UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA
Corso di laurea magistrale in Giurisprudenza
Xxxxxx Xxxxxx
IL RISARCIMENTO DEL DANNO DA CONTRAFFAZIONE DI MARCHIO E LA RESTITUZIONE DEI PROFITTI DALL’AUTORE DELLA VIOLAZIONE
Relatore: Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxx
ANNO ACCADEMICO 2017/2018
INDICE
Capitolo I: Introduzione
§1 Il contesto socio-economico 17
§2 L’articolo 45 dell’accordo Trips… 21
§3 L’articolo 13 della direttiva 2004/48/CE 23
Capitolo II: Il primo comma dell’articolo 125 cpi
§1 I presupposti dell’azione risarcitoria… 26
§2 L’elemento soggettivo… 27
§3 Il danno… 32
§4 Il nesso causale 33
§5 La liquidazione del danno… 39
§6 Le spese di accertamento… 41
§7 Gli altri pregiudizi che possono derivare dalla contraffazione… 43
§8 Il pregiudizio alla capacità attrattiva del marchio rinomato: il danno alla capacità distintiva e lo screditamento all’immagine del marchio… 44
§9 La perdita del valore di avviamento… 52
§10 Il pregiudizio al valore del marchio… 53
§11 Il lucro cessante… 54
§12 La quantificazione delle mancate vendite… 55
§13 Il profitto unitario realizzabile… 60
§14 La rilevanza dei benefici realizzati dal contraffattore… 61
§15 Il danno non patrimoniale… 64
Capitolo III: il secondo comma dell’articolo 125 cpi
§1 La somma globale e la valutazione equitativa… 69
§2 I limiti della liquidazione equitativa in sede di applicazione dell’articolo 125… 70
§3 La posizione della giurisprudenza… 73
§4 Il criterio della royalty virtuale… 77
§5 Il problema della necessità della prova del danno… 78
§6 La posizione della Commissione europea… 84
§7 Le decisioni della Corte di Giustizia della Ue sulla cumulabilità del parametro… 85
§8 Il metodo di calcolo… 87
§9 La royalty di mercato… 89
§10 La valorizzazione del dato equitativo… 94
§11 Analisi dei criteri seguiti dalla giurisprudenza… 97
§12 La determinazione del fatturato del contraffattore… 101
§13 L’opportunità di maggiorazione della royalty 102
Capitolo IV: la retroversione degli utili
§1 Il terzo comma dell’articolo 125 cpi… 105
§2 L’inquadramento dogmatico: è un danno punitivo?. 107
2.1 La tesi del conflitto attributivo… 107
2.2 L’arricchimento ingiustificato come rimedio al conflitto appropriativo… 111
2.3 Profitti e frutti d’impresa… 115
2.3.A Il problema possessorio
2.3.B Il concetto di frutto
2.3.C L’equiparazione nelle norme del codice del concetto di frutto e di utile
2.3.D Il senso dell’articolo 1148 cc e la soluzione del problema
2.4 Il diritto di impresa come situazione giuridica soggettiva autonoma… 120
2.5 La gestione di affari altrui… 123
2.5.A La gestione di affari altrui egoistica e la retroversione dell’utile
2.6 Il risarcimento ultracompensativo… 128
2.6.A Il disgorgment of profits
2.6.B Le due sentenze della corte di cassazione
§3 I criteri di imputazione soggettiva… 134
§4 Il concetto di utile… 138
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Giurisprudenza Citata
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Xxxxx xx Xxxxxxxxx xxxxx Xxxxxx xxxxxxx, Xxxxxx 0/00, 15 novembre 1994
Corte di Giustizia della Unione Europea 14 settembre 1999 causa X- 000/00
Xxxxx xx Xxxxxxxxx xxxxx Xxxxxx Xxxxxxx 00 ottobre 2003 causa X- 000/00
Xxxxx xx Xxxxxxxxx xxxxx Xxxxxx Xxxxxxx 00 marzo 2016 causa X- 00/00
Xxxxx xx Xxxxxxxxx xxxxx Xxxxxx Xxxxxxx 00 gennaio 2017 causa X- 000/00
Xxxxx xx Xxxxxxxxxx 00 febbraio 1969 n. 486
Corte di Cassazione 13 novembre 1973 n. 3004
Corte di Cassazione 04 Giugno 2007
Corte di Cassazione 19 Giugno 2008
Corte di Cassazione 11 novembre 2008 Corte di Cassazione 15 Aprile 2011 n.8730 Xxxxx xx Xxxxxxxxxx 00 Xxxxxx 0000
Xxxxx xx Xxxxxxxxxx 06 Dicembre 2016
Corte di Cassazione sezioni unite 05 Luglio 2017 n.16601 Tribunale di Bologna 08 Giugno 2004
Corte di Appello di Bologna 27 Marzo 2015 Tribunale di Bologna 19 Luglio 2005
Tribunale di Bologna 03 Giugno 2013
Tribunale di Bologna 12 febbraio 2016
Tribunale di Bologna 01 Settembre 2011
Tribunale di Catania 13 Febbraio 2009
Tribunale di Catania 28 Novembre 2011
Tribunale di Catania 21 Aprile 2011
Tribunale di Catania 23 Giugno 2011
Tribunale di Catania 10 Gennaio 2013
Tribunale di Catania 18 Gennaio 2013
Tribunale di Catania 09 Giugno 2013
Tribunale di Catania 11 Marzo 2014
Tribunale di Catania 27 Gennaio 2014
Tribunale di Catania 11 Marzo 2014
Tribunale di Catania 23 Novembre 2015
Tribunale di Catania 24 Luglio 2013
Tribunale di Milano 26 Febbraio 2007
Tribunale di Milano 21 Febbraio 2009
Tribunale di Milano 26 febbraio 2009
Tribunale di Milano 04 marzo 2010
Tribunale di Milano 13 Settembre 2010
Tribunale di Milano 02 Marzo 2011
Tribunale di Milano 19 Marzo 2011
Tribunale di Milano 22 Aprile 2011
Tribunale di Milano 16 Luglio 2011
Tribunale di Milano 17 Marzo 2012
Tribunale di Milano 24 Aprile 2013
Tribunale di Milano 24 Luglio 2013
Tribunale di Milano 20 Marzo 2014
Tribunale di Milano 25 Gennaio 2014
Tribunale di Milano 04 Marzo 2014
Tribunale di Milano 20 Gennaio 2015
Tribunale di Milano 21 Maggio 2015
Tribunale di Milano 18 settembre 2015
Tribunale di Milano 19 Settembre 2015
Tribunale di Milano 21 Maggio 2015
Tribunale di Milano 14 Maggio 2015
Tribunale di Milano 14 Dicembre 2015
Tribunale di Milano 23 Maggio 2016
Tribunale di Milano 05 ottobre 2016
Tribunale di Napoli 24 Luglio 2012
Tribunale di Roma 29 Febbraio 2008
Tribunale di Roma 31 maggio 2010
Tribunale di Roma, 30 marzo 2012
Tribunale di Roma 30 dicembre 2012
Tribunale di Roma 04 marzo 2015
Tribunale di Roma 18 febbraio 2015
Tribunale di Torino 04 Marzo 1999
Tribunale di Torino 12 Giugno 2009
Tribunale di Torino 01 Settembre 2011
Tribunale di Torino 21 Luglio 2011
Tribunale di Torino 20 Febbraio 2012
Tribunale di Torino 20 Gennaio 2015
Tribunale di Torino 03 Giugno 2016
Tribunale di Torino 05 ottobre 2016
Xxxxx xx xxxxxxx xx Xxxxxxx, 00 Novembre 2013 Xxxxx xx Xxxxxxx xx Xxxxxxx 00 settembre 2013
United States District court, S.D. New York, 28 maggio 0000 Xxxxx xx Xxxxxxx xx Xxxxxxxx, 21 giugno 1929
Capitolo I: Introduzione
§1 Il contesto socio-economico
La materia del risarcimento del danno da contraffazione è regolamentata in Italia dall’art.125 c.p.i. rubricato “Risarcimento del danno e restituzione dei profitti dell’autore della violazione”1.
Per l’operatore del diritto, avvezzo alle a un modello di responsabilità civile volto alla compensazione del danno subito, la normativa presenta non poche peculiarità, quali il richiamo ai benefici economici del contraffattore, la commisurazione di una liquidazione almeno pari alla royalty virtuale, il diritto alla retroversione degli utili.
1 Art.125 c.p.i: 1. il risarcimento dovuto al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223,1226 e 1227 del codice civile, tenuto conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno del titolare del diritto leso, i benefici realizzati dall’autore della violazione e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione.
2. la sentenza che provvede sul risarcimento dei danni può farne la liquidazione in una somma globale stabilita in base agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivano. In questo caso il lucro cessante è comunque determinato in un importo non inferiore a quello dei canoni che l’autore della violazione avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso.
3. in ogni caso il titolare del diritto leso può chiedere la restituzione degli utili realizzati dall’autore della violazione, in alternativa al risarcimento del lucro cessante o nella misura in cui eccedono tale risarcimento.
Queste singolarità rispondono alla necessità di predisporre un apparato normativo idoneo a disincentivare lo sviluppo del fenomeno contraffattivo, che, per caratteristiche e dimensioni, nuoce in maniera considerevole all’economia italiana ed europea.
In merito, secondo l’Organizzazione mondiale del commercio i beni contraffatti rappresentano tra il 5 e il 7 per cento del commercio globale, pari a circa 600 miliardi di dollari l’anno2, mentre secondo l’OCSE i trasferimenti transnazionali di merci contraffatte avrebbero un valore di oltre 250 miliardi di dollari.3
L’Unione Europea è sotto questo aspetto un soggetto economico particolarmente danneggiato giacché il 42 4 per cento dell’attività economica complessiva è generato da industrie ad alta intensità di diritti di proprietà intellettuale e i prodotti protetti dalla proprietà intellettuale costituiscono il 93% delle esportazioni5.
In quest’area il settore dei marchi vede particolarmente coinvolto il nostro paese, che, nelle rilevazioni per numero di registrazioni, si è
2 United Nations office on Drugs and Crime, The Globalization of Crime. A Transnational Threath Crime Assesment,2010, in xxx.xxxxx.xxx, pag. 177-178.
3 BASCAP (Business Action to Stop Counterfeiting and Piracy) and ICC (International Chamber of Commerce), Roles and Responsabilities of Intermediaries: Fighting Counterfeiting and Piracy in the Supply Chain, 2015, in xxxxx://xxxxxx.xxx, pag.5
4 EUIPO, Intellectual Property Rights Intensive Industries: Contribution to Economic Performance and Employement in Europe, 2013, in xxx.xxxxx.xxxxxx.xx, pagina 6
5 EUIPO, Intellectual Property Rights Intensive Industries: Contribution to Economic Performance and Employement in Europe, 2013, in xxx.xxxxx.xxxxxx.xx, pagina 8
collocato nel triennio 2011-2013 al terzo posto, dietro la Germania e il Regno Unito6.
Quantunque il fenomeno sia rinvenibile in maggior misura in aree come quelle dell’abbigliamento e delle medicine, a oggi è tendenzialmente radicato in quasi tutti i settori economici7.
Quanto ai canali di distribuzione, gli studi attesterebbero che, alle strade tradizionali come i banchi del mercato e i venditori ambulanti irregolari, si affiancano oggi nuove vie, come quella dell’e-commerce, prediletto soprattutto tra le fasce più giovani della popolazione.8
In un simile contesto socio economico sarebbe necessario che il meccanismo di risarcimento della responsabilità civile assicurasse una reintegrazione del danno adeguata, evitando il rischio di sottostima che, oltre a generare una mancata reintegrazione della posizione concorrenziale della vittima sul mercato, comporta un potenziale vantaggio per il contraffattore.
Perché ciò non avvenga sarebbe necessario che il quantum della pronuncia risarcitoria fosse almeno pari alla sanzione attesa
6 EUIPO, Intellectual Property Rights Intensive Industries: Contribution to Economic Performance and Employement in Europe, 2013, in xxx.xxxxx.xxxxxx.xx, pag. 11
8 Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, Relazione su possibili proposte normative in materia penale in tema di contraffazione, approvata nella seduta del 04 agosto 2015, in xxx.xxxxxx.xx, pagina 17
dall’autore dell’illecito, la quale non dovrebbe mai essere inferiore al guadagno da lui realizzato9.
Una formula matematica sintetizza come ciò si verifichi: SA=pQ ovvero SA>pQ dove SA esprime la sanzione attesa, Q è il quantum della sanzione, mentre p è la probabilità che la sanzione venga effettivamente irrogata.10 Tra questi fattori, quello della probabilità si porrebbe in termini positivi nel caso di certezza della sanzione, il che si verificherebbe laddove vi siano forme di presunzione di colpa o inversione degli oneri probatori, assenza di preclusioni, meccanismi di discovery improntati sul modello anglosassone, poteri ex officio del giudice e maggiore libertà del consulente tecnico.11
Tali considerazioni di sistema risultano essere proprie del modello normativo che è stato delineato, prima ancora che dal legislatore nazionale, da quello comunitario e dagli accordi internazionali vigenti in materia.
§2 L’articolo 45 dell’accordo Trips
9 Xxxxx Xxxxxxx, Il risarcimento dei danni da contraffazione di brevetto e restituzione degli utili,
in Diritto industriale, 2007 pag. 1333
10 Xxxxx Xxxxxxx, La retroversione degli utili come sanzione per la contraffazione di marchi e brevetti in Il diritto industriale, 2012, pagina 1333
11 Xxxxx Xxxxxxx, La retroversione degli utili come sanzione per la contraffazione di marchi e brevetti, in Il diritto industriale, 2012, pagina 1335
Quanto agli obblighi internazionali, il riferimento è all’accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale, noto con l’acronimo inglese Trips, che, promosso dall’organizzazione mondiale del commercio e concluso nel quadro dell’Uruguay Round nel 1994 a Marrakech, è un allegato all’accordo istitutivo dell’OMC e, in quanto tale, ne è parte integrante.
L’accordo mira ad armonizzare e a rafforzare su scala mondiale la tutela dei diritti di proprietà intellettuale predisponendo un livello minimo di garanzia ma lasciando liberi i firmatari sia di stabilire una tutela più ampia, che di scegliere i mezzi più adeguati attuarlo.
