Contract
IL RISARCIMENTO
DEL DANNO DA BLACK-OUT
INDICE
1. Breve premessa
2. Qualificazione del contratto di fornitura di energia elettrica Allegato giurisprudenziale n. 1
Corte Suprema di Cassazione, terza sezione civile, sentenza n. 5144 del 03 giugno 1997
Allegato giurisprudenziale n. 2
Corte Suprema di Cassazione, seconda sezione civile, sentenza n. 9312 del 03 settembre 1993
3. Individuazione dei soggetti fornitori di energia elettrica
4. Regimi di responsabilità
Allegato giurisprudenziale n. 3
Giudice di Pace del Mandamento di Marcianise, sentenza del 29 settembre 2004
Allegato giurisprudenziale n. 4
Giudice di Pace del Mandamento di Casoria, sentenza del 12 luglio 2005
Allegato giurisprudenziale n. 5
Giudice di Pace del Mandamento di Salerno, sentenza del 21 giugno 2005
1. Breve premessa
E’ ormai notorio che in data 28 settembre 2003, su tutto il territorio nazionale, si è verificata un’interruzione della somministrazione di energia elettrica per una durata complessiva di oltre dodici ore.
Tale interruzione – meglio nota come “black-out di settembre” – ha cagionato notevoli stravolgimenti delle attività dei consociati dell’ordinamento giuridico italiano, il cui carattere di particolare gravità è stato determinato dalla circostanza della festività del giorno interessato.
In numerosi hanno adito gli organismi giurisdizionali di legittimità al fine di invocare il risarcimento del conseguente pregiudizio esistenziale patito.
Le prime sentenze sono state già pronunciate (Giudice di Pace di Casoria, 12 luglio 2005; Giudice di Pace di Salerno, 21 giugno 2005; Giudice di Pace di Marcianise, 29 settembre 2004) e ad esse altre presto seguiranno.
Nel presente articolo, si cercherà di dare atto degli arresti giurisprudenziali disponibili e di focalizzare le questioni giuridiche a riguardo analizzate e risolte.
2. Qualificazione del contratto di fornitura di energia elettrica
Il primo problema che i legali dei danneggiati hanno dovuto affrontare ha riguardato la qualificazione del contratto di fornitura di energia elettrica.
Già in precedenza la giurisprudenza ha qualificato il contratto di fornitura di energia elettrica come contratto di somministrazione.
A riguardo si sono pronunciati la Corte Suprema di Cassazione, con sentenze numero 5144 del 03 giugno 1997 (terza sezione civile, presidente Xxxxx, xxxxxxxxx Xxxxx) e numero 9312 del 03 settembre 1993 (seconda sezione civile, presidente Xxxxxxxxx, estensore Preden), e la magistratura di legittimità.
Difatti, in virtù di tale contratto, un soggetto (l’ente elettrico) si impegna verso corrispettivo nei confronti di un altro (il consumatore) a fornire continuativamente una certa quantità di beni e servizi.
Ne consegue allora che il regime responsabilistico da applicarsi nei confronti del fornitore di energia elettrica è quello di tipo contrattuale.
Allegato giurisprudenziale n. 1
Corte Suprema di Cassazione, terza sezione civile, sentenza n. 5144 del 03 giugno 1997 Presidente Xxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxx
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE III CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Xxxx. Xxxxxxxx Xxxx XXXXX | Presidente | |
" Xxx | XXXXXX | Consigliere |
" Xxxxxxxxx | XXXXXXXX | " |
" Xxxxxxx | LO PIANO | " |
" Xxxxxxxx Xxxxxxxx XXXXX Xxx. " ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
XXXX, elettivamente domiciliata in XXXX, XXX XX XXX XXXXXXX 00, presso lo studio dell'avvocato XXXXX XXXXXX, che la difende anche disgiuntamente all'avvocato XXXXXXX XXXXXXXXXXX, giusta delega in atti;
Ricorrente
contro
ENEL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in XXXX, XXX X. XXXXXXXX 00, difeso dall'avvocato XXXXX XXXXX, giusta delega in atti;
Controricorrente
avverso la sentenza n. 132-95 della Corte d'Appello di L'AQUILA, emessa il 21-02-95 e depositata il 04-05-95 (R.G. 416-91);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05-11-96 dal Relatore Consigliere Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxx XXXXX;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Xxxx. Xxxxxxxx XXXXXXXXX che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
Fatto
Con citazione in riassunzione (not. 5-8 novembre 1985 la XXXX (da ora breviter XXXX) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale dell'Aquila l' Ente Nazionale per l'Energia Elettrica e ne chiedeva il
risarcimento dei danni provocati all'industria da novantanove interruzioni della somministrazione di elettricità, verificatesi tra il 30 settembre 1982 ed il 31 luglio 1984.
L'Ente si costituiva e contestava il fondamento della domanda.
La causa era istruita documentalmente e con l'interrogatorio formale del rappresentante legale dell' Enel. Con sentenza (resa in data 6 maggio 1991) il Tribunale rigettava la domanda e condannava l'attrice alla rifusione di metà delle spese del giudizio, compensate per la restante metà.
La sentenza era appellata dalla XXXX, che ne chiedeva la riforma e deduceva in via istruttoria ammissione dell'interrogatorio formale del rappresentante dell'ente appellato, nonché prova orale sulle vicende relative alle interruzioni di energia elettrica.
L' Enel chiedeva il rigetto del gravame e, nel caso di ammissione della prova orale, proponeva prova contraria.
Con sentenza pubblicata il 4 maggio 1995 la Corte d'Appello dell'Aquila rigettava l'appello condannando l'appellante alle spese del grado.
In particolare la Corte territoriale osservava che l' Enel si avvaleva di una clausola di esonero, per responsabilità civile da danni, in relazione a possibili interruzioni della fornitura, oltre che per il caso fortuito e di forza maggiore, anche per qualsiasi altra causa dovuta a particolari esigenze dell'impresa fornitrice.
Tale esonero, non essendo stata data la prova di una interruzione dolosa, escludeva che l' Enel avesse un onere probatorio in merito alle cause giustificative dell'interruzione.
Contro la decisione ricorre la XXXX con unico motivo di gravame; resiste l' Enel con controricorso.
Il ricorrente ha prodotto memoria.
Diritto
Il ricorso merita accoglimento per le seguenti considerazioni.
Il ricorrente, nell'unico articolato motivo, deduce l'error in iudicando (per la violazione degli articoli 1218, 1362 ss., 2697, 1559 cod. civ.; e 115 cod. proc. civ., 244, 345 cod. proc. civ.) ed il vizio della motivazione, ritenuta illogica e contraddittoria su punto decisivo.
La tesi è che, ammessa l'operatività della clausola n. 10 delle condizioni generali del contratto tipo, predisposto dall' ENEL, come clausola di esonero, tra l'altro, da pretese risarcitorie per interruzioni della somministrazione dell'energia elettrica, determinate da una delle giuste cause specificamente indicate nella clausola stessa (forza maggiore, lavori di manutenzione, esigenze di servizio, cause accidentali, scioperi) incombeva all'Ente erogante dare la prova dell'esistenza di tali cause, e che comunque non poteva essere negato al danneggiato il diritto di provare (prova richiesta nella fase del merito) che le molteplici interruzioni non rientravano tra quelle determinate dalle cause di giustificazioni previste nella clausola di esonero.
Le interruzioni non giustificate costituivano in vero atti di inadempimento da parte dell'ente somministratore, onde l'onere dell'ente di rispondere di tale inadempimento. La tesi poggia su argomentazioni giuridiche rilevanti, che non sono state considerate dai giudici del merito, onde sussiste il vizio della motivazione errata in diritto e contraddittoria.
Ed invero, posto che il contratto di utenza ha la natura di contratto di somministrazione continuata di energia elettrica (cfr. Cass. 3 settembre 1993 n. 9312), l'Ente è tenuto, seconda buona fede, all'esecuzione del rapporto, e a fronte della mancata erogazione della prestazione contrattuale, ha l'onere di provare che l'interruzione della erogazione è dipesa da una delle cause di giustificazione
previste nella clausola contrattuale di esonero, espressamente sottoscritta dall'utente (Cfr. Cass. 1991 n. 12346; 1994 n. 1500 per casi analoghi).
Nel caso di specie, i giudici del merito, non solo hanno arbitrariamente invertito l'onus probandi (trasferendolo dall'ente inadempiente a carico dell'utente) ma poi hanno precluso all'utente anche l'unica possibilità di prova (orale e tecnica) per poi, ancor meno spiegabilmente respingere la domanda in quanto appunto sfornita di provare per l'an debeatur.
All'accoglimento del ricorso, segue cassazione con rinvio alla Corte d'Appello di Roma, che si atterrà ai principi di diritto come sopra indicati, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio.
P.Q.M
accoglie il ricorso, cassa in relazione e rinvia anche per le spese alla Corte d'Appello di Roma. Così deciso in Roma nella camera di consiglio della III sezione civile, il giorno 5 novembre 1996.
Depositata in Cancelleria addì 09 giugno 1997
Allegato giurisprudenziale n. 2
Corte Suprema di Cassazione, seconda sezione civile, sentenza n. 9312 del 03 settembre 1993 Presidente Carnevale, Estensore Preden
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE II CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Xxxx. Xxxxxxx XXXXXXXXX Presidente " Xxxxxxx XXXXXXXX Consigliere
" Italico X. XXXXX "
" Xxxxxxxx XXXXXXXXX " " Xxxxxxx XXXXXX Rel. " ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
ENTE NAZIONALE PER L'ENERGIA ELETTRICA (ENEL) - COMPARTIMENTO DI
NAPOLI, elett.te xxx.xx in Xxxx, Xxx X.X. Xxxxxxxxx, 0-X, c-o l'avv. Xxxxxxx Xxxxxxxxx, che, unitamente agli avv.ti Xxxxxxxx Xxxxxxx e X. Xxxxxxxx Xxxxxxx, lo difende per delega in calce al ricorso.
Ricorrente
contro
XXXXX, elett.te xxx.xx in Roma, Viale Xxxxxxx xx Xxxxxxxxx, 120 (c-o Asciutti); difeso dall'avv. Xxxxx Xxxxxxxx per delega in calce al controricorso.
Resistente
Per la cassazione della sentenza del Tribunale di Locri 9-10-1989.
Udita la relazione della causa svolta dal Cons. dott. Preden all'udienza del 23-4-1993. Udito l'avv. X. Xxxxx, per delega dell'avv. Paternò.
Udito il P.M., nella persona del xxxx. Xxxxx, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
Fatto
Con ricorso al Pretore di Gioiosa Jonica XXXX esponeva che dipendenti dell'ENEL avevano proceduto, mediante materiale rimozione dei fili posti sul muro esterno della casa di sua proprietà, al distacco dell'energia elettrica, per sua asserita morosità nell'ambito del contratto di somministrazione;
deduceva che la suindicata condotta configurava spoglio del possesso dell'energia elettrica, ed in questo chiedeva di essere reintegrato.
Il pretore disponeva la reintegrazione.
Pronunciando sull'appello proposto dall'ENEL, al quale aveva resistito il XXXX, il Tribunale di Locri, con sentenza 9-10-1989, lo rigettava.
I giudici di appello, premesso che è configurabile il possesso dell'energia elettrica e che di tale possesso concretizza spoglio l'atto che interrompe l'erogazione dell'energia, qualora sia posto in essere nella parte dell'impianto che - a prescindere dall'ubicazione del contatore - si trova nel luogo o nella cosa posseduta dall'utente e, comunque, nell'orbita del suo potere dispositivo, ritenevano sussistente la lesione, in quanto il distacco era avvenuto sul muro del fabbricato di proprietà dell'utente.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione, sulla base di unico mezzo, l'ENEL. Resiste con controricorso il Macrì.
Diritto
Con l'unico mezzo - deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1141, 1168, 934 e 1560 c.c., nonché degli artt. 1 e 3 della legge 6-12-1962, n. 1643, in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360,
n. 5, c.p.c. - il ricorrente censura l'impugnata sentenza per aver ritenuto che l'interruzione dell'energia, in quanto avvenuta su parte dell'impianto compresa nella sfera di disponibilità dell'utente abbia concretizzato spoglio dell'energia medesima.
