LAVORARE IN SICUREZZA
Azienda U.L.S.S. n. 6 | ||
Ufficio Prevenzione Protezione Az.le |
LAVORARE IN SICUREZZA
MANUALE INFORMATIVO PER I LAVORATORI
Articolo 36 - D. Lgs. n. 81 del 09/04/2008 e s.m.i.
IL DATORE DI LAVORO: xxx. Xxxxxxx Xxxxxxxx …………………………………………………………………………………………………………………. | Revisioni | |||
0 | 1 | 2 | 3 | |
marzo 2015 | ||||
Validazione: R.S.P.P.: xxxx. Xxxxx Xxxxxx | ||||
Redazione: | UFFICIO PREVENZIONE PROTEZIONE AZ.LE con la collaborazione dell’UFFICIO SANITARIO AZ.LE e del SERVIZIO DI FISICA SANITARIA | |||
Adozione: | Direttori U.O. interessate | |||
4- MANUALE INFORMATIVO LAVORATORI.doc | INFO 04 | Pagina 1 di 114 |
INDICE
GLI ATTORI DELLA PREVENZIONE 4
Servizio Prevenzione Protezione (S.P.P.) 8
Ufficio Sanitario Aziendale (X.X.Xx.) 9
RLS - Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza 10
Esperto Qualificato (c/o servizio di Fisica Sanitaria) 12
Lavoratori Addetti alla gestione delle Emergenze 13
TERMINOLOGIA E LOGICA DELLA PREVENZIONE 14
TIPOLOGIE DEI PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO PRESENTI NELLE STRUTTURE ULSS 15
LA TUTELA DELLE LAVORATRICI MADRI 17
LE DIFFERENZE DI GENERE E L’ETA’ 19
I RISCHI PER LA SICUREZZA E LA SALUTE 21
DEFINIZIONE DI PERICOLO E DI RISCHIO 21
I DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE (DPI) QUALE MISURA DI PROTEZIONE DAL RISCHIO 22
I FATTORI DI RISCHIO PER LA SICUREZZA E LA SALUTE, NELLE STRUTTURE DELL’ULSS 6 “VICENZA” 23
RISCHIO DA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI 24
RISCHIO CHIMICO DA SOSTANZE E PREPARATI 37
rischio esposizione ai gas anestetici 43
rischio aldeide formica (formalina, formaldeide) 45
rischio da esposizione a farmaci antiblastici 47
RISCHI DA FUMO ATTIVO E PASSIVO 50
RISCHI NELLA GESTIONE DEI RIFIUTI 51
RISCHIO DA USO DI AZOTO (LIQUIDO O GAS) 53
RISCHIO DA MANIPOLAZIONE BOMBOLE 54
RISCHIO DA ESPOSIZIONE A RUMORE 67
RISCHIO DA ESPOSIZIONE A VIBRAZIONI 68
RISCHI DA USO DI ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI 70
RISCHI STRESS LAVORO-CORRELATO 76
RISCHIO DA RADIAZIONI OTTICHE ARTIFICIALI 78
RISCHIO DA CAMPI ELETTROMAGNETICI E RADIAZIONI NON IONIZZANTI 83
RISCHI DA RADIAZIONI IONIZZANTI 91
LA SEGNALETICA DI SICUREZZA 108
NORMATIVA SULLA SICUREZZA NEL LUOGO DI LAVORO 113
Con il Decreto Legislativo n. 81 del 2008 pubblicato sul S.O. G.U. n.101 del 30/04/08, lo Stato si è dotato di una norma per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro che viene definita anche “Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro” avendo integrato e riunito in un’unica legge una serie di norme già esistenti.
La nuova normativa costituisce sicuramente un passo avanti rispetto a tutta la precedente legislazione in materia, in particolare rispetto al D. Lgs. 626/94.
La presente pubblicazione si propone l'obiettivo di far conoscere il ruolo degli attori coinvolti e la tipologia di rischi con cui il lavoratore dell’Azienda ULSS n.6 “Vicenza” può venire in contatto durante la propria attività, di rendere quindi consapevoli gli operatori delle misure generali di tutela adottate e adottabili e che possono migliorare la loro sicurezza e la loro salute durante il lavoro.
La presente guida è indirizzata a tutti i lavoratori dipendenti ed assimilati, e si presenta come strumento di informazione e di promozione della sicurezza negli ambienti di lavoro, con particolare riguardo ai rischi specifici connessi con le varie attività lavorative presenti.
Le pagine che seguono esplicitano le norme essenziali di prevenzione e di comportamento da osservare durante la conduzione dell'attività lavorativa; la stima dei rischi per i lavoratori invece è più dettagliatamente descritta nel "Documento di Valutazione dei Rischi", agli atti della Direzione Aziendale.
L’Azienda si propone, anche attraverso la diffusione delle informazioni contenute nel presente documento, di rendere consapevoli tutti i dipendenti delle diverse tipologie di rischio presenti in ogni contesto lavorativo, allo scopo di coinvolgerli nel processo di miglioramento delle condizioni di sicurezza sul lavoro, in un indispensabile rapporto di reciproca collaborazione.
La presente guida si prefigge quindi l’obiettivo ambizioso di rappresentare uno stimolo ad approfondire le tematiche relative alla sicurezza ed alla salute nei rispettivi ambienti di lavoro, allo scopo di diffondere una cultura comune ed omogenea, che consenta agli stessi lavoratori di farsi protagonisti di un processo continuo di miglioramento delle proprie ed altrui condizioni di salute e sicurezza.
D’altra parte lo sforzo di rendere più incisiva l'attività di prevenzione degli infortuni sul lavoro risulta privo di efficacia se non sono gli stessi lavoratori, insieme ed in collaborazione con gli altri attori specificatamente individuati dalla legge, a promuovere un sistema virtuoso ed integrato, in cui ciascuno si fa parte attiva e responsabile.
Da ultimo il presente Manuale Informativo sui Rischi intende anche fornire un opportuno contributo al sistema di gestione della sicurezza verso cui l’Azienda sta guardando con fiducia.
Nella nostra realtà coincide con la figura del Direttore Generale
Solitamente un direttore di struttura o U.O. complessa o semplice
Obblighi di Datore di Lavoro e Dirigente sono declinati all'articolo 18 del D. Lgs. 81/08.
Solitamente il Coordinatore di U.O., ma lo è chiunque ricopra il ruolo di governo dei lavoratori; può dunque esserlo ad es. anche un direttore di U.O. semplice o complessa, un dirigente biologo, un Responsabile di ufficio, ecc.
Gli obblighi del Preposto sono indicati all'articolo 19 del D. Lgs. 81/08.
Chiunque svolga una attività lavorativa presso qualsiasi struttura dell’Azienda ULSS, sia esso dipendente o assimilato.
Gli obblighi del Lavoratore sono indicati all'articolo 20 del D. Lgs. 81/08.
Servizio Prevenzione Protezione (SPP), suo Responsabile (RSPP) e Ufficio Prevenzione Protezione Aziendale (X.X.X.Xx.)
E' la struttura aziendale finalizzata alla valutazione dei rischi professionali per i lavoratori.
Nella ns ULSS il Servizio Prevenzione Protezione (SPP in sigla; RSPP il suo Responsabile) è integrato nel Servizio Qualità Sicurezza Accreditamento ed ha come supporto un Ufficio di Addetti (X.X.X.Xx.).
I suoi compiti sono specificati all'art. 33 del D.Lgs. 81/08
Medico Competente e Medico Autorizzato (MC-MA)
Nella ns ULSS le due figure sono integrate in un’unica struttura detta Ufficio Sanitario Az.le (X.X.Xx) Garantiscono rispettivamente la sorveglianza sanitaria verso i rischi classificati per la salute (in applicazione del D.Lgs. 81/08) e la sorveglianza medica della radioprotezione (in applicazione del D.Lgs. 230/95 e 241/00).
Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS)
Vengono eletti dai lavoratori secondo le modalità previste dagli articoli 47-48-49 del D.Lgs. 81/08. Nella ns ULSS sono nominati dalle rappresentanze sindacali.
Le loro attribuzioni sono stabilite nell'art. 50.
Esperto qualificato (EQ)
E'una figura riconosciuta dalla legge per assicurare la sorveglianza fisica della radioprotezione. La legge di riferimento è il D.Lgs. 230/95 e smi (tratta tutto il capitolo delle radiazioni ionizzanti)
Lavoratori addetti alla gestione delle Emergenze
Sono i lavoratori incaricati dell'applicazione delle misure di emergenza e che hanno ricevuto una specifica formazione; riguardo alla prevenzione incendi essa è attestata dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco.
E' definito dall'art. 2 c.1 lettera b) del D. Lgs. 81/08 come "...il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa".
Nella ns ULSS è identificato con il Direttore Generale. Possiede alcuni obblighi non delegabili (previsti dall'art. 17). Tutti gli obblighi del Datore di Lavoro sono declinati all'art. 18.
E' definito dall'art. 2 c.1 lettera d) del D. Lgs. 81/08 come "...persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa". E' solitamente identificato nel Direttore di U.O. e/o nel Direttore di struttura/macrostruttura.
Tutti i suoi obblighi sono indicati nell'art. 18 del D. Lgs. 81/08
ART. 18. OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO E DEL DIRIGENTE
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
a) nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto legislativo;
b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente;
e) prendere le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione;
g) richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto;
h) adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37;
m) xxxxxxxsi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;
n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute;
o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), nonché consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati di cui alla lettera r);
p) elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3, e, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, consegnarne tempestivamente copia ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
q) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio;
r) comunicare all'INAIL, o all'IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento e, a fini assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni;
s) consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle ipotesi di cui all'articolo 50;
t) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di pericolo grave e immediato, secondo le disposizioni di cui all'articolo 43. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti;
u) nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto, munire i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro;
v) nelle unità produttive con più di 15 lavoratori, convocare la riunione periodica di cui all'articolo 35;
z) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione;
aa) comunicare annualmente all'INAIL i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
bb) vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità.
2. Il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente informazioni in merito a:
a. la natura dei rischi;
b. l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive;
c. la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d. i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle malattie professionali;
e. i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.
E' definito dall'art. 2 c.1 lettera e) del D. Lgs. 81/08 come "...persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.."
Si tratta generalmente del Coordinatore di UO. ma può anche essere il Direttore di UO, semplice o complessa, o qualsiasi altro dirigente o lavoratore incaricato, quando sovrintende e coordina il lavoro di altri lavoratori.
Gli obblighi del Preposto sono declinati all'art. 19.
ART. 19. - OBBLIGHI DEL PREPOSTO
1. In riferimento alle attività indicate all'articolo 3, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:
a. sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti;
b. verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
c. richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
d. informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
x. xxxxxxxsi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
f. segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
g. frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall'articolo 37.
E' definito dall'art. 2 c.1 lettera a) del D. Lgs. 81/08 come "... persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, ".
Sono quindi equiparati ai lavoratori, ai fini della tutela, anche soggetti diversi quali i lavoratori somministrati, studenti, stagisti, tirocinanti, specializzandi, CoCoPro, ecc.
I suoi compiti in materia di sicurezza sono declinati all'art. 20 del Dlgs. 81/08
ART. 20. - OBBLIGHI DEI LAVORATORI
1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. I lavoratori devono in particolare:
a. contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
b. osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
c. utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza;
d. utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
e. segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l'obbligo di cui alla lettera
f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
f. non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
g. non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
h. partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;
i. sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.
3. I lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto, devono esporre apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.
SERVIZIO PREVENZIONE PROTEZIONE (S.P.P.)
Il Servizio Prevenzione e Protezione (SPP in sigla) è definito dall'art. 2 c. 1 lettera l) del D. Lgs. 81/08 come "... insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori.
RESPONSABILE DEL SERVIZIO PREVENZIONE E PROTEZIONE ( R.S.P.P. )
Il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione è definito dall'art. 2 c.1 lett. f) del D. Lgs. 81/08 come "... persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32, designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi".
Nella ns ULSS il Servizio Qualità Sicurezza Accreditamento integra anche il Servizio Prevenzione Protezione; il suo Responsabile è nominato e riveste il ruolo di RSPP.
ADDETTO DEL SERVIZIO PREVENZIONE E PROTEZIONE ( A.S.P.P. )
L'addetto del servizio prevenzione e protezione è definito dall'art. 2 c. 1 lettera g) del D. Lgs. 81/08 come "...persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32 , facente parte del servizio di cui alla lettera l)".
Nella ns ULSS gli Addetti del Servizio di Prevenzione sono inglobati in un Ufficio chiamato Ufficio Prevenzione Protezione Aziendale (in sigla X.X.X.Xx.) gestito da un Addetto Responsabile.
N.B.: i nominativi (con indirizzo e recapiti telefonici) del Responsabile e degli Addetti sono riportati nell'elenco telefonico aziendale nonché nella apposita pagina del sito Intranet aziendale.
ART. 33. COMPITI DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
- all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale;
- ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all'articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure;
- ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
- a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
- a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
- a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'articolo 36.
2. I componenti del servizio di prevenzione e protezione sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente decreto legislativo.
3. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro.
UFFICIO SANITARIO AZIENDALE (X.X.XX.)
L’Ufficio Sanitario Aziendale, così chiamato dalla ns ULSS, è la struttura che ricomprende quello che la Legge definisce come attività del Medico Competente (prevista dal D.Lgs. 81/08 ) e come attività del Medico Autorizzato (prevista dal D.Lgs. 230/95); il compito di questo Ufficio è di adempiere a quanto previsto dalla Sezione V del D.Lgs. 81/08, in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro e dal D.Lgs.230/95 e s.m.i. esclusivamente per gli esposti a radiazioni ionizzanti.
La Sorveglianza Sanitaria dei lavoratori, per tutti i rischi professionali con possibili effetti sulla salute, è eseguita dal Medico Competente i cui compiti sono stabiliti dall'art. 25 del D. Lgs. 81/08; la sorveglianza del Medico Autorizzato vale unicamente per il controllo del rischio da radiazioni ionizzanti (secondo la classificazione stabilita dall'Esperto Qualificato aziendale ).
Gli utenti del servizio sono i lavoratori (come definiti dall'art. 2 c. 1 lettera a› del D. Lgs. 81/08) dell'Azienda ULSS che hanno il diritto-dovere di tutela della salute nello svolgimento della propria attività lavorativa e che, se esposti a taluni rischi lavorativi individuati dalla normativa vigente, devono essere sottoposti a sorveglianza sanitaria.
N.B.
I nominativi (con indirizzo e recapiti telefonici) del Medico Competente/Autorizzato e delle Infermiere dell’Ufficio Sanitario Az.le (USAz) sono riportati sull'elenco telefonico aziendale nonché nell’apposita pagina del sito Intranet .
LA SORVEGLIANZA SANITARIA E IL MEDICO COMPETENTE
La Sorveglianza Sanitaria prevista dal D.Lgs. 81/2008, è un insieme di atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all'ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alla modalità di svolgimento dell'attività lavorativa.
Il Medico Competente (M.C.) effettua la sorveglianza sanitaria ed esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica.
La sorveglianza sanitaria comprende:
1. La visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il dipendente è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica.
2. La visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità a proseguire l'attività lavorativa nella mansione specifica.
3. Visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell'attività lavorativa svolta.
4. Visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare che non ci siano rischi lavorativi che possano compromettere lo stato di salute del lavoratore.
Le visite mediche comprendono esami clinici e indagini diagnostiche mirate al rischio e ritenute necessarie dal medico competente.
Il M.C. elabora il protocollo sanitario, in base ai rischi professionali individuati dal Documento di Valutazione dei Rischi, e indica la periodicità delle visite mediche e degli esami integrativi.
Le finalità dell'attività sono sostanzialmente tre:
1. di prevenzione, per quanto riguarda lo svolgimento di accertamenti preventivi e periodici nonché accertamenti su richiesta del lavoratore;
2. di collaborazione nell'attività di informazione-formazione degli operatori sanitari dell'Azienda;
3. studi epidemiologici sulla patologia degli operatori sanitari, collaborazione nella redazione di linee guida, di procedure aziendali e protocolli sanitari basati sulla medicina dell'evidenza.
Gli accertamenti preventivi e periodici servono a valutare l'idoneità del lavoratore alla mansione specifica. Tale idoneità deve essere verificata al momento dell'assunzione e prima di ogni cambio mansione, per evitare che un soggetto che presenta un'alterazione dello stato di salute venga destinato a lavori i cui rischi possano aggravarne la patologia già in atto.
RLS - RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA
IL rappresentante dei lavoratori alla sicurezza è definito dall'art. 2 c. 1 lettera I) del D. Lgs. 81/08 come "...persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro ".
Le modalità con cui avviene la consultazione e partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori è definita dagli articoli 47-48-49 del D.Lgs. 81/08.
Le attribuzioni del rappresentante dei lavoratori alla sicurezza sono invece declinate dall'art. 50.
L’elenco dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza ( RLS ) dell’Azienda è presente nel sito intranet dell’Ufficio Prevenzione Protezione Az.le
ART. 50. ATTRIBUZIONI DEL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA
1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva;
c) è consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente;
d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'articolo 37;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista dall'articolo 37;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è, di norma, sentito;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
m) fa proposte in merito alla attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi e degli spazi necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli, anche tramite l'accesso ai dati, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera r), contenuti in applicazioni informatiche. Non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l'espletamento della sua funzione, riceve copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a).
5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese appaltatrici, su loro richiesta e per l'espletamento della loro funzione, ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3.
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è tenuto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3, nonché al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni.
7. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è incompatibile con la nomina di responsabile o addetto al servizio di prevenzione e protezione.
ESPERTO QUALIFICATO (c/o SERVIZIO DI FISICA SANITARIA)
L'Esperto Qualificato è la figura riconosciuta dalla legge che, per conto del datore di lavoro, assicura la sorveglianza fisica della radioprotezione.
Le attribuzioni dell'Esperto Qualificato sono normate dall'art. 79 del D. Lgs. 230/95
Il nominativo dell'Esperto Qualificato prescelto, unitamente alla relativa accettazione, è segnalato dal datore di lavoro alla Direzione Provinciale del Lavoro competente per territorio.
A norma dell'art 61 del D.Lgs. 230/95 il datore di lavoro, prima dell'inizio di qualsiasi attività che comporti l'impiego di radiazioni ionizzanti, deve acquisire dall'Esperto Qualificato le valutazioni e le indicazioni di radioprotezione inerenti le attività medesime.
Tali valutazioni unitamente alla relazione di cui all'art. 80 per le attività in atto, fanno parte del documento di cui all'art. 17 c. 1 del D. Lgs 81/08 per le parti concernenti i rischi da radiazioni ionizzanti.
N.B.
L'indirizzo e i numeri telefonici degli Esperti Qualificati Aziendali sono presenti nell'elenco telefonico aziendale e nella specifica pagina del sito intranet sotto la voce Fisica Sanitaria.
Art. 79 del D. Lgs. 230/95 - attribuzioni dell'Esperto Qualificato
1. L'esperto qualificato, nell'esercizio della sorveglianza fisica per conto del datore di lavoro deve:
a. effettuare la valutazione di radioprotezione di cui all'articolo 61 e dare indicazioni al datore di lavoro nella attuazione dei compiti di cui al predetto articolo ad esclusione di quelli previsti alle lettere f) e h);
b. effettuare l'esame e la verifica delle attrezzature, dei dispositivi e degli strumenti di protezione, ed in particolare:
- procedere all'esame preventivo e rilasciare il relativo benestare, dal punto di vista della sorveglianza fisica, dei progetti di installazioni che comportano rischi di esposizione, dell'ubicazione delle medesime all'interno dello stabilimento in relazione a tali rischi, nonché delle modifiche alle installazioni le quali implicano rilevanti trasformazioni delle condizioni, dell'uso, o della tipologia delle sorgenti;
- effettuare la prima verifica, dal punto di vista della sorveglianza fisica, di nuove installazioni, e delle eventuali modifiche apportate alle stesse;
- eseguire la verifica periodica dell'efficacia dei dispositivi di protezione, anche individuali (DPI), e delle tecniche di radioprotezione;
- effettuare la verifica periodica delle buone condizioni di funzionamento degli strumenti di misurazione;
c. effettuare una sorveglianza ambientale di radioprotezione nelle zone controllate e sorvegliate;
d. procedere alla valutazione delle dosi e delle introduzioni di radionuclidi relativamente ai lavoratori esposti;
e. assistere, nell'ambito delle proprie competenze, il datore di lavoro nell'individuazione e nell'adozione delle azioni da compiere in caso di incidente.
2. La valutazione della dose individuale per i lavoratori di categoria A derivanti da esposizioni esterne deve essere eseguita, a norma dell'articolo 75, mediante uno o più apparecchi di misura individuali nonché in base ai risultati della sorveglianza ambientale di cui al comma 1. lettera c).
3. La valutazione della dose individuale per i lavoratori di categoria A derivanti da esposizioni interne deve essere eseguita in base ad idonei metodi fisici e/o radiotossicologici.
4. Qualora la valutazione individuale delle dosi con i metodi di cui ai commi 2 e 3 risulti per particolari condizioni impossibile o insufficiente, la valutazione può essere effettuata sulla scorta dei risultati della sorveglianza dell'ambiente di lavoro o a partire da misurazioni individuali compiute su altri lavoratori esposti.
5. La valutazione della dose ricevuta o impegnata dai lavoratori esposti che non sono classificati in categoria A può essere eseguita sulla scorta dei risultati della sorveglianza fisica dell'ambiente di lavoro.
6. L'esperto qualificato comunica per iscritto al medico autorizzato, almeno ogni sei mesi, le valutazioni delle dosi ricevute o impegnate dai lavoratori di categoria A e con periodicità almeno annuale, al medico addetto alla sorveglianza medica, quelle relative agli altri lavoratori esposti. In caso di esposizioni accidentali o di emergenza la comunicazione delle valutazioni basate sui dati disponibili deve essere immediata e, ove necessario, tempestivamente aggiornata.
Il comma 7 stabilisce inoltre che l'Esperto Qualificato deve procedere alle analisi e alle valutazioni necessarie ai fini della radioprotezione della popolazione secondo i principi del capo IX del D. Lgs.230/95.
LAVORATORI ADDETTI ALLA GESTIONE DELLE EMERGENZE
Sono i lavoratori incaricati dell'applicazione delle misure di emergenza nelle varie strutture dell’azienda; la legge individua come obbligatoria la presenza, sempre, almeno dell’addetto alla gestione dell’emergenza “incendio” e dell’emergenza “primo soccorso agli infortunati”.
In particolare per la gestione dell’antincendio, gli addetti sono sottoposti a specifica formazione e, per le strutture ospedaliere ed assimilate, ad esame di abilitazione con attestato di idoneità rilasciato dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco.
I nominativi dei lavoratori formati ed addetti alle squadre di emergenza sono riportati in specifici documenti.
Per quanto riguarda l’emergenza incendio il documento di riferimento è il Piano di Emergenza ed Evacuazione la cui sintesi, con le procedure applicative, è disponibile presso ogni U.O..
Per quanto riguarda l’emergenza “primo soccorso” sono individuati solo nelle strutture territoriali e i nominativi riportati in specifico documento.
TERMINOLOGIA E LOGICA DELLA PREVENZIONE
Luoghi di lavoro
Per luoghi di lavoro si intendono i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro ubicati all’interno dell’azienda nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda comunque accessibile per il lavoro (compresi quelli accessibili saltuariamente come i locali tecnici nei quali si esegue l’ordinaria manutenzione).
Se vi sono presenti lavoratori portatori di handicap i locali devono essere ristrutturati in modo da eliminare le barriere architettoniche. Per gli edifici di nuova costruzione devono comunque essere osservate le disposizioni per l’abbattimento delle barriere architettoniche.
Rischio
In genere il rischio è definito come il prodotto della probabilità P di un evento per la magnitudine M del danno (la gravità di un evento in relazione al danno causato). Si possono avere eventi rari, ma gravi fino a causare la morte di un individuo, ed eventi frequenti con conseguenze non gravi. Ad esempio l’utilizzo dei VDT porta ad un affaticamento reversibile, l'ingestione di una rilevante quantità d’arsenico porta invece alla morte. Uno è un evento frequente, ma con gravità limitata, l’altro è un evento raro, ma di estrema gravità.
Valutazione del rischio
E’ il processo che porta alla redazione di un documento, previsto dalla legge, contenente la stima di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori presenti in una determinata azienda.
Misure di Prevenzione e Protezione - Rischio Residuo
A seguito della valutazione del rischio sono predisposte delle misure di prevenzione e di protezione collettive ed individuali. Per esempio, nell’utilizzo di una sostanza chimica le misure collettive possono essere i locali idonei, le cappe aspiranti, ricambi d’aria opportuni, ecc...
Nella scelta delle misure da attuare si dovranno privilegiare quelle che riducono il rischio alla fonte e quelle collettive; in caso di impossibilità si potranno utilizzare i dispositivi di protezione individuale.
Quindi, se vi è un macchinario molto rumoroso si dovrà intervenire con appositi panelli fonoassorbenti; se ciò, per motivi tecnici, non è possibile, dovranno essere fornite le cuffie ai lavoratori.
Per misure individuali di protezione si intende quindi l’utilizzo dei DPI, quali maschere filtranti, occhiali, guanti ecc..
Pur adottando le misure di prevenzione e protezione previste dalla legge e dalle norme, un rischio difficilmente si può eliminare del tutto, questo rischio che si considera accettabile, secondo le conoscenze tecniche e scientifiche, è definito rischio residuo.
Per tale rischio residuo occorre comunque fornire un’adeguata informazione e formazione al lavoratore, al fine di ridurre ulteriormente la possibilità di infortunio o di malattia.
Sorveglianza Sanitaria
E’ l’insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali ed alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa. Ulteriori informazioni sono riportate nel paragrafo relativo al Medico Competente.
TIPOLOGIE DEI PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO PRESENTI NELLE STRUTTURE ULSS
FATTORI DI RISCHIO PER LA SICUREZZA DEI LAVORATORI
▪ Scivolamento, cadute a livello: il rischio deriva dalle condizioni di percorribilità dei pavimenti, delle aree esterne, dalle pendenze; possono presentarsi ostacoli da parte di apparecchiature o arredi, superfici scivolose dovute a residui di liquidi. Il rischio è possibile in tutti i locali delle strutture e durante le attività esterne. Prestare attenzione durante il transito nei locali delle strutture e fare attenzione alla segnaletica in particolare quella mobile utilizzata dalle squadre di
pulizia;
▪ Caduta dall’alto: il lavoratore che si trovi ad operare in una postazione sopraelevata può cadere verso il basso (es. nell’uso delle scalette portatili, sgabelli, ecc.);
▪ Caduta di materiale dall’alto: il lavoratore può essere colpito da materiale che cade dall’alto;
▪ Urti, colpi, impatti, compressioni: il rischio deriva in particolare dalla movimentazione di materiali, dall’uso di attrezzature di lavoro e dall’uso di macchine o da atti ostili di pazienti affetti
da particolari patologie o stati di stress, o dal contatto con animali che possono tirare calci o cornate al veterinario.
▪ Punture, tagli, abrasioni, ustioni: il rischio deriva in particolare dalla movimentazione di materiali, dall’uso di attrezzature taglienti (aghi, bisturi, ecc.), dall’utilizzo di apparecchiature
elettriche.
Il rischio di ustione può presentarsi particolarmente nei locali con sterilizzatrici ed in alcuni locali ove viene utilizzato l'azoto liquido (ustione da freddo, congelamento).
▪ Cesoiamento, stritolamento: il rischio deriva in particolare dall’uso di macchine ed attrezzature di lavoro. Il rischio è possibile durante la movimentazione con trans pallet o muletto, o a causa di
macchinari con parti mobili non protette, e simili.
▪ Investimento, incidente stradale: il lavoratore può essere coinvolto in incidenti stradali durante i percorsi per raggiungere le sedi in cui effettuare l'attività o durante l’attività stessa, o può essere investito dai mezzi di lavoro interni (trattorini, muletti).
▪ Incendio: il lavoratore può subire un danno in conseguenza di un incendio che si verifichi durante lo svolgimento dell’attività. Si ricorda che presidi ospedalieri sono classificati a rischio di incendio elevato.
▪ Esplosione: il lavoratore può subire un danno in conseguenza al verificarsi di una esplosione durante lo svolgimento dell’attività;
▪ Elettricità: : il lavoratore può subire un danno in conseguenza al contato diretto o indiretto con elementi in tensione elettrica, ciò a causa della presenza di impianto elettrico, di macchinari e dispositivi medici che vi sono collegati, di cavi e prolunghe in uso.
FATTORI DI RISCHIO FISICO PER LA SALUTE DEI LAVORATORI
▪ Rumore: il rischio è possibile dove si utilizzano automezzi con sirena, generatori, compressori, seghe, attrezzature per giardinaggio, o durante attività fuori dalle sedi dell’ULSS 6 “VICENZA” presso impianti di produzione industriali (come ad esempio per le attività svolte dagli operatori del Dipartimento di Prevenzione);
▪ Vibrazioni: il lavoratore può subire un danno osteo-articolare, del sistema mano/braccio o al corpo intero, in conseguenza all’esposizione ad una sorgente vibrante;
▪ Condizioni climatiche: il lavoratore può subire un danno per la salute in conseguenza all’esposizione a situazione climatiche esterne o interne sfavorevoli (calde/fredde o secche/umide), o improvvisi e frequenti passaggi da ambienti con condizioni microclimatiche molto differenti (celle frigorifere);
▪ Radiazioni ionizzanti: in radiodiagnostica, in alcune sale operatorie, in alcuni studi dentistici e talvolta anche nelle degenze risulta presente il rischio di esposizione ai raggi X, ma solamente quando le apparecchiature sono in funzione. Vi sono anche delle aree/locali dove sono presenti radioisotopi e quindi radiazioni ionizzanti con emissione continua (però controllate/segregate es. Medicina Nucleare);
▪ Radiazioni non ionizzanti: il rischio sussiste soprattutto presso la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) e le strutture riabilitative che fanno uso di apparecchi per radar-terapia, marconi e laser- terapia.
▪ RISCHIO CHIMICO E CANCEROGENO
- Polveri e fibre: il rischio deriva dalla presenza di manufatti da cui possono svolgersi polveri o
fibre dannose alla salute;
- Fumi e nebbie: il rischio deriva dalla presenza di lavorazioni da cui possono svolgersi fumi e nebbie dannose alla salute;
- Gas e vapori: il rischio deriva dalla presenza di lavorazioni da cui possono svolgersi gas e vapori dannosi alla salute;
- Contatto cutaneo con sostanze e preparati: viene considerata la possibilità che il lavoratore possa subire un danno in conseguenza del contatto cutaneo con sostanze, preparati e materiali ad azione caustica, irritante, tossica o sensibilizzante;
Il rischio è particolarmente presente nei laboratori analisi, centri trasfusionali, anatomia patologica, farmacia, sale operatorie; inoltre in molti servizi e reparti sono presenti farmaci, disinfettanti, detergenti e gas medicali che possono provocare infortuni o malattie.
▪ RISCHIO BIOLOGICO
- Il lavoratore può subire un danno in conseguenza all’esposizione diretta o indiretta ad agenti
biologici, con i quali può venire a contatto soprattutto in occasione di manovre sanitarie sui pazienti (prelievi, cateterismi, medicazioni, interventi chirurgici, …), nella manipolazione dei liquidi biologici (laboratori analisi, centri trasfusionali, anatomie patologiche,…), ecc.
- E’ anche possibile venire a contatto con contenitori o depositi di rifiuti in attesa di smaltimento e depositi della biancheria sporca, potenzialmente a rischio biologico.
- Si riporta anche il rischio dovuto a presenza di animali, con conseguenti possibilità di infezioni, più frequenti durante l’attività sul territorio ad es. da parte del Servizio Veterinario.
