Mutualità ed unilateralità della clausola compromissoria: la cosiddetta opzione di arbitrato
Mutualità ed unilateralità della clausola compromissoria: la cosiddetta opzione di arbitrato
Xxxxxx xxxxxxxxxxx
SOMMARIO: 1. – I fattori di scelta del meccanismo di risoluzione delle controversie. – 2. La c.d. opzione di arbitrato e la option to arbitrate. – 3. Requisiti e caratteristiche secondo l’ordinamento italiano e negli altri sistemi giuridici. – 4. Il funzionamento della clausola. – 5. Il problema della certezza del diritto. – 6. Il profilo della reciprocità del consenso. – 7. Il problema della vessatori età e della meritevolezza di tutela del patto.
1. La scelta del meccanismo di risoluzione delle controversie può essere complesso. Esso dipende da una serie di fattori, tra cui se la sentenza o lodo arbitrale potranno essere fatti valere nella giurisdizione in cui la parte inadempiente ha un patrimonio, il bisogno di rimedi interlocutori, di ingiunzioni e provvedimenti cautelari, di soluzioni multilaterali, ed anche la riservatezza della decisione stessa.
L’arbitrato vanta diverse caratteristiche che forniscono vantaggi rispetto al contenzioso giudiziale. Un vantaggio, di primaria importanza in molti casi ed in particolare in campo internazionale, è il più ampio campo di applicazione per l’esecuzione dei lodi arbitrali rispetto alle sentenze delle Corti, grazie soprattutto alla Convenzione di New York del 1958, sottoscritta da ben 139 Paesi. Ha infatti generalmente poco senso prevedere un contenzioso giudiziale se la sentenza non possa essere eseguita ove il soccombente ha il suo patrimonio.
Pertanto, è spesso prudente, e talvolta indispensabile, prevedere l’arbitrato come mezzo di risoluzione delle controversie, se potrebbe sorgere la necessità di un’esecuzione coattiva.
Ciò detto, in alcune vertenze, il contenzioso giudiziale può anche fornire importanti vantaggi. Per esempio, con il contenzioso giudiziale è possibile ottenere provvedimenti ingiuntivi o cautelari. La disponibilità di questa procedura, che non ha equivalente in arbitrato 1, potrebbe risultare molto attraente ad un soggetto, quale una
1 Attualmente nell’ordinamento italiano il codice di rito prevede espressamente in capo agli arbitri la assoluta impossibilità di porre in essere sequestri, ed altri provvedimenti cautelari (art. 818 c.p.c.). La previsione è stata giustificata per la carenza di poteri coercitivi in capo agli arbitri, che rende quindi necessario rivolgersi ad un giudice ordinario: in dottrina si sostiene soventemente che la soluzione è necessitata dalla natura privata dell’arbitrato, e dalla sua carenza di imperium. In realtà, più correttamente, si osserva altresì che se anche l’affermazione può essere condivisibile con riferimento alla fase dell’esecuzione della decisione, non lo è rispetto alla fase della concessione della misura: ciò che rileva è piuttosto il potere volontariamente attribuito dalle parti di vincolarsi alle regole di condotta fissate nel lodo. Si osserva in proposito che se gli arbitri possono incidere in modo definitivo nella
banca, la cui disputa riguarda un semplice debito che si vuole recuperare il più rapidamente e più facilmente possibile.
Come risultato, la parte a volte vuole avere il meglio delle due possibilità, e quindi la possibilità di scegliere tra contenzioso giudiziale ed arbitrato a seconda del tipo di controversia che nasce e della ubicazione dei beni sui quali soddisfarsi.
2. Sebbene questa opzione sia di regola concessa a tutte le parti, in common law si è da tempo affermata una clausola compromissoria particolare: la option to arbitrate. Questa non obbliga le parti ad adire il giudice arbitrale, come fa la normale clausola compromissoria. Essa, invece, consente ad una, o a più, delle parti contrattuali, di decidere, nel momento in cui sorga la controversia, se ricorrere all’arbitro, oppure se rivolgersi al giudice ordinario.
Questa clausola viene ormai inserita in numerosi tipi di contratti, particolarmente nei finance agreements, dagli enti creditizi e finanziari, o dalle organizzazioni di borsa, nei rapporti con la loro clientela 2.