Sostiene, infatti, che nella specie la tutela possessoria non era ammissibile, per essere avvenuto il preteso spoglio su beni - l'energia elettrica ed i cavi conduttori - non ricompresi nel possesso dell'utente, bensì rientranti nella esclusiva disponibilità dell'ente somministrante.
Osserva il Collegio che l'impugnata sentenza di è espressamente riferita ad un risalente indirizzo di questa S.C., secondo il quale sono configurabili la detenzione o il possesso dell'energia elettrica e la loro tutelabilità con l'azione di spoglio da parte dell'utente con inizio della consegna, che avviene con l'immissione dell'energia in quella parte della rete sulla quale l'utente esercita, nel proprio interesse, un potere di fatto, mentre, prima di tale fatto, l'energia deve considerarsi come flusso in itinere che soggiace al potere dell'impresa fornitrice, la quale, come può evitare l'ingresso nell'intera rete, o in un segmento di essa, così può, agendo positivamente sulla rete di allacciamento nella parte non detenuta dall'utente, impedire l'immissione in quest'ultima. Un attentato al possesso è, pertanto, ipotizzabile soltanto quando l'atto, che interrompe l'erogazione dell'energia elettrica, avviene nella parte dell'impianto che, a prescindere dall'ubicazione del contatore, si trova nel luogo o nella cosa posseduti dall'utente o comunque nell'orbita del suo potere dispositivo. Se l'intervento positivo del fornitore dell'energia elettrica non abbia inciso in questa sfera, all'utente compete unicamente l'azione contrattuale, in dipendenza degli obblighi che il fornitore ha assunto nella convenzione di fornitura (sent. n. 2084-68; sent. n. 205-64; sent. n. 4222-57; sent. n. 164-1957; sent. n. 1334-52).
L'esattezza dei presupposti del menzionato indirizzo viene contestata in radice dal ricorrente, sul rilievo che non è configurabile una situazione di autonomo possesso dell'utente sull'energia elettrica ad esso fornita in base a contratto di somministrazione.
Siffatta radicale contestazione impone un riesame critico dell'indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato.
Le decisioni nelle quali esso si esprime, dopo aver riconosciuto che l'energia elettrica può costituire oggetto di possesso, in quanto l'art. 814 c.c., qualificando le energie come beni mobili, le rende oggetto di diritti reali e quindi anche di tutela possessoria (sent. n. 1334-52), identificano, nell'ambito del rapporto di somministrazione dell'energia intercorrente tra fornitore ed utente, l'instaurazione del possesso autonomo dell'energia in capo all'utente con la consegna del fluido, concretizzata dall'immissione del fluido nell'impianto privato dell'utente.
Avvenuta, in tal modo, la consegna, si ritiene infatti che vi sia possesso autonomo del fluido che occupa quella parte della rete di distribuzione sulla quale l'utente esercita nel proprio interesse un potere di fatto, in quanto il godimento di tale fluido dipende soltanto dalla volontà dell'utente, laddove, prima dell'immissione nella detta parte di rete, il fluido è in itinere e sempre nel potere del fornitore, rispetto al quale l'utente può vantare solo un diritto di credito.
Ne consegue che, alla stregua dell'orientamento in esame, è ravvisabile spoglio solo nel caso di intervento diretto sulla parte di impianto, anche se precedente al contatore, che si trova nel luogo o nella cosa posseduti dall'utente, mentre un intervento esterno concretizza soltanto violazione degli obblighi contrattuali (o extracontrattuali se ad agire è un terzo).
Il criterio spaziale che, alla stregua dell'indirizzo in esame, costituisce il discrimine della concessione, o no, della tutela possessoria dell'utente di energia elettrica la cui somministrazione sia interrotta, agendo sui fili conduttori, dall'ente fornitore, non appare persuasivo sotto il profilo teorico, e si rivela di assai scarsa utilità, sotto il profilo pratico, ai fini di una effettiva tutela dell'utente (mentre è proprio nell'esigenza di una tutela forte, perché sollecita ed incisiva, che va individuato il motivo ispiratore dell'indirizzo giurisprudenziale favorevole all'esperibilità dell'azione di spoglio ex art. 1168 c.c.).
Se oggetto del possesso è, come affermato in premessa, l'energia elettrica, non è dato comprendere perché fatti identici (distacco dei condotti) e produttivi del medesimo effetto pregiudizievole (interruzione dell'erogazione dell'energia) siano, o no, lesivi di tale possesso, a seconda della loro localizzazione, e cioè a seconda della loro incidenza su parte della rete di distribuzione ricompresa nella sfera del possesso dell'utente, o su parte esterna a tale sfera. Siffatta differenziazione si giustifica soltanto istituendo una stretta correlazione tra possesso dell'energia e possesso dell'impianto (nella parte ricompresa nella sfera di possesso dell'utente), ed elevando, in definitiva, quest'ultimo ad oggetto del possesso.
Ma l'invocata tutela possessoria non mira a conseguire il ripristino dell'integrità materiale dell'impianto privato - ripristino che sarebbe inutile, se non accompagnato dalla erogazione dell'energia -, bensì a far riprendere la fornitura interrotta.
Palese è poi la scarsa efficacia pratica, per l'utente, di una tutela concessa o negata a seconda dell'ubicazione dell'atto interruttivo all'interno o all'esterno della sfera del suo potere dispositivo, ove si consideri che il fornitore sarà quasi sempre in grado di operare senza invadere la suddetta sfera, e senza esporsi, quindi, a richieste di reintegrazione ex art. 1168 c.c.
Va quindi respinto il criterio spaziale, e la questione va affrontata ponendosi il fondamentale quesito della configurabilità di un possesso tutelabile dell'energia elettrica erogata in forza di contratto di somministrazione.
Le energie, ai sensi dell'art. 814 c.c., sono "considerate" beni mobili, sicché è da ritenere che l'estensione ad esse della tutela predisposta per i beni mobili - ivi compresa quella possessoria ex art. 1168 c.c. - possa avvenire compatibilmente con le peculiarità che le energie presentano. Peculiarità che, quanto all'energia elettrica, si manifestano principalmente sotto il profilo delle modalità di trasmissione e di utilizzazione.
Ora, posto che il possesso postula una relazione concreta del possessore con la cosa, nel senso che egli deve essere in grado di esercitare il proprio potere su di essa, in modo da soddisfare, direttamente ed immediatamente, senza intermediazioni, il proprio interesse, occorre accertare se siffatta autonoma disponibilità del bene energia elettrica abbia, nell'ambito del rapporto di somministrazione, l'utente.
Al riguardo, occorre considerare che la disponibilità dell'energia elettrica da parte del somministrato presuppone la continua cooperazione dell'ente somministrante, consistente nell'erogazione ininterrotta dell'energia, sicché la posizione dell'utente appare riconducibile non già alla titolarità di una situazione possessoria caratterizzata dalla autonoma disponibilità del ben-energia, bensì alla titolarità del diritto a
conseguire, con continuità, l'adempimento dell'obbligazione avente ad oggetto la somministrazione del bene-energia.
Una situazione assimilabile la possesso è ravvisabile soltanto nel momento in cui l'energia somministrata (in adempimento dell'obbligazione del fornitore), diviene oggetto di effettiva, materiale apprensione da parte dell'utente. Si tratta, tuttavia, di una situazione del tutto peculiare, poiché l'atto di apprensione dell'energia, in ragione della natura di questa, ne comporta il contestuale consumo (salva l'ipotesi dell'apprensione a fini di accumulo, in apparecchiatura apposita).
Individuato nell'atto di apprensione - in quanto solo atto idoneo a costituire una situazione di relazione immediata ed autonoma con la cosa-energia il momento di instaurazione del possesso dell'energia elettrica, ne consegue che l'interruzione dell'erogazione effettuata dal fornitore è suscettiva soltanto di impedire il sorgere del possesso sull'energia non erogata, e non anche di integrare spoglio dell'energia già erogata, in quanto consumata (mentre, con tutta evidenza, nessuna incidenza potrà esercitare l'interruzione sul possesso, già acquisito dall'utente, con carattere di piena autonomia, sull'energia accumulata in apparecchi appositi).
Ne consegue che pur potendosi riconoscere la sussistenza del possesso dell'energia elettrica, deve concludersi che esso si presenta con connotati peculiari, tali da renderlo non suscettivo di tutela ex art. 1168 c.c.
Non vale, per superare le osservazioni svolte, individuare, come proposto in dottrina, quale oggetto del possesso la situazione prolungata di somministrazione avente ad oggetto il flusso di energia, poiché siffatta situazione non appare qualificabile come possesso di un bene concreto (il flusso di energia costituisce invero un'astrazione, una formula verbale nella quale si vorrebbero far rientrare, accanto alla quantita di energia che in atto si eroga - e che può essere posseduta mediante l'apprensione -, anche le quantità di energia ancora non prodotte nè erogate, come tali insuscettive di possesso), bensì come pretesa a conseguire le (future) prestazioni dovute dal somministrante, non tutelabile ex art. 1168 c.c., in
quanto nel vigente ordinamento non è concessa tutela possessoria ai diritti di credito (non privi, peraltro, di efficaci forme di tutela in via d'urgenza, qual'è quella assicurata, nel concorso dei relativi presupposti, e segnatamente nel caso di irreparabilità del pregiudizio che minaccia il diritto, dall'art. 700 c.p.c.).
Nè è sostenibile - come invece viene sostenuto nell'indirizzo giurisprudenziale che qui si critica - che oggetto del possesso sia la limitata quantità di energia consegnata all'utente, da individuare nel fluido che occupa l'impianto privato del predetto.
L'assunto muove da una indebita commistione tra rapporto obbligatorio di somministrazione e possesso. La consegna - concretizzata dall'immissione nel tratto di rete che si trova nella sfera di possesso dell'utente - attiene invero all'adempimento dell'obbligazione del somministrante, ma non è di per sè suscettiva di determinare l'insorgere di una situazione di possesso dell'energia. L'instaurazione del possesso di quest'ultima implica, come già rilevato, l'apprensione, e, con essa, il consumo dell'energia (azionando gli interruttori delle fonti di illuminazione o gli apparecchi ad alimentazione elettrica), o il suo accumulo, sicché l'interruzione dell'erogazione non può determinare spoglio neppure di quel quid che viene identificato nella quantità di energia presente nel circuito privato dell'utente.
Qualora, infatti, l'interruzione avvenga mentre è in corso prelievo di energia (con fonti di illuminazione attive ed apparecchiature elettriche o di accumulo funzionanti), non può aversi spoglio dell'energia utilizzata, perché già consumata o accumulata, nè di quella eroganda, perché non ancora oggetto di possesso attuale. Nell'ipotesi, poi, in cui non vi sia attualità di prelievo e di apprensione, la configurabilità dello spoglio è esclusa dal rilievo che prima dell'apprensione non vi è autonomo possesso, ma soltanto potenziale disponibilità, realizzabile peraltro, mediante la concreta utilizzazione, solo con la persistente cooperazione dell'ente fornitore.
E, del resto, non è certo nella disponibilità dell'ipotizzato quantitativo di fluido (immagine suggestiva, ma tecnicamente impropria) presente nell'impianto privato al momento dell'interruzione dell'erogazione
che l'istante mira ad essere reintegrato: con l'invocata tutela possessoria si tende infatti a conseguire la ripresa delle somministrazioni interrotte e la conseguente somministrazione di nuova energia, e cioè, in definitiva, l'adempimento dell'obbligazione del somministrante. È quindi sul piano contrattuale che deve essere richiesta tutela (eventualmente in via di urgenza, ex art. 700 c.p.c., apparendo ben sostenibile l'incombenza di un pregiudizio irreparabile per effetto della privazione di un bene essenziale per le fondamentali esigenze della vita e del lavoro, e sostanzialmente infungibile, qual'è l'energia elettrica), nel caso di indebita interruzione della somministrazione.