Alla regolamentazione del risarcimento del danno da contraffazione è dedicata una apposita disposizione, l’art.45.
La norma dispone che l'autorità giudiziaria ha facoltà di ordinare all'autore della violazione - commessa con consapevolezza certa o presunta - di pagare al titolare del diritto una somma adeguata per risarcire i danni che quest'ultimo ha subito a causa della violazione di un suo diritto di proprietà intellettuale, nonché le spese giudiziali .
Gli stati membri possono prevedere altrsì il recupero degli utili e/o il pagamento di somme prestabilite anche se l'autore della violazione
non l’abbia commessa consapevolmente o avendo motivi ragionevoli per esserlo.
All’accordo istitutivo dell’OMC aderiva l’allora Comunità europea, oggi Unione Europea, tanto che due disposizioni dell’accordo istitutivo vi fanno espressamente riferimento: l'art. IX, che tratta dell'adozione delle decisioni e dispone che, qualora le Comunità europee esercitino il loro diritto di voto, esse dispongono di un numero di voti pari al numero dei loro Stati membri che sono Membri dell'OMC. L’altra norma è invece l’art. XI il quale riguarda i membri originari e sancisce che le parti contraenti del GATT 1947 e le Comunità europee, che accettano il presente Accordo e gli Accordi commerciali multilaterali, diventano Membri originari dell'OMC.
§3 L’articolo 13 della direttiva 2004/48/CE
A livello comunitario le materie oggetto di questi accordi hanno carattere concorrente, come è stato chiarito da parte della Corte di Giustizia in seguito alla richiesta di pareri avanzata dalla
Commissione 12 . La materia è stata pertanto oggetto di disciplina comune ad opera della direttiva 2004/48/CE approvata il 29 Aprile del 2004 dal Consiglio e dal Parlamento europeo.
Il risarcimento del danno da contraffazione è disciplinato nell’articolo
13 il quale così dispone: “1.Gli Stati membri assicurano che, su richiesta della parte lesa, le competenti autorità giudiziarie ordinino all'autore della violazione, implicato consapevolmente o con ragionevoli motivi per esserne consapevole in un'attività di violazione di risarcire al titolare del diritto danni adeguati al pregiudizio effettivo da questo subito a causa della violazione.
Allorché l'autorità giudiziaria fissa i danni:
a) tiene conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno subito dalla parte lesa, i benefici realizzati illegalmente dall'autore della violazione, e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione;
b) oppure in alternativa alla lettera a) può fissare, in casi appropriati, una somma forfettaria in base ad elementi quali, per lo meno, l'importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti qualora
12 Corte di Giustizia della Unione Europea, Parere 1/94, 15 novembre 1994 in xxxxx://xxx- xxx.xxxxxx.xx
l'autore della violazione avesse richiesto l'autorizzazione per l'uso del diritto di proprietà intellettuale in questione.
2. Nei casi in cui l'autore della violazione è stato implicato in un'attività di violazione senza saperlo o senza avere motivi ragionevoli per saperlo, gli Stati membri possono prevedere la possibilità che l'autorità giudiziaria disponga il recupero dei profitti o il pagamento di danni che possono essere predeterminati.”
Ulteriori chiarimenti sono offerti dalle norme generali e dai considerando della direttiva. In particolare il considerando 26 precisa che la misura non è diretta a prevedere un risarcimento punitivo ma si prefigge di permettere un ristoro fondato su base obiettiva , tenuto conto delle spese sostenute dal titolare ad esempio per l’individuazione della violazione e delle relative ricerche.
Le misure, le procedure e i mezzi sono, secondo il disposto dell’articolo 3, effettivi proporzionati e dissuasivi ma devono essere determinati tenendo conto delle caratteristiche specifiche del caso, come chiarito dal considerando 17.
A più di dieci anni dall’introduzione di queste norme la Commissione Europea ha tuttavia dichiarato che, a fronte della necessità di rimedi efficaci, proporzionati e dissuasivi, i risarcimenti relativi a diritti della proprietà industriale sono relativamente bassi e solo in pochi stati
membri si è avuto un incremento dei risarcimenti accordati in seguito all’attuazione della direttiva13.
Queste considerazioni fanno il paio con le posizioni espresse da Confindustria che continua a porre in evidenza la necessità di dar luogo a un sistema di risarcimento del danno capace di prescindere dall’elemento soggettivo e di comprendere tutti i profitti, diretti e indiretti, che conseguono all’autore dalla violazione, anche al di la della perdita subita, proprio per realizzare un effetto compensativo e dissuasivo14.
Capitolo II: Il primo comma dell’articolo 125 c.p.i.
§1 I presupposti dell’azione risarcitoria
I presupposti per la risarcibilità del danno extracontrattuale determinati, com’è noto, dal modello generale di responsabilità
13 Commissione Europea, Relazione della commissione al parlamento europeo, al consiglio, al
comitato economico e sociale europeo e a comitato delle regioni. Applicazione della direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. 22.12.2010 in xxx.xxxxxx.xx pag.6
14 Consultazione della Commissione Europea sull’applicazione della Direttiva 2004/48/CE del parlamento e del consiglio sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, Osservazioni di Confindustria, in xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx
disciplinato dall’ art. 2043 del codice civile, sono rinvenibili nel fatto, nell’imputabilità, nell’elemento soggettivo, nel danno, nell’ingiustizia del danno e nel nesso di causalità che deve intercorrere tra il fatto e la diminuzione patrimoniale.
L’evento è costituito dalla violazione del diritto di esclusiva ovverosia dall’utilizzo nell’attività economica di un marchio identico su prodotti identici ovvero di un segno identico o simile per prodotti identici o affini capace di comportare un rischio di confusione ovvero, nell’utilizzo di un marchio che goda di rinomanza anche su prodotti non affini qualora l’uso del segno consenta di trarre indebito vantaggio ovvero arrechi pregiudizio.
La condizione di imputabilità è determinata dall’articolo 2046 cc che esclude che risponda del fatto dannoso chi lo abbia commesso in assenza della capacità di intendere e di volere.
Il requisito dell’ingiustizia è ancora oggi oggetto di dibattito, tuttavia ai fini dell’applicazione della norma rileva in misura assai poco incisiva, sia infatti che si faccia riferimento alla impostazione più risalente, che considera ingiusto il danno a un diritto tutelato erga omnes, sia che si intendano concezioni più moderne, che, partendo dal ruolo di norma primaria dell’art.2043, considerano risarcibile il danno
a qualsiasi interesse rilevante per l’ordinamento, la violazione del diritto di proprietà industriale integrerà certamente il requisito.
Ben più complesso appare invece il dibattito rispetto ad altri profili quali l’elemento soggettivo, il nesso di causalità e la quantificazione delle voci che compongono il danno emergente e il lucro cessante.
§2 L’elemento soggettivo
Perché sussista l’obbligo di procedere al risarcimento del danno l’ordinamento richiede che la condotta sia stata posta in essere con dolo o colpa cioè che il soggetto abbia agito consapevolmente ovvero in una situazione di ignoranza imputabile a un livello di diligenza inferiore a quello richiesto agli operatori del settore.
In tal senso milita, oltre al modello generale di responsabilità extracontrattuale, la direttiva 2004/48/CE che ribadisce nel considerando 26 che l’obiettivo è quello di rimediare al danno cagionato da chi sapeva o avrebbe avuto ragionevoli motivi di sapere di ledere un altrui diritto.
Ciò posto sia la dottrina che la giurisprudenza tendono a dividersi sull’eventuale sussistenza di una presunzione relativa di colpa che derivi dal sistema di pubblici registri.
Secondo una certa impostazione, dato che il diritto si costituisce mediante il deposito del segno presso l’ufficio brevetti e marchi, sarebbe difficile ritenere che con un minimo di diligenza non si possa conoscere quanto previsto all’interno e, pertanto, la consapevolezza dovrebbe essere considerata in re ipsa15.
Questa soluzione è fatta propria da una giurisprudenza piuttosto costante16 che fonda la presunzione di colpa sull’articolo 2600 terzo comma cc 17 , direttamente applicabile alle violazioni sui segni distintivi che integrano la fattispecie di illecito anche ex art. 2598 n118 c.c.
La tesi viene però fatta oggetto di critica per diversi ordini di considerazioni: innanzitutto sotto il profilo della correttezza formale è stato posto in luce che la consultazione del sistema di pubblici registri rappresenterebbe un onere e non un obbligo, pertanto non imporrerebbe il dovere di una prestazione e la relativa responsabilità ma la perdita di un diritto o l’inopponibilità dell’eccezione.19
15 Xxxxxx Xxxxxxxxxx, Il risarcimento del danno da contraffazione nell’esperienza giurisprudenziale italiana, in Il diritto industriale 2/2012 pag.184
16 Tribunale di Milano 05 ottobre 2016 pagina 1252, Tribunale di Roma 18 febbraio 2015 pag.
830, Tribunale di Milano 21 maggio 2015 pag. 1031, Tribunale di Milano 24 luglio 2013 pag.1155Tribunale di Torino 21 luglio 2011 pag. 393 tutte in Giurisprudenza annotata di diritto industriale
17 Tribunale di Roma 18 febbraio 2015 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale pag. 830
18 Xxxxxxxx Di Xxxxxxx, Compensazione e deterrenza nel risarcimento del danno da lesione dei diritti di proprietà industriale in giurisprudenza commerciale, 2008, pag. 201 nota 6
19 Greco, Lezioni di diritto industriale, UTET, Torino, 1956 pag. 227
In secondo luogo l’assunto secondo il quale sarebbe sufficiente un livello minimo di diligenza per sapere di ledere un altrui diritto sarebbe smentito dalla prassi: in rilievo vengono tutte quelle situazioni in cui la contraffazione sia stata accertata all’esito di complesse verifiche di affinità merceologica o somiglianza tra i segni perché, in questi casi, l’autore dell’illecito non avrebbe potuto assumere consapevolezza neanche attraverso la consultazione dei registri20.
Infine una lettura sistematica delle norme del codice della proprietà industriale metterebbe in crisi l’intero impianto nella misura in cui la disciplina in materia di convalida ammetterebbe che possa esservi uno stato di buona fede pur in presenza di una anteriore registrazione21.
Una giurisprudenza minoritaria, pur non contestando mai la legittimità della presunzione in modo esplicito, vi prescinde e ricostruisce l’elemento soggettivo sulla base di considerazioni di ordine fattuale.
In questo senso è stata riscontrata una violazione colposa nel fatto che il soggetto non avesse proceduto a verificare la provenienza del prodotto, fidandosi delle attestazioni del fornitore22; altre volte è stato
20 Xxxxxxxx Di Xxxxxxx, Compensazione e deterrenza nel risarcimento del danno da lesione dei diritti di proprietà industriale in giurisprudenza commerciale, 2008 pag. 202
21 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino,2015 pag.1456
22 Tribunale di Milano, 13 settembre 2010, in Giurisprudenza annotata di diritto industriale, pag.
831
invece un eccessivo ribasso del prezzo a far concludere nel senso del carattere colposo dell’ignoranza perché quel dato avrebbe dovuto suscitare l’attenzione richiesta agli operatori del settore;23 vi sono stati altresì casi in cui l’azione legale è stata preceduta da comunicati tra le parti sulla base del cui contenuto è stato possibile addivenire alla conclusione della intenzionalità della condotta; 24 analogamente la consapevolezza di ledere l’altrui diritto è stata di semplice accertamento allorquando la controversia sia sorta dal prolungamento dell’utilizzo del marchio dopo la scadenza del contratto di licenza25.
Infine una dottrina rimasta minoritaria ha cercato di reinterpretare l’elemento soggettivo slegandolo dal modello di responsabilità per colpa per collocarlo invece nell’alveo dell’articolo 2050 cc 26 . La norma regola l’esercizio di attività pericolose e impone l’obbligo di risarcire il danno laddove non venga dimostrata l’adozione di tutte le misure necessarie ad evitarlo. Nel caso della contraffazione la norma permetterebbe di distinguere le diverse posizioni dei soggetti coinvolti, di talché, mentre nel caso del produttore che appone il marchio le misure idonee si concretizzerebbero nella consultazione dei
23 Tribunale di Milano, 19 settembre 2015, in Giurisprudenza annotata di diritto industriale, pag.
1404
24 Xxxxx xx xxxxxxx xx Xxxxxxx, 00 marzo 2015 in in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2015 pag.876
25 Tribunale di Milano, 20 gennaio 2015, in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2015, pag.205
26 Xxxx Xxxxxxx, Dolo colpa e buona fede nel sistema delle sanzioni a tutela della proprietà intellettuale in AIDA, 2000, pag. 333
registri, nel caso dell’ultimo rivenditore potrebbe essere sufficiente lo svolgimento di una generica attività di indagine.27
Questa impostazione è rimasta in dottrina minoritaria già prima delle modifiche determinate su impulso del legislatore comunitario, e oggi sarebbe di ancor più complessa ammissibilità in considerazione del fatto che la normativa europea parla di violazioni consapevoli o di ignoranza colpevole28.
§3 Il danno
Rispetto al problema della quantificazione del danno e della determinazione delle diverse voci che lo compongono sussiste in via preliminare una ulteriore e differente questione ovvero se sia possibile considerarlo in re ipsa una volta accertata la contraffazione o se invece debba essere dimostrato.
27 Xxxx Xxxxxxx, Dolo colpa e buona fede nel sistema delle sanzioni a tutela della proprietà intellettuale in AIDA, 2000, pag. 334.
28 Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale.
Appunti sull’art. 125 c.p.i. in Diritto industriale, I/2009, pag. 163
Trattasi di problematica rispetto alla quale la giurisprudenza tende a dividersi in 2 filoni interpretativi: la posizione prevalente29 considera il danno come una conseguenza diretta ed ulteriore dell’illecito rispetto alla distorsione della concorrenza da eliminare e richiede quindi che sia provato secondo le regole comuni che disciplinano le conseguenze del fatto illecito; il danno potenziale rileverebbe, per questo orientamento, solo in sede di giudizio cautelare mentre sarebbe il danno definitivo a costituire l’oggetto di prova e di giudizio sul risarcimento del danno.