Nonostante la diffusione di tale clausola, non sono mancate contestazioni circa la legittimità del suo inserimento in contratti standardizzati. Tuttavia, l’opinione prevalente in common law la ammette, richiamandosi al favor arbitrati. Vi è, cioè, una
sfera giuridica delle parti, non si vede perché non vi possano incidere in modo provvisorio (v., per tutti, F. P. XXXXX, Appunti sull'arbitrato societario, in Riv. dir. proc., 2003, p. 717; F. P. XXXXX, Arbitrato e tutela cautelare nella riforma del processo civile, in Riv. arb., 1991, p. 253 ss.). In altro senso si è osservato che il divieto di imporre provvedimenti cautelari, se può valere per il sequestro, o per i procedimenti possessori di denuncia di nuova opera o di danno temuto – che si caratterizzano per un più intenso contenuto coercitivo, in quanto vengono eseguiti coattivamente con l’intervento dell’ufficiale giudiziario - , ha meno senso nei confronti dei provvedimenti d’urgenza che hanno ad oggetto un facere o un non facere in capo ad una delle parti, e richiedono solitamente comportamenti direttamente dalle parti, senza l’intervento di soggetti estranei o l’intervento della forza pubblica. Rispetto a questi ultimi la riserva all’autorità giudiziaria ordinaria sembra pertanto meno giustificata (X. XXXXXX XXXXXXXXXX, Il diritto dell’arbitrato, IV, ed., Padova, 2005, p. 670 ss., che evidenzia come in altri ordinamenti la facoltà di emettere provvedimenti di urgenza è largamente riconosciuta). In realtà nelle procedure arbitrali amministrate, alcuni regolamenti ammettono già la possibilità di emettere provvedimenti cautelari o d’urgenza: e così, ad esempio nel Regolamento della Camera Arbitrale Nazionale e Internazionale di Milano, che attribuisce agli arbitri il potere di “pronunciare tutti i provvedimenti cautelari, urgenti e provvisori, anche di contenuto anticipatorio, che non siano vietati da norme inderogabili applicabili al procedimento”. Ma la osservanza dei provvedimenti cautelari o d’urgenza emessi in sede arbitrale è rimessa alla spontanea esecuzione delle parti, o ad una sorta di moral suasion: nel senso che, ovviamente, la parte che non esegue l’ordine del collegio arbitrale dovrà essere consapevole che la sua condotta potrà incidere negativamente sulla decisione, e salva inoltre la facoltà per il collegio di stabilire che le spese ed i danni cagionati dall’inottemperanza siano a suo carico.
2 V. per tutti sul tema, per un primo approccio, C. R. XXXXXXXX, Nonmutual Agreements to Arbitrate, in Journal of Corporation Law, Vol. 27, 2002; C. R. XXXXXXXX, Unfair Arbitration Clauses, in U. Ill. L. Rev., 2001; M. E. XXXXXXX, The Growing Use of Options to Arbitrate, in N.Y. L.J., Feb. 4, 1993, at 5.
preferenza verso la scelta arbitrale, giustificata in ragione del rilevante costo del processo dinanzi al giudice ordinario. Come a dire, che qualunque mezzo è buono pur di evitare il giudizio ordinario, e di ricorrere agli arbitri.
In Italia, l’utilizzo concreto della opzione di arbitrato (o “clausola compromissoria unilaterale”, come anche viene definita) è stato assai raro. Ciò, perché la legge prevede due meccanismi per deferire all’arbitro la decisione delle controversie: la clausola compromissoria ed il compromesso; ed in questi la scelta dell’alternativa (arbitro o giudice ordinario) è attribuita ad entrambi i contraenti, ed al loro accordo; nessuno dei due istituti prevede quella facoltà di scelta affidata ad una parte soltanto, tipica della arbitration option.
Inoltre, in entrambe le fattispecie le parti si accordano sulle modalità con cui le controversie dovranno essere risolte o al momento del contratto (clausola compromissoria), o in ogni caso prima che la controversia sia avviata (compromesso). La option to arbitrate potrebbe invece implicare che la causa giudiziale venga dichiarata improcedibile mercè la decisione (di una sola parte) di avviare un contenzioso arbitrale assunta dopo che quello giudiziale sia già stato instaurato dalla parte che non gode del diritto di opzione.
Le perplessità, cioè, attengono per un verso all’aspetto dell’iter di formazione della volontà negoziale di deferimento della lite agli arbitri; dall’altro, investono la difficoltà di determinare il corretto momento e modalità di esercizio del potere attribuito dall’accordo di opzione; con evidenti riflessi negativi, nel primo caso, sul piano della libera determinazione del consenso di ciascuna delle parti, e, nel secondo, sul piano della certezza del diritto, per esempio circa l’individuazione dell’autorità (arbitrale o giudiziale) competente a dirimere la controversia.
Questa osservazione induce ad interrogarsi sul quesito se sia prospettabile una clausola compromissoria “unilateralmente obbligatoria”. Parte della dottrina si è in passato pronunciata nel senso della non configurabilità di tale clausola, ritenendo che le clausole di opzione unilaterale sono inapplicabili per mancanza di consenso reciproco, poiché la legge richiede a tutte le parti ad accettare di sottoporre la controversia ad arbitrato, e il fatto che tutte le parti abbiano approvato l’opzione prima che sia sorta la controversia è insufficiente 3. Al contrario la giurisprudenza propende a ritenere legittima la clausola, riconducendola nell’ambito del c.d. patto d’opzione di cui all’art. 1331 c.c. 4.
3 X. XXXXXXX, Commentario del codice e delle leggi di procedura civile, III, Torino, p. 103 ss.; X. XXXXXXXXX, Del compromesso e del giudizio arbitrale, Torino, 1915, p. 308; V. ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli, 1964, p. 779; X. XXXXXXXXX, In tema di clausole compromissorie, in Giur. it., 1942, I, p. 60; X. XXXXXXXXX, Sulla validità della clausola compromissoria unilaterale, in Giur. it., 1963, p. 65 ss; E. F. XXXXX, Compromesso, in Noviss. dig. it., Appendice, II, Torino, 1981, p. 126 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Dell’arbitrato, Milano, 1988, p. 132.
4 Cass., 19 ottobre 1960, n. 2837, in Giust. civ., 1960, I, 1897, Cass. 22 ottobre 1970, n. 2096.
Dovrebbe, in sostanza, ammettersi che, mentre una delle parti possa rimanere vincolata alla propria dichiarazione, avente ad oggetto la devoluzione ad arbitri delle eventuali controversie che in futuro dovessero insorgere con riferimento al contratto cui la clausola accede, l’altra abbia la facoltà di scelta tra la competenza del giudice ordinario e quella degli arbitri.
