxxx, Xxxxxxx, 1983, 383.
circoscritta al solo diritto di credito sorto in capo al cedente in virtù di un precedente contratto.
3. La disciplina
Secondo l’art. 1260 cod. civ. “Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale, o il trasferimento non sia vietato dalla legge.
Le parti possono escludere la cedibilità del credito, ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione”.
La norma consente al creditore di cedere ad un terzo il proprio diritto di credito, indipendentemente dalla conoscenza, o persino in presenza di un dissenso espresso del debitore, nel caso in cui la prestazione non sia strettamente personale come nel caso sia dovuta una somma di denaro.
Per effetto della cessione, il credito viene trasferito al cessionario comprensivo di tutti gli accessori, degli eventuali privilegi e anche delle garanzie reali e personali che lo assistono (art. 1263 cod. civ.).
Creditore e debitore, nel contratto dal quale origina il credito, possono stabilire di escluderne la cedibilità; ma se il credito viene ceduto nonostante la pattuizione, questa non può essere opposta al cessionario, se non si dà prova che egli ne era a conoscenza al momento della cessione.
Può costituire oggetto di cessione ogni situazione giuridica rilevante che costituisce titolo nei confronti di una persona a ricevere una prestazione qualificata e determinata4.
Non possono, invece, formare oggetto di trasferimento i crediti strettamente personali – tra cui quelli alimentari – o comunque quelli per i quali la legge stabilisca dei divieti (artt. 1260 e 1261 cod. civ.).
3.1 La notifica
Se, come visto, ai fini della validità della cessione è sufficiente il consenso tra cedente e cessionario, tale accordo non vincola il debitore ceduto, che resta estraneo rispetto al contratto di cessione; affinché il negozio possa rendersi opponibile al debitore ceduto, e far sì che questi sia tenuto ad effettuare l’adempimento in favore non più del cedente, ma del cessionario, le parti del contratto devono informarlo dell’avvenuta cessione.
4 PERLINGIERI, La cessione dei crediti, Commentario Scialoja e Xxxxxx, Zanichelli, 1982, 12.
In caso di espressa accettazione della cessione da parte del debitore ceduto o di notificazione a questi della cessione, l’art. 1264 cod. civ. prevede una presunzione legale di conoscenza. Viceversa, in assenza di notificazione o di accettazione, spetta al cessionario l’onere di fornire la prova della effettiva conoscenza – e non, quindi della semplice conoscibilità – della cessione da parte del debitore.
Sebbene l’art. 1264 cod. civ. faccia riferimento alla notificazione, il concetto deve essere inteso in senso atecnico, senza che sia dunque necessario avvalersi dell’ufficiale giudiziario e delle modalità indicate dagli artt. 137 e ss. c.p.c.. La notifica a mezzo di ufficiale giudiziario, infatti, costituisce una semplice species del più ampio genus della notificazione, intesa come attività diretta a produrre la conoscenza di un atto in capo al destinatario, con la conseguenza che la notificazione della cessione, non identificandosi con quella effettuata ai sensi dell’ordinamento processuale, costituisce un atto a forma libera, non soggetto a particolari discipline o formalità5.
Ciò che rileva è essenzialmente l’esatta conoscenza, in capo al debitore ceduto, del nuovo destinatario del proprio adempimento, affinché tale atto possa validamente estinguere l’obbligazione. Ne consegue, pertanto, che se il debitore ceduto provvede al pagamento nei confronti del cedente dopo l’avvenuta notificazione o la sua accettazione, non può ritenersi liberato e il cessionario sarà pertanto legittimato ad agire nei suoi confronti per ottenere la prestazione dovuta.
Nell’ipotesi in cui un medesimo credito sia stato (fraudolentemente) ceduto a più soggetti, prevale la cessione che sia stata notificata per prima al debitore, o comunque quella che sia stata per prima accettata dallo stesso con atto avente data certa, in applicazione del principio prior in tempore, potior in iure.
3.2 Le garanzie
Con il contratto di cessione, il cessionario acquisisce, oltre al diritto di credito, anche i rischi ad esso connessi, che sono essenzialmente di due tipi:
- l’inesistenza del credito, che può essere assoluta (si pensi all’ipotesi di fatture false), o derivare, ad esempio, da un contratto successivamente dichiarato nullo o annullato;
- l’inadempimento del debitore ceduto.
A tutela di questi rischi, il cedente può essere obbligato, in base alla legge o in forza di un accordo con il cessionario, a fornire apposite garanzie, che si aggiungono a quelle che assistono il credito e con esso vengono trasferite, come visto, ai sensi dell’art. 1263 cod. civ..
5 In tal senso, tra molte, Cass. n. 5516/2006, in Mass. Giur. it., 2006.
La garanzia del nomen verum, ossia la garanzia dell’esistenza del credito, deve essere fornita dal creditore cedente in caso di trasferimento a titolo oneroso del credito, a norma dell’art. 1266 cod. civ.. Le parti possono escludere la garanzia convenzionalmente. La ratio della norma risiede nel principio del sinallagma contrattuale: in caso di accordo a prestazioni corrispettive, ognuna delle parti è contemporaneamente creditrice e debitrice, e deve essere in grado di adempiere alle obbligazioni assunte per poter pretendere l’adempimento altrui. La garanzia del nomen verum non è invece richiesta dalla legge nel caso di cessioni a titolo gratuito (si pensi alla donazione di un credito), in quanto, in assenza di una controprestazione per il trasferimento, l’ordinamento lascia all’autonomia delle parti l’allocazione del rischio di inesistenza del diritto trasferito.
La garanzia del nomen bonum, ossia dell’adempimento del debitore ceduto, non è, invece imposta al creditore cedente dal codice civile, che lascia alle parti la facoltà di prevederla contrattualmente. In assenza di tale garanzia, la cessione è definita pro soluto, altrimenti si parla di cessione pro solvendo.
La garanzia del cedente viene meno se l’insolvenza del debitore ceduto è dipesa dalla negligenza del cessionario nell’iniziare o proseguire l’azione di recupero nei suoi confronti.