Una seconda posizione, nettamente minoritaria rispetto alla prima, ritiene che il danno sia sempre in re ipsa nella contraffazione perché non si esprimerebbe solo nella diminuzione delle vendite o nel minor incremento ma anche in fattori diversi30, l’articolo 125 c.p.i. sarebbe cioè espressione di una diversa concezione del danno come riproverebbero il riferimento ai benefici del contraffattore, al criterio di liquidazione tramite royalty e il diritto alla retroversione degli utili. Questa posizione è stata talvolta accolta in dottrina laddove si è evidenziato che, sebbene la necessità della prova sia coerente con i
29 Tribunale di Bologna 12 febbraio 2016 pagina 000, Xxxxx xx xxxxxxx xx Xxxxxxx 27 Marzo 2015
pag. 876, Corte di Cassazione 19 Giugno 2008 pag. 202, Tribunale di Catania 11 Marzo 2014
pag. 890, Tribunale di Catania 27 Gennaio 2014 pag. 751, Tribunale di Catania 24 luglio 2013 pag. 457 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale
30 Xxxxx xx xxxxxxx xx Xxxxxxx, 00 novembre 2013, in Giurisprudenza annotata di diritto industriale
, pag. 1220
principi generali della responsabilità xxxxxxxxx non lo sarebbe con la concezione del danno fatta propria dall’articolo 125 c.p.i; questa presupporrebbe una idea del danno più elastica in funzione della migliore tutela e valorizzazione della proprietà intellettuale.31
§4 Il nesso causale
Il nesso causale è quella relazione tra due eventi che identifica l’uno come conseguenza dell’altro.32
Sul nesso causale l’articolo 125 c.p.i. opera un richiamo agli articoli 1223 e 1227 del codice civile, inerenti, rispettivamente , il rapporto tra il fatto e il danno e il ruolo rivestito dalle concause umane.
Quanto alla prima norma questa sancisce la risarcibilità del danno che sia conseguenza immediata e diretta del fatto. La dottrina civilistica tende a scorporare il giudizio sul nesso in due momenti: nel primo è valutato il nesso di causalità materiale, nel secondo quello di causalità giuridica.
31 Xxxxxx Xxxxxxxxxx, Il risarcimento del danno da contraffazione nell’esperienza giurisprudenziale italiana, in Il diritto industriale n 2/2012, pag. 185
32 Xxxxxxx Xxxxxx, Diritto civile, La responsabilità, Xxxxxxx, Milano,2012, pag. 142
La prima fase dell’indagine sarebbe volta a vagliare la sussistenza di un collegamento tra la condotta e l’evento,33 la quale potrebbe essere esclusa dalla sopravvenienza di interventi naturali ovvero di interventi umani, i quali potrebbero anche assumere la qualifica di concause dell’evento. In quest’ultima situazione dalla lettura congiunta degli articoli 1227 e 2055 cc discenderebbe un regime di responsabilità solidale ripartito in base alla gravità della colpa e all’entità delle conseguenze34. Laddove si abbia un concorso tra cause umane e concause naturali il problema tende a essere risolto nel senso dell’inidoneità di queste ultime a costituire concausa perché l’articolo 1227 viene interpretato nel senso di attribuire rilevanza alle sole concause umane.35.
Il giudizio di causalità materiale è stato nel tempo ampliamente influenzato dal dibattito in sede di giudizio penale, a oggi sono tre le teorie che ne spiegano la portata nel diritto civile: la teoria della condizione necessaria, quella dell’adeguatezza o della regolarità causale e quella dello scopo della norma36.
33Chiara Favilli Xxxxx xxxxxxxx e responsabilità in Diritto civile norme questioni e concetti, a cura di Xxxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxxxx Xxxxxxx parte I,IV Il mulino, Bologna,2014, pag. 1013
34 Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxx xxxxxxxx e responsabilità in Diritto civile norme questioni e concetti, a cura di Xxxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxxxx Xxxxxxx parte I,IV Il mulino, Bologna,2014, pag. 1019
35Chiara Favilli Xxxxx xxxxxxxx e responsabilità in Diritto civile norme questioni e concetti, a cura di Xxxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxxxx Xxxxxxx parte I,IV Il mulino, Bologna,2014, pag. 1020
36 Xxxxxxx Xxxxxx, Diritto civile, La responsabilità, Xxxxxxx, Milano, 2012, pag.142
In base alla prima impostazione la condotta potrebbe essere considerata causa dell’evento se in sua assenza questo non si sarebbe verificato oppure se fosse stato condicio sine qua non in mancanza di altre condizioni atte a produrlo37.
La teoria della causalità adeguata ne rappresenta una variante, giacché setaccia le cause per il tramite di un giudizio prognostico teso a vagliare la probabilità che l’evento si verifichi in conseguenza di un determinato fatto.
La teoria dello scopo della norma ravvisa invece il nesso di causalità tra un fatto e quelle conseguenze che rientrano nello scopo protettivo della norma.38
Il giudizio di causalità giuridica limita la risarcibilità a quei soli eventi che siano conseguenza immediata e diretta del fatto illecito, così precludendo la possibilità che possano essere addebitate all’infinito le conseguenze dell’evento.
Malgrado la lettera della legge escluda del tutto i danni mediati e indiretti, l’interpretazione comunemente fatta tende per motivi di ragionevolezza ad ammettere la risarcibilità di tutti quei danni che
37Chiara Favilli Xxxxx xxxxxxxx e responsabilità in Diritto civile norme questioni e concetti, a cura di Xxxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxxxx Xxxxxxx parte I,IV Il mulino, Bologna,2014, pag. 1015
38 Xxxxxxx Xxxxxx, Diritto civile, La responsabilità, Xxxxxxx, Milano, 2012, pag.145
rappresentino conseguenza normale, regolare del fatto dannoso 39 , anche se diretti e mediati40.
L’oggetto del risarcimento è circoscritto anche ad opera dell’articolo 1227 comma 2 c.c. il quale esclude che xxxxxx riferiti al responsabile i danni che la vittima avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, situazione che nell’ambito dei marchi potrebbe essere rinvenuta, per esempio, nel caso in cui vi sia stata una situazione di tolleranza alla contraffazione.
In giurisprudenza viene fatta una piana applicazione di questi principi richiedendosi innanzitutto che intervenga una dimostrazione del nesso eziologico41 tra contraffazione e mancate vendite.
In alcuni casi la sua prova risulta particolarmente complessa ad esempio laddove sia intervenuta la vendita a un diverso pubblico di consumatori e i prodotti siano stati commercializzati tramite differenti canali di distribuzione42; è ciò che si è verificato in una controversia in cui un marchio simile era stato apposto su un identico prodotto ma con modalità di vendita diverse, giacché mentre in un caso era indirizzato alla grande distribuzione, nell’altro mirava al
39 Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxx xxxxxxxx e responsabilità in Diritto civile norme questioni e concetti, a cura di Xxxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxxxx Xxxxxxx parte I,IV Il mulino, Bologna,2014, pag. 1022
40 Tribunale di Roma 30 Marzo 2012 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013 pag.
463
41 Tribunale di Milano 24 luglio del 2013 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013 pag. 457
42 Tribunale di Catania 27 gennaio 2014 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2014 pag.
751
pubblico di riferimento delle enoteche, con la conseguenza che il giudice ha reputato non sussistere il nesso causale ed escluso il risarcimento del danno.
Un’altra situazione in cui la dimostrazione del nesso eziologico può divenire ardua è quella in cui la contraffazione si sia concretizzata nell’illegittimo utilizzo del marchio nel contesto di una attività promozionale e dunque si sia verificato un agganciamento parassitario, in questi casi la giurisprudenza richiede che sia commisurato l’ammontare della clientela potenzialmente agganciabile tenuto conto della dimensione quantitativa e temporale in cui si sia protratto l’illecito43.
Quanto invece all’estensione del danno è stato pacificamente adottato il criterio della regolarità causale, inteso come regolarità statistica44, con la conseguenza che anche rispetto a quei danni qualificati come conseguenza mediata e indiretta è stata riconosciuta la piena risarcibilità45.
In questa linea si è posto in evidenza che la contraffazione può provocare anche una riduzione delle vendite di prodotti o servizi
43 Tribunale di Napoli 24 luglio 2012 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013 pag.
635
44 Tribunale di Roma 30 Marzo 2012 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013 pag.
463
45 Tribunale di Roma 31 maggio 2010 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2011 pag.348 e Tribunale di Roma 29 febbraio 2008 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale
differenti rispetto a quelli protetti dal diritto di proprietà industriale ma commercializzati insieme a questi, ad esempio è il caso dei servizi di manutenzione, assistenza o montaggio46.
Anche adottando impostazioni che considerano risarcibile il danno mediato e diretto non sarebbe comunque possibile affermare che ogni vendita realizzata dal contraffattore sia sempre una vendita non realizzata dal titolare, a una simile ricostruzione osterebbe la realtà degli scambi economici, influenzata da un complesso di elementi che debbono essere considerati dal giudice, in particolare: la rete distributiva, la capacità produttiva, le campagne promozionali a cui si accompagna la commercializzazione del prodotto o del servizio.47
Il principio è condiviso dalla giurisprudenza di merito, secondo la quale, nel caso di marchi simili e di prodotti affini, una percentuale delle vendite dipenderebbe da autonome scelte del consumatore48.
Ulteriori fattori che potrebbero incidervi sono costituiti dal prezzo e dai canali di distribuzione che potrebbero essere differenti a tal punto da escludere l’intercambiabilità della clientela49.
46Vincenzo Di Xxxxxxx, Compensazione e deterrenza nel risarcimento del danno da lesione dei diritti di proprietà industriale, in Giurisprudenza commerciale, 2008 pag. 210
47 Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale. Appunti sull’art. 125 c.p.i. in Diritto industriale, I/2009pag. 164
48 Tribunale di Torino 21 luglio 2011, in Giurisprudenza annotata di diritto industriale,2011 pag.393
49 Tribunale di Milano 26 febbraio 2007 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2007 pag.
707
Cionondimeno questo non ha precluso che nel tempo sia spesso intervenuta una liquidazione del lucro cessante in via equitativa basata sugli utili realizzati dal contraffattore50.
§5 La liquidazione del danno
La contraffazione è idonea a produrre un danno patrimoniale che, secondo il disposto dell’articolo 1223 del codice civile, si sostanzia nella perdita subita, il danno emergente, e nel mancato guadagno, il lucro cessante.
Perché la perdita economica possa divenire oggetto di risarcimento deve essere certa e attuale.
La certezza deve essere riferita all’an del damnum, mentre, laddove si abbia incertezza sul quantum, sarà possibile procedere a una valutazione equitativa ovvero provvedere alla condanna generica.51 Mediante il requisito dell’attualità si esclude la possibilità che venga attribuita rilevanza a un mero pericolo di danno ovvero ai danni futuri,
50 Tribunale di Milano 18 settembre 2015 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2015, pag. 1404, Tribunale di Roma 30 Marzo 2012 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013 pag. 463
51 Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxx xxxxxxxx e responsabilità in Diritto civile norme questioni e concetti, a cura di Xxxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxxxx Xxxxxxx parte I,IV Il mulino, Bologna,2014, pag. 1032
quando non fondati su presupposti oggettivi che rappresentino la ragionevole proiezione di una lesione attuale.52
Queste regole sono riconducibili al principio del danno effettivo secondo cui l’obbligo di risarcimento deve adeguarsi al danno effettivamente subito dal creditore il quale non deve ricevere né più né meno di quanto necessario a rimuovere gli effetti economici negativi dell’illecito53.
Nel caso della contraffazione del marchio sono differenti le voci patrimoniali in cui si sostanzia il danno emergente, la prassi attesta54:
a) le spese per l’accertamento dell’illecito e per la pubblicazione di diffide attraverso i media
b) le spese di costituzione di parte civile in un parallelo processo penale
c) l’annacquamento del marchio
d) i costi necessari per riportare il fatturato a livelli precedenti la contraffazione
52 Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxx xxxxxxxx e responsabilità in Diritto civile norme questioni e concetti, a cura di Xxxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxxxx Xxxxxxx parte I,IV Il mulino, Bologna,2014, pag. 1033
53 Xxxxxxx Xxxxxx, Diritto civile, La responsabilità, Xxxxxxx, Milano, 2012 pag.140
54 Xxxxxxx Xxxxxxxx, Il risarcimento del danno nella contraffazione in Diritto industriale n.2/2001 pag 141
§6 Le spese di accertamento
Si tratta di una voce di spesa determinata dalle indagini che siano state sostenute da parte dell’impresa per accertare la contraffazione sul mercato.
I limiti della risarcibilità della voce divengono oggetto di complessa determinazione laddove l’attività sia stata posta in essere all’interno di un più amplio programma di monitoraggio del mercato . In questa situazione la dottrina esclude che sia risarcibile il complesso dei costi pluriennali sostenuti dall’impresa mettendo in evidenza che, una volta che l’attore abbia dedotto in giudizio l’ammontare complessivo, graverebbe sul convenuto l’onere di dimostrare che le spese non sono imputabili alla singola violazione55.
Altrove è stato evidenziato che ci si troverebbe dinnanzi a una voce di costo evitabile e che non sarebbe certamente pertinente laddove l’attività fosse stata estesa anche ad altri soggetti o episodi non collegati al primo o ad altri marchi e prodotti56.
La giurisprudenza tende a non effettuare un’indagine volta ad accertare quale parte dei costi sia addebitabile alla violazione e fa
55 Xxxxxx Xxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxx, Codice commentato della proprietà industriale e intellettuale, Xxxx Xxxxxxxxx, Torino, 2011 pag. 1121
56 Xxxxxxx Xxxxxxxx in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2016 pagina 955 nota 5-8
oggetto di risarcimento il complesso dei costi di monitoraggio che siano stati sostenuti dall’impresa anche nel xxxxx xxxxx xxxx00.
Tra le altre voci di costo imputabili al danno emergente vi sarebbero altresì le spese che siano state sostenute per avvertire i consumatori dello specifico rischio di inganno58, le voci di spesa per ottenere le copie autentiche dei certificati di registrazione 59 e infine i costi connessi al provvedimento di fermo doganale, relativi ai costi di immagazzinamento delle merci sequestrate e al pagamento delle cauzioni poste a tutela dei diritti dei terzi60.