3. Vale dunque la pena di rivolgere l’attenzione verso altri ordinamenti, in cui pure questi interrogativi sono stati affrontati.
Negli Stati Uniti, in alcuni casi, il principio della necessaria mutualità del consenso è stato invocato per invalidare queste clausole 5. Altre decisioni hanno raggiunto una conclusione opposta 6. Anche la parità di potere contrattuale rientra tra i fattori di giudizio, poiché, a questa stregua, tali clausole possono essere ritenute vessatorie 7.
In Inghilterra, fino alla metà degli anni 1980 la mutualità e reciprocità del consenso è stata considerata un elemento essenziale della clausola compromissoria: essa era valida soltanto se prevedeva il diritto bilaterale del deferimento della controversia ad arbitri 8. Successive pronunce hanno precisato questo requisito, ritenendo irrilevante il fatto che l’opzione fosse esercitabile da una sola delle parti, osservando che entrambe avevano accettato la clausola e che, pertanto, non vi era questione di una mancanza di reciprocità del consenso 9.
Nonostante questo, è rimasta incertezza circa l’applicabilità generale di questa soluzione. Parte della dottrina temeva che il case che la affermava fosse stato deciso in via di puro fatto. Altra parte riteneva invece ormai acquisito che le clausole compromissorie unilaterale fossero valide in diritto di common law.
5 Hull x. Xxxxxx Inc., 750 F.2d 1547 (1 1th Cir. 1985).
6 Xxxxxxxx x. Xxxxxx Co., 535 NE2d 643 (NY App. 1989).
7 Cfr. Xxxxxxxxxx v. Foundation Health Psychcare Services Inc., 24 Cal. 4th 83 (2000), in cui l’accordo di arbitrato conteneva svariate one-sided provisions.
8 Cfr. il caso inglese Baron x. Xxxxxxxxxx Corporation [1966] 1 All ER 349, 351 (Xxxxxx LJ), secondo cui la mutuality del consenso rappresenta elemento essenziale di ogni clausola compromissoria.
9 Cfr. Pittalis v. Sherefettin [1986] 1QB 868. Qui, un contratto di locazione dava all'inquilino il diritto di sottoporre una controversia ad un perito indipendente. Quando il conduttore ha cercato di esercitare tale diritto, il proprietario ha sostenuto che la possibilità di deferire la controversia ad arbitri non poteva essere invocato perché era unilaterale e quindi invalido. La Corte d'appello ha dissentito. In particolare, il Giudice Xxx ha ritenuto irrilevante il fatto che l'opzione fosse esercitabile da una sola delle parti, osservando che entrambe le parti avevano accettato la clausola e che, pertanto, non vi era questione di una mancanza di reciprocità del consenso (“… There is a fully bilateral agreement which constitutes a contract to refer. The fact that the option is exerciseable by one of the parties only seems to me to be irrelevant … Both sides, therefore, have accepted the arrangement and there is no question of any lack of mutuality … “).
Successive pronunce hanno confermato la posizione favorevole all’ammissibilità dell’opzione di arbitrato.
L’indirizzo giurisprudenziale prevalente ha infatti confermato che è consentita una clausola riservi ad una sola parte la possibilità di scegliere se affidare la risoluzione delle liti ad arbitri o al giudice ordinario: e ciò, anche se questo luogo di risoluzione delle liti non venga eletto alla stipula stessa del contratto, ma al momento del sorgere della controversia 10. Si è difatti affermato, altresì, che le ragioni di certezza del diritto non impongono che il foro competente debba essere individuato prima della causa e meno ancora al momento stesso di conclusione del contratto 11.
4. La giurisprudenza di common law fornisce inoltre informazioni utili sulle difficoltà che possono sorgere quando non sia specificata la meccanica del funzionamento questo metodo di risoluzione delle controversie.
Ad esempio, si è ritenuto che la mancata informazione del concedente da parte dell’opzionario, o la mancata consultazione del primo da parte del secondo per un tentativo di risoluzione amichevole, pur prevista prima che quest’ultimo decida se deferire o no la controversia ad arbitri, non rende la clausola inapplicabile 12.
10 NB Three Shipping Ltd v. Harebell Shipping Ltd [2005] 1 AER 200, che riguarda un caso in cui il contratto contiene una clausola attributiva della lite al giudice, ma ha anche dato ad una parte la possibilità di deferire le controversie ad arbitrato; Law Debenture Trust Corporation plc v. Elektrim Finance BV and Others [2005] 2 AER 476, che rappresenta l'immagine speculare del case precedente: infatti il contratto conteneva una clausola compromissoria e, inoltre, ha dato la possibilità di talune parti a litigare davanti ai tribunali inglesi.
11 Così, per tutte, Sonatrach Petroleum Corp. x. Xxxxxx International Ltd [2002] 1 All E.R. (Comm) at [30], The Rewia [1991] 1 Lloyd’s Rep. 69, che, però, precisa che è necessario che il meccanismo di selezione dell’autorità (arbitrale o giudiziale) competente a dirimere la controversia sia definito dalla clausola con sufficiente certezza.