Il meccanismo risulta, invece, invertito nel caso di cessione dei crediti di impresa; qui il cedente garantisce sempre la solvenza del debitore – nei limiti del corrispettivo pattuito – a meno che il cessionario non rinunci, in tutto o in parte, alla garanzia (art. 4, l. n. 52/1991).
3.3 Gli accessori del credito
Nell’ipotesi in cui il credito ceduto sia garantito da pegno, è vietato al cedente trasferire il possesso della cosa ricevuta in pegno senza il consenso del costituente; tuttavia, qualora, il pegno abbia ad oggetto azioni di società, l’art. 1263 cod. civ. viene concordemente interpretato nel senso di attribuire al creditore cessionario il diritto di voto, già spettante al cedente.
Qualora il credito ceduto sia garantito da ipoteca, l’art. 2843 cod. civ. impone che la trasmissione della garanzia reale a seguito della cessione debba essere annotata in margine all’iscrizione dell’ipoteca stessa, e a tal fine deve essere consegnata copia del titolo al conservatore. Tale annotazione – da effettuarsi, si ritiene, a cura del cessionario6 – ha valore costitutivo, e pertanto il trasferimento dell’ipoteca non ha effetto fino a quando non si provveda all’annotazione medesima.
Successivamente, l’iscrizione può essere cancellata unicamente con il consenso dei titolari dei diritti indicati nella annotazione medesima. Solo nell’ipotesi in cui la
6 DOLMETTA – PORTALE, Cessione del credito e cessione in garanzia nell’ordinamento italiano, in Banca, borsa e titoli di credito 1985, I, 272.
cessione del credito ipotecario non sia stata annotata, occorre per la cancellazione dell’ipoteca anche il consenso del cedente, il quale è tenuto a prestarlo solo dopo aver ottenuto l’assenso del creditore cessionario.
Infine, qualora il credito trasferito venga ceduto da una banca, la quale abbia preventivamente segnalato alla Centrale dei Rischi presso la Banca d’Italia la posizione “in sofferenza” del debitore ceduto, è onere dello stesso istituto di credito provvedere – contestualmente alla avvenuta cessione – alla comunicazione alla medesima Centrale dei Rischi dell’estinzione della posizione indicata “in sofferenza”. Difatti, a seguito dell’avvenuta cessione, la banca non vanta più alcun diritto nei confronti del ceduto, e conseguentemente non sussiste alcun motivo di mantenere la segnalazione presso la Centrale dei Rischi, che ha ragion d’essere unicamente nel caso in cui titolare del credito sia una banca o un intermediario finanziario.
Parte seconda - La cessione del credito come elemento di fattispecie diverse, contrattuali e non.
La disciplina della cessione del credito prevista dal codice civile rappresenta la regolamentazione di base dell’istituto, valevole in linea di principio per ogni cessione di credito tra soggetti privati. Rispetto ad essa, l’ordinamento contiene anche norme speciali che disciplinano ulteriori particolari forme di cessione di credito, integrando, ricalcando o derogando alla normativa codicistica. La cessione del credito costituisce, infatti, anche il presupposto su cui si basa il funzionamento di diverse fattispecie più complesse, di natura sia negoziale che procedurale.
Scopo di questa seconda parte è quello di individuare i diversi fenomeni presenti nel codice civile, in altri codici e nelle leggi speciali, la cui operatività è garantita anche dal meccanismo della cessione di credito, ed illustrarne le principali caratteristiche strettamente collegate all’istituto in esame, senza pretesa di esaustività, ma al solo fine di evidenziarne gli aspetti strettamente riconducibili alla cessione del credito.
1. Lo sconto bancario
L’art. 1858 cod. civ. definisce lo sconto bancario come il contratto “col quale la banca, previa deduzione dell’interesse, anticipa al cliente l’importo di un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante la cessione, salvo buon fine, del credito stesso”.
Lo sconto è tendenzialmente un contratto a forma libera, salvo però quanto previsto dalle norme speciali7, ferma rimanendo, nel caso di sconto mediante girata
7 Art. 117 T.U.B. “I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. Il Cicr può prevedere che, per motivate ragioni tecniche, particolari contratti possano essere stipulati in altra forma. Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo”.
di cambiali, l’osservanza delle formalità richieste dalla legge di circolazione del titolo.
E’ controverso se lo sconto sia un contratto consensuale8 o reale9.
La cessione di credito è qui evidente, e costituisce lo schema principale del contratto, la cui causa, però, è più complessa, comprendendo anche la funzione di finanziamento del cedente. Il che implica che il credito ceduto sia ancora non esigibile, poiché è proprio in funzione del tempo intercorrente tra l’anticipazione del credito e la sua scadenza che viene calcolato il tasso di interesse dedotto dalla banca. Lo sconto di assegni (che essendo pagabili a vista non hanno una scadenza successiva) viene spiegato con il fatto che alla distanzia temporis si sostituisce la distantia loci, con evidente riferimento alla diversità delle piazze su cui gli assegni vengono, rispettivamente, emessi e pagati10.
Si tratta, inoltre, di una cessione particolare, posto che la garanzia di solvenza (“salvo buon fine”) è richiesta dalla legge ed è sottratta alla disponibilità delle parti. Nello sconto bancario, quindi, la cessione del credito avviene sempre pro solvendo.
2. La cessione con funzione solutoria e la delegazione di pagamento
Secondo l’art. 1198 cod. civ., “quando in luogo dell’adempimento è ceduto un credito, l’obbligazione si estingue con la riscossione del credito, se non risulta una diversa volontà delle parti. E’ salvo quanto disposto dall’art. 1267”.
Si tratta di una forma di datio in solutum. Non basta, però, la cessione del credito in luogo dell’adempimento per la liberazione del cedente, ma occorre l’effettivo pagamento del credito ceduto in capo al cessionario. Conseguentemente, la cessione con funzione solutoria non estingue il credito originario, ma affianca ad esso quello ceduto, con il risultato che l’inesigibilità del credito originario permarrà per tutto il tempo in cui sarà possibile la fruttuosa escussione del debitore ceduto; ne deriva che il cessionario sarà tenuto ad escutere dapprima il debitore ceduto e, solo in caso di insolvenza di quest’ultimo, potrà rivolgersi al cedente debitore originario.