§7 Gli altri pregiudizi che possono derivare dalla contraffazione
57 Tribunale di Milano 23 maggio 2016 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2016 pag.
953
58 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino,2015 pag 1517 e Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale. Appunti sull’art. 125 c.p.i. in Diritto industriale, I/2009, pag. 168
59 Tribunale di Bologna 19 Luglio 2005 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2005, pag.
988
60 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015 pag.
1418
Al di la del danno determinato dalle spese sostenute la contraffazione del marchio determinerebbe solitamente un triplice ordine di implicazioni negative61 :
• il decadimento dei flussi di performance economica, qualificato come lucro cessante
• un incremento degli investimenti, tesi alla ricostruzione dell’immagine del marchio e che integra una voce del danno emergente
• la riduzione del valore economico di un asset, anch’essa voce del danno emergente
Si tratta profili tra loro strettamente correlati perché , come la stockholder theory dimostra, al variare degli investimenti e dei flussi di reddito muta il valore economico dell’asset62. Il rapporto è espresso tramite la formula: SW = ΔE(I+d) dove ΔE è la differenza di valore dell’azienda o di un asset; I le risorse di capitale richieste agli azionisti o al titolare di un asset; d i flussi di reddito percepiti dagli investitori.63
61 Xxxxxx Xxxxxxx, Logica differenziale e valutazione economica nel risarcimento del danno in Il diritto industriale, 2/2012 pag 120
62 Xxxxxx Xxxxxxx, Logica differenziale e valutazione economica nel risarcimento del danno in Il diritto industriale, 2/2012 pag. 120
63 Xxxxxx Xxxxxxx, Logica differenziale e valutazione economica nel risarcimento del danno in Il diritto industriale, 2/2012 pag. 121
§8 Il pregiudizio alla capacità attrattiva del marchio rinomato: il danno alla capacità distintiva e lo screditamento dell’immagine del marchio
Il cambiamento del ruolo del marchio all’interno dei mercati e la contestuale evoluzione intervenuta a livello normativo, hanno messo in luce come, a fianco della tradizionale funzione di indicatore dell’origine e della provenienza del prodotto, sussista un valore autonomo e indipendente, costituito dalla sua capacità attrattiva, tramite la quale l’impresa titolare è in grado di svolgere funzioni essenziali ai fini della collocazione dei propri prodotti, quali quelle di pubblicità, investimento e comunicazione.
In tal senso la giurisprudenza comunitaria e il legislatore hanno finito per riconoscere una dimensione della tutela più ampia rispetto a quanto non avvenisse in precedenza, superando la limitazione della tutela alle ipotesi di confusione per il pubblico dei consumatori.
A oggi l’ordinamento considera contraffazione anche quelle fattispecie di apposizione di un marchio identico su prodotti e servizi identici anche laddove manchi un rischio di confusione, e soprattutto sanziona quelle condotte in cui sia intervenuto l’utilizzo di un marchio
che goda di rinomanza in modo da procurare un indebito vantaggio ovvero di arrecare un pregiudizio che si sostanzierebbe nell’offuscamento del marchio per l’adozione di prodotti di qualità scadente e nell’indebolimento del carattere distintivo a causa del venir meno della sua univocità sul mercato64.
Per il tramite del marchio l’impresa è infatti capace di comunicare un insieme di informazioni e di suggestioni positive, che dal marchio si estendono al prodotto o al servizio contraddistinto, destando, talvolta anche attraverso forme di associazioni mentali, l’interesse del consumatore 65 : la contraffazione del marchio pregiudicherebbe l’efficacia del messaggio e, di riflesso, l’intero suo valore.
Si tratta di meccanismi che certamente sono tipici dei marchi più noti, nei quali la celebrità vantata dal brand può essere tale da comportare l’insorgere di fenomeni di fidelizzazione che possono finanche giungere a forme di vero e proprio comunitarisimo radicato intorno al marchio.
Questo valore attrattivo è altresì rinvenibile in tutti quei marchi che godono di rinomanza, nozione quest’ultima che secondo l’insegnamento della Corte di Giustizia della UE non è subordinata a
64 Xxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxxx Di Xxxxxxx, Manuale di diritto industriale, 2012, Xxxxxxx, pag.263
65 Tribunale di Milano 14 Dicembre 2015 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2015 pag. 1522
una condizione di celebrità del marchio giacché risulta integrata già da un livello di conoscenza che abbracci una parte significativa del pubblico interessato, considerata la quota di mercato, la durata, l’intensità e l’ambito geografico del suo uso nonché l’entità degli investimenti realizzati dall’impresa per promuoverlo66.
Questa differente dimensione del pregiudizio al marchio che gode di rinomanza dispiega pertanto le proprie conseguenze anche in sede di risarcimento del danno: in tal senso il pregiudizio all’immagine del marchio come garanzia di qualità di un prodotto di matrice artigianale è stato riconosciuto in seguito alla apposizione del segno su prodotti oggetto di lavorazione industriale67.
Diversamente un pregiudizio alla potenzialità comunicativa del segno veniva ravvisato nell’utilizzo di un marchio, quale domain name, che aveva acquisito notorietà grazie a una trasmissione radiofonica, con un pregiudizio che si sostanziava nei termini di minor incassi pubblicitari e di svilimento del valore, cagionato, quest’ultimo, dal non corretto funzionamento del sito che aveva comportato la convinzione per il pubblico dell’inattività della pagina web della trasmissione68.
66 Corte di Giustizia UE 14 settembre 1999 causa C-375/97 in xxx.xxxxx.xxxxxx.xx
67 Tribunale di Milano 19 Marzo 2011 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2012 pag.175
68 Tribunale di Catania 21 Aprile 2011 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2012 pag.245
Lo svilimento del marchio può comportare un pregiudizio nei termini di vanificazione delle campagne pubblicitarie che siano già state sostenute, nonché la necessita di intraprenderne di nuove al fine di ricostruire l’immagine, queste spese sono state imputate come voce di danno emergente al contraffattore non in toto ma solamente in relazione ad una quota rapportata alla durata dell’illecito e ai più vasti effetti delle attività promozionali69.
In ogni caso per liquidare il danno sarebbe quanto meno utile procedere alla determinazione del budget di comunicazione che, a sua volta, dipende dagli obiettivi determinati, dalla identificazione e quantificazione del target, dalla frequenza e copertura della comunicazione e infine dalla stima per gross rating point70, un indice convenzionale comunemente considerato come indicatore della pressione pubblicitaria esercitata in un dato periodo.
Tra i parametri utilizzati per il risarcimento si è fatto altresì riferimento a una percentuale delle spese sostenute per le campagne pubblicitarie moltiplicandola per il numero di anni in cui si è protratta la contraffazione71.
69 Tribunale di Torino 05 ottobre 2016 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2016 pag.1252
70 Tribunale di Torino 20 febbraio 2012 in xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx
71 Tribunale di Milano 26 febbraio 2009 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2010 pag.
172
Invece laddove non sia stata fornita la prova delle spese pubblicitarie ma sia stato accertato l’offuscamento del marchio e il relativo peggioramento della reputazione commerciale la corte ha proceduto alla liquidazione come voce di danno non patrimoniale72.
Un pregiudizio alla rinomanza del marchio potrebbe potenzialmente essere arrecato tramite le concrete modalità di commercializzazione e distribuzione del prodotto: in merito in una controversia il giudice riconosceva il danno nella vendita delle rimanenze a un prezzo meramente simbolico, vile, come definito nella sentenza, e tramite canali distributivi quali outlet e grandi magazzini non consoni agli standard richiesti dal titolare del marchio, solito procedere alla vendita tramite boutique, punti vendita monomarca ovvero negozi preselezionati73.
L’ulteriore tipo di pregiudizio che può essere arrecato concerne la perdita della capacità distintiva del marchio contraffatto, la c.d. dilution che incide su di un valore economico già acquisito dall’imprenditore, deteriorandolo nella funzione e determinandone un deprezzamento74.
72 Tribunale di Milano 24 Aprile 2013 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2014 pag.321
73 Tribunale di Milano 19 Aprile 2011 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2012 pag.230
74 Xxxxxxx Xxxxx, La liquidazione del danno da contraffazione e le prospettive riconosciute dall’art. 125 del d.lgs. 10 febbraio 2005 n.30 in Rivista di diritto industriale, 2005, pag.393
Questo tipo di pregiudizio è stato attestato, ad esempio, in una controversia in cui veniva in rilievo un marchio la cui tradizione storica era piuttosto risalente nel tempo: nel caso di specie il giudice rilevava che gli sforzi promozionali della convenuta, che aveva utilizzato un marchio pressoché identico a quello della parte attrice, rischiavano di privare il marchio della sua distintività concreta con l’evidente rischio di diluirlo fino a farlo scomparire. Il caso pone in evidenza come il meccanismo sia destinato ad operare in particolare laddove si tratti di beni venduti al minuto, in cui il consumatore compara il marchio che si trova di fronte con uno di cui ha solo un ricordo mnemonico; il danno veniva liquidato in base all’intero valore del marchio per come ricostruibile sulla base del prezzo pattuito dalle parti in precedenza75.
In modo analogo la perdita della percezione del carattere di esclusività del marchio è stata riscontrata nella apposizione di una banda di linee a incrocio posta nella parte laterale di una calzatura sportiva, in modo identico rispetto a una impresa concorrente sul mercato, titolare del suddetto marchio76. La sentenza applica sotto questo aspetto in modo piano alcuni principi che erano stati enunciati da parte della Corte di
75 Tribunale di Milano 17 Marzo 2012 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2012 pag.775
76 Xxxxx xx Xxxxxxx xx Xxxxxxx 00 settembre 2013 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013 pag.1220
Giustizia della Ue la quale aveva rilevato che non fosse ostativo al riconoscimento del marchio il carattere decorativo del medesimo purché tale funzione non fosse esclusiva77.
Malgrado in dottrina siano presenti delle voci secondo le quali questo tipo di pregiudizio sia attestabile anche rispetto a marchi che non godano di rinomanza 78 , sembrerebbe difficile riconoscere che sussistano degli spazi perché questo tipo di danni sia rinvenibile al di fuori di marchi che abbiano acquisito un accreditamento preso il pubblico di riferimento. E d’altra parte la medesima dottrina che effettua questo tipo di estensione non prescinde mai dall’accreditamento presso il pubblico sicché risulta ragionevole presumere che l’unica situazione ulteriore in cui sia ipotizzabile un danno di tal tipo sia quella in cui la rinomanza sia rinvenibile solo in un area limitata del territorio dell’Unione.
In tal senso sembra remare anche la giurisprudenza che nel caso di marchi che non godevano di rinomanza non ha ravveduto un danno risarcibile laddove mancasse il rischio di confusione.
Così è stata esclusa la sussistenza di un danno rispetto a un marchio che era stato incorporato nella struttura grafica di un segno più
77 Corte di giustizia della UE, sentenza 23 ottobre 2003 causa C-408/01 in xxxxx.xx
78Marco Ricolfi, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015, pag.
1518
complesso dal momento che non godeva di rinomanza e che la contraffazione si era concretizzata in un rischio di associazione che di per se non influiva nella scelta del prodotto da parte del consumatore79.
Al contrario nel caso di marchi notori laddove vi è stata un’associazione tra i segni capace di determinare il convincimento per il pubblico della istituzione di un collegamento tra le imprese le corti hanno riconosciuto un danno risarcibile nello svilimento del marchio e nel pregiudizio alla reputazione commerciale della impresa 80 , rendendo in tal modo evidente come il discrimine sia costituito dalla notorietà piuttosto che dal tipo di illecito.
§9 La perdita del valore di avviamento
È un’ ulteriore conseguenza della contraffazione, o più semplicemente un differente angolo di analisi rispetto a quanto già visto: ai fini della sua quantificazione sarebbe possibile basarsi sulle indicazioni offerte dal d.P.R. n. 460/96, che fissava le modalità di applicazione
79 Tribunale di Milano 02 Marzo 2011 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2012 pag.146
80 Tribunale di Milano 25 Gennaio 2014 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2014 pag.722
dell’accertamento con adesione in materia di imposta di registro. In base all’art.2 comma 4 di tale decreto il valore di avviamento dell’impresa è calcolabile moltiplicando per tre la percentuale di redditività dell’azienda. Una volta ottenuto il valore di avviamento dell’impresa sarebbe possibile calcolare la percentuale presuntiva di tale pregiudizio che determina l’incidenza quantitativa della contraffazione81.
§10 Il pregiudizio al valore del marchio
Ai fini della ricostruzione della misura del risarcimento è possibile procedere alla valutazione di quanto sia diminuito il valore del marchio in seguito all’illecito: i criteri preminentemente seguiti ai fini del computo di questo valore sono tre.
Il criterio del costo determina il valore di un cespite come pari al costo di sostituzione. Nel caso dei marchi il valore dipenderebbe dall’accreditamento, normalmente funzione dell’investimento
81 Xxxxxx Xxxxx, Risarcimento del danno e retroversione degli utili :le diverse voci del danno, in Il diritto industriale 2/2012 pag. 116
pubblicitario, se diminuisce l’accreditamento diminuisce il valore del marchio82.
Il market method determina il valore di un cespite come pari alla valutazione che ne dà il mercato. Il criterio presuppone che vi sia un mercato, che in esso siano scambiati prodotti uguali o affini, che il compratore e il venditore abbiano adeguate informazioni , che le parti siano indipendenti83.
L’ applicazione di questo criterio ai diritti di proprietà intellettuale non sarebbe sempre produttiva, giacché non esiste un mercato, non vengono scambiati gli stessi prodotti, non vi sono informazioni adeguate84.
Infine l’income method si basa sulla attualizzazione dei flussi di reddito attesi85 e pertanto presuppone la necessità di determinazione dell’entità del reddito, del relativo periodo di percezione, del tasso di attualizzazione e del rischio di cessazione del reddito86
Questo approccio si adatta perfettamente ai beni intangibili come i marchi che si configurano come un asset in grado di generare un vantaggio a chi li utilizza onde il loro valore incrementale si associa a
82 Xxxxx Xxxxxxxx, Valutazione della proprietà intellettuale in Diritto industriale 1/2003 pag.17 83 Xxxxx Xxxxxxxx, Valutazione della proprietà intellettuale in Diritto industriale 1/2003 pag.17 84 Xxxxx Xxxxxxxx, Valutazione della proprietà intellettuale in Diritto industriale 1/2003 pag.17
85 Xxxxxx Xxxxxxx, Logica incrementale e valutazione economica nel risarcimento del danno in Il diritto industriale 2/2012 pag. 125
86 Xxxxx Xxxxxxxx , Valutazione della proprietà intellettuale in Diritto industriale 1/2003 pag. 17
misure di performance individuali, a un surplus di flussi di reddito di cui non è in grado di beneficiare il concorrente privo di detto bene87.