12 Cfr. in tal senso, per tutte, NB Three Shipping Ltd v. Harebell Shipping Ltd [2005] 1 AER 200, che ha confermato la validità di un meccanismo di risoluzione delle controversie contrattuali con due flussi vale a dire una clausola attributiva di competenza giurisdizionale sulla lite in più il diritto unilaterale da parte di una delle parti a scegliere invece di arbitrare. Il caso fornisce inoltre informazioni utili nella confusione che può derivarne dove anche se il metodo di risoluzione delle controversie è prescritto, la meccanica del suo funzionamento non lo sia. In Three Shipping i proprietari convenuti hanno accettato di noleggiare due navi. I contratti di noleggio prevedevano che i tribunali di Inghilterra era competente a risolvere le controversie, e che il proprietario delle navi, l’armatore, aveva la facoltà di sottoporre qualsiasi controversia ad arbitrato (“ … The courts of England shall have jurisdiction to settle any disputes which may arise out of or in connection with this Charterparty but the Owner shall have the option of bringing any dispute hereunder to arbitration… “. “…. Any dispute arising from the provisions of this Charterparty or its performance which cannot be resolved by mutual agreement which the Owner determines to resolve by arbitration shall be referred to arbitration in London …”).
Nacque una disputa e noleggiatori ricorrente ha avviato una procedura presso la High Court. I proprietari successivamente ha cercato di esercitare il loro diritto di deferire la controversia ad arbitrato e ha chiesto alla Corte di sospendere il procedimento ai sensi della section 9 (1) dell’Arbitration Act del 1996. Il Xxxxxxx Xxxxxxx ha accolto la domanda di sospensione, e confermato che la clausola ha soddisfatto i requisiti di un valido accordo arbitrale “since a one sided choice of arbitration is sufficient”.
Si è anche affermato che il patto in discorso consente alla parte opzionaria non soltanto di deferire la controversia ad arbitri o al giudice ordinario a sua scelta, qualora agisca per primo, ma, anche quando sia convenuto dinanzi all’Organo da lui non prescelto e dunque agisca per secondo, di impedire all’altra parte di proseguire tale vertenza, benché già avviata. Tuttavia, pur essendo l’opzione esercitabile a tempo indeterminato, il tempo trascorso o iniziative giudiziali in senso contrario potrebbe ingenerare il legittimo affidamento nell’altra parte circa il mancato esercizio dell’opzione, e rendere quindi quest’ultimo illegittimo 13. Pertanto, anche nelle
Dopo aver confermato la legittimità di tale clausola, ed aver concluso che essa era intesa a conferire diritti pozioni ad una parte (i proprietari) rispetto all’altra (i noleggiatori), il Xxxxxxx Xxxxxxx ha proceduto ad esaminare il funzionamento della clausola. Ha iniziato dalla premessa che la clausola prevedeva che le parti si consultassero per un tentativo di risoluzione amichevole prima che l’altra decidesse se deferire o no la controversia ad arbitri: ma ha concluso che aver mancato di farlo non rendeva la clausola inapplicabile, pur ammonendo la necessità che le clausole precisino compiutamente le circostanze e le modalità in cui l’opzione potrebbe essere esercitata o meno.
13 NB Three Shipping Ltd v. Harebell Shipping Ltd, [2005] 1 AER 200, la Corte ha avvertito che l'opzione in questione non era “open-ended” e che il tempo trascorso potrebbe ingenerare il legittimo affidamento nell’altra parte circa il mancato esercizio dell’opzione: “… It …” (the option) “…. would cease to be available if Owners took a step in the action or they otherwise led Charterers to believe on reasonable grounds that the option to stay would not be exercised”.
Nella misura in cui Three Shipping ha lasciato aperta la questione della validità di un accordo arbitrale con un diritto unilaterale da parte di una delle parti di optare per il procedimento giudiziario, questo problema è stato risolto poco dopo in Law Debenture Trust Corporation Plc v. Elektrim Finance BV and Others. C'è l'accordo tra le parti indicato nella clausola che le controversie dovevano essere presentate da qualsiasi delle parti a un arbitrato per la soluzione finale (“The agreement by all the parties to refer all disputes … to arbitration …. is exclusive such that neither [la Elektrim] shall be permitted to bring proceedings in any other court or tribunal …”), e tuttavia era previsto, in deroga, il diritto esclusivo di una parte, a propria scelta, di adire i tribunali ordinari (…. “Notwithstanding [la clausola compromissoria, sopra vista], “for the exclusive benefit of the Trustee and each of the Bondholders, [la Elektrim] hereby agree that the Trustee and each of the Bondholders shall have the exclusive right, at their option, to apply to the courts of England, who shall have non-exclusive jurisdiction to settle any disputes…”).
La Elektrim ha comunicato la propria domanda di arbitrato. Circa due mesi dopo, il Trust ha avviato una procedura per avere la questione tra le parti determinata dal giudice, sostenendo che l’accordo arbitrale non era valido e che la giurisdizione apparteneva al giudice. Il Giudice Mann ha respinto la obiezione secondo cui, se la procedura arbitrale iniziata dalla Elektrim poteva essere dichiarata improcedibile mercè un contenzioso giudiziale instaurato dal Trustee, allora ciò implicava che la Elektrim sarebbe stata costretta a chiedere al trustess se intendesse devolvere la controversia al giudice prima di iniziare l'arbitrato. Il Giudice Mann ha attribuito validità alla costruzione ed agli effetti della clausola negoziale, ed ha concluso che, nella specie, al Trust è stato contrattualmente concesso una opzione unilaterale di deferire la controversia al giudice ordinario e nel contempo anche di fermare la Elektrim dal perseguire un arbitrato parallelo avente a che fare con le stesse materie, poiché non è ammissibile un doppio regime di risoluzione di una medesima disputa Questa opzione è stata “probably” (parole del Xxxxxxx Xxxx) assoggettata ad un solo limite, cioè che se il trustee aveva avviato un arbitrato avrebbe rinunciato al suo diritto (o opzione) per andare in sede contenziosa. Parallelamente, se il trustee avesse partecipato ad una procedura arbitrale, può ben essere ritenuto a avere rinunciato al proprio diritto di esercitare la sua opzione.