Non merita quindi conferma l'indirizzo che riconosce all'utente di energia elettrica che abbia subito l'interruzione dell'erogazione, mediante distacco dei fili conduttori (o altra operazione materiale), ad opera dell'ente somministrante, la tutela possessoria e deve invece affermarsi che nella considerata ipotesi è inammissibile il ricorso alla tutela ex art. 1168 c.c., apparendo non concretamente configurabile uno spoglio.
In conclusione, il ricorso va accolto e l'impugnata sentenza va cassata con rinvio ad altro giudice, che, nel pronunciare sul merito, si atterrà al suenunciato principio di diritto.
Il giudice di rinvio, che si designa nel Tribunale di Catanzaro, provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M
La Corte accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Reggio Calabria.
Roma 23 aprile 1993
Depositata in Cancelleria addì 03 settembre 1993
3. Individuazione dei soggetti fornitori di energia elettrica
Il secondo problema che i legali dei danneggiati hanno dovuto affrontare ha riguardato l’individuazione dei soggetti fornitori di energia elettrica.
Le sentenze di merito attualmente disponibili sono state pronunciate in luoghi nei quali soltanto Enel Distribuzione S.p.A. svolge attività erogativa di energia elettrica.
Pacifica è apparsa la questione della legittimazione passiva di Enel Distribuzione S.p.A. Enel Distribuzione S.p.A. ha infatti stipulato i contratti di somministrazione con gli utenti.
Al pari di Enel Distribuzione S.p.A., comunque, sarebbero stati pacificamente evocabili in giudizio altri enti erogatori.
Disputata è stata invece – pur soltanto innanzi al Giudice di Pace del Mandamento di Salerno – la questione della legittimazione passiva di Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (G. R. T. N.) S.p.A., che fornisce l’energia a tutti gli enti erogatori.
Il Giudice di Pace del Mandamento di Salerno ha declarato la carenza di legittimazione passiva di Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (G. R. T. N.) S.p.A.
Limitatamente a questo aspetto, tuttavia, chi scrive è sostanzialmente dissenziente rispetto all’orientamento espresso.
Infatti – come affermato dal Giudice di Pace del Mandamento di Casoria – a seguito dell’emanazione del Decreto del Ministro dell’Industria (ora Attività Produttive), Enel S.p.A. ha assunto la titolarità e le funzioni di Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (G. R. T. N.) S.p.A.
Ma Enel S.p.A. altro non è se non la società che – per effetto del Decreto Legislativo numero 79 del 1999 – ha costituito singole società operanti al fine dello svolgimento delle attività di produzione, distribuzione e vendita ai clienti (nel cui novero rientra appunto Enel Distribuzione S.p.A.).
Peraltro, la Corte di Giustizia delle Comunità Europee – con sentenza C107/98 del 18 novembre 1999 – ha affermato che anche nell’ambito dei servizi pubblici la costituzione di soggetti con autonoma personalità giuridica non è di per se sufficiente ad escludere l’appartenenza di quei soggetti all’apparato che li controlla.
Sicché una responsabilità di Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (G. R. T. N.) S.p.A. sarebbe pure astrattamente configurabile.
4. Individuazione della tipologia di danni ristorandi
Il terzo ed ultimo problema che i legali dei danneggiati hanno dovuto affrontare ha riguardato l’individuazione della tipologia di danni ristorandi.
Ci si è chiesti, in particolare, se oltre al danno contrattuale patrimoniale si potesse configurare un danno extracontrattuale non patrimoniale.
Tutte le Autorità Giudiziarie che si sono pronunciate hanno ritenuto sussistente tanto la responsabilità contrattuale da inadempimento quanto quella extra-contrattuale derivante dalla violazione del diritto fondamentale allo svolgimento di tutte le attività realizzatrici della personalità umana.
Correttamente, il Giudice di Pace del Mandamento di Casoria ha richiamato la sentenza numero 4515 pronunciata dalla seconda sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sede di Milano, in data 20 novembre 2002 con cui è stato statuito che le prescrizioni attinenti alla produzione, alla regolazione, all’erogazione ed ai livelli di qualità, dettate dall’Autorità per l’Energia Elettrica, e il Gas, ai sensi dell’art. 2 comma 12 lettera h, L. 14 novembre 1995 n° 481, sono suscettibili di tradursi, se guardate sotto il profilo dell’adempimento delle prestazioni di un rapporto obbligatorio, in comportamenti attuativi del contratto individuale di utenza, comportamenti doverosi, quindi, nell’ottica dell’esatto adempimento delle reciproche obbligazioni scaturenti dal contratto. Sentenza che ben si innesta sulla delibera numero 112/03 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e per il Gas, a cui mente sussiste la necessita della operatività di un sistema di difesa contro le perturbazioni del sistema elettrico in grado di riconoscere preventivamente eventuali criticità, pure richiamata dallo stesso magistrato.
Allegato giurisprudenziale n. 3
Giudice di Pace del Mandamento di Marcianise, 29 settembre 2004 Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DEL MANDAMENTO DI MARCIANISE
Il Giudice di Pace di Marcianise, avv. Xxxxxxx Xxxxxxxxx, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n° 1565/C/2004 del ruolo generale affari contenziosi, assegnata in decisione il 23/09/2004, avente ad oggetto il risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale da Black out, e vertente
tra
M. M., rappresentato e difeso, per procura a margine dell’atto di citazione, dall’avv. Xxxxx Xxxxx e con questi elettivamente domiciliato in Capodrise;
attore
e
E.N.E.L. Distribuzione s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa, anche disgiuntamente, per procura a margine dell’atto di citazione, dagli avv.ti Xxxxx Xxxxxxxx e Xxxxx X’Xxxxxx e con questi elettivamente domiciliata in Marcianise;
convenuta
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Come da verbale di causa e comparse conclusionali depositate.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, l’attore esponeva di aver stipulato contratto di somministrazione di energia elettrica con l’E.N.E.L. Distribuzione s.p.a., numero cliente 837544874; che alle ore 03:25 della notte tra sabato 27 e domenica 28 settembre 2003 su tutto il territorio nazionale, ed in particolare in Campania, l’interruzione della somministrazione di energia elettrica è durata circa 15
- 18 ore; che le procure di Torino e di Roma hanno avviato le indagini per accertare se il black out sia stato determinato da carenze tecniche e procedurali, ma anche da possibili errori umani, e verificare, così, se sia configurabile l’ipotesi di reato per disastro colposo; che il perdurare del black - out ha cagionato danni all’istante, patrimoniali e non; che il contratto tra il consumatore e l’E.N.E.L. rientra nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, precisamente di somministrazione di cui all’art. 1559 c.c., ed è, infatti, un vero e proprio contratto di somministrazione destinato a soddisfare bisogni periodici o continuativi attraverso un rapporto durevole, sulla base di un impegno di potenza, cioè con
l’obbligo del somministrante di tenere a disposizione dell’utente una determinata quota di energia; che l’obbligazione di mantenere a disposizione del somministrato il c.d. "impegno di potenza", configura una obbligazione ontologicamente distinta rispetto a quella di erogazione dell’energia, ma accessoria ad essa, che, di volta in volta, si aggiunge al "prezzo" dell’energia, al momento del pagamento del consumo, sicchè il convenuto è inadempiente per l’obbligazione principale - fornitura di energia elettrica - ed anche per quella strumentale ed accessoria - mantenimento della quota costante di energia contrattata; che gli artt. 1453 e 1460 c.c. facultano l’utente di un contratto a prestazione corrispettive ad interrompere la prestazione di pagamento nella misura dell’interruzione della prestazione del somministrante, e quindi a non corrispondere il canone per l’intero nemmeno per quota fissa e quindi ad agire per riduzione che in ogni caso spetta per inadempimento al mantenimento della quota costante di energia; che l’istante ha diritto al rimborso forfettario nella misura di euro 25,82 come stabilito al punto 3.4.3. della Carta dei Servizi ENEL; che è dovuto in ogni caso, il risarcimento del danno da liquidarsi in via equitativa ricorrendo alle nozioni di comune esperienza in quanto è fatto notorio che determinate categorie di prodotti quotidiani, (es. latte, yogurt, carni congelate etc..) non sono conservabili, in frigoriferi e congelatori domestici, per oltre sei ore in mancanza di energia elettrica; che vano è stato ogni tentativo di bonario componimento.
Tanto premesso citava innanzi a questo giudice l’E.N.E.L. Distribuzione s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., onde accertare l’inadempimento dello stesso e condannarlo, a titolo indennitario o risarcitorio, contrattuale o extracontrattuale, al pagamento dei danni come sopra richiesti, stimati in quella somma ritenuta di giustizia entro euro 1.032,00 con vittoria di spese diritti ed onorario di causa.
Con comparsa di costituzione e risposta, si costituiva l’E.N.E.L. Distribuzione s.p.a. il quale sosteneva, in sintesi, che l’interruzione energetica era dovuta a causa non imputabile allo stesso, ai sensi dell’art. 1218 c.c. in quanto l’energia elettrica non gli era stata fornita, come per legge, dal Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (G.R.T.N.), e tale circostanza era da considerarsi causa di forza maggiore, nè l’E.N.E.L. poteva premunirsi rispetto a tale evento, mediante approntamento di centrali di produzione
di riserva e relative reti di trasmissioni giacchè le è vietato per legge; che la Carta dei servizi ENEL, in caso di inadempimento, non prevede alcun indennizzo forfettario, chiedeva pertanto il rigetto della domanda con vittoria di spese. Essendo la causa fondata su fatti notori, sulle conclusioni di cui all’epigrafe e previa discussione, la causa è stata assegnata a sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Xxxxx premettere che nella fattispecie la decisione sarà emessa secondo diritto ai sensi dell’art. art. 113 II° Co. c.p.c., cosi’ come modificato dalla legge 7/4/2003 n° 63. L’attore ha inoltre correttamente incardinato la controversia innanzi al giudice territorialmente competente, nella fattispecie luogo di residenza - o domicilio elettivo - del consumatore ai sensi dell’art. 1469 bis comma 3 n° 19, c.c.. che ha in sostanza introdotto, per le controversie relative ai contratti stipulati da consumatori con professionisti, un foro speciale rispetto a quelli previsti dagli art. 18 e 20 c.p.c., che esclude ogni altro foro previsto dalla legge. Cassazione civile, sez. I, 28.08 2001, n. 11282; Tribunale Roma, 19 luglio 2002; Tribunale Reggio Xxxxxx, 12 luglio 2002.
Nel merito, la domanda attorea risulta fondata nei suoi assunti presupposti giuridici e di fatto e va pertanto accolta. Esaminati gli atti e gli scritti difensivi, emerge un dato riferito dall’attore e dal convenuto, cioè la notoria interruzione della somministrazione di energia elettrica avvenuta alle ore 03:25 della notte tra sabato 27 e domenica 28 settembre 2003 su tutto il territorio nazionale, che in Campania è durata circa 15 - 18 ore. E’preliminare per la risoluzione della fattispecie, la disamina della natura giuridica del contratto di somministrazione prevista dall’art. 1559 c.c.. Orbene, la somministrazione, detta anche fornitura, è il contratto con il quale una parte (somministrante) si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, ad eseguire, a favore dell’altre parte, (somministrato) prestazioni periodiche o continuative di cose. Il contratto di somministrazione è, quindi, destinato a soddisfare ad intervallo di tempo costante bisogni periodici e continuativi dell’utenza attraverso la
costituzione di un rapporto durevole. Secondo l’insegnamento autorevole e consolidato della Corte di Cassazione (sentenza n° 2359/1968) il somministrante assume su di se l’obbligo di apprestare i mezzi necessari per adempiere la propria obbligazione contrattuale e, ovviamente il rischio (l’alea) connesso alla mancata fornitura. Correttamente l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, con delibera 112/03 ha ritenuto che avrebbe dovuto essere operativo un sistema di difesa contro le perturbazioni del sistema elettrico in grado di riconoscere preventivamente eventuali criticità. Al riguardo autorevole magistratura amministrativa (TAR Lombardia Milano, sez. II° 20/11/2002 n° 4515,) ha considerato che “ le prescrizioni attinenti alla produzione, alla regolazione, all’erogazione ed ai livelli di qualità, dettate dall’Autorità per l’energia elettrica, e il gas, ai sensi dell’art. 2 comma 12 lettera h, l. 14 novembre 1995 n° 481, sono suscettibili di tradursi se guardate sotto il profilo dell’adempimento delle prestazioni di un rapporto obbligatorio, in comportamenti attuativi del contratto individuale di utenza, comportamenti doverosi, quindi, nell’ottica dell’esatto adempimento delle reciproche obbligazioni scaturenti dal contratto”. Orbene è evidente l’inadempimento in quanto nel periodo considerato l’utente non ha affatto goduto della somministrazione dell’energia elettrica.