§11 Il lucro cessante
È la seconda componente del danno patrimoniale, ed è costituito dal guadagno netto che viene meno a causa dell’illecito88 , si tratta cioè del pregiudizio al flusso reddituale che ipoteticamente si sarebbe prodotto in capo al titolare del segno distintivo in assenza della violazione 89 . Per calcolare il mancato guadagno è necessario considerare che cosa avrebbe verosimilmente ricavato in più il titolare del diritto leso qualora non fosse intervenuta la contraffazione, deducendo quello che avrebbe speso in più rispetto ai costi effettivi sostenuti90. Acquisita contezza di questi elementi il lucro cessante potrà essere stimato in quanto prodotto di due termini, il numero di
87 Xxxxxx Xxxxxxx, Logica incrementale e valutazione economica nel risarcimento del danno in Il diritto industriale 2/2012 pag. 122
88 Xxxxxxx Xxxxxx, Diritto civile, La responsabilità, Xxxxxxx, Milano, 2012 pag. 132
89Marco Ricolfi, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015 pag 1478
90 Xxxxxx Xxxxx, Risarcimento del danno e retroversione degli utili:le diverse voci del danno, in Il diritto industriale 2/2012 pag 113
mancate vendite e il profitto unitario ricollegabile a ciascuna unità la cui vendita è stata persa a causa della contraffazione91.
§12 La quantificazione delle mancate vendite
La determinazione dell’ammontare delle mancate vendite deve essere effettuata tenuto conto delle possibili varianti, riconducibili, da un lato, alla struttura del mercato di riferimento e, dall’altra, alle specifiche condizioni in cui l’operatore economico vi si colloca . In questo senso l’ipotesi di più semplice ricostruzione è quella in cui il titolare del marchio sia un monopolista e il contraffattore venda i prodotti alle medesime condizioni, in questi casi la domanda di mercato intercettata è senza dubbio la medesima e pertanto le vendite perdute dal titolare corrispondono alle vendite del contraffattore92.
Trattasi di una casistica di carattere eccezionale nel caso della contraffazione del marchio perché il diritto di esclusiva è sul segno distintivo e non sul prodotto e l’ispirazione di fondo del sistema normativo è quella di favorire una struttura concorrenziale, tanto che
91 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015, pag. 1479
92 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015 pag.
1481
l’idea stessa di marchio è quella di uno strumento, un segno, che permette al consumatore di distinguere i diversi operatori presenti sul mercato.
La regola è invece quella di mercati contraddistinti dalla pluralità di operatori, dalla presenza di beni sostituibili e di fluttuazioni cicliche più o meno ampie93. È così possibile che, pur in presenza di una contrazione delle vendite contemporanea o susseguente alla contraffazione, la sua causa sia rinvenibile in fattori quali il ciclo di vita del prodotto, l’evoluzione della domanda ovvero a politiche commerciali poco fortunate. In questo senso in un procedimento inerente l’utilizzo di un marchio simile su prodotti identici (braccialetti in silicone destinati a un pubblico di giovanissimi) il limitato numero di vendite della contraffattrice ha fatto concludere nel senso della imputabilità del calo del fatturato a diverse cause: la presenza di altri prodotti simili concorrenti, la naturale tipologia del prodotto e la naturale volatilità del suo pubblico di riferimento94.
Al contrario la presenza in positivo di questi fattori potrebbe controbilanciare gli effetti della contraffazione, escludendo il calo delle vendite. Anche in queste situazioni la tendenza è quella di
93 Xxxxxxxx Di Xxxxxxx, Compensazione e deterrenza nel risarcimento del danno da lesione dei diritti di proprietà industriale in Giurisprudenza commerciale, 2008/I pag.
94 Tribunale di Milano 21 maggio 2015 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale, 2015 pag.
1031
riconoscere un risarcimento del mancato guadagno pari alla riduzione del potenziale di vendita, riconfermando che ciò accadrebbe laddove le vendite siano in crescita nel corso del periodo preso in considerazione e non se ne manifesti alcun calo95. La soluzione non è però totalmente condivisa, nella prassi giudiziale si giunge spesso ad escludere la sussistenza di un lucro cessante laddove dai bilanci dell’impresa titolare del marchio non emerga una contrazione delle vendite96.
Deve essere inoltre verificato che il mercato sia lo stesso, questa possibilità potrebbe essere esclusa nel caso in cui i beni recanti il marchio contraffatto siano stati allocati presso un mercato estero in cui il titolare non sia presente 97 . Nei medesimi termini anche la giurisprudenza ha negato la sussistenza del danno allorché il titolare del marchio non avesse proceduto alla commercializzazione nè mostrato alcun interesse a farlo rispetto al paese in cui sono stati venduti i prodotti dal contraffattore.98
Anche il prezzo è un fattore decisivo ai fini del giudizio di intercambiabilità tra i prodotti del titolare del marchio e i prodotti del
95 Corte di cassazione 10 Giugno 2014 in Giurisprudenza Annotata di diritto industriale, 2015 pag.
23
96 Tribunale di Milano 23 maggio 2016 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2016 pag. 952 e Tribunale di Catania 11 marzo 2014 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2014 pag 890
97 Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale.
Appunti sull’art. 125 c.p.i. in Diritto industriale, I/2009, pag. 172
98 Tribunale di Milano 04 marzo 2010 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale
contraffattore, la differenza di prezzo potrebbe essere tale che una parte della domanda rimasta soddisfatta dall’autore della violazione avrebbe rinunciato all’acquisto al prezzo richiesto dal titolare dell’esclusiva sul marchio. Neanche in questo caso è però possibile escludere aprioristicamente un danno da potenziale crescita, infatti se il settore merceologico è interessato da un fenomeno di progressiva erosione del prezzo è ragionevole ritenere che anche le fasce meno abbienti siano destinate a divenire parte della quota del complessivo mercato dell’impresa titolare99.
Il secondo ordine di considerazioni attiene alle specifiche modalità di sfruttamento del marchio, il quale potrebbe essere utilizzato direttamente dal titolare, essere concesso in licenza a un unico licenziatario esclusivo o a una pluralità di licenziatari. In quest’ultima ipotesi se il diritto all’utilizzo viene concesso sulla base di condizioni standard vi è il danno nella misura in cui non percepisce la royalty.
Se invece sfrutta il diritto anche in proprio, oltre che tramite licenze, è necessario verificare se la concorrenza del contraffattore abbia inciso sulle sue vendite o su quelle del licenziatario.
Infine nel caso di licenziatario esclusivo il titolare ha diritto alla
royalty non percepita ma deve stabilito il diverso ammontare dei
99 Corte di appello di Venezia 30 settembre 2013 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale pag. 1220
canoni dovuti a seguito della contraffazione, mentre il licenziatario ha un danno pari al suo mancato guadagno al netto della royalty.100 Potrebbe altresì ricorrere l’ipotesi in cui il titolare del marchio non abbia collocato i suoi prodotti perché ha ritardato o ha rinunciato all’ingresso sul mercato a causa della contraffazione101.
§13 Il profitto unitario realizzabile
Il secondo termine per il calcolo del lucro cessante è costituito dal profitto realizzabile su ciascuna unità, che può essere ricavato dalla differenza tra ricavi e costi necessari per ognuna. Ai fini del computo dei ricavi è possibile spesso ricorrere al prezzo di listino dei prodotti, strada non percorribile però in quei settori contraddistinti da una differenza con i prezzi effettivamente praticati102.
Il prezzo di riferimento non è necessariamente quello praticato al dettaglio dovendosi fare sempre riferimento al livello distributivo a cui si rivolgeva il titolare del marchio danneggiato dalla contraffazione103.
100Marco Xxxxxxx Xxxxxxxxx , Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale.
Appunti sull’art. 125 C.P.I. in Diritto industriale I/2009 pag. 171
101Marco Ricolfi, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015 pag.
1482
102 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015 pag. 1489
103Marco Ricolfi, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015 pag. 1489
Dai ricavi devono essere detratti i costi che sarebbero stati sopportati per produrre e commercializzare il numero di prodotti che rappresentano le mancate vendite104. Anche i costi fissi potrebbero divenire oggetto di disamina laddove l’impresa titolare non avrebbe avuto la capacità strutturale di produrre le unità marginali e pertanto sarebbe stato necessario procedere ad un accrescimento della capacità produttiva. Perché ciò sia possibile è però necessario che l’implementazione del potenziale potesse essere effettuata entro tempi ragionevoli, perché, in caso contrario, non è possibile ritenere con certezza probabilistica che quelle vendite potessero essere effettuate dal titolare105.
§14 La rilevanza dei benefici realizzati dal contraffattore
Per espressa indicazione normativa in sede di valutazione del danno uno degli aspetti pertinenti di cui si deve tenere conto sono i benefici realizzati dall’autore della violazione cioè il suo profitto. Il legislatore comunitario nel considerando 26 alla direttiva 2004/48 chiarisce la portata del riferimento spiegando che l’intenzione è di fornire una
104Marco Ricolfi, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015 pag.
1490
105 Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale.
Appunti sull’art. 125 C.P.I. in Diritto industriale-2009/I pag. 178
base oggettiva su cui fondare la valutazione. La norma si comprende anche relazionandola con il successivo terzo comma dell’art.125 c.p.i. che sancisce il diritto alla retroversione degli utili del contraffattore in ogni caso.
Il senso della normativa è quello di escludere la possibilità che l’autore dell’illecito possa trarne guadagno, secondo un principio che nel nostro ordinamento è comune a una pluralità di fattispecie quali il regime di restituzione dei frutti, quello della gestione di affari altrui egoistica, quello dell’arricchimento ingiustificato.
Sia il primo che il terzo comma prevedrebbero un diritto alla restituzione dell’utile, tant’è che la dicitura “tenere conto” è posta anche in riferimento al lucro cessante, un elemento su cui il titolare vanta certamente un diritto soggettivo106.
In dottrina è stato osservato che la liquidazione del lucro cessante sulla base degli utili del contraffattore esaurirebbe la voce di danno, escludendo la possibilità che si proceda al cumulo con altri importi che parametrano il danno in modo differente, come la determinazione dei profitti persi a causa della contraffazione107.
106 Xxxxxxxx Di Xxxxxxx, Compensazione e deterrenza nel risarcimento del danno da lesione dei diritti di proprietà industriale, in Giurisprudenza commerciale, 2008/I, pag. 213
107 Xxxxx Xxxxxxx, trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015, pag. 1492
Anche gli utili sarebbero calcolabili come prodotto di due elementi: il fatturato di riferimento dato dalla vendita di beni recanti il marchio illegittimamente usato e il margine di utile conseguito dal contraffattore108.
Quanto al primo elemento bisogna considerare solo quegli utili che siano stati ricavati attraverso l’attività realizzata in violazione del diritto, rimanendo esclusi gli utili conseguiti tramite linee di beni commercializzate senza impiegare l’input del titolare. Il margine di utile del contraffattore sarebbe determinabile deducendo dal ricavo unitario o complessivo i costi imputabili, che, a differenza di quanto si verifica tradizionalmente in sede di liquidazione del lucro cessante, costituirebbero un onere probatorio del contraffattore109.
Deve quindi seguire un secondo passaggio volto a disaggregare l’utile e a far divenire oggetto di risarcimento del lucro cessante solo quella quota attribuibile all’utilizzo dell’altrui fattore della produzione110. Le difficoltà a determinare quale sia la quota attribuibile ha indotto a preferire la strada della forfettizzazione, si attribuisce cioè una quota
108 Xxxxx Xxxxxxx, trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015, pag. 1493
109 Xxxxx Xxxxxxx, trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015, pag. 1493
110 Xxxxxxxx Di Xxxxxxx, Compensazione e deterrenza nel risarcimento del danno da lesione dei diritti di proprietà industriale, in Giurisprudenza commerciale, 2008/I,pag. 216
desunta dall’utile medio di settore assunto come dato di comune esperienza111.
In base a quanto prevede il terzo comma gli utili sono oggetto di retroversione nella misura in cui eccedono il lucro cessante ovvero in luogo di questi, perciò, laddove siano già stati computati in sede di liquidazione del lucro cessante, non può essere fatta richiesta di restituzione ai sensi del terzo comma.
§15 Il danno non patrimoniale
L’art.125 c.p.i. prevede che il giudice deve tenere conto nei casi appropriati di elementi diversi da quelli economici come il danno morale arrecato al titolare del diritto alla violazione.
Il danno non patrimoniale viene ormai ricondotto, a seguito delle prese di posizioni della consulta112, a quello previsto dall’art. 2059 c.c. e, dopo gli interventi delle sezioni unite113, è stato ripensato in modo unitario e omnicomprensivo delle precedenti categorie del danno biologico, esistenziale e morale.
111 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015 pag.1594
112 Corte costituzionale 11 luglio 2003 n. 233 in xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx
Secondo queste decisioni il danno è risarcibile laddove il ristoro sia espressamente previsto dalla legge, quando sia configurabile come reato e quando sia intervenuta la violazione di diritti oggetto di tutela costituzionale.
Nel caso del danno da contraffazione non sussistono pertanto dubbi circa la sua possibilità di configurazione posto che è già il dato normativo a prevederlo. Questo aspetto rappresenta un sicuro elemento di novità rispetto al passato perché in precedenza il risarcimento del danno morale poteva avvenire solo allorché la fattispecie avesse altresì rilevanza penale114.
Maggiormente problematica è la definizione dei confini della categoria e la risposta all’esigenza di rilevare uno spazio autonomo rispetto al danno patrimoniale arrecato nella dimensione di pregiudizio alla produttività del marchio causata dal peggioramento della sua reputazione commerciale.