giurisdizioni più aperte verso la risoluzione arbitrale delle controversie, le parti hanno il dovere, come matter of legal policy se non per norme di legge cogenti, di fare la loro scelta del metodo di risoluzione della controversia in una fase relativamente iniziale della controversia o del processo: altrimenti, rischiano che vengano considerate aver acconsentito ad una particolare forma di risoluzione della lite piuttosto che ad un’altra. In altre parole, le iniziative che le parti con il beneficio della option to arbitrate assumano prima di esercitare l’opzione potrebbe negare loro il beneficio stesso della opzione.
5. Dunque, la validità delle clausole di risoluzione delle controversie sotto forma di opzione, benché intese a dare ad una parte dei diritti superiori a quelli dell’altra, è stata approvata dai tribunali di common law 14, e non solo da questi, ma anche da alcuni ordinamenti di civil law 15.
Queste esperienze forniscono un contributo per affrontare le due preoccupazioni principali, che a proposito dell’opzione di arbitrato sono sorte anche nell’ordinamento italiano: ossia, la mancanza di certezza e la reciprocità del consenso.
L’esigenza di certezza del diritto può sorgere a diversi livelli. Il deferimento delle liti ad arbitri è pur sempre una soluzione eccezionale (arg. ex art. 1341 comma 2 c.c.) e quindi di stretta interpretazione, sicché il problema della certezza – ovvero della
14 Anche i giudici australiani hanno confermato la validità delle clausole di opzione unilaterale (v., per tutte, PMT Partners Pty Ltd (In Liq) v Australian National Parks & Wildlife Service [1995] HCA 36; (1995) 184 CLR 301at 330. Sulla posizione del sistema australiano sul punto, X. XXXXXXX - X. XXXXXXX, The Status and Operation of Unilateral or Optional Arbitration Clauses, in Arbitration International, 2006, vol. 22 , issue 1 , p. 133-150. Per gli Stati Uniti, alla dottrina già citata adde anche XXXX X. XXXX, International Commercial Arbitration: Commentary and Materials, Kluwer Law International, 2009; X. XXXX, The Unilateral Arbitration Clause: A Comparative Analysis, in 20 Am. Rev. Int'l Arb. 391 (2009); W. W. PARK, Text and Context in International Dispute Resolution, 15 B.U. Int'l L. J. 191 (1997). E v. anche, per la soluzione in diritto svedese X. XXXXXX, Arbitration law of Sweden : practice and procedure, Huntington, N.Y.: Juris Publishing, 2003.
15 In Francia non sembra esserci alcun divieto generale e di principio di tali clausole, secondo alcune pronunce giurisprudenziali (Cour de Cassation, Chambre première Civile, 15 mai 1974; Cour d'appel d'Angers, 25 septembre 1972) commentate ampiamente in dottrina. Anche in Germania le clausole di opzione unilaterale di arbitrato sono state ritenute valide in linea di principio (BGH, Urteil vom 26 .1.1989, Az: X ZR 23/87 Zr (Zweibrücken), in BB 1989, s. 944). Tuttavia tali clausole, a seconda del loro contenuto o delle le circostanze in cui sono stati stipulate, possono essere invalide per violazione dei boni mores (BGH, Urteil vom 10.10.1991 – III Zr 141/90 (Bremen)). Se l'opzione opera a favore di un convenuto, la clausola di opzione unilaterale deve prevedere che quest’ultimo debba esercitare la sua opzione prima che agisca, al fine di evitare costi e perdite di tempo e di energie processuali (BGH, Beschluß vom 24.09.1998 – III Zr 133-97 (Jena), sulla quale v., per tutti, X. XXXXXXXX, Wahlrecht des Klägers in einer Schiedsgerichtsklausel, in ZAP 1999, s. 30 ss. Sulla soluzione in materia del sistema francese e tedesco v. per tutti, in generale, di nuovo , X. XXXXXXX - X. XXXXXXX, The Status and Operation of Unilateral or Optional Arbitration Clauses, in Arbitration International, 2006, vol. 22 , issue 1 , p. 133 ss.
genericità – e della completezza della clausola non va sottovalutato. I giudici debbono rifiutare di rinunciare alla propria competenza a favore di un arbitrato, in assenza di clausole chiare che impongano loro di farlo. Dunque, occorre vagliare che la clausola, anche sotto forma di option, possa essere considerata una abbastanza chiara volontà di ricorrere all’arbitrato.