Occorre, quindi, accertare se tale inadempimento sia imputabile o meno alla società convenuta. Al riguardo la difesa dell’E.N.E.L. Distribuzione s.p.a. sostiene che con l’avvento del D. L.vo 16/03/1999 n° 79, è stato soppresso il Monopolio delle attività del settore elettrico a suo tempo attribuito all’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica, poi divenuta E.N.E.L. s.p.a., dalla legge 1643/62. Dall’entrata in vigore del suddetto decreto, l’E.N.E.L. s.p.a. ha costituito, per legge, società separate per lo svolgimento di attività connesse all’utilizzo di energia, ed opera solo nel campo della distribuzione di energia elettrica e di vendita ai clienti, mentre le attività di trasmissione e dispacciamento sono riservate allo Stato ed attribuite in concessione al Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (G.R.T.N.). Giova all’uopo premettere che con legge 6 dicembre 1962 n. 1643 sulla nazionalizzazione dell’energia elettrica fu istituito l’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica (ENEL), cui fu riservato il compito di esercitare nel territorio nazionale le attività di produzione, importazione ed esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione e vendita dell’energia elettrica da qualsiasi fonte prodotta (art. 1, primo
comma). Con la medesima legge fu disposto il trasferimento in proprietà dell’E.N.E.L. delle imprese esercenti le attività summenzionate (art. 1, quarto comma). L’art. 4 n° 6 della citata legge n. 1643/1962 escluse, però, dal trasferimento le imprese autoproduttrici di energia elettrica, che si trovavano in determinate condizioni. Con Decreto legge 11/07/1992 n° 333 l’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica veniva trasformato in s.p.a.. Con l’avvento del D. L.vo 16/03/1999 n° 79, veniva soppresso il Monopolio delle attività del settore elettrico a suo tempo attribuito all’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica. L’ENEL s.p.a. quindi, pur mantenendo la proprietà delle reti, ha istituito si sensi dell’art. 3, punto 4, e dall’art. 13 del D. Lvo. 16/03/1999 n° 79, separate società per azioni, per lo svolgimento delle attività di produzione, di distribuzione, e di vendita ai clienti a cui ha conferito tutti i beni. Dal 01/04/2000 per effetto del D. M. 21/01/2000, l’ ENEL s.p.a. ha assunto la titolarità e le funzioni di Gestore della rete di trasmissione nazionale, istituendo l’ ENEL Distribuzione s.p.a. incaricata di stipulare contratti con i clienti finali ai quali distribuisce energia, l’ ENEL Produzione s.p.a., ed altre società per azioni, tutte controllate dall’ ENEL s.p.a.. Da tale data le azioni della società Gestore della rete di trasmissione nazionale s.p.a. sono state assegnate a titolo gratuito al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. A decorrere dal 01/01/2004, l’ ENEL s.p.a. ha cessato di espletare le funzioni di garante della fornitura di energia elettrica destinata a clienti del mercato vincolato, le cui funzioni sono state assunte dalla società “Acquirente unico s.p.a.”, Cfr. art. 1 del Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 19/12/2003 (in Gazz. Uff. 30/12 n° 301). Xxxxxx ritiene questo giudice che ciò non basta, tuttavia ad affermare che l’attività di autoproduzione dell’energia elettrica si sia svincolata totalmente dalle funzioni riservate all’E.N.E.L. s.p.a., la quale mantiene, invece, un preciso interesse al corretto esercizio di tale attività ai sensi dell’art 13 del D. L.vo del 16/03/1999 n° 79, parte prima, poichè assume le funzioni di indirizzo strategico e di coordinamento dell’assetto industriale e delle attività esercitate dalle società da esse controllate, ivi incluse le attività gestite da ENEL Distribuzione s.p.a.. Pertanto la trasformazione dell’ ENEL in s.p.a., anche se sottoposta ad influenza pubblica, non influisce sulla qualità dell’ente medesimo di concessionario perpetuo della generazione poiché trattasi di società costituita per il principale fine di gestire, ai sensi degli artt. 1 e 3 punto 4, del D. Lvo 1999 n° 79, anche attraverso le società controllate le
attività di produzione e di distribuzione di energia Cfr. Consiglio Stato sez. IV, 17/09/2002 n° 4711. Né a conclusioni diverse può portare il recente d. lgs. 16 marzo 1999, n. 79, invocato dalla difesa della convenuta a conferma della propria linea interpretativa. Al riguardo la magistratura amministrativa ritiene che anche successivamente all’entrata in vigore del d.lg. 16 marzo 1999 n. 79, l’ente nazionale energia elettrica ai sensi dell’art. 4 n. 6, l. 6 dicembre 1962 n. 1643, mantiene una posizione centrale in materia di circolazione di energia elettrica, pur dopo la sua trasformazione in s.p.a., e quindi ha un preciso interesse al corretto esercizio di tale attività. T.A.R. Valle d’Aosta, 16 settembre 1999, n. 126. Dopo un iniziale contrasto trai fautori della tesi privatistica delle società per azioni a partecipazione pubblica (Cfr Xxxx. Civ. Sez. Unite n° 4989/95 e quelli della tesi pubblicistica (Cfr, Cons. Stato sez. VI 498/95), dottrina e giurisprudenza (Cfr Consiglio Stato 18/09/2002 n° 4711 (vedasi motivazione); 02/03/2001 n° 1206 (vedasi motivazione); 28/10/1998 n° 1478; T.A.R. Lazio n° 917 del 2002; T.A.R. Toscana n° 24 del 2001) si sono orientati nel senso di escludere che la semplice veste formale di s.p.a. sia idonea a trasformare la natura pubblicistica di soggetti che, in mano al controllo maggioritario dell’azionista pubblico, continuano ad essere affidatari di rilevanti interessi pubblici. E’ stato poi sottolineato che le società derivate dalla trasformazione degli Enti pubblici conservano connotazioni proprie della loro originaria natura pubblicistica e continuano ad essere affidatarie della cura di rilevanti interessi pubblici la cui tutela non può risultare soppressa solo in conseguenza del mutamento della veste formale del soggetto giuridico che per il resto mantiene inalterate le proprie funzioni e quindi la propria connotazione pubblicistica.
Seppur al diverso fine di giustificare la permanenza del controllo della Corte dei Conti sulle società per azioni, soggette a privatizzazione solo formale ed al controllo maggioritario da parte dello Stato, anche la Corte Costituzionale (sentenza n° 466/93) ha sottolineato la neutralizzazione della veste societaria rispetto alla natura sostanzialmente pubblicistica dei soggetti in questione. Affermata la neutralità della veste formale di s.p.a., appare evidente che la gestione del servizio di produzione e distribuzione di energia, tramite le società controllate, costituisce un servizio pubblico inteso al soddisfacimento dei bisogni generali della collettività, trattasi quindi di società costituita per il principale fine di gestire
(anche attraverso le controllate) le attività di produzione e di distribuzione dell’energia elettrica. Le società controllate quindi svolgono attività prevalentemente in favore della controllante ENEL s.p.a.
Fino a quando l’ENEL Produzione e l’ ENEL Distribuzione s.p.a., società controllate, rimarranno principalmente orientate nel fornire beni e servizi alla controllante ENEL s.p.a., si tratterà nella sostanza del mero scorporo della produzione e distribuzione di ENEL s.p.a. attraverso la costituzione di soggetti, formalmente distinti, ma che sono guidati chiaramente dagli stessi criteri, che guidano il soggetto controllante e che, nel caso di specie, come già visto, sono influenzati dal legame con il potere e le finalità pubbliche. Nella fattispecie, l’ ENEL Distribuzione è stata costituita dall’ ENEL s.p.a. allo specifico scopo di distribuire l’energia elettrica ed opera principalmente a favore di XXXX s.p.a. di cui nella sostanza costituisce lo scorporo della distribuzione energetica. L’affermazione di tale principio dimostra che la costituzione di soggetti con autonoma personalità giuridica non è di per se sufficiente ad escludere l’appartenenza di quei soggetti all’apparato che li controlla. Del resto, la stessa Corte di Giustizia, al diverso fine di verificare l’applicabilità della direttiva sugli appalti pubblici di forniture (Dir. Consiglio 14-6-93, 93/36/CEE), ha affermato tale principio (Xxxxx Xxxxx. CE, 18-11-99, C - 107/98, Teckal, punti 50 e 51). Dunque, anche alla luce della giurisprudenza comunitaria, le società controllate devono essere considerate un organismo di diritto pubblico, svolgente attività strettamente funzionalizzata ai bisogni della società controllante, di cui nella sostanza costituiscono una divisione, solo formalmente costituita in soggetti distinti con la conseguenza che si tratta di soggetti che "partecipano" alle stesse finalità della controllante anche sotto il profilo dello scopo del soddisfacimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale.
La identità fra società trasformata e società risultante dalla trasformazione, infine, comporta che il soggetto passivo è sempre lo stesso, ancorché sia mutato il tipo di società o la denominazione, e non si è in presenza di due diversi soggetti. Dunque, non è possibile sostenere che la società, pur rimanendo identica dopo la trasformazione, sia obbligata con la vecchia denominazione e non con la nuova. L’ente trasformato, ancorché consegua la personalità giuridica di cui per l’innanzi difettava (e, v’è da
aggiungere, ancorché perda quella di cui era precedentemente fornita), a norma dell’art. 2498 c.c. conserva i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione. La Suprema Corte è ferma nel ritenere che “La trasformazione della società, comporta soltanto il mutamento formale di un’organizzazione societaria già esistente, ma non la creazione di un nuovo ente che si distingua dal vecchio, sicché l’ente trasformato, quand’anche consegua la personalità giuridica di cui prima era sprovvisto, non si estingue per rinascere sotto altra forma, nè dà luogo a un nuovo centro di imputazione di rapporti giuridici, ma sopravvive alla vicenda modificativa senza soluzione di continuità e senza perdere la identità soggettiva. Cassazione civile, 12/11/2003, n. 17066; 01/09/2003 n° 12752; 13/09/2002 n° 13434; 03/01/2002 n° 26; 23/04/2001 n° 5963; 29/05/2001 n° 7285; 19/03/2001 n° 3923; 04/08/2000, n. 10254”
04/11/1998 n° 11077;13/07/1990 n° 7258; 16/04/1986 n° 2697; 03/08/1988 n° 4815.
L’ENEL Distribuzione s.p.a., non ha inoltre provato, che l’utente riceveva energia, generata solo ed esclusivamente dal G.R.T.N., e non anche da altre imprese autoproduttrici periferiche e non, - ad esempio le centrali idroelettriche locali - non trasferite all’ ENELs.p.a. ai sensi del combinato disposto degli artt. 1 IV Co., e 4 n° 6 della legge del 06/12/1962 n° 1643, dalle quali comunque acquista e distribuisce energia. Risulta, quindi, evidente l’inadempimento, poiché l’ ENEL Distribuzione s.p.a. non ha fornito al fine di vincere la presunzione di colpa, gli elementi di prova e di giudizio idonei a dimostrare, oltre che il dato obiettivo della sopravvenuta impossibilità della prestazione, l’assenza di colpa, ossia di avere fatto tutto il possibile per adempiere l’obbligazione. Non risultano provate in questo giudizio le circostanze di esclusione della responsabilità invocate da controparte quale condizione di esonero dalla responsabilità, né risulta provato che per eventi come quello che ha provocato l’interruzione della erogazione di energia elettrica, la responsabilità dell’ ENEL sia stata convenzionalmente esclusa, ne risulta, infine, provato il caso fortuito o la forza maggiore. La Cassazione definisce il caso fortuito come “elemento imprevisto ed imprevedibile che, inserendosi nel processo causale al di fuori di ogni possibile controllo umano, rende inevitabile il verificarsi dell’evento, ponendosi come l’unica causa efficiente di esso” Xxxx. Civ. 13/04/1989 n° 1774. Ebbene, l’interruzione energetica, “black out” in quanto prevedibile, non può rientrare nemmeno nel caso fortuito.