Dal primo comma della norma, inoltre, si deduce il carattere pro solvendo della cessione.
L’istituto presenta evidenti analogie con la delegazione di pagamento con provvista, che si ha quando Xxxxx è debitore di Caio ma, al tempo stesso, creditore di Xxxxx, ed incarica quest’ultimo di effettuare il pagamento a Caio. In tal modo, mediante un unico pagamento, si estinguono due obbligazioni.
A differenza di quanto avviene nella datio in solutum sopra esaminata, però,
8 FERRO – XXXXX, in Le operazioni bancarie, a cura di Xxxxxxx, Xxxxxxx, 1978, 762.
9 SPINELLI – GENTILE, Diritto bancario, CEDAM, 1991, 225.
10 SPINELLI – GENTILE, cit., 221.
nella delegazione di pagamento manca il profilo negoziale tra cedente e cessionario, posto che, nell’esempio fatto, tra Xxxxx e Xxxx non si conclude alcun accordo, ed il pagamento sarà effettuato direttamente dal delegato Xxxxx (in tesi, debitore ceduto) in nome e per conto del delegante. La cessione del credito con funzione solutoria rimane, in tal caso, implicita.
3. La cessione dei beni ai creditori
Secondo l’art. 1977 cod. civ., “la cessione dei beni ai creditori è il contratto col quale il debitore incarica i suoi creditori o alcuni di essi di liquidare tutte o alcune sue attività e di ripartire tra loro il ricavato in soddisfacimento dei loro crediti”.
Si tratta di un contratto consensuale ad effetti non reali, ma obbligatori. Infatti, il debitore non trasferisce ai creditori la proprietà dei beni, ma semplicemente la loro disponibilità al fine della loro liquidazione. Ovviamente, ha senso farvi riferimento in questa sede soltanto nella misura in cui si ipotizzi che tra i beni ceduti vi siano anche crediti. In tal caso, l’art. 1978 cod. civ. rinvia espressamente alla disciplina generale della cessione del credito in tema di notificazione ai debitori ceduti (che dovranno pagare i cessionari) ed opponibilità ai terzi.
Per la cessione dei beni, è richiesta la forma scritta ad substantiam.
Premesso che una disciplina positiva della fattispecie rende superfluo ogni tentativo di inquadrarla in altri tipi contrattuali, è però possibile ricostruirne la natura qualificandola come mandato con rappresentanza11, conferito anche nell’interesse dei creditori.
La cessione dei beni, pur non comportando l’immediata estinzione delle obbligazioni del cedente, ha comunque funzione solutoria, consistendo la sua causa nel soddisfacimento dei crediti e nell’evitare procedure esecutive a carico del cedente debitore. In analogia a quanto avviene nel caso di datio in solutum, e salvo il patto contrario, il debitore è liberato verso i creditori solo dal giorno in cui essi ricevono la parte loro spettante sul ricavato della liquidazione, e nei limiti di quanto hanno ricevuto.
4. La cessione con funzione di garanzia
La cessione del credito in garanzia rientra tra le garanzie reali atipiche e risponde all’esigenza sempre più avvertita nei traffici commerciali di individuare nuove forme di garanzia da affiancare agli strumenti tradizionali del pegno e dell’ipoteca.
11 Secondo VASSALLI, La cessione dei beni ai creditori, Trattato Xxxxxxxx, 1985, 408, la cessione presuppone anche una procura a liquidare i beni.
Pur ritenendosi possibile che l’effetto traslativo sia retto anche da una causa di garanzia, il diritto in tal modo trasferito dovrà necessariamente considerarsi limitato proprio dalla causa di garanzia, assumendo le caratteristiche di provvisorietà e strumentalità.
La fattispecie si sottrae al divieto del patto commissorio. Ciò avviene, da un lato, per effetto del l’applicazione analogica dell’art. 2803 cod. civ.12, dettato in materia di pegno su crediti, dall’altro, e soprattutto, per la natura stessa della causa che regge il negozio, e che limita il consolidarsi del trasferimento, alla scadenza dell’obbligazione garantita, a quanto necessario per tacitare le pretese creditorie del cessionario, originate da altro negozio.
Sotto il profilo causale, l’operazione è assimilabile ad un trasferimento sottoposto alla condizione risolutiva dell’adempimento dell’obbligazione garantita. Tale impostazione, però, si espone alla critica secondo cui mancherebbe il carattere accidentale proprio della condizione, eliminando la quale, la cessione risulterebbe senza causa.
Ne deriva che il vincolo a garanzia che caratterizza il credito ceduto è solo analogo 13 ad una condizione risolutiva, ma è invece il risultato della causa stessa del negozio: esso opera in modo simile ad una doppia condizione risolutiva irretroattiva (l’intera cessione è risolutivamente condizionata all’adempimento, mentre il trasferimento di quanto eccede il debito garantito è condizionato risolutivamente all’inadempimento).
Se il credito ceduto in garanzia scade prima del credito garantito, il creditore cessionario è tenuto alla riscossione, ma la sua soddisfazione definitiva, in virtù dell’accessorietà propria del negozio con causa di garanzia, potrà avvenire solo una volta scaduta l’obbligazione principale.
La cessione con causa di garanzia si distingue:
- dalla cessione solutoria, perché la soddisfazione dell’interesse creditorio è in essa un momento secondario e del tutto eventuale. Inoltre, il diritto trasferito è provvisorio e strumentale all’adempimento dell’obbligazione principale, laddove invece la causa solvendi attribuisce un diritto definitivo;
- dal pegno di crediti, perché questo, contrariamente alla cessione in garanzia, non trasferisce la titolarità dei crediti medesimi, ma costituisce su di essi un semplice diritto reale di garanzia, con particolari conseguenze in sede fallimentare;
- dal mandato irrevocabile all’incasso, che non trasferisce la titolarità del
12 Art. 2803 cod. civ.: “Il creditore pignoratizio è tenuto a riscuotere, alla scadenza, il credito ricevuto in pegno e, se questo ha per oggetto danaro o altre cose fungibili, deve, a richiesta del debitore, effettuarne il deposito nel luogo stabilito d’accordo o altrimenti determinato dall’autorità giudiziaria. Se il credito garantito è scaduto, il creditore può ritenere dal denaro ricevuto quanto basta per il soddisfacimento delle sue ragioni e restituire il residuo al costituente…”.