L’esigenza di certezza del diritto può poi sorgere sul piano del come e quando l’opzione può essere esercitata, e delle conseguenze di tale esercizio. Problematico appare, ad esempio, come affrontare i procedimenti che siano già stati iniziati prima che l’opzione venga esercitata. Non appare sensato ritenere che il procedimento giudiziale già instaurato dalla parte concedente l’opzione paralizzi il diritto di adire gli arbitri da parte di chi gode del diritto di opzione, poiché altrimenti il concedente potrebbe rendere inefficace per sua stessa iniziativa il patto cui a suo tempo ha acconsentito. Appare dunque giocoforza ritenere che la causa giudiziale intentata da concedente l’opzione di arbitrati venga dichiarata improcedibile in ragione della decisione dell’opzionario di avviare un contenzioso arbitrale. Ma appare ragionevole ritenere che chiunque intenda esercitare la sua opzione debba dare preavviso scritto alle altre parti di tale intenzione prima di iniziare un procedimento giudiziario, o di declinare la giurisdizione ordinaria già nella prima difesa a pena di decadenza, se l’altra parte ha avviato la procedura innanzi al giudice. Parimenti, si potrebbe ritenere che il soggetto il quale goda del beneficio della opzione di arbitrato debba astenersi, prima di esercitare la sua opzione, da qualsiasi iniziativa in contrasto con la propria intenzione di adire l’arbitrato (o il procedimento giurisdizionale), altrimenti l’opzione potrebbe diventare inapplicabile. Il regolamento contrattuale dovrebbe porre attenzione su questi profili – trattandosi di materia rimettibile alla volontà delle parti-, così come anche sul regolamento delle eventuali spese del procedimento giudiziale reso improcedibile dall’esercizio dell’opzione di arbitrato. In mancanza di un regolamento contrattuale sul punto, difficilmente l’opzione può essere considerata invalida, non trattandosi di profili previsti a pena di nullità del compromesso o della clausola compromissoria (artt. 807 ss. c.p.c.). E tuttavia il tema, anche se non evidenzia profili di indeterminatezza della clausola, quantomeno si pone sotto l’aspetto dell’applicazione all’interno del rapporto obbligatorio del canone generale di correttezza e buona fede, al quale deve essere improntata l’esecuzione del contratto (arg. ex artt. 1175, 1375 c.c. in relazione al dovere inderogabile di solidarietà di cui all’art. 2 Cost.), e si risolve in abuso del proprio diritto. Ne consegue la possibile condanna dell’opzionario alle spese del procedimento abortito in conseguenza dell’utilizzo da parte sua non preavvertito o tardivo dell’opzione unilaterale, ed ai danni in tal modo cagionati.
6. L’esigenza di certezza del diritto coinvolge, tuttavia, soltanto la meccanica di funzionamento delle opzioni unilaterale e si risolve, in definitiva, in semplici profili di
difetto di redazione dell’opzione. L’esigenza di certezza del diritto esprime soltanto la necessità che le clausole precisino compiutamente e dettagliatamente le circostanze e le modalità in cui l’opzione possa essere esercitata o meno, ed è risolubile, nella pratica, con una attenta redazione delle opzioni unilaterali. La mancanza di apposite previsioni pattizie può causare confusione e inutili ritardi e costi, che spetterà al giudice regolamentare.
Tutt’altra valenza ha il problema della mutualità del consenso.
Ed invero, l’atteggiamento della cultura giuridica italiana verso l’opzione di arbitrato appare prevalentemente sfavorevole, per varie argomentazioni.
Parte della dottrina, come già si è accennato, non riconosce la validità delle clausole di opzione unilaterale sulla base che del rilievo che, con essa, le parti non hanno concordato di risolvere le controversie mediante arbitrato.
Inoltre, In Italia si ritiene tradizionalmente che siano illegittime le rinunzie, che una parte faccia all’altra preventivamente, alla facoltà di adire il giudice (ordinario). E pertanto, si afferma che, con l’opzione di arbitrato, accadrebbe proprio questo: una delle parti, e soltanto essa, rinunzierebbe a priori alla giurisdizione ordinaria.
Secondo altri, la clausola compromissoria ed il compromesso sarebbero, sostanzialmente, sistemi tipici: solo con essi le parti si potrebbero vincolare al giudizio arbitrale.
Tuttavia, anche nell’ordinamento italiano le esigenze di mutualità e di reciprocità del consenso a sottoporre la controversia ad arbitrato possono ritenersi soddisfatte dalle clausole di opzione unilaterale, per il fatto che tutte le parti hanno accettato approvato l’opzione di sottoporre la controversia ad arbitrato.
Infatti questi profili, di per sé, non comporterebbero particolari difficoltà, atteso non v’è ragione per cui debba escludersi che le parti possano convenire l’attribuzione, in capo ad una di esse, di un diritto potestativo il cui esercizio determini automaticamente il perfezionamento del patto compromissorio 16 una volta che l’altra abbia già prestato il proprio consenso e ad esso resti vincolata.
7. E difatti, quel che più conta sono le ragioni di tali affermazioni: i valori cui esse sono ispirate e che mirano a difendere.
Da questo punto di vista, il problema è se le clausole di opzione di arbitrato siano “vessatorie” o “ingiuste”.
16 X. XXXXX, Disegno sistematico dell’arbitrato, I, Padova, p. 174, nota 40; precedentemente, nello stesso senso, X. XXXXXX XXXXXXXXXX, Il diritto dell’arbitrato (interno), Padova, 1994, p. 169; X. XXXXXXXX, L’arbitrato, Napoli, 1994, p. 30; X. XXXXX, La convenzione di arbitrato, in AA.VV., Diritto dell’arbitrato rituale a cura di X. Xxxxx, Torino, 1997, p. 62.
Compromesso è clausola compromissoria sarebbero tipiche perché l’ordinamento avrebbe adottato come valore una logica della pari opportunità, nell’intenzione di proteggere le parti contrattuali più deboli.