FATTORI DI RISCHIO PER LA SALUTE DI TIPO ORGANIZZATIVO
▪ Movimentazione manuale dei carichi e dei pazienti: il lavoratore può subire un danno in conseguenza alla necessità di sollevare, spingere, trainare un carico. In sanità tale rischio è rappresentato soprattutto dai pazienti;
▪ Aspetti psicologici e organizzativi: il lavoratore può subire un danno alla salute in conseguenza di vincoli nell'organizzazione del lavoro o in presenza di situazioni stressanti.
TIPOLOGIE DI INFORTUNIO
Diverse indagini nel settore, oltre che le statistiche interne, mostrano che gli eventi più gravi sono legati all’uso di autoveicoli, alle cadute, alla movimentazione dei pesi. Tra i più frequenti si hanno invece le punture da ago; a tale tipo di infortunio, che spesso non comporta assenze dal lavoro, è associato il rischio di contrarre malattie qualora lo strumento sia contaminato da sostanze organiche infette quali epatiti B, C e HIV.
Anche infortuni da atti ostili messi in atto da pazienti sono frequenti, in particolare nell’assistenza per malattie e disturbi psichici.
LA TUTELA DELLE LAVORATRICI MADRI
La normativa vigente (D.Lgs. 151/01) prevede la tutela delle lavoratrici madri mediante un intervento di prevenzione primaria di allontanamento dai lavori a rischio delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, che si sviluppa essenzialmente attraverso le fasi della valutazione dei rischi ed i conseguenti provvedimenti di tutela delle lavoratrici che abbiano informato il datore di lavoro del proprio stato di gravidanza.
In caso di impossibilità di spostamento di dette lavoratrici a mansioni non a rischio, il datore di lavoro attiverà la procedura per il provvedimento di astensione anticipata e posticipata dal lavoro. E' obbligatoria la notifica immediata al datore di lavoro dello stato di gravidanza, non appena accertato, da parte delle lavoratrici esposte a radiazioni ionizzanti ( art.8 c. 2° del D. Lgs 151/01).
Quale tipo di informazione
Tutte le lavoratrici gestanti, indipendentemente dalla mansione e dal rischio professionale, devono astenersi obbligatoriamente dal lavoro nei 2 mesi precedenti la data presunta del parto e fino al compimento del 3° mese di età del bambino ( astensione obbligatoria dal lavoro).
Le lavoratrici, non esposte a rischi professionali specifici, possono scegliere di limitare l'astensione ad un solo mese prima del parto e fino al compimento del 4° mese di età del bambino ( flessibilità della astensione obbligatoria ) presentando domanda al Servizio Risorse Umane o al Servizio Professioni Sanitarie con la seguente documentazione:
1. un certificato di un Medico Ginecologo del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato;
2. un certificato del Medico Competente Aziendale.
I due certificati devono attestare che la permanenza sul luogo del lavoro non pregiudica la salute della donna e del nascituro; le certificazioni devono essere redatte e presentate nel corso del settimo mese di gravidanza.
In alcuni casi, espressamente previsti dalle leggi vigenti, la Direzione Provinciale del Lavoro, su richiesta della lavoratrice, può disporre l'astensione anticipata dal lavoro (rispetto a quella obbligatoria ); si ha diritto a questa forma di tutela in presenza di:
• gravi complicazioni della gestazione o preesistenti forme morbose che si suppone possano essere aggravate dallo stato di gravidanza ( ad esempio minaccia d'aborto );
• condizioni di lavoro ed ambientali ritenute dannose per la salute della donna o del bambino, quando non sia possibile adibire la lavoratrice ad altre mansioni (ad esempio ambiente lavorativo a rischio e specifica professionalità ).
Dopo il parto, nel puerperio-allattamento, la persistenza delle stesse condizioni di cui al punto precedente, permettono di prolungare l'astensione dal lavoro fino al compimento del 7° mese di età del bambino (astensione posticipata dal lavoro).
Per usufruire del diritto al congedo di maternità anticipata e posticipata, le lavoratrici devono presentare domanda con un certificato attestante lo stato di gravidanza e la data presunta del parto ed, eventualmente, le particolari complicanze della gestazione, per la richiesta di astensione anticipata; con un certificato di nascita o compilazione della relativa autocertificazione per la richiesta di prolungamento della astensione obbligatoria (astensione posticipata).
Una specifica Procedura di Sicurezza Aziendale, disponibile nell’INTRANET, dettaglia nei particolari tutti i percorsi possibili e la relativa modalità di applicazione.
La normativa introduce l’obbligo di valutare se e come, le differenze di sesso possono comportare un rischio diverso di esposizione o di danno tra i lavoratori, in relazione alla tipologia di attività lavorativa espletata e quindi, in caso affermativo, di adottare misure di protezione e prevenzione differenziate ed efficaci (art. 28, comma 1, del X.X.xx. 81/08).
In sanità i fattori di rischio che possono determinare conseguenze in parte diverse, a seconda del genere della persona interessata, sono:
gli agenti biologici: alcuni microrganismi possono causare malattie (rosolia, parotite, tubercolosi, epatite virale, ecc.) che possono determinare gravi conseguenze nelle lavoratrici, soprattutto in caso di gravidanza, sia per un danno diretto sul prodotto del concepimento, sia a causa dei farmaci utilizzabili per la terapia. Ogniqualvolta sia possibile vengono quindi adottati, in ambito di sorveglianza sanitaria, provvedimenti di profilassi mediante la somministrazione di vaccini adeguati o di farmaci volti a prevenire l’insorgenza delle malattie stesse, oppure vengono attivate procedure di follow up in grado di consentire una diagnosi tempestiva e precoce.
la movimentazione manuale dei carichi: per ragioni di carattere anatomico e costituzionale, le donne possono movimentare, in condizioni di sicurezza, pesi inferiori rispetto agli uomini. Di ciò si tiene conto, sia in ambito di valutazione del rischio che in corso di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica, adottando i valori limiti di riferimento differenziati per sesso proposti dalle norme, dalla letteratura scientifica e dalle linee guida. Cautele maggiori vengono adottate in caso di gravidanza e nel post partum.
le radiazioni ionizzanti: le radiazioni ionizzanti possono indurre danni di natura deterministica (dose dipendenti) diversi a seconda del genere (sterilità temporanea o permanente a dosi diverse,) o in caso di maternità. Tali dosi non sono raggiungibili per esposizioni lavorative in ambito sanitario; in caso di gravidanza o allattamento, l’esposizione è vietata e regolamentata. Per gli effetti stocastici, come le neoplasie, possono esistere suscettibilità diverse (mammella per le donne, vescica o prostata per gli uomini), anche se l’evidenza scientifica è, al momento, molto limitata; in tal caso valgono ovviamente le regole generali di radioprotezione e, quando è possibile, vengono introdotte in ambito di sorveglianza sanitaria misure di screening oncologico differenziate per sesso.
gli agenti chimici e cancerogeni: alcuni agenti chimici possono essere pericolosi in caso di gravidanza, sia per la donna che per il bambino, o in corso di allattamento. Si rimanda alla sezione specifica per ulteriori informazioni.
i fattori ergonomici: nella progettazione e realizzazione dei luoghi di lavoro, delle postazioni di lavoro fisse, con o senza attrezzature, vengono considerate le diverse misure antropometriche medie che caratterizzano i due sessi, privilegiando le attrezzature e gli arredi che consentono un adattamento migliore e personalizzato. In talune e particolari occasioni, il S.P.P., autonomamente o in collaborazione con il medico competente, contribuisce alla progettazione ed alla realizzazione di postazioni lavorative individuali ergonomicamente corrette.
le aggressioni: per ragioni di carattere culturale e socio-economico, le donne risultano più esposte alle aggressioni verbali e fisiche e, per ragioni costituzionali, possono subirne maggior danno.
L’azienda ha pertanto iniziato un percorso di valutazione e formativo volto a favorire una più attenta e consapevole prevenzione a livello direzionale, collettivo e personale.
il mobbing: per ragioni di carattere culturale e socio-economico, le donne risultano più esposte a questo tipo di sistematica ed intenzionale aggressione e, per varie ragioni, possono subirne maggior danno. L’azienda ha pertanto iniziato un percorso di valutazione e formativo volto a favorire una più attenta e consapevole prevenzione a livello direzionale, collettivo e personale.
lo stress lavoro-correlato, il burn-out: le donne, per ragioni di carattere culturale e socio-economico, possono essere più esposte, in sanità, a stress ed a stress lavoro-correlato e, per varie ragioni, possono subirne un danno maggiore. Di ciò si tiene conto, sia in ambito di valutazione del rischio, che di sorveglianza sanitaria, che in corso di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica, adottando le necessarie e conseguenti misure di prevenzione.
il lavoro a turni: le donne, per ragioni di carattere culturale e socio-economico, possono essere più esposte, in sanità, al rischio di stress legato al lavoro a turni ed al lavoro notturno. Di ciò si tiene conto, sia in ambito di valutazione del rischio, che di sorveglianza sanitaria, che in corso di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica, adottando le necessarie e conseguenti misure di prevenzione.
L’ETA’
L’età del lavoratore va considerata al fine di identificare idonee procedure di prevenzione dei rischi per la sicurezza e la salute. E’ noto, infatti, dall’analisi della letteratura, come gli infortuni colpiscano, in numeri assoluti, soprattutto la fascia d’età compresa 35-49 anni, ma se si analizzano i dati per numero di occupati e fascia d’età, si scopre che colpiscono con maggior frequenza i lavoratori più giovani ed inesperti, mentre le conseguenze sono generalmente più gravi nei lavoratori di età medio- avanzata.
Le cause di questo fenomeno sono varie e complesse e non del tutto controllabili, ma è possibile tentare di limitarlo attraverso iniziative di formazione e di addestramento, che tengano anche conto del fattore età. Per i più giovani può essere, infatti, opportuno organizzare un percorso formativo volto ad approfondire soprattutto le procedure di sicurezza; per il lavoratori di età più avanzata può essere, invece, più utile un programma di formazione a frequenza ravvicinata ma di breve durata, con l’obiettivo di impedire il consolidarsi nel tempo di prassi lavorative e di manualità dettate dalla consuetudine e caratterizzate da un basso livello di sicurezza.
Nel campo della prevenzione della salute, invece, si deve considerare come l’esposizione a fattori di rischio lavorativo, nella maggior parte dei casi, si sia ridotta negli ultimi anni per ragioni di carattere tecnico ed organizzativo, e anche grazie alle misure di prevenzione intraprese.
Quindi, sempre più frequentemente, la medicina del lavoro si trova a dover intervenire nella prevenzione sanitaria delle cosiddette “malattie correlate al lavoro” causate dalla complessa interazione tra i fattori di rischio professionali e l’insieme di fattori individuali ed ambientali.
Pertanto, per le fasce d’età più giovani è opportuno implementare a livello aziendale le attività formative di “promozione della salute” volte a favorire stili di vita sani, soprattutto nel campo della prevenzione dell’abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti, nel campo dell’alimentazione corretta e sana, e del fumo di sigaretta.
In età madio-avanzata va invece considerato il problema della maggior incidenza di patologie cronico-degenerative a carico dell’apparato muscolo-scheletrico, delle patologie cardio-vascolari e delle neoplasie.
Tale problematica non può essere affrontata solo sul piano degli interventi formativi, ma deve trovare anche un riscontro in ambito di sorveglianza sanitaria attraverso la promozione di adeguati
programmi di screening clinici da inserire nel protocollo degli accertamenti periodici, utili sia all’identificazione precoce di patologie correlabili al lavoro, sia all’identificazione di patologie correlate all’età, anche se potrebbero condizionare in maniera significativa l’idoneità alla mansione specifica.
Il medico competente (visto anche l’art. 25, comma 1, lettera a, del D.Lgs. 81/08) si fa, quindi, parte attiva presso la direzione aziendale, in collaborazione con i Servizi del Dipartimento di Prevenzione, ed in sintonia con analoghe iniziative regionali, di attività di promozione della salute in cui coinvolgere anche i lavoratori dell’ULSS 6 “VICENZA”.
Il Provvedimento 16 marzo 2006 della Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e Bolzano ha identificato le attività lavorative che comportano un rischio elevato di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute di terzi ai sensi dell’art. 15 della Legge 30 marzo 2001, n. 125, pubblicata in G.U. n. 90 del 18 aprile 2001 (legge quadro in materia di alcol e problemi alcol correlati).
Si contano una settantina di mansioni identificate come pericolose per sé e per gli altri. Fra le altre sono coinvolte:
1) la conduzione di generatori di vapore o attività di fochino;
2) le mansioni sanitarie svolte in strutture pubbliche e private in qualità di: medico specialista in anestesia e rianimazione; medico specialista in chirurgia; medico comunque preposto ad attività diagnostiche e terapeutiche; infermiere; operatore socio-sanitario; ostetrica caposala e ferrista; vigilatrice di infanzia o infermiere pediatrico e puericultrice, addetto ai nidi materni e ai reparti per neonati e immaturi; mansioni sociali e socio-sanitarie svolte in strutture pubbliche e private;
3) addetti alle attività di trasporto (persone o merci) con guida di veicoli stradali per i quali e' richiesto il possesso della patente di guida categoria B, C, D, E;
4) addetti alla guida di macchine movimento terra;
5) tutte le mansioni che prevedono attività in quota, oltre i due metri di altezza.
Per tutte queste categorie vige il divieto di somministrazione e assunzione di bevande alcolica nei luoghi di lavoro e i soggetti interessati possono essere sottoposti a controlli alcolimetrici da parte del medico competente o di medici del lavoro dei servizi di prevenzione e sicurezza con funzioni di vigilanza appartenenti alle ULSS territorialmente competenti (art. 15 della Legge 30 marzo 2001, n. 125). Il medico competente è quindi di fatto incaricato di rendersi garante del controllo della salute non solo del lavoratore ma anche delle conseguenze che il suo stato di salute può determinare sulla incolumità di soggetti terzi (colleghi di lavoro, utenti, ecc.); la medesima impostazione prevenzionistica è rilevabile in quanto stabilito dalla norma in merito all’abuso fra i lavoratori di sostanze stupefacenti o psicotrope.
A tal proposito, con l’intesa della Conferenza Unificata del 30 ottobre 2007 sugli accertamenti di assenza di tossicodipendenza sui lavoratori si è posto in essere il provvedimento attuativo del disposto contenuto nell’articolo 125 del Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza (D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309), ove si prevede che gli appartenenti alle specifiche categorie di lavoratori destinati a mansioni che comportano rischi per la sicurezza, la incolumità e la salute dei terzi siano sottoposti ad accertamento di assenza di tossicodipendenza.
Fra le attività e mansioni interessate, sono coinvolte:
1) le attività per le quali è richiesto un certificato di abilitazione per impiego di gas tossici;
2) le attività di trasporto svolte da conducenti di veicoli stradali per i quali è richiesto il possesso della patente di guida categoria C, D, E, e quelli per i quali è richiesto il certificato di formazione professionale per guida di veicoli che trasportano merci pericolose su strada;
3) le mansioni di addetti alla guida di macchine di movimentazione terra e merci.
Il medico competente è la figura deputata ad effettuare, in fase iniziale, per le categorie di lavoratori su citate, specifici accertamenti sanitari preventivi di screening (o di primo livello), volti a porre il sospetto dell’eventuale abuso di sostanze stupefacenti. Specifiche modalità di prelievo e di conservazione del campione, nonché gli accertamenti di secondo livello effettuati in strutture pubbliche accreditate ed identificate ad hoc, rappresentano la garanzia per il lavoratore della correttezza e dell’ accuratezza dell’indagine.
L’esito positivo dei tests di screening comporta ex lege l’emissione, da parte del medico competente, di un giudizio di inidoneità temporanea del lavoratore allo svolgimento della mansione, confermato in caso di positività del test di secondo livello, e determina la possibilità dell’avvio del lavoratore ad un percorso di riabilitazione presso le strutture competenti. Il lavoratore del quale sia stata accertata la tossicodipendenza può essere adibito a mansioni diverse da quelle proibite dalla norma e comportanti il rischio per terzi, fermo restando il diritto alla conservazione del posto di lavoro nel caso si tratti di un lavoratore che intenda accedere ai programmi terapeutici e di riabilitazione presso i servizi sanitari dell’ azienda sanitaria locale o di altre strutture terapeutico riabilitative o socio- assistenziali, per un tempo pari alla durata del trattamento ed in ogni caso per non più di tre anni.
I RISCHI PER LA SICUREZZA E LA SALUTE
DEFINIZIONE DI PERICOLO E DI RISCHIO
Pericolo:
proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni.
Rischio:
probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente, oppure alla loro combinazione.
Valutazione del rischio:
valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza.
I DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE (DPI) QUALE MISURA DI PROTEZIONE DAL RISCHIO
Definizione
Si intende per Dispositivo di Protezione Individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. Non sono dispositivi di protezione individuale gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore, nonché le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio.
Obbligo di uso
I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
Per le varie tipologie di DPI, occorre fare riferimento alla Guida/Manuale Aziendale per la scelta dei Dispositivi di Protezione Individuali (DPI) disponibile in intranet
Obblighi dei lavoratori
I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari (l’addestramento è obbligatorio per gli utilizzatori di DPI di terza categoria e per gli otoprotettori).
I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato, hanno cura dei DPI messi a loro disposizione e non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione.
Marcatura ce ed istruzioni
Su ogni DPI deve essere presente la marcatura CE, apposta direttamente su di esso, in modo visibile, leggibile ed indelebile; se ciò risulta impossibile date le caratteristiche del prodotto, la marcatura CE può essere presente sull'imballaggio.
Tutti i DPI sono accompagnati da istruzioni d’uso e avvertenze, più o meno approfondite in funzione della categoria del DPI (tali indicazioni devono essere in lingua italiana); è importante leggere le modalità di indossamento e d’uso essendo questi degli aspetti critici.
Requisiti e categorie dei dpi
I DPI devono essere conformi alle norme di cui al D.Lgs. 475/92 e devono inoltre:
• essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore;
• essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
• tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
• poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità;
• in caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.
I DPI sono suddivisi in tre categorie:
1. Appartengono alla prima categoria, i DPI di progettazione semplice destinati a salvaguardare la persona da rischi di danni fisici di lieve entità.
2. Appartengono alla seconda categoria i DPI che non rientrano nelle altre due categorie.
3. Appartengono alla terza categoria i DPI di progettazione complessa destinati a salvaguardare da rischi di morte o di lesioni gravi e di carattere permanente (ad es. gli apparecchi di protezione respiratoria filtranti contro gli aerosol o contro i gas irritanti; oppure i DPI che assicurano una protezione limitata nel tempo contro le aggressioni chimiche e contro le radiazioni ionizzanti; ecc.); deve presupporsi che la persona che usa il DPI non abbia la possibilità di percepire tempestivamente l’accadimento istantaneo di effetti lesivi.
I FATTORI DI RISCHIO PER LA SICUREZZA E LA SALUTE, NELLE STRUTTURE DELL’ULSS 6 “VICENZA”
RISCHIO DA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Per movimentazione manuale dei carichi si intendono le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le sue caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli comporta, tra l'altro, rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico in particolare dorso-lombari.
Le patologie da sovraccarico biomeccanico sono lesioni delle strutture osteoarticolari, muscolotendinee e neurovascolari.
CHI E' ESPOSTO
In ambito sanitario, la movimentazione manuale si suddivide in movimentazione manuale di pazienti e in movimentazione di carichi inerti.
Sono esposti a tale rischio i lavoratori (prevalentemente personale infermieristico, OTA e OSS) addetti alla mobilizzazione manuale di pazienti totalmente o parzialmente collaboranti.
Possono essere esposti a tale rischio anche lavoratori dei settori tecnici, dei magazzini, della farmacia, dei servizi economali.
LA TIPOLOGIA DI CARICHI MOVIMENTATI
Movimentazione manuale pazienti
Il paziente rappresenta un “carico” atipico per il possibile elevato peso, l’instabilità, la difficoltà nella presa e la scarsa collaborazione sovente fornita.
Il rischio da movimentazione manuale di pazienti è valutato secondo il metodo messo a punto dall’EPM-CEMOC nel 1999 (indice MAPO); mentre per l’analisi e la valutazione delle operazioni di trasporto, traino e spinta (anche di pazienti su letti, barelle o carrozzine) vengono utilizzati i riferimenti presenti nella norma tecnica ISO 11228-2, indicata nell’ allegato XXXIII del DLgs 81/2008.
La metodologia su cui si basa la costruzione dell’indice sintetico di esposizione MAPO considera due aspetti fondamentali.
Il primo aspetto consiste nel riconoscimento dei principali elementi che possono determinare l’entità della esposizione (carico assistenziale indotto dalla presenza di pazienti non autosufficienti, tipo/grado di disabilità motoria dei pazienti, aspetti strutturali degli ambienti di lavoro, attrezzature in dotazione, formazione degli operatori sullo specifico argomento); mentre il secondo aspetto consiste nell’individuazione di cosa o chi viene abitualmente movimentato e cosa determina un aumento della frequenza di sollevamento o del sovraccarico biomeccanico sul rachide lombare.
I pazienti sono divisi in autosufficienti e non autosufficienti; questi ultimi vengono ulteriormente distinti, in base alle residue capacità motorie e alla patologia in atto, in totalmente non collaboranti e parzialmente non collaborante.
Lo studio di correlazione rischi/danno ha permesso di definire delle fasce di esposizione cui corrispondono probabilità crescenti di danno al rachide lombosacrale. L'indice individua tre livelli di azione, secondo il noto modello del semaforo (verde, giallo e rosso) di indubbio valore operativo:
la fascia verde corrisponde ad un valore di indice MAPO compreso tra 0 e 1,5 in cui il rischio è da considerarsi trascurabile; per valori di MAPO fra 1,5 e 5 (area gialla) gli episodi di lombalgie si possono presentare con un incidenza doppia rispetto al rischio trascurabile (per tale motivo si ritiene utile attivare la formazione, la sorveglianza sanitaria e la programmazione di interventi di bonifica a medio-lungo termine) ed infine una terza fascia corrispondente a valori di indice MAPO superiori a 5 (area rossa) dove gli episodi di lombalgia acuta possono presentarsi con un incidenza fino a 5 volte maggiore di quella attesa. I valori superiori a 5 indicano un esposizione tanto più significativa quanto
più il valore dell'indice aumenta; è necessario attivare programmi di formazione e sorveglianza sanitaria specifica nonché predisporre ed attuare un piano per la rimozione dei fattori di rischio a breve termine.
Movimentazione manuale oggetti inanimati
Per quanto riguarda le azioni di sollevamento di carichi inerti può essere adottato il metodo NIOSH. L’indice di rischio connesso alle operazioni di sollevamento è determinato calcolando il rapporto tra peso effettivamente sollevato e peso limite raccomandato. Il NIOSH propone un peso ideale di 23 kg valido per entrambi i sessi, che però risulta meno cautelativo per la popolazione femminile (70-80%). Adottando la norma UNI EN 1005-2;2004, è possibile diversificare i pesi di riferimento e, di conseguenza, salvaguardare il 90% di popolazione sia maschile che femminile adulte: per popolazioni lavorative adulte i valori della costante risultano uguali a 15 kg per le donne e a 25 kg per gli uomini salvaguardando allo stesso modo il 90% della popolazione sia essa composta da maschi e femmine adulti.
Le procedure di valutazione si rivolgono a:
- carichi di peso superiore a 3 kg; Il rischio per la schiena delle persone adulte viene ritenuto trascurabile se il peso del carico è inferiore a 3 kg.
- azioni di movimentazione che vengano svolte in via non occasionale.
Per le azioni di tipo occasionali sarà possibile operare la valutazione sulla scorta del semplice superamento del valore massimo consigliato per le diverse fasce di età e di sesso.
Non esiste per le azioni di traino e spinta un modello valutativo collaudato.
Il decreto propone di utilizzare le tabelle presenti nella norma tecnica della serie ISO 11228-2 dove sono riportati i relativi valori “ideali” rispettivamente per azioni di spinta, di traino e di trasporto in piano. Sono stati selezionati unicamente i valori che tendono a proteggere il 90% delle rispettive popolazioni adulte sane, maschili e femminili. Con essi si forniscono per ciascun tipo di azione, per sesso e per i diversi percentili di “protezione” della popolazione sana, nonchè per varianti interne al tipo di azione (frequenza, altezza da terra del punto di applicazione della spinta, distanza di trasporto, ecc.) i valori limite di riferimento del peso (azioni di trasporto) o della forza esercitata (in azioni di tirare o spingere) rispettivamente nella fase iniziale (picco di forza) e poi di mantenimento dell’azione (forza di mantenimento). Si ottiene così un indice di rischio del tutto analogo a quello ricavato con la procedura di analisi di azioni di sollevamento.
Tuttavia in ambito sanitario tale metodica è difficilmente applicabile (operazioni svolte con basse frequenze, in modo non sistematico e con compiti di sollevamento molto diversificati tra loro e non ripetitivi ). L’unità di ricerca ergonomia della postura e del movimento (CEMOC di Milano) ha predisposto delle schede di valutazione, dove però non è ancora disponibile un indice sintetico (a differenza della valutazione condotta con metodo MAPO). Le schede specifiche sopracitate consentono di raccogliere in maniera standardizzata, ripetibile e confrontabile nel tempo una serie di dati relativi:
• all’attività condotta;
• alla tipologia dei carichi sollevati ed alle manovre eseguite;
• alla frequenza;
• alle caratteristiche ambientali e degli ausili disponibili;
• alla formazione degli operatori.
QUALI DANNI
E’ ormai consolidato il rapporto esistente tra l’esposizione al rischio da MMC e la possibilità di contrarre affezioni acute e croniche dell’apparato locomotore ed in particolare del rachide,
specialmente se vengono utilizzate tecniche di sollevamento errate o sopravvalutando le proprie possibilità fisiche.
Nell’ambito ospedaliero si è evidenziato che i disturbi acuti e cronici del rachide sono assai diffusi fra coloro che assistono persone malate; sono moltissimi gli studi e le ricerche che indicano come gli addetti all'assistenza sanitaria siano tra le categorie professionali più colpite da patologie della colonna vertebrale.
L'incidenza degli sforzi fisici e delle conseguenti patologie è ovviamente più elevato laddove è necessario assistere soggetti immobilizzati o parzialmente collaboranti (rianimazione, medicina, ortopedia, geriatria, chirurgia, lungodegenza, ecc.).
Il rachide è un complesso sistema di legamenti, muscoli, ossa, nervi e dischi intervertebrali.
Il sollevamento o la manipolazione di un peso, fatto nella maniera sbagliata può danneggiare queste strutture con lesioni di diversa gravità a seconda di quale attività fisica viene effettuata (più frequentemente vengono lesionati i dischi intervertebrali, i legamenti e i muscoli).
I dischi intervertebrali servono a distanziare le vertebre l’una dall’altra e ad ammortizzare gli urti; ogni disco è una struttura ovale, costituita esternamente da un anello fibroso cartilagineo e all’interno da una sostanza gelatinosa (nucleo polposo). Un movimento errato può aumentare la pressione all’interno del disco con conseguente rottura e fuoriuscita della sostanza gelatinosa (ernia del disco) che va a comprimere le delicate strutture nervose appartenenti al rachide. Una lesione meno grave è il dislocamento del disco, patologia associata ad un indebolimento della sua struttura fibrosa con conseguente formazione di una protrusione che può portare alla compressione della struttura nervosa. Altre patologie sono legate alle faccette articolari delle vertebre (hanno funzione di tenere allineate le vertebre) nelle quali lesioni ripetute (specialmente sollevamenti di pesi associata a torsione) possono condurre a fenomeni artrosici con conseguenze sia sui dischi intervertebrali sia sulle radici nervose; stiramenti o strappi ai legamenti spinali, oltre all’intenso dolore che provocano, perdono la loro funzione stabilizzante sul rachide, con la possibilità di danneggiamenti delle faccette articolari. Sintomi di queste patologie sono forti dolori alla schiena, che si irradiano anche agli arti inferiori; nei casi gravi (rottura del disco), sono impediti il piegarsi in avanti, il sedersi e il camminare (in questi casi è necessario l’intervento chirurgico).
COME SI PREVIENE
Attraverso una corretta progettazione e realizzazione degli ambienti, delle aree di transito e degli spazi di lavoro, e della disposizione degli arredi; e con la messa a disposizione ai lavoratori di ausili che riducono il rischio da movimentazione manuale carichi e ottimizzano l’organizzazione del lavoro.
Devono essere predisposte specifiche iniziative informative/formative destinate all'apprendimento delle tecniche appropriate sia per la movimentazione manuale, sia per l'uso delle attrezzature meccaniche e degli ausili.
Nel campo dell'assistenza sanitaria, al fine di evitare o limitare il ricorso da parte degli operatori alla movimentazione manuale, devono essere utilizzati ausili meccanici (sollevatori, carrozzine, comode), ausili per l’igiene del paziente (ad es. docce attrezzate), letti e barelle regolabili in altezza e dotati di ruote, ed ausili minori (teli ad alto scorrimento, cinture con maniglie, rulli, dischi, ecc. ).
I sollevatori rappresentano il principale ausilio per la MM di pazienti non autosufficienti; il loro uso appropriato è in grado di contenere il rischio in maniera pressoché completa. Qualora non sia possibile l’impiego degli ausili “sollevatori” (in talune situazioni è possibile) occorre utilizzare tecniche di sollevamento e/o ausili minori che riducono significativamente l’effetto del carico sul tratto lombo sacrale.
In generale affinchè siano osservati i criteri per una corretta movimentazione, devono essere tenuti presenti i seguenti principi:
• stimare le caratteristiche del carico da movimentare e decidere anticipatamente se è necessario un mezzo di trasporto, un ausilio o l’aiuto di altri colleghi (è preferibile, quando possibile, utilizzare mezzi meccanici o ausili);
• adottare la miglior tecnica possibile, tenendo il peso da movimentare il più vicino possibile al corpo, evitando flessioni, torsioni e sforzi eccessivi del rachide, o movimentazione del carico utilizzando un solo arto;
• garantirsi una presa sicura;
• alternare la MMC con lavori leggeri;
• valutare la disponibilità di spazi di manovra adeguati e assicurarsi della assenza di ostacoli;
• ricordare, inoltre, che i punti di partenza e di arrivo nelle movimentazioni dovrebbero essere collocati ad un’altezza da terra tale da non richiedere la necessità di chinarsi od alzarsi troppo.
E’ necessario quindi evitare il più possibile la movimentazione manuale dei pazienti ricorrendo:
- agli appositi sollevatori con relative imbracature: sono ausili per il sollevamento (categoria 12 36 della classificazione EN ISO 9999) che hanno la caratteristica di permettere il sollevamento completo del paziente.
- agli ausili minori (tavolette, disco, rulli, cintura, teli senza attrito). I principali ausili minori attualmente disponibili in azienda, sono:
⮚ TAVOLE RIGIDE AD ALTO SCORRIMENTO: attrezzature di circa 200x60 cm, che, sfruttando la riduzione di attrito, consentono i trasferimenti del paziente in posizione supina es. da letto a
barella, senza necessità di sollevamento superando anche piccoli dislivelli (10-15 cm.)
⮚ TELO AD ALTO SCORRIMENTO: attrezzatura di differenti dimensioni che, sfruttando la riduzione di attrito, consente i trasferimenti del paziente, in posizione supina, sullo stesso piano ed in assenza di dislivelli (es. da letto a barella), senza necessità di sollevamento.
⮚ CINTURA ERGONOMICA: cintura munita di maniglie laterali e posteriori applicata alla vita del paziente che permette all’operatore di guidarne il movimento nei passaggi da seduto a stazione eretta e viceversa; la cintura può essere applicata oltre che al paziente anche all’operatore
offrendo un sostegno al paziente, in tutti i casi è comunque preferibile fornire al paziente un supporto di superfici di appoggio fisse ad esempio il bracciolo della carrozzina, il piano del letto o idonee maniglie e corrimano.
⮚ DISCO GIREVOLE: attrezzatura che facilita la rotazione del paziente in piedi sul proprio asse (in associazione con la cintura ergonomica nei passaggi da seduto a seduto).
Si rammenta da ultimo che il personale che, dalla valutazione dei rischi, risulta esposto a tale rischio, viene sottoposto a sorveglianza sanitaria dal Medico Competente, sulla base del protocollo sanitario all’uopo predisposto.