13 Cass. n. 4796/2001, in Foro it. 2002, I, c. 1758.
credito, ma costituisce una garanzia più “debole” della cessione, sia perché il mandante conserva la disponibilità del credito e la legittimazione a riscuoterlo, sia perché, in sede fallimentare, le somme così riscosse sono acquisite all’attivo del fallimento.
Un tipo di cessione a scopo di garanzia ampiamente diffuso nella pratica del credito al consumo è la cessione del quinto (dello stipendio o della pensione), a fronte di un finanziamento erogato dal cessionario.
5. L’anticresi
L’art. 1960 descrive l’anticresi come “il contratto col quale il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un immobile al creditore a garanzia del credito, affinché il creditore ne percepisca i frutti, imputandoli agli interessi, se dovuti, e quindi al capitale”. Si tratta di un contratto consensuale, nel quale la consegna costituisce soltanto atto di esecuzione. E’ richiesta la forma scritta ad substantiam (art. 1350 n. 7). In ogni caso, il contratto non può avere durata superiore a dieci anni.
In tutte le ipotesi in cui l’immobile produca frutti civili (si pensi, ad esempio, ad un contratto di locazione), il negozio implica, evidentemente, la cessione dei relativi crediti da parte del debitore in favore del creditore, il quale incasserà tali crediti nomine proprio, riducendo proporzionalmente il proprio credito verso il cedente.
La cessione, che non riguarda l’immobile (essendo tale profilo espressamente vietato dall’art. 1963 cod. civ., per non incorrere nel divieto di patto commissorio), ma solo i crediti ad esso afferenti, è assimilabile a quella già esaminata avente efficacia solutoria (art. 1198 cod. civ.), con la differenza che, nel caso in esame, anziché aversi una cessione di credito diretta, la stessa costituisce l’effetto mediato della consegna del bene immobile finalizzata all’incasso dei frutti ed all’imputazione degli stessi ad estinzione dell’obbligazione.
In assenza di espressa indicazione normativa, peraltro, il funzionamento dell’operazione potrebbe essere imperniato tanto su di una cessione di credito, quanto su un mandato all’incasso con accordo di compensazione.
6. I TITOLI DI CREDITO
La teoria dei titoli di credito nasce dall’esigenza di agevolare la circolazione dei crediti. La difficile opponibilità della cessione al debitore ceduto e ai terzi, i rischi di inesistenza e insolvenza che sono connessi al trasferimento, rendono la circolazione dei crediti incerta e insicura. L’invenzione sottesa al titolo di credito risiede nell’incorporazione del diritto di credito in una cartula, la quale, come bene mobile, è sottoposta ad una più celere disciplina di circolazione.
Ne deriva che al concetto di titolarità si sostituisce quello di legittimazione, a
sua volta imperniato sul possesso del titolo di credito incorporante il diritto. Il meccanismo si basa inoltre sulle tre caratteristiche dei titoli di credito: autonomia (implicante la limitazione alle eccezioni opponibili dal debitore ceduto al possessore del titolo); letteralità (il possessore ha diritto di ottenere la prestazione indicata nel titolo); astrattezza (salvo casi particolari – come le azioni di società – dai titoli di credito non v’è modo di conoscere il rapporto sottostante che ha originato l’obbligazione).
Eliminando la necessità della notificazione ai fini dell’opponibilità al debitore ceduto, e rendendo il titolo di credito (per quanto riguarda cambiale ed assegno), immediatamente azionabile in via esecutiva, i tempi di circolazione del titolo e di esazione del pagamento risultano di gran lunga ridotti.
Seppur con diverse forme e criteri, alla base di tutto c’è comunque la cessione del credito incorporato nel titolo.
Ciò avviene non solo per cambiale ed assegno, ma anche, come vedremo, nella circolazione dei titoli azionari. Un’ulteriore fattispecie espressamente prevista dal codice civile è quella descritta all’art. 1889, che disciplina la cessione della polizza di assicurazione nelle ipotesi in cui la stessa sia incorporata in un titolo di credito all’ordine o al portatore, prevedendo espressamente che “il suo trasferimento importa il trasferimento del credito verso l’assicuratore, con gli effetti della cessione”.
7. La cessione di azienda e di partecipazioni sociali
L’art. 2559 cod. civ. prevede che “la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante”.
La norma ha potuto trovare applicazione soltanto dopo l’istituzione del registro delle imprese. In precedenza, si seguivano le regole generali della notificazione, o dell’accettazione del debitore ceduto.
E’ discussa la natura dei crediti cui la norma fa riferimento; secondo alcuni, sono solo i crediti in moneta14. Altri vi includono anche le prestazioni di servizi15, mentre una tesi più estensiva vi ricomprende tutti i crediti di natura contrattuale ed extracontrattuale16.
La cessione dei crediti avviene di diritto, come effetto automatico del trasferimento dell’azienda, posto che ogni credito aziendale, costituendo parte integrante della universitas, non necessita di una sua specifica indicazione nell’atto di cessione di azienda.
14 TEDESCHI, Le disposizioni generali sull’azienda, Trattato Xxxxxxxx, 52, Xxxxxxx, 1983.
15 AULETTA, voce Azienda, Enciclopedia giuridica italiana, 21, 1988.
16 XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, III, tomo 1°, 95, Cedam, 2004.
Anche sotto tale profilo vi sono opinioni discordanti, secondo le quali il trasferimento dei crediti costituirebbe la conseguenza di una specifica previsione intercorsa tra le parti17, o avverrebbe ipso iure soltanto per i crediti con oggetto diverso dalla moneta18.