La giurisprudenza di merito riconosce la sovrapponibilità dei due profili laddove dispone che nel caso della contraffazione di marchi rinomati il danno morale deve intendersi come offuscamento del potere attrattivo del segno che si risolverebbe in ultima istanza ancora in un danno patrimoniale, in minima parte attuale, per sviamento di
114 Tribunale di Milano 21 febbraio 2009 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2209 pag.726
clientela, in gran parte potenziale, per perdita di chances di penetrazione di quote di mercato attratte dalla evocazione di immagine di lusso e della moda115.
La Corte di Giustizia della Ue investita di una questione pregiudiziale inerente i rapporti tra il danno morale e il criterio di liquidazione di cui al comma 1 lettera b dell’art. 13 della direttiva 2004/48/CE si è riferita a questo nei termini di danno alla reputazione116, mentre la Commissione europea riporta come esempi esplicativi i casi di lesione della reputazione del titolare del diritto, stress emotivo, sofferenze provocate da una violazione117.
Un primo punto fermo ai fini della distinzione sarebbe costituito dal punto di incidenza, che, nel caso del danno emergente è dato dal marchio, in quello del danno morale, dal titolare del diritto118.
Tra le situazioni idonee a sostanziare il danno morale, vi sarebbero i casi di uso parodistico del marchio119 in cui l’uso non autorizzato del segno comporti il richiamo a valori e riferimenti semantici incompatibili con quelli con cui il titolare del marchio si sia accreditato presso il pubblico dei consumatori.
115 Tribunale di Roma 31 maggio 2010 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale pag.348
116 Corte di Giustizia UE, quinta sezione, 17 Marzo 2016,causa C-99/15 in xxxxx.xxxxxx.xx
117 Commissione europea, Comunicazione della commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al comitato economico e sociale europeo, Bruxelles, 29.11.2017 in xxxxx.xxxxxx.xx
118 Xxxxx Xxxxxxx, trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015 pag.
1528
119 Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale.
Appunti sull’art. 125 C.P.I. in Diritto industriale-2009/I, pag.186
Tra i vari esempi forniti dalla prassi giudiziale può essere menzionato un caso deciso dal tribunale di Torino del 1999 relativo alla contraffazione del marchio registrato Agip concretizzata nella commercializzazione di magliette nelle quali era riprodotto sul petto e sulla manica sinistra il marchio dell’Agip raffigurante il cane a sei zampe con sotto stampata, con carattere identici a quelli del marchio della parte attrice, la scritta Agid. Il giudice nel decidere sul risarcimento del danno rileva che il pregiudizio è determinato dall’ambiguo riferimento alla tendenza musicale e alle sostanze allucinogene usate nelle discoteche120.
Tale interpretazione si pone in una tendenziale linea di continuità con quella parte di dottrina che tende ad ammettere la configurabilità di un danno all’onore, alla reputazione e al decoro anche in capo alle persone giuridiche e agli enti in genere121.
Si tratta di una strada già tracciata da parte della Corte di Cassazione la quale ha avuto modo di precisare che, nel caso della lesione del diritto all’immagine delle persone giuridiche, e degli enti in genere, sussisterebbero due distinti profili che compongono le conseguenze non patrimoniali della lesione. La prima componente sarebbe data
120 Tribunale di Torino 04 marzo 1999 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale, 1999, pag.
981
121 Xxxxxxx Xxxx, Il danno all’immagine delle persone giuridice, Giappichelli, Torino, pag.20
dalle difficoltà che gli organi della persona giuridica che agiscono in nome e per conto della stessa sono destinati ad affrontare e superare nei loro rapporti con i terzi a causa dell’evento pregiudizievole. Il secondo aspetto sarebbe invece dato dalla diminuzione della reputazione dell’ente collettivo tra i consociati122.
Nel microcosmo del danno da contraffazione di marchi queste due componenti tendono a configurarsi in modo differente: alla prima risultano sussumibili quelle situazioni di patema d’animo che 123 costituiscono la definizione più tradizionale di danno morale; alla seconda i casi di danno alla immagine che, come chiarito dalla giurisprudenza summenzionata, in questa sede si risolve ancora in un danno emergente tranne che in quelle ipotesi in cui pregiudica oltre che i riflessi reddituali anche il valore personalistico della corretta identificazione del soggetto nell’ambito personale in cui opera124.
122 Cassazione 04 giugno 2007 n. 12929 in xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx
123 Xxxxxxx Xxxxxxxx, in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2009 pag. 728 nota n4
124 Xxxxx Xxxxxxx, I danni morali in AIDA 2000 pag. 140
Capitolo III: Il secondo comma dell’articolo 125 cpi
§1 La somma globale e la valutazione equitativa
Tra le disposizioni richiamate dall’art.125 c.p.i. vi è l’articolo 1226 del codice civile inerente la liquidazione equitativa del danno. Questa norma prevede la possibilità di procedere alla liquidazione del danno con valutazione equitativa laddove non ne sia possibile la prova nel suo specifico ammontare.
Questo riferimento del primo comma deve essere altresì posto in relazione con la disposizione di cui al comma 2 dell’art.125 c.p.i. che
dispone che la sentenza che provvede sul risarcimento dei danni può farne una liquidazione in somma globale stabilita in base agli atti della causa e delle presunzioni che ne derivano. In questo caso il lucro cessante è determinato in un importo non inferiore a quello dei canoni che l’autore della violazione avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso.
§2 I limiti della liquidazione equitativa in sede di applicazione dell’art. 125
Un primo ordine di questioni che si pone nel caso di specie è quello relativo all’interrogativo se i limiti generalmente previsti per il ricorso all’equità sussistano anche in sede di applicazione dell’art.125 c.p.i. ovvero se il legislatore abbia inteso predisporre un sistema che ammetta la possibilità di liquidazione equitativa anche in loro assenza. Come la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare finanche in tempi piuttosto recenti, la facoltà del giudice di liquidare in via equitativa il danno esige in genere due presupposti: in primo luogo che sia accertata l’ontologica esistenza di un danno risarcibile, prova il cui onere ricade sul danneggiato; in secondo luogo, il ricorso alla
liquidazione equitativa esige che il giudice di merito abbia previamente accertato che l’impossibilità ( o l’estrema difficoltà) di una stima esatta dipenda da fattori oggettivi, e non dalla negligenza della parte danneggiata nell’allegare e dimostrare gli elementi dai quali desumere l’entità del danno. Laddove il pregiudizio economico fosse incerto, possibile, ma non probabile, non sussisterebbe spazio per l’invocabilità dell’articolo 1226 c.c.125.
Secondo una parte della dottrina sarebbe necessario che, considerata la complessità della dimostrazione del danno e del nesso causale, si alleggeriscano gli oneri probatori mediante l’allargamento delle maglie al ricorso equitativo: ciò dovrebbe avvenire attraverso il superamento dei due presupposti generalmente richiesti ai fini dell’accesso a questo tipo di liquidazione, l’esistenza della prova ontologica del danno e l’impossibilità di provarne lo specifico ammontare126.
Tale opzione interpretativa darebbe autonomo significato giuridico alla possibilità di liquidazione del danno in somma globale rispetto al richiamo all’articolo 1226 previsto nel primo comma.
125 Cassazione civile, sez. VI, ordinanza del 6 dicembre 2016 n. 4534 in xxxxxxxxxx.xx
126 Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale, in Rivista di diritto industriale, 2009/I, pag. 165
Il senso della liquidazione in somma globale sarebbe quello di attribuire validità alla pronuncia che sia intervenuta senza una analitica indicazione di come si è giunti a una determinazione definitiva del danno e delle sue singole componenti, purché la motivazione faccia ragionevolmente riferimento agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivino.127
Sul piano processuale questo implicherebbe che non sarebbe domanda nuova , per chi abbia già richiesto la condanna al risarcimento del danno, la richiesta di liquidazione della royalty virtuale prevista dal comma 2128.
Questa tesi ha trovato in dottrina diversi spunti di critica: innanzitutto è stato osservato che la lettera della legge, pur nella sua neutralità, non introdurrebbe alcuna novità, anzi la formula di cui al secondo comma dell’art.125 c.p.i. riproduce il testo dell’articolo 66 della legge marchi, fatta eccezione di un elemento oggi venuto meno, costituito dalla necessità di una istanza di parte129.
Un secondo ordine di considerazioni, legato stavolta a profili di ordine sostanziale, si correla al fatto che non sempre i fenomeni di
127 Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale. Appunti sull’art.125 c.p.i., in Rivista di diritto industriale, 2009/I pag. 181
128 Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale.
Appunti sull’art.125 c.p.i., in Rivista di diritto industriale, 2009/I pag. 167
129 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015 pag. 1470
contraffazione cagionano un danno, basti in questo senso pensare all’ipotesi in cui sia intervenuta l’apposizione di un marchio simile su prodotti affini e sia stato accertato un rischio di confusione, senza che però sia conseguita una confusione attuale: in queste ipotesi la contraffazione è certamente integrata ma non è detto che sussista un danno, e dunque sarebbe quanto mai irragionevole forzare i canoni ermeneutici130.
Infine viene posto in evidenza che tale interpretazione si porrebbe in contrasto con la ratio di alcune riforme processuali, come quelle inerenti l’art.121 c.p.i131, e che l’aggregazione della condanna in una somma unica renderebbe eccessivamente difficile una verifica della conformità a diritto dell’iter logico e giuridico che ha portato alla determinazione della somma globale132.
§3 La posizione della giurisprudenza
130 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015, pag. 1472
131 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015, pag. 1476
132 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015, pag. 1474
Sulla problematica della necessaria sussistenza dei due presupposti in sede di applicazione dell’art.125 c.p.i la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il danno costituisce una conseguenza diversa ed ulteriore dell’illecito e solo l’avvenuta dimostrazione consente al giudice di passare alla liquidazione del danno, eventualmente facendo ricorso alla valutazione equitativa.133
Questa posizione è seguita anche dalla giurisprudenza di merito che richiede, ai fini del risarcimento tramite liquidazione equitativa, la specifica deduzione e prova del concreto danno subito in conseguenza della condotta illecita altrui 134 , ad esempio i dati relativi alla contrazione delle vendite e ai profitti medi conseguiti negli anni precedenti e successivi al verificarsi dell’evento lesivo135.
Altrove sono stati invece precisati i rapporti tra la prova dell’esistenza del danno e il ricorso agli accertamenti peritali: benché la consulenza tecnica sia idonea a costituire in certe circostanze fonte oggettiva di prova, sarebbe sempre necessario che le parti deducano
133 Corte di Cassazione 19 Dicembre 2008 n.29774 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale pag. 348
134 Tribunale di Catania 23 Novembre 2015 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2016 pag. 459, Tribunale di Napoli 24 Luglio 2012 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale pag. 635, Tribunale di Catania 28 novembre 2011 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale pag.1386
135 Tribunale di Catania 23 giugno 2011 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2012 pag.
339
tempestivamente i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti136.
La mancata ottemperanza all’ordine di esibizione delle scritture contabili da parte del convenuto costituisce argomento di prova ex art 116 comma 2 c.p.c ma non consente di ritenere provato il danno. Conseguenza sarebbe dunque che laddove i documenti avessero indicato un danno minore dell’attore in contraffazione sarebbe stato interesse del contraffattore depositarli e, pertanto, dal mancato deposito si potrebbe trarre l’argomento di prova che i documenti, se depositati, avrebbero quanto meno confermato la tesi dell’attore137.
Pertanto la liquidazione equitativa non sarebbe possibile laddove non vengano indicate le grandezze economiche da porre a fondamento della quantificazione richiesta138, per come risultanti dai dati di fatto di cui la parte attrice possa ragionevolmente disporre139; laddove ciò non avvenisse la liquidazione equitativa non si inserirebbe in un quadro probatorio compiuto e si trasformerebbe in una valutazione arbitraria140. Non sarebbe possibile ritenere assolto l’onere nemmeno
136 Tribunale di Roma 04 Marzo 2015 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2015 pag.
849
137 Xxxxxx Xxxxxxxx in Giurisprudenza annotata di diritto industriale, 2015, pag. 850 nota 4
138 Tribunale di Catania 13 Febbraio 2009 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2011 pag. 81
139 Tribunale di Roma 04 Marzo 2015 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2015 pag.
849
140 Tribunale di Catania 18 Gennaio 2013 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013 pag. 853
rifacendosi a metodi di determinazione del danno basati sulla presunzione che il cliente che ha acquistato la merce contraffatta si sarebbe rivolto al fabbricante legittimo per ottenere quel bene in assenza della produzione del prodotto contraffatto: questa presunzione non potrebbe operare in assenza di allegazioni probatorie del caso concreto141.
Allo stesso modo anche la giurisprudenza di merito converge sulla necessita che venga motivata l’oggettiva difficoltà di fornire la prova142.
Se dal repertorio giurisprudenziale è quindi possibile evincere una tendenziale contiguità con il modello di liquidazione equitativa generalmente previsto in ambito civile, almeno quanto ai presupposti, viceversa non sussiste unanimità di vedute quanto al contenuto degli specifici oneri probatori.
In merito sono, rinvenibili due differenti posizioni: la prima ritiene che la valutazione equitativa possa basarsi su parametri almeno orientativi presenti in atti143; la seconda invece richiede che siano addotte le grandezze economiche cui il giudice debba attenersi al fine di rendere evidenti le ragioni del processo logico sul quale la
141 Tribunale di Catania 11 Marzo 2014 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2014 pag.
890
142 Tribunale di Catania 24 luglio 2013 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2014 pag.
456
143 Tribunale di Milano 20 Marzo 2014 in xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
liquidazione è fondata e in mancanza delle quali diverrebbe arbitraria144.
§4 Il criterio della royalty virtuale
Il secondo comma dell’articolo 125 c.p.i. prevede che, nel caso in cui la sentenza abbia proceduto a una liquidazione in somma globale, il lucro cessante è comunque determinato in un importo non inferiore a quello dei canoni che l’autore della violazione avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso.
Il criterio è definito in genere della royalty virtuale: l’espressione royalty deriva dal diritto anglosassone dal cui modello dei così detti statutory damages la misura trae ispirazione, un tipico esempio negli Stati Uniti nell’ambito della proprietà intellettuale è previsto dal §284 del patent act che sancisce il diritto del titolare del brevetto che abbia subito una violazione a ottenere una reasonable royalty; in Italia il legislatore utilizza il termine alla lettera c del comma 3 dell’art.1 della legge 129 del 2004, norme per la disciplina dell’affiliazione
144 Tribunale di Catania 18 Gennaio 2013 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013 pag. 853
commerciale, disponendo che per royalties si intende una percentuale che l’affiliante richiede all’affiliato, commisurata al giro di affari del medesimo o in quota fissa, sicché si spiega in tali termini perché in luogo della dicitura normativa l’espressione sia comunemente utilizzata sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza.