Si definisce agente biologico qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura endocellulare o parassita umano, che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni.
Il rischio biologico rappresenta la possibilità di ammalarsi in conseguenza dell'esposizione a materiali o fluidi potenzialmente infetti.
In ambito sanitario l'esposizione ad agenti biologici può avvenire nella seguente maniera:
1. in attività con uso deliberato dei microrganismi (laboratori di microbiologia);
2. in attività che possono comportare la presenza di agenti biologici senza che ne venga fatto un vero e proprio uso (servizi sanitari, ambulatori medici, sale operatorie, ...).
Il X.Xxx. 81/2008 ha classificato i diversi agenti biologici in base alla loro pericolosità.
La pericolosità è stata valutata sia nei confronti della salute dei lavoratori che della popolazione generale.
L'allegato XLVI all'articolo n. 268 del D.Lgs. 81/2008 riporta l'elenco degli "agenti biologici"
classificati nei gruppi 1, 2, 3, 4 ( in ordine di pericolosità crescente).
Gli agenti biologici più significativi con i quali gli operatori sanitari entrano in contatto in virtù della loro attività lavorativa (es. Mycobacterium tuberculosis, HBV, HCV, HIV) appartengono tutti al gruppo 3 : "possono causare malattie gravi nell'uomo e costituire un serio rischio per i lavoratori, sono capaci di propagarsi nelle comunità', ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche". Il virus Ebola per il quale non sono disponibili efficaci misure profilattiche e terapeutiche è, viceversa, classificato di classe 4.
Chi è esposto?
Sono classificati “esposti” i lavoratori che, per ragioni di lavoro, fanno “uso deliberato e intenzionale” di agenti biologici; in ambito sanitario lo sono i lavoratori addetti ai laboratori di microbiologia; il restante personale è nella condizione di “potenziale esposizione” in ragione delle attività lavorative che possono esporre, con modalità diverse, a diversi agenti biologici.
Esistono numerose tipologie di agenti biologici che sono comunemente presenti nell’ambiente e, in qualche caso, possono provocare l’insorgenza di malattie nell’uomo.
La possibilità è legata alle caratteristiche dell’agente biologico, alle condizioni del soggetto esposto, alle condizioni ambientali e alla modalità di esposizione o contatto.
Gli agenti biologici sono classificati in 4 gruppi in ragione delle caratteristiche di infettività, trasmissibilità, patogenicità e neutralizzabilità.
Al I° gruppo appartengono agenti biologici che presentano poche probabilità di causare malattie in soggetti umani.
Al II° gruppo appartengono agenti biologici che possono causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaghino nella comunità e sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
Al III° gruppo appartengono agenti biologici che possono causare gravi malattie in soggetti umani e costituiscono un serio rischio per i lavoratori; possono presentare un elevato rischio di propagazione in comunità ma, di norma, sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
Al IV° gruppo appartengono agenti biologici che possono causare gravi malattie in soggetti umani e costituiscono un serio rischio per i lavoratori; possono presentare un elevato rischio di propagazione in comunità ma non sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
Gli agenti biologici non sono identificati per le loro specifiche caratteristiche ma per gli effetti di tipo infettivo, allergico e tossico che sono in grado di determinare; va precisato inoltre che l’esposizione ad un microrganismo non sempre è sufficiente a provocare un’alterazione dello stato di salute, ma una serie di altri fattori intervengono e sono determinanti.
Trasmissibilità | capacità di essere trasmesso da infetto a suscettibile |
Infettività | capacità di penetrare e moltiplicarsi nell'ospite |
Patogenicità | capacità di produrre malattia a seguito di infezione |
Neutralizzabilità | disponibilità di misure profilattiche e/o terapeutiche |
La trasmissione può avvenire per contatto diretto quando cioè avviene un contatto fisico, stretto, tra la fonte di infezione e il ricevente.
Contatto indiretto: quando tra la fonte di infezione ed il ricevente il contatto è mediato da veicoli, mezzi inanimati quali suolo, acqua, alimenti, oggetti vari, tra cui siringhe e altri strumenti sanitari, oppure da vettori, mezzi animati, solitamente insetti o altri animali, quali zanzare, mosche, zecche, roditori o altri animali.
Droplet: la trasmissione avviene attraverso particelle di grandi dimensioni (> 5 µm); i droplet vengono eliminati con la tosse, gli starnuti, parlando e durante particolari manovre di aspirazione. Vengono espulsi a breve distanza nell’aria e vanno a depositarsi; non restano sospesi.
Via Aerea: disseminazione di particelle molto piccole (nuclei di goccioline <5 µm) contenenti microrganismi, che rimangono sospese nell’aria a lungo.
Quali danni
L'esposizione ad un microrganismo non comporta automaticamente che si verifichi la malattia, in considerazione anche delle naturali difese della persona che svolgono efficacemente il loro ruolo.
Altri fattori intervengono e possono essere determinanti perché l’evento malattia si verifichi; in genere è necessario che abbiano luogo una o più delle seguenti condizioni:
- vengano saltate le difese naturali (es. ferita che produca una lesione di continuità o leda le difese della pelle);
- sia presente un grande numero di agenti infettanti (ad es. si sia esposti ad una elevata quantità di bacilli della Tbc da un soggetto con una caverna tubercolare aperta con cui ci sia un contatto stretto e prolungato quale quello di un familiare convivente)
- l’agente biologico sia particolarmente aggressivo (es. forme batteriche resistenti agli antibiotici o in grado di produrre sostanze tossiche, virus particolarmente attivi, etc.)
- le difese dell’organismo siano significativamente indebolite (es. malattie che immuno-deprimono come l’AIDS o il diabete, oppure a seguito di cure con cortisone o immuno-soppressori per prevenire il rigetto, grandi traumi, interventi chirurgici, etc)
In questi casi l’agente biologico pericoloso può prendere il sopravvento sulle naturali difese dell’organismo e possiamo ammalarci.
Va comunque precisato che la pelle integra costituisce una difesa ottima contro gli agenti biologici e rappresenta per loro un ostacolo sostanzialmente insormontabile. La cute deve essere integra in quanto bastano anche minime lesioni di continuo perché la penetrazione possa avvenire.
In particolare è bene conoscere l’azione protettiva del “film lipidico” cutaneo che deve quindi essere preservato quanto più possibile evitando l’uso eccessivo di saponi aggressivi verso questa difesa naturale.
Come si previene
Nei casi in cui si prevedano possibili contatti accidentali con sangue e liquidi biologici, per prevenire l’esposizione è di basilare importanza adottare le seguenti misure di prevenzione:
precauzioni standard :
sono le misure internazionali, note e da adottare e attuare sempre nell’U.O., per prevenire l'esposizione parenterale, cutanea e mucosa nei casi in cui si preveda un contatto accidentale con liquidi biologici. Sono indirizzate a tutti gli operatori sanitari e devono essere applicate a tutti i pazienti sia durante l'esecuzione di procedure assistenziali, diagnostiche e terapeutiche, sia quando si manipolano strumenti o attrezzature che possono essere contaminate da materiale biologico;
istruzioni operative:
per le attività a maggior rischio è di fondamentale importanza avere delle procedure che diano indicazioni dettagliate su come l'operatore si deve comportare, non solo per la tutela del paziente, ma anche nell'ottica della propria protezione personale; le istruzioni descriveranno ad esempio quali Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) utilizzare, come effettuare correttamente le manovre dettagliando bene la sequenza corretta delle operazioni, quando e dove smaltire il materiale utilizzato specie se infetto (ad es. una siringa smaltita erroneamente in un contenitore rifiuti inidoneo può provocare un infortunio al personale addetto alla rimozione degli stessi);
gestione corretta dei rifiuti infetti ( rifiuti sanitari pericolosi ):
vedere capitolo specifico;
vaccinazione del personale:
in ambito sanitario l'unica vaccinazione sicuramente efficace è quella contro l'epatite B che risulta protettiva per il 95% dei soggetti vaccinati (è possibile controllare la formazione degli anticorpi mediante test specifico).
formazione del personale:
una adeguata, periodica e specifica informazione/formazione sul rischio biologico presente sul luogo di lavoro e sulle misure di prevenzione da attuare è di basilare importanza per la prevenzione del rischio; questa formazione/informazione, associata a misure di controllo di tipo tecnologico, procedurale e organizzativo, permette di ottenere ottimi risultati nel controllo del rischio biologico in generale. Si tratta di uno dei punti cardini del sistema di controllo di tale rischio.
non fumare, non bere e mangiare nei luoghi di lavoro
e osservare rigorosamente le norme igieniche (cambio degli indumenti possibili fonte di contaminazione, lavaggio delle mani con sapone disinfettante/alcol glicerinato, ecc.).
COSA FARE IN CASO DI ESPOSIZIONE ACCIDENTALE
Qualora si verifichi un incidente a rischio biologico, occorre informare dell'accaduto il Coordinatore e/o Direttore di U.O. e recarsi nel più breve tempo possibile al Pronto Soccorso, mettendo in atto tutti i " passaggi " previsti dalla procedura aziendale sugli infortuni da agenti biologici.
Le vaccinazioni (obbligatorie e consigliate) per gli operatori sanitari
Il rischio biologico rappresenta uno dei principali fattori di rischio occupazionali presenti in ambiente ospedaliero; gli operatori sanitari infatti, vengono spesso a contatto sia con soggetti affetti da malattie causate da agenti patogeni trasmissibili che con materiali potenzialmente contaminati.
La normativa in tema di protezione da Agenti Biologici stabilisce che i lavoratori esposti a tale fattore di rischio devono essere sottoposti a Sorveglianza Sanitaria. È prevista inoltre l'attuazione di misure di immunoprofilassi per i lavoratori non immuni nei confronti degli agenti infettivi più rilevanti e per i quali sono disponibili vaccini efficaci. Tali misure vengono effettuate a spese del datore di lavoro ed a cura del medico competente ( M.C. ); è compito del M. C. informare e sensibilizzare gli operatori sanitari circa l'importanza del ruolo delle vaccinazioni nella prevenzione del rischio biologico. Il medico competente fornisce inoltre informazioni specifiche riguardanti sia le vaccinazioni obbligatorie che quelle consigliate, le loro controindicazioni ed i loro possibili effetti collaterali.
Vaccinazione antiepatite B
La diffusione della vaccinazione anti-epatite B tra gli operatori sanitari ha determinato una significativa riduzione dell'incidenza di tale malattia. Il vaccino pur non essendo obbligatorio per gli adulti è comunque fortemente raccomandato a tutti gli operatori della sanità. Il virus dell'epatite B (HBV) è molto resistente all'ambiente esterno e alla disinfezione; la probabilità di contrarre l'infezione a seguito di una singola esposizione varia dal 2 al 43%.
I vaccini attualmente disponibili sono ottenuti per ricombinazione genetica. Contengono l'antigene di superficie del virus in forma purificata e coltivato su cellule di lievito di birra. Il vaccino è molto sicuro e presenta una efficacia protettiva nel 95% dei soggetti vaccinati.
Il ciclo vaccinale prevede la somministrazione per xxx xxxxxxxxxxxxxx, xxxxx xxxxxxx xxxxxxxxx, xx 0 xxxx xx xxxxxxx: al tempo 0 , dopo un mese e a distanza di 6 mesi dalla prima dose con il controllo del titolo anti HBS dopo 1-2 mesi.
Nei soggetti non vaccinati e che si trovino esposti a contagio accidentale con pazienti sicuramente affetti dal virus dell'epatite B è consigliata la somministrazione di immunoglobuline specifiche anti HBV il prima possibile, preferibilmente entro 24 ore dall'esposizione e comunque non oltre i 7 giorni.
Contemporaneamente alle immunoglobuline in siti diversi, deve essere iniziata la vaccinazione secondo lo schema accelerato 0,1,2 e 6-12 mesi.
A distanza di 1-2 mesi dall'ultima dose è necessario eseguire una titolazione anticorpale per valutare la risposta al vaccino.
Se il titolo risulta superiore a 10 mUI/ml non è necessaria alcuna dose di richiamo né ulteriori controlli dello stato immunitario.
Se il titolo risulta inferiore a 10 mUI/ml va somministrata una quarta dose con nuova valutazione anticorpale a distanza di un mese dalla somministrazione. Se il titolo permane inferiore a 10 il soggetto viene considerato non responder.
Controindicazioni:
Il vaccino è controindicato nelle persone che presentano una storia di ipersensibilità ai componenti del vaccino (timerosal, lievito).
Effetti collaterali:
• Locali: eritema, tumefazione, prurito, dolore in sede di iniezione di lieve durata,
• Generali: (circa 5%) febbre, cefalea, nausea, vertigini, dolori muscolari, dolori articolari, in genere di breve durata.
Precauzioni: cefalee ricorrenti, terapie immunosoppressive, grave compromissione cardio- polmonare. Non sono stati osservati effetti collaterali sul feto nelle donne gravide vaccinate. Poiché l'infezione da HBV può determinare una malattia importante nella madre e un'infezione cronica per il neonato, la gravidanza non deve essere considerata una controindicazione per la vaccinazione delle donne così come non lo è l'allattamento.
La vaccinazione antinfluenzale
La vaccinazione antinfluenzale è il mezzo più efficace di protezione della malattia e di riduzione delle sue complicanze, per le singole persone e per la collettività.
E' per questo che il servizio sanitario regionale organizza ogni anno una campagna di vaccinazione gratuita rivolta a specifici gruppi di persone :
• persone di età pari o superiore ai 65 anni;
• le persone di tutte le età con patologie croniche;
• gli operatori sanitari per il contatto diretto che hanno con i pazienti;
• gli addetti ai servizi di pubblica utilità per evitare di mettere in crisi servizi essenziali.
La vaccinazione antinfluenzale viene resa disponibile agli operatori sanitari presso l'Ufficio Sanitario Az.le o presso l'ambulatorio vaccinazioni del Servizio Igiene e Sanità Pubblica.
Il vaccino antinfluenzale viene somministrato con una iniezione intramuscolare preferibilmente nella parte superiore del braccio (muscolo deltoide)
Il periodo più idoneo per vaccinarsi è compreso tra l'inizio di novembre e dicembre inoltrato, poiché i virus influenzali mostrano la massima circolazione da fine dicembre alla fine di febbraio. La protezione conferita dalla vaccinazione antinfluenzale, nei confronti della malattia è stimata, negli adulti sani, intorno al 70-90% .
La vaccinazione non protegge da nuovi virus dell'influenza che dovessero comparire durante la stagione e che, di conseguenza, non sono stati considerati nella preparazione del vaccino.
Controindicazioni
Soggetti che abbiano manifestato reazioni anafilattiche alla proteine dell’uovo o altri componenti del vaccino. Soggetti che abbiano sviluppato severe reazioni a vaccino antinfluenzale in passato
Precauzioni
La vaccinazione deve essere rinviata in caso di malattia febbrile in atto. Persone con alterazioni dell'immunocompetenza per effetto di trattamenti immunosoppressori possono rispondere in maniera non ottimale alla vaccinazione antinfluenzale, per cui è opportuno differire la vaccinazione di almeno un mese dall'interruzione del trattamento.
Reazioni indesiderate
I vaccini antinfluenzali sono inattivati per cui non possono essere responsabili di infezioni da virus influenzali. Gli effetti collaterali riferiti più frequentemente consistono in reazioni locali: dolore, arrossamento e tumefazione nel sito di inoculo. Altre reazioni indesiderate sono rappresentate da febbre, dolori articolari e muscolari con esordio da 6 a 12 ore dalla somministrazione della vaccinazione e della durata di 1-2 giorni.
Altre vaccinazioni
Si raccomanda per gli operatori sanitari anche la vaccinazione anti morbillo-parotite-rosolia. Esiste un vaccino combinato e la vaccinazione può essere effettuata anche in caso di suscettibilità ad una sola delle tre malattie; si consigliano due dosi a distanza di almeno 4 settimane da somministrare per via sottocutanea.
La vaccinazione degli operatori sanitari suscettibili con il vaccino MPR è consigliata sia per l'operatore stesso (in particolare per i lavoratori addetti ai reparti di ostetricia, pediatria, neonatologia, malattie infettive e oncoematologia) sia per evitare trasmissione ai pazienti e quindi l'insorgenza di possibili epidemie.
La vaccinazione anti difto-tetanica è raccomandata per tutti gli adulti e non solo per i soggetti professionalmente esposti.
Il vaccino antivaricella è consigliato per gli operatori sanitari che in particolare assistono pazienti immunocompromessi (candidati a trapianto renale, epatico...) per il decorso aggressivo che l'infezione può presentarsi in tali soggetti.
Tutte le suddette vaccinazioni sono disponibili presso l'ambulatorio vaccinazioni del Servizio Igiene e Sanità Pubblica.
Il monitoraggio della esposizione professionale a pazienti affetti da tubercolosi
Diverse sono le indicazioni regionali e nazionali che indicano come la TBC sia diventata un problema di sanità pubblica. Tale fenomeno è attribuito a diversi fattori quali:
• l'avvento della epidemia di infezione da HIV che ha contribuito ad aumentare la popolazione dei soggetti immunocompromessi, più suscettibili alla tubercolosi;
• l'aumento dell'immigrazione dai paesi ad alta endemia a quelli industrializzati a bassa endemia;
• l'aumentata diffusione della tossicodipendenza;
• la progressiva selezione di ceppi micobatterici resistenti ai farmaci e più difficili da eradicare;
• la diminuita attenzione e capacità diagnostico-terapeutica, dovuta alla bassa incidenza di questa patologia in molte aree dei paesi industrializzati.
Nei casi di contatto professionale con pazienti affetti da tubercolosi, sia i soggetti vaccinati che quelli non vaccinati devono effettuare il test di intradermoreazione di Mantoux con 5UI al tempo zero (o test quantiferon in caso di precedente positività a Mantoux):
• se Mantoux negativa con quadro clinico normale: nessun provvedimento e ripetizione del test dopo due mesi.
• se Mantoux positiva: RX torace + visita pneumotisiologica + eventuale trattamento farmacologico o follow-up biennale.
I DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE (DPI) PER IL RISCHIO BIOLOGICO.
Si definisce Dispositivo di Protezione Individuale (DPI) quella attrezzatura che ha il compito di salvaguardare la salute e/o la sicurezza della persona che la indossa o la utilizza (D.Lgs. 475/92) ovvero:
“qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo” (art. 74 D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.)
I DPI devono essere utilizzati quando i rischi non possono essere evitati o ridotti sufficientemente da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o processi di riorganizzazione del lavoro. Va quindi prioritariamente considerato se sia possibile eliminare il rischio o ridurlo attraverso misure tecniche di prevenzione e/o con procedure organizzative, e solo nel momento in cui si verificasse la permanenza di un rischio residuo nello svolgere l’attività considerata, si ricorre alla protezione individuale.
I DPI devono essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore; e inoltre:
• devono tener conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore.
• devono poter essere adattati all’utilizzatore secondo le necessità.
• devono garantire la compatibilità anche rispetto al contestuale utilizzo di più DPI.
• devono essere facili da indossare e da togliere in caso di emergenza.
• devono essere resistenti e, il più possibile, economici.
I DPI sono suddivisi in tre diverse categorie a seconda della gravità dei rischi dai quali sono destinati a proteggere.
L’individuazione dei DPI necessari, le modalità di utilizzo e le circostanze nelle quali è possibile l’impiego, sono regolamentati dal D.Lgs. 81/2008, nell’allegato VIII.
I DPI assolvono il loro compito se indossati e manutentati/verificati prima dell’utilizzo; per particolari tipologie di DPI è necessario prevedere l’informazione, la formazione e l’addestramento al corretto impiego.
Quelli maggiormente utilizzati in campo sanitario sono:
DPI di protezione delle mani:
guanti di materiali diversi (cui corrispondono diverse indicazioni d'uso) devono essere sempre indossati quando vi è o vi può essere contatto con sangue o liquidi biologici e/o in caso di presenza di abrasioni alle mani. Devono essere della giusta misura per permettere la maggiore sensibilità e destrezza nel movimento ma soprattutto devono essere usati solo per il tempo strettamente necessario in quanto sono chiaramente poco resistenti alle forti sollecitazioni meccaniche. Prima di indossare i guanti vanno verificati della loro integrità e vanno igienizzate le mani; una volta rimossi va nuovamente eseguita l’igiene delle mani. La presenza di monili alle mani, unghie lunghe o non curate sono tutti fattori che sono in grado di danneggiare, anche in modo poco visibile i guanti e, di conseguenza, di esporre ad una condizione di rischio l’utilizzatore.
In Azienda è disponibile una tabella riassuntiva delle varie tipologie di guanti con le indicazioni, non esaustive di tutte le attività, che ne prevedono l’utilizzo.
Va ricordato che molte attività NON prevedono l’utilizzo dei guanti, come il trasporto e ritiro di farmaci, documentazione, contenitori a tenuta di materiale biologico ecc, per le quali l’utilizzo improprio dei guanti riduce invece l’occasione di igiene delle mani.
DPI di protezione per gli occhi:
In ambiente sanitario ci sono molte occasioni che possono esporre a rischi lesivi gli occhi e il volto del lavoratore; gli occhi risultano essere tra le sedi più colpite, in caso di infortunio, dopo le mani e i piedi; poiché i comuni occhiali con lenti graduate (da vista) non possono essere considerati sufficienti per prevenire lesioni oculari, vanno ricercati ed individuati appropriati dispositivi di protezione in ragione al tipo di rischio cui il lavoratore è esposto.
La nostra Azienda si è dotata di un catalogo che oltre ad illustrare i DPI disponibili, ha lo scopo di informare e orientare i lavoratori e i preposti nella scelta del DPI giusto, da utilizzare nelle varie attività lavorative.
DPI protezione delle vie aeree da droplet e aerodispersi:
I DPI per le vie respiratorie sono diversi in base allo scopo per cui devono essere impiegati; l'obiettivo però è sempre evitare o limitare l'ingresso di agenti potenzialmente pericolosi (fumi, polveri, fibre o microrganismi) nelle vie aeree. La protezione è garantita dalla capacità filtrante dei dispositivi in grado di trattenere le particelle aerodisperse, per lo più in funzione delle dimensioni, della forma e della densità, impedendone l'inalazione.
L’individuazione del corretto dispositivo di protezione delle vie respiratorie deve tenere conto di diversi fattori, la valutazione del livello di protezione fornito dal respiratore non può essere infatti l’unico elemento per la scelta, ve ne sono altri che devono essere valutati, ai fini della salute e della sicurezza degli utilizzatori, e tra questi la durata dell’utilizzo e il corretto indossamento del facciale.
I DPI più utilizzati per la protezione delle vie aeree sono filtranti monouso muniti di filtri che proteggono bocca, naso e mento; si suddividono in tre classi in funzione dell'efficienza filtrante: FFP1, FFP2 e FFP3.
Per le attività sanitarie, veterinarie o di laboratorio e, comunque in presenza di pazienti, animali o campioni biologici potenzialmente infetti da microrganismi a trasmissione aerea responsabili di patologie gravi quali meningite, tubercolosi ecc., a titolo esemplificativo, è previsto l'utilizzo di maschere intere con protezione P2; nell'esecuzione di particolari procedure assistenziali che possono aumentare il rischio di dispersione nell'aria di secrezioni respiratorie (es. broncoscopie, aerosolterapie) è necessario utilizzare protezioni aventi efficienza filtrante P3.
Non sono DPI le "mascherine chirurgiche" o "igieniche", comunemente impiegate in ambito sanitario; queste appartengono alla categoria dei dispositivi medici e sono destinate, in linea di principio, a proteggere il paziente. E’ corretto precisare che per le attività di Sala Operatoria dove sussistono più necessità, sono disponibili maschere chirurgiche a più strati in grado di proteggere l’utilizzatore da schizzi o spruzzi .
DPI indumenti di protezione:
si precisa che il camice e la divisa non sono DPI; viceversa sono DPI speciali tipi di copricamice, manicotti da indossare per particolari procedure (ad es. sotto cappa per la preparazione dei farmaci antiblastici o nella manipolazione di agenti biologici); si tratta di dispositivi monouso (in tessuto non tessuto o in fibre sintetiche) particolarmente resistenti alla penetrazione di liquidi o polveri.
Sono DPI anche le calzature, quali calzature di lavoro, quando destinate alla protezione del piede da imbrattamenti da materiale biologico e/o prodotti chimici (in generale).
I DPI assolvono bene il loro compito se indossati e manutenzionati correttamente; non vanno utilizzati oltre la data di scadenza (se presente) e, per i DPI di classe 3, il loro utilizzo prevede anche l'addestramento dell'operatore.
Le due principali categorie di guanti presenti in ambito sanitario sono quelli medicali e quelli di protezione individuale. Ciascuno riporta delle diverse norme tecniche di riferimento ed assolve a precisi e distinti obblighi di legge.
I guanti rappresentano una barriera indispensabile per la prevenzione del rischio da agenti biologici sia nei confronti dell’operatore che dell’utente. Sono usualmente in lattice, poiché questo materiale ha ottime caratteristiche di resistenza, comfort ed impermeabilità a virus e batteri. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che guanti in materiale sintetico (nitrile e neoprene) offrono lo stesso grado di protezione ad agenti biologici rispetto al guanto in latice (sia di penetrabilità che di resistenza meccanica).
L’esposizione ripetuta e prolungata a guanti in latice negli operatori sanitari può costituire, per una quota significativa di lavoratori, un rilevante fattore di rischio di patologia allergica da sensibilizzazione al latice. Dal punto di vista sintomatologico, il latice è considerato un potenziale sensibilizzante che può provocare una vasta gamma di manifestazioni cliniche (orticaria, DAC, Oculorinite, asma, shock).
In base ai dati disponibili, si calcola che, attualmente, il 10-17% degli operatori sanitari sia sensibilizzato, il 3-7% presenti una sintomatologia correlata all'esposizione al lattice e il 2% soffra di asma occupazionale secondaria al contatto con gli allergeni presenti in questo materiale.
La prevalenza di dermatiti nel personale ospedaliero risulta elevato in tutte le indagini svolte nel settore con percentuali che raggiungono il 30 - 35 % dei lavoratori che riportano episodi attuali o pregressi di dermatite. La dermatite irritativa da contatto è una condizione che colpisce la pelle e non va confusa con l’allergia; tuttavia deve essere anche ricordato che un’eventuale irritazione della pelle può essere una causa predisponente alla sensibilizzazione al latice di gomma. Oltre al lavaggio ripetuto delle mani, l'uso frequente di saponi medicati, l'uso di disinfettanti, anche la polvere del guanto può provocare un’irritazione della cute della mani con alterazioni del film idrolipidico cutaneo e successiva disidratazione. La polvere presente nel guanto è, inoltre, un veicolo delle proteine del latice e degli acceleranti chimici usati nel processo di produzione e diversi studi hanno dimostrato che può trasportare le proteine del latice in tutto l’ambiente di lavoro.
La prevenzione primaria rappresenta il modo più efficace ai fini della prevenzione della sensibilizzazione. Pertanto è indispensabile che vi sia una razionalizzazione dell'uso dei guanti in relazione alla mansione evitando l'indebito uso di guanti in latice là dove possono essere sostituiti con guanti di materiale alternativo (vinile e/o nitrile).
RISCHIO CHIMICO DA SOSTANZE E PREPARATI
Il rischio da sostanze e preparati è dovuto alla probabilità che una sostanza o un preparato allo stato solido, liquido o gassoso, presente durante l'attività lavorativa, possa interagire con l'organismo, generando effetti dannosi per la salute sia immediati che a medio-lungo termine. Possiamo comunemente trovare gli agenti chimici sia nei disinfettanti (alcoli, cloro e i suoi derivati, ecc.) utilizzati per antisepsi della cute, disinfezione di strumenti, attrezzature e ambienti, che nei prodotti utilizzati nei numerosi e diversi laboratori dell'Azienda. A titolo esemplificativo sono di seguito riportate alcune categorie di sostanze “pericolose” più frequentemente utilizzate:
• acidi e basi forti (ad es. acido cloridrico e idrossido di sodio, ecc.) comunemente in uso nei laboratori in varie procedure analitiche;
• acidi organici (ad es. acido formico, acetico, picrico, ecc.) in uso nei laboratori e l’acido peracetico (usato nella disinfezione delle sonde per l'endoscopia)
• aldeidi e chetoni: la glutaraldeide (usata nella disinfezione e come fissativo) e la formaldeide (tuttora il fissativo più utilizzato - vedi il capitolo dedicato);
• alcoli, eteri, esteri, idrocarburi aromatici e alogenati; usati nell'analisi cromatografica come solventi, in microscopia ottica come diafanizzante, per disidratare tessuti;
• coadiuvanti tecnologici in taluni impianti/attrezzature (es. biossido di cloro nel trattamento dell’H2O per il controllo della legionella ).
Tutte queste sostanze, oltre ad essere pericolose per contatto diretto (rischio di infortunio), possono contaminare l'ambiente di lavoro sotto forma di gas e vapori (raramente come polveri) e rappresentare pertanto una fonte di rischio per la salute dei lavoratori.
CHI E' ESPOSTO
Possono essere esposti i lavoratori dei laboratori (laboratori analisi in genere, anatomia patologica, ecc.), gli addetti alla disinfezione delle sonde endoscopiche (endoscopie digestive, bronchiali e cardiache), gli operatori dei servizi tecnici e di ingegneria clinica (questi ultimi con carattere di saltuarietà e normalmente di bassa entità dell'esposizione).
QUALI DANNI
Le sostanze/preparati pericolosi possono essere causa di infortunio; molti preparati possiedono un potere lesivo più o meno marcato a seconda del ph (acidi/basi ), della concentrazione, e dei tessuti con cui vengono in contatto (ad es. il maggior effetto lesivo si ha sulle mucose, specie quella oculare) in alternativa e nei casi più fortunati possono solo dare irritazioni.
Gli agenti chimici possono essere causa di malattie da esposizione professionale prolungata. Le principali vie di penetrazione degli agenti chimici nell'organismo sono:
• inalazione (fumi, vapori, aerosol ecc.);
• ingestione;
• contatto con cute e mucose.
I danni sono legati alle caratteristiche specifiche dell'agente chimico, alla quantità assorbita e alla durata dell'esposizione. I lavoratori esposti al rischio chimico sono sottoposti a sorveglianza sanitaria da parte del Medico Competente per verificare l’idoneità alla mansione specifica.
COME SI PREVIENE
Ai fini preventivi grande rilevanza assume la conservazione di sostanze e preparati, che deve essere effettuata in appositi contenitori opportunamente etichettati e in locali idonei.
L'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose è estremamente importante; il tutto è disciplinato da apposite norme con lo scopo di informare gli utilizzatori sui rischi che possono correre durante l'uso di dette sostanze (vedi etichettatura e scheda di sicurezza).
Il travaso delle sostanze chimiche in contenitori non originali è sconsigliato; in ogni caso il contenitore deve essere idoneo e correttamente etichettato.
LA PREVENZIONE SI ATTUA
1. sostituendo le sostanze/preparati pericolosi con prodotti che non lo sono o lo sono meno;
2. adottando sistemi di prevenzione collettiva (ad es. segregazione delle lavorazioni, cappe aspiranti, aspirazioni localizzate, ventilazione dei locali);
3. mediante il rispetto delle indicazioni di sicurezza e l'adozione di comportamenti adeguati alla sostanza impiegata (vedere il paragrafo successivo su etichettatura e schede di sicurezza);
4. utilizzando i dispositivi di protezione individuale (utilizzo obbligato quando i sistemi di prevenzione collettiva sono di difficile od impossibile applicazione o quando si deve contenere il rischio residuo): la scelta dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) deve tener conto della natura delle sostanze utilizzate (ad es. guanti per la manipolazione di acidi forti, maschere e facciali filtranti, occhiali o visiere, ecc.).
Per prevenire l'assunzione involontaria di agenti chimici è vietato, durante lo svolgimento delle attività, bere, mangiare, fumare (comunque vietato) o detenere alimenti nei luoghi dove si conservano/manipolano questi agenti.