Anche la cessione di partecipazione societaria implica la cessione di diritti di credito. Tanto la quota di società a responsabilità limitata, quanto (e a maggior ragione, trattandosi di titolo di credito) l’azione, contengono diritti di natura patrimoniale (diritto agli utili, diritto di opzione, diritto di prelazione, etc.) e amministrativa (diritto di voto, diritto alla consultazione dei libri sociali, diritto di impugnazione delle delibere, etc.) che il socio potrà far valere nei confronti della società, e che costituiscono il contenuto della partecipazione oggetto di cessione.
Posto che, in tal caso, il debitore ceduto è la società stessa, la necessità della notifica è sostituita dall’annotazione del trasferimento nel libro soci19. A decorrere da tale momento, infatti, il socio potrà validamente esercitare i suoi diritti sociali.
A ben guardare, però, in tal caso la cessione del credito è mera conseguenza della più ampia cessione della posizione contrattuale che il socio cedente rivestiva all’interno del contratto di società da questi a suo tempo sottoscritto (o in sede di costituzione, o quando, a sua volta, ha acquistato da altri la partecipazione). Dall’acquisto della partecipazione sociale, infatti, non derivano soltanto meri diritti di credito (come il diritto agli utili), ma anche obblighi (concedere la prelazione in caso di vendita, astenersi dai comportamenti da cui possa derivare l’esclusione dalla società) e diritti di altra natura (sopra descritti come diritti amministrativi) che portano a considerare come cessione del contratto (e non del solo credito) il trasferimento della partecipazione sociale.
8. Il conferimento di crediti in società
Ai sensi dell’art. 2255 cod. civ., “il socio che ha conferito un credito risponde della insolvenza del debitore, nei limiti indicati dall’art. 1267 per il caso di assunzione convenzionale della garanzia”. Il richiamo all’art. 1267 cod. civ. significa che il socio cedente/conferente risponde – in caso di inadempimento del debitore ceduto – soltanto fino alla concorrenza della somma per la quale è stato valutato il suo conferimento. Inoltre, la garanzia cessa quando la mancata realizzazione dell’interesse creditorio per insolvenza sia dipesa da negligenza della società nell’intraprendere o proseguire le istanze nei confronti del debitore ceduto.
17 FERRI, Manuale di diritto commerciale, 227, UTET, 2006.
18 AULETTA, cit., 21.
19 Per effetto d.l. 29 novembre 2008 n. 185, convertito nella l. 28 gennaio 2009 n. 2, a decorrere dal 30 marzo 2009 per le S.r.l. è stato abolito il libro soci. Il trasferimento di quote produce quindi i suoi effetti nei confronti della società dal deposito dell’atto presso il Registro delle Imprese, effettuato dal notaio ai sensi dell’art. 2470 cod. civ., o dal dottore commercialista ed esperto contabile ai sensi dell’art. 26, comma 1bis, della l. 6 agosto 2008 n. 133.
La norma, che vale per le società di persone, è richiamata dall’art. 2342 per le società per azioni, e dall’art. 2464 per le società a responsabilità limitata.
Il conferimento di un diritto di credito implica la sua cessione dal socio sottoscrittore alla società. Dando per scontata l’applicazione del complesso iter necessario alla stima dei conferimenti in natura descritto dall’art. 2343 cod. civ. e recentemente innovato dal d. lgs. 4 agosto 2008 n. 142, ciò implica che, come per gli altri beni in natura, anche per il conferimento di crediti il valore va espresso in denaro, e non può essere superiore al prezzo di realizzo. Ne deriva che il credito deve essere attualizzato, ossia va indicato il suo valore di scambio (prezzo ricavabile in caso di cessione immediata del credito). A tal fine, i crediti conferiti devono essere singolarmente descritti, con particolare attenzione ai dati relativi a: debitore, importo, scadenza, tasso di interesse (e differenza tra questo ed il tasso corrente), possibili variazioni del cambio se il credito è in valuta estera, eventuali garanzie. Inoltre, devono essere valutate anche la solvibilità del debitore ceduto, e quella del socio conferente che, come visto, risponde del mancato adempimento del debitore.
Pur non essendo espressamente previsto, in via prudenziale si ritiene che debbano osservarsi le regole generali di notificazione ai fini dell’efficacia della cessione nei confronti del debitore ceduto, anche se l’iscrizione dell’atto (costitutivo o della delibera di aumento di capitale) nel registro delle imprese potrebbe far propendere per la conoscibilità (ed opponibilità) della cessione a prescindere dalla notificazione, analogamente a quanto accade per la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta (art. 2558 cod. civ.).
9. La successione ereditaria, la vendita di eredità e il legato di credito
La successione ereditaria costituisce il presupposto storico della cessione del credito. E’ infatti per rispondere all’esigenza di trasmissibilità mortis causa di diritti diversi dalla proprietà che vennero introdotte (nel II secolo d. C., da Xxxxxxxx Xxx) le actiones utiles proprio nomine, che consentivano a chi avesse acquistato un’eredità di esercitare il credito in nome proprio (e quindi, dando per avvenuta la cessione dei crediti facenti parte dell’asse ereditario), ed eliminavano, mediante l’istituto della denuntiatio, il rischio che il debitore ceduto adempisse nei confronti dell’originario erede xxxxxxx.
Ancora oggi, tanto nella successione ereditaria, quanto nella vendita di eredità, si verificano implicite cessioni del credito. Si pensi, ad esempio, a quanto avviene nel caso di conto corrente bancario intestato al de cuius, laddove la banca si trova a dover effettuare la restituzione prevista dall’art. 1834 cod. civ. non più al titolare del conto, ma al suo erede.
Analogo discorso vale, ovviamente, per il legato di credito, espressamente disciplinato dall’art. 658 cod. civ., il quale precisa che la disposizione a titolo particolare ha effetto per la sola parte di credito ancora esistente alla morte del
testatore, e che l’unico onere dell’erede consiste nel consegnare al legatario i titoli del credito legato che si trovavano presso il de cuius; con ciò escludendo ogni responsabilità dell’erede in caso di mancato pagamento del debitore ceduto.