Nel caso de quo vertitur, ovvero, di inadempimento di contratti a prestazioni corrispettive, si verifica un inversione dell’onere della prova che di solito grava sull’attore ex art. 2697 I° Co. c.c., il quale avendo continuato e/o stipulato regolare contratto di somministrazione con l’ENEL Distribuzione s.p.a., come da documentazione in atti, e fornito la prova del proprio esatto adempimento - peraltro non contestato - è legittimato a pretendere l’altrui adempimento ed in caso di inadempienza, il risarcimento dei danni. E’ consolidato orientamento giurisprudenziale che, “nell’ambito di un rapporto contrattuale scaturente da un negozio di somministrazione continuata di energia elettrica, incombe sull’ente erogatore, convenuto per il risarcimento del danno, l’onere di provare che l’interruzione della erogazione energetica lamentata dal somministrato sia dipesa da una delle cause di giustificazione previste nella specifica clausola contrattuale di esonero (forza maggiore, lavori di manutenzione, esigenze di servizio, cause accidentali, scioperi) espressamente sottoscritta dall’utente all’atto della stipula del negozio.”Cfr Cassazione civile, 09.06.1997, n. 5144; 18.11.1991 n° 12346; 16.02.1994 n° 1500 ed altre. Ancora “Nel caso d’interruzione nell’erogazione dell’energia elettrica l’E.N.E.L. è tenuto a risarcire il danno subito dall’utente, qualora non provi che l’interruzione è stata determinata da causa non imputabile o che per eventi come quello che ha provocato l’interruzione la responsabilità era stata convenzionalmente esclusa.” Tribunale Roma, 20 dicembre 1978.
L’interruzione non giustificata costituisce invero atto di inadempimento da parte dell’ente somministratore, onde l’onere dell’ente di rispondere di tale inadempimento. L’assunto del convenuto pertanto, non influisce sul diritto al risarcimento del danno così come richiesto dell’attore, il quale, ha continuato e/o stipulato il contratto esclusivamente con l’ENEL Distribuzione s.p.a., - che derivato dalla trasformazione dell’ ENEL s.p.a., continua ad essere affidatario della cura di rilevanti interessi pubblici la cui tutela non può risultare soppressa solo in conseguenza del mutamento della veste formale del soggetto giuridico che per il resto mantiene inalterate le proprie funzioni e quindi la propria connotazione pubblicistica, rispondendo come il dante causa (ENEL s.p.a.) - e da questi, correttamente ne pretende l’adempimento. Diritto prescrivibile in cinque anni ai sensi dell’art. 2948 n° 4 c.c. Cfr. Cass. Civ. 21.06.1999 n° 6209; 12.03.1994 n° 7658; 01.08.1990 n° 7658; 18.12.1985 n° 6458; Tribunale
Pescara 05.03.1999; Tribunale xxx.xx acque 23.09.1989 n° 76 ecc.. Correttamente dunque, autorevole magistratura amministrativa, T.A.R. Basilicata 23/05/2002 n° 446, (vedasi motivazione) ha ritenuto che ai sensi dell’art. 3, commi 2 e 4, D. L.vo. 16/03/1999 n° 79, l’ ENEL Distribuzione s.p.a. a partire dal 01/04/2000 deve essere individuato ex D.M. 21/01/2000, come il “gestore” della rete di trasmissione nazionale, avendo assunto le competenze che prima erano dell’ ENEL s.p.a. Premessa questa sommaria ma indispensabile enunciazione dei principi di diritto regolante la materia, ed accertata la responsabilità esclusiva dell’ ENEL Distribuzione s.p.a., il giudice è chiamato, a qualificare e quantificare i tipi di danni sofferti.
Nel contratto di somministrazione di energia elettrica il cosiddetto impegno di potenza, che si sostanzia nell’obbligo del somministrante di predisporre e mantenere l’impianto in guisa di tenere a disposizione dell’utente una determinata quantità di energia, configura, al pari di quello inerente alla somministrazione di energia, prestazione continuata, accessoria e strumentale a quella principale di somministrare l’energia cui corrisponde un corrispettivo fisso da pagarsi periodicamente maturando coevamente al consumo dell’energia. Ebbene, l’attore ha subito non soltanto il danno da mancata fornitura di energia – obbligo principale del somministrante- ma anche il danno da mancata messa a disposizione di una determinata quota di potenza prevista per contratto da intendersi prestazione accessoria a quella principale di fornitura di energia. Cass. Pen. 09/10/1996 n° 10495 e Cass. Civ. 05.02.1988 n° 1259.
Occorre poi, stabilire se all’utente spetta l’indennizzo forfettario previsto dalla Carta del servizio ENEL. La Carta del servizio ENEL, “nei livelli specifici di qualità” fissa, per i clienti finali con fornitura in bassa tensione per usi domestici, un indennizzo forfettario di euro 25,82 solo nell’ipotesi di disservizi o brevi ritardi (superiori ai 90 minuti), da parte dell’ ENEL, nell’esecuzione delle prestazioni di attivazione della fornitura a seguito della domanda, di riattivazione della fornitura in seguito a sospensione per morosità, e di altre prestazioni. Inoltre l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas - deliberazione n° 220/02 (riportata altresì nel prospetto allegato alle fatture ENEL) - riconosce, in caso
di mancato rispetto, per colpa dell’ ENEL, dei suddetti “livelli specifici di qualità” indennizzi automatici (applicabili fino al 30/06/2004) di euro 25,82 per i clienti finali in bassa tensione per usi domestici; di euro 51,65 per i clienti finali con fornitura in bassa tensione per usi non domestici e di euro 103,29 per i clienti finali con forniture in media tensione. Orbene, in condizioni normali di adempimento, (di cui all’art. 1 II° Co. della Carta dei servizi ENEL) - che escludono situazioni straordinarie determinate da eventi naturali eccezionali, eventi causati da terzi, scioperi, o atti dell’Autorità pubblica, - cioè di regolare erogazione di energia elettrica da parte dell’ ENEL, con soli disservizi o ritardi nell’esecuzione delle prestazioni previste dai suddetti livelli specifici di qualità, (es. attivazione o riattivazione della somministrazione di energia al singolo utente – consumatore) si applicano gli indennizzi forfettari previsti dalla suddetta Carta. Nella diversa e più grave ipotesi, di inadempimento e conseguente ritardo, invece, cioè di interruzione della somministrazione di energia elettrica su tutto o su parte del territorio nazionale, per causa imputabile all’ ENEL, con conseguente e notevole ritardo nella riattivazione della somministrazione di energia alla collettività, ipotesi non prevista dalla Delibera e dalla Carta dei servizi ENEL, quest’ultima non può trovare più applicazione, come correttamente affermato dalla difesa dell’ ENEL Distribuzione s.p.a.. All’attore spettano quindi, non solo i danni per l’inadempimento dell’ ENEL Distribuzione s.p.a, ma anche i conseguenti danni per il notevole ritardo nella riattivazione energetica.
Occorre infine considerare il danno inerente gli alimenti. E’ patrimonio dell’uomo medio, non postulando il ricorso a particolari cognizioni tecniche, la conoscenza del fatto che presso ogni casa di un utente E.N.E.L., anche la più disagiata, via siano elettrodomestici basilari quali un frigorifero contenente alimenti freschi e refrigerati, come yogurt, latte, carne, burro ecc., prodotti che, come noto, non possono resistere oltre 6 ore in un frigorifero spento poichè non più conservabili e di sicura ingestione. E’ poi prevedibile, che tali alimenti siano stati almeno in parte consumati. Come da consolidato orientamento giurisprudenziale, “le fonti da cui il giudice può ricavare i precetti sulle modalità di conservazione degli alimenti non vanno necessariamente circoscritte a leggi o a regolamenti o ad atti amministrativi generali, ma possono identificarsi anche nelle regole di comune esperienza
produttiva e commerciale, espressione della cultura tradizionale. Omissis.”Cfr. Cassazione penale, sez. un., 19 dicembre 2001, n. 40. L’utilizzazione del fatto notorio, comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddittorio e dando luogo a prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati nè controllati, va inteso in senso rigoroso, id est come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile. Cass. Civ. 08.08.2002 n° 11946; 25.06. 2002, n. 9263; 07.01.2003 n° 26.
Ciò premesso, si osserva che il danno ritenuto astrattamente configurabile nella fattispecie, per la sua natura del tutto peculiare, costituisce un tipico caso di pregiudizio "... che non può essere provato nel suo preciso ammontare..." ex art 1226 c.c. Una volta assodato ciò e cioè una volta assodata l’impossibilità o l’estrema (ovvero anche rilevante) difficoltà nella specie di fornire questa prova precisa il Giudicante non può, senza violare detta norma, affermare puramente e semplicemente che la domanda non può essere accolta in quanto le prove acquisite non sono sufficientemente precise. Nella fattispecie, quindi, una volta accertata l’applicabilità in astratto della norma predetta, questo giudice non può sostenere l’impossibilità in concreto di procedere a liquidazione ex art. 1226 c.c, senza una coerente motivazione sul punto, essendo i danni generici ma sussistenti, il giudice è tenuto a liquidarli in via equitativa. Nel sistema dell’art. 1226 cod. civ. il ricorso alla valutazione equitativa del danno interviene per sopperire alla difficoltà tecnica di una analitica e precisa individuazione di uno o più fattori del danno stesso, una volta che l’esistenza di questo sia stata già accertata. La valutazione equitativa può intervenire anche quando l’esperimento dei mezzi probatori non ha potuto dimostrare sufficientemente l’ammontare del danno. Questo non significa che ad ogni insufficienza probatoria deve corrispondere una valutazione equitativa, ma vuole dire soltanto che detta liquidazione è legittima quando il giudice sia convinto dell’impossibilità o della estrema difficoltà per il danneggiato di fornire una prova dettagliata ed adeguata del preciso ammontare del danno. Ebbene, considerata l’enorme difficoltà nella quantificazione di tutti i danni, disagi ed altro, lamentati dall’utente, conseguenti all’inadempimento dell’ ENEL Distribuzione s.p.a ed al notevole ritardo nella riattivazione energetica, questo giudice ritiene applicabile i normali canoni di diritto, che impongono per il caso in esame, stante la difficoltà a provare
l’esatto ammontare del quantum, di procedere con il criterio equitativo ex art. 1226 c.c.. Incorre in violazione dell’art. 1226 c.c. ed in vizio logico di motivazione la sentenza che dopo aver accertato, in relazione alle particolarità della fattispecie, l’impossibilità o la rilevante difficoltà di provare il danno nel suo preciso ammontare respinga la domanda sul mero rilievo che le prove fornite non sono sufficientemente precise, anziché procedere alla liquidazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 citato. Cassazione civile, sez. III, 10 marzo 2000, n. 2796. L’esercizio concreto del potere discrezionale del giudice di liquidare il danno in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., nonché l’accertamento del relativo presupposto costituito dall’impossibilità o dalla rilevante difficoltà di provare il danno nel suo preciso ammontare, risolvendosi tale apprezzamento in un giudizio di fatto, non sono suscettibili di sindacato in sede di legittimità, sempre che la relativa decisione sia sorretta da motivazione immune da vizi logici e da errori di diritto. Cassazione civile, sez. III, 21 giugno 1995, n. 7024; 26 giugno 1995, n. 7235; 05 marzo 1990, n. 1724; 9 giugno 1987, n. 5031; 11 febbraio 1987, n. 1489. In tema di liquidazione del quantum il potere del giudice di determinarlo equitativamente sulla base delle prove fornite dalle parti ed acquisite al processo, nonché sulla base della comune esperienza e del notorio, si distingue nettamente dal potere di emettere una decisione secondo equità previsto dall’art. 114 c.p.c., e pertanto non è condizionato alla richiesta delle parti, ma è ricompreso nei poteri generali attribuiti al giudice dall’art. 115 c.p.c.. Cass. Civ. 09.06.1990 n° 5629; 11.08.1997 n° 7459; 04.08.1995 n° 8554;
14.04.1989 n° 1801; 24.02.1986 n° 1120; 18.02.1995 n°1799; 20.06.1983, n. 4235. In tema di
responsabilità contrattuale da inadempimento gli interessi legali decorrono sulla somma liquidata a titolo di risarcimento dei danni dalla data della domanda giudiziale o da altro atto idoneo a costituire in mora il debitore e non dall’evento dannoso. Cfr Cassazione civile, sez. I, 25 settembre 1997, n. 9415. Tutto quanto premesso questo giudice ritiene equo e conforme a giustizia liquidare il danno in complessivi euro 60,00, oltre gli interessi legali dalla domanda al saldo. Tenuto conto dei criteri di cui dall’art. 92 c.p.c. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza atteso l’esito totale della lite, e vengono liquidate come da dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
Il Giudice di Pace di Marcianise, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, condanna l’E.N.E.L. Distribuzione s.p.a. in persona del legale rapp.te p.t., al pagamento in favore dell’attore Xxxxxxx Xxxxx della somma di …(omissis)… con attribuzione al procuratore anticipatario. Si esegua nonostante gravame.