Le misure di prevenzione devono essere seguite con particolare osservanza nel caso di manipolazione di cancerogeni o mutageni (frasi di rischio in etichetta R45, R46 e R49 ovvero H350, H340, H350i secondo la nuova classificazione REACH-CLP).
Nel sito INTRANET az.le sono presenti specifiche procedure di sicurezza, sia per il rischio chimico che cancerogeno, ed un manuale informativo specifico sul nuovo ordinamento REACH –CLP.
UNA PREZIOSA FONTE DI INFORMAZIONI: L'ETICHETTA E LA SCHEDA DI SICUREZZA
L’etichettatura e la fornitura delle schede di sicurezza sono obbligatorie per legge.
L'etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi ha lo scopo di mettere a disposizione dei lavoratori (o di chiunque utilizzi tali agenti) le informazioni essenziali al fine di tutelare la loro salute, la sicurezza e l'ambiente; essa tiene conto, per i vari agenti chimici, di tutti i rischi potenziali connessi con la loro normale manipolazione ed utilizzazione.
I rischi più gravi sono segnalati da simboli; questi rischi e quelli causati da altre proprietà pericolose sono precisati in frasi tipo sui rischi specifici. Altre frasi, relative ai consigli di prudenza, segnalano le precauzioni che occorre prendere al fine di consentire una corretta conservazione, utilizzazione e protezione dell'uomo e dell'ambiente.
Le indicazioni prescritte, per la tutela della salute dell'utilizzatore e dell'ambiente, devono:
• essere poste sull'imballaggio (confezione del prodotto chimico);
• essere scritte in maniera leggibile, indelebile e in lingua italiana. Sull'imballaggio dovranno essere presenti obbligatoriamente le seguenti indicazioni:
1. Designazione o nome commerciale del prodotto;
2. Nome e indirizzo completi, compreso il numero di telefono del responsabile dell'immissione sul mercato del prodotto chimico, che può essere il fabbricante, l'importatore o il distributore;
3. Il nome chimico delle sostanze o delle classi di sostanze pericolose presenti, qualora superino determinati limiti di sicurezza, secondo una nomenclatura chimica riconosciuta a livello internazionale; in generale non sono necessari più di quattro nomi. Qualora però siano contenute sostanze (ad es. cancerogene, mutagene, ecc.) che possono produrre degli effetti irreversibili, sensibilizzanti o gravi danni per la salute, i nomi chimici possono essere più di quattro;
4. I simboli e le indicazioni di pericolo, possono essere anche tre:
• uno che individua i rischi tossicologici (tossico, nocivo, corrosivo, irritante, sensibilizzante, cancerogeno, mutageno e tossico per il ciclo produttivo);
• uno che individua i rischi fisico - chimici (esplosivo, infiammabile, comburente);
• uno che individua i rischi eco - tossicologici (pericoloso per l'ambiente);
5. Le frasi tipo indicanti i rischi specifici derivanti dai pericoli presenti e le loro combinazioni (frasi R o frasi H secondo la nuova normativa in fase di entrata in vigore)
6. Le frasi tipo indicanti i consigli di prudenza relativi all'utilizzazione del prodotto e le loro combinazioni (frasi S o frasi P secondo la nuova normativa in fase di entrata in vigore);
7. Le disposizioni speciali applicabili ad alcuni preparati;
8. La quantità in peso o in volume del contenuto.
I prodotti chimici devono essere accompagnati, obbligatoriamente all'atto dell'acquisto, dalle informazioni necessarie al fine di tutelare la salute e la sicurezza durante il lavoro; queste sono contenute nella scheda di sicurezza, riconoscibile perché compilata in 16 voci.
Le schede di sicurezza devono essere fornite all’utilizzatore, che ne deve prendere visione ed assumere i comportamenti conseguenti.
NUOVA ETICHETTATURA
Il Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16/12/2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea il 31/12/2008, riguarda la classificazione, l'etichettatura e l'imballaggio delle sostanze e delle miscele; modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH - Registration, Evaluation,Authorisation of Chemicals).
Tale normativa, che si applica a tutte le sostanze (in quanto tali, in quanto componenti di miscele o articoli) prodotte, importate e utilizzate in Unione europea, fonda la sua struttura su un sistema integrato e unico di Registrazione, Valutazione, Autorizzazione e Restrizione delle sostanze chimiche.
Il sistema è introdotto gradualmente è verrà completato nel 2015.
I prodotti saranno contrassegnati con nuovi simboli di pericolo, durante il periodo transitorio sono permesse entrambe le classificazioni.
Le Frasi R vengono sostituite dalle Frasi H (Xxxxxx statements, "indicazioni di pericolo"), e le Frasi S dalle Frasi P (Precautionary statements, "consigli di prudenza").
Vengono inoltre introdotti nuovi pittogrammi di pericolo.
SIMBOLI E INDICAZIONI DI PERICOLO DI SOSTANZE E PREPARATI PERICOLOSI (attuale simbologia).
Esplosivo | Comburente | ||
Infiammabile | Estremamente infiammabile | ||
Tossico | Molto tossico |
Corrosivo | Nocivo | ||
Irritante | Pericoloso per l’ambiente |
Frasi di rischio “R” - NORMATIVA ATTUALE | |
R 1 Esplosivo allo stato secco. R 2 Rischio di esplosione per urto, sfregamento, fuoco o altre sorgenti d'ignizione. R 3 Elevato rischio di esplosione per urto, sfregamento, fuoco o altre sorgenti d'ignizione. R 4 Forma composti metallici esplosivi molto sensibili. R 5 Pericolo di esplosione per riscaldamento. R 6 Esplosivo a contatto o senza contatto con l'aria. R 7 Può provocare un incendio. R 8 Può provocare l'accensione di materie combustibili. R 9 Esplosivo in miscela con materie combustibili R 10 Infiammabile. R 11 Facilmente infiammabile. R 12 Estremamente infiammabile. R 14 Reagisce violentemente con l'acqua. R 15 A contatto con l'acqua libera gas estremamente infiammabili. R 16 Pericolo di esplosione se mescolato con sostanze comburenti. R 17 Spontaneamente infiammabile all'aria. R 18 Durante l'uso può formare con aria miscele esplosive/infiammabili. R 19 Può formare perossidi esplosivi. R 20 Nocivo per inalazione. R 21 Nocivo a contatto con la pelle. R 22 Nocivo per ingestione. R 23 Tossico per inalazione. R 24 Tossico a contatto con la pelle. R 25 Tossico per ingestione. R 26 Molto tossico per inalazione R 27 Molto tossico a contatto con la pelle. R 28 Molto tossico per ingestione. R 29 A contatto con l'acqua libera gas tossici. R 30 Può divenire facilmente infiammabile durante l'uso. R 31 A contatto con acidi libera gas tossico. R 32 A contatto con acidi libera gas molto tossico. R 33 Pericolo di effetti cumulativi. R 34 Provoca ustioni. R 35 Provoca gravi ustioni. | R 36 Irritante per gli occhi. R 37 Irritante per le vie respiratone. R 38 Irritante per la pelle. R 39 Pericolo di effetti irreversibili molto gravi. R 40 Possibilità di effetti cancerogeni – prove insufficienti. R 41 Rischio di gravi lesioni oculari. R 42 Può provocare sensibilizzazione per inalazione. R 43 Può provocare sensibilizzazione per contatto con la pelle. R 44 Rischio di esplosione per riscaldamento in ambiente confinato. R 45 Può provocare il cancro. R 46 Può provocare alterazioni genetiche ereditarie. R 48 Pericolo di gravi danni per la salute in caso di esposizione prolungata. R 49 Può provocare il cancro per inalazione. R 50 Altamente tossico per gli organismi acquatici. R 51 Tossico per gli organismi acquatici. R 52 Nocivo per gli organismi acquatici. R 53 Può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico. R 54 Tossico per la flora. R 55 Tossico per la fauna. R 56 Tossico per gli organismi del terreno. R 57 Tossico per le api. R 58 Può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente. R 59 Pericoloso per lo strato di ozono. R 60 Può ridurre la fertilità. R 61 Può danneggiare i bambini non ancora nati. R 62 Possibile rischio di ridotta fertilità. R 63 Possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati. R 64 Possibile rischio per i bambini allattati al seno. R 65 Nocivo: può causare danni ai polmoni in caso di ingestione. R 66 L'esposizione ripetuta può provocare secchezza e screpolatura della pelle. R 67 L'inalazione dei vapori può provocare sonnolenza e vertigini. R 68 Possibilità di effetti irreversibili |
SIMBOLI E INDICAZIONI DI PERICOLO DI SOSTANZE E PREPARATI PERICOLOSI (nuova simbologia).
ESPLOSIVO | TOSSICO ACUTO | ||
INFIAMMABILE | PERICOLOSO IN GENERE TOSSICO, IRRITANTE | ||
COMBURENTE | TOSSICO NOCIVO | ||
GAS SOTTO PRESSIONE | PERICOLOSO PER L’AMBIENTE | ||
CORROSIVO |
Frasi di rischio - NUOVA NORMATIVA IN FASE DI ENTRATA IN VIGORE | ||||
Pericoli FISICI H200 – Esplosivo instabile. H201 – Esplosivo; pericolo di esplosione di massa. H202 – Esplosivo; grave pericolo di proiezione. H203 – Esplosivo; pericolo di incendio, di spostamento d'aria o di proiezione. H204 – Pericolo di incendio o di proiezione. H205 – Pericolo di esplosione di massa in caso d'incendio. H220 – Gas altamente infiammabile. H221 – Gas infiammabile. H222 – Aerosol altamente infiammabile. H223 – Aerosol infiammabile. H224 – Liquido e vapori altamente infiammabili. H225 – Liquido e vapori facilmente infiammabili. H226 – Liquido e vapori infiammabili. H228 – Solido infiammabile. H240 – Rischio di esplosione per riscaldamento. H241 – Rischio d'incendio o di esplosione per riscaldamento. H242 – Rischio d'incendio per riscaldamento. H250 – Spontaneamente infiammabile all'aria. H251 – Autoriscaldante; puň infiammarsi. H252 – Autoriscaldante in grandi quantitŕ; puň infiammarsi. H260 – A contatto con l'acqua libera gas infiammabili che possono infiammarsi spontaneamente. H261 – A contatto con l'acqua libera gas infiammabili. H270 – Puó provocare o aggravare un incendio; comburente. H271 – Puó provocare un incendio o un'esplosione; molto comburente. H272 – Puó aggravare un incendio; comburente. H280 – Contiene gas sotto pressione; puó esplodere se riscaldato. | Pericoli per la Salute H300 – Letale se ingerito. H301 – Tossico se ingerito. H302 – Nocivo se ingerito. H304 – Puó essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie. H310 – Letale per contatto con la pelle. H311 – Tossico per contatto con la pelle. H312 – Nocivo per contatto con la pelle. H314 – Provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari. H315 – Provoca irritazione cutanea. H317 – Puó provocare una reazione allergica cutanea. H318 – Provoca gravi lesioni oculari. H319 – Provoca grave irritazione oculare. H330 – Letale se inalato. H331 – Tossico se inalato. H332 – Nocivo se inalato. H334 – Puó provocare sintomi allergici o asmatici o difficoltŕ respiratorie se inalato. H335 – Puó irritare le vie respiratorie. H336 – Puó provocare sonnolenza o vertigini. H340 – Puó provocare alterazioni genetiche . H341 – Sospettato di provocare alterazioni genetiche . H350 – Puó provocare il cancro. H351 – Sospettato di provocare il cancro . H360 – Puó nuocere alla fertilitŕ o al feto . H361 – Sospettato di nuocere alla fertilitŕ o al feto . H362 – Puó essere nocivo per i lattanti allattati al seno. H370 – Provoca danni agli organi . H371 – Puó provocare danni agli organi . | |||
4- MANUALE INFORMATIVO LAVORATORI.doc | INFO 04 | Pagina 41 di 114 |
H281 – Contiene gas refrigerato; puó provocare ustioni o lesioni criogeniche. H290 – Puó essere corrosivo per i metalli. | H372 – Provoca danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta esposizione comporta il medesimo pericolo. H373 – Puó provocare danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta di esposizione comporta il medesimo pericolo>. H400 – Molto tossico per gli organismi acquatici. |
Pericoli per l'AMBIENTE H410 – Molto tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata. H411 – Tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata. H412 – Nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata. H413 – Puó essere nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata. | Informazioni supplementari sui pericoli Proprietà fisiche EUH 001 – Esplosivo allo stato secco. EUH 208 – Contiene . Puó provocare una reazione allergica. EUH 209 – Puó diventare facilmente infiammabile durante l'uso. EUH 209A – Puó diventare infiammabile durante l'uso. EUH 210 – Scheda dati di sicurezza disponibile su richiesta. EUH 401 – Per evitare rischi per la salute umana e per l'ambiente, seguire le istruzioni per l'uso. EUH 006 – Esplosivo a contatto o senza contatto con l'aria. EUH 014 – Reagisce violentemente con l'acqua. EUH 018 – Durante l'uso puó formarsi una miscela vapore-aria esplosiva/infiammabile. EUH 019 – Puó formare perossidi esplosivi. EUH 044 – Rischio di esplosione per riscaldamento in ambiente confinato. Proprietà pericolose per la salute EUH 029 – A contatto con l'acqua libera un gas tossico. EUH 031 – A contatto con acidi libera gas tossici. EUH 032 – A contatto con acidi libera gas molto tossici. EUH 066 – L'esposizione ripetuta puň provocare secchezza o screpolature della pelle. EUH 070 – Tossico per contatto oculare. EUH 071 – Corrosivo per le vie respiratorie. Proprietà pericolose per l'ambiente EUH 059 – Pericoloso per lo strato di ozono. |
Elementi dell'etichetta ed informazioni supplementari per talune sostanze e miscele EUH 201 – Contiene piombo. Non utilizzare su oggetti che possono essere masticati o succhiati dai bambini. EUH 201A – Attenzione! Contiene piombo. EUH 202 – Cianoacrilato. Pericolo. Incolla la pelle e gli occhi in pochi secondi. Tenere fuori dalla portata dei bambini. EUH 203 – Contiene cromo (VI). Puó provocare una reazione allergica. EUH 204 – Contiene isocianati. Puó provocare una reazione allergica. EUH 205 – Contiene componenti epossidici. Puó provocare una reazione allergica. EUH 206 – Attenzione! Non utilizzare in combinazione con altri prodotti. Possono liberarsi gas pericolosi (cloro). EUH 207 – Attenzione! Contiene cadmi o. Durante l'uso si sviluppano fumi pericolosi. Leggere le informazioni fornite dal fabbricante. Rispettare le disposizioni di sicurezza. EUH 208 – Contiene . Puó provocare una reazione allergica. EUH 209 – Puó diventare facilmente infiammabile durante l'uso. EUH 209A – Puó diventare infiammabile durante l'uso. EUH 210 – Scheda dati di sicurezza disponibile su richiesta. EUH 401 – Per evitare rischi per la salute umana e per l'ambiente, seguire le istruzioni per l'uso. |
RISCHIO ESPOSIZIONE AI GAS ANESTETICI
Gli anestetici sono farmaci in grado di mettere il paziente in uno stato di incoscienza, provocando insensibilità al dolore; tale condizione consente di effettuare operazioni cruente e dolorose.
In campo chirurgico si utilizzano frequentemente due tipi di anestesia:
• generale: si ottiene somministrando farmaci per via inalatoria o endovenosa;
• locale (o periferica): si ottiene mediante infiltrazione di anestetici liquidi a livello delle strutture nervose periferiche.
Il rischio da esposizione professionale riguarda l’anestesia generale, normalmente ottenuta mediante la somministrazione dei seguenti farmaci per via inalatoria:
• protossido d’azoto;
• enfluorano (etrano);
• isofluorano (forano);
• sevofluorano ( sevorane ).
Gli anestetici trovano impiego, oltre che in sala operatoria, anche in certe sale radiologiche ed in alcuni ambulatori. Il loro utilizzo può comportare un inquinamento dell’ambiente, con conseguente esposizione professionale degli operatori presenti. L’inquinamento risulta funzione di vari parametri:
• tipo di anestetici utilizzati;
• tecnica utilizzata;
• tipo di apparecchio erogatore;
• presenza di sistemi di evacuazione;
• durata dell’intervento;
• manutenzione (degli impianti e delle apparecchiature).
CHI E' ESPOSTO
E' esposto al rischio di inalazione il personale che opera nell'ambiente in cui vengono somministrati gli anestetici. La dose che può essere inalata per un'esposizione professionale è notevolmente inferiore rispetto a quella necessaria per ottenere l'effetto anestetizzante, ma considerato il periodo protratto di tale esposizione potrebbe essere causa di alterazioni dello stato di salute
QUALI DANNI
Gli effetti dei gas anestetici sull'organismo degli operatori sono legati all'entità dell'esposizione (tempo di esposizione, tipo di anestetico, concentrazione, quantità di gas inalato). Numerose ricerche, anche se in maniera non definitiva, hanno evidenziato casi di alterazioni epatiche (oggi molto rare), alterazioni ematologiche e modificazioni transitorie di funzioni psichiche superiori quali vigilanza, attenzione, concentrazione, associate a cefalea e sonnolenza. L'aumento degli aborti spontanei e/o malformazioni fetali per esposizione prolungata non è stato dimostrato da studi recenti. La IARC ha classificato i gas anestetici tra le sostanze per le quali non esistono sufficienti evidenze di cancerogenicità.
E' comunque giustificato l'allontanamento precauzionale dalle sale operatorie delle operatrici sanitarie in gravidanza ai sensi del D.Lgs. 151/01, per una esposizione multifattoriale a rischi professionali.
I lavoratori esposti a rischio da gas anestetici sono sottoposti a sorveglianza sanitaria preventiva e periodica da parte del Medico Competente, per verificare l'idoneità alla mansione specifica.
COME SI PREVIENE
La prevenzione degli effetti dell’esposizione da gas anestetici si effettua attraverso:
• ricambio dell’aria: negli ambienti in cui possono essere utilizzati gas anestetici viene garantito un adeguato numero di ricambi/ora (normalmente in sala operatoria 10-15 ricambi/ora, con mandata dall’alto e aspirazione dal basso);
• aspirazioni localizzate: le apparecchiature per anestesia sono dotate di sistemi di aspirazione localizzata che convogliano gli espirati all’esterno tramite il collegamento con prese a parete;
• monitoraggio ambientale: vengono effettuati monitoraggi periodici in tutte le sale operatorie dei Presidi Ospedalieri aziendali; tale monitoraggio permette di segnalare l’eventuale superamento dei valori limite e di cercarne (e rimuoverne) la causa;
• controlli sulle prese e sulle apparecchiature: vengono effettuati sia sulle apparecchiature per anestesia (prese, raccordi, giunzioni, valvole di sfiato, tubi corrugati, palloni, ecc.) che sulle prese a muro;
• adeguate manovre anestesiologiche: la tecnica di anestesia e la manualità degli operatori addetti sono molto importanti perché possono influenzare l’inquinamento da gas anestetici.
GLI AGENTI CANCEROGENI, XXXXXXXX, TERATOGENI.
Si definiscono:
⮚ cancerogeni: le sostanze ed i preparati che, per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, possono provocare il cancro o aumentarne la frequenza;
⮚ mutageni: le sostanze ed i preparati che, per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, possono produrre difetti genetici ereditari o aumentarne la frequenza;
⮚ teratogeni: le sostanze ed i preparati che, per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, possono produrre malformazioni sulla progenie o aumentarne la frequenza
La IARC (International Agency for Research on Cancer) propone la classificazione delle sostanze in funzione della loro evidenza di cancerogenecità.
Gruppo 1: la sostanza è cancerogena per l’uomo
Gruppo 2A: la sostanza è probabilmente cancerogena per l’uomo Gruppo 2B: la sostanza potrebbe essere cancerogena per l’uomo
Gruppo 3: la sostanza non può essere classificata in quanto alla cancerogenicità Gruppo 4: la sostanza non è probabilmente cancerogena per l’uomo.
E' possibile individuare i prodotti cancerogeni dalle indicazioni contenute sull'etichetta e sulla scheda di sicurezza ed in particolare dalla presenza delle frasi di rischio:
R40 “Possibilità di effetti cancerogeni – Prove insufficienti | H351 |
R45 "Può provocare il cancro" | H350 |
R46 “può provocare alterazioni genetiche ereditarie | H340 |
R49 "Può provocare il cancro per inalazione". | H350i |
R68 “Possibilità di effetti irreversibili” | H341 |
cancerogeni categorie 1 o 2 simbolo T con frasi R45 o R49 (H350 e H350i)
che per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo possono provocare il cancro o aumentarne la frequenza.
cancerogeni categoria 3 simbolo Xn con frase R40 (H351)
che per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo possono provocare il cancro o aumentarne la frequenza.
mutageni categorie 1 o 2 simbolo T con frase R46 (H340)
che per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, possono produrre difetti genetici ereditari o aumentarne la frequenza.
mutageni categoria 3 simbolo Xn con frase R68 (h341)
che per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, possono produrre difetti genetici ereditari o aumentarne la frequenza.
Si elencano qui di seguito alcuni materiali e sostanze cancerogene presenti o utilizzate nelle attività della ULSS 6: ALDEIDE FORMICA, FARMACI ANTIBLASTICI, AMIANTO
RISCHIO ALDEIDE FORMICA (Formalina, Formaldeide)
L’aldeide formica è una sostanza che viene largamente utilizzata in soluzioni a diversa concentrazione, soprattutto nei laboratori di Anatomia Patologica.
Chi è esposto
Il personale (medici, tecnici ed ausiliari) in servizio nei reparti di anatomia patologica, specialmente dove si effettua il trattamento di campioni biologici, la fissazione di tessuti, la conservazione di reperti anatomici.
Per quanto riguarda il restante personale sanitario che utilizza la sostanza per l’immediata conservazione di pezzi anatomici e di prelievi istologici, da avviare alle analisi in Anatomia Patologica, l’esposizione risulta residuale in quanto molto limitata sia in termini temporali che di quantitativi manipolati, sia per il largo impiego di contenitori pre-caricati con l’aldeide come per la limitata situazione di spillatura da taniche, comunque in ambienti areati naturalmente o artificialmente.
Quali danni
A seguito di esposizione, si sono constatate lacrimazioni, alterazioni olfattive e dell’apparato respiratorio nonché alterazioni di tipo irritativo agli occhi ed alla pelle e, in caso di esposizione prolungata, insorgenza di dermatiti da contatto.
La formaldeide è stata inserita dalla IARC (Agenzia Internazionale di ricerca sul cancro) già da tempo nel gruppo 1: “cancerogeno per l’uomo”. Questa classificazione è stata di recente recepita dai competenti Organi Comunitari; conseguentemente dal primo aprile 2015 entra in vigore la classificazione come “cancerogena, 1/B”.
Ciò comporta l'applicazione di quanto previsto dal titolo IX - Capo II del D.Lgs. 81/08 tra cui l'obbligo di tenuta del registro degli esposti a cancerogeni, la sorveglianza sanitaria, la visita alla cessazione del rapporto di lavoro, l'invio della cartella sanitaria e di rischio all'ex ISPESL (INAIL) in caso di cessazione, ecc.
Per quanto sopra, e’ necessario adottare tutte le misure precauzionali per minimizzare l’esposizione cutanea e respiratoria degli operatori sanitari.
I lavoratori esposti all’aldeide formica sono comunque già sottoposti a sorveglianza sanitaria preventiva e periodica da parte del Medico Competente.
Come si previene
Gli interventi possono essere di tipo ambientale e personale. Prevenzione ambientale:
• Locali dedicati all’utilizzo della sostanza; presenza di una adeguata ventilazione localizzata
(mediante l’adozione di cappe aspiranti) e generale, al fine di ridurre le possibilità di esposizione.
Protezione personale:
• Guanti: il lavoratore che utilizzi, prepari o smaltisca soluzioni di formaldeide deve essere dotato ed usare guanti sufficientemente lunghi per proteggere anche i polsi;
• Protezione degli occhi: visiera o occhiali (con protezioni laterali), da usarsi nelle operazioni che determinino rischio di schizzi accidentali;
• Facciali Filtranti dotati di filtro a carbone attivo o maschere facciali con specifico filtro: necessari qualora si opera fuori cappa o non siano presenti impianti di aspirazione localizzati.
Occorre inoltre ricordare di...
• non mangiare, bere, fumare, conservare cibo/bevande negli ambienti ove è presente;
• effettuare una pronta pulizia degli sversamenti (seguendo il protocollo operativo esistente).
Si ribadisce che, ai fini preventivi, grande rilevanza assume la conservazione di tali agenti chimici, che deve essere effettuata in appositi contenitori opportunamente etichettati e in locali idonei. L'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose forniscono agli utilizzatori preziose informazioni sui rischi che possono correre durante l'uso di dette sostanze (vedi etichettatura e scheda di sicurezza nel capitolo “rischio da sostanze e preparati pericolosi”).
In caso di fuoriuscita accidentale
1. ventilare i locali e allontanare il personale non coinvolto nella bonifica;
2. indossare guanti e indumenti protettivi;
3. proteggere le vie respiratorie (indossare maschera pieno facciale con filtro idoneo);
4. assorbimento del prodotto versato (materiale poroso inerte o sabbia );
5. raccolta e smaltimento del tutto come rifiuto “speciale”;
6. lavaggio con abbondante acqua.
FORMALINA 10% neutra tamponata pronta all’uso | ||||
Contiene formaldeide 4% p/v | Contenuto x x litri | |||
R 40 (H351) | S 26 | |||
R 43 (H317) | S 36/S 37/S 39 | |||
S 45 | ||||
S 51 |
Esempio di etichettatura di prodotto contenente FORMALINA 10% (con vecchi e nuovi simboli); le frasi di rischio e i consigli di prudenza riportati sono parziali.
n.b.: dal 1° aprile 2015 le frasi di rischio cambieranno: H351 diventerà H350; R40 diventa R45 (ma si tratta però delle vecchie frasi destinate a sparire).
RISCHIO DA ESPOSIZIONE A FARMACI ANTIBLASTICI
I farmaci antiblastici sono una particolare categoria di chemioterapici utilizzati per la cura delle patologie neoplastiche. La caratteristica comune di questi farmaci è quella di interferire con uno o più meccanismi che regolano la vita della cellula; se a questa caratteristica si unisce il fatto che i bersagli sono in gran parte comuni sia alle cellule normali che a quelle tumorali, ne deriva che la somministrazione di questi farmaci si accompagna ad effetti tossici più o meno marcati a carico dei tessuti sani.
CHI E' ESPOSTO
L'esposizione ai farmaci antiblastici da parte degli operatori sanitari si può verificare in una tappa qualunque del percorso che tali sostanze seguono prima di essere iniettate in pazienti oncologici: immagazzinamento, trasporto, manipolazione, preparazione, somministrazione, smaltimento dei residui ambulatoriali e degli escreti dei pazienti chemiotrattati.
Le potenziali vie di contaminazione sono:
• inalazioni di aerosol o polveri;
• assorbimento attraverso cute e mucose;
• puntura accidentale;
• ingestione.
I DANNI
La patologia allergica è la più descritta in concomitanza all'uso professionale dei farmaci antiblastici. Le patologie più frequenti possono essere: dermopatie delle mani, orticaria, prurito, riniti, asma bronchiale, edema della glottide e nei più gravi shock anafilattico. Alcuni di questi farmaci (mostarda azotata, doxurubicina, vincristina, mitomicina) hanno proprietà vescicanti oltre che irritanti.
La IARC (Agenzia Internazionale di ricerca sul cancro) ha individuato come cancerogeni ( Gruppo 1 ), probabilmente cancerogeni ( Gruppo 2A ) o possibili cancerogeni per l'uomo ( Gruppo 2B ) alcuni farmaci antiblastici :
Gruppo 1 Cancerogeni per l'uomo | Gruppo 2A Probabili cancerogeni per l'uomo | Gruppo 2B Possibili cancerogeni per l'uomo |
Butanediolo dimentansulfonato | Adriamicina | Daunorubicina |
Ciclofosfamide | Azacitidina | Bleomicina |
Clorambucile | CCNU | Dacarbazina |
Metil-ccnu | Mostarde azotate | Mitomicina |
Melphalan | Procarbazina | |
MOPP | Cisplatino | |
Clornafazina | ||
Thiotepa |
Affinché una sostanza possa essere considerata "cancerogena" per l’uomo sono necessarie prove sufficienti di studio che indichino l'esistenza di una relazione tra esposizione alla sostanza e comparsa di cancro (nesso causa/effetto).
Occorre precisare che:
- la documentazione sulla cancerogenicità nell'uomo deriva soprattutto dalla osservazione clinica di sviluppo di tumori secondari in pazienti trattati per neoplasie in altra sede, e quindi non da dati su operatori sanitari professionalmente esposti;
- esiste una notevole differenza tra le dosi terapeutiche somministrate ai pazienti in trattamento e quelle che potrebbero provenire dall'esposizione accidentale.
In ogni modo è necessario considerare i farmaci antiblastici come sostanze potenzialmente pericolose per gli operatori che le manipolano.
I lavoratori che manipolano farmaci antiblastici sono sottoposti a sorveglianza sanitaria da parte del Medico Competente per verificare l’idoneità alla mansione specifica
COME SI PREVIENE
Con un'adeguata, periodica e specifica informazione/formazione su tale rischio e sulle misure di prevenzione da attuare, associata a misure di controllo di tipo tecnologico, procedurale e organizzativo quali:
- una giusta manualità, data da un adeguato periodo di formazione
- non mangiare, bere, fumare e conservare bevande e cibo negli ambienti di manipolazione di tali composti.
Il personale dell’Azienda che risulta esposto a tale rischio deve essere formato con i contenuti previsti dal Provvedimento 5 agosto 1999 rep. 736 (Linee guida per la sicurezza e la salute dei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici in ambienti sanitari), pubblicato sulla G.U. n. 236 del 7/10/1999.
Qualora altri lavoratori vengano addetti a lavorazioni che comportino tale rischio, ciò potrà avvenire previo accertamento dell’idoneità sanitaria alla mansione specifica da pare del Medico Competente e dopo un periodo di affiancamento con un operatore esperto (tutor).
Importanti, per la prevenzione, sono le misure di protezione collettiva, atte a ridurre la possibilità di esposizione o di contatto accidentale, quali:
o effettuare la preparazione in locali dedicati e non accessibili a personale estraneo. Tali locali devono essere segnalati con appositi cartelli e dotati, tra l’altro, di:
• cappa a flusso laminare verticale (specifica per antiblastici, con filtro HEPA );
• un banco di appoggio;
• un armadio;
• pavimenti e pareti rivestite in materiale lavabile (plastico) sino ad opportuna altezza, con angoli raccordati.
o L'ambiente dovrebbe essere mantenuto in depressione, in modo da evitare fuoriuscite. Altrettanto importanti sono i Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), quali:
• Guanti: per la protezione delle mani, sufficientemente lunghi da essere indossati sopra i polsini
del camice (ricordarsi che l’uso dei guanti non sostituisce il lavaggio delle mani che deve essere effettuato ad ogni cambio degli stessi);
• Maschere: occorre utilizzare facciali filtranti del tipo FFP3 (*);
• Protezione per gli occhi dotati di protezioni laterali (*);
• Camice di protezione per rischio chimico e sovrascarpe dello stesso materiale;
• Cuffie monouso per proteggere i capelli da contaminazioni.
(*) Da precisare che risulta superfluo l’uso di maschere ed occhiali nelle operazioni di manipolazione effettuate con l’utilizzo di cappe ad aspirazione laminare.
COSA FARE IN CASO DI INCIDENTE
Qualora si verifichi un incidente (ad es. rottura o versamento accidentale) durante una delle fasi di manipolazione, ricostruzione o somministrazione dei farmaci, occorre indossare tutti i DPI sopra menzionati seguendo rigorosamente la procedura di emergenza adottata.
SMALTIMENTO ANTIBLASTICI
Un'esposizione professionale a queste sostanze può avvenire durante le operazioni di smaltimento. Gli operatori devono mettere in atto tutte le fasi operative previste dalle apposite procedure (di raccolta, riempimento dei contenitori e pulizia delle superfici e degli ambienti di lavoro), indossando i dispositivi di protezione individuale previsti.