Il rigore formale previsto per i relativi atti garantisce la conoscibilità e l’opponibilità, sia al debitore ceduto che ai terzi, dell’avvenuta successione o della conclusa vendita di eredità, e delle cessioni di crediti con esse realizzate.
10. La cessione dei crediti di impresa
La l. 21 febbraio 1991, n. 52 disciplina la cessione di crediti di impresa, e trova applicazione per tutte le obbligazioni, sorte tra un imprenditore ed un soggetto terzo, che hanno per oggetto il pagamento di una somma di denaro. Inoltre, a norma dell’art. 1, comma 1, lett. c), la l. 52/91 si applica solo se il cessionario del credito è una banca o un intermediario finanziario.
La normativa contiene alcune deroghe alla disciplina dettata dal codice civile.
In primo luogo, è consentita la cessione di crediti futuri, e cioè derivanti da contratti che non sono ancora stati stipulati al momento della cessione. All’imprenditore è consentito non solo di cedere i propri crediti, ma anche di obbligarsi a cedere crediti che devono ancora sorgere. In tal caso, troverà applicazione l’art. 1472 cod. civ., in base al quale la cessione ha effetto solo al momento in cui il credito viene ad esistenza (emptio rei speratae). Nel caso in cui il credito non venga ad esistenza, la cessione è nulla, sempre che le parti non abbiano voluto concludere un contratto aleatorio (emptio spei).
Una seconda deroga al regime del codice civile è rappresentata dalla cessione di crediti – sia esistenti che futuri - “in massa”, ossia la cessione della totalità dei crediti riferiti ad un determinato periodo di tempo, (che, nel caso di crediti futuri, non può essere superiore a ventiquattro mesi), o dei crediti che si riferiscono ad uno o più determinati soggetti debitori.
La cedibilità dei crediti in massa (e quindi, con una pluralità di debitori ceduti) comporta una deroga al principio dell’opponibilità della cessione al debitore ceduto, prevista dall’art. 1264 cod. civ.. In virtù di quanto previsto dall’art. 58, commi 2 e 4, del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (T.U. bancario) l’istituto di credito (o l’intermediario) cessionario ha l’onere di pubblicare l’avvenuta cessione sulla Gazzetta Ufficiale per renderla opponibile ai debitori ceduti, non essendo, pertanto, tenuto ad informarli tramite notificazione (seppur nel senso del termine in precedenza illustrato). Il debitore ceduto, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, deve quindi adempiere presso il cessionario e non più presso l’originario creditore. Dalla conoscenza effettiva prevista dall’art. 1264 cod. civ., si passa alla mera conoscibilità. Generalmente, però, le società cessionarie inviano comunque una comunicazione per informare il debitore ceduto dell’avvenuta cessione.
Come visto, un’ulteriore deroga rispetto allo schema generale riguarda il meccanismo della garanzia. L’imprenditore cedente ha l’obbligo di garantire al cessionario l’adempimento del debitore ceduto. Si è in presenza di una cessione pro solvendo, che opera ex lege, in assenza di rinuncia parziale o totale da parte del cessionario.
11. IL FACTORING
Il factoring è un contratto atipico, non espressamente contemplato nel nostro ordinamento, ma che, sotto il profilo operativo, non può che far riferimento tanto alla disciplina di base, quanto, soprattutto, a quella ora esaminata della legge n. 52/1991.
Si tratta di un contratto a prestazioni corrispettive, nel quale un creditore cedente si obbliga a trasferire uno o più crediti in cambio di una controprestazione pecuniaria ad un terzo cessionario (factor), che svolge professionalmente l’attività di riscossione e gestione di crediti.
Il factoring consente al cedente di ottenere denaro in cambio della cessione del proprio credito, e di reperire quindi le risorse per svolgere la sua attività di impresa, senza doversi preoccupare della problematica relativa all’esazione; il vantaggio per il factor consiste invece nell’incasso della differenza tra quanto ottenuto in sede di riscossione e la somma pagata al cedente per il trasferimento del credito. Somma sulla quale, nella maggiorparte dei casi, decorrono anche interessi convenzionali.
A seconda di come il contratto viene strutturato, può avere prevalenza la causa vendendi, o la causa mandati, o ancora lo scopo di garanzia; può assumere maggior rilevanza il fenomeno della gestione dei crediti e della loro riscossione, o quello del finanziamento che, se prevede la corresponsione di interessi, mal si concilia evidentemente con l’effetto traslativo.
Sotto tale ultimo profilo, è stato fatto giustamente notare che, se l’anticipazione che il factor corrisponde al cedente avviene a titolo di acconto sul prezzo della cessione, gli interessi sulla somma erogata non avrebbero ragion d’essere, trattandosi di negozio traslativo e non di finanziamento. Se, infatti, la somma erogata frutta interessi, ciò significa che la stessa, ben lungi dal costituire l’oggetto di un pagamento (e cioè, atto estintivo di una precedente obbligazione pecuniaria, quale può essere l’acquisto del credito), fa ancora parte del patrimonio del cessionario, e l’interesse è il corrispettivo che il cedente paga a questi per l’utilizzazione di un bene che, in natura o per tantundem (cessione del credito o mandato all’incasso con facoltà di compensazione) deve essere restituito al cessionario20.
20 In tal senso, BASSI, Factoring e cessione dei crediti di impresa, Quaderni di banca borsa e titoli di credito, n. 15, Xxxxxxx 1993, 66 e ss..
D’altro canto, non si deve perdere di vista la complessa funzione svolta dal contratto di factoring, nel quale la cessione di credito si pone come strumento attraverso il quale realizzare gli ulteriori scopi finanziari, di gestione e riscossione dei crediti e di garanzia perseguiti dal cendente.
12. La cartolarizzazione
La l. 30 aprile 1999, n. 130 disciplina la cartolarizzazione dei crediti, che consiste in un’operazione finanziaria in cui confluiscono i principi alla base dell’istituto della cessione del credito e quelli della teoria dei titoli di credito.