La volontà del legislatore, espressa per mezzo del compromesso e della clausola compromissoria, sarebbe quella di mantenere i contraenti su di un piano di assoluta parità; mentre, con l’opzione di arbitrato, una parte soltanto ha la possibilità di scegliere, e l’altra, invece, versa in uno stato di soggezione.
Consentire questo - si dice - significherebbe permettere uno squilibrio nei rapporti contrattuali, di cui la parte contrattualmente più forte potrebbe essere tentata di approfittare in modo scorretto.
Però, l’opzione di arbitrato è pur sempre frutto di un accordo tra le parti; la parte che può scegliere, ne ha pur sempre ricevuto facoltà dall’altra parte; ed ecco, quindi, che la clausola compromissoria unilaterale è stata assimilata al patto d’opzione, accordo comunissimo e lecitissimo, previsto dall’art. 1331 del codice civile.
Si tratta di una visione che, ad avviso di chi la sostiene, salvaguarda quella necessità del consenso di entrambe le parti: infatti, il meccanismo dell’opzione di arbitrato viene tradotto nel senso che entrambe le parti sono d’accordo sulla possibilità di derogare alla competenza del giudice ordinario; soltanto, si rimette ad una di esse la decisione finale sul punto.
E si introduce anche un meccanismo garantistico, perché la parte vincolata può sempre rivolgersi all’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 1331, comma 2, del codice civile, nell’ipotesi in cui la clausola non sia stata redatta in modo tale da prevenire abusi dell’opzionario.
Quindi, come si è visto, l’idea guida dell’opinione negativa è che l’opzione di arbitrato sia illecita, perché eccessivamente gravatoria di una delle parti. Sarebbe ingiusto cioè, che un soggetto sia lasciato arbitro di decidere se rivolgersi al giudice statale, oppure all’arbitrato.
L’idea - guida della tesi positiva, invece, è che è illegittimo vietare alle parti di regolare i loro rapporti come meglio credono.
L’opzione di arbitrato diventa, allora, anche una cartina di tornasole dell’incertezza su certi princìpi di fondo: e cioè sui rapporti - sempre discussi, ed oggi di particolare attualità, non solo nel mondo giuridico - tra il valore della libertà, ed il valore dell’autorità; se si debbano prevedere garanzie e controlli, senza i quali la libertà non è altro che occasione del soggetto economicamente più forte di sopraffare quello economicamente più debole; se invece di divieti se ne debbano prevedere il meno possibile, per evitare vincoli, lacciuoli ed intralci al libero, benefico e produttivo dispiegarsi dell’autonomia privata.
Comunque, esistono ragioni per rivedere l’impostazione secondo cui l’opzione di arbitrato va senz’altro vietata, perché eccessivamente gravatoria per una delle parti.
La ragione è che lo stesso ricorso all’arbitrato viene ritenuto, dall’ordinamento, una discriminazione a carico di una parte. Difatti, la clausola compromissoria fa parte di quelle
xxxxxxxx, previste dall’art. 1341, comma 2, del codice civile, che, proprio per lo squilibrio che comportano, vengono definite vessatorie.
Pertanto, essa è soggetta al requisito della separata sottoscrizione da parte del contraente non predisponente.
E pur tuttavia, le dette clausole sono valide e lecite, purché, appunto, approvate specificamente dalle parti.
Pertanto, se il problema fosse la vessatorietà, non dovrebbe essere illegittima soltanto l’opzione di arbitrato: dovrebbe essere illegittimo l’arbitrato stesso, vessatorio esso per primo, ex lege. Per la medesima vessatorietà, per la quale sarebbe proibita l’opzione di arbitrato, dovrebbe essere proibito anche l’arbitrato tutto intero, dove la vessatorietà è dichiarata dalla legge: ed invece, l’arbitrato è lecito.
Qual è allora il problema?
Il problema è che non esiste, probabilmente, la vessatorietà in astratto.
Vi è dottrina che, da tempo, si è sforzata di suggerire che la vessatorietà va guardata sempre in concreto, senza giudicare illecita qualunque disparità di posizione tra le parti, solo perché tale.
Il discorso si riannoda all’interpretazione dell’art. 1341, comma 2, del codice civile, ossia delle clausole vessatorie, come elencazione tassativa o no.
La vicenda è molto difficile, ed ha avuto anche una disciplina a livello europeo, recepita in Italia, com’è noto, dal capo XIV-bis del c.c., aggiunto dall’art. 25 l. 6 febbraio 1996, n. 52 (legge comunitaria 1994) e comprendente in origine gli articoli da 1469-bis a 1469-sexies c.c.; successivamente, l’art. 142 del Codice del consumo di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 ha sostituito, con l’attuale articolo 1469-bis c.c., gli articoli da 1469-bis a 1469-sexies c.c. le cui disposizioni sono ora contenute negli articoli da 33 a 37 del suddetto Codice.
Vi è chi ritiene che il deferimento della controversia ad arbitri non costituisca deroga di competenza in senso proprio, ma attenga piuttosto alla proponibilità della domanda, quale rinuncia all’azione giudiziaria.
Secondo questa impostazione, invero meramente formalistica, potrebbe concludersi in ordine all’esclusione delle clausole arbitrali (di ogni tipo, compresa quindi l’opzione di arbitrato) dall’applicazione della disciplina a tutela dei consumatori contenuta nell’art. 33 del Codice del Consumo ed in particolare nella sua lettera T (già art. 1469 bis n. 18 c.c.), che parla infatti di deroghe alla competenza.