Così deciso in Marcianise (CE) lì 29/09/2004 Il Giudice di Pace (Avv. Xxxxxxx Xxxxxxxxx)
Allegato giurisprudenziale n. 4
Giudice di Pace del Mandamento di Casoria, 12 luglio 2005 Xxxxxxxxx Xxxxxxxx
R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice di Pace del Mandamento di Casoria, dottoressa Xxxxxxx Xxxxxxxx, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 2961 del R.G. dell’anno 2005 tra
M.S., elettivamente domiciliato in Casoria alla xxx Xxxxxxxxx 00, presso lo studio degli avv.ti Xxxxxxx Xxxxx ed Xxxxxxx Xxxxxxx che lo rapp. e dif. giusta procura a margine dell’atto di citazione
Attore
e
E.N.E.L. Distribuzione s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., elettivamente domiciliata in Massalubrense alla via Spina 05 presso lo studio degli avv.ti Xxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxxxx che la rappr. e dif., come da procura a margine dell’atto di citazione;
Convenuta
Oggetto: risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale da Black out
Conclusioni: come da verbali di causa
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, l’attore esponeva:
o di aver stipulato contratto di somministrazione di energia elettrica con l’E.N.E.L. Distribuzione s.p.a., numero cliente 845681902, relativo all’appartamento sito in Casoria al x.xx Piccirillo, civico 37, piano 6°;
o che alle ore 03:25 della domenica del 28 settembre 2003 su tutto il territorio nazionale, ed in particolare in Campania, vi è stata una interruzione della somministrazione di energia elettrica durata circa 15 - 18 ore;
o che tale evento ha determinato uno stravolgimento delle normali attività dell’istante e della sua famiglia, cui il black-out ha impedito di attendere a quelle occupazioni cui era solito dedicarsi nel giorno settimanale festivo;
o che il contratto tra il consumatore e l’E.N.E.L. rientra nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, precisamente di somministrazione di cui all’art. 1559 e ss. c.c.,
o che per effetto della sottoscrizione del contratto l’Enel Distribuzione assume l’obbligo di mantenere a disposizione del somministrato una quota di energia elettrica (c.d. "impegno di potenza"), configura una obbligazione ontologicamente distinta rispetto a quella di erogazione dell’energia, ma accessoria ad essa.
Con il predetto atto, l’istante chiedeva, previa declaratoria di inadempimento, contrattuale o extracontrattuale, della Enel Distribuzione S.p.a. condannare la stessa al pagamento del danno patrimoniale e del danno esistenziale come sopra richiesti, stimati in quella somma ritenuta di giustizia entro € 1.032,00 con vittoria di spese diritti ed onorario di causa.
All’udienza di comparizione si costituiva l’Enel. Distribuzione s.p.a., depositando il proprio fascicolo di parte, impugnando la domanda perché inammissibile, improcedibile, nonché infondata in atto ed in
diritto. Il procuratore della convenuta in particolare eccepiva che l’interruzione energetica era dovuta a causa non imputabile alla stessa, ai sensi dell’art. 1218 c.c. in quanto l’energia elettrica non gli era stata fornita, come per legge, dal Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (G.R.T.N.) per la caduta di un albero in territorio svizzero a causa di un uragano, e tale circostanza era da considerarsi causa di forza maggiore, né l’ Enel Distribuzione s.p.a. poteva premunirsi rispetto a tale evento, mediante approntamento di centrali di produzione di riserva e relative reti di trasmissioni in quanto ciò le è precluso per legge; che la Carta dei Servizi Enel, in caso di inadempimento, non prevede alcun indennizzo forfettario, chiedeva pertanto il rigetto della domanda con vittoria di spese.
Prodotta la documentazione, la causa sulle rassegnate conclusioni veniva riservata a sentenza in data 23- 05-05.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda è fondata e merita, per quanto di ragione, accoglimento.
Dalla esibita documentazione, non disconosciuta dalla convenuta, deve ritenersi la sussistenza della titolarità, sia da lato passivo che attivo, del rapporto giuridico dedotto in giudizio (contratto di somministrazione di energia elettrica).
Va, preliminarmente, chiarito il rapporto che intercorre tra l’ Enel s.p.a. e la convenuta Enel Distribuzione s.p.a..
Al riguardo la convenuta Enel Distribuzione s.p.a. sostiene che con l’entrata in vigore del D. Lgs. 79/99, l’Enel, già costituita in s.p.a. ai sensi del D. Lgs. 333/92, ha costituito, per legge, società separate per lo svolgimento di attività connesse all’utilizzo di energia, ed opera solo nel campo della distribuzione elettrica e di vendita ai clienti, mentre l’attività di trasmissione e di dispacciamento sono state riservate dallo Stato ed attribuite in concessione al Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (G.R.T.N.).
Invero, ai sensi del richiamato Decreto legislativo, abolitore del monopolio delle attività nel settore elettrico, ed in particolare degli artt. 3 , punto 4, e 13, l’Enel s.p.a., pur mantenendo la proprietà delle reti, ha istituito separate società per azioni per lo svolgimento delle attività di produzione, distribuzione e vendita ai clienti.
A seguito, poi, dell’emanazione del D. M. del 21/01/2000, l’Enel s.p.a. ha assunto la titolarità e le funzioni di Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale, istituendo l’Enel Distribuzione s.p.a., per la stipula con gli utenti di contratti per la somministrazione di energia elettrica, l’Enel Produzione ed altre s.p.a.; tutte queste società (Enel Distribuzione x.xx. compresa) sono controllate dall’Enel s.p.a..
Deve ritenersi, pertanto, che anche se l’attività di autoproduzione dell’energia elettrica (con la creazione di separate s.p.a. per lo svolgimento dell’attività di produzione da un lato e di distribuzione e stipula di contratti di somministrazione dall’altra) sia stata svincolata dalle funzioni riservate all’Enel s.p.a., quest’ultima, ai sensi dell’art. 13 del D. Lgs. 79/99, conservi, tuttavia, un preciso interesse al corretto esercizio di tali attività, assumendo funzioni di indirizzo strategico e di coordinamento dell’assetto industriale e delle attività esercitate dalle società da essa controllate, ivi incluse quelle gestite dalla Enel Distribuzione s.p.a. (cfr.: GdP di Marcianise, xxxx. X. Xxxxxxxxx, del 29-09-04).
Con sentenza della IV sezione 4700/02, infatti, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la trasformazione dell’Enel in s.p.a. non influisce sulla sua qualità di concessionario in perpetuo della generazione di energia elettrica, poiché trattasi di società costituita al fine principale di gestire, ex artt. 1 e 3 del già richiamato D. Lgs. 79/99, anche attraverso società controllate le attività di produzione e distribuzione di energia.
Tale posizione di preminenza dell’Enel in materia di circolazione di energia elettrica, anche dopo la sua trasformazione in s.p.a, è stata, infine, evidenziata da pronunce della magistratura amministrativa che ha escluso che la semplice veste formale di s.p.a. sia idonea a trasformare la natura pubblicistica di soggetti che, in mano al controllo maggioritario dell’azionista pubblico, continuano ad essere affidatari di rilevanti interessi pubblici (TAR Valle D’Aosta 126/99; Cons Stato 4711/02, 1206/01; TAR Lazio 917/02 e TAR Toscana 24/01). Il Giudice Amministrativo ha, altresì, sottolineato che le società
derivanti dalla trasformazione di enti pubblici conservano connotazioni inerenti alla loro originaria natura pubblicistica, continuando, come nel caso di specie, ad essere affidatarie della cura di rilevanti interessi pubblici la cui tutela non può risultare soppressa solo in conseguenza della mutazione della veste formale del soggetto giuridico che, per il resto, mantiene inalterate le proprie funzioni e la propria connotazione pubblicistica.
Seppure con diverse finalità anche la Corte Costituzionale con sent. 466/93 ha affermato la neutralità della veste formale di s.p.a. (apparendo evidente che la gestione del servizio di produzione e distribuzione di energia elettrica tramite società controllate costituiscano un servizio pubblico inteso al soddisfacimento di bisogni generali della collettività), trattandosi, nel caso dell’Enel s.p.a., di società costituita per il principale fine di gestire attraverso le società controllate (tra cui l’Enel Distribuzione s.p.a.) le attività di produzione e di distribuzione dell’energia elettrica.
Per converso, è da ritenere che le società controllate (Enel Distribuzione s.p.a. e Produzione s.p.a.), svolgono attività prevalentemente in favore della controllante, per cui, nel perdurare di tale stato di cose, nonostante lo scorporo delle funzioni (produzione e distribuzione attraverso la creazione di solo formalmente distinti soggetti giuridici) deve ritenersi che il soggetto passivo rimanga sempre il medesimo (Enel s.p.a.).
Infatti, come anche affermato dalla Corte di Giustizia CE (18-11-99, C – 107/98 Teckal, punti 50 e 51), sia pur in ambito di appalti pubblici, la costituzione di soggetti con autonoma personalità giuridica non è di per se sufficiente ad escludere l’appartenenza di quei soggetti all’apparato che li controlla. Per tanto deve ritenersi che le società controllate sono un organismo di diritto pubblico, svolgenti attività finalizzata ai bisogni della società controllante, nella cui sostanza costituiscono una divisione, solo formalmente costituita da soggetti distinti con la conseguenza che trattasi di soggetti che “partecipano” alle stesse finalità della controllante anche sotto il profilo dello scopo del soddisfacimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale.
Passando al merito deve ritenersi fatto pacifico l’avvenuta sospensione della somministrazione dell’energia elettrica nella zona di residenza dell’attore in data 28 Settembre 2003 dalle ore 03,25 alle ore
20,24; tale circostanza è stata, infatti, riconosciuta anche dalla convenuta nelle proprie difese.
E’, altresì, pacifica l’applicazione della disciplina di cui agli artt. 1559 ess. c.c. stante la sussistenza tra le parti di un contratto di somministrazione di tipo continuativo e di consumo avente ad oggetto la fornitura di energia elettrica. Tale contratto di somministrazione è, per sua natura, destinato a soddisfare, ad intervallo di tempo costante, bisogni periodici e continuativi dell’utenza attraverso la costituzione di un rapporto durevole.