La cartolarizzazione non è un contratto differente dalla cessione del credito, ma una delle finalità per le quali la cessione può essere realizzata.
Come visto, la cessione del credito può avere una causa traslativa, di garanzia o satisfattiva. A queste deve essere aggiunta la causa di cartolarizzazione. Con la cessione del credito a scopo di cartolarizzazione, il cedente trasferisce il proprio credito ad un terzo che si obbliga a cartolarizzarlo, e cioè a incorporarlo in uno o più titoli di credito, e a immettere sul mercato i titoli di credito ad esso corrispondenti.
Ne discende che, anche nel caso della cartolarizzazione, si è in presenza di una cessione di credito, seppur con una peculiare funzione economica concreta.
Sono sottoposte alla l. 130/99 le cessioni a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia esistenti, sia futuri, al ricorrere dei seguenti requisiti:
- il cessionario deve essere una società avente per oggetto esclusivo la realizzazione di operazioni di cartolarizzazione di crediti;
- le somme corrisposte dal debitore ceduto devono essere destinate in via esclusiva dalla società cessionaria al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acquisto di tali crediti, nonché al pagamento dei costi di cartolarizzazione.
L’art. 4, comma 1 della l. 130/99, richiamando la disciplina sopra esaminata dell’art. 58 del T.U. bancario, prevede la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della cessione del credito come mezzo per rendere efficace ed opponibile la cessione nei confronti del debitore ceduto.
La cessione avviene sempre pro soluto.
13. IL FORFAITING
Per forfaiting, si intende la tecnica finanziaria che permette lo smobilizzo dei crediti derivanti da operazioni di esportazione con pagamento dilazionato a medio
termine21.
L’operazione di forfaiting consiste nella cessione di titoli di credito, rappresentati da cambiali tratte internazionali (bills of exchange), cambiali pagherò (promissory notes) o lettere di credito, ad una finanziaria, denominata forfaiter, contro anticipazione del corrispettivo in denaro al netto degli interessi e di una provvigione. Lo sconto degli effetti può essere di due tipi:
- pro soluto, nel qual caso l’esportatore viene liberato da qualsiasi responsabilità relativa al pagamento del debito da parte dell’acquirente, dal momento in cui è stata consegnata la merce, ovvero i documenti comprovanti la spedizione;
- pro solvendo (forfaiting improprio), impegnandosi l’esportatore, nel caso di mancato pagamento da parte dell’acquirente straniero, a restituire la somma corrisposta dal forfaiter.
Mediante le operazioni di forfaiting, l’esportatore, oltre a concedere dilazioni di pagamento al cliente, ottiene i seguenti vantaggi:
- incrementa la propria capacità di indebitamento;
- copre i rischi di insolvenza dell’acquirente o del suo garante; di trasferimento valutario e il rischio politico del Paese debitore;
- elimina dal bilancio la posta “crediti verso clienti” e “debiti verso banche”;
- non è soggetto alla eventuale fluttuazione dei tassi di interesse;
- non ha rischio di cambio.
I protagonisti della vicenda sono:
- l’esportatore: il soggetto che vende ad una controparte terza un bene di investimento o una prestazione di servizio
- l’importatore: il soggetto che acquista il bene o servizio;
- il forfaiter: l’intermediario finanziario che acquista i titoli cambiari dall’esportatore;
- la banca avallante: l’istituto bancario che avalla i titoli, o emette la lettera di garanzia o la lettera di credito.
Si tratta, in estrema sintesi, di una forma di sconto più ampia, che viene generalmente assistita dall’assunzione del rischio relativo al nomen bonum a carico del
21 La normativa italiana di riferimento è rappresentata dal d. lgs. 31 marzo 1998, n. 143, Disposizioni in materia di commercio con l’estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c),e dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
forfaiter, sulla base di una garanzia rilasciata non dal cedente, ma da una banca.
14. L’esecuzione presso terzi
Nel pignoramento di crediti presso terzi, siamo ovviamente al di fuori dello schema negoziale, mancando il requisito dell’accordo, e trattandosi di procedura esecutiva. Con questo sistema, però, si realizza una modificazione del lato attivo dell’obbligazione, attraverso una cessione del credito coatta con funzione solutoria. Il debitore ceduto, infatti, in virtù dell’ordinanza di assegnazione emessa dal giudice dell’esecuzione, è tenuto ad effettuare il proprio adempimento non più nei confronti dell’originario suo creditore, ma in favore del creditore di quest’ultimo.
Sotto il profilo della conoscibilità, vale un meccanismo più complesso, nel senso che il terzo viene avvertito due volte, in due momenti diversi. Con l’atto di citazione, il credito viene sottoposto a pignoramento, il debitore dell’attore non potrà disporne, ed il terzo dovrà confermare di essere a sua volta debitore. Con la notifica dell’ordinanza di assegnazione, il terzo potrà liberarsi della propria obbligazione soltanto pagando in favore del creditore procedente.
Con il pagamento del terzo, si estinguono contemporaneamente due obbligazioni: quella tra il creditore procedente ed il suo debitore, e quella tra quest’ultimo ed il terzo pignorato. Ciò analogamente a quanto avviene nel caso di delegazione di pagamento con provvista, con la differenza che, nell’esecuzione, il potere di disposizione del delegante è esercitato dal giudice su richiesta del creditore procedente.
15. La cessione dei crediti vantati verso la Pubblica Amministrazione
L’elemento che accomuna tutte le fattispecie sopra esaminate è la loro riconducibilità all’istituto della cessione del credito tra parti private. Il codice civile, come visto, fornisce la regolamentazione di base dell’istituto, la l. 52/91 regolamenta il particolare caso della cessione di crediti di impresa, la l. 130/99 istituisce e regola la cessione di credito a scopo di cartolarizzazione, mentre il factoring e le altre fattispecie esaminate si presentano come fenomeni basati sulla cessione del credito.
Cogliere la centralità della cessione del credito in tutti questi istituti è un elemento di fondamentale importanza se, da un’ottica privatistica dell’istituto, si passa a un’ottica pubblicistica.