Altra posizione, invece, afferma la vessatorietà delle clausole in questione richiamando direttamente la lettera e lo spirito delle direttive europee e del Codice del Consumo, i quali mirano chiaramente ad evitare che siano sottratte al consumatore rimedi ed azioni nei confronti del professionista, sostituite da soluzioni - quali, in ipotesi, quelle arbitrali - non altrettanto garantiste.
Occorre allora coniugare fino in fondo e con coerenza il ragionamento giuridico e di valore sotteso ai concetti di “vessatorietà” ed “ingiustizia”.
Se infatti viene riconosciuto che con una determinata clausola una parte abbia rinunciato all’azione giudiziaria nei confronti dell’altra, risulta evidente l’abusività di una simile clausola contrattuale perché tende ad “escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista … in caso di inadempimento totale o parziale o di inadempimento inesatto da parte del professionista”, dovendosi applicare la lett. B dell’art. 33 del Codice del Consumo (già n. 2 dell’art. 1469 bis c.c.).
Ne conseguirebbe l’inevitabile inefficacia della clausola ai sensi ed effetti dell’art. 36 del Codice del Consumo (già art. 1469 quinquies c.c.), rientrando la medesima in quella c.d. lista nera, il cui carattere vessatorio non è passibile neppure di prova contraria.
La clausola arbitrale non sembra rientrare di per sé in questa categoria, e neppure l’opzione di arbitrato.
Ciò che si può dire è che occorre valutare i concreti interessi coinvolti nella singola, concreta contrattazione, e verificare la meritevolezza di tutela del patto e della sua utilizzazione, secondo l’ordinamento giuridico. Bisogna verificare se la clausola, senza comportare un sostanziale beneficio all’una parte, si risolve in un mero capriccio dell’altra o, peggio, in uno strumento per conseguire risultati ostruzionistici, per rendere più difficile all’altra parte la difesa delle proprie ragioni.
Ed allora, probabilmente non è esatto sostenere che la clausola particolarmente onerosa sia sempre espressione della prevalenza economica del predisponente. Neppure sembra corretto configurare l’aderente sempre come contraente sprovveduto, ed economicamente più debole. Infatti, nelle controversie scaturenti da contratti stipulati non tra imprenditori e clientela, bensì concernenti operatori economici tra loro, i contraenti sono (non sempre, ma spesso) sullo stesso piano, nel senso di equilibrio economico. Ed inoltre, non si può certo dire che siano degli sprovveduti.
Parimenti, non può ritenersi che la scelta di adire il giudice arbitrale, soprattutto se si tratti dell’arbitrato istituzionalizzato - e perciò regolato e controllato -, si traduca in una menomazione dei diritti di difesa della controparte.
E neppure si può ritenere che l’inserimento di una simile clausola nel contratto sia necessariamente frutto del capricco dell’opzionario, ma, anzi, può rispondere ad un suo preciso interesse.
Il concetto di legittimo interesse è risolutivo. Esso può giustificare il meccanismo di affidamento della scelta - tra il giudice ordinario e quello arbitrale - rimesso alla volontà di una parte soltanto.
Anche questo problema coinvolge discorsi importanti sulla mera potestatività e sull’art. 1355 c.c., secondo il quale è nulla l’assunzione di obblighi rimessi alla mera volontà dell’obbligato.
In virtù dell’art. 1355 c.c., nel nostro caso, il patto con cui il predisponente dica: “adirò la giurisdizione arbitrale, se vorrò”, potrebbe essere ritenuto nullo, appunto perché questo obbligo è fatto dipendere dalla sua mera volontà. Ma la
lettura dell’art. 1355 c.c. non si esaurisce nel momento negativo dell’invalidità: essa propone anche una positiva ricostruzione del dato normativo. Infatti, è privata di effetti quella pattuizione in cui la scelta per il sì o per il no è indifferente per chi sceglie, o, peggio ancora, risponda al suo semplice capriccio. Ma questo stesso divieto avverte che la valutazione dell’ordinamento è diversa, in presenza di un interesse meritevole di tutela.
Ed allora, nel caso di opzione di arbitrato, l’interesse dell’opzionario, di colui che si riserva se adire effettivamente l’arbitrato, potrebbe essere, come già visto, quello di verificare l’effettiva “efficienza” dell’arbitrato.
Cioè, l’opzionario potrebbe utilizzare la clausola compromissoria unilaterale per poter adire la giustizia arbitrale, se questa, nel caso concreto, possa realizzare gli o- biettivi che l’opzionario si propone (rapidità ed economicità del giudizio, efficienza nell’esecuzione della decisione); ma anche per riservarsi, contemporaneamente, la facoltà di percorrere le vie ordinarie, ove l’arbitrato non si riveli strumento corrispondente alle attese.
E quindi, in quest’ottica, la clausola compromissoria tradizionale, la quale vincola i soggetti a rivolgersi al giudizio arbitrale, potrebbe anche essere rifiutata dagli interessati, perché giudicata un “salto nel buio”.
In alternativa, può appunto essere consigliabile l’inserimento, nei contratti, di un’opzione di arbitrato, che lascerebbe la parte (ma nulla vieta che l’opzione sia concessa a tutte le parti contrattuali) libera di “attendere alla prova” la reale funzionalità ed appropriatezza della procedura arbitrale in una determinata occasione.