L’amianto (o asbesto) è un insieme di minerali del gruppo dei silicati, appartenente alle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli.
La sua resistenza al calore e la sua struttura fibrosa l’hanno reso adatto come materiale per indumenti e tessuti da arredamento a prova di fuoco, ma la sua ormai accertata nocività per la salute ha portato a vietarne l’uso in molti paesi.
L’amianto è stato soprattutto utilizzato, fino agli anni ottanta, per produrre, in forma di matrice compatta, la miscela cemento-amianto, per la coibentazione di edifici, tetti, navi, treni e come materiale vario per l’edilizia (tegole, pavimenti, tubazioni …).
Esisteva anche un’altra forma di amianto utilizzato nella coibentazione e nella produzione di materiali isolanti definito amianto friabile; nel contesto sanitario era presente, ad esempio, nelle centrali termiche, sterilizzatrici, stufette, muffole e retine per Bunsen, …
In Italia la produzione di amianto ed il relativo impiego è vietato da una norma specifica a partire dal 1992.
Chi è esposto
La semplice presenza di amianto in un edificio non comporta rischi per la salute; l’amianto è infatti pericoloso solo se rilasciato, normalmente a causa di:
• deterioramento;
• insufficiente manutenzione;
• danneggiamento volontario.
All’interno degli ospedali, potenzialmente esposto ai rischi derivanti dall’amianto, ma con modalità sporadiche e di debole intensità, può essere chi svolge attività lavorative di tipo:
• idraulico;
• elettricista;
• manutentore generico.
Quali danni
Una fibra di amianto è 1300 volte più sottile di un capello umano; tali fibre provocano l’asbestosi (fibrosi polmonare), tumori quali il mesotelioma pleurico e peritoneale, ed il carcinoma polmonare. Un’esposizione prolungata nel tempo o ad elevate quantità aumenta esponenzialmente le probabilità di contrarre l’asbestosi mentre, teoricamente, non esiste una soglia di rischio al di sotto della quale la concentrazione di fibre di amianto nell’aria non sia pericolosa in senso cancerogeno.
Come si previene
Tutti i manufatti integri (pannellature, pavimenti, coibentazioni, …) che contengono amianto non sono pericolosi.
Chiunque rilevi alterazioni nei suddetti manufatti (riconoscibili perché etichettati) deve darne tempestiva segnalazione al Servizio Tecnico che organizzerà le più adeguate forme di intervento (messa in sicurezza tempestiva e temporanea della situazione ed attivazione di ditta esterna specializzata per la bonifica).
RISCHI DA FUMO ATTIVO E PASSIVO
In data 10.01.2005 è entrato in vigore l'art. 51 della Legge 16.01.2003 n. 3 "Tutela della salute dei non fumatori". La sua entrata in vigore è stata preceduta dagli Accordi Stato-Regioni del 16/12/2004 e dalla Circolare del 17 dicembre 2004 del Ministero della Salute contenente le indicazioni interpretative e attuative per la sua applicazione.
Le misure di prevenzione del fumo adottate dell'Azienda ULSS 6”Vicenza”
Il Direttore Generale dell'Azienda ha adottato il regolamento aziendale di "divieto di fumo” in tutti i locali facenti parte dei Presidi Ospedalieri, Distretti, Dipartimento di Prevenzione e di Psichiatria, Servizi, Unità Operative, ed in ogni altro locale dove venga esercitata attività dell'Azienda ULSS, compresi gli automezzi".
Va ricordato che la Legge Finanziaria 2005 ha aumentato sia la misura della sanzione applicabile ai trasgressori del divieto di fumo portandola da un minimo di € 27,50 ad un massimo di € 275,00, sia la misura della sanzione prevista a carico dei soggetti preposti alla vigilanza portandola da un minimo di
€ 220,00 ad un massimo di € 2.200,00.
Rischi per la sicurezza
Oltre ai rischi per la salute derivanti dal fumo attivo e/o passivo, ce ne sono altri collegati alla sicurezza; il fumo rappresenta infatti una delle maggiori cause di incendio, costituendo una fonte di innesco.
La presenza di un innesco (nel caso in questione la brace della sigaretta) può "chiudere" il cosiddetto triangolo del fuoco, in presenza di materiali combustibili (carta, cartone, tessuti, materiali plastici e/o sintetici, legno, ecc.) o infiammabili (alcoli, solventi, eteri, ecc.) e di comburenti (aria, ossigeno, ecc.). Si sottolinea come alcuni di questi combustibili/infiammabili/comburenti siano largamente diffusi, in particolare nei presidi ospedalieri.
Il rischio di incendio è ancora maggiore qualora si dovesse fumare in ambienti poco frequentati (depositi, archivi, magazzini, ecc.), dove un eventuale incendio avrebbe meno probabilità di essere rilevato nella sua fase iniziale, quando l'intervento degli addetti alla gestione dell'emergenza con i presidi disponibili (estintori) potrebbe essere più agevole e risolutivo.
Il divieto di fumo va quindi rispettato in maniera tassativa, a maggior ragione in ambito sanitario, dove l'insorgere di un incendio contribuirebbe ad aumentare le conseguenze negative per la tipologia di utenti e dove, in ogni caso, anche i danni alle sole cose potrebbero avere ripercussioni negative sull'erogazione delle prestazioni.
RISCHI NELLA GESTIONE DEI RIFIUTI
Considerata la complessità dell’argomento, questo documento tratta brevemente l’argomento dei Rifiuti Sanitari; esso è più ampiamente sviluppato nella PROCEDURA AZIENDALE dedicata, presente tra i documenti nella rete intranet aziendale.
La corretta gestione dei rifiuti sanitari è necessaria per evitare una serie di rischi che possono coinvolgere gli operatori ulss che operano all’interno dell’Azienda, i pazienti, i familiari e/o visitatori; particolarmente esposto è ovviamente tutto il personale che si occupa della raccolta, del confezionamento, del trasferimento ai depositi e del successivo smaltimento o conferimento finale. Gestiti correttamente i rifiuti sanitari hanno comunque un potenziale rischio residuo per gli operatori che li producono o maneggiano; è quindi fondamentale ai fini della propria e altrui sicurezza conoscere e applicare quanto previsto dalla PROCEDURA AZIENDALE che informa e tiene aggiornati sulla gestione, sui contenitori disponibili, sulle aree di raccolta, sui riferimenti aziendali per la corretta raccolta e smaltimento.
Da un punto di vista giuridico, il soggetto la cui attività produce una sostanza/oggetto di cui ha necessità di disfarsi è identificabile come il produttore di un rifiuto; esso è pertanto responsabile della sua corretta gestione.
Ciascun lavoratore, durante lo svolgimento della professione all'interno di una struttura sanitaria, si trova quotidianamente nella condizione di produttore e pertanto ha una diretta partecipazione nella gestione dei rifiuti sanitari, che deve essere effettuata senza arrecare danno agli operatori stessi e all’ambiente, secondo i principi di sicurezza ed economicità richiesti.
La gestione dei rifiuti comprende tutte le fasi che vanno dalla produzione, all’interno e all’esterno delle strutture sanitarie, fino al conferimento agli impianti di smaltimento o recupero; queste fasi si possono riassumere in:
• produzione, classificazione del rifiuto e attribuzione del codice CER (Codice Europeo Rifiuti)
• confezionamento ed etichettatura
• conferimento all’area di raccolta/deposito temporaneo
• movimentazione interna
• adempimenti amministrativi
• avvio allo smaltimento o al recupero.
Non appena prodotto, il rifiuto deve essere governato nel modo più idoneo per una gestione in sicurezza. Questa fase costituisce uno dei passaggi più delicati dell’intero processo; infatti, il conferimento di un rifiuto all’interno del contenitore non idoneo può comportare una serie di conseguenze che possono avere implicazioni tanto sulla salute dell’uomo come sull’ambiente (es. ago nel sacco nero con rischio di infortunio per gli operatori).
Proprio per questo motivo è fondamentale che l’operatore non prenda iniziative nel caso non sia chiaro il percorso di eliminazione di un rifiuto, ma possa fare riferimento a procedure scritte oppure ai referenti all’interno dell’organizzazione per individuare la corretta modalità di gestione.
In questa fase è essenziale:
• conoscere le diverse tipologie di rifiuti raccolte all'interno dell'azienda e le rispettive modalità di gestione;
• evitare il mescolamento di sostanze o preparati aventi natura chimica diversa (es. aldeidi e peracidi) e/o classificazione di pericolo diversa (es. tossici e comburenti), per evitare reazioni chimiche incontrollate;
• segnalare ai preposti ogni problema connesso alle operazioni di conferimento e allontanamento dei rifiuti, tali da poter creare pericolo per la sicurezza delle persone e dell’ambiente;
• utilizzare contenitori per i rifiuti forniti dall’azienda.
Si ricorda inoltre che è vietata:
• la miscelazione di rifiuti pericolosi e non pericolosi; ad esempio questa situazione si verifica quando un rifiuto a rischio infettivo viene inserito in un contenitore diverso da quello previsto;
• l'abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti; ad esempio questa situazione si verifica quando i contenitori dei rifiuti giacciono accumulati in aree non idonee;
Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo
Per rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo si intendono quei rifiuti che presentano un rischio biologico (es. parti anatomiche non riconoscibili), nonché gli oggetti e i materiali da eliminare venuti a contatto con sangue o materiale biologico infetto o presunto tale.
All’interno di ogni Unità operativa e/o ambulatorio devono essere predisposti i contenitori corretti, collocati in posizione facilmente accessibile, nelle immediate vicinanze del luogo di effettiva produzione, e che non siano di ostacolo al passaggio.
Tutti i contenitori di qualunque forma o tipo destinati a contenere rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo devono presentare le caratteristiche previste dall’ art. 8, DPR 254/03.
L’ Azienda ha l’obbligo di prevede quantità e tipologia di contenitori in ragione delle diverse tipologie di rifiuto prodotto.
Rifiuti sanitari taglienti e pungenti
Una particolare tipologia di rifiuti a rischio infettivo è costituita dai taglienti e pungenti, che, per la loro capacità di ledere la cute integra, presentano un rischio permanente di veicolare infezioni nei soggetti che li manipolano anche se non sono visibilmente contaminati da sangue o altri liquidi biologici.
L’analisi degli infortuni e malattie professionali che si verificano nelle aziende sanitarie e sono riconducibili alla gestione dei rifiuti mostra, infatti, che la quasi totalità degli eventi negativi per gli operatori sono causati da oggetti taglienti o pungenti non correttamente manipolati o inseriti in contenitori non idonei.
Per questo motivo, tutti i dispositivi taglienti e/o pungenti non più utilizzabili devono essere gestiti con le modalità previste dalla Procedura Aziendale all’interno dei contenitori rigidi a perdere, resistenti alla puntura.
RISCHIO DA USO DI AZOTO (Liquido o Gas)
L’azoto (N2) è una sostanza che si presenta normalmente in forma gassosa ed è contenuto in bombole bianche (grigie nella vecchia colorazione) con ogiva color nero.
L’azoto può essere liquefatto a temperature inferiori a - 196°C; in tale stato viene stoccato in appositi contenitori detti “criogenici” operanti a pressione atmosferica (Dewar).
Questi recipienti possono essere aperti o muniti di tappo con tubo di sfiato, o altro dispositivo che permetta lo scarico del vapore ed eviti il formarsi di pressioni troppo elevate.
E’ buona norma ispezionare frequentemente i dispositivi di scarico per accertarsi che non siano bloccati dal ghiaccio che può formarsi per effetto della condensazione dell’umidità atmosferica.
CHI E' ESPOSTO
Nella forma liquida viene soprattutto utilizzato in dermatologia, in anatomia patologica, per la crioconservazione nel Servizio Immunotrasfusionale ed in alcuni laboratori (Microbiologia, Ematologia, altri).
QUALI DANNI
I rischi principali dell'azoto liquido sono legati alla sua temperatura, di -196 °C; questo significa che il contatto con il liquido può provocare gravi ustioni da freddo, se non addirittura portare al congelamento della parte interessata.
Per quanto riguarda il rischio d'incendio, l'azoto non presenta particolari problemi essendo un gas inerte; anzi la sua evaporazione riduce il tasso d’ossigeno e quindi favorisce lo spegnimento.
Se l'azoto è presente nell'aria in quantità superiori alla sua normale concentrazione (circa 78%) può provocare stati di asfissia per carenza di ossigeno.
Questa situazione può realizzarsi a causa dell'evaporazione dell'azoto liquido in ambienti chiusi. E' necessario quindi prevedere l'utilizzo di azoto esclusivamente in locali ben areati.
COME CI SI PROTEGGE
Nel caso di sversamento accidentale o di rottura dei contenitori, la prima cosa a cui si deve porre attenzione è di evitare il contatto con il liquido e con il vapore fuoriuscito; si deve quindi provvedere ad isolare la zona finché la perdita non è sotto controllo.
Per tutte le operazioni che possono includere il contatto con il liquido o con il contenitore da cui si è verificata la perdita utilizzare gli appositi indumenti protettivi resistenti alle basse temperature. Visto che l'azoto liquido (come tutti i gas criogenici liquefatti) a pressione atmosferica vaporizza molto velocemente, producendo un volume di gas circa 1000 volte superiore al volume di liquido che è vaporizzato, è buona norma usare il prodotto in ambienti ben ventilati in modo che l'atmosfera sia sempre respirabile (anche nell’ipotesi di incidente prima di compiere qualsiasi intervento).
Attenzione
La nebbia che si forma quando si espone al contatto dell'aria un gas liquefatto è dovuta all'umidità che condensa, e non al gas stesso, che è trasparente ed incolore, e quindi invisibile.
MANIPOLAZIONE, STOCCAGIO, MOVIMENTAZIONE
Per l'azoto compresso in bombole si deve far riferimento al capitolo sulle bombole. Particolare attenzione va rivolta a tutte le operazioni che contemplano l'uso diretto del liquido, soprattutto per quello che riguarda le protezioni personali.
I rischi più frequenti si hanno nelle operazioni di travaso e nelle operazioni di immersione ed estrazione di oggetti dal liquido, a causa di schizzi di liquido prodotti dalle brusche variazioni di temperatura.
Queste sono quindi operazioni da svolgere sempre lentamente prevedendo sempre l'uso dei dispositivi di protezione individuali (DPI) come guanti, maschere o occhiali muniti di protezioni laterali e gambali (per evitare, soprattutto nei travasi, il gocciolamento all'interno delle scarpe).
I guanti devono essere larghi per poter essere facilmente sfilati nel caso in cui gocce o schizzi vi entrino.
Per estrarre oggetti immersi nel liquido usare sempre pinze o tenaglie maneggiando con cautela sia queste che gli oggetti; oltre ai rischi da contatto già citati bisogna infatti ricordare che molti materiali teneri o flessibili a temperatura ambiente, diventano duri e fragili a basse temperature.
Per quello che concerne la movimentazione si deve sempre prevedere il trasporto ed il fissaggio sicuro dei contenitori su appositi carrelli; nel caso in cui la movimentazione avvenga su automezzi, vanno evitati quelli in cui la zona di carico non è separata dall'abitacolo e quelli in cui non è prevista una adeguata ventilazione (l’automezzo deve essere abilitato al trasporto).
Lo stoccaggio dei contenitori deve avvenire in locali ventilati.
RISCHIO DA MANIPOLAZIONE BOMBOLE
Si definiscono bombole dei recipienti in acciaio di qualità speciale o legato, realizzati in un solo pezzo senza saldatura longitudinale. Una bombola è un contenitore trasportabile utilizzato per immagazzinare gas sotto pressione, la cui forma, dimensione, materiale e fabbricazione varia a seconda dell'impiego a cui è destinata.
È comunque sempre dotata di una valvola che ne permette la chiusura.
Le troviamo all’interno dell’Azienda nei punti di trasporto pazienti, reparti di degenza, talvolta nelle sale operatorie, nei laboratori e nelle officine.
Alcune tipologie di bombole più comunemente presenti in Azienda sono :
• bombole di ossigeno per uso medicale
• bombole di protossido di azoto per uso medicale
• bombole di anidride carbonica
• bombole per miscele di gas da laboratorio
• bombole di acetilene per officine.
Chi è esposto
Tutti coloro che manipolano le bombole. Con “manipolazione” si intende: la movimentazione, lo stoccaggio, il deposito, l’installazione e l’uso di bombole contenente gas compressi. E quindi in particolare:
• chi le trasporta e chi le utilizza
• chi esegue il montaggio-smontaggio del riduttore di pressione
Quali danni
I rischi associati alla manipolazione delle bombole si riconducono a:
1. rischio infortunistico determinato da:
a) rottura delle parti deboli quali la valvola centrale della bombola o il raccordo con lo stadio di riduzione, ad esempio per urto da caduta;
b) cedimento delle parti strutturali per non coerenza con le caratteristiche di progetto e di collaudo; in particolare per:
- uso con temperature o troppo elevate, determinate esempio da un incendio, o troppo basse, per investimento di liquidi criogenici che ne determina la fragilità della lega metallica;
- riduzione dello spessore della bombola per corrosione chimica o abrasione meccanica.
2. rischio infortunistico e chimico determinato dalle caratteristiche del gas contenuto nella bombola; il gas compresso può avere caratteristiche ad es.:
a) di infiammabilità o di comburente e quindi favorire una reazione di combustione, anche violenta (esplosione);
b) asfissiante, se la miscela non contiene ossigeno; tossico-nocivo, irritante, caustiche, ecc..
Come si previene il rischio
La pressione interna del gas è direttamente proporzionale alla temperatura, perciò la bombola non deve essere esposta a fonti di calore, ai raggi del sole o comunque a temperature superiore ai 50°C. La sicurezza di una bombola è legata all'integrità del materiale con cui è costruita; occorre quindi ancorare sempre la bombola ad un carrello porta bombola o ad una parete con una catenella o al letto/barella con specifico aggancio, ed evitare gli urti violenti e il contatto con sostanze corrosive.
Lo stoccaggio deve avvenire in ambienti idonei e separati per tipologia di gas, ad esempio i gas combustibili devono essere immagazzinati separatamente dai comburenti.
Gli operatori che manipolano bombole devono aver ricevuto un’adeguata formazione sulla modalità d’uso; lo smontaggio/montaggio dei riduttori di pressione deve essere affidato a personale specializzato e formato.
Nel sito INTRANET è presente una specifica procedura di sicurezza per la gestione e l’uso delle bombole, che tutti i lavoratori devono applicare.
Trasporto
• tutte le bombole devono essere provviste dell’apposito cappellotto di protezione delle valvole (di vari modelli) o di un’altra idonea protezione che protegga sia la valvola che gli eventuali stadi di riduzione installati;
• le bombole devono essere maneggiate con cautela evitando gli urti violenti tra loro e contro altre superfici, le cadute od altre sollecitazioni meccaniche che possano comprometterne l'integrità e la resistenza; ricordare che la valvola è il punto critico di maggior pericolo;
• le bombole non devono essere sollevate tramite il cappellotto, né trascinate, né fatte rotolare o scivolare sul pavimento;
• le bombole non devono essere manipolate con i guanti unti d’olio o di grasso o con le mani trattate con crema; questa norma è particolarmente importante quando si movimentano recipienti di gas ossidanti (ossigeno in particolare).
Cappellotto a tulipano | Cappellotto a vite |
Stoccaggio e deposito
Si raccomanda quanto segue:
• tutte le bombole contenenti gas non devono essere esposte all’azione diretta dei raggi del sole, né tenuti vicino a sorgenti di calore o comunque in ambienti in cui la temperatura possa raggiungere i 50°C;
• le bombole non devono essere esposte ad un’umidità eccessiva, né ad agenti chimici corrosivi; vi può essere danneggiamento del recipiente e bloccaggio del gruppo valvola;
• i recipienti devono essere protetti contro xxxxx od altre abrasioni sulla superficie del metallo. Si fa divieto di lasciare i recipienti vicino a montacarichi sotto passerelle, o in luoghi dove oggetti pesanti in movimento possano urtarli e provocarne la caduta;
• i locali di deposito devono essere asciutti, freschi, ben ventilati e privi di sorgente di calore;
• è vietato immagazzinare in uno stesso locale bombole contenenti gas tra loro incompatibili, ad esempio gas infiammabili con gas comburenti, e ciò per evitare, in caso di perdite, reazioni pericolose, quali esplosioni od incendi; è necessario inoltre non immagazzinarle in locali ove si trovino materiali combustibili o sostanze infiammabili;
• nei locali di deposito devono essere tenuti separati i recipienti pieni da quelli vuoti;
• nei locali di deposito i recipienti devono essere tenuti in posizione verticale ed assicurati alle pareti con catenelle od altro mezzo idoneo, per evitarne il ribaltamento;
• i locali di deposito devono essere idonei per il tipo di gas contenuto nelle bombole.
Identificazione delle bombole
Una bombola deve essere usata solo se il suo contenuto risulta chiaramente identificabile. Il contenuto va identificato nei modi seguenti:
1. colorazione dell'ogiva, secondo il colore codificato dalla normativa di legge (Tabella dei codici di colore delle ogive dei recipienti di gas);
2. nome commerciale del gas, scritte indelebili, etichette autoadesive, decalcomanie poste sul corpo del recipiente, oppure cartellini di identificazione attaccati alla valvola (etichettatura);
3. raccordo di uscita della valvola, in accordo alle normative di legge;
4. tipi e caratteristiche dei recipienti.
E' importante quindi che l'utilizzatore non cancelli o renda illeggibile scritte, non asporti etichette, decalcomanie, cartellini applicati sui recipienti dal fornitore per l'identificazione del gas contenuto.
Con Decreto 7/1/1999 il Ministero dei Trasporti, ravvisando l'opportunità di uniformare le colorazioni distintive delle bombole nei Paesi CE, ha disposto l'applicazione della norma UNI EN 1089-3 che prevede un sistema di identificazione delle bombole con codici di colore delle ogive diverso da quello attualmente usato in Italia.
Il nuovo sistema di identificazione è divenuto obbligatorio il 10/08/1999 solo per le bombole nuove; per le bombole già in circolazione il vecchio sistema di colorazione poteva essere ancora utilizzato fino al 30 giugno del 2006.
La codifica dei colori secondo la nuova normativa è individuata con la lettera maiuscola "N" riportata in due posizioni diametralmente opposte sull'ogiva.
1. La codifica dei colori riguarda solo l'ogiva delle bombole, in generale il corpo della bombola può essere dipinto di qualsiasi colore che non comporti il pericolo di erronee interpretazioni. Fanno eccezione le bombole per gas ad uso medicale (corpo bombola color bianco).
2. In generale la colorazione dell'ogiva della bombola non identifica il gas ma solo il rischio principale associato al gas: si vedano le Tabelle 1a e 1b.
Tipo di pericolo | Vecchia colorazione | Nuova colorazione |
Tabella 1a - Rischio associato al Pericolo
Tipo di gas | Vecchia colorazione | Nuova colorazione |
Tabella 1b – Rischio associato al tipo di gas
Tipo di gas | Vecchia colorazione | Nuova colorazione |
Tabella 2 - Solo per i gas più comuni sono previsti colori specifici
Per quanto riguarda le bombole destinate a contenere i gas medicinali elencati nella Farmacopea Ufficiale, il Decreto Ministeriale del 14-10-1999 determina che la parte cilindrica di tali bombole deve essere verniciata di bianco ( riferimento RAL 9010 ), ferma restando la colorazione distintiva delle ogive; in precedenza il colore era verde RAL 6018.
Tra la valvola e la ghiera di tutte le bombole destinate a contenere gas medicinali deve essere inserito un disco in acciaio inossidabile recante la punzonatura "Per uso medico", l'indicazione del numero di partita IVA o codice fiscale del proprietario delle bombole e avente delle caratteristiche prestabilite.
Il microclima è l'insieme dei fattori chimici e fisici che caratterizzano l'aria degli ambienti confinati. Fattori chimici: ossigeno, azoto,anidride carbonica, gas inerti, vapore acqueo.
Fattori fisici: temperatura, calore radiante, umidità, movimento dell'aria
La temperatura, nella stagione calda, non dovrebbe essere inferiore a quella esterna di oltre 7°; nelle altre stagioni dovrebbe essere compresa fra i 20° e i 24°.
L'umidità va mantenuta fra i 40 e il 60% nella stagione calda e fra il 40 e il 50% nelle altre stagioni.
Va evitata l'eccessiva secchezza dell'aria che favorisce l'irritazione delle mucose, delle congiuntive e dell'apparato respiratorio.
La sensazione di benessere legata a queste grandezze è abbastanza soggettiva, e dipende inoltre dall'attività svolta e dal tipo di abbigliamento indossato.
Si deve porre attenzione alle fonti di calore e, ove sono in funzione condizionatori d'aria, alla velocità dell'aria, alla manutenzione periodica dei filtri, alla direzione del getto dell'aria.
CHI E' ESPOSTO
In generale si può affermare che più il lavoro è faticoso, o più alte sono l'umidità e la temperatura, più è necessaria una elevata velocità dell'aria per assicurare condizioni di benessere climatico.
I rischi da microclima si presentano quando si lavora in ambienti troppo caldi o troppo freddi oppure quando il tasso di umidità dell'aria è inferiore o superiore al 40/60 %.
I fattori di rischio più frequenti sono quindi :
• aria troppo secca
• sbalzi termici eccessivi tra la temperatura esterna ed interna
• correnti d'aria.
L'assunzione di farmaci e la presenza di patologie aumentano il rischio da esposizione a questi fattori.
QUALI DANNI
L’oscillazione dei valori ottimali verso livelli troppo alti o troppo bassi dei parametri sopra riportati possono avere conseguenze negative:
• Diminuzione del rendimento lavorativo
• Aumento degli incidenti e degli infortuni
• Malessere
• Disturbi tipici del collasso da calore (congestione, tachicardia, cefalea, depressione, lipotimia ).
COME SI PREVIENE IL RISCHIO
Nella progettazione degli ambienti di lavoro e nel controllo delle condizioni microclimatiche ci si riferisce di solito a raccomandazioni formulate da vari enti a carattere internazionale che definiscono i limiti di esposizione alle varie condizioni microclimatiche in funzione del lavoro svolto e stabiliscono degli indici di valutazione. Per poter realizzare un buon controllo delle condizioni microclimatiche è necessario che i luoghi di lavoro chiusi siano ben riparati dagli agenti atmosferici e da infiltrazioni di umidità, siano adeguatamente coibentati (ovvero isolati termicamente dal caldo e dal freddo) e abbiano un adeguato numero di aperture (facilmente apribili dai lavoratori) in modo da garantire l'aerazione naturale e il ricambio d'aria.
Gli impianti di riscaldamento e di condizionamento devono essere realizzati in maniera tale da garantire negli ambienti di lavoro condizioni di temperatura, umidità, ventilazione e purezza dell'aria comprese entro i limiti necessari per garantire il benessere dei lavoratori.
Occorre anche da parte del lavoratore:
• Tenere sotto controllo gli sbalzi estremi di temperatura e umidità;
• Indossare vestiario adeguato che non ostacoli la traspirazione della pelle;
• Seguire una corretta idratazione.
Il rischio elettrico deriva dagli effetti dannosi che la corrente elettrica può produrre sul corpo umano sia per contatto diretto che per contatto indiretto.
Il contatto diretto
consiste nel passaggio della corrente elettrica attraverso il corpo umano a seguito di contatto con parti ordinariamente in tensione.
Il contatto indiretto
si ha toccando parti previste per essere toccate (quindi ritenute elettricamente sicure) ma che possono presentare tensioni pericolose a causa di un guasto, di una riduzione dell'isolamento o a causa di valori eccessivi delle correnti di dispersione verso terra o sull'involucro.
Chi è esposto
Sono potenzialmente esposti tutti i lavoratori che utilizzano impianti ed apparecchiature elettriche (elettromedicali e non).
Sono particolarmente esposti i lavoratori addetti agli interventi di manutenzione, controllo, riparazione di impianti ed apparecchiature elettriche.
Quali conseguenze per la salute
Le conseguenze che tale rischio può comportare sono spesso sottovalutate, sia per le caratteristiche di impercettibilità e invisibilità, sia per l'eccessiva dimestichezza derivante dall'uso quotidiano di apparecchiature funzionanti con energia elettrica.
Il passaggio della corrente elettrica nel corpo umano provoca effetti che vanno da una semplice "scossa" senza grosse conseguenze per l'organismo, a gravi contrazioni muscolari che interessando organi vitali possono portare l'infortunato anche alla morte (principalmente per arresto cardiaco e/o arresto respiratorio).
Gli effetti citati dipendono essenzialmente dall'intensità della corrente che fluisce, dal suo percorso attraverso il corpo e dal tempo durante il quale la corrente stessa persiste.
Dove lo troviamo
La fonte di rischio maggiore è rappresentata da apparecchiature o attrezzature alimentate elettricamente e ad impianti elettrici non costruiti e/o mantenuti in condizioni di sicurezza o utilizzati in maniera impropria.
In particolare le situazioni più diffuse e che normalmente espongono a rischio elettrico sono quelle legate a impianti/apparecchiature:
• utilizzo o presenza di componenti elettrici deteriorati, accesso a conduttori o a componenti sotto tensione (isolamento del conduttore lacerato, prese a spina rotte, connessioni elettriche "di fortuna", corpo dell'apparecchio rotto, ecc.);
• impianti elettrici non dimensionati all'effettivo carico elettrico richiesto;
• impianti e apparecchiature elettriche non idonei all'ambiente e alle sostanze presenti (ambienti umidi, sostanze esplosive o combustibili ecc).
oppure legati a Comportamenti scorretti:
• uso non corretto di prese multiple e adattatori vari (possono determinare surriscaldamento dei componenti elettrici con conseguente rischio d'incendio);
• utilizzo improprio degli apparecchi;
• operazioni di riparazione o modifiche di apparecchiature elettriche da parte di personale non autorizzato (va effettuato dal personale dell'Azienda appositamente incaricato);
• utilizzo di parti o apparecchiature elettriche con mani bagnate / umide o in presenza di pavimenti bagnati (toccare interruttori o prese di corrente con le mani bagnate/umide è un'operazione a rischio);
• utilizzo di liquidi per pulire apparecchiature quando queste sono sotto tensione;
• "tirare" il cavo di collegamento per sconnetterlo da una qualsiasi presa anziché agire tramite l'isolante della spina;
• lasciare abbandonate lungo le vie di transito prolunghe o apparecchiature elettriche specialmente se collegate alla rete elettrica.
QUALI PRECAUZIONI
Apparecchiature
Le apparecchiature elettromedicali in uso in ospedale sono di norma progettate e realizzate rispettando una serie di direttive comunitarie e normative in modo che durante l'utilizzo non producano effetti indesiderati indotti da corrente elettrica. Prima di essere poste in uso deve essere effettuata la procedura di collaudo, per verificare l'effettiva rispondenza alle norme, l'idoneità all'uso, e quindi che siano sicure anche dal punto di vista elettrico; parte integrante della procedura di collaudo è la formazione/addestramento al buon utilizzo del bene, che viene di norma erogata da specialisti della ditta e documentata mediante firma del personale che la riceve. Successivamente, durante l'utilizzo, affinché le apparecchiature mantengano nel tempo le dovute caratteristiche di sicurezza e la qualità delle prestazioni, bisogna operare su due livelli attraverso:
• esecuzione di controlli periodici e manutenzioni secondo le indicazioni del costruttore e/o le norme di buona tecnica;
• utilizzo corretto da parte degli operatori, rispettando le istruzioni del manuale d'uso e verificando sempre l'integrità di accessori, cavi, tubi, manipoli.
L'operatore sanitario deve tempestivamente segnalare qualsiasi anomalia al proprio Coordinatore e al Servizio di Ingegneria Clinica aprendo una chiamata sul gestionale CLINGO presente in intranet, eventualmente comunicando l’anomalia anche telefonicamente.
Nel caso in cui il funzionamento non corretto di un apparecchio sia accompagnato da un possibile incidente o mancato incidente, va aperta immediatamente la chiamata e vanno contattati subito i tecnici del Servizio Ingegneria Clinica comunicando loro quanto avvenuto.