L’ordinamento pubblico non entra nel dettaglio delle varie forme di cessione del credito: considera l’istituto in modo unitario, mutuandolo dal diritto privato in qualsiasi forma esso si manifesti. Le norme di diritto pubblico si limitano a derogare o modificare la disciplina della cessione del credito laddove ciò si renda necessario per tutelare la Pubblica Amministrazione nella sua veste di debitore ceduto. Così facendo, l’ordinamento assicura tutela all’interesse pubblico che la Pubblica
Amministrazione è obbligata a perseguire in ogni sua attività, anche quella contrattuale. Ciò si traduce in una serie di norme volte a circoscrivere e limitare l’autonomia contrattuale del creditore cedente.
L’art. 9 della l. 20 marzo 1865, n. 2248, sull’abolizione del contenzioso amministrativo, stabilisce che “sul prezzo dei contratti in corso non potrà […] convenirsi cessione, se non vi aderisca l’amministrazione interessata”. La norma vuole evitare che “durante l’esecuzione del contratto, possano venire a mancare i mezzi finanziari al soggetto obbligato alla prestazione in favore della pubblica amministrazione”22. Il limite alla cedibilità sussiste per tutta la durata del contratto, cessando solo alla conclusione del rapporto contrattuale. Ne discende che, in deroga al principio generale dell’art. 1260 cod. civ., in corso di esecuzione del contratto, il creditore deve chiedere il previo consenso alla Pubblica Amministrazione (che diverrebbe debitore ceduto), per poter cedere il credito. La norma citata, seppur risalente, è tuttora in vigore e applicabile a tutte le pubbliche amministrazioni, per ogni contratto da esse concluso, qualunque ne sia l’oggetto.
Gli artt. 69 e 70 del X.X. 00 novembre 1923, n. 2440 stabiliscono che “le cessioni […] relative a somme dovute dallo Stato […] debbono essere notificate all’amministrazione centrale ovvero all’ente ovvero ufficio o funzionario cui spetta ordinare il pagamento. Tali cessioni devono risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata da un notaio”.
In questo caso, vi è un’ulteriore deroga alla disciplina privatistica: il cedente ed il cessionario sono vincolati a concludere il contratto in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, e hanno l’obbligo di notificare alla Pubblica Amministrazione l’accordo. In deroga al secondo comma dell’art. 1265 cod. civ., non vi è la possibilità per il cessionario di dimostrare in altro modo, diverso dalla notificazione, l’avvenuta conoscenza della cessione da parte della Pubblica Amministrazione.
Dal combinato disposto della normativa esaminata, deriva che:
a) per tutta la durata del contratto, il creditore deve ottenere il consenso della Pubblica Amministrazione se vuole cedere il credito;
b) conclusa l’esecuzione del contratto, il creditore potrà sì cedere il suo credito, ma solo con atto pubblico o scrittura privata autenticata, da notificarsi all’amministrazione.
A questa regolamentazione, applicabile a tutti i contratti, se ne affianca una specifica per i soli contratti relativi a lavori pubblici.
La legge quadro sui lavori pubblici – c.d. Legge Merloni (l. 11 febbraio 1994
22 Cfr. Cass. n. 13261/2000, in Giust. civ. Mass. 2000, p. 2089.
n. 109, il cui regolamento di attuazione è stato varato con il d.p.r. 554/1999) al V comma dell’art. 25 stabilisce che: “le disposizioni della l. 21 febbraio 1991, n. 52, sono estese ai crediti verso le pubbliche amministrazioni derivanti da contratti di appalto di lavori pubblici, di concessione di lavori pubblici e da contratti di progettazione nell’ambito della realizzazione di lavori pubblici”. Conseguentemente, nel solo ambito dei lavori pubblici, l’imprenditore aggiudicatario del contratto può cedere il proprio credito nei confronti della Pubblica Amministrazione con le modalità previste dalla l. 52/91, seppur con le eccezioni previste dall’art. 115 del regolamento di attuazione: la cessione deve essere stipulata per atto pubblico o scrittura privata autenticata, e per renderla opponibile alla Pubblica Amministrazione non è sufficiente la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, dovendosi notificare l’atto all’amministrazione debitrice. Inoltre, la cessione del credito è efficace e opponibile alla Pubblica Amministrazione solo qualora questa non la rifiuti. Pertanto, in caso di applicazione della l. 52/91, il previo consenso (anche per silenzio assenso) della Pubblica Amministrazione si pone come conditio sine qua non per la cessione.
Infine, le norme di diritto pubblico in tema di cessione del credito non consentono in modo esplicito la possibilità di cartolarizzare i crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione, né contengono alcun richiamo alla normativa di riferimento, a differenza di quanto avviene, come visto, per la disciplina dei crediti di impresa.
Da ciò, però, non deriva l’impossibilità, per il creditore di una Pubblica Amministrazione, di cartolarizzare il proprio credito. Come visto, la cartolarizzazione è una delle possibili cause della cessione del credito. Posto che le norme pubblicistiche ricomprendono ogni forma di cessione del credito, deve ritenersi consentita anche quella con finalità di cartolarizzazione.
Anche la disciplina della cartolarizzazione, però, dovrà subire le integrazioni e le deroghe necessarie al perseguimento dell’interesse pubblico sopra descritto. Conseguentemente, qualora il debitore ceduto sia una Pubblica Amministrazione, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale non potrà essere ritenuta un mezzo sufficiente ai fini dell’efficacia della cessione nei suoi confronti. Ferma rimanendo la necessità di assolvere comunque tale onere, a tutela di esigenze di pubblicità generale ed opponibilità ai terzi, sarà necessario procedere anche alla notifica alla Pubblica Amministrazione del contratto di cessione, redatto per atto pubblico o scrittura privata, così come previsto dalla normativa di diritto pubblico sopra esaminata.
Avv. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx
* Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, avvocato civilista in Roma, si occupa di diritto civile e societario, è autore di numerose pubblicazioni in materia, nonché docente di diritto civile presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali della Luiss.