L’attributo virtuale intende significare che si tratta di un criterio minimo di liquidazione e dunque non rappresenta il danno effettivamente subito e l’attore non ha l’onere di dimostrare che l’autore della violazione avrebbe chiesto una licenza e che questa sarebbe stata concessa a determinate condizioni145.
§5 Il problema della necessità di prova del danno
La norma in esame è passibile di differenti interpretazioni, le quali dipendono, innanzitutto, dal senso che si attribuisce alla parola “comunque” : secondo una certa chiave ermeneutica potrebbe ritenersi che l’espressione non intenda alludere alla parametrazione del danno ma alla prova della sua ontologica esistenza, sicché
145 Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale.
Appunti sull’art.125 c.p.i., in Rivista di diritto industriale, 2009/I pag. 183
indipendentemente dal fatto che questo sia stato provato il titolare dell’esclusiva avrebbe diritto ai canoni di licenza146.
Questa impostazione parte dall’assunto secondo il quale questo criterio non può essere considerato una tecnica di calcolo del mancato profitto del titolare giacché conduce sempre alla sua sotto parametrazione: il profitto di chi produce e vende direttamente sarebbe sempre maggiore di chi concede licenze e la differenza tra i due importi rappresenterebbe l’utile del licenziatario147.
Quindi, nel momento in cui si attribuisse al titolare del diritto leso una royalty lo si priverebbe del maggior profitto che avrebbe realizzato vendendo direttamente.
La norma pertanto non assolverebbe ad una funzione deterrente né ad una funzione compensativa ma ridurrebbe il diritto di esclusiva a una sorta di dominio pubblico pagante, premiando il contraffattore.
Avrebbe pertanto senso solo se intesa come regola di default dove manchi la possibilità di una quantificazione integrale e diretta delle vendite148.
146 Xxxxxxxx Di Xxxxxxx, Compensazione e deterrenza nel risarcimento del danno da lesione dei diritti di proprietà intellettuale, in Giurisprudenza commerciale, 2008/I, pag.210
147 Xxxxxxxx Di Xxxxxxx, Compensazione e deterrenza nel risarcimento del danno da lesione dei diritti di proprietà intellettuale, in Giurisprudenza commerciale, 2008/I, pag. 209
148 Xxxxxxxx Di Xxxxxxx, Compensazione e deterrenza nel risarcimento del danno da lesione dei diritti di proprietà intellettuale, in Giurisprudenza commerciale, 2008/I, pag. 209
Altra ricostruzione che nega apertamente la necessità di prova del danno subito è quella che individua nella royalty virtuale, in quanto tale, non un fenomeno storicamente da verificarsi ma un criterio di apprezzamento del valore delle potenzialità di sfruttamento economico della privativa, obiettivamente elise dalla contraffazione.149
Similmente nega altresì la necessità di riprova del danno anche chi tende a catalogare la misura come rimedio restitutorio per l’ingiustificato arricchimento ottenuto a spese dell’attore: si tratterebbe di un rimedio che tende al ripristino della situazione quo ante e che si differenzierebbe dal rimedio compensatorio per l’irrilevanza di eventuali danni conseguenza nel patrimonio della vittima150. Quest’ultima impostazione pur prescindendo dalla prova del danno richiede che sussista uno stato di colpa in capo al contraffattore, desumendone la necessità dal riferimento al lucro cessante151.
Opinione non dissimile è quella di chi afferma che i primi due commi dell’art.125 c.p.i si occupano delle violazioni di cui l’autore era
149 Xxxxxxx Xxxxx, La liquidazione del danno da contraffazione e le prospettive riconosciute dall’art. 125 del D.LGS. 10 febbraio 2005 n.30 in Diritto industriale, 2005/I pag. 396
150 Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Restituzione e trasferimento dei profitti nella tutela della proprietà industriale (con un cenno al diritto di autore), in Contratto e impresa, 4-5/2010 pag.1159
151 Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Restituzione e trasferimento dei profitti nella tutela della proprietà industriale (con un cenno al diritto di autore), in Contratto e impresa, 4-5/2010 pag. 1160
consapevole o doveva essere ragionevolmente consapevole: la possibilità che la colpa assuma diversi gradi di gravità sarebbe anzi un elemento di cui si deve necessariamente tenere conto152.
Rispetto a tale tesi sono state mosse delle critiche basate su considerazioni attinenti il dato letterale, quello sistematico e sulla logica alla base di questo criterio.
Innanzitutto l’idea secondo cui il senso dell’espressione comunque sia quello di prescindere dalla prova dell’ontologica esistenza del danno sarebbe in aperta contraddizione con la direttiva 2004/48/CE, la quale prevede, nella lettera b del par. 1 dell’art.13, che la somma forfettaria basata sulla royalty possa essere fissata solo in casi appropriati; un risarcimento del lucro cessante nel caso in cui ne mancasse la prova non rappresenterebbe una ipotesi del genere153.
In secondo luogo si osserva che, ragionando in questi termini, si potrebbe giungere all’opposto risultato di imprimere un carattere punitivo al risarcimento sovrastimando il danno; questa situazione potrebbe verificarsi ammettendo il risarcimento del danno pieno per tutti quegli aspetti di cui sia disponibile la prova necessaria e accordando la liquidazione attraverso il criterio dei canoni di licenza
152 Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale.
Appunti sull’art.125 c.p.i., in Rivista di diritto industriale, I/2009 pag. 185
153 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino 2015, pag. 1503
negli altri casi, ottenendo per questi una liquidazione superiore al pregiudizio effettivo grazie all’esenzione dalla prova del danno154.
Un’ultima annotazione viene infine effettuata sull’assunto secondo il quale la norma risponderebbe a una logica di carattere restitutorio: questo sarebbe vero nella misura in cui l’idea di fondo sarebbe quella di restituzione del valore di mercato del bene 155 ma l’istituto perderebbe sovente una simile connotazione e verrebbe piegato a una funzione risarcitoria e compensativa del lucro cessante156.
In definitiva secondo questa seconda impostazione non sarebbe precluso il cumulo tra il risarcimento pieno e quello secondo il criterio della royalty ma anche questo potrebbe intervenire solo dove vi sia stata la prova del danno157.
Anche i giudici di merito hanno affrontato la problematica, dalle decisioni risulta una tendenziale diversificazione delle soluzioni addotte.
A riguardo è stato affermato che la previsione del presunto consenso quale criterio minimo per la liquidazione del danno non esonererebbe la vittima della contraffazione dalla prova del danno stesso. E ciò
154 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015 pag. 1498
155 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015 pag. 1495
156 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, Torino, 2015, pag. 1503
157 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, , Torino, 2015, pag. 1505
perché l’accertamento della contraffazione, non comporterebbe automaticamente il riconoscimento del pregiudizio, mentre il criterio della giusta licenza atterrebbe esclusivamente alla fase della liquidazione, evidentemente successiva a quella della prova del danno e che presupporrebbe l’esistenza del diritto al suo risarcimento158.
In altri casi è stato precisato che l’applicazione di questo criterio imporrebbe alla parte attrice di fornire almeno il prezzo della ipotetica licenza, senza che il giudice possa in alcun modo, d’ufficio, sopperire alla detta cadenza probatoria159.
Al contrario in alcuni casi si è proceduto al riconoscimento del diritto al ragionevole canone di licenza pur in assenza di prova del danno. In tal senso i giudici dopo aver ribadito che il titolare della privativa non è esonerato dall’onere della prova di aver subito una diminuiamone patrimoniale e del suo collegamento eziologico con la condotta in contraffazione, hanno ammesso che in mancanza può comunque farsi riferimento alla cosiddetta royalty presunta. Questa consentirebbe per esplicita indicazione normativa dell’art.125 c.p.i. di apprezzare la sottrazione di redditività del titolo ed al contempo di sanzionare l’utilizzazione indebita di una privativa correggendo una disfunzione
158 Tribunale di Napoli 24 luglio 2012 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013 pag.
635
159 Tribunale di Catania 11 Marzo 2014 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2014 pag.
890
dell’azione risarcitoria nell’ambito specifico della proprietà industriale160.
In un caso si addiviene in assenza di prova del danno alla liquidazione ex art.125 comma 2 attraverso due passaggi: viene presunto lo sviamento di clientela dall’utilizzazione del marchio e si afferma che in mancanza della possibilità di quantificare diversamente il danno può utilizzarsi il criterio del prezzo del consenso161. In alcuni casi la giurisprudenza sembra porsi implicitamente su questa linea laddove ammette che si tratta di un criterio normativamente previsto per ovviare alle difficoltà probatorie che caratterizzano la materia 162.
§6 La posizione della Commissione europea
Anche la Commissione Europea, pur non avendo preso posizione sul tema specifico, ha implicitamente esposto la sua opzione interpretativa laddove ha affermato che, a suo parere, non sarebbero conformi alla direttiva quelle legislazioni nazionali che prevedono la possibilità del ricorso a questo metodo solo dove quello di cui alla lettera a) risulti
160 Tribunale di Milano 24 luglio 2013 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013 pag.
1155
161 Tribunale di Bologna 1 settembre 2011 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2011 pag. 1303
162 Tribunale di Catania 10 gennaio 2013 un Giurisprudenza annotata di diritto industriale pag.
213
impossibile. In merito il considerando 26 menziona, comunque a titolo di esempio, solo situazioni in cui il ricorso ad altro metodo sia difficile e non impossibile; invece sulla base del considerando 17 e dell’art.3 della direttiva 2004/48 l’opportunità di applicare il metodo della somma forfettaria dovrebbe essere determinata in funzione delle circostanze di ogni singolo caso163.
§7 Le decisioni della Corte di Giustizia della Ue sulla cumulabilità del parametro
Il criterio della royalty costituisce nel modello previsto dalla direttiva comunitaria una misura onnicomprensiva dettata in alternativa a quanto previsto nella lettera a) del paragrafo uno del medesimo articolo, mentre ,nell’ordinamento interno, rappresenta un criterio minimale di liquidazione del lucro cessante. Da tali differenze sorge l’interrogativo se sia possibile addivenire alla sommatoria con altri criteri ed entro quali limiti ciò sia eventualmente possibile.
In merito un primo spunto di analisi è offerto dalla giurisprudenza
della CGUE la quale è stata investita dal tribunale supremo spagnolo
163 Commissione europea, Comunicazione della commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, Bruxelles, 29.11.2017
di una questione pregiudiziale inerente l’interpretazione dell’art. 13 paragrafo 1 della direttiva 2004/48/CE. Nel caso di specie veniva richiesto alla corte se fosse possibile interpretare la norma nel senso che la parte lesa, la quale avesse chiesto il risarcimento del danno patrimoniale in base al criterio del canone di licenza virtuale, potesse chiedere anche il risarcimento del danno morale arrecato. La corte risponde al quesito in termini affermativi sulla base di due ordini di considerazioni: innanzitutto rileva che, dai considerando 10, 17, e 26 della direttiva, emerge che questa mira ad attuare un livello di protezione elevato dei diritti di proprietà intellettuale che tenga conto delle specificità del caso concreto. In secondo luogo attesta che la fissazione forfettaria dell’ammontare del risarcimento del danno dovuto basata sui soli diritti ipotetici copre soltanto il danno materiale. Conseguenza è pertanto che il titolare deve poter chiedere, oltre che il risarcimento calcolato sulla base di questo criterio, anche il risarcimento del danno morale eventualmente patito164.
Rispetto alle altre voci di danno la CGUE ha in altra sede spiegato che, nell’ipotesi di violazione di un diritto di proprietà intellettuale, il mero versamento di diritti ipotetici non è idoneo a garantire un risarcimento dell’integrità del danno dal momento che non
garantirebbe il rimborso di spese legate alla ricerca e alla identificazione di possibili atti di contraffazione165.
La questione è invece pacifica nel nostro ordinamento, alla luce della lettera della norma viene ammessa la possibilità di cumulare il criterio con il rimedio della retroversione degli utili, nella misura in cui questi eccedano il lucro cessante, e ovviamente con le voci di danno emergente che si sostanzino nel caso concreto.
Anche la giurisprudenza si pone in tali termini: in un caso viene ammessa la possibilità di sommatoria con il danno emergente, nella specie rilevato nei costi dell’attività investigativa e nelle altre spese necessarie per l’accertamento, e la combinazione con il criterio della retroversione degli utili nella misura in cui eccedevano l’ammontare del lucro cessante166.
§8 Il metodo di calcolo
L’ammontare dei canoni di licenza dovuti a titolo di parametrazione del lucro cessante deve essere calcolato come prodotto di due termini,
166 Tribunale di Torino 03 Giugno 2016 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2016 pag.
1005
da un lato il tasso di royalty e dall’altro il fatturato dell’autore della violazione ricavato attraverso l’uso del marchio.
Al fine di ricostruire il primo di questi due termini è necessario partire da quale sia il concetto cui si debba o si possa fare riferimento ai fini della loro determinazione. In merito l’art. 125 c.p.i. parla di canoni che l’autore della violazione avrebbe dovuto pagare qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso.
L’operatore del diritto è dunque tenuto ad effettuare una valutazione controfattuale riconoscendo quanto l’attore avrebbe ottenuto se l’attività del convenuto si fosse esplicata non in maniera illegale ma attraverso un normale accordo di licenza, stipulato prima che la contraffazione venisse realizzata167.
Il noumeno rinvenibile dietro la formula normativa è tendenzialmente individuabile in tre differenti concetti: quello di royalty di mercato, di royalty media e infine di royalty ragionevole, nozioni, che secondo una parte della dottrina non sarebbero riducibili a unità168.
167 Xxxxxx Xxxxxxx, L’incidenza economica della contraffazione e la misurazione del danno. in Il diritto industriale, 3/1999, pag. 241
168 Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale.
Appunti sull’art.125 c.p.i., in Rivista di diritto industriale, I/2009 pag. 184
§9 La royalty di mercato
Il concetto di royalty di mercato applica le aliquote praticate nel settore di riferimento del marchio per come determinabili attraverso gli studi di settore.