L‘essenza di tale contratto consiste nel fatto che il somministratore, nell’impegnarsi a soddisfare i bisogni futuri del somministrato, assume su di se, oltre che l’obbligo di apprestare i mezzi necessari per l’adempimento, anche i rischi della fornitura, costituendo quest’ultima l’alea normale del contratto (ex multis: Cassazione sent. n° 2359/1968) quale proiezione delle prestazioni nel futuro (cfr.:GdP di Mercato Xxxxxxxxxxx, dott. X Xxxxx, sent. 599/05).
La mancata esatta esecuzione del contratto di fornitura di energia elettrica obbliga la parte inadempiente al risarcimento dei danni (artt. 1218, così come richiamato dall’art. 1570 c.c.)
E’ pur vero che l’art. 1218 c.c., in tema contrattuale, detta la regola generale secondo cui il debitore può liberarsi delle conseguenze dell’inadempimento se prova che l’inadempimento stesso è da ricondurre a causa a lui non imputabile, tuttavia, secondo costante interpretazione giurisprudenziale tale prova deve essere rigorosa, piena e completa e deve comprendere anche la dimostrazione della mancanza di colpa del debitore, sotto qualsiasi profilo, dovendosi, diversamente, presumersi nel medesimo la sussistenza di tale elemento soggettivo (Cass. sent. 7604/96), tale non è nel caso in oggetto.
Ne caso in oggetto deve rilevarsi che nessuna prova è stata offerta in merito a tale pretesa incolpevolezza e che, in ogni caso, la richiesta prova testimoniale, non ammessa poiché ritenuta superflua, verteva, in sostanza, unicamente sulla circostanza della cessazione di ricezione di energia elettrica della Cabina Primaria di Casoria 220, che alimenta l’utenza attorea, dalle ore 03,25 alle ore 20,24 del 28-09-03, e non sulle motivazioni di tale cessazione.
Quanto, infine, all’assumere quale fatto notorio, come prospettato dalla convenuta, la circostanza che
l’interruzione della energia elettrica fu provocata dalla caduta di un albero in regione Svizzera a seguito di un uragano, devono, altresì, ritenersi fatti notorio i risultati a cui è pervenuto l’ ufficio federale svizzero dell’energia (Ufe), a cui i media hanno dato notevole risalto, a conclusione di una inchiesta voluta dal ministero svizzero dell’energia (Datec) nelle quali si evidenziano le responsabilita’ dei gestori italiano e francese che, non rispettando i flussi di riferimento, in un “conflitto irrisolto fra gli interessi commerciali delle societa’ e dei Paesi interessati e i presupposti tecnici e giuridici per un esercizio sicuro delle reti”, “non tengono sufficientemente conto dei criteri di sicurezza”.
Ad analoghe conclusioni è pervenuta la Commissione d’Indagine disposta dai gestori delle reti (TSO), riuniti in ambito UCTE, dei cinque paesi (Austria, Francia, Italia, Slovenia e Svizzera) coinvolti nel black out del 28-09-03. Tale Commissione ha accertato che al momento del black out l’Italia importava fino a 300mw in più rispetto ai programmi concordati, e che a causa della mancata percezione dell’urgenza rappresentata dal sovraccarico sulla linea San Xxxxxxxxxx e richiesta di contromisure portate a termine tardivamente dal GRTN italiano (riduzione delle importazioni di 300mw), il sistema italiano ha avuto un collasso dopo la separazione dal sistema UCTE, collasso dovuto alla strutturazione interna propria della rete e che, pertanto non possono essere imputate ai richiamati problemi verificatisi oltralpe.
Deve, inoltre, rilevarsi che nel D.P.C.M. Schema generale di riferimento della Carta dei Servizi del Settore Elettrico pubblicato sulla G.U. del 23-09-95, serie generale n. 223, si legge al punto 2.2 “costituisce impegno prioritario delle aziende garantire un servizio continuo e regolare e ridurre la durata di eventuali disservizi”, al punto
2.5 “le aziende perseguono l’obbiettivo del progressivo, continuo miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia del servizio, adottando soluzioni tecnologiche, organizzative e procedurali più funzionali allo scopo” ed ancora la punto 3.4.2 “le aziende indicano il numero medio annuo per utente di interruzioni accidentali lunghe, cioè con durata maggiore di tre minuti”.
L’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas, infine, con delibera 112/03 ha ritenuto la necessita della operatività di un sistema di difesa contro le perturbazioni del sistema elettrico in grado di riconoscere preventivamente eventuali criticità, mentre il TAR Lombardia Milano (sez. II° 20/11/2002 n° 4515,) ha ritenuto che “ le prescrizioni attinenti alla produzione, alla regolazione, all’erogazione ed ai livelli di qualità, dettate
dall’Autorità per l’Energia Elettrica, e il Gas, ai sensi dell’art. 2 comma 12 lettera h, L. 14 novembre 1995 n° 481, sono suscettibili di tradursi, se guardate sotto il profilo dell’adempimento delle prestazioni di un rapporto obbligatorio, in comportamenti attuativi del contratto individuale di utenza, comportamenti doverosi, quindi, nell’ottica dell’esatto adempimento delle reciproche obbligazioni scaturenti dal contratto”.
Alla luce di quanto fin ora esposto appare evidente la responsabilità per inadempimento contrattuale della convenuta, ciò soprattutto se si considera che il black-out del settembre del 2003 era stato già preceduto da altro, seppur più breve durata, nel giugno dello stesso anno, che aveva evidenziato l’inadeguatezza del sistema di somministrazione dell’energia elettrica, nonché la mancata diligenza della convenuta che avrebbe potuto impedire il secondo black out, durato negli altri paesi coinvolti tempi molto più accettabili, garantendosi energie alternative.
Dall’accertamento dell’inadempimento contrattuale discende che la parte inadempiente sia tenuta al risarcimento dei danni patiti dalla controparte, dovendosi ritenere che, nel caso di contratto di somministrazione di energia elettrica, per costante dottrina e giurisprudenza, debba ravvisarsi, oltre l’obbligo principale della somministrazione anche quella accessoria derivante dal c.d. impegno di potenza. Quest’ultimo costituisce una prestazione continua, accessoria e strumentale a quella principale della fornitura, e si sostanzia in una nell’obbligo del somministrante di predisporre e mantenere l’impianto in modo da tenere a disposizione dell’utente una determinata quantità di energia, a cui corrisponde un corrispettivo fisso, da parte dell’utente, da pagarsi periodicamente e che viene a maturare contemporaneamente al consumo di energia.
Per quanto riguarda il danno patrimoniale, a causa della eccessiva durata della interruzione della corrente elettrica è da ritenersi, per comune esperienza, l’avaria di alcuni dei cibi che costituiscono le normali scorte alimentari di una famiglia e che necessitano di costante refrigerazione (latte, carne, burro, generi congelati), anche in considerazione del periodo ancora caldo, il 28 Settembre, in cui si è verificata l’interruzione di energia elettrica.
Ritenuto, pertanto, la quantità di scorte mediamente deperibili nelle condizioni de quibus, in relazione ad una famiglia media, si liquidano, ex art. 1226 c.c., per il solo danno patrimoniale, la somma di € 75,00.
Per quanto attiene al danno esistenziale si osserva, in primo luogo che dalla stessa sussistenza, fatto pacifico di questo giudizio, della interruzione della energia elettrica verificatasi nel giorno di domenica dalle ore 03,25 sino alle ore 20,24, deve farsi discendere anche la prova del danno.
Non vi è dubbio, infatti, che l’interruzione di energia elettrica per tutto il giorno domenicale ha determinato la rinuncia da parte dell’istante di tutte o molte di quelle attività di riposo, ricreazione e svago che costituiscono la normale aspettativa di ogni essere umano, ed ha necessariamente determinato una modifica negativa della vita dell’istante, consistente nell’alterazione delle normali attività dell’individuo (pranzo domenicale con amici e familiari, televisione, cinema, etc. ) e che, pertanto, tale modifica non deve essere oggetto di una specifica prova.
Tali alterazioni, pur non accertabili medicalmente, perché non sfocianti in una patologia come nel caso del danno biologico ledono, tuttavia, diritti degli individui di rango costituzionale e tutelati dall’ordinamento.
La delusione di non poter svolgere le normali attività di svago dominicale, che invece viene trascorsa nell’attesa del rispristino della somministrazione elettrica, costituisce, infatti, una lesione del diritto della persona inquadrabile tra quelli tutelati dall’art. 2 della Costituzione. Il riconoscimento della persona umana, infatti, si sostanzia anche attraverso il rispetto dei desideri e delle aspettative che ognuno può avere in dati momenti della sua vita e che, giustamente, trovano tutela nell’ampio dettato del richiamato art. 2 della Costituzione.
La lesione della personalità del soggetto è suscettibile di tutela, indipendentemente dallo specifico interesse leso che può anche non avere una diretta rilevanza costituzionale, ma va tutelato ogni qualvolta configuri una alterazione della manifestazione della personalità tutelata costituzionalmente ex art. 2 della costituzione (App. Milano 14-02-03).
Il danno esistenziale è, quindi, individuabile, come nel caso di specie, ove sia accertata una modificazione peggiorativa, apprezzabile per intensità e qualità, nella sfera del soggetto leso, tra cui va fatta rientrare l’alterazione del diritto alla normale qualità della vita ovvero alla libera estrinsecazione della personalità (App. Milano 14-02-03).
Quanto alla liquidazione del danno esistenziale risarcibile, la stessa non può essere effettuata che con il ricorso all’equità ex art. 1226 c.c., metodo allo stato ritenuto maggiormente praticabile e che, stante la particolare natura del danno in oggetto, appare oltremodo opportuno. Pertanto lo scrivente Giudicante, tenuto conto di tutte le specificità del caso concreto (qualità dell’interesse violato, intensità della violazione e sua durata), condanna l’Enel distribuzione s.p.a. al pagamento in favore dell’istante della somma di € 225,00.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, d’ufficio, tenuto conto dell’attività svolta e del valore della causa attribuito con sentenza, come in dispositivo, con attribuzione ex art. 93 c.p.c. al procuratore dell’istante, anticipatario.
P.Q.M.
Il Giudice di Xxxx, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Xxxxxxxx Xxxxxx nei confronti dell’ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a., ogni contraria accezione o deduzione reietta, così provvede:
o dichiara l’inadempimento contrattuale dell’ Enel Distribuzione in merito ai fatti di cui in narrativa
o per l’effetto condanna la stessa, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore dell’istante della somma…(omissis)… per il danno patrimoniale e della somma…(omissis)… per il danno esistenziale;
o condanna, inoltre, i convenuti, al pagamento, in favore dei procuratori anticipatari, della somma…(omissis)…
La presente sentenza è esecutiva ex lege.
Così deciso in Casoria, lì 12 Luglio 2005.
IL GIUDICE DI PACE (Dottoressa Xxxxxxx Xxxxxxxx)
Allegato giurisprudenziale n. 5
Giudice di Pace del Mandamento di Salerno, 21 giugno 2005 Xxxxxxxxx Xxxxxx
REPUBBLICA ITALIANA
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DEL MANDAMENTO DI SALERNO IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice di Pace del Mandamento di Salerno, nella persona del dottore Xxxxxxxx Xxxxxx, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 829 del Registro Generale degli Affari Contenziosi Civili per l’anno 2005, promossa
da
XXXXX, con l’avvocato Xxxxx Xxxxxxxxxx
Attore
contro
Enel Distribuzione S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, con gli avvocati Stefano D’Ercole e Xxxxx Xxxxxxxxx
Convenuta
nonché
G.R.T.N. (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, con gli avvocati Xxxxx Xxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxxx ed selettivamente domiciliata presso l’avvocato Xxxxxxxx Xxxxxxxxx
Convenuta
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione regolarmente notificato, XXXXX conveniva in giudizio Enel Distribuzione S.p.A. e G.R.T.N. (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, per sentirli condannare al pagamento di Euro 200,00 (duecento/00) a titolo di risarcimento del danno esistenziale patito in occasione del black-out del 28 settembre 2003.