Nel caso si tratti di incidente o mancato incidente sarà necessario attivare la procedura di segnalazione alla U.O. Rischio Clinico e Sicurezza Paziente che, con l'eventuale supporto del Servizio Ingegneria Clinica, inoltrerà la segnalazione al Ministero della Salute secondo quanto disposto agli art.9 e10 del D.Lgs.n.46 del 1997 e art.11 del D.Lgs.n.507 del 1992.
Impianti
La precauzione principale è che l'impianto sia installato e manutenzionato da personale abilitato in ottemperanza alle norme vigenti, garantendo così una certa sicurezza dell'impianto e riducendo al minimo il rischio da contatto diretto.
La sicurezza data da un impianto costruito "a norma" viene a mancare per comportamenti scorretti da parte degli utilizzatori; gli esempi di situazioni riportate in precedenza al punto "dove lo troviamo" sono da evitarsi nella maniera più assoluta.
Quindi, per la propria sicurezza e per quella degli altri operatori e del paziente occorre evitare di usare qualsiasi apparecchiatura elettrica se si hanno dubbi sul corretto funzionamento, sullo stato di manutenzione o se presenta danneggiamenti; non effettuare per nessun motivo riparazioni o modifiche; segnalare tempestivamente questi inconvenienti agli addetti incaricati della manutenzione.
L'incendio è una combustione sufficientemente rapida e non controllata che si sviluppa senza limitazioni nello spazio e nel tempo.
Possono essere esposti agli effetti di un incendio tutti gli individui che a qualunque titolo (lavoratori, degenti, utenti, ecc.) siano presenti nei locali o negli edifici nei quali questo si possa sviluppare.
Sono maggiormente esposti tutti i lavoratori che utilizzano sostanze altamente infiammabili (etere, acetone, alcool, ecc.) e prodotti combustibili, in presenza di potenziali inneschi; i laboratori, taluni ambulatori e le sale operatorie si ritengono ad elevato rischio.
Come si previene l’incendio e/o si contiene il danno (se l’incendio si verifica)
La prevenzione degli incendi in generale viene operata attraverso misure di "prevenzione vera e propria", misure di protezione (attiva e passiva), e con misure precauzionali e di esercizio comprendenti anche il cosiddetto “Piano di Emergenza”
Queste misure non sono alternative, ma complementari fra loro, e finalizzate a ridurre globalmente il rischio d'incendio.
La prevenzione propriamente detta, finalizzata alla riduzione della probabilità di accadimento di un incendio, consiste fondamentalmente in:
• realizzazione e gestione degli impianti elettrici a regola d'arte;
• eliminazione di prodotti combustibili ed infiammabili o, in alternativa, loro riduzione;
• eliminazione o in alternativa, riduzione delle sorgenti d’innesco presenti;
• ventilazione dei locali ove si usano prodotti infiammabili o gas;
• dispositivi di sicurezza negli impianti di distribuzione gas combustibili e comburenti;
• utilizzo di materiali incombustibili;
• segnaletica di sicurezza riferita ai rischi presenti in ambito lavorativo;
• corrette misure gestionali e di esercizio con particolare attenzione alle sorgenti di innesco ed all’uso di prodotti liquidi infiammabili.
La protezione passiva è l'insieme delle misure adottabili con l’obbiettivo di limitare gli effetti dell'incendio nello spazio e nel tempo e che non richiedono l'azione di un uomo o l'azionamento di un impianto; essa può essere ottenuta:
• attuando la compartimentazione dei locali (ad es. con muri e porte tagliafuoco);
• riducendo il carico d'incendio;
• utilizzando materiali d'arredo poco combustibili;
• prevedendo adeguate vie d'esodo e luoghi sicuri.
La protezione attiva è l'insieme delle misure che richiedono l'azione di un uomo o l'azionamento di un impianto, ai fini di una precoce rilevazione, segnalazione, spegnimento di un incendio, come ad esempio:
• l'installazione di impianti per la rilevazione e la segnalazione degli incendi.
• l'installazione di estintori ed idranti e l’installazione di sistemi di spegnimento automatico
• la segnaletica di sicurezza e l’illuminazione di emergenza;
Il Piano di Emergenza è predisposto per ogni struttura interessata; in esso sono riportate:
• le procedure da applicare in caso di emergenza incendio;
• l’organizzazione che provvede alla gestione dell’emergenza;
• le norme comportamentali alle quali è fondamentale attenersi per il buon esito della gestione dell’emergenza medesima.
ORGANIZZAZIONE OSPEDALIERA DELL’EMERGENZA INCENDIO (OSPEDALE DI VICENZA)
La "struttura" preposta all'assolvimento dei vari compiti connessi alle emergenze è così articolata:
1. Centrale di gestione delle chiamate (CCU presso il SUEM);
2. Coordinatore Generale dell’Emergenza;
3. Coordinatore della Squadra di Emergenza, a sua volta costituita da:
• Nucleo Primo Intervento (NPI);
• Nucleo Sanitario e di Evacuazione;
4. Addetti Portineria;
5. Addetti ditte appaltatrici (impianti termici e cdz; impianti gas medicali, impianti elettrici, ecc.)
6. Servizio Professioni Sanitarie per la gestione del personale in situazione di emergenza.
7. Unità di Crisi.
CENTRO CHIAMATE URGENTI PRESSO IL SUEM
È la centrale operativa dove è ubicato il telefono delle emergenze interne 3115 e il terminale video del sistema di rilevazione incendi; qui recapitano le chiamate di emergenza e da qui viene attivato il Piano di Emergenza, compresa la chiamata dei VV.F. e la gestione di tutti i collegamenti telefonici interni ed esterni.
COORDINATORE EMERGENZA
E’ il Dirigente Medico del SUEM presente in centrale operativa; coadiuvato in una seconda fase dalla Direzione Medica dell’Ospedale.
NUCLEO PRIMO INTERVENTO
Sono i due elettricisti sempre in servizio nelle 24h, che intervengono sempre, anche nei casi di falsa segnalazione, o perché avvisati dal 3115 o perché ricevono segnalazione dal sistema computerizzato di rilevazione incendi (sensori di fumo).
NUCLEO SANITARIO DI EVACUAZIONE (NPI)
E’ una squadra di almeno 7 persone compreso il Coordinatore, composta da personale Medico, infermieristico, OSS e OTAA, del SUEM e del Pronto Soccorso.
COORDINATORE DELLA SQUADRA DI EMERGENZA
È il Medico uscitore SUEM o, in sua assenza, l’infermiere SUEM anziano, che comanderà tutta la squadra di emergenza e gestirà sul posto l’emergenza in generale; presterà ovviamente particolare attenzione all’evacuazione degli ammalati.
ADDETTI ALL’EVACUAZIONE DEI PAZIENTI
Coincide con il personale presente in tutto l’ospedale in grado di essere spostato su richiesta del Coordinatore dell’emergenza, o del Responsabile dell’Unità di Crisi o di un Ufficiale dei VV. F.
UNITA’ DI CRISI
Composta da vari Direttori e Responsabili, si rende operativa nel più breve tempo possibile con lo scopo di gestire l’emergenza nelle sue dimensioni più complesse:
• gestisce una emergenza complessa (coinvolgimento di più piani dello stabile);
• gestisce le emergenza particolari (es. biologica, chimica, nucleare, ecc.) collaborando con i
VV. F. e le Forze dell’Ordine;
• cura l’attivazione dei collegamenti sanitari esterni;
• mantiene i rapporti con il pubblico e la stampa;
• richiama il personale dipendente in riposo.
ORGANIZZAZIONE OSPEDALIERA DELL’EMERGENZA (OSPEDALE DI NOVENTA)
Nell’Ospedale di Noventa il sistema organizzato di gestione dell’emergenza rispecchia quello dell’Ospedale di Vicenza, con le seguenti differenze:
• il numero unico delle emergenze è il 5115, telefono ubicato in Pronto Soccorso e quindi presidiato 24 h;
• il Nucleo di Primo Intervento è costituito da 2 operatori sanitari dei reparti Medicina e di Chirurgia; la Squadra di Emergenza nel suo complesso ricomprende anche il personale del Pronto Soccorso;
• il Coordinatore dell’emergenza è il Medico del Pronto Soccorso.
ORGANIZZAZIONE DELL’EMERGENZA nella STRUTTURA di SANDRIGO
Nell’ex Ospedale di Sandrigo, con due piani ora occupati dall’IPAB, il sistema organizzato di gestione dell’emergenza rispecchia quello degli Ospedali, con le seguenti differenze:
• il numero unico delle emergenze è il 6515, telefono ubicato nell’IPAB e quindi presidiato 24 h
• il Nucleo di Primo Intervento è costituito da 2 operatori sanitari dell’IPAB; la Squadra di Emergenza nel suo complesso ricomprende anche il personale dell’ULSS, quando presente;
• il Coordinatore dell’emergenza è l’infermiere Coordinatore IPAB.
ORGANIZZAZIONE DELL’EMERGENZA nelle STRUTTURE di PARCO X.XXXXXX e CEOD via Pasi
In queste due strutture il sistema organizzato di gestione dell’emergenza rispecchia quello ospedaliero, con le seguenti differenze:
• il numero unico delle emergenze è il 3115 (lo stesso dell’ospedale di Vicenza), telefono ubicato presso il SUEM e quindi presidiato 24 h;
• il Nucleo di Primo Intervento è costituito da 2 operatori; la Squadra di Emergenza nel suo complesso ricomprende il restante personale presente;
• il Coordinatore dell’emergenza è uno dei due componenti il Nucleo di Primo Intervento.
ORGANIZZAZIONE DELL’EMERGENZA nelle restanti STRUTTURE TERRITORIALI
In queste strutture il sistema organizzato di gestione dell’emergenza incendio è così impostato:
• il numero delle emergenze è il 115 (VV.FF.);
• la Squadra di Emergenza nel suo complesso ricomprende tutto il personale dipendente presente;
• il Coordinatore dell’emergenza è il Dirigente presente ovvero uno dei componenti la squadra (il primo che si accorge dell’emergenza).
COSA DEVE FARE CHI VIENE A CONOSCENZA DI UNA SITUAZIONE DI EMERGENZA
1. interviene (se la sua formazione lo consente senza mettere a repentaglio la propria o altrui incolumità);
2. avverte comunque gli addetti all'emergenza (es. tramite un collega); se nelle vicinanze non trova alcun addetto all'emergenza o se quest'ultimo ritiene di non essere in grado di intervenire, richiede l'intervento esterno componendo secondo la valutazione del momento il previsto n° di telefono di emergenza (vedi voci precedenti; in caso di problematiche inerenti l'ordine pubblico, 112 Carabinieri oppure 113 Polizia di Stato), fornendo le seguenti indicazioni:
a. proprie generalità e servizio di appartenenza:
▪ nome e cognome;
▪ Servizio e indirizzo dello stesso;
▪ N° di telefono chiamante;
b. tipo di emergenza in corso (ad es. incendio, fuoriuscita di gas, ecc.)
c. persone coinvolte ed eventuali feriti;
d. luogo esatto di accadimento (ad es. piano, ecc);
e. stadio dell'evento (in fase di sviluppo, stabilizzato, ecc.);
f. altre indicazioni particolari (ad es. vicinanza a depositi, presenza di infiammabili o combustibili);
3. si adopera con i colleghi nell’evacuazione delle persone e per aiutare persone in difficoltà; poi anche per allontanare materiale combustibile che potrebbe favorire lo sviluppo dell'incendio;
4. all'arrivo dei Vigili del Fuoco si mette a disposizione fornendo il proprio contributo in funzione della formazione posseduta;
5. si allontana dal luogo dell'emergenza se esiste pericolo per la propria incolumità o perché autorizzato a farlo.
Rammentare che i prodotti della combustione (fumi e gas di combustione) sono l’elemento più pericoloso per le persone in caso di incendio.
PORTE
Le vie e le uscite di emergenza, che possono coincidere con le vie e le uscite ordinarie, sono normalmente dotate di porte con apertura nel verso dell'esodo e dotate di apertura a spinta (ad es. maniglione antipanico).
4- MANUALE INFORM
All'interno delle strutture ospedaliere possiamo trovare lungo le vie d'emergenza e nelle uscite d'emergenza le cosiddette porte "tagliafuoco"; la loro funzione è quella di creare una barriera alla propagazione di un
ATIVO LAVORATORI.doc | INFO 04 | Pagina 65 di 114 |
eventuale incendio. Le porte "tagliafuoco" sono dotate di dispositivo di autochiusura in quanto per svolgere la loro funzione devono essere chiuse;
se per esigenze di circolazione di lavoratori o altre persone sono causa di difficoltà, possono essere tenute in posizione aperta tramite appositi dispositivi elettromagnetici che ne consentano il rilascio (chiusura) a seguito dell'attivazione di un rivelatore di fumo, di un sistema di allarme antincendio, per mancanza di alimentazione elettrica del sistema di allarme antincendio o di un comando manuale.
È vietato bloccare in posizione aperta le porte non dotate di dispositivi elettromagnetici, tramite cunei o altri oggetti; è vietato riporre materiali che ne ostacolino la corretta apertura e il passaggio delle persone.
ESTINTORI
Estintori a polvere con omologazione per fuochi di classe A, B, C
Estintori a CO2 con omologazione per fuochi di classe B, C
Coperta antincendio
SEGNALETICA
La finalità della segnaletica di sicurezza è di indicare i percorsi di emergenza, ovvero i percorsi da seguire in caso di emergenza per raggiungere i luoghi sicuri. La forma è quadrata o rettangolare con pittogramma bianco su fondo verde. Può essere luminosa o come cartello che deve però essere correttamente illuminato anche in caso di emergenza tramite luci di sicurezza.
Una segnaletica importante è anche quella riguardante le attrezzature antincendio. La forma è quadrata o rettangolare avente pittogramma bianco su fondo rosso e la finalità di tale segnaletica è di indicare la posizione dei dispositivi antincendio come dagli esempi riportati nei pittogrammi sottostanti (vedi anche capitolo dedicato alla segnaletica di sicurezza ).
RISCHIO DA ESPOSIZIONE A RUMORE
Il rischio rumore deriva dagli effetti dannosi generati dall’esposizione a onde di pressione sonora che superino i valori previsti dalle norme (valori di azione e valore limite).
I valori limite di esposizione e i valori di azione, in relazione al livello di esposizione giornaliera al rumore e alla pressione acustica di picco, sono fissati a:
Livello di esposizione giornaliera LEX | Pressione acustica di picco Lpicco,C | |
Valori Limite di Esposizione | 87 dB(A) | 200 Pa = 140 dB(C) |
Valori Superiori di Azione | 85 dB(A) | 140 Pa = 137 dB(C) |
Valori Inferiori di Azione | 80 dB(A) | 112 Pa = 135 dB(C) |
CHI E' ESPOSTO
Sono potenzialmente esposti i lavoratori che utilizzano attrezzature o impianti rumorosi. Possono essere esposti in particolare i lavoratori dei servizi tecnici (falegnami, meccanici, addetti alle centrali termiche, elettricisti, ecc.), lavoratori del 118, lavoratori del Servizio Veterinario.
QUALI CONSEGUENZE PER LA SALUTE
L'esposizione a rumori di elevata intensità (a livelli di energia acustica superiori ai valori di azione) e per lungo periodo di tempo provoca una serie di alterazioni a carico delle strutture neurosensoriali dell'orecchio interno e la conseguenza può essere l'ipoacusia, cioè la diminuzione (fino alla perdita) della capacità uditiva.
Il rumore può agire anche su altri organi e apparati (apparato cardiovascolare, endocrino, sistema nervoso centrale ed altri) mediante l'attivazione o inibizione di sistemi neuroregolatori centrali e periferici.
DOVE LO TROVIAMO
1. Nei lavori meccanici e di falegnameria, durante l’uso di attrezzature fisse o portatili
2. All’interno delle centrali termiche
3. Durante il funzionamento dei gruppi elettrogeni (per verifica periodica sotto carico o in caso di emergenza)
4. Sui mezzi di soccorso del 118, in relazione all’utilizzo delle sirene, e sui mezzi di disinfestazione del Servizio Veterinario.
COME SI PREVIENE
Il primo passaggio è la valutazione del rischio, che può avvenire sulla base della conoscenza della rumorosità indotta dalle attrezzature (ad es. dati del fornitore, dati di letteratura , banche dati ) o da misure eseguite con idonea strumentazione, dalla conoscenza del tipo e durata dell'esposizione.
In funzione degli esiti della valutazione, a seconda di dove si collocano i livelli di esposizione rispetto ai valori limite, si dovrà:
• Adottare metodi e attrezzature di lavoro meno rumorosi (se possibile)
• Progettare posti di lavoro adeguati
• Informare i lavoratori esposti sui rischi dovuti a esposizione a rumore
• Formare i lavoratori esposti sulle corrette procedure per le riduzione del rischio
• Adottare misure tecniche di contenimento del rumore trasmesso (schermature e isolamento)
• Effettuare manutenzione regolare e periodica alle attrezzature di lavoro
• Adeguata organizzazione del lavoro
• Adottare idonei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) quali cuffie, tappi auricolari, archetti
• Effettuare i controlli sanitari preventivi e periodici da parte del medico competente
RISCHIO DA ESPOSIZIONE A VIBRAZIONI
Le vibrazioni sono causate sia da strumenti vibranti manuali (in genere a frequenza elevata, ed interessanti il segmento mano-braccio-spalla ) che da macchine operatrici (in genere a bassa frequenza, ed interessanti il corpo intero).
I valori limite di esposizione e i valori di azione, rispettivamente al sistema mano-braccio e corpo intero in relazione al livello di esposizione giornaliera a vibrazioni, sono fissati a:
Vibrazioni trasmesse al Sistema Mano-braccio (HAV) | Vibrazioni trasmesse al Corpo intero (WBV) | |
Valori Limite (8 ore) | 5,0 m/s2 | 1,0 m/s2 |
Valori di Azione (8 ore) | 2,5 m/s2 | 0,5 m/s2 |
Quali conseguenze per la salute
Per quanto riguarda il sistema mano-braccio, l’esposizione a vibrazioni di elevata intensità (a livelli di energia superiori ai valori di azione) e per lungo periodo di tempo può provocare disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari. Ci sono concause o fattori scatenanti quali: il freddo, postura e contratture muscolari, peso e forma dello strumento.
Per quanto riguarda il corpo intero, l’esposizione può comportare lombalgie e traumi del rachide.
Chi è esposto
Sono potenzialmente esposti i lavoratori che utilizzano attrezzature o macchine vibranti. Per quanto riguarda il sistema mano-braccio, possono essere esposti in particolare i lavoratori dei servizi tecnici (ad es. falegnami, meccanici, idraulici, elettricista, ecc.), dell'Ortopedia ed Anatomia Patologica (in relazione all'uso di seghetti alternativi vibranti).
Per quanto riguarda il corpo intero, possono essere esposti gli operatori (autisti, infermieri e medici) sui mezzi di soccorso del 118 .
Come si previene
Il primo passaggio è la valutazione del rischio, che può avvenire sulla base della conoscenza delle vibrazioni indotta dalle attrezzature (ad es. dati del fornitore, dati di letteratura , banche dati) o da misure eseguite con idonea strumentazione, dalla conoscenza del tipo e durata dell’esposizione.
In funzione degli esiti della valutazione, a seconda di dove si collocano i livelli di esposizione rispetto ai valori limite, le possibili misure di prevenzione da adottare vanno dalla scelta di strumenti meno pesanti e con minor frequenza di colpi, all’adozione di sedili ergonomici, alla riduzione del tempo di esposizione avvicendando le lavorazioni fra i vari lavoratori esposti; pertanto si dovrà:
• Modificare, se possibile, i metodi di lavoro e la tecnologia impiegata (remotizzazione, sistemi di lavoro ergonomici che riducano la forza di prensione o spinta da applicare all’utensile, acquisto di nuove attrezzature con minimo livello di rischio (ad es. utensili/macchinari con impugnatura disaccoppiata dall’attrezzo, mezzi con sedili ad elevata attenuazione)
• Adeguata organizzazione del lavoro (adozione di cicli di lavoro che consentano di alternare periodi di esposizione a periodi “di riposo”, adottare procedure per la limitazione dei tempi di esposizione)
• Effettuare manutenzione regolare e periodica alle attrezzature di lavoro
• Impiegare idonei DPI (es. guanti antivibranti)
• Informare i lavoratori esposti sui rischi dovuti a esposizione a vibrazioni
• Formare i lavoratori esposti sulle corrette procedure per le riduzione del rischio (modalità di prensione e impugnatura utensili, impiego di DPI, corrette procedure di lavoro, ecc.)
• Effettuare i controlli sanitari preventivi e periodici da parte del medico competente
Dove lo troviamo
• Nei lavori dei meccanici, idraulici, falegnami, elettricisti durante l’uso di trapani, avvitatori, flessibili , levigatrici portatili
• Nei lavori che prevedono l’uso di sega-gessi e seghe per autopsia (Ortopedia e Anatomia Patologica)
• Durante la guida di automezzi
• Altri casi in funzione della specifica valutazione del rischio
ESEMPI DI ATTREZZATURE IN GRADO DI TRASMETTERE VIBRAZIONI AL SISTEMA MANO BRACCIO
ESEMPI DI MEZZI IN GRADO DI TRASMETTERE VIBRAZIONI AL CORPO INTERO
4- MANUALE INFORMATIVO LAVORATORI.doc | INFO 04 | Pagina 69 di 114 |
RISCHI DA USO DI ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI
Negli ultimi anni si è assistito ad una progressiva informatizzazione dei processi di lavoro; ciò ha generato preoccupazioni negli utilizzatori sui possibili effetti sulla salute.
La normativa detta norme che si applicano alle attività lavorative che comportano l’uso di attrezzature munite di videoterminali e fornisce le seguenti definizioni:
lavoratore: il lavoratore che utilizza un’attrezzatura munita di videoterminale, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali …….;
videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
posto di lavoro: l’insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, ….., il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l’ambiente di lavoro immediatamente circostante.
Chi è esposto: sono esposti i lavoratori di cui alla definizione precedente.
I DANNI
Il lavoro al videoterminale può causare l'insorgere di disturbi muscolo scheletrici, di affaticamento visivo e di fatica mentale.
Gli studi e le indagini epidemiologiche sinora svolte portano ad escludere, per i videoterminali, rischi specifici derivanti da radiazioni, ionizzanti e non ionizzanti, sia a carico del lavoratore che della prole. In particolare, nei posti di lavoro con videoterminale le radiazioni ionizzanti si mantengono a livelli rilevabili nei comuni ambienti di vita e di lavoro. Per quanto si riferisce ai campi elettromagnetici, la presenza della marcatura CE sul videoterminale comporta che tali campi siano mantenuti al di sotto dei limiti raccomandati e riscontrabili nei comuni ambienti di vita ove sono utilizzate apparecchiature elettriche e televisive.
Disturbi muscolo scheletrici: sono la conseguenza della degenerazione dei dischi della colonna vertebrale, dell'affaticamento muscolare o dell'infiammazione delle strutture tendinee quali un senso di fastidio, pesantezza, intorpidimento, rigidità e dolore al collo, schiena, spalle, braccia, mani.
Problemi visivi: in situazioni di sovraccarico dell'apparato visivo, può insorgere la cosiddetta sindrome da fatica visiva (astenopia), costituita da un complesso di disturbi reversibili quali bruciore, lacrimazione, secchezza, senso di corpo estraneo, ammiccamento frequente, fastidio alla luce, pesantezza, visione annebbiata, visione sdoppiata, stanchezza alla lettura.
Lo stress: viene a determinarsi quando le capacità di una persona non sono adeguate rispetto al tipo e al livello delle richieste lavorative (intese anche come rapporto uomo - macchina, complessità e carico del lavoro, fattori ambientali ecc.); i disturbi che ne derivano sono del tipo psicosomatico (mal di testa, irritabilità, stanchezza, insonnia, ansia, depressione ecc.).
Da tener presente che il tipo di reazione ad una data situazione dipende anche dalla personalità del soggetto (lo stesso tipo di lavoro può risultare soddisfacente, monotono o complesso a seconda delle personalità).
COME SI PREVIENE
Il rischio si previene con una corretta progettazione ergonomica del posto di lavoro, che tenga conto degli arredi (sedia, scrivania, tende, poggiapiedi, ecc.), dei colori, della illuminazione naturale ed artificiale (al fine di evitare riflessi, abbagliamenti, eccessivi contrasti).
Per la prevenzione dei disturbi muscolo scheletrici occorre:
• assumere la postura corretta di fronte al video, con piedi ben appoggiati al pavimento e schiena appoggiata allo schienale della sedia nel tratto lombare, regolando allo scopo l’altezza della sedia e l’inclinazione dello schienale;
• posizionare frontalmente lo schermo del video in modo che, anche agendo su eventuali sistemi di regolazione, lo spigolo superiore dello schermo sia posto un poco più in basso dell’orizzonte che passa per gli occhi dell’operatore e ad una distanza degli occhi pari a 50 - 70 cm;
• disporre la tastiera davanti allo schermo, salvo che il VDT non sia utilizzato in maniera saltuaria, e il mouse, od eventuali altri dispositivi di uso frequente, sullo stesso piano della tastiera ed in modo che siano facilmente raggiungibili;
• evitare irrigidimenti delle dita e del polso, curando di tenere gli avambracci appoggiati al piano di lavoro in modo da alleggerire la tensione dei muscoli del collo e delle spalle;
• evitare, per quanto possibile, posizioni di lavoro fisse per tempi prolungati; nel caso che ciò fosse inevitabile si raccomanda la pratica di frequenti esercizi di rilassamento (collo, schiena, arti superiori ed inferiori).
Per la prevenzione dei disturbi visivi occorre:
• illuminare correttamente il posto di lavoro, anche regolando tende e veneziane;
• orientare ed inclinare lo schermo per eliminare, per quanto possibile, riflessi sulla sua superficie;
• distogliere periodicamente lo sguardo dal video per guardare oggetti lontani, al fine di ridurre l’affaticamento visivo;
• effettuare le pause previste; a tale scopo si ricorda che il lavoratore addetto al videoterminale (come definito al primo paragrafo del presente capitolo), ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività. Qualora non sia altrimenti definito dalla contrattazione collettiva anche aziendale, il lavoratore ha diritto a una pausa di 15 minuti ogni 120 minuti di applicazione continuativa al VDT.
SORVEGLIANZA SANITARIA
I lavoratori addetti al videoterminale (come definiti al primo paragrafo del presente capitolo) sono sottoposti a visita medica preventiva e periodica da parte del Medico Competente, per l'espressione dell'idoneità alla mansione; la visita avviene secondo protocolli sanitari con una frequenza definita dalla norma e dal medico stesso.
Automezzi:
I mezzi aziendali possono essere utilizzati solo per esigenze di servizio dal personale autorizzato e munito di patente di guida adeguata.
Prima di iniziare la guida di un mezzo è necessario controllare:
- la pressione dei pneumatici;
- i pneumatici non presentino tagli o screpolature profonde e lo spessore del battistrada sia idoneo;
- i freni siano efficienti;
- i segnali luminosi ed acustici siano efficienti;
- i tergicristalli funzionino a dovere e le relative spazzole non siano usurate;
- a bordo vi siano, nel periodo invernale, le catene antineve complete di tutti gli accessori
Durante la guida dell’automezzo il conduttore deve:
- rispettare le norme sulla circolazione stradale ;
- mantenere un assetto di guida corretto;
- non compiere movimenti od azioni che distolgano la sua attenzione, pregiudicando la sicurezza; in particolare non utilizzare il telefono cellulare se non munito di dispositivo “vivavoce”;
- effettuare il rifornimento di carburante a motore spento;
- utilizzare sistematicamente le cinture di sicurezza;
- segnalare al responsabile ogni anomalia riscontrata;
- porre particolare attenzione al carico dei veicoli in modo che non sia superata la portata indicata nel documento di circolazione, non sia dimenticata la visibilità del conducente, il carico sia stabile, ecc.
Ad inizio e termine dell’utilizzo del mezzo compilare il libretto di marcia indicando il percorso, e le motivazioni del viaggio.
Eventuali problemi di funzionamento del mezzo vanno immediatamente segnalati al servizio trasporti interni.
IN CASO DI INCIDENTE:
- Se vi sono feriti o infortunati attivare il Servizio 118
- se necessario avvisare anche i Carabinieri (112) o la Polizia Stradale (113)
- avvertire il proprio responsabile di servizio e l’ufficio gestione parco automezzi.
- Il dipendente è autorizzato a compilare il CID (constatazione amichevole incidente).
COME OPERARE PER SOSTITUIRE LA RUOTA DI SCORTA:
a) parcheggiare il veicolo in posizione possibilmente non di intralcio alla circolazione;
b) segnalare con il triangolo in dotazione, posto a debita distanza, la presenza del veicolo fermo ai margini della carreggiata;
c) bloccare il veicolo con marcia inserita e mediante il freno di stazionamento (freno a mano);
d) rendersi sempre chiaramente visibili agli altri veicoli durante lo svolgimento delle operazioni;
e) per l’esecuzione delle operazioni deve essere utilizzata idonea ed adeguata attrezzatura;
f) garantire una perfetta aderenza fra l’attrezzatura e i dadi di fissaggio eliminando l’eventuale presenza di grasso;
g) la movimentazione della ruota in avaria e della ruota di scorta deve avvenire per rotolamento delle stesse sull’asfalto;
h) durante le operazioni utilizzare costantemente idonei guanti protettivi.
COME OPERARE DURANTE IL RIFORNIMENTO DI CARBURANTE.
I principali interventi per la sicurezza e salute sono:
1. spegnere il motore dell’auto durante l’attesa del proprio turno di rifornimento;
2. prima di scendere dal mezzo - spegnete il motore, le luci, la radio e i fari e ogni apparecchiatura elettrica ( cellulari, telecomandi…);
3. accertarsi della presenza di mezzi di estinzione e assorbimento (estintore, sabbia…);
4. è vietato fumare e assumere alimenti/bevande nelle vicinanze;
5. non tenere nelle tasche materiale di possibile innesco (accendini);
6. è vietato provocare scintille;
7. toccare la parte metallica della carrozzeria prima di toccare la pistola o il bocchettone, in modo da scaricare l'eventuale carica elettrostatica accumulata sulla propria persona; non rientrare o uscire dalla macchina durante il rifornimento;
8. non avvicinare il capo al punto di erogazione, in particolare nel momento di apertura del bocchettone;
9. utilizzare guanti protettivi;
10. ove possibile utilizzare la predeterminazione automatica dell’erogazione;
11. sostare nell’area del rifornimento il solo tempo necessario
12. durante l’erogazione la pistola deve essere posizionata stabilmente nel bocchettone;
13. evitare fuoriuscite accidentali di carburante;
14. avvertire il gestore in caso di eventuali fuoriuscite di carburante; non dev’esserci carburante eventualmente fuoriuscito prima di rimettere in moto o accendere le apparecchiature elettriche;
15. assumere una posizione laterale e di sicurezza rispetto al bocchettone per evitare inalazioni di vapori o contatto con benzine;
16. togliere la pistola dal bocchettone del veicolo e riporla nell’apposita colonnina, chiudere il serbatoio con l’apposito tappo al termine dell’erogazione del carburante e comunque prima di allontanarsi dal mezzo per il pagamento o altro.
ALTRE INDICAZIONI DA RACCOMANDARE:
• non utilizzare mai benzina per altri scopi (come solvente, per pulire oggetti, per lavare le mani ecc.);
• per la pulizia delle mani adottare soluzioni monouso;
• cambiare subito l’abito nel caso di imbrattamenti;
• conoscere le informazioni delle schede di sicurezza dei carburanti.
L'art. 1, c. 2, del D.Lgs. n. 66/2003 dà la definizione di periodo notturno, da intendersi come periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino; inoltre qualifica lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga:
- almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo abituale;
- almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro.
In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di 80 giorni lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale.
Il successivo Decreto Legislativo 213/2004 contempla che la valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni deve avvenire a cura e a spese del datore di lavoro, tramite il medico competente, o tramite le competenti strutture sanitarie pubbliche, attraverso controlli periodici e preventivi, volti a verificare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno al quale sono adibiti i lavoratori.
Tali controindicazioni vanno valutate dal medico competente caso per caso, potendo essere messe in relazione a varie forme patologiche che possono essere scatenate od aggravate dalle deprivazione di sonno o dall’alterazione del ritmo circadiano.
Il medesimo Decreto proibisce (e prevede sanzioni) in rapporto all’adibizione delle donne in un orario compreso tra le 24 e le 6 antimeridiane, dal momento dell’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.
Inoltre, l’impiego di lavoratrici e lavoratori in attività lavorative tra le ore 24 e 6 antimeridiane è proibito nelle sotto elencate categorie se sussiste dissenso comunicato per iscritto:
a) lavoratrice madre di un figlio di età inferiore ai tre anni o, in alternativa, padre convivente con la stessa
b) lavoratrice o lavoratore che sia unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore ai dodici anni
c) lavoratrice o lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile
Diversi studi indicano che gli operatori delle strutture ospedaliere e territoriali nel corso della loro attività lavorativa possono subire atti di violenza. E’ possibile infatti che malintenzionati, folli o persone che hanno particolari motivi di rancore verso l'attività svolta dall'azienda, aggrediscano, spesso senza alcun preavviso, dipendenti e dirigenti della azienda.
In questo caso:
1. Restate calmi.
2. Informate immediatamente il responsabile di servizio o di notte il reperibile della direzione sanitaria o addetto alla vigilanza.
3. Cercate di calmare l'aggressore con parole accomodanti, senza mettervi a discutere con lui e soprattutto senza contestare le sue dichiarazioni.
4. Rassicuratelo sul fatto che tutto si può accomodare ed informatelo che avete già avvertito la Direzione, che sta inviando qualcuno per esaminare le sue ragioni.
5. Se del caso, avvertire direttamente, ma senza farvi notare, le Forze dell'Ordine, telefonando al
n.113. Spiegate per filo e per segno la natura dell'emergenza e il luogo preciso, rammentando alle Forze dell'Ordine di arrivare sul posto a sirene spente per evitare gesti inconsulti da parte dell'aggressore.
6. Non cercate di intervenire direttamente, per evitare possibili pericolose reazioni, di cui potrebbe restare vittima l'aggredito o l'eventuale ostaggio.
7. Cercate di far parlare in continuazione l'aggressore, fino all'arrivo delle Forze dell'Ordine. Un aggressore che parla, per solito, non commette atti irrimediabili.
I maggiori pericoli che derivano da questi atti possono essere:
• lesioni traumatiche , tagli e strappi muscolari.
• lesioni dorso – lombari.
• scivolamenti e cadute.
• Contatto con liquidi biologici potenzialmente infetti.
• Oltre a quanto sopra indicato occorre considerare che lavorare in ambienti a rischio di aggressioni fisiche può determinare, a carico del lavoratore, patologie causate da stress.
Non sono poi da sottovalutare, dal punto di vista psicologico, le conseguenze traumatiche che possono subire gli operatori che hanno subito aggressioni fisiche.
La prevenzione si attua attraverso:
a) l’osservazione e la tempestiva identificazione di eventuali elementi psicopatologici che potrebbero far assumere al paziente comportamenti di tipo aggressivo.
b) una sempre migliore pianificazione dell’assistenza, in modo da ridurre o ancor meglio eliminare i motivi di attrito tra operatori sanitari e utenti.
c) l’attenzione allo stato psicologico del paziente.
d) locali ed arredi adeguati
Aiuto all’operatore vittima di aggressioni fisiche
Per gli di operatori che hanno vissuto una situazione particolarmente grave di aggressione fisica (una rapina, una aggressione, ecc.) e sono affetti da sindrome post-traumatica, l’azienda garantisce idonei percorsi di aiuto. Concretamente, il dipendente interessato può usufruire di tale servizio presentando alla SC Medicina del Lavoro una richiesta di visita straordinaria; la prassi prevede un primo colloquio con il medico competente il quale, potrà avvalersi della consulenza-intervento di specifici professionisti.
RISCHI STRESS LAVORO-CORRELATO
“Lo stress è uno stato che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche psicologiche o sociali conseguenti al fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti”. (Accordo Europeo 08/10/04).
In altre parole lo stress lavorativo insorge quando vi è un divario fra il livello delle aspettative lavorative e le capacità della persona. Anche la personalità dell’individuo influisce sul tipo di reazione ad una data situazione: lo stesso lavoro può risultare per alcuni complesso, per altri monotono, per altri ancora soddisfacente.
Lo stress è una condizione, accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche, psicologiche o sociali, che scaturisce dalla sensazione individuale di non essere in grado di rispondere alle richieste o di non essere all’altezza delle aspettative.
L’individuo può ben adattarsi ad affrontare un’esposizione alla pressione a breve termine, cosa che può anche essere considerata positiva, ma ha una maggiore difficoltà a sostenere un’esposizione prolungata a una intensa pressione. Inoltre i singoli individui possono reagire differentemente ad una stessa situazione data oppure possono reagire diversamente a situazioni similari in momenti diversi della propria vita. Lo si può trovare in tutti i contesti di vita, ma soprattutto nel lavoro quando emergono le condizioni di “divario” sopra riferite.
Chi è esposto
Non tutti, è noto, reagiamo ad una determinata situazione nello stesso modo e, importanti ricerche condotte ormai più di 50 anni fa, hanno evidenziato un rapporto tra la personalità dell’individuo e la tolleranza allo stress. L'impatto degli stressors lavorativi e la risposta personale dipendono notevolmente da come la persona stessa percepisce i fattori di stress.
Le caratteristiche del lavoro che sono più facilmente associate con lo stato di stress sono:
La mancanza del tempo indispensabile per svolgere un compito. Xxxxx quindi lavorare in fretta e in modo poco preciso.
La scarsa varietà e monotonia delle attività svolte . Svolgere sempre le stesse mansioni in modo meccanico e senza partecipazione.
Il lavorare in situazioni ambientali poco soddisfacenti, il che rende difficile la concentrazione e la comunicazione con i colleghi.
Il conflitto con i colleghi o con i superiori. Mancanza di accordo con i colleghi di lavoro circa le procedure lavorative e interferenze di ruolo.
L'insoddisfazione, la mancanza di realizzazione personale. Mancanza della certezza di un lavoro stabile o di possibilità di avanzamento professionale.
La presenza di eccessive responsabilità
Quali danni
Alto assenteismo, elevata rotazione del personale, conflitti interpersonali, lamentele frequenti da parte dei lavoratori sono alcuni sintomi che possono rivelare la presenza di stress da lavoro.
Lo stress non è una malattia, ma una esposizione prolungata allo stress può ridurre l’efficienza sul lavoro e causare problemi di salute. La persona può presentare difficoltà di concentrazione, attacchi
di panico, facilità al pianto, depressione, attacchi di ansia, disturbi del sonno, dolori muscolari, diarrea, crampi allo stomaco, difficoltà ad esprimersi, frequente bisogno di urinare, cambio della voce, iperattività, confusione mentale, irritabilità.
A lungo termine le principali conseguenze possono essere la mancanza di tono ed energia, stanchezza, difficoltà di concentrazione, difficoltà di riposo.
Se la condizione di stress è persistente o troppo prolungata possono anche esservi conseguenze gravi e danni fisici; si parla in questo caso di stress cronico.
Lo stress cronico causa frequentemente affaticamento, insorgenza di malattie, caduta di capelli, acne, variazioni ormonali, irregolarità mestruale, tachicardia, dolore al petto, ipertensione, infarto, asma, iperventilazione, colon irritabile, diminuzione del desiderio sessuale, eccessiva sudorazione.
Come si previene
La prevenzione, l’eliminazione o riduzione dei problemi derivanti dallo stress da lavoro può comprendere diverse misure. Queste possono essere collettive, individuali o entrambe. Possono essere introdotte nella forma di misure specifiche mirate all’individuazione dei fattori di stress oppure come parte di una concreta politica sullo stress che preveda sia misure preventive che di risposta.
Una volta posti in atto, i provvedimenti antistress dovrebbero essere regolarmente rivisti, per accertarne l’efficacia, per verificare se essi utilizzino al meglio le risorse e se siano ancora appropriati o necessari
RISCHIO DA RADIAZIONI OTTICHE ARTIFICIALI
Si tratta di agenti fisici che rientrano nello spettro elettromagnetico del visibile ed in quelle prossime, e sono incapaci di produrre fenomeni di ionizzazione quando interagiscono con la materia; fanno quindi parte delle radiazioni non ionizzanti (NIR).
In campo sanitario vengono utilizzate, per scopi diagnostici o terapeutici, diversi tipi di radiazioni ottiche artificiali, dalle radiazioni infrarosse, ai raggi ultravioletti (UV), ai laser, alle sorgenti di luce vera e propria.
RADIAZIONI OTTICHE COERENTI – IL LASER
Si basa sul concetto che un atomo, in uno stato energetico eccitato, nella sua transizione spontanea ad un livello inferiore, cede parte della sua energia sotto forma di fascio di radiazioni elettromagnetiche che hanno la stessa lunghezza d'onda (monocromatiche), che viaggiano in fase (coerente) e che grazie alla modalità costruttiva dell'apparecchio non si disperde ad angolo (collimate). Gli effetti che una radiazione laser, opportunamente controllata, produce quando interagisce con i tessuti biologici possono essere vantaggiosamente sfruttati a fini terapeutici.
Va ricordato anche che all’utilizzo del laser sono connessi rischi indiretti quale la radiazione collaterale, derivante dal sistema di pompaggio, e rischi di natura non ottica come contaminazione atmosferica, rischi elettrici, sistemi di raffreddamento, esplosione, incendi...
In campo sanitario, i laser possono essere applicati alle discipline oftalmologiche, ginecologiche, chirurgiche (in diverse specialistiche) e fisioterapiche; in genere, appartengono alle classi di rischio “ maggiori “, 3B e 4, descritte al capitolo successivo.
I rischi dei LASER
La possibilità che una radiazione laser possa essere accidentalmente assorbita da parti esposte richiede l’adozione di particolari misure protezionistiche sia personali che ambientali atte a garantire un adeguato livello di sicurezza.
Classe 1: il fascio laser è considerato innocuo in qualsiasi condizioni d’uso. Comprende sia i laser a bassa potenza, la cui radiazione emessa resta sempre al di sotto degli standard previsti dalla norma CEI 60825-1 sia i laser costruiti in maniera tale da impedire il contatto diretto fra Operatore e fascio (ad esempio i laser delle stampanti).
Classe 1M: a questa classe appartengono laser che emettono nell’intervallo di lunghezza d’onda da 302,5 a 4000 nm. I laser di questa classe differiscono da quelli delle classe 1 per il fatto di essere pericolosi per gli occhi nel caso di utilizzo di strumenti ottici all’interno del fascio (lenti d’ingrandimento, obiettivi) che determinano il suo restringimento.
Precauzioni : non osservare direttamente il fascio laser;
• usare specifiche precauzioni per la luce laser non visibile;
• utilizzare ottiche di osservazione (microscopi, lenti,…) ad una distanza inferiore a 100 mm solo se dotate di dispositivi di sicurezza (filtri, attenuatori).
Classe 2: i laser di questa classe hanno una potenza che è sufficientemente bassa da consentire, con un’azione di riflesso, di evitare esposizioni inattese (la lunghezza d’onda è compresa tra i 400 nm e i 700 nm, cioè nel visibile); questi laser non sono in grado di arrecare danno per una breve durata d’esposizione ( fino a 0,25 s ) ed in caso di esposizione accidentale, in quanto la protezione dell’occhio è normalmente assicurata dalle reazioni di difesa compreso il riflesso palpebrale.
Precauzioni: non osservare comunque direttamente il fascio laser.
Classe 2M: i laser di questa classe emettono nell’intervallo di lunghezza d’onda da 400 a 700 nm. I laser di questa classe sono inoffensivi per gli occhi fino a che l’esposizione non supera i 0,25 s ma differiscono da quelli delle classe 2 per il fatto di essere pericolosi nel caso di utilizzo di strumenti ottici (lenti d’ingrandimento, obiettivi) all’interno del fascio che determinano il suo restringimento.
Precauzioni : non osservare direttamente il fascio laser;
• utilizzare ottiche di osservazione (microscopi, lenti,…) ad una distanza inferiore a 100 mm solo se dotate di dispositivi di sicurezza (filtri, attenuatori).
Classe 3R: i laser di questa classe emettono nell’intervallo di lunghezze d’onda da 302,5 a 1mm. in cui la visione del fascio è potenzialmente pericolosa ma il rischio è inferiore a quello dei laser di classe 3B. Per i laser di questa classe la visione diretta del fascio o di sue riflessioni speculari è pericolosa per gli occhi con o senza strumenti ottici.
Precauzioni :
• evitare l’esposizione diretta degli occhi nell’intervallo di lunghezza d’onda compreso tra 400 nm e 1400 nm
• evitare l’esposizione al fascio laser per altre lunghezze d’onda non comprese in quelle riportate nel punto precedente
• usare specifiche precauzioni per la luce laser non visibile
• utilizzare ottiche di osservazione (microscopi, lenti,…) solo se dotate di dispositivi di sicurezza (filtri, attenuatori)
Classe 3B: in questa classe sono compresi quei laser in grado di danneggiare l’occhio e la pelle nel caso di esposizione diretta del fascio. Possono emettere radiazioni visibili o invisibili i cui livelli di emissione non devono superare quelli riportati nelle tabelle delle norme CEI EN 60825-1 e comunque non devono superare i 500 mW per i laser continui, mentre per i laser impulsati l’esposizione energetica deve essere non superiore a 105 Jm-2.
Precauzioni :
• non osservare direttamente il fascio laser
• usare specifiche precauzioni per la luce laser non visibile
• evitare l’esposizione diretta dell’occhio (sia diretta che accidentale)
• utilizzare i DPI eventualmente necessari;
• utilizzare ottiche di osservazione (microscopi, lenti,…) dotate di dispositivi di sicurezza (filtri, attenuatori)
Classe 4: sono i laser più potenti e pericolosi; questa classe comprende tutti i sistemi che superano i livelli imposti alla classe 3B. Oltre ad avere una potenza tale da causare seri danni ad occhi e pelle anche se il fascio è diffuso, possono costituire un potenziale rischio d’incendio.
Precauzioni :
• non osservare direttamente il fascio laser
• usare specifiche precauzioni per la luce laser non visibile
• utilizzare ottiche di osservazione (microscopi, lenti,…) dotate di dispositivi di sicurezza (filtri, attenuatori)
• evitare l’esposizione dell’occhio e della pelle a radiazione diretta e diffusa
• usare particolare cautela per prevenire rischi di incendio
• utilizzare i DPI eventualmente necessari.
COME SI PREVIENE
Il principale dispositivo di protezione individuale per gli occhi è rappresentato dagli occhiali.
È bene tenere presente che essi non permettono però la visione diretta del fascio ed hanno una resistenza limitata, codificata dalla normativa internazionale EN 207 2009: 5 s e/o 50 impulsi.
Perché siano efficaci è fondamentale che il filtro abbia una densità ottica sufficiente ad assordire l'emissione energetica del laser, e che tale densità ottica sia centrata sulla lunghezza d'onda del laser stesso. I filtri protettivi sono infatti selettivi, ed attenuano molto bene determinate bande, mentre sono trasparenti su altre.
Fig 7: esempio di occhiale e andamento del potere schermante di un filtro
Nell'indossare quindi un paio di occhiali è quindi importante accertarsi che esso sia adatto per il laser in uso, verificando quanto riportato sulla marcatura CE; in particolare:
- Intervallo di lunghezze d’onda in cui gli occhiali garantiscono protezione
- Marchio di identificazione del costruttore
SEGNALETICA DEI RISCHI
Segnaletica di rischio apposta sul lato esterno delle porte di accesso alla sala LASER:
Pittogramma RISCHIO LASER
RADIAZIONI OTTICHE NON COERENTI – LUCE ARTIFICIALE
La mancanza di coerenza (come nei laser) determina la sostanziale impossibilità di concentrare grandi quantità di energia su bersagli di dimensioni limitate come la retina dell'occhio umano, a meno di considerare sorgenti di notevole intensità, come possono essere ad esempio le saldatrici elettriche o la visione diretta del sole. Le sorgenti artificiali sono però largamente diffuse in tutti gli ambienti domestici e lavorativi e l'esposizione più o meno prolungata ad alcune di esse può determinare effetti biologici a volte significativi.
Un'analisi dei rischi connessi alla vastità di differenti sorgenti presenti è perciò necessaria.
Gli effetti, analogamente a quanto già visto per la radiazione coerente, sono ovviamente strettamente correlati alla lunghezza d'onda della radiazione incidente, poiché al variare di questa cambiano i meccanismi di rilascio energetico nei tessuti.
Le norme di buona tecnica ci vengono per fortuna in aiuto definendo una serie di sorgenti che possiamo considerare intrinsecamente sicure. In particolare sono a priori giustificabili tutte le apparecchiature classificate nella categoria 0 della norma UNI12198 e le lampade ed i sistemi di illuminazione classificati nella categoria esente dalla norma XXX XX 00000.
Categoria | Restrizioni e misure di protezione | Informazioni e addestramento |
0 | Nessuna restrizione | Nessuna informazione necessaria |
1 | Possono essere necessarie la limitazione dell'accesso e misure di protezione | Informazioni su pericoli, rischi, ed effetti secondari |
2 | Restrizioni speciali e misure di protezione sono essenziali | Informazioni su pericoli, rischi, ed effetti secondari; l'addestramento può essere necessario |
Tab 1: classi di rischio per le apparecchiature secondo la norma UNI 12198
Gruppo | Stima del rischio |
Esente | Nessun rischio fotobiologico |
1 | Nessun rischio fotobiologico nelle normali condizioni di impiego |
2 | Non presenta rischio in condizioni di riflesso naturale di avversione alla luce o effetti termici |
3 | Pericoloso anche per esposizioni momentanee |
Tab 2: classi di rischio per le lampade o sistemi di lampade secondo la norma CEI EN62471
In mancanza di un espresso riferimento alle norme, si possono considerare non pericolose le sorgenti che:
• sono responsabili di esposizioni inferiori al 20% del VLE
• possono produrre valori superiori ai VLE solo in condizioni estreme ed altamente improbabili
La vasta bibliografia ormai presente (cfr. ad es. “A non binding guide” dell'HPA) fornisce elenchi sufficientemente esaustivi delle sorgenti non pericolose e delle relative condizioni di utilizzo.
Sorgente | Circostanze sicure |
Lampade “black light” UVA a bassa pressione | Visione indiretta |
Luci abbaglianti dell’auto | Visione indiretta |
Lampade fluorescenti montate a soffitto senza diffusore | Livello di illuminazione tipicamente lavorativo (600Lux) |
Luci da area a metalli alogenuri in pressione | Vetro protettore integro |
Proiettore da tavolo | Visione indiretta |
Tab 3: esempio di alcune sorgenti che possono ritenersi sicure
Analogamente i dati di letteratura identificano sorgenti che presentano elevate probabilità di sovraesposizione, come ad esempio:
- saldatrici ad arco: danno luogo al superamento dei limiti in pochi secondi, ed è quindi necessario adottare i dispositivi di protezione individuale per occhi e cute.
- lampade scialitiche: l'emissione varia a seconda del modello, e i modelli di nuove generazione hanno generalmente emissione più elevate; il rischio è legato solo a visioni dirette e prolungate.
- cappe per sterilizzazione: presentano forti emissioni nella regione UV, ma i normali sistemi di sicurezza, come vetro di protezione e sistema interlock, salvaguardano l'operatore.
- lampade per fototerapia: l'emissione è centrata nella regione blu e dipende fortemente dal singolo apparecchio; è raccomandabile evitare la visione diretta e prolungata.
Radiazione solare
Sebbene la radiazione solare non sia strettamente ricompresa nelle disposizione del D.Lgs 81/08, essa è tuttavia riconosciuta dai maggiori organismi internazionali come un agente cancerogeno certo.
È pertanto fortemente raccomandato, a quei lavoratori che esercitano la loro attività in spazi aperti, di proteggere adeguatamente occhi e pelle.
RADIAZIONI ULTRAVIOLETTE (UV)
Possono essere utilizzate sia nella disinfezione e sterilizzazione che in fisioterapia e dermatologia.
RISCHI
I raggi Ultravioletti possono essere lesivi sulla pelle e sugli occhi. Di norma, se le caratteristiche costruttive delle lampade UV sono adottate correttamente, non sono necessarie protezioni personali.
In caso di esposizione professionale prolungate, si possono proteggere mani e braccia con guanti e maniche e gli occhi con occhiali o schermi per il viso.
SEGNALETICA DEI RISCHI
Segnaletica di rischio per le radiazioni ottiche artificiali.
RADIAZIONI OTTICHE ARTIFICIALI
(esclusi i raggi laser)
RISCHIO DA CAMPI ELETTROMAGNETICI E RADIAZIONI NON IONIZZANTI
Si tratta di agenti fisici che rientrano nella regione a più bassa frequenza dello spettro elettromagnetico e sono incapaci di produrre fenomeni di ionizzazione quando interagiscono con la materia, pertanto sono denominate radiazioni non ionizzanti (NIR).
In campo sanitario vengono utilizzate, per scopi diagnostici o terapeutici, diversi tipi di radiazioni non ionizzanti: campi magnetici fissi o variabili, radiofrequenze, microonde, radar.
Il panorama delle sorgenti che direttamente e soprattutto indirettamente producono radiazioni elettromagnetiche è enorme. La norma CENELEC EN 50499 provvede a fornire una classificazione delle sorgenti in base alla loro potenziale pericolosità.
In particolare si possono ritenere giustificabili le attrezzature riportate nella tabella che segue.
Tipo di attrezzatura | NOTE |
Attrezzature marcate CE che sono state valutate utilizzando gli standard armonizzati EMF | |
Attrezzature poste nel Mercato Europeo valutate con le raccomandazioni 1999/519 | |
Attrezzature di illuminazione | Escluse speciali RF |
Computer | |
Attrezzature da ufficio | Tape eraser necessitano ulteriore valutazione |
Telefoni cellulari e cordless | |
Radio a due vie | Potenza inferiore a 20 mW |
Stazioni basi per DECT e reti WI-FI | Limitazioni per il pubblico in generale |
Non-wireless attrezzature di comunicazione e networks | |
Attrezzi manuali elettrici ed utensili portatili | EN 60745-1 EN 60129-1 |
Attrezzature da riscaldamento portatili | EN 00000-0-00 Esclusi apparecchia ad induzione e dielettrici |
Carica batterie | EN 00000-0-00 |
Attrezzature elettriche da giardino | |
Apparecchiature audio e video | Broadcast industrie necessitano ulteriore valutazione |
Attrezzatura con batterie portatili escluso trasmettitori radio | |
Impianto di riscaldamento elettrico di locale | Escluso riscaldamento a microonde |
Tutti gli impianti non elettrici | |
Per tutti i sistemi elettrici nei posti di lavoro, l’esposizione a campi elettrici e magnetici è trattata separatamente. Per l’esposizione a campi magnetici ogni installazione o circuito con una intensità pari o inferiore a 100 A. | |
Strumentazioni di misura e controllo | |
Apparecchiature di uso domestico | Apparecchi di cottura, lavatrici e forni a micro onde sono compresi. Gli apparecchi di cottura ad induzione necessitano di una ulteriore valutazione. |
Attrezzature informatiche con sistema di comunicazione wireless | Limitato alle attrezzature per un uso pubblico in genere |
Trasmettitore alimentato a batteria | Limitato alle attrezzature per un uso pubblico in genere |
Stazione base di antenna | Ulteriore valutazione in relazione alla definizione di distanze di sicurezza per l’uso pubblico. |
Ogni apparecchiatura medica che non utilizzi intenzionalmente radiazione elettromagnetica o applicazione di corrente. |
Tab 1: esempio di sorgenti giustificabili secondo CENELEC EN 50499
Altre sorgenti necessitano invece di analisi più approfondite, poiché possono dare luogo a superamenti dei limiti per i lavoratori o la popolazione.
La tabella di seguito ne fornisce alcuni esempi.
Tipo di apparecchi | Note |
Saldatura elettrica | |
Riscaldamento ad induzione | |
Riscaldamento a dielettrico | |
Saldatura a dielettrico | |
Luci energizzate a RF | |
Apparecchi al plasma | Inclusi deposizioni sotto vuoto e spruzzamento catodico |
Diatermia | Tutti gli apparecchi medicali che utilizzano sorgenti RF con potenza superiore ai 100 mW |
Sistemi di controllo di integrità elettrici | |
Tutti gli apparecchi medicali che utilizzano direttamente radiazioni con esposizioni a campi elettromagnetici o applicazione di correnti | |
Apparecchi a microonde industriali per il riscaldamento e l’asciugatura | |
Reti di fornitura elettrica e reti di distribuzione elettrica passanti per i luoghi di lavoro, che non soddisfano i criteri della tabella 1 |
Tab 2: esempio di sorgenti non giustificabili secondo CENELEC EN 50499
Venendo nello specifico a quelle che sono le sorgenti più significative in ambito ospedaliero è utile segnalare:
- elettrobisturi: sfruttano emissioni nell'ordine del centinaio di kHz per il taglio e il coagulo del tessuto. Emettono campi molto intensi che però decrescono rapidamente con la distanza, fino a valori al di sotto dei limiti per i lavoratori a distanza dell'ordine del metro.
- lampade controllate a radiofrequenza: molte lampade definite a basso consumo sono controllate da circuiti che emettono radiazioni a frequenze dell'ordine di qualche decina di kHz. Anche in questo caso l'intensità decresce rapidamente con la distanza, e diventa trascurabile a circa 50cm. In considerazione della loro collocazione (normalmente a soffitto), tali lampade non determinano superamento dei limiti per i lavoratori nelle normali condizioni di utilizzo.
- cabine elettriche di trasformazione e gruppi elettrogeni: i rilievi fatti non evidenziano in nessun caso il superamento dei limiti nelle aree esterne. Specifiche disposizioni valgono invece per i lavoratori chiamati ad operare al loro interno.
- Risonanza Magnetica Nucleare: la risonanza magnetica sfrutta a fini di imaging diagnostico, l'interazione dei campi e. m. con la materia. L'accesso è in questo caso regolamentato da specifiche disposizioni.
Per una migliore gestione del rischio, talune aree all'interno dell'azienda sono state suddivise in base al potenziale rischio legato ai campi elettromagnetici.
Zona 0: luoghi di lavoro in cui i livelli di esposizione sono al di sotto dei limiti vigenti per la popolazione o tutti gli apparecchi e situazioni presenti sono giustificabili a priori.
Zona 1: luoghi di lavoro in cui i livelli di esposizione possono superare i limiti per la popolazione, ma sono inferiori ai limiti di esposizione per i lavoratori.
Zona 2: luoghi in cui i livelli di esposizione possono superare i limiti di esposizione per i lavoratori, e dove è quindi necessario attuare azioni di rimedio.
Rischio Interferenze
Sebbene il superamento dei limiti sia difficilmente ravvisabile, un rischio consistente è rappresentato dalla potenziale interferenza di apparecchi che emettono direttamente od indirettamente campi elettromagnetici, con altri apparecchi elettrici od elettronici, ed in particolare con i dispositivi medici impiantati.
È quindi fondamentale verificare che nessuna attrezzatura possa dare luogo a problemi di questo tipo.
Pittogramma di Rischio
LA RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE (RMN)
Si basa sulla possibilità di produrre magnetizzazione in talune sostanze, di eccitare con apposite radiofrequenze gli elementi sede di magnetizzazione stessa, di raccogliere i segnali di restituzione dell'energia a radiofrequenza impartita e di decodificare, mediante campi magnetici variabili nel tempo e nello spazio, la posizione dei volumi elementari sede della magnetizzazione. Nei tomografi a risonanza magnetica impiegati in diagnostica medica i segnali raccolti sono poi elaborati per creare immagini bidimensionali e tridimensionali del corpo umano, consentendo una visualizzazione molto dettagliata, sia dal punto di vista anatomico che funzionale, degli organi del paziente sottoposto ad indagine.
In Italia, le apparecchiature a RMN per uso medico o di ricerca sono regolate da una specifica normativa che prevede la messa in sicurezza dell'impianto ed idonee misure protezionistiche per gli operatori ed i pazienti.
Nella tabella sono riportati i riferimenti normativi, gli articoli attualmente vigenti e quelli abrogati:
Decreti | Articoli e allegati vigenti | Articoli abrogati |
D.M. 29/11/85 | - | tutti gli articoli |
D.M. 02/08/91 | articolo 7 e allegati da 1 e 6 | 1,2,3,4,5 e 6 |
D.M. 03/08/93 | articoli 2, 4, 5 ed allegati A e B | 1 e 3 |
D.P.R. 542/94 | tutti gli articoli | - |
Secondo quanto previsto dalla normativa, le apparecchiature a RMN operano sotto la responsabilità di due figure preposte (il Medico Responsabile dell'attività dell'impianto e l'Esperto Responsabile della Sicurezza dell'impianto) che, fra i vari compiti a loro attribuiti, devono redigere un "Regolamento per la sicurezza" in cui riportare tutte le specifiche indicazioni di comportamento per i lavoratori, i pazienti, gli accompagnatori, e le procedure per la gestione di eventuali emergenze che si dovessero verificare.
Il Regolamento deve essere reso disponibile a tutti i lavoratori interessati, i quali sono responsabili secondo il proprio ruolo della corretta applicazione di tutte le procedure indicate.
PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO DELLE APPARECCHIATURE RMN
I rischi potenziali per i lavoratori associati all'utilizzo di apparecchiature diagnostiche di Risonanza Magnetica Nucleare sono associati principalmente ai tre agenti fisici che sono impiegati per la formazione delle immagini:
a) campo magnetico statico;
b) campi elettromagnetici a radiofrequenza;
c) campi magnetici variabili nel tempo.
Occorre tener presente, inoltre, che per le apparecchiature dotate di magnete superconduttivo raffreddato in bagno di sostanza criogenica (tipicamente elio liquido), sono presenti anche rischi associati a tale fattore.
a) Campo magnetico statico:
Un campo magnetico statico di elevata intensità, quali sono quelli impiegati nei tomografi per diagnostica medica, può comportare i seguenti effetti:
- effetti biologici:
• interazioni elettrodinamiche con cariche elettriche in movimento (es. elettroliti nel sangue, impulsi nervosi)
• magneto - orientamento di molecole o cellule dia/para/magnetiche (es.: DNA, bastoncelli della retina)
• effetti sugli stati di spin elettronico di prodotti intermedi di reazioni chimiche.
- effetti magneto - meccanici:
• attrazione meccanica di oggetti ferromagnetici nelle vicinanze del magnete (effetto "proiettile")
• traslazione/rotazione di materiali paramagnetici e ferromagnetici presenti nell'organismo (protesi)
- interferenza con dispositivi medici impiantati (es.: pace-maker, defibrillatori).
La normativa in vigore stabilisce che l'accesso al sito RM deve essere rigorosamente precluso a soggetti portatori di:
- pace-maker;
- protesi dotate di circuiti elettronici;
- preparati metallici intracranici o comunque posizionati in prossimità di strutture vitali anatomiche;
- clips vascolari;
- schegge ferromagnetiche.
Prima di autorizzare una persona ad accedere al sito, è necessario che il personale specificatamente addestrato verifichi, con un adeguato programma di controllo, che per il soggetto in questione non esistano controindicazioni all'esposizione a campi magnetici.
Il personale addetto all'impianto è comunque responsabile del controllo dell'accesso al sito.
Per quanto concerne l'esposizione dei lavoratori a campi magnetici statici, la riduzione del rischio si traduce in una limitazione del tempo di permanenza in zone ove sia presente un forte campo magnetico statico disperso.
Parte esposta | Intensità di campo | Durata massima dell'esposizione |
Corpo | 200 mTesla | 1 ora/giorno |
Corpo | 2 Tesla | 15 minuti/giorno |
Arti | 2 Tesla | 1 ora/giorno |
Il tempo di permanenza è funzione della intensità del campo e della parte esposta. Si riportano i limiti di esposizione, come stabiliti dal D.M. 2/8/1991:
La norma indica altresì che l'esposizione massima giornaliera dei lavoratori non sia continua ma intervallata.
b) Campi elettromagnetici a radiofrequenza
Per questi campi si deve tener conto dei seguenti aspetti:
- effetti biologici: innalzamento della temperatura del corpo o di parti di esso causato dal riscaldamento dei tessuti per l’assorbimento dell’energia dei campi
Per gli effetti biologici è stata definita la grandezza dosimetrica SAR (rateo di assorbimento specifico medio) legata direttamente all'aumento di temperatura nei tessuti:
SAR = potenza elettromagnetica dissipata per unità di massa (W/Kg)
Il D.M. 11-8-1993 ha stabilito i seguenti limiti per pazienti, volontari sani e lavoratori; l'esposizione deve essere limitata nel tempo per evitare che la temperatura corporea subisca un innalzamento superiore a 0,5 °C; questa condizione, per valori ambientali di temperatura compresi tra 22 e 24 °C e umidità relativa del 50 %, risulta verificata limitando il valore medio del SAR al corpo intero, mediato su qualunque intervallo temporale di 15 minuti, come segue:
Durata esposizione | SAR |
per esposizione di durata t > 30 min | SAR < 1 W/kg |
per 15 < t < 30 min | SAR < ((30/t(min)) W/kg |
per t < 15 min | SAR < 2 W/k |
Si può estendere l’esposizione di pazienti ad un innalzamento della temperatura corporea di 1 °C, dopo la valutazione del rischio/beneficio da parte del Medico Responsabile.
In nessun caso il valore medio del SAR localizzato in distretti corporei può essere tale da indurre innalzamento della temperatura locale al di sopra di 38 °C in qualunque tessuto della testa, di 39 °C in qualunque tessuto del tronco e di 40 °C in qualunque tessuto degli arti.
Infine, per proteggere tessuti scarsamente vascolarizzati, si raccomanda che tali tessuti non siano esposti a valori di SAR > 0.1W/10g per periodi di durata superiore a 10 min.
In realtà l'esposizione a questo tipo di campi è prevalentemente limitata alla parte del corpo esaminata e pertanto interessa soprattutto i pazienti ed in modo estremamente limitato i lavoratori, solamente in caso dovessero rimanere all’interno della sala magnete durante l’effettuazione di esami. Nella normale postazione di lavoro, invece, l’esposizione dei lavoratori è pressoché nulla in quanto i tomografi per imaging con RMN sono completamente circondati da una schermatura (gabbia di Xxxxxxx) la cui funzione principale è quella di evitare interferenze da campi esterni che potrebbero generare artefatti sulle immagini, ma che contemporaneamente evitano la dispersione dei campi a radiofrequenza generati dall’impianto all’esterno della sala d’esame.
c) Campi magnetici variabili
I campi magnetici variabili nel tempo (dB/dt), associati all'accensione e spegnimento rapido dei gradienti di localizzazione spaziale, inducono potenziali elettrici e correnti circolanti nel corpo del paziente e del volontario sano; di conseguenza possono comportare:
- effetti biologici:
• effetti non termici: vengono generate correnti indotte come serie di pulsazioni che possono generare effetti di stimolazione di tessuti elettricamente eccitabili (sistema nervoso periferico, muscolo cardiaco) che per intensità elevate di dB/dt (> 20 T/s) possono arrivare fino alla fibrillazione cardiaca ;
• effetti termici: sovrapponibili a quelli dovuti ai campi a radiofrequenza
- effetti ambientali: elevato rumore per effetto della magnetostrizione.
Questi campi sono però essenzialmente confinati all’interno del sistema e le esposizioni esterne non sono significative; pertanto i limiti di esposizione che la normativa vigente definisce per i pazienti non sono estese ai lavoratori.
MISURE PER LA SICUREZZA DEI LAVORATORI
L’ingresso al Servizio di diagnostica con Xxxxxxxxx Magnetica è permesso solo al personale autorizzato, ovvero personale sottoposto a visita medica onde accertare eventuali controindicazioni.
I lavoratori sono tenuti a:
⇨ segnalare al Medico Responsabile ogni anomalia nel funzionamento dell’impianto;
⇨ segnalare al Medico Responsabile e quindi anche al Medico Competente ogni variazione delle condizioni fisiche rispetto alla visita iniziale con particolare riguardo alla presenza di protesi metalliche, pace-maker, schegge metalliche, clips chirurgiche.
⇨ segnalare l’eventuale stato di gravidanza (accertata o presunta).
⇨ sottoporsi alla visita medica iniziale ed alle visite mediche periodiche con frequenza stabilita e con tenuta della cartella sanitaria da parte del Medico Competente.
Come già riportato, per quanto riguarda l’esposizione dei lavoratori ai campi magnetici statici è necessario ridurre il tempo di permanenza nelle zone in cui sia presente un forte campo statico disperso in funzione dell’intensità del campo stesso. Si consiglia una esposizione non continua ma intervallata.
MISURE PER LA SICUREZZA DEGLI ADDETTI ALLE PULIZIE
Il personale addetto alla pulizia del locale magnete deve essere edotto sui problemi connessi all’inosservanza delle norme di protezione e sottoposto a visite preliminari e periodiche dalle quali dovrà risultare IDONEO (Medico Competente della propria azienda).
Il personale addetto alle pulizie deve:
o essere autorizzato all’accesso dal Responsabile della struttura;
o evitare di accedere al locale con oggetti metallici, magnetici ed elettronici;
o prima di entrare nella sala deve sottoporsi a controllo con il metal detector;
o per le operazioni di pulizia utilizzare soltanto attrezzi (scope, palette, secchi, ecc..) in legno o materiale plastico;
o eseguire con la massima rapidità le operazioni di pulizia all’intero del foro del tunnel di esame;
o non trattenersi, con l’intero corpo, ad una distanza inferiore a 50 cm dall’imbocco del tunnel di esame, anteriormente e posteriormente, oltre il tempo strettamente necessario;
o comunicare immediatamente lo stato di gravidanza (accertata o presunta);
o comunicare qualsiasi variazione delle condizioni fisiche.
L’accesso alla sala di esame è proibito a:
o a donne in stato di gravidanza
o a portatori di pacemaker
o a portatori di neurostimolatori
o a portatori di protesi metalliche in materiale ferromagnetico
o a portatori di protesi dotate di circuiti elettronici
o a portatori di preparati intracranici
o a portatori di clips o schegge metalliche.
MISURE PER GLI OPERATORI ADDETTI AL REFILLING DEL GAS ELIO ALLO STATO LIQUIDO
L’attività di rabbocco dell’elio per l’apparecchio a RMN viene svolta da una ditta specializzata ed autorizzata a tale scopo.
RISCHI DA SOSTANZE CRIOGENICHE
• ustioni da freddo: l'elio si trova allo stato liquido, a temperature di circa 4°K; qualsiasi contatto con la pelle deve essere evitato perché può provocare lesioni simili a bruciature
• ipo-anossia e asfissia: se la temperatura del sistema salisse, l'elio passerebbe rapidamente allo stato gassoso, con aumento di volume e pressione (1 litro di elio liquido si espande in circa 700 litri di elio gas); le apparecchiature sono dotate di sistemi per l'evacuazione dell'elio gas verso l'esterno, ma è possibile che una parte gel gas venga immessa nella sala d’esame, impoverendo l’aria ambiente di ossigeno.
Mentre è difficile che i lavoratori addetti ad un impianto di imaging con RMN possano essere esposti a contatto diretto con il criogenico, si potrebbe verificare una situazione di dispersione di elio gas in ambiente. Per effettuare un controllo continuo della qualità dell’aria, viene sempre posto, nell’ambiente d’esame, un sensore di rilevazione della percentuale di ossigeno presente nell’aria collegato ad una centralina di visualizzazione/allarme esterna alla sala magnete. Occorre che i lavoratori prestino particolare attenzione ai valori rilevati dal sensore e, in caso di allarme, seguano le istruzioni riportate per tali evenienze nel “Regolamento di sicurezza” dell’impianto.
TRASPORTO:
• Spostare i contenitori dei criogeni evitando urti e agitazione eccessiva, siano essi pieni o vuoti, in quanto potrebbero provocare un’evaporazione anormale e dar luogo ad un aumento di flusso di gas attraverso i dispositivi di sfogo.
• Effettuare il trasporto dei contenitori dei gas criogeni con appositi carrelli.
• Fissare in modo sicuro ed indipendente ciascuna bombola di gas criogeno; i contenitori sono progettati per essere utilizzati in posizione verticale, non vanno pertanto mai inclinati.
• Non lubrificare valvole o riduttori con oli e grassi, in quanto si accentua il rischio di fuoriuscite indebite di gas dal contenitore ed un potenziale rischio di incendio.
• Stoccare i contenitori, sia pieni che vuoti, in locali dove la ventilazione all’interno sia adeguata.
TRAVASO:
Le operazioni di travaso dell’elio liquido devono essere effettuate da operatori opportunamente informati sui rischi potenziali associati alla manipolazione di gas compressi e/o criogeni, e istruiti in merito alle misure di prevenzione e protezione ed alle eventuali procedure interne da applicare, definite ed emanate dal Responsabile delle attività.
La Ditta esterna incaricata ad effettuare dette operazioni deve dichiarare che il personale a cui è stata affidata tale mansione è stato edotto dei rischi specifici ed è stato ritenuto esente da qualunque controindicazione. Tale personale è tenuto a segnalare eventuali situazioni di pericolo riscontrate e a rispettare, oltre alle norme interne di sicurezza, anche le eventuali prescrizioni formulate dalla Ditta di afferenza.
Prima di dare il consenso all’inizio dell’operazione di travaso e per tutta la durata dell’operazione:
• accertarsi che il sensore di monitoraggio dell’ossigeno sia correttamente funzionante;
• indossare i dispositivi di protezione previsti (guanti resistenti al freddo, visiera, scarpe, ecc.);
• portare al massimo la portata dell’impianto di ricambio dell’aria. Durante le operazioni di travaso si deve:
• mantenere attivo l’impianto di aerazione, ovvero spalancate tutte le aperture verso l’esterno;
• controllare la pressione sia sul contenitore che invia che su quello che riceve la sostanza;
• evitare ogni contatto diretto con le sostanze criogene.
Nel caso di intervento del dispositivo di allarme del livello di ossigeno:
• abbandonare rapidamente il locale
• attendere un certo periodo di tempo prima di rientrare
• effettuare l’operazione di rientro alla presenza di almeno di un altro operatore che resti all’esterno del locale pronto ad intervenire.
SEGNALETICA DEI RISCHI
Segnaletica di rischio apposta sul lato esterno delle porte di accesso al sito RM e sulla porta della sala magnete:
Segnaletica di rischio apposta in prossimità della condotta di espulsione dell’elio:
I RISCHI DA RADIAZIONI IONIZZANTI
Per radiazione si intende l'energia che si propaga nello spazio senza trasporto apprezzabile di
materia.
In base all'energia interessata, le radiazioni vengono distinte in due classi: IR (radiazioni ionizzanti) e NIR (radiazioni non ionizzanti).
Cosa sono le radiazioni ionizzanti
Le radiazioni sono dette ionizzanti quando sono in grado di trasferire una sufficiente quantità di energia, tale da liberare degli elettroni dagli atomi del mezzo irradiato e quindi produrre ionizzazione.
L'azione lesiva delle particelle ionizzate sull'organismo è una diretta conseguenza dei processi fisici di eccitazione e ionizzazione degli atomi e delle molecole dei tessuti biologici dovuti agli urti delle particelle, che sono dette appunto radiazioni ionizzanti quando hanno cioè energia sufficiente per produrre questi processi.
Classificazione della radiazioni ionizzanti
Le radiazioni ionizzanti possono essere onde elettromagnetiche come raggi X e raggi γ (gamma), oppure particelle corpuscolari come le particelle α (alfa), β (beta), neutroni o protoni.
Classificazione delle radiazioni ionizzanti | ||
Radiazioni ionizzanti | ||
Particelle Cariche | Particelle Neutre | Radiazione Elettromagnetica |
Raggi β "Beta" o Elettroni | Neutroni | Raggi X |
Protoni | Raggi γ "Gamma" | |
Raggi α "Alfa" e altri Ioni |
Il meccanismo, attraverso il quale avviene la cessione d'energia, è noto come interazione tra radiazione e materia. Se il materiale irradiato è tessuto biologico, la cessione di energia può provocare danni biologici.
I raggi X e raggi gamma rappresentano la maggior fonte di rischio da radiazioni ionizzanti per i lavoratori del comparto sanitario.
Essi vengono prodotti sia da apparecchiature radiogene che da sorgenti di isotopi radioattivi e vengono impiegati sia nella diagnostica (radiodiagnostica, medicina nucleare, densitometria ossea) che nella terapia (radioterapia, terapia metabolica).
La tipologia delle radiazioni(X, elettroni, ecc), la loro energia, il tipo e le caratteristiche del materiale assorbente ne determinano il potere di penetrazione ovvero la frazione di radiazione incidente che riesce a superare il materiale stesso.
• La penetrazione delle particelle alfa (α) è molto ridotta (sono fermate da un foglio di carta).
• La penetrazione delle particelle beta ( β o elettroni) e’ maggiore e arriva a qualche centimetro d’acqua per le alte energia impiegate in radioterapia (MeV).
• Per i raggi X vale la legge di attenuazione esponenziale e viene definito lo spessore emivalente come lo spessore che ne riduce alla meta’ l’intensita’.
Sorgenti di radiazioni ionizzanti
L’ uso delle radiazioni ionizzanti, nonostante rappresenti una fonte di rischio per gli operatori, il paziente e la popolazione, è entrato nella pratica quotidiana, in virtù del beneficio netto (diagnosi di malattie, terapie) che tale pratica comporta; rimane ovviamente inteso che la conoscenza del rischio connesso con l’ uso quotidiano delle radiazioni ionizzanti sia il primo e più efficace metodo per difenderegli operatori, i pazienti e la popolazione nel suo insieme, a vario titolo coinvolti.
Non va dimenticato che tutti siamo esposti alla radiazione di fondo (naturale ed artificiale) dovuta ai raggi cosmici, alle sostanze radioattive naturali presenti sulla Terra e ai materiali radioattivi prodotti dall’uomo e immessi nell’ ambiente. Il contributo di dose dovuto a questa radiazione varia da luogo a luogo, dall’ altitudine, dalla composizione del suolo ecc.
La scoperta dei Raggi X è avvenuta nel 1895 per merito di Xxxxxxxx mentre stava studiando le scariche elettriche nei gas rarefatti in tubi di Xxxxxxx-Xxxxxxx.
Xxxxx Xxxxxxxx scopri invece che alcuni materiali fosforescenti impressionavano le pellicole fotografiche.
Le sorgenti di radiazioni si possono dividere in due grandi categorie:
Tubo di Roentgen | Le sorgenti radiogene sono delle apparecchiature che sfruttano l' accelerazione delle particelle cariche (elettroni, protoni, ecc.) al fine di produrre fasci molto intensi di queste particelle ionizzanti. Un fascio di elettroni accelerati, quando interagisce con materiale ad alto numero atomico (es. tungsteno) genera un fascio di onde elettromagnetiche molto intenso (raggi X). |
4- MANUALE INFORMATIVO LAVORATORI.doc | INFO 04 | Pagina 92 di 114 |
Decadimento gamma di un nucleo atomico instabile | Le sorgenti radioattive sono dei materiali, naturali od artificiali, che per la loro natura di elementi (nuclei atomici) instabili tendono a stabilizzarsi, ovvero ad emettere energia, sotto forma "di radiazione (alfa, beta, gamma, etc… ) |
Modalità di esposizione
L'irraggiamento (e quindi il conseguente rilascio di dose ) avviene tramite due canali: irraggiamento esterno, dovuto all'esposizione del corpo ai radionuclidi presenti nell'ambiente, e irraggiamento interno, causato dall'ingestione o dall'inalazione di sostanze contenenti isotopi radioattivi.
Sensibilità dei tessuti
I fattori che influenzano la risposta biologica alle radiazioni sono:
1. fisici
- tipo di energia delle radiazioni ionizzanti
- entità della dose assorbita
- distribuzione della dose assorbita nello spazio e nel tempo.
2. biologici
- caratteristiche intrinseche delle unità biologiche irradiate: suscettibilità di danno; numero di unità esposte al rischio; cinetica del sistema; attività metabolica; capacità di recupero e di riparazione.
- caratteristiche dell' ambiente biologico locale e generale: condizione di nutrizione e di ossigenazione; vascolarizzazione; competitività biologica; meccanismi di controllo omeostatici; reattività immunitaria.
I fattori di rischio sono normalmente espressi come probabilità di contrarre un cancro per una esposizione di 1000 mSv.
Effetti biologici delle radiazioni
Sono classificati radiosensibili i tessuti a cellule caduche come il midollo osseo, il tessuto germinale gonadico, l'epitelio intestinale e la cute mentre sono classificati radioresistenti i tessuti a cellule stabili come i muscoli, il connettivo, la cartilagine, reni, fegato, ossa. In effetti vi sono eccezioni (oociti e linfociti non hanno mitosi quindi sono molto radiosensibili) anche perché i tessuti presentano diverse radiosensibilità a seconda dell'età, dello stato metabolico, ecc..
E' pertanto opportuno dire solo che vi sono tessuti che subiscono gravi danni anche per basse dosi e tessuti che non vanno incontro a danni anche per dosi relativamente elevate.
Cute
Sottoposta a irradiazioni elevate (radioterapia) può presentare effetti indesiderati che vanno dall'eritema (dosi dell'ordine di 5/6 Gy in unica esposizione) fino a forme di epidermiti e flitteni che ne provocano la caduta e possono degenerare in epiteliomi (dosi dell'ordine di 20 Gy in unica esposizione).
Organi emopoietici
Il tessuto emopoietico più radiosensibile è il tessuto linfoide presente in milza, timo, linfonodi, tonsille, follicoli intestinali. Le radiazioni ne producono la riduzione di volume. Il tessuto mieloide è anch'esso radiosensibile: le cellule immature vengono distrutte, le altre passano precocemente in circolo. Effetti sono leucopenia, piastrinopenia, eritropenia le cui complicanze sono infezioni, emorragie, anemie.
Gonadi
I componenti ovarici più sensibili sono le cellule della linea germinale (oociti primari e secondari) nei vari stati di sviluppo entro il follicolo. La loro radiosensibilità varia con il progredire dell'età fertile della donna; una dose di radiazioni che determina una amenorrea temporanea a 30 anni, determina a 40 anni una amenorrea definitiva. Il testicolo, che contiene cellule germinali in diversi stadi, presenta più radiosensibilità per gli spermatogoni che per le cellule figlie e nipoti.
Intestino
L'intestino tenue, ricco di linfonodi, è molto radiosensibile: l'effetto di irradiazione estesa può determinare dolori, vomito e diarrea.
Anche sigma e retto sono radiosensibili e, per irradiazioni dell'ordine di quelle terapeutiche protratte, si possono produrre lesioni progressive e irreversibili.
L'occhio
L'occhio nel suo insieme non è particolarmente radiosensibile. Si sono però verificati casi di cataratta e, data la grandissima importanza del cristallino, si annovera lo stesso fra gli organi critici.
Grandezze e unità di misura
La quantità di energia assorbita dall' organismo per unità di massa viene chiamata dose e si misura con una unità chiamata Gray(Gy).
Poiché i vari tipi di R. I. hanno una capacità intrinseca di provocare effetti biologici diversi agli organismi, a parità di dose, si è introdotta una nuova grandezza detta dose equivalente che viene
misurata con una unità di misura chiamata Sievert(Sv) e che tiene conto della diversa capacità di provocare effetti biologici (fattore di qualità specifica di ogni tipo di R. I.).
Nel campo di nostra pertinenza (raggi X ed elettroni in radioterapia ) tale fattore di qualità vale numericamente 1 per cui si può indifferentemente parlare di dose assorbita (in Gray) o di dose equivalente (in Sievert).
Inoltre i rischi, a parità di dose assorbita (o dose equivalente) sono differenziati a seconda dell' organo interessato. Si è introdotto allora il concetto di dose efficace (la cui unità di misura è il Sievert) che è la somma delle dosi equivalenti ponderate - ovvero pesate per i vari rischi relativi nei tessuti ed organi del corpo. La probabilità di insorgenza di effetti stocastici si correla direttamente con la dose efficace.
Il danno biologico da radiazioni ionizzanti può interessare direttamente l'individuo esposto (danno
somatico) oppure i suoi discendenti (danno genetico).
Danni somatici
Sono i danni che si manifestano nel soggetto che ha subito l'irradiazione. Essi hanno origine da un'azione radiante sulle cellule somatiche dell'organismo e sul loro processo di divisione mitotica.
Gli effetti da irradiazione acuta ad alte dosi e da panirradiazione, cioè irradiazione totale di tutto il corpo, a breve tempo, non interessano gli operatori della sanità.
Possono invece presentarsi effetti tardivi da danni somatici prodotti da piccole dosi distribuite in un lungo periodo di tempo. La probabilità di insorgenza aumenta proporzionalmente con la dose accumulata.
Per evitare tali danni si effettuano i controlli periodici e si misura con attenzione la dose personale nel tempo badando che il lavoratore non superi i limiti di dose, che sono per la categoria A di 20 mSv/anno per "total body", 500 mSv/anno per gli arti e la pelle, 150 mSv/anno per il cristallino.
Gli effetti di dosi superiori a quelle ammesse possono essere leucemigenetici e cancerogenetici, anche se è discussa la presenza di soglia perché è ancora sconosciuta la causa di induzione del cancro. L'ipotesi che l'induzione carcinogenetica sia dovuta a mutazioni provocate dalle radiazioni proviene dal riscontro di anormalità cromosomiche trovate nelle cellule tumorali.
Radiolesioni professionali
Attualmente, con l'evoluzione tecnologica delle apparecchiature, che permette il contenimento della dose da un lato e la possibilità di lavorare a distanza dall'altro, i gravi effetti somatici visibili agli albori della radiologia non sono più fortunatamente riscontrabili. Oggi, se l'operatore che impiega radiazioni ionizzanti segue i criteri di radioprotezione e gli ambienti sono realizzati in modo idoneo secondo la buona tecnica e tenendo conto dei limiti imposti dalla legislazione vigente, le manifestazioni del "mal da raggi" non si presentano più. Dopo 30 anni di attività si potrà rilevare una pelle più sottile o discromica, i danni a carico del midollo non saranno presenti, si potrà al massimo notare un aumento dello spessore medio degli eritrociti. Portando gli occhiali schermati l'aumento di cataratta non sarà più riscontrabile.
I danni biologici da irraggiamento per l'individuo esposto sono divisibili in due categorie:
danni di tipo deterministico:
sono danni prevedibili nel senso che ad una certa dose di esposizione a R. I. corrisponde sicuramente l’ insorgenza di un certo numero di effetti nell’ individuo esposto, con una gravità direttamente legata alla dose assorbita durante l’ esposizione. In tal caso è possibile prevedere quali conseguenze e dopo quanto tempo dal momento dell’ irraggiamento, potranno manifestarsi nell’ organismo dell’ individuo sottoposto ad irradiazione (come è possibile calcolare la dose necessaria per alcune procedure terapeutiche o prevedere gli effetti di esposizioni accidentali). Sono comunque necessarie dosi relativamente elevate. Possono inoltre manifestarsi una serie di patologie dovute a esposizione frazionata per anni a basse dosi come le radiodermiti croniche (cute del radiologo) e le anemie croniche (sangue del radiologo).
danni di tipo stocastico:
non vi è certezza ma solo probabilità che compaiano a seguito di esposizione a R. I. Tale probabilita’ e’ legata all’entita’ della dose ed e’ legata alla frequenza di accadimento del danno e non alla sua gravita’ Sono danni (leucemie e tumori maligni) che si manifestano solamente in una limitata percentuale degli irradiati nel volgere degli anni o decenni.
Rischi per irradiazione dell’utero
L' embrione e il feto sono sensibili alle radiazioni e, come avviene anche nell' esposizione agli altri agenti fisici e ad agenti chimici, questa sensibilità è variabile in funzione dello stadio di sviluppo. Prima dell' impianto dell' embrione (9° giorno dalla fecondazione), gli effetti di una irradiazione possono determinare la morte dell' embrione stesso o, in alternativa, non avere conseguenze sul suo sviluppo.
Durante la fase fetale (dall' inizio del 3° mese fino al termine della gravidanza) la frequenza e la gravità delle malformazioni diminuiscono, mentre risulta rilevante il rischio di uno sviluppo difettoso del sistema nervoso centrale che è radiosensibile per buona parte di questo periodo. La radiosensibilità alle R.I. del cervello del feto è massima tra l' ottava e la quindicesima settimana dal concepimento e l' irradiazione può portare ad un ritardo mentale. Il ritardo mentale è quindi il danno principale; non dovrebbe tuttavia essere apprezzabile alcun effetto sul quoziente di intelligenza fino a dosi dell' ordine di 100 mSv.
Si possono individuare schematicamente tre stadi dello sviluppo embrionale:
• impianto dell'uovo (9-14 giorni);
• organogenesi (15-50 giorni);
• fase fetale (50-280 giorni).
In ciascuna fase le radiazioni possono, se assorbite dall'embrione in dosi elevate, produrre effetti specifici che vanno dalla morte dell'uovo segmentato (con conseguente espulsione prima dell'annidamento) alle malformazioni vere e proprie, a vari effetti che possono essere riassunti in un ritardo o in un deficit dello sviluppo psicofisico o all'induzione di neoplasie maligne. In ogni caso man mano che lo sviluppo fetale si avvia a compimento, si riduce di pari passo la sensibilità del feto alle radiazioni. Infatti a partire dal secondo mese, gli effetti morfologici dell' irradiazione divengono meno importanti, a seguito del progressivo aumento delle cellule in ciascun tessuto, ciò che rende meno probabile la lesione di un numero sufficiente di cellule, capace cioè di dar luogo a malformazioni gravi.
Va detto che tutti questi effetti sono stati osservati in studi su sopravvissuti all'esplosione della bomba atomica a Hiroshima, oppure su bambini irradiati in utero a dosi considerevoli, a causa di una radioterapia eseguita su madre durante la gravidanza.
Altri studi su bambini, specie quelli nati dopo il 1960 ed esposti durante la vita fetale a basse dosi per esecuzione di esami di radiodiagnostica, hanno dato risultati diversi.
Nell' uomo, i difetti più importanti osservati sono la microcefalia e il ritardo mentale che è verosimilmente provocato da un deficit nelle cellule cerebrali. Il periodo tra l' ottava e la sedicesima settimana corrisponde alla fase di proliferazione rapida dei neuroblasti, che sono assai radiosensibili, e alla migrazione dei neuroni corticali che dalle regioni paraventricolari si portano fino alla corteccia.
Per quanto riguarda l'induzione di neoplasie maligne, nonostante un'ampia letteratura che mostra l'insorgere soprattutto di leucemie a seguito dell'esplosione nucleare di Hiroshima, il rischio di neoplasie maligne in bambini sottoposti durante la vita fetale a pelvimetria nel terzo trimestre (circa 10 mGy) e controllati per 14 anni dopo la nascita è risultato pari allo 0,064%/10 mGy in più dal rischio naturale dello 0,1%.
Il rischio globale è comunque di modesta entità: esso è quantificabile fra zero e un caso su 1000 nati vivi per una dose embrio-fetale di 10 mGy nel primo quadrimestre della gestazione.
Rischio genetico
Oltre al rischio teratogeno, esiste un rischio genetico, dovuto all'irradiazione delle cellule germinali in un maschio o in una femmina non gravida.
Le mutazioni così risultanti possono trasmettersi per generazioni. Il rischio di anomalie genetiche indotte dalle radiazioni è dell'1% per 1 Gy.
L'esposizione paterna prima del concepimento aumenta il rischio di leucemia nei figli.
RADIOPROTEZIONE
Tutto il sistema di protezione radiologica si basa su tre principi:
GIUSTIFICAZIONE:
tutte le attività che comportano esposizioni a R. I. devono essere giustificate (tali attività devono rappresentare un beneficio netto e positivo);
OTTIMIZZAZIONE:
le esposizioni a R. I. devono essere mantenute al livello più basso ragionevolmente ottenibile, tenendo conto dei fattori economici e sociali;
LIMITAZIONE DELLE DOSI INDIVIDUALI:
l' esposizione del lavoratore non può superare, annualmente, un limite di dose fissato dalla Legge in accordo con il principio di ottimizzazione e si dovrà comunque agire affinché la dose assorbita risulti la più bassa possibile.
Il 1° gennaio 1996 è entrato in vigore il Decreto Legislativo 230/95 successivamente aggiornato e modificato dal D.Lgs. 241/2000 e dal D.Lgs.187/00, questi ultimi in vigore dal 1 gennaio 2001. Il D.Lgs 241/2000 è stato integrato e modificato dal D.Lgs 257/2001.
Questi decreti che sono specifici al rischio da impiego delle radiazioni ionizzanti e costituiscono la normativa vigente in materia di radiazioni ionizzanti (R.I.), finalizzata alla prevenzione dei possibili danni per:
1. i lavoratori addetti all’impiego delle radiazioni,
2. i pazienti che si sottopongono ad esami o terapie mediche con uso di R.I.,
3. la popolazione, derivanti dalla introduzione ed uso di una pratica facente uso delle R.I.
Il decreto 187/00 che tratta la radioprotezione del paziente dispone, inoltre una nuova organizzazione per la protezione della popolazione e dei pazienti che si sottopongono a pratiche diagnostiche o terapeutiche che comportino l’ uso delle radiazioni ionizzanti.
E’ vietata l’esposizione non giustificata. Le esposizioni nell’ ambito diagnostico, terapeutico, della sorveglianza sanitaria professionale, di programmi di screening, di ricerca, di procedure medico-legali devono mostrare di essere sufficientemente efficaci mediante la valutazione dei potenziali vantaggi complessivi prodotti rispetto al danno possibile.
Sorveglianza
La sorveglianza fisica è definita come l' insieme dei dispositivi o misure adottate o previste in tutte le fasi dell' attività lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto delle salute della popolazione e dell' integrità dell' ambiente esterno.
Si pone come obiettivo la prevenzione totale degli EFFETTI DETERMINISTICI e la riduzione a livelli considerati accettabili della probabilita' di accadimento di effetti STOCASTICI tramite la limitazione delle dosi.
L'Esperto qualificato è la figura riconosciuta dalla legge per l'espletamento della sorveglianza fisica secondo il D.Lgs 230/95 come modificato dal D.Lgs 241/00 alla quale è demandata in ambito aziendale, per conto del Datore di Lavoro, la radioprotezione (vedi capitolo "Introduzione e Attori della Prevenzione" del manuale informativo).
La classificazione dei lavoratori
Gli operatori esposti sono quelli che nell'ambito della loro attività superano le soglie per la popolazione stabilite dalla vigente normativa.
Se, in base agli accertamenti ed alle valutazioni dell'E.Q., il lavoratore è suscettibile di una esposizione superiore, in un anno solare, ai seguenti valori:
• 1 mSv/anno al corpo intero;
• 15 mSv al cristallino;
• 50 mSv alla pelle (per 1 cm2);
• 50 mSv alle mani, avambracci, piedi e caviglie, allora viene classificato ESPOSTO
Sono classificati di CATEGORIA A i lavoratori esposti, che sulla base degli accertamenti dell'E.Q. sono suscettibili di esposizione superiore, in un anno solare ad uno dei seguenti valori:
• 6 mSv/anno al corpo intero;
• 45 mSv al cristallino;
• 150 mSv alla pelle (per 1 cm2);
• 150 mSv alle mani, avambracci, piedi e caviglie.
I lavoratori esposti non classificati di categoria A, sono classificati di CATEGORIA B.
I lavoratori che, essendo esposti in modo estremamente sporadico a rischi derivanti dall' impiego delle radiazioni ionizzanti, non sono classificati lavoratori esposti, (in quanto la stima del rischio è confrontabile con quella della popolazione ), sono classificati popolazione.