In questo senso la maggioranza delle royalty si porrebbe tra il 3 e il 5% del fatturato con punte nell’elettronica del software, tra il 10 e il 25% e nelle biotecnologie, tra il 5 e il 12%169 e nel settore della moda in cui si s’attesterebbero intorno all’11%170.
Il dato sarebbe supportato anche da un possibile indice normativo costituito da una ormai risalente circolare del ministero delle finanze inerente la predisposizione di criteri di verifica al fine di valutare se le operazioni infragruppo siano state poste in essere al fine di trasferire ricchezza. Il tasso perché l’operazione possa essere ritenuta congrua da parte dell’amministrazione dovrebbe collocarsi proprio nella misura tra 3 e il 5%171.
In ogni caso la variabilità dei tassi sarebbe imputabile a diversi fattori: innanzitutto alla capacità attrattiva esercitata dal marchio nel
169 Xxxxxx Xxxxx, Codice commentato della proprietà industriale e intellettuale, Utet, Torino, 2013 pag. 1120
170 Tribunale di Roma 31 Maggio 2010 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale pag. 348 171 Xxxxx Xxxxxxx, Trattato dei marchi: diritto europeo e nazionale, Giappichelli, 2015, Torino pag. 1509
settore di riferimento considerato, sicché i tassi di licenza sono destinati ad essere più elevati in quei settori in cui il marchio sia ex se idoneo a influire sulla scelta di acquisto del consumatore, mentre saranno meno elevati in quei settori dove sono altre le caratteristiche atte ad influire sulle dinamiche di mercato, come le caratteristiche tecniche del prodotto.
Benché sia molto raro riscontrare la presenza di settori in cui si attestano mercati di licenza172 vi sono degli ambiti merceologici nei quali questo avviene, come quello del lusso e della moda, in cui le diverse fattispecie contrattuali sarebbero tendenzialmente sussumibili a tre modelli: merchandising, licenze opportunistiche, licenze strategiche le quali si distinguono per i diversi obiettivi cui tendono. Questi accordi sarebbero poi distinguibili in accordi di licenza di produzione, di distribuzione commerciale o di entrambe le attività173. Le licenze di merchandising sarebbero tipicamente utilizzate per i marchi che godono di notorietà nella prospettiva di aumento del fatturato del licenziante per il tramite della estensione merceologica del mercato di riferimento del marchio. Per il licenziatario rappresenterebbero l’occasione di applicare il proprio how know senza
172 Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale.
Appunti sull’art.125 c.p.i., in Rivista di diritto industriale, I/2009 pag. 184
173 Xxxxx Xxxxxxxx, Le licenze nel settore faschion in xxx.xxxxxxx00.xxxxxx00xxx.xxx
necessità di investire su un marchio, per il licenziante costituiscono lo strumento tramite il quale viene ampliata la gamma di prodotti trattati.174
Alla base delle licenze opportunistiche vi sarebbe invece una maggiore integrazione tre le imprese e sarebbe sovente utilizzato allorché le categorie merceologiche oggetto della licenza costituiscono l’estensione naturale della produzione del licenziante. Il loro oggetto è infatti costituito da prodotti vicini al core business del licenziante.175 Infine le licenze strategiche sarebbero uno strumento utilizzato per il posizionamento strategico e l’arricchimento della attrattiva del marchio, tipicamente sarebbero riscontrabili nei settori dei profumi e dei cosmetici perché maggiormente consoni alle loro dinamiche produttive dal momento che prevedono la partecipazione del licenziante ad alcune decisioni commerciali176.
Tornando invece a valutazioni di ordine generale le moderne scienze di marketing tendono ad individuare delle ragioni, oltre alla forza della marca e al premium price, che spiegherebbero almeno i 10 per cento delle royalty, in particolare gli elementi ravvisati sono: la dimensione del business, la struttura distributiva di cui si avvale il
174 Xxxxx Xxxxxxxx, Le licenze nel settore faschion in xxx.xxxxxxx00.xxxxxx00xxx.xxx 175 Xxxxx Xxxxxxxx, Le licenze nel settore faschion in xxx.xxxxxxx00.xxxxxx00xxx.xxx 176 Xxxxx Xxxxxxxx, Le licenze nel settore faschion in xxx.xxxxxxx00.xxxxxx00xxx.xxx
licenziatario, il grado di novità della licenza, gli obblighi di marketing e distributivi, la presenza di altri asset coinvolti, la durata dell’accordo, il sostegno all’attività offerto dal licenziante e il grado di integrazione tra le attività del licenziante e quelle del licenziatario177.
La complessità degli elementi di cui si tiene conto in sede di stipulazione di un accordo di licenza spiega ex se le perplessità avanzate in dottrina circa la possibilità di applicazione sic et simpliciter dei canoni di licenza attestati sul mercato.
In particolare le critiche mosse si attagliano alla discrasia sussistente tra il concetto di canone ragionevole e il canone di mercato e all’evanescenza del concetto di royalty ragionevole.
Quanto al primo ordine di questioni si osserva che la determinazione del tasso applicabile o dei canoni dovuti non è riconducibile al tasso di royalty del mercato, in quanto questo rispecchierebbe per natura i corrispettivi dimensionati sulla possibilità offerta al licenziatario di utilizzo completo dell’intangibile, mentre le attività di contraffazione spesso comporterebbero la violazione di una parte soltanto dei diritti178.
177 Xxxxxxxx Xxxxxxx-Xxxxx Xxxxxxx-Xxxxxxx Xxxxxxxx, La determinazione del “royal rate” negli accordi di licenza” in xxx.xxxxx.xx pag.7
178 Xxxxxx Xxxxxxx, L’incidenza economica della contraffazione e la misurazione del danno. in Il diritto industriale, 3/1999, pag. 241
Il secondo appunto si innesta sulla considerazione che la complessità degli elementi alla base della stipulazione di un contratto di licenza fa si che il concetto di un canone di mercato altro non sia che una mera fictio179.
Innanzitutto a influire è il rapporto che intercorre tra le imprese che stipulano il contratto: è lapalissiano che il contratto tra imprese concorrenti è contenutisticamente molto diverso dal contratto stipulato da imprese che appartengono al medesimo gruppo o da imprese che si pongono in una relazione di tipo occasionale, e questo perché la royalty viene fissata tenendo conto di questi rapporti più ampi180.
In secondo luogo la determinazione della royalty terrebbe conto di altri fattori imprenditoriali come l’interesse alla conclusione dell’operazione181.
Infine la determinazione della royalty varierebbe in relazione ai diversi caratteri della licenza in particolare, la natura, esclusiva o meno, la durata e la strategia seguita nel dare o non dare licenze.
Pertanto per il medesimo marchio sarebbero concesse licenze a condizioni e con royalties diverse182.
179 Xxxxxxxx Di Xxxxxxx, Compensazione e deterrenza nel risarcimento del danno da lesione dei diritti di proprietà intellettuale, in Giurisprudenza commerciale, I/2008, pag. 209
180 Xxxxxxxx Di Xxxxxxx, Compensazione e deterrenza nel risarcimento del danno da lesione dei diritti di proprietà intellettuale, in Giurisprudenza commerciale, I/2008, pag. 208
181 Xxxxxxxx Di Xxxxxxx, Compensazione e deterrenza nel risarcimento del danno da lesione dei diritti di proprietà intellettuale, in Giurisprudenza commerciale, I/2008, pag. 208
In ogni caso il criterio sarebbe di difficile applicazione a causa della riluttanza delle imprese a rendere note le informazioni inerenti il contenuto di questi contratti , a causa dell’impossibilità di traslazioni degli obblighi pecuniari in ragione del carattere esclusivo delle licenze e a causa dell’appiattimento che consegue al calcolo di una media di settore, che potrebbe portare a imporre soluzioni evidentemente ingiuste183.
§10 La valorizzazione del dato equitativo
Resasi conto di tali problematiche una parte della dottrina conclude nel senso che il criterio imponga il superamento dell’idea di accordare un risarcimento almeno pari al canone medio della licenza per effettuare invece una valutazione di equità che tenga conto di tutti gli aspetti pertinenti del caso concreto.
Questa interpretazione sarebbe coerente con la liquidazione equitativa della quale anche la norma in questione fa parte 184 e troverebbe
182 Xxxxxxxx Di Xxxxxxx, Comprensazione e deterrenza nel risarcimento del danno da lesione dei diritti di proprietà intellettuale, in Giurisprudenza commerciale, I/2008, pag. 209
183Marco Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale, in Rivista di diritto industriale, I/2009, pag. 184
184 Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale, in Rivista di diritto industriale, I/2009, pag. 185
parziale riscontro e specificazione in alcuni criteri elaborati negli Stati Unti al fine di determinare la reasonable royalty laddove non vi sia la disponibilità di soluzioni più agevoli come quella della estabilished royalty.
Tra le decisioni più complete in merito si segnala la sentenza Georgia Pacific che, per ricostruire la reasonable royalty dovuta come risarcimento del danno per violazione di brevetto, tiene conto di ben 15 elementi185:
1. i canoni ricevuti per la concessione del diritto di esclusiva in causa
2. i pagamenti effettuati per l’uso di brevetti comparabili
3. la natura e lo scopo della licenza
4. le politiche commerciali del licenziante, in riferimento alla sua posizione sul mercato
5. i rapporti commerciali tra licenziante e licenziatario
6. il valore del diritto come generatore di ulteriori vendite per il licenziatario
7. l’idoneità del diritto di esclusiva a generare reddito, il suo successo commerciale, la sua popolarità
8. la durata e i termini della licenza,
185 United States District court, S.D. New York, 28 maggio 1970 in xxx.xxx.xxxxxxxx.xxx
9. i profitti attesi, le utilità e i vantaggi del diritto di uso
10.l’utilità e i vantaggi del brevetto rispetti a precedenti metodi e dispositivi
11.l’estensione dell’uso dell’invenzione fatto dal contraffattore 00.xx percentuale dei profitti realizzabile che sia dovuta
all’invenzione, separata da fattori estranei
00.xx percentuale dei profitti e o l’ammontare dei prezzi di vendita che possono essere ritenuti abituali nello specifico settore commerciale o in settori comparabili
14.l’opinione di esperti qualificati
15.l’importo che il licenziante e il licenziatario avrebbero concordato se avessero cercato di raggiungere un accordo
Seppur con i dovuti adattamenti, si tratta di parametri che possono essere di aiuto in sede di valutazione di un diritto di proprietà intellettuale in genere, precisando quel concetto di determinazione equitativa della franchigia espressa da una parte della dottrina.
§11 Analisi dei criteri seguiti dalla giurisprudenza
L’analisi del repertorio giurisprudenziale dimostra che le corti tendono a determinare il tasso da applicare sul fatturato tenendo conto innanzitutto delle licenze che siano già state stipulate dall’impresa, in subordine vagliano i tassi che in media sono attuati dal mercato e in via residuale tendono a ricostruire quale potesse essere il potenziale contenuto dell’accordo laddove l’impresa contraffattrice avesse proceduto all’utilizzo per vie legali.
Una delle situazioni in cui i giudici ricorrono in modo piano al criterio di cui al secondo comma art.125 c.p.i. è quello in cui la violazione sia stata posta in essere da parte dell’ex licenziatario, situazione in cui, senza compiere ulteriori indagini sulle circostanze del caso concreto, procedono alla applicazione del tasso di royalty precedentemente applicato nel rapporto tra le parti.
In tali termini questo si verifica in una controversia in cui l’impresa convenuta dopo la scadenza del contratto aveva utilizzato in luogo del marchio originale, di cui godeva in precedenza del diritto d’uso, un
marchio simile per i medesimi prodotti, ragion per cui il giudice applica un tasso del 2% così come risultante dal contratto186.
Analoga operazione è stata effettuata in presenza di un rapporto contrattuale di affiliazione commerciale, dopo che, malgrado la risoluzione, la parte aveva continuato ad utilizzare i segni distintivi della convenuta187.
Parimenti di semplice applicazione è parso l’utilizzo del criterio laddove l’attività del titolare del marchio fosse prevalentemente costituita dalla concessione di licenze non esclusive a condizioni economiche standard, in questo caso i giudici procedono alla applicazione del tasso di royalty solitamente praticato nei rapporti tra l’impresa titolare e i terzi188.
Laddove invece non sia possibile basarsi su quanto pattuito in precedenti contratti stipulati con il contraffattore, ovvero in situazioni analoghe con soggetti terzi, le corti tendono a ricorrere ai tassi medi praticati nel settore. Il percorso valutativo è in tal senso espresso in termini abbastanza chiari in una decisione in cui il giudice si propone di effettuare una valutazione del prezzo di acquisto o di licenza d’uso
186 Tribunale di Torino 20 gennaio 2015 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2016 pag.
205
187 Tribunale di Catania 10 gennaio 2013 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2014 pag. 211
188 Tribunale di Catania 09 Giugno 2013 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2014 pag. 422
dei diritti di proprietà industriale per un acquirente razionale basandosi su una valutazione di mercato che fondi la propria analisi sui benefici economici attesi. Nell’opinione della corte il giusto prezzo del consenso sarebbe sempre accertabile dall’esperto ausiliario come fatto di mercato, nel caso delle estabilished royalties mediante accertamenti tecnico contabili sulla contabilità di entrambe le parti e sui contratti di licenza tra esse o analoghi, e, in subordine, come reasonable royalties, con indagini di mercato sui compensi negoziati tra imprese analoghe per marchi analoghi, quando per i beni immateriali vi è un mercato attivo189. La medesima sezione aveva già in precedenza enunciato nei medesimi termini tali principi aggiungendo che l’identificazione del mercato e l’attribuzione del valore sia particolarmente difficile nei casi di marchi di rinomanza, il cui valore attrattivo del marchio non è del tutto raffrontabile con quello di altri marchi presenti sul mercato 190 . Nel caso di specie tramite consulenza contabile veniva accertata una royalty di settore pari al 11% mentre il costo per la licenza del marchio Prada, oggetto della controversia, era attestato al 12% del fatturato del licenziatario.
189 Tribunale di Roma 30 dicembre 2012 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013 pag. 463
190 Tribunale di Roma 31 maggio 2010 in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2011 pag.348