Assumeva l’attore, nell’atto introduttivo del giudizio, di essere utente di Enel Distribuzione S.p.A. (allegando all’uopo copie di fatture di pagamento dell’utenza), di essere rimasto privo di energia elettrica per oltre quindici ore nella giornata del black-out del 28 settembre 2003, di non aver potuto attendere a tutte quelle attività realizzatrici della persona umana consentite dalla fruizione dell’energia elettrica (lamentava a titolo esemplificativo di non aver potuto assistere a programmi televisivi, di non aver potuto utilizzare il computer e la rete internet).
Si costituiva Enel Distribuzione S.p.A., la quale fondava essenzialmente la propria difesa sull’invocata impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore ex articolo 1218 del Codice Civile.
Ciò in quanto, a dire della convenuta Enel Distribuzione S.p.A., la stessa società non produce direttamente energia elettrica ma la distribuisce dopo averla a propria volta ricevuta da G.R.T.N. (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) S.p.A.
A sua volta, G.R.T.N. (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) S.p.A. eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice adito in favore del giudice amministrativo mentre nel merito negava ogni responsabilità e citava a sostegno delle proprie tesi il Rapporto UCTE (Union for the Coordination of Electricity Transmission), il Rapporto Congiunto tra l’AEEG (Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas) e la CRE (Commission de Regulation e l’Energie) nonché il comunicato stampa dell’AEEG (Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas) del 23 aprile 2004.
Precisate le conclusioni all’udienza del 31 maggio 2005, la causa veniva trattenuta a sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarata la carenza di legittimazione passiva di G.R.T.N. (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) S.p.A., in quanto detta società è concessionaria dello Stato soltanto per l’attività di trasmissione e dispacciamento, nella qualità di fornitrice di energia elettrica, ad Enel Distribuzione S.p.A.
Nessuna pronuncia può aversi quindi nei confronti di G.R.T.N. (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) S.p.A. per la mancata somministrazione di energia elettrica a Enel Distribuzione S.p.A., mancando da parte di quest’ultima, unica titolata a farlo, una richiesta di essere garantita ex articolo 106 del Codice di Procedura Civile.
L’azione intentata da parte attrice nei confronti di Enel Distribuzione S.p.A. presenta comunque i profili di responsabilità contrattuale, laddove si riferisce al contratto avente ad oggetto la
somministrazione di energia elettrica, e di responsabilità extracontrattuale, laddove venga posta in evidenza la colpa della società convenuta nel non aver saputo né prevedere né evitare l’evento e le sue conseguenze dannose.
E’ pacifico che il contratto posto in essere tra l’attore e Enel Distribuzione S.p.A. sia un contratto di somministrazione, regolato dagli articoli 1559 e seguenti del Codice Civile.
L’essenza di tale contratto sta nell’obbligazione che il somministrante assume su di sé circa la fornitura di un servizio al somministrato insieme ai rischi della fornitura medesima, costituenti questi l’alea normale del contratto derivante dal proiettarsi delle prestazioni nel futuro (Cass. Civ. 11/07/1968 n. 2359).
Inoltre, ai sensi dell’articolo 1218 del Codice Civile, il debitore che non esegue la prestazione dovuta è tenuta al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo sia derivato da impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile.
L’impossibilità dell’adempimento, tuttavia, non si identifica con una semplice difficoltà ad adempiere ma con un’assoluta impossibilità oggettiva e soggettiva, il cui accertamento è riservato al giudice del merito (Xxxx. Civ. 10/01/2000 n. 170).
Nel caso di specie non risulta che Enel Distribuzione S.p.A. abbia provato l’impossibilità della prestazione.
Enel Distribuzione S.p.A. si è limitata ad affermare che nella giornata del 28 settembre 2003 la possibilità di somministrazione di energia elettrica è stata preclusa dalla mancata consegna di energia stessa da parte di G.R.T.N. (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) S.p.A.
Ma ciò non esonera da responsabilità Enel Distribuzione S.p.A.
Difatti, il debitore che non possa eseguire la prestazione dovuta a causa del comportamento di un soggetto estraneo al rapporto obbligatorio può invocare la conseguente impossibilità della prestazione come causa di esclusione della propria responsabilità soltanto se l’attività del terzo sia prevista come condizione (Xxxx. Civ. 10/02/1984 n. 1024).
In sostanza, Enel Distribuzione S.p.A. non può usare G.R.T.N. (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) S.p.A. come paravento dietro il quale declinare ogni responsabilità nei confronti del creditore.
Spettando al debitore dimostrare di non aver potuto adempiere la prestazione cui fosse obbligato per causa a lui non imputabile, il debitore non può limitarsi a dedurre il fatto ostativo del terzo ma deve altresì dimostrare di avere impiegato la necessaria diligenza per rimuovere gli ostacoli frappostisi all’esatto adempimento (Cass. Civ. 18/12/2002 n. 16211).
Diversamente, il danno subito dal creditore resterebbe privo di tutela giuridica.
Cosa ha fatto in concreto Enel Distribuzione S.p.A. per evitare che in casi del genere di quello di specie l’utente resti privo di energia elettrica?
Enel Distribuzione S.p.A. avrebbe dovuto, ad esempio, provare di aver attivato impianti di riserva che, seppure antieconomici, devono essere sempre disponibili per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale.
Il quadro che risulta da tale indagine dimostra che Enel Distribuzione S.p.A. non ha tenuto in alcun conto l’eventualità del verificarsi di un black-out.
Enel Distribuzione S.p.A. non ha provato quindi che l’inadempimento della prestazione di somministrazione di energia elettrica non fu dovuto a causa a lei non imputabile.
Quanto al danno arrecato all’utente, sulla sua esistenza e qualificazione, occorre tracciare un breve excursus.
Pur tenendo presente la nota dicotomia tra il danno patrimoniale e il danno non patrimoniale, nel panorama giurisprudenziale e dottrinario italiano ed europeo si deve registrare una sempre crescente attenzione al valore della persona umana.
I diritti della persona vengono tutelati in modo sempre più ampio dalle Carte dei Diritti Fondamentali sopranazionali. Basti citare, ad esempio, l’articolo 7 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 07 dicembre 2000, laddove è scritto che “ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni”.
Non esiste, è vero, il diritto alla felicità ma l’ampliamento del quadro dei diritti umani prospettato dalla Carta Europea pone in grande evidenza il diritto personale alla libertà spirituale, economica, politica, culturale, sessuale, professionale, di relazionarsi socialmente agli altri, allo svago, ai divertimenti e a tutte le attività realizzatrici della personalità umana.
Non di sola salute vive l’uomo! Ciò significa che oltre il danno patrimoniale e quello non patrimoniale (biologico e morale) esiste, all’interno del danno non patrimoniale, una nuova figura di danno che, senza intaccare il bene salute, sia meritevole di tutela perché trova fondamento nell’articolo 2 della Carta Costituzionale.
Perché possa ravvisarsi il “danno esistenziale” occorre che sussistano le seguenti condizioni: a) violazione del diritto alla qualità della vita e/o alla libera estrinsecazione della personalità con
modificazioni peggiorative della sfera personale del soggetto leso; b) ingiustizia del danno anche in base a presunzioni di legge; c) nesso di causalità; d) consecutività temporale tra comportamento lesivo; e) mancanza di danno biologico (Tribunale di Milano, 08/06/2000).
L’individuazione per il danno esistenziale di una fonte normativa unitaria, rappresentata da un diritto radicato nell’articolo 2 della Carta Costituzionale, risulta perorata anche dalla Corte Suprema di Cassazione, la quale ha affermato che “non solo è il bene della salute a ricevere una consacrazione costituzionale sulla base dell’articolo 32 ma anche il libero dispiegarsi delle attività dell’uomo nell’ambito della famiglia o di altra comunità riceve considerazione ai sensi degli articoli 0 x 00” (Xxxx. Civ. 03/07/2001 n. 9009).
Ecco dunque che non è soltanto il diritto alla serenità domestica, nel ristretto ambito della propria abitazione, ad essere violato ma anche la menomazione delle altre attività di svago, sociali e culturali, che solitamente si svolgono al di fuori dell’abitazione familiare e costituiscono corollario alla libera estrinsecazione della personalità che può essere lesa nell’ambito familiare e privato senza che insorga necessariamente una malattia psichica.
Si ha allora danno esistenziale ogni volta in cui “si altera il diritto alla normale qualità della vita e/o alla libera estrinsecazione della personalità” (Corte d’Appello di Milano, 14/02/2003).
Né possono essere sottaciute le recenti sentenze della Corte Suprema di Cassazione che riprogettano il sistema risarcitorio del danno alla persona, con speciale riferimento ai danni non patrimoniali.
Xxxxx ricordate le sentenze nn. 7281, 7282 e 7283 del 12/05/2003, che hanno affermato la possibilità di riconoscere i danni non patrimoniali anche nell’ipotesi di “colpa civilisticamente presunta”.
Inoltre, le sentenze nn. 8827 e 8828 del 31/05/2003 ove viene trattato il nuovo assetto del danno non patrimoniale, risarcibile ex articolo 2059 del Codice Civile. A fondamento della nuova enunciazione
viene posto non più l’articolo 185 del Codice Penale bensì l’articolo 2 della Carta Costituzionale che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo.
Vi è quindi danno esistenziale laddove vengano lesi diritti inviolabili e non soltanto in sussistenza di fatti qualificati dalla legge come reati.
La prova del danno esistenziale si risolve nella violazione di un diritto inviolabile sicché la sanzione risarcitoria scaturisce dal fatto in sé della lesione (“danno-evento”), indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comportare (“danno-conseguenza”), come stabilito da Xxxx. 07/06/2000 n. 7713.
Ma anche ove non si accedesse a tale tesi interpretativa, ben può il Giudicante fare ricorso a presunzioni e a nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza così come previsto dall’articolo 115, comma secondo, del Codice di Procedura Civile.
Infatti si ritiene che la prova possa essere agevolata mediante il ricorso, in base al prudente apprezzamento del Giudicante, alle presunzioni, ai fatti notori, alle massime di comune esperienza, pur senza esonerare il danneggiato dall’onere di allegare i fatti e gli elementi concreti posti a fondamento della richiesta risarcitoria (Corte d’Appello di Milano, 14/02/2003).
Nel caso di specie, appare innegabile che parte attrice, per la mancata erogazione di energia elettrica per oltre quindici ore, non abbia potuto attendere alle normali attività realizzatrici della persona umana.
Tale impedimento integra senz’altro un danno di natura esistenziale che non può rimanere sprovvisto di tutela.
La liquidazione del danno andrà quantificata in via equitativa, facendo ricorso all’equità di tipo correttivo o integrativo, essendo particolarmente difficile la quantificazione del danno nel suo ammontare (Cass. Civ. 18/11/2002 n. 16202).
P.Q.M.
Il Giudice di Pace del Mandamento di Salerno, definitivamente decidendo, così provvede:
o dichiara la carenza di legittimazione passiva di G.R.T.N. (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) S.p.A.;
o dichiara che il contratto intervenuto tra l’attore e Enel Distribuzione S.p.A. è un contratto di somministrazione, regolato dagli articoli 1559 e ss. del Codice Civile;
o dichiara che Enel Distribuzione S.p.A. non ha fornito la prova liberatoria dell’impossibilità della prestazione per causa ad essa non imputabile;
o dichiara che il mancato afflusso di energia elettrica all’utenza, nella giornata del 28 settembre 2003, si verificò per colpa di Enel Distribuzione S.p.A., la quale non approntò i mezzi necessari per prevenire e scongiurare l’evento;
o accoglie la domanda attorea e condanna la convenuta Enel Distribuzione S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore di parte attrice per responsabilità contrattuale e a titolo di risarcimento del danno esistenziale nella somma equitativamente valutata di Euro…(omissis)…;
o compensa le spese di giudizio sostenute da G.R.T.N. (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) S.p.A.;
o condanna Enel Distribuzione S.p.A. al pagamento di diritti, onorari e spese di giudizio in favore dell’avvocato Xxxxxxxxxx per la somma di Euro…(omissis)…
Sentenza esecutiva ope legis
Così deciso in Salerno, addì 21 giugno 2005. Depositata in Cancelleria alla stessa data Il Giudice di Pace (Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxx)