FORMAZIONE
XXXXXXXX XXXXX
TRATTATO
DEL
CONTRATTO
I
FORMAZIONE
a cura di
Xxxxx Xxxxxxxx
Seconda edizione
Sezione non inclusa
PRESENTAZIONE
1. Un’introduzione di servizio
Introdurre questa nuova edizione (2022) del Trattato del Contratto è compito che posso svolgere riproponendo concetti e parole con cui avevo introdotto l’edizione originaria (2006).
Sarà dunque un’introduzione molto sobria; sarà, per meglio dire, una semplice Presentazione. Non dunque, neanche per un minimo, un discorso sul contratto. Xxxxx, strettamente, un discorso sul prodotto editoriale che qui si offre: i sei volumi di Trattato del Contratto, della cui direzione ho avuto l’onore di occuparmi.
Saranno pagine di puro servizio. Di servizio all’utente: al quale cerche- ranno di chiarire come l’opera è stata pensata; che cosa ci si può aspettare da essa; e in definitiva come “usarla” (da “utente”, appunto, che all’opera si rivolge per averne “utilità”: preferisco pensare al destinatario del Trattato in questi termini, piuttosto che nella più neutra figura di “lettore”).
Dunque, essenzialmente un opuscoletto di istruzioni per l’uso. Nulla più.
2. I pubblici
Il Trattato è stato concepito per pubblici ben definiti.
Primariamente per il pubblico interessato alla pratica legale: i profes- sionisti del diritto. Vorrebbe quindi essere, prima di tutto, uno strumento offerto come aiuto al giudice che deve decidere la lite, al notaio o all’avvo- cato consulente/negoziatore che devono impostare il contratto del cliente, al litigator forense che deve organizzare le difese nel processo.
E qui sia consentito rimarcare subito, per quanto occorra, che opera destinata alla pratica non vuole dire in nessun modo opera piatta, intellet- tualmente scialba e povera. Al contrario: se si tratta di aiutare il bravo giudice, il bravo consulente, il bravo difensore a rendere prestazioni pro- fessionali all’altezza di standard elevati, ciò che occorre non è un sussidio che voli basso; bensì un pacchetto di contributi intellettualmente vivi, ricchi, forti, pieni di conoscenza e d’intelligenza. E d’altra parte: nulla meno di questo si poteva chiedere a, e ci si poteva attendere da, autori come quelli che formano la squadra del Trattato.
Opera primariamente orientata alla pratica legale significa, in negati- vo, opera non orientata primariamente ad altre e diverse funzioni. In
VIII PRESENTAZIONE
particolare, non primariamente alla funzione didattica: scopo qualificante del Trattato è dare strumenti funzionali non già all’apprendimento di un sistema di nozioni, bensì alla soluzione di problemi.
Esiste tuttavia un segmento della didattica giuridica, che per sua natu- ra e vocazione è contiguo all’universo della pratica legale (o addirittura
funzionale a questa): e in questo segmento non può escludersi che al Trattato si guardi con qualche interesse. In concreto: se appare non reali- stico un impiego didattico del Trattato per corsi di laurea triennale, non sembra affatto da escludere qualche suo impiego nella fase più avanzata del percorso di laurea magistrale in giurisprudenza (che si caratterizza pro- prio per essere istituzionalmente orientata allo sbocco nelle professioni legali classiche, di cui è prerequisito vincolante); e tanto meno può esclu- dersi che il Trattato possa utilmente finire nelle mani di laureati che — frequentando le Scuole di specializzazione per le professioni legali, o corsi similari — si preparano all’esame di avvocato ovvero al concorso per magistratura o notariato.
3. Problemi, non concetti
Calibrare la trattazione sulle esigenze delle professioni legali significa orientarla in modo diretto e immediato sui problemi, molto più che sui concetti, sulle definizioni, sulle categorie (che sono piuttosto gli strumenti/ oggetti della rappresentazione didattica, o della costruzione scientifico- dogmatica).
Il Trattato, ad esempio, non ritiene di dover analizzare e spiegare in termini generali “che cosa è il contratto”: mestiere che appartiene ai ma- nuali (nella loro funzione didattica); e alle monografie o ai saggi (nella loro funzione di costruzione scientifico-dogmatica). Ecco perché negli indici dell’opera programmaticamente non trova spazio nessun contributo sulla definizione dell’art. 1321 e sui suoi elementi costitutivi. Xxxxx trova spazio la discussione di problemi, la cui soluzione indirettamente e strumental- mente possa implicare una certa definizione di contratto e un certo modo di intendere i suoi requisiti: ad es. se a un determinato atto, la cui “patri- monialità” sia dubbia o molto labile, si applichi o non si applichi (la defini- zione dell’art. 1321, e dunque) la disciplina legale del contratto.
Un esempio ancora. Il professionista legale non percepisce, in prima battuta, la causa del contratto come un problema che egli debba affrontare e risolvere come tale; dal suo punto di vista, la causa viene in gioco piuttosto come strumento che egli può utilizzare per affrontare e risolvere questa o quella questione pratica incontrata nei passaggi della sua profes- sione. Questioni — esse sì percepite come effettivi e stringenti problemi professionali — quali ad esempio: la sorte di un’operazione con corrispet- tivo non enunciato, o con corrispettivo vistosamente inadeguato, o in bilico
PRESENTAZIONE IX
fra onerosità e gratuità, o congegnata in modo da presentarsi come “pre- stazione isolata”, o investita da fattori che rendono irrealizzabile l’assetto d’interessi divisato, o collegata ad altra operazione contrattuale, o sospet- tata di essere in frode alla legge, o di avere motivo illecito, ecc. Questioni — tutte — per la cui trattazione e soluzione pratica può essere importante il buon uso della categoria causale.
Ecco perché il Trattato punta non tanto a esaurire il tema in un unico luogo entro cui spiegare didatticamente o analizzare dottrinalmente “che cosa” è, o ricostruire storicamente “che cosa” è stata, la causa del contratto come categoria (anche se qualche pagina così orientata non manca, a soddisfazione del professionista culturalmente sensibile). Xxxxx preferisce disseminarlo in tanti luoghi diversi — corrispondenti ai problemi appena esemplificati, e ad altri ancora — in ciascuno dei quali si parla certo di causa: ma se ne parla in funzione puntualmente strumentale a quegli specifici problemi.
In breve. Concetti e categorie vengono in gioco come strumenti per affrontare e risolvere i problemi che il professionista legale incontra nella pratica. Ma punto di partenza sono i problemi; e punto di arrivo la solu- zione di problemi.
4. La prospettiva della lite
Un fil rouge di quest’opera è l’idea che per trattare in modo efficace i problemi, secondo una logica di intelligente servizio al professionista lega- le, sia molto utile assumere la prospettiva della lite: cioè mettersi dal punto di vista di un conflitto di concreti interessi e pretese, devoluto a un giudi- cante.
Per tornare a un esempio già proposto. Quando si affronta il problema di un contratto che non enuncia corrispettivo, o enuncia un corrispettivo inadeguato (problemi riferibili a categorie come causa e nullità), conviene prima di tutto cercare di capire quali possono essere le contrastanti posi- zioni di interesse delle parti, alla cui tutela si finalizza praticamente la soluzione del problema: una parte invoca il difetto di causa perché punta alla nullità del contratto, e ci punta perché non vuole eseguire la propria prestazione, o vuole recuperarla se l’ha già eseguita, o vuole difendersi da un addebito di responsabilità per inesecuzione; all’opposto, controparte sostiene che la causa è perfetta perché vuole che il contratto sia tenuto valido, e lo vuole valido per avere la prestazione oppure il risarcimento al posto della prestazione ineseguita.
Avere presente questo scenario litigioso aiuta — credo — ad affrontare i problemi (trattamento del contratto con corrispettivo inadeguato o non enunciato) e maneggiare le categorie (causa, nullità) nel modo più realisti- co, efficace, vicino alle esigenze degli utenti del Trattato. A comprendere,
X PRESENTAZIONE
per esempio, che nella pratica delle professioni legali un problema di causa mancante, e quindi di possibile nullità del contratto, va probabilmente affrontato in modo diverso, a seconda che le prestazioni siano già state eseguite o meno.
Tenendo altresì conto che la prospettiva della lite è utile non solo al professionista che giudica o difende nel processo fra le parti, ma anche a quello che lavora sul drafting contrattuale: a lui la prospettiva della lite potenziale serve per lavorare a prevenirla, o per mettere la parte assistita nella posizione migliore ove mai la lite avesse in futuro a divenire attuale.
5. L’attenzione alle prassi interpretative
Un’opera destinata primariamente alle professioni legali ha l’impera- tivo di rappresentare le prassi del diritto vivente. Per questo il Trattato dà grande spazio e attenzione alla giurisprudenza; e naturalmente anche alla dottrina, specie nella misura in cui entri in dialettica con la giurisprudenza, influenzandone gli orientamenti.
Questo non significa meccanico assemblaggio di massime vuote e cie- che; né magazzini di citazioni dottrinali. Significa — nelle intenzioni di chi ha concepito il Trattato, e definito il suo metodo — prima di tutto rappre- sentazione oggettiva, fedele, completa ancorché concisa dello “stato del- l’arte interpretativa” relativamente ai problemi volta per volta discussi (con l’impegno, circa la giurisprudenza, di legare per quanto possibile le regole enunciate alle specificità dei casi decisi, alla vivezza delle fattispecie concre- te). Ma significa anche — ben al di là della asettica e neutrale registrazione delle soluzioni giurisprudenziali e dottrinali via via riferite — esercizio di vaglio critico sulle stesse.
6. L’Europa?
Si è detto sopra della ratio, in nome della quale il Trattato non contiene, ad esempio, una parte dedicata alla definizione del contratto come tale. Identica ratio presiede a una scelta che se non fosse, appunto, una scelta deliberata, potrebbe additarsi come deplorevole lacuna: la mancanza di una parte o sezione o capitolo dedicato al diritto europeo dei contratti.
Non sarà certo il direttore del Trattato — che fra l’altro partecipa da anni, con convinto entusiasmo, al Board of Directors della European Review of Contract Law, e per lungo tempo ha concorso attivamente ai lavori dell’Eu- ropean Group for an Integrated Contract Law (Eu.G.I.Co.L.) — a negare la rilevanza crescente e vieppiù decisiva della dimensione europea nella con- formazione del diritto contrattuale quo utimur.
Termine estratto capitolo
Ancora una volta: da autori quali gli autori del Trattato non ci si può certo attendere un appiattimento sul genere letterario della “rassegna”.
Sezione non inclusa
Capitolo I
ACCORDO E PROCEDIMENTI DI FORMAZIONE
1. Nozione legislativa di contratto e procedimenti di formazione. — 2. Irriducibilità dei procedimenti legali di formazione a una fattispecie generica o comune minima. — 3. Esclusione di una regola di tassatività dei procedimenti di formazione. — 4. Modelli normativi di formazione e requisiti minimi di accordo. — 5. Il modello proposta-accetta- zione e il cripto-procedimento della conclusione mediante dichiarazioni contestuali tra persone presenti.
1. Nozione legislativa di contratto e procedimenti di formazione
L’accordo è elemento della nozione di contratto, quale categoria nor- mativa, espressa dalla definizione legislativa dell’art. 1321 (1). Corrispon- dentemente, esso è assunto, dall’art. 1325 n. 1, a requisito di ogni singolo, concreto contratto, così che la mancanza del primo comporta la nullità del secondo ai sensi dell’art. 1418 n. 2, ovvero, secondo un’opinione accredi- tata in dottrina, la sua inesistenza (2).
Il requisito è assolto se le parti hanno tenuto comportamenti conformi ai modelli stabiliti dalle norme che definiscono diversi tipi di procedimenti
(1) Sono note le opinioni critiche circa la formulazione della norma e circa la sua corrispondenza alla nozione che può desumersi dalla complessiva considerazione della disciplina del contratto (v. soprattutto le considerazioni di XXXXX, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, 4a ed., Utet, 2016, 58 ss.; e di XXXXXXX, Le obbligazioni e i contratti, in Diritto civile, II, 1, Cedam, 4a ed., 2004, 199 ss.), nelle quali a volte si coglie l’eco (v. in particolare MIRABELLI, Delle obbligazioni. Dei contratti in generale (Artt. 1321-14t9), in Comm. Utet, 3ª ed., Utet, 1980,
43) degli orientamenti tradizionali circa il valore non vincolante delle definizioni legislative (v. al riguardo la sintesi e la valutazione critica di XXXXXXX, L’interpretazione della legge, in Tratt. Cicu-Messineo, I, 2, Xxxxxxx, 1980, Cap. IV; e v. BELVEDERE, Il problema delle definizioni nel codice civile, Xxxxxxx, 1977; da ultimo x. XXXXXXXX, L’interpretazione dei documenti normativi, in Tratt. Cicu-Messineo, LI, Xxxxxxx, 2004, Cap. III e DELLACASA, Sulle definizioni legislative nel diritto privato. Fra codice e nuove leggi civili, Xxxxxxxxxxxx, 2004, Cap. I. Sulla nozione di contratto nel diritto europeo, v. ora ALPA e XXXXXXX, Fondamenti del diritto privato europeo, in Tratt. Iudica-Xxxxx, Xxxxxxx, 2005, 338 ss.
(2) Il tema sarà trattato nel volume di quest’opera dedicato ai « Rimedi », ma v. già fin d’ora, nel senso dell’inesistenza, ROPPO, Il contratto, in Tratt. Xxxxxx-Xxxxx, Xxxxxxx, 2011, 93 s., 697 ss., nonché, riguardo alle funzioni operative della categoria del contratto inesistente, 755 ss.; secondo XXXXXX, Diritto civile, III, Il contratto, 2a ed., Xxxxxxx, 2000, 616, l’inesistenza corrisponderebbe all’ipotesi in cui manchi « un atto socialmente valutabile come accordo », e v. 613 ss.
4 PROPOSTA E ACCETTAZIONE I.
di formazione dei contratti, ovvero, come si dirà, condotte compatibili con i requisiti minimi, e i connessi limiti di variabilità degli schemi legali, che si desumono dalle stesse disposizioni. Ed è alla stregua di quelle norme che si identifica il tempo e il luogo (anche se l’art. 1326 si riferisce esplicitamente solo al primo e non al secondo) di conclusione del contratto. Il tempo è rilevante, ad esempio, al fine della soluzione di questioni che attengono alla successione di leggi regolatrici dei rapporti contrattuali, ovvero alla iden- tificazione del soggetto gravato da responsabilità connesse alla titolarità di posizioni giuridiche delle quali la stipulazione del contratto determina il trasferimento dall’una all’altra parte; il luogo è rilevante, ad esempio, al fine della determinazione del giudice competente a conoscere delle con- troversie contrattuali, o della applicazione del criterio ermeneutico che l’art. 1368, c. 1 riferisce alle « pratiche » locali.
L’opzione codicistica nel senso dell’articolazione della disciplina della
conclusione dei contratti in diverse fattispecie di formazione non è solo ispirata all’esigenza di regolare alcune più frequenti e rilevanti ipotesi di conflitti di interessi che possono manifestarsi riguardo alla fase di costitu- zione del vincolo, in relazione a diverse tipologie di rapporti o di sequenze e modalità di condotte formative. Essa è volta altresì alla soluzione di una serie di questioni che sarebbero rimaste normativamente irrisolte se, omet- tendo la regolamentazione di procedimenti formativi, si fosse lasciato al- l’interprete di stabilire quali condotte realizzino una generica, e legislati- vamente indefinita, fattispecie di accordo. Tale scelta costituì — sulle orme dell’art. 36 del codice di commercio e degli artt. 2-4 del Progetto italo- francese del 1927 — una risposta alle incertezze pratiche e alle controver- sie dogmatiche originate dall’omissione di una disciplina della formazione dei contratti nel code civil e nel codice italiano del 1865 (3).
La stessa nozione della categoria contrattuale secondo la definizione
espressa dall’art. 1321 ripete dai modelli normativi di formazione del contratto la determinazione dell’elemento dell’accordo. Essa è rilevante non tanto a meri fini dogmatici o classificatori, quanto a quelli di regola- mentazione dei rapporti, nel senso della determinazione dell’area di ap- plicazione diretta della disciplina dei « contratti in generale » di cui al titolo II del libro IV del codice, secondo la preminente funzione delle « disposi- zioni preliminari » contenute nel Capo I (4). Talché può dirsi che l’area dei procedimenti formativi identificata dalle norme che li concernono contri- buisce anche a definire l’area di applicazione della disciplina generale dei rapporti contrattuali. In particolare, i modelli normativi di formazione dei contratti segnano i confini tra questi ultimi e gli « atti unilaterali tra vivi
(3) Per una efficace sintesi in ordine a diversi profili problematici, v. XXXXX, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, cit., 277 ss. e 131 ss.
(4) Sulla funzione normativa della nozione codicistica x. XXXXX, Il contratto, cit., 3.
I.1.
ACCORDO E PROCEDIMENTI DI FORMAZIONE
5
aventi contenuto patrimoniale », rispetto ai quali « le norme che regolano i contratti si osservano » solo « in quanto compatibili » (art. 1324) (5). In tal senso, il limite estremo della bi-plurilateralità che caratterizza il fenomeno contrattuale rispetto all’area corrispondente alla formazione unilaterale è segnato dall’art. 1333, a norma del quale per la conclusione del contratto con obbligazioni del solo preponente occorre, oltre alla proposta, anche una condotta formativa minima dell’oblato che consiste nell’astenersi dal rifiutare l’offerta « nel termine richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi ». L’àmbito della nozione di accordo contrattuale si estende, dunque, fino a ricomprendere il procedimento formativo regolato dall’art. 1333 e consistente nella proposta e nell’astensione dell’oblato dal rifiuto della medesima (6).
Ma, quello della conformità della condotta dei contraenti ad uno dei procedimenti di formazione legalmente definiti costituisce il solo ed esau- riente criterio per la verifica in concreto della ricorrenza del requisito dell’accordo? Per rispondere a questo interrogativo non si tratta solo di comprendere se e in che limiti l’autonomia privata possa esplicarsi anche rispetto alla formazione di successivi accordi contrattuali, mediante « ne- gozi configurativi » di procedimenti non legalmente tipizzati (7); occorre, prima ancora, domandarsi se un contratto possa essere concluso anche mediante condotte formative non corrispondenti ad alcun procedimento
(5) Il riconoscimento di tale funzione normativa della nozione di contratto (e quindi, nel suo àmbito, di quella di accordo), assunta come condizionante la stessa applicazione delle disposizioni sulla conclusione del contratto, ha peraltro indotto a ricercare una
« fattispecie minima » da identificarsi indipendentemente da quelle norme: « una fattispe- cie “minima”, come situazione necessaria e sufficiente non alla produzione degli effetti giuridici, ma all’applicazione delle norme che costituiscono l’istituto, prime fra tutte quelle che stabiliscono quando gli effetti giuridici si possono produrre »: BELVEDERE, Il problema, cit., 88 s. (e 150 ss.); ma v. al riguardo le considerazioni svolte nel par. 2.
(6) Di questo procedimento di formazione si tratta nella seconda sezione di questo volume; mi limito a ricordare come di esso sia stata fondata una ricostruzione nel senso della sua unilateralità, a volte traendone la conseguenza della sua estraneità all’area contrattuale (X. XXXXXXXXX, Dal contratto al negozio unilaterale, Xxxxxxx, 1969, 185 ss.), a volte afferman- done la compatibilità con il carattere contrattuale secondo la categoria legale di contratto (SACCO, Contratto, e negozio a formazione bilaterale, in Studi in onore di Xxxxx Xxxxx, II, Cedam, 1965, 866 s. e 971 s. e ID., in SACCO e DE NOVA, Il contratto, cit., 238 ss.; e v., in diverse prospettive e con differenti argomenti, XXXXXX, Il problema dei negozi giuridici unilaterali, Jovene, 1972, 113 ss. e 125 ss. e CARRESI, Il contratto, in Tratt. Cicu-Messineo, XXI, 1, Xxxxxxx, 1987, 93 ss.); v. anche AND. X’XXXXXX, Le promesse unilaterali, Artt. 1987-1991, in Comm. Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxx, 1996, 91 ss., nel senso che la bilateralità del procedimento di forma- zione ex art. 1333 (costituito dalla dichiarazione di una sola parte, ma anche dalla condotta omissiva dell’altra) risulta dalla sua contrapposizione a quello unilaterale, regolato dall’art. 1334, a ragione della rilevanza formativa della determinazione — sia pure soltanto even- tuale — dell’oblato e della sua condotta, pur ridotta nei termini minimi dell’inerzia.
(7) Al tema è dedicata la monografia di X.X. XXXXXXXXX, Autonomia privata procedimen- tale. La formazione del contratto fra legge e volontà delle parti, Xxxxxxxxxxxx, 2002. V. anche
6 PROPOSTA E ACCETTAZIONE I.
legalmente o convenzionalmente definito (pur in mancanza di una previa convenzione procedimentale che lo consenta).
2. Irriducibilità dei procedimenti legali di formazione a una fattispecie generica o comune minima
Già si è detto che dalla disciplina codicistica di diversi procedimenti legali di formazione si desume una scelta legislativa antitetica rispetto a quella di lasciare all’interprete la costruzione di una fattispecie generica di accordo, che avrebbe perpetuato le controversie dogmatiche e le incer- tezze pratiche connesse ad astratte concezioni consensualistiche e al mo- dello teorico della « fusione delle volontà » (8). Quest’ultimo sembra impli- care la necessità, per la formazione dell’accordo, di manifestazioni di vo- lontà di tutti i contraenti e l’effettiva cognizione, da parte di ciascuno, di quelle altrui; ma ad esso non si conformano alcune regole che concernono gli schemi di formazione legalmente definiti: quelle che consentono che la conclusione del contratto possa verificarsi senza l’effettiva conoscenza da parte di un contraente della manifestazione di volontà dell’altro (artt. 1327, c. 1 e 1335, e, quanto all’estensione dell’accordo a contenuti precet- tivi non effettivamente conosciuti, art. 1341, c. 1) e anche indipendente- mente dalla corrispondenza di fatti formativi legalmente tipizzati (quale la mancanza di rifiuto di cui all’art. 1333, c. 2) ad una effettiva manifestazione di consenso.
Il riconoscimento che l’accordo è « categoria normativa » (9), « fatto
CONTE, Xxxxx libertà dei privati di configurare il procedimento di formazione del contratto: rimeditando la lezione di Xxxxxxxxx Xxxxxx, in Giust. civ., 2017, 579.
Termine estratto capitolo
(8) Matrice degli orientamenti di pensiero che dovevano consolidarsi nella dottrina italiana, nel senso del superamento del dogmatismo consensualistico, e tutt’ora riferimento fondamentale, sono i classici studi di GORLA, tra i quali si segnalano in particolare, per i profili qui considerati, Il dogma del « consenso » o « accordo » e la formazione del contratto di mandato gratuito nel diritto continentale, in Riv. dir. civ., 1956, I, 923 ss. e La « logica illogica » del consensualismo o dell’incontro dei consensi e il suo tramonto, in Riv. dir. civ., 1966, I, 254 ss. e segnatamente 272 s. E, per un più ampio àmbito di implicazioni della critica del consen- sualismo, v. anche XXXXX, Il potere della volontà nella promessa come negozio giuridico, in Riv. dir. comm., 1956, I, 18 ss. e SACCO, Contratto e negozio, cit., 951 ss. Una chiara sintesi delle diverse concezioni circa i rapporti tra dichiarazioni unilaterali dei contraenti e « volontà comune », e l’illustrazione delle loro relazioni con problematiche di interpretazione del regolamento convenzionale, oltreché con quelle attinenti alla formazione del contratto, si trovano in XXXXXXXXXXX, Complessità del procedimento di formazione del consenso ed unità del negozio contrat- tuale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1964, 1345; non interessano qui i temi di più vasta portata che, attorno alla volontà negoziale, hanno tormentato molte generazioni di civilisti e ai quali si guarda ormai con distacco: v. XXXXX, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, cit., 402 ss.
(9) REALMONTE, Accordo delle parti e rapporti giuridici preparatori, responsabilità contrat- tuale, in Tratt. Xxxxxxx, XII, II, Xxxxxxxxxxxx, 2000, 16.
Capitolo II
PROFILI COMUNI A PROPOSTA E ACCETTAZIONE
1. Il problema della natura negoziale. — 2. L’interpretazione delle dichiarazioni formative e il giudizio circa la conclusione del contratto. — 3. Attitudine vincolativa. — 4. Il carattere ricettizio di proposta e accettazione. — 5. L’indirizzamento della dichiarazione. — 6. Conoscenza o riconoscibilità da parte del destinatario della non volontarietà dell’indiriz- zamento. — 7. Onere della prova delle circostanze rilevanti rispetto al requisito dell’indi- rizzamento volontario.
1. Il problema della natura negoziale
Ci si domanda se proposta e accettazione, considerate isolatamente l’una rispetto all’altra ed entrambe rispetto al contratto che formano, siano atti negoziali. Alla opinione che lo nega — efficacemente espressa dalla formula sintetica che qualifica proposta e accettazione come atti « prene- goziali » (1) — si risponde che proposta e accettazione, pur non produ- cendo separatamente gli effetti contrattuali, sono tuttavia atti negoziali in quanto « manifestazioni di consenso costitutive del contratto » (2) e, quindi, come tali partecipi della natura di questo; ed è in tal senso che l’idoneità di ciascun atto formativo a produrre, unitamente a quello della controparte,
(1) XXXXXXX-XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, Jovene, 9a ed., rist. 1986, 209;
X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti in generale, Artt. 1321-1352, in Comm. Scialoja-Xxxxxx, 1970, 87; XXXXXXXXX, La formazione del contratto, I, Xxxxxxx, 1966, 121, 231; cfr. C. 17.1.1975, n. 193, in Foro it., 1975, I, 1762, che esclude, a ragione della natura prenegoziale della proposta, che essa fondi un diritto dell’oblato di accettazione il quale sia soggetto a prescrizione; cfr. C. 2.1.1968, n. 14, in Rep. Foro it., 1968, voce « Obbligazioni e contratti », 74, e C. 15.4.2016, n. 7543, che qualifica la proposta quale « atto prenegoziale »; v. anche MIRABELLI, Delle obbli- gazioni. Dei contratti in generale (Artt. 1321-14t9), in Comm. Utet, 3a ed, Utet, 1980,45-46.
(2) BIANCA, Diritto civile, III, Il contratto, 2a ed., Xxxxxxx, 221 s.; e x. XXXXX, Il contratto, in Tratt. Xxxxxx-Xxxxx, Xxxxxxx, 2011, 96 s., che parla di « atti negoziali precontrattuali »; sulla categoria dei negozi preparatori, della quale è dibattuta la legittimità, comprensività e utilità, v. X. XXXXXXXXX, Il rapporto giuridico preparatorio, Xxxxxxx, 1974, che, con riguardo alla proposta revocabile (215 ss.), esclude la ricorrenza di un vincolo negoziale che fondi un
« diritto al negozio » (finale); e, con specifico riferimento alla proposta e all’accettazione, v. XXXXXX, Il contratto, cit., 224 ss., che nega la qualifica di negozi preparatori.
26 PROPOSTA E ACCETTAZIONE I.
la conclusione del contratto, presuppone la ricorrenza di requisiti negoziali quali l’intento di vincolarsi e la sua esternazione (3).
La risposta non appare però pertinente rispetto al problema della natura negoziale di ciascun atto di per sé considerato, indipendentemente dalla sua inerenza alla struttura bilaterale della convenzione, e rispetto ad effetti propri di esso e distinti da quelli contrattuali. Non è con riguardo a questi ultimi, e alla produzione degli stessi in virtù del perfezionamento dell’accordo, che la questione può assumere rilevanza pratica; rispetto ad essi, infatti, opererà la disciplina del contratto, considerato nella sua uni- taria configurazione risultante dal compimento del procedimento di for- mazione. Non potrà dunque in proposito esplicarsi la funzione normativa della categoria negoziale, e dei modelli di linguaggio e di ragionamento da essa implicati, che essenzialmente attiene all’applicabilità agli atti unilate- rali della disciplina generale del contratto (4) e al riconoscimento dell’ido- neità di un atto a produrre effetti giuridici conformi al suo contenuto precettivo. Questi aspetti potranno invece assumere rilievo riguardo a conseguenze delle condotte formative individuali proprie di queste ultime e distinte dagli effetti del contratto (ad es. contenuti precettivi della pro- posta) (5). Ma in proposito non sembra appropriata né utile l’assimilazione della proposta, dell’accettazione e, in genere, della manifestazione indivi- duale di consenso di ciascun contraente. Rispetto a dichiarazioni immedia- tamente produttive della conclusione del contratto (come quelle rese con- testualmente tra persone presenti e come, tendenzialmente, l’accettazione)
(3) Xx è a questo proposito che altra giurisprudenza afferma la natura negoziale della proposta: C. 3.7.1990, n. 6788, in Foro it., 1991, I, 511; C. 14.7.2011, n. 15510, in Obbl. contr., 2012, 661, con nota di XXXXXXXX, I requisiti della proposta di contratto: l’intenzione di vincolarsi e la completezza; C. 20.9.2012, n. 15856.
(4) Non può qui darsi conto della copiosa letteratura sull’attualità e la rilevanza scientifica e pratica della categoria del negozio giuridico; come riferimenti essenziali x. XXXXXXX, Il negozio giuridico, in Tratt. Cicu-Messineo, 2a ed., Xxxxxxx, 1-34; X.X. XXXXX, Il negozio giuridico, 2a ed., Xxxxx, 2004, 75 ss.; XXXXXXX, Il negozio giuridico tra scienza e diritto positivo, Xxxxxxx, 1998, 28 ss.; IRTI, Per una lettura dell’art. 1324 c.c., in Riv. dir. civ., 1994, I, 559 ss. Il problema non attiene soltanto all’applicabilità dell’art. 1324 agli atti non negoziali oltre che a quelli negoziali e, quindi, alla rilevanza della categoria rispetto alla direttiva espressa dalla norma, ma anche al rilievo che i caratteri della negozialità o non negozialità possono assumere rispetto al giudizio di compatibilità richiesto dalla disposizione, ove pur se ne estendesse l’applicazione agli atti non negoziali; peraltro l’interpretazione restrittiva del- l’art. 1324 e l’esclusione dal suo campo di applicazione degli atti non negoziali non preclu- derebbe, riguardo a questi ultimi, il ricorso all’applicazione analogica delle norme sui contratti, che pur sarebbe influenzata da una valutazione di minor somiglianza al contratto rispetto a quella che rivelano gli atti caratterizzati in senso negoziale.
(5) Con particolare riferimento alla proposta contrattuale, v. XXXXX, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, 4a ed., Utet, 2016, 1282 ss., ove si rileva che « un tempo i nostri giuristi ritenevano di dover far sprigionare dalla qualificazione dogmatica, assegnata alla proposta, la enunciazione degli effetti della proposta medesima », autonomi rispetto ai futuri effetti del contratto.
II.1.
PROFILI COMUNI A PROPOSTA E ACCETTAZIONE
27
non hanno ragione di porsi (o, nel caso dell’accettazione, appaiono del tutto marginali) problemi di disciplina delle conseguenze dell’atto distinti da quelli che concernono gli effetti del contratto, mentre essi possono più attendibilmente prospettarsi in relazione alla proposta.
È soprattutto con riguardo ai contenuti precettivi procedimentali che si manifesta il senso della qualificazione negoziale della proposta (ad essa specifico e non mutuabile all’accettazione e ad atti di espressione del consenso immediatamente produttivi della conclusione del contratto); e così, riguardo alla determinazione del termine per l’accettazione (art. 1326, c. 2), della forma di questa (art. 1326, c. 4), e in genere di modalità della medesima; nonché in relazione alla rimessione all’oblato — nei limiti compatibili con l’art. 1346 — della definizione di elementi del contratto. Si tratta infatti di regole, e corrispondenti effetti, distinti rispetto a quelli propri dello stipulando contratto e che concernono la sua formazione. Talché, sotto questo aspetto, possono manifestarsi conflitti di interesse attinenti alla validità dell’atto, alla sua interpretazione e attuazione, la cui risoluzione possa dipendere dalla considerazione della proposta come negozio autonomo rispetto al successivo ed eventuale contratto (6). Di questi profili ci occuperemo pertanto nei paragrafi 4, 5 e 6 del III capitolo, che saranno dedicati ai contenuti precettivi della proposta.
Quanto, in particolare, ai problemi di responsabilità per condotte tenute dal proponente successivamente alla proposta semplice (7), rispetto ai quali rilevino contenuti precettivi della medesima, può invero dubitarsi che la loro soluzione dipenda, o sia coadiuvata, dalla qualificazione nego- ziale dell’atto. Se la proposta implica l’esecuzione da parte del proponente di prestazioni in un tempo anteriore a quello da lui stabilito per l’accetta- zione (ad esempio la costruzione di un edificio la cui vendita costituisce l’oggetto dello stipulando contratto) (8), la loro mancata attuazione rientra nella discrezionalità dell’offerente, in coerenza con la sua facoltà di revo-
(6) Si ricorre in proposito alla nozione di negozio configurativo: X.X. XXXXXXXXX, Autonomia privata procedimentale. La formazione del contratto fra legge e volontà delle parti, Xxxxxxxxxxxx, 2002, passim e specialmente 237 ss. e, riguardo alla proposta, 242; v. già SALV. XXXXXX, Introduzione allo studio del procedimento giuridico nel diritto privato, Xxxxxxx, 1961, 80 ss.; X. XXXXXXXXX, Dal contratto al negozio unilaterale, Xxxxxxx, 1969, 36 e 149; PALERMO, Contratto preliminare, Cedam, 1991, 108 ss.; A. ORESTANO, Intese prenegoziali e strutture « nor- mative » e profili di responsabilità contrattuale, in Riv. crit. dir. priv., 1995, 70 ss.
(7) Mi riferisco alla proposta non munita della clausola di irrevocabilità, essendo questa specificamente qualificante nel senso della negozialità dell’atto (sul tema v. infra Parte III di questo volume, Cap. III, Sez. I).
(8) Il caso è prospettato da SACCO, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, cit., 1286 ss.; ma v. già diffusamente X. XXXXXXXXX, Il rapporto, cit., 215 ss. Eventualità analoghe possono imma- ginarsi, con ipotesi scolastiche, rispetto all’accettazione e a comportamenti incoerenti con il contenuto della proposta tenuti dall’oblato nell’intervallo temporale tra l’emissione dell’ac- cettazione e la sua conoscenza-ricezione da parte del proponente.
28 PROPOSTA E ACCETTAZIONE I.
care la proposta, ovvero comporta una sua responsabilità? E quest’ultima avrebbe natura precontrattuale o contrattuale, da inadempimento di ob- bligazione preesistente? Tale ultima alternativa non presuppone la natura negoziale della proposta? Analoghi interrogativi possono formularsi con riguardo alla sussistenza di un più generale vincolo del proponente ad astenersi da comportamenti che possano pregiudicare i diritti che l’oblato conseguirebbe con la conclusione del contratto (9).
Occorre al riguardo distinguere l’ipotesi in cui l’interpretazione della proposta induca a riconoscere che il proponente abbia assunto un’obbli- gazione nei confronti dell’oblato — della quale ci occuperemo nell’àmbito della trattazione (infra Cap. III, par. 6) del tema dei contenuti precettivi della proposta attinenti alla disciplina della fase di formazione — da quella, che viene qui considerata, in cui manchi una manifestazione di volontà in tal senso. In questa seconda ipotesi si tratta di ragionare sulla base della disciplina legale e, in particolare, su due elementi rilevanti: revocabilità della proposta e dovere di buona fede nella fase formativa ex art. 1337.
Se si tralasciano risposte formalisticamente subordinate alla soluzione della questione della retroattività dell’accettazione (10), deve riconoscersi che, se l’offerta non è revocata e l’oblato accetta, la lesione dell’interesse di quest’ultimo, che consegue alla mancata tempestiva esecuzione da parte del proponente della prestazione da eseguirsi nelle more dell’accettazione, o in genere, alla condotta dallo stesso tenuta tra la proposta e la conclu- sione del contratto, costituirà violazione del contratto concluso; mentre, ove l’oblato, venuto a conoscenza dell’inesecuzione, non accetti, egli potrà avvalersi dei rimedi offerti dall’art. 1337. La revoca della proposta non sottrarrà il proponente alla responsabilità per i danni che la sua condotta abbia già provocato all’oblato. In tutte le ipotesi non sembra necessario, né utile, il passaggio logico della qualificazione negoziale della proposta iso- latamente considerata. Così come non lo è per la risoluzione delle que- stioni, di carattere eminentemente dogmatico, della configurazione di posizioni giuridiche soggettive del proponente o dell’oblato che conse- guano alla proposta revocabile (infra Cap. III, par. 8) (11), o della que- stione della c.d. cedibilità della proposta (infra Cap. III, par. 10) (12).
(9) CICU, L’offerta al pubblico, Tipografia e Libreria X. Xxxxxxxx & C., 1902, 43, affermò che l’offerta implicherebbe « una vera obbligazione: l’obbligazione di non fare alcunché che possa impedire o danneggiare il diritto eventuale del destinatario ».
(10) SACCO, in SACCTOeerDmEiNnOeVAe, sIltcroanttrtaotto,ccaitp., i1t2o8l6oss.
(11) Ma v. C. 17.1.1975, n. 193, in Foro it., 1975, I, 1762. O non deve piuttosto ritenersi che sia dalla costruzione di posizioni giuridiche attive dell’oblato, e corrispondentemente passive del proponente, che possa desumersi la natura negoziale della proposta di esse costitu- tive? Ma anche a questo proposito appare arduo immaginare una rilevanza pratica del tema.
(12) V. per tutti SACCO, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, cit., 1294 s.; XXXXXX, Il contratto, cit., 223 x.
Capitolo III LA PROPOSTA
1. La nozione di proposta. — 2. Proposta, invito a offrire e altre dichiarazioni propositive.
— 3. Completezza della proposta. — 4. Contenuti precettivi procedimentali della proposta. Termine e forma dell’accettazione. — 5. Contenuti precettivi procedimentali atipici della proposta. — 6. Contenuti precettivi non procedimentali attinenti alla fase di formazione. —
7. Ricettizietà della proposta. — 8. Proposta e situazioni giuridiche conseguenti. — 9. Dovere di buona fede e situazioni giuridiche conseguenti alla proposta. — 10. Sul problema della cedibilità della proposta semplice.
1. La nozione di proposta
La proposta è la dichiarazione di una parte che sia idonea, per i suoi caratteri e il suo contenuto, a determinare la conclusione di un contratto in virtù del concorso della successiva accettazione del destinatario (1). Essa è, dunque, l’atto iniziale di una sequenza formativa; non necessariamente il primo atto della fase di formazione: una sequenza avviata da una parte può non compiersi per il difetto di accettazione dell’altra, la quale, rendendo una dichiarazione difforme da quella originaria del primo proponente,
(1) Si vedano BIANCA, Diritto civile, III, Il contratto, 2a ed., Xxxxxxx, 2000, 214-217; SACCO, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, 4a ed., Utet, 2016, 1282 ss.; ROPPO, Il contratto, in Tratt. Xxxxxx-Xxxxx, Xxxxxxx, 2011, 98 ss.; XXXXXXX, Le obbligazioni e i contratti, in Diritto civile, II, 1, Cedam, 4a ed., 2004, 208; REALMONTE, Accordo delle parti e rapporti giuridici preparatori, responsabilità contrattuale, in Tratt. Xxxxxxx, XII, II, Xxxxxxxxxxxx, 2000, 57 ss. L’art. 14, c. 1 della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni mobili dispone: « Una proposta di concludere un contratto rivolta ad una o più persone determinate costituisce una proposta contrattuale se essa è sufficientemente precisa e se indica la volontà del proponente di obbligarsi in caso di accettazione. Una proposta è sufficientemente precisa se indica i beni e ne fissa esplicitamente o implicitamente la quantità e il prezzo, o dà indica- zioni che consentano di determinarli »; l’art. 2:201 (1) dei Principi Xxxxx definisce la proposta quale atto volto alla conclusione di un contratto, se l’altra parte l’accetti, e se contenga clausole sufficientemente precise ai fini della conclusione del contratto; l’art. 2.1.2 dei Principi Xxxxx, afferma che una proposta di concludere un contratto costituisce offerta se è sufficientemente precisa e se indica l’intenzione del proponente di obbligarsi in caso di accettazione; infine, l’art. 13, c. 1 del Codice Xxxxxxxx recita: « Una dichiarazione che mira alla conclusione di un contratto vale come proposta se contiene tutte le condizioni del contratto da stipulare o idonee indicazioni circa la determinabilità del contenuto, così da essere suscettibile di un’accettazione pura e semplice, e se inoltre esprime, almeno implici- tamente, la volontà del proponente di considerarsi vincolato in caso di accettazione ».
48 PROPOSTA E ACCETTAZIONE I.
formuli una controproposta, una nuova proposta cioè che avvii una nuova sequenza formativa.
L’art. 1337, nell’enunciare la clausola generale di buona fede nelle relazioni precontrattuali, indica l’articolazione di queste in due distinte fasi: le trattative e la formazione del contratto. La prima consiste in com- portamenti delle parti variamente attinenti alla negoziazione di un con- tratto senza che da alcuna di esse sia formulata una proposta, una dichia- razione cioè idonea a determinare, nel concorso dell’accettazione, la con- clusione del contratto; la seconda si apre a seguito della primitiva iniziativa di una parte che si esprima in una proposta. Nella prima possono essere rese, e normalmente sono rese, dichiarazioni dell’una all’altra parte aventi contenuti propositivi di condizioni del contratto che viene negoziato, senza però che esse abbiano i caratteri della proposta. Nella seconda, come si è detto, possono succedersi più proposte ed avviarsi più sequenze formative fino a che intervenga la conclusione del contratto in virtù di accettazione ovvero l’ultima sequenza venga definitivamente interrotta per la revoca della proposta, il rifiuto dell’oblato o la sua mancata accettazione « nel termine stabilito dal proponente o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell’affare o secondo gli usi » (art. 1326, c. 2).
Contenuti di dichiarazioni scambiate nel corso delle trattative possono
essere richiamati per relationem e così confluire nel contenuto di proposta e accettazione.
La fase delle trattative può anche mancare, qualora il primitivo con- tatto tra le parti consista nella proposta rivolta dall’una all’altra. Mentre la formazione può non svolgersi secondo la sequenza proposta-accettazione, qualora la trattativa si sviluppi nella congiunta deliberazione di un testo contrattuale sul quale le parti, presenti in uno stesso luogo, esprimano contemporaneamente la loro approvazione, senza che possa distinguersi la successione della proposta di una di esse e dell’accettazione dell’altra (v. supra Cap. I, par. 5).
I caratteri della proposta — che ne identificano la nozione, e alla cui ricorrenza è subordinata la sua idoneità a produrre i suoi effetti, e, in particolare, nel concorso dell’accettazione dell’oblato, la conclusione del contratto — sono: l’attitudine vincolativa (v. supra Cap. II, par. 3), la formulazione orientata a un destinatario determinato (v. supra Cap. II, par. 5) e il suo indirizzamento volontario all’oblato (v. supra Cap. II, par. 5), la sua completezza (v. infra par. 3 di questo capitolo).
Tutti questi requisiti riguardano la proposta individualizzata, rivolta cioè a destinatario determinato, mentre l’offerta al pubblico (v. infra Cap. VII), altrimenti caratterizzata, esige, tra quelli testé indicati, solo l’attitu- dine vincolativa e la completezza.
III.2.
LA PROPOSTA
49
2. Proposta, invito a offrire e altre dichiarazioni propositive
Si è detto che nella fase delle trattative l’una o l’altra parte può assu- mere iniziative propositive in ordine alla configurazione del contratto che viene negoziato, senza che gli atti relativi costituiscano proposta, per il difetto di alcuno degli indicati requisiti di questa, e senza, dunque, che essi segnino la transizione alla fase della formazione. Tali dichiarazioni sono comunemente designate come « invito ad offrire », « invito a trattare » (2). Trattandosi di atti di comunicazione tra le parti, come tali normal- mente caratterizzati dall’orientamento della formulazione e dall’indirizza- mento, diretto o tramite ausiliari o intermediari, la distinzione tra gli stessi e la proposta è in particolare segnata dal difetto nei primi del requisito della completezza o, in virtù degli indici negativi o positivi precisati nel Cap. II, par. 3, dell’attitudine vincolativa. Questi temi sono più diffusa- mente svolti nel Cap. VI, della Sez. III di questo volume, dedicato alla c.d. formazione progressiva del contratto, riflettendosi i risultati di tale inda- gine sul giudizio relativo alla qualificazione dell’atto di iniziativa come proposta o come atto di una trattativa. Si tratterà in quella sede anche delle cosiddette « lettere di intenti » (3), documenti nei quali — quale che sia il contenuto degli stessi, in ipotesi anche rispondente al requisito di comple- tezza — si fa constare che le parti escludono l’attualità della loro delibera- zione contrattuale, riservandosi ulteriori successive determinazioni, e, quindi, escludono l’attitudine vincolativa (salvo peraltro che il loro conte- nuto non implichi l’assunzione di un vincolo contrattuale procedimentale per la regolamentazione della condotta delle parti nella fase della trattative e della formazione in vista di altro futuro contratto, per così dire « finale »).
Qualora il documento di intenti sia unilaterale dovrà, dunque, escludersi
che esso integri una proposta.
(2) XXXXXXX, Il negozio giuridico, in Tratt. Cicu-Messineo, 2a ed., Xxxxxxx, 2002, 88 s.; XXXXX, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, cit., 1171 ss.; XXXXX, Il contratto, cit., 98. L’art. 14, c. 2 della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni mobili dispone che « una proposta rivolta a persone indeterminate deve considerarsi semplicemente come un invito a offrire, a meno che la persona che ha fatto la proposta non abbia chiaramente indicato il contrario », e cfr. anche l’art. 13, c. 2 del Codice Gandolfi: « Una dichiarazione che non ha i requisiti di cui al comma che precede o è rivolta a persone indeterminate e ha il carattere di una comunicazione pubblicitaria non costituisce una proposta e non è quindi suscettibile di essere accettata, ma costituisce un invito a fare una proposta, salvo che essa contenga una promessa a favore di chi compia un atto o riveli l’esistenza di una determinata situazione; nel qual caso costituisce una promessa al pubblico ai fini e per gli effetti di cui all’art. 23 ».
(3) XXXXXXX, Il negozio, cit., 186 s.; XXXXX, Il contratto, cit., 136 s.; XXXXXX, Dichiarazione di intenti, in Dig. disc. priv., sez. civ., V, Xxxx, 1989, 329; GRONDONA, Lettere di intenti, in Dir. priv. giur. Xxxxxx, I contratti in generale, III, Utet, 2000, 79 ss.; XXXXXX e LAI, Lettera d’intenti, in Dig. civ., Agg., Utet, 2016, 509. Sul giudizio ermeneutico, e le relative esigenze motivazionali, al fine della qualifica di una dichiarazione come contrattuale o di intenti, v. C. 18.11.2003, n. 17449, in Arch. civ., 2004, 1077.
50 PROPOSTA E ACCETTAZIONE I.
Altre dichiarazioni unilaterali, ove pur siano propositive e volte a conseguire l’adesione del destinatario, non sono proposte perché impli- xxxx definitivamente, indipendentemente dallo svolgimento di ulteriori fasi di negoziato, l’esclusione dell’assunzione di un vincolo contrattuale. Si pensi alle lettere di patronage c.d. « deboli » o alla iniziativa propositiva volta a convenire i c.d. « gentlemen’s agreements ». Con le prime (4), al fine di agevolare la concessione di credito ad una società, la sua controllata rivolge all’ente erogatore dichiarazioni assertive della relazione di gruppo, e delle implicazioni operative delle stesse, o enunciative di programmi circa la condotta che la controllante intende tenere nei suoi rapporti con la con- trollata, con esclusione peraltro dell’assunzione di ogni obbligazione al riguardo nei confronti del destinatario. Con i secondi (5), in senso più generale e rispetto a diverse tipologie di rapporti d’affari, le parti assu- mono impegni che qualificano d’onore, di coscienza, in un senso che è specificamente volto ad escluderne il carattere giuridico contrattuale. In entrambe le ipotesi, condotte lesive degli affidamenti suscitati potranno comportare obbligazioni risarcitorie secondo regole riconducibili all’area della responsabilità extracontrattuale o a quella residuale delineata dal- l’art. 1173, ma, in presenza della ricusazione della vincolatività contrat- tuale espressa dalle parti, le norme sulla formazione dell’accordo, e così il regime della proposta, non potranno trovare applicazione diretta e po- tranno solo offrire spunti per ragionamenti analogici.
3. Completezza della proposta
Il significato e la portata del requisito di completezza della proposta ri- sultano dalle regole che, in materia di formazione progressiva del contratto, segnano il confine tra dichiarazioni attinenti alla fase di trattativa, le quali fissano i punti di intesa già raggiunti nell’àmbito di un negoziato ancora aperto, e accordo contrattuale. Quelle stesse regole, riguardate dall’ango- lazione dello schema formativo costituito dalla sequenza proposta-accetta- zione, definiscono, appunto, il requisito di completezza della prima. Xxx- xxxxxx, dunque, alla trattazione che in quest’opera è dedicata alla forma- zione progressiva (v. infra Parte III, Cap. V), ci si limita qui a delineare una sintesi specificamente relativa alla completezza della proposta.
Termine estratto capitolo
(4) C. 27.9.1995, n. 10235, in Giust. civ., 1996, I, 3007; C. 9.2.2016, n. 2539, in Notar.,
2016, 2, 109; C. 9.12.2019, n. 32026; XXXXXXX, Le lettere di patronage, Xxxxxxx, 1986; AND. X’XXXXXX, Le promesse unilaterali, Artt. 1987-1991, in Comm. Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxx, 1996; XXXXX, Il contratto, cit., 18.
(5) XXXXXXX, Gentlemen’s agreement, in Dig. disc. priv., sez. civ., VIII, Xxxx, 1992, 639; SICA, Gentlemen’s agreement e intento giuridico, Xxx, 1995; XXXXXX e LAI, Lettera d’intenti, cit., 514; XXXXX, Il contratto, cit., 16 ss.
Capitolo IV L’ACCETTAZIONE
1. Forma dell’accettazione. — 2. La lingua dell’accettazione. — 3. Accettazione e silenzio. Le questioni e le formule giurisprudenziali. — 4. Esclusione del valore di accettazione del silenzio-inerzia. — 5. L’accettazione tardiva. — 6. La conformità dell’accettazione alla proposta.
1. Forma dell’accettazione
L’accettazione è soggetta agli oneri di forma imposti dalla legge o dalla convenzione, ai sensi degli artt. 1325 n. 4 e 1350-1352 (1). Essa può inoltre essere soggetta alla forma prescritta dal proponente ai sensi dell’art. 1326,
c. 4 (v. supra Cap. III, par. 4), mentre non vi è alcuna esigenza di corri- spondenza con le modalità espressive prescelte dal proponente per la propria proposta delle quali egli non abbia, nel contenuto di quest’ultima, prescritto l’osservanza per la manifestazione dell’accettazione (2).
Già si è detto dei diversi profili attinenti alle modalità espressive ai quali può avere riguardo la clausola della proposta prescrittiva della forma dell’accettazione (supra Cap. III, par. 4). Occorre ora interrogarsi sulle conseguenze della mancata corrispondenza ai requisiti formali richiesti dal proponente della dichiarazione dell’oblato che, quanto al contenuto, sia conforme alla proposta. Varie soluzioni possono essere al riguardo pro- spettate: a) equiparazione dell’inosservanza della forma alla difformità di
(1) La regola, del resto ovvia e comune alla proposta, è pacificamente affermata; v. per tutti X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti in generale, Artt. 1321-1352, in Comm. Scialoja-Branca, 1970, 91 e ROPPO, in Tratt. Iudica-Xxxxx, Xxxxxxx, 2011, 106 s. Sulla sufficienza, per l’assolvi- mento della forma scritta, di un contenuto del documento dal quale sia, anche per implicito, desumibile la volontà di accettare la proposta, C. 10.5.1996, n. 4400, in Giust. civ., 1997, I, 1065, con nota di XXXXXXXX, La dichiarazione di accettazione fra regole di forma e principio di conformità. La giurisprudenza che afferma l’assolvimento dell’onere della forma scritta anche mediante la produzione in giudizio del documento sottoscritto solo dalla controparte suscita — oltre a quelli propri del regime formale che saranno trattati nella Sez. IV — un problema che specificamente attiene all’accettazione sotto il profilo della sua tempestività (v. infra par. 4).
(2) XXXXX, Il contratto, cit., 106 s. esclude che sussista un « vincolo di simmetria con la proposta » sotto il profilo formale; in giurisprudenza v. A. Milano 5.12.1967, in Mon. trib., 1968, 269.
74 PROPOSTA E ACCETTAZIONE I.
contenuto, con conseguente qualificazione della dichiarazione come con- troproposta ai sensi dell’art. 1326, c. 5 (3); b) riconoscimento di una facoltà del proponente di attribuire egualmente efficacia all’accettazione, me- diante avviso immediato all’oblato, argomentandosi dalla rinunciabilità, da parte del primo, del requisito della forma o ricorrendo all’applicazione analogica dell’art. 1326, c. 3 (4); c) negazione di ogni valore alla dichiara- zione dell’oblato.
Secondo la prima soluzione, il proponente potrebbe determinare la conclusione del contratto mediante ulteriore dichiarazione di accettazione della controproposta, ma la controparte potrebbe impedire tale effetto revocando tempestivamente la propria dichiarazione. Alla stregua della seconda soluzione, la conclusione del contratto seguirebbe alla dichiara- zione dell’originario proponente di ritenere efficace l’accettazione priva della forma scritta, senza che possa essere attribuita rilevanza all’eventuale revoca dell’oblato che intervenga tra la ricezione dell’accettazione e quella dell’avviso del proponente. Secondo la terza soluzione il procedimento formativo resterebbe definitivamente infruttuoso e alla conclusione del contratto le parti potrebbero pervenire solo mediante l’avvio e il comple- tamento di una nuova sequenza proposta-accettazione.
Non credo che la scelta tra le diverse soluzioni possa essere affidata, secondo differenti argomentazioni prospettate in dottrina, a precarie ope- razioni esegetiche circa il significato dei due ultimi commi dell’art. 1326 e la loro correlazione, o costruttive circa la configurabilità di una posizione giuridica del proponente relativa alla forma dell’accettazione che possa costituire l’oggetto di una sua « rinuncia », ovvero alla ricostruzione di una nozione di non conformità dell’accettazione alla proposta di maggiore o minore ampiezza in relazione alla sua estensione o meno alla intempesti-
(3) XXXXX, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, 4a ed., Utet, 2016, 719 s. (e v. anche, per la posizione del problema, 213); e v. già A. XXXXXXXX, Le formalità dell’accettazione stabilita dal proponente, in Riv. dir. civ., 1966, I, 365; XXXXXXXXX, Delle obbligazioni. Dei contratti in generale (Artt. 1321-14t9), in Comm. Utet, 3a ed., Utet, 1, 55; A.M. BENEDETTI, Autonomia privata procedimentale. La formazione del contratto fra legge e volontà delle parti, Xxxxxxxxxxxx, 2002, 328 ss.; VERDICCHIO, Forme volontarie e accordo contrattuale, Esi, 2003, 219 ss.
(4) È questa la soluzione che si è affermata in giurisprudenza ed è formulata in termini di « rinunziabilità »: C. 15.10.1977, n. 4414, in Foro it., 1978, I, 940; C. 14.1.2004, n. 406, in Impresa, 2004, 489; C. 22.6.2007, n. 14657, in Contr., 2007, 10, 901; C. 24.5.2018, n. 13033; conformi enunciazioni — delle quali peraltro X.X. XXXXXXXXX, Autonomia, cit., 319 ss. ha mo- strato, anche attraverso la lettura di sentenze inedite, l’estraneità alla ratio decidendi — si rin- vengono in C. 8.6.1962, n. 1416, in Rep. Foro it., 1962, voce « Obbligazioni e contratti », 91;
C. 26.5.1965, n. 1054, in Giur. it., 1966, I, 1, 614, con nota di GENOVESE, La rinuncia del pro- ponente ai requisiti formali dell’accettazione; T. Milano 4.6.1998, in Giur. it., 1999, 1863, con nota di XXXXXXXXX. In dottrina la tesi è espressa, pur con varietà di argomentazioni, da MESSINEO, Contratto, in Enc. Dir., IX, Xxxxxxx, 1961, 865; G. OSTI, Contratto, in Noviss. Dig. It., IV, Xxxx, 1959, 516; XXXXX, Il contratto, cit., 106 s.; REALMONTE, Accordo delle parti e rapporti giuridici pre- paratori, responsabilità contrattuale, in Tratt. Bessone, XII, II, Xxxxxxxxxxxx, 2000, 65 s.
IV.1.
L’ACCETTAZIONE
75
vità e alla inosservanza della forma, ovvero, ancora, a considerazioni circa la struttura dell’atto di accettazione e all’inerenza o meno alla stessa del fattore temporale e dell’elemento formale.
Credo, piuttosto, siano rilevanti altri aspetti. Innanzitutto quello rela- tivo alla attendibilità dell’effettiva corrispondenza della dichiarazione del- l’oblato, non espressa nella forma richiesta, alla sua volontà di accettare o, secondo la tesi dell’applicabilità dell’ultimo comma dell’art. 1326, a quella di formulare una nuova proposta. Da un lato, infatti, « si potrebbe dire che chi accetta senza la forma prescritta del proponente sa di non vincolarsi; e che la controparte non può considerare seria e impegnativa una dichiara- zione siffatta » (5). Dall’altro, volendo essere meno drastici, deve pur rico- noscersi che debba quantomeno accertarsi, in via di interpretazione della dichiarazione dell’oblato, se questa implichi, nonostante il difetto di forma (che, in ipotesi, possa apparire imputabile a disattenzione), la volontà dell’oblato di vincolarsi ai contenuti espressi (6).
Occorre inoltre considerare che la condotta dell’oblato che manifesta la sua adesione ai contenuti della proposta, ma non osserva la forma in essa prescritta dal proponente, è obiettivamente equivoca, e presumibilmente improntata ad una voluta ambiguità tra il desiderio di coltivare la possibi- lità della conclusione del contratto alle condizioni indicate dal proponente e quello di riservarsi di disconoscere il vincolo. In tal senso sembrano rilevanti apprezzamenti in termini di buona fede quale regola di compor- tamento nella fase di formazione del contratto ai sensi dell’art. 1337 (7). Peraltro deve essere soggetta alla regola di correttezza la stessa condotta del proponente rispetto all’equivocità dell’accettazione espressa in diffor- mità dalle sue prescrizioni formali, ed essa, anziché renderlo arbitro dello scioglimento dell’incertezza, sembra imporgli di perseguire un chiari- mento concorde mediante interpello dell’oblato. In tal senso non sarebbe conforme a buona fede una soluzione che penalizzasse l’ambiguità dell’o- blato (che potrebbe anche non essere intenzionale), rimettendo al propo- nente la scelta di determinare o meno la conclusione del contratto o attraverso l’accettazione della dichiarazione dell’oblato quale nuova pro- posta o mediante il rimedio dell’art. 1326, c. 3 applicato in via analogica.
Sembra allora preferibile una soluzione — oltretutto strettamente fe- dele al tenore dell’art. 1326, c. 4 — che escluda che possa avere alcun effetto la dichiarazione dell’oblato conforme al contenuto della proposta,
(5) Così XXXXX, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, cit., 213.
(6) G. OSTI, Contratto, cit., 516.
(7) V. XXXXX, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, cit., 213, il quale ritiene conforme a buona fede sia la soluzione dell’applicazione analogica dell’art. 1326, c. 3 che quella della nuova proposta, sciogliendo poi (574) l’alternativa a favore della seconda soluzione; e x. XXXXXXXX, Il principio di conformità tra proposta e accettazione, Cedam, 1992, 24 x.
76 PROPOSTA E ACCETTAZIONE I.
ma priva della forma richiesta dal proponente, e affidi l’eventualità della conclusione del contratto ad una ulteriore fase del procedimento avviato con la proposta che, attraverso l’interpello dell’oblato da parte del propo- nente, possa pervenire al corretto e sicuro perfezionamento dello scambio proposta-accettazione ovvero alla sua sicura esclusione. Al riguardo potrà accadere che l’oblato reiteri la sua accettazione nella forma richiesta dal proponente, ovvero che quest’ultimo revochi la sua prescrizione formale e l’oblato confermi la sua accettazione in forma libera. In tal modo la fase formativa si svolgerà davvero secondo buona fede, rimuovendosi ogni ambiguità ed escludendosi l’approfittamento di quella altrui, salva in ogni caso la sanzione risarcitoria di comportamenti scorretti delle parti.
2. La lingua dell’accettazione
Quando le parti stipulano un contratto mediante la formazione e sottoscrizione di un documento comune, la loro scelta circa la lingua nella quale esprimere le loro pattuizioni è libera, salve le ipotesi tassativamente stabilite dalla legge (8).
Quando le parti si scambiano dichiarazioni negoziali verbali, essendo presenti in uno stesso luogo o telefonicamente, e usano lingue differenti, esse condividono la decisione di sviluppare in tal modo il processo di formazione dell’accordo e, al fine di stabilire se sia stato tra loro concluso un contratto, occorrerà accertare, secondo le regole sostanziali e proces- suali in materia di prova, se i contraenti fossero in grado di reciprocamente comprendersi e se vi sia stata conformità dei contenuti delle rispettive dichiarazioni.
L’uso di lingue differenti assume una specifica problematicità nello scambio per iscritto di proposta e accettazione. Ed è soprattutto a questo riguardo che si manifesta, e richiede regole adeguate, il c.d. « rischio linguistico », il rischio cioè « che la dichiarazione emessa in una lingua diversa da quella del destinatario non venga compresa o venga fraintesa da quest’ultimo » (9).
Se le parti non hanno previamente regolato convenzionalmente la lingua da adottarsi nella stipulazione tra di esse di futuri contratti, il
(8) Artt. 54-55, 58 n. 4, 158 n. 2 e 142 l. 88/1913; artt. 2, c. 4 e 3, c. 1 d.lgs. 427/1998
Termine estratto capitolo
in materia di vendita di multiproprietà. Cfr. art. 12, c. 1, lett. e), d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70, il quale dispone che il prestatore, salvo diverso accodo tra parti che non siano consumatori, deve fornire in modo chiaro, comprensibile ed inequivocabile, prima dell’inoltro dell’or- dine da parte del destinatario del servizio le informazioni circa le lingue a disposizione per concludere il contratto oltre all’italiano.
(9) XXXXX, Il contratto, cit., 186. Sulla tematica della lingua del contratto x. XXXXX, Dichiarazione contrattuale e comunicazione linguistica, Cedam, 1990, e CICALA, Uso della lingua straniera nel testo contrattuale, in Contr. impr., 1999, 178.
Capitolo V
LA CONCLUSIONE DEL CONTRATTO MEDIANTE ACCETTAZIONE DELLA PROPOSTA
1. Le varianti del procedimento e la relazione tra formazione e cognizione del vincolo contrattuale. — 2. Le varianti del procedimento e gli interessi in gioco. — 3. La relazione tra le due varianti e la presunzione di conoscenza dell’accettazione. — 4. Il concreto svolgi- mento della vicenda formativa e la relazione tra la variante della conoscenza e quella della ricezione. — 5. Rispettivi àmbiti di operatività della regola della conoscenza e di quella della ricezione. — 6. La ricezione dell’accettazione e i requisiti della sua idoneità. L’indirizzo del proponente. — 7. Arrivo all’indirizzo e ingresso nella sfera di controllo del destinatario. —
8. L’impossibilità incolpevole del proponente di aver notizia dell’accettazione. — 9. La derogabilità della regola della ricezione-cognizione dell’accettazione. — 10. Asimmetria informativa circa l’attuazione del procedimento di formazione.
1. Le varianti del procedimento e la relazione tra formazione e cogni- zione del vincolo contrattuale
La regola sulla conclusione del contratto mediante accettazione della proposta trova nell’art. 1326, c. 1 un’enunciazione solo parziale, focalizzata sul momento terminale del procedimento di formazione. Infatti, in primo luogo, la disposizione va letta sulla scorta della sua integrazione con altre componenti del regime del procedimento formativo che essa presuppone, e cioè quelle attinenti ai requisiti della proposta e dell’accettazione che le rendono idonee a determinare la conclusione del contratto, nonché alla in- sussistenza di circostanze che comportano l’inefficacia di tali atti. In secondo luogo, la norma è correlata a quella espressa dall’art. 1335, che, nella parte in cui si riferisce all’accettazione, introduce, accanto alla fattispecie formativa consistente nella conoscenza della stessa da parte del proponente, quella consistente nella sua ricezione all’indirizzo di quest’ultimo.
Ne risulta pertanto una regola più complessa di quella enunciata dal- l’art. 1326, c. 1: la seconda costituisce della prima una sintesi, da un lato parziale e, dall’altro, con contenuti impliciti. La regola complessa è che, sussistendo tutti i requisiti della proposta (completezza, attitudine vincola- tiva, indirizzamento volontario) e dell’accettazione (attitudine vincolativa, indirizzamento volontario, conformità, rispetto della forma imposta dal proponente, tempestività), e non essendo stata né l’una né l’altra tempe- stivamente revocata, né essendo divenuta inefficace per morte o incapacità
102 PROPOSTA E ACCETTAZIONE I.
dell’una o dell’altra parte, il contratto si conclude se, e nel momento e nel luogo in cui, l’accettazione giunge a conoscenza del proponente, ovvero giunge al suo indirizzo, salvo, in quest’ultimo caso, che il proponente stesso provi di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.
Le componenti di tale complesso regime che attengono ai requisiti della proposta e dell’accettazione sono già stati trattati nei precedenti Capp. III e IV, mentre quelli che attengono alle vicende che possono determinare la perdita di efficacia della proposta e dell’accettazione sono trattati nella Parte III, Cap. II di questo volume.
La componente del regime enunciata dall’art. 1326, c. 1, nella sua correlazione con l’art. 1335, si articola in due varianti: la regola secondo la quale il contratto si conclude per effetto della conoscenza dell’accettazione da parte del proponente e quella secondo la quale esso si conclude per effetto della ricezione della medesima all’indirizzo dello stesso proponente. Si dice infatti che « lo schema generale per la conclusione del contratto è perciò, in realtà, uno schema duplice — a due varianti »: quella della conoscenza e quella della ricezione (1).
Le due varianti manifestano momenti di interferenza e di problema- tica relazione. Al fine della comprensione del complessivo regime di con- clusione del contratto secondo lo schema formativo dell’accettazione della proposta, e delle regole che attengono a ciascuna variante, così come di quelle che disciplinano la relazione tra di esse, occorre muovere dalla identificazione degli interessi dei contraenti che assumono rilievo rispetto alla fase terminale del procedimento di formazione, in relazione agli eventi della ricezione e della cognizione della accettazione e delle connesse circo- stanze, e dalla ricognizione dei problemi di disciplina che si manifestano proprio con riguardo alla ricerca dell’equilibrio degli interessi in gioco (2). Il procedimento di formazione che assicura l’ottimale soddisfacimento degli interessi di entrambi i contraenti è quello (non esplicitamente rego- lato dalle norme, ma la cui idoneità è presupposta dal complessivo regime della conclusione del contratto e dalle ragioni che lo ispirano: v. supra Cap. I, par. 5) che si perfeziona per effetto della contestuale manifestazione del consenso di tutte le parti, inter praesentes, talché ciascun dichiarante abbia contemporaneamente conoscenza della dichiarazione altrui e della conclu-
sione del contratto.
Qualora lo scambio di proposta e accettazione intercorra inter absentes e senza l’impiego di mezzi di comunicazione (quali telefono o videoconfe- renza) che consentano l’immediata e diretta percezione da parte di cia-
(1) XXXXX, Il contratto, in Tratt. Iudica-Xxxxx, Xxxxxxx, 2011, 97 s.
(2) Sulla corrispondenza delle regole sulla formazione del contratto a scelte inerenti a ragioni di protezione di interessi piuttosto che di coerenza con modelli concettuali v. supra Cap. I, par. 4, e nota 34.
V.2.
LA CONCLUSIONE DEL CONTRATTO MEDIANTE ACCETTAZIONE DELLA PROPOSTA
103
scuno della dichiarazione altrui e, nel contempo, dell’altrui cognizione di quella propria, si determina invece necessariamente, quale che sia la regola formativa che si adotti, una sfasatura temporale tra il perfezionamento della fattispecie e la conoscenza che l’uno o l’altro contraente acquisisce dell’evento che lo determina, poiché questo necessariamente si verifica nella sfera di una soltanto delle parti (3); vi sarà sempre una di esse che, che per un certo tempo, potrà restare inconsapevole della conclusione del contratto e del vincolo che, anche a suo carico, ne deriva. E, in tal senso, appare illusorio, nel regime di formazione dei contratti inter absentes, il pieno soddisfacimento della ratio indicata nella Relazione al Re (n. 70):
« non si può ammettere che un soggetto resti volontariamente obbligato senza avere la coscienza dell’esistenza del vincolo ».
Il contraente ignaro potrà continuare a coltivare inutilmente pro- grammi alternativi, con evidenti diseconomie; tarderà a predisporsi all’a- dempimento e ad intraprenderlo, e (sia pure imprudentemente e indebi- tamente) potrà tenere condotte incoerenti con il rispetto del vincolo che ignora (ma che pur potrebbe attendersi sia sorto, avendo partecipato al procedimento di formazione); e potrà conseguentemente incorrere in responsabilità.
Gli effetti negativi di tale situazione possono riflettersi, sia pure con minore intensità, sulla posizione della stessa parte consapevole della con- clusione del contratto. L’eventualità che il contraente ignaro del vincolo tenga comportamenti con esso non coerenti può pregiudicare l’interesse dell’altro all’esatto e tempestivo adempimento del primo, e al suo conse- guimento in forma specifica e in via pacifica, interesse che non sarebbe pienamente garantito nonostante l’esperibilità di rimedi risarcitori.
2. Le varianti del procedimento e gli interessi in gioco
Una certa misura di sacrificio degli interessi delle parti è dunque necessariamente insita nel procedimento di formazione del contratto me- diante scambio inter absentes di proposta e accettazione, il quale, per le sue modalità e i mezzi di trasmissione impiegati, comporti la non coincidenza del completamento della fattispecie con la cognizione del medesimo da parte di entrambi i contraenti (potendo peraltro il regime di conclusione
(3) E ciò quale che sia l’evento che, secondo i diversi regimi formativi pensabili, completi la fattispecie: la spedizione dell’accettazione o la sua ricezione presso il propo- nente, il quale può non acquisirne immediata cognizione, o la conoscenza dell’accettazione stessa da parte del proponente, che può non essere immediatamente nota all’accettante; o l’avviso del proponente a quest’ultimo di aver preso conoscenza dell’accettazione, che peraltro può non essere immediatamente conosciuto dall’accettante stesso, mentre la co- gnizione di tale avviso da parte del destinatario può, comunque, non essere immediata- mente nota al proponente, e così via).
104 PROPOSTA E ACCETTAZIONE I.
del contratto essere integrato dalla prescrizione di doveri di comunica- zione, comunque desumibili dalla buona fede, l’ottemperanza ai quali, pur non inserendosi quale elemento della fattispecie di formazione, è tenden- zialmente congruente con l’esigenza della cognizione del vincolo da parte dei contraenti). Le regole formative che possono al riguardo adottarsi prefigurano un certo bilanciamento di protezione e sacrificio degli inte- ressi coinvolti. Le varianti della ricezione dell’accettazione e della sua conoscenza da parte del proponente determinano specifiche eventualità di lesione e protezione degli interessi dell’una e dell’altra parte, la ricogni- zione delle quali favorirà l’interpretazione delle norme e la ricostruzione di un regime che meglio risponda all’equilibrata composizione dei conflitti.
La subordinazione della conclusione del contratto alla conoscenza dell’accettazione da parte del proponente corrisponde eminentemente a un interesse di quest’ultimo: l’insorgere del vincolo per effetto di una accettazione non conosciuta lo esporrebbe al rischio di coltivare inutil- mente programmi alternativi, di comportarsi come se fosse ancora libero, pur essendo vincolato, e quindi di omettere condotte doverose volte all’at- tuazione del rapporto contrattuale, o di tenere comportamenti con essa contraddittori, così da incorrere in conseguenti responsabilità (4).
Peraltro lo stesso accettante ha interesse a non essere vincolato per effetto di una fattispecie formativa del completamento della quale il pro- ponente possa restare inconsapevole: potrebbero, infatti, derivarne l’ina- dempimento o il tardivo adempimento di quest’ultimo, la cui responsabi- lità potrebbe non essere pienamente satisfattiva dell’interesse dell’oblato, potendo essere per questo preferibile, in mancanza di una esecuzione esatta e pacifica del contratto, la conservazione della propria libertà e, dunque, la non conclusione del contratto in assenza della cognizione del- l’accettazione da parte del proponente.
Tuttavia, rispetto alla regola della cognizione entrano in gioco anche altri interessi dell’oblato accettante, che sono con essa contrastanti.
Nello scambio inter absentes di proposta e accettazione, la conoscenza di quest’ultima da parte del proponente può non essere direttamente e im- mediatamente verificabile dall’accettante. Ne consegue che la regola che subordina la conclusione del contratto alla conoscenza dell’accettazione da parte del proponente trasferisce da questo all’oblato gli inconvenienti dell’ignoranza circa il completamento della fattispecie formativa: l’oblato sa di aver spedito l’accettazione, può sapere che essa è stata ricevuta dall’oblato, ma normalmente non è in grado di sapere se e quando il
proponente ne ha aTvuetramcoingeniezisotnrae tetoqucinadpiitsoeleoquando il contratto si sia
concluso secondo la regola della conoscenza dell’accettazione da parte del
(4) Sulla corrispondenza dello schema della cognizione all’interesse del proponente
x. XXXXX, Il contratto, cit., 101.
Capitolo VI GIUDIZIO E PROVA
1. Il giudizio sulla formazione del contratto. Rilevabilità d’ufficio, legittimazione. — 2. La prova della conclusione del contratto mediante accettazione della proposta. — 3. Riparti- zione dell’onere probatorio.
1. Il giudizio sulla formazione del contratto. Rilevabilità d’ufficio, le- gittimazione
Costituisce principio incontroverso che il giudizio sulla conclusione del contratto è un accertamento di fatto, come tale inerente al potere esclusivo del giudice di merito e non sindacabile dalla Cassazione se sorretto da sufficiente motivazione e immune da vizi logici e da errori di diritto (1).
Tale accertamento investirà ogni aspetto della fattispecie dell’accordo e, così: la transizione, nella formazione progressiva, dalla fase della tratta- tiva alla conclusione del contratto (2); l’intesa sugli elementi essenziali e su
(1) Tra le tante, e oltre a quelle citate nelle note successive, C., sez. un., 28.7.1965, n. 1803, in Giust. civ., 1966, I, 564; C. 26.10.1968, n. 3591, in Rep. Foro it., 1969, voce
« Obbligazioni in genere », 76; C., sez. un., 28.1.1971, n. 208, in Giust. civ., 1971, I, 1682; C. 15.12.1972, n. 3613, in Rep. Foro it., 1972, voce « Contratto in genere », 97; C. 17.1.1975, n. 193, in Temi, 1975, 572; C. 29.6.1977, n. 2835, in Giust. civ., 1977, I, 1474; C. 20.1.1979, n.
457, in Rep. Foro it., 1979, voce « Contratto in genere », 95; C. 17.3.1994, n. 2548 in Foro it., 1994, I, 1366; C. 22.8.1997, n. 7857, in Foro it., 1998, 1, 878; C. 2.11.1998, n. 10961, in Rep.
Foro it., voce « Contratto in genere », 407; C. 5.4.2001, n. 5076, in Rep. Foro it., voce
« Assicurazione (contratto) », 87; C. 18.11.2003, n. 17449, in Arch. civ., 2004, 1077; C. 11.6.2004, n. 11152, in Rep. Foro it., voce « Contratto in genere », 339; C. 18.1.2005, n. 910, in Contr., 2006, I, 22, con nota di XXXXXXX, Formazione progressiva del contratto: il confine tra le trattative e la conclusione; C. 20.6.2006, n. 14267, in Società, 2007, IX, 1111 con nota di XXXXXXX, I patti parasociali tra diritto dei contratti e diritto societario; C. 27.9.2006, n. 21019; C. 13.2.2007,
n. 3088; C. 2.2.2009, n. 2561, in Nuova giur. civ., 2009, I, 876, con nota di XXXXXXXXX, La formazione progressiva del contratto: il complicato discrimen tra puntuazione e perfezionamento dell’accordo; C. 4.2.2009, n. 2720, in Obbl. contr., 2010, 428, con nota di XXXXXXXXX, Il rapporto tra stipulazione, interpretazione e qualificazione giuridica nella ricostruzione del programma contrat- tuale e in Giur. it., 2010, 830, con nota di XXXXXXX, Accordo “incompleto” e conclusione del contratto; C. 26.1.2010, n. 1562; C. 24.1.2017, n. 1792; C. 25.10.2021, n. 29905. In dottrina
v. per tutti BIANCA, Diritto civile, III, Il contratto, 2a ed., Xxxxxxx, 2000, 208.
(2) C. 26.7.1962, n. 2151, in Riv. dir. comm., 1963, II, 421; C., sez. un., 27.11.1963, n.
3044, in Giust. civ., 1964, I, 27; C. 26.3.1965, n. 502, in Giust. civ., 1965, I, 1371; X.
130 PROPOSTA E ACCETTAZIONE I.
quelli riguardo ai quali le parti abbiano inteso contrattare (3); la ricorrenza del carattere delle dichiarazioni che implica la loro attitudine vincola- tiva (4); la congruenza tra proposta e accettazione, e così via.
L’accertamento della conclusione del contratto consiste peraltro in un apprezzamento che non si esaurisce nella mera ricognizione di circostanze di fatto, ma involge anche operazioni ermeneutiche, rispetto alle quali rileverà la corretta applicazione dei canoni legali di interpretazione dei contratti, e qualificatorie, caratterizzate da elementi valutativi d’ordine giuridico.
Inoltre, il giudizio sulla formazione implica l’esercizio di specifiche discrezionalità valutative e determinative che la legge demanda al giudice: così riguardo all’identificazione del termine di accettazione « ordinaria- mente necessario secondo la natura dell’affare », ai sensi dell’art. 1326, c. 2, e riguardo alle analoghe operazioni rilevanti ai sensi dell’art. 1327, c. 1 e 1327, c. 2, o alla concreta definizione dello standard di diligenza rilevante rispetto all’impossibilità di cognizione dell’accettazione da parte del pro- ponente, ai sensi dell’art. 1335.
Si è posto in giurisprudenza un problema che è stato qualificato in termini di « rilevabilità d’ufficio della mancata conclusione del con- tratto » (5). Se l’accordo è, secondo il disposto dell’art. 1325, requisito del contratto, talché la sua mancanza è ragione di nullità ai sensi dell’art. 1418,
c. 2, tuttavia solo alcune regole legali di formazione sono imperative e attengono al principio di ordine pubblico dell’accordo (6), mentre le altre
17.4.1970, n. 1098, in Rep. Foro it., 1970, voce « Obbligazioni in genere », 98; C. 25.11.1976,
n. 4448, in Rep. Foro it., 1976, voce « Contratto in genere », 104; C. 14.10.1978, n. 4626, in Rep. Foro it., 1978, voce « Contratto in genere », 86; C. 11.9.1989, n. 3922, in Rep. Foro it., 1989, voce « Contratto in genere », 255; C. 7.5.2004, n. 8723, in Rep. Foro it., 2004, voce
« Contratto in genere », 359; C. 18.6.2004, n. 11438, in Rep. Foro it., 2004, voce « Contratto in genere », 358; in particolare sulla ricognizione della esistenza di un accordo contrattuale o di una mera puntuazione, v. C. 22.8.1997, n. 7857, cit.; C., sez. un., 6.3.2015, n. 4628, distingue fra «mere puntuazioni» e «puntuazoni vincolanti», al fine di precisare che queste ultime, pur non determinando al pari delle prime la conclusione di alcun contratto né preliminare né definitivo, comportano assunzione dell’obbligazione di non rimettere in discussione i punti che le parti si sono impegnate a tenere fermi. Nega l’utilità di tale distinzione, ritenendo che che la S.C. non abbia individuato per le puntuazioni definite
«vincolanti» criteri di responsabilità effettivamente diversi rispetto alla ordinaria responsa- bilità precontrattuale, VILLA, “Mera puntuazione” e “puntuazione vincolante”?, in Giust. civ., 2015, 297.
(3) C. 19.5.1961, n. 1195, in Giur. it., 1962, I, 1, 1209; C. 16.12.1967, n. 2974, in Rep.
Foro it., 1968, voce « Obbligazioni in genere », 106; C. 28.3.1980, n. 2051, in Rep. Foro it., 1980, voce « Contratto in genere », 69; C. 6.6.1983, n. 3856, in Riv. dir. comm., 1984, II, 187, con nota di XXXXXX, Questioni in tema di contratto.
(4) C. 11.7.1992, n. 8456, in Rep. Foro it., 1992, voce « Contratto in genere », 222. (5) C. 23.3.1977, n. 1141, in Arch. civ., 1977, 672; C. 5.11.1981, n. 5823, cit.
(6) V. supra Cap. I, par. 4.
VI.1.
GIUDIZIO E PROVA
131
sono derogabili dall’autonomia privata che può diversamente configurare il procedimento di conclusione del contratto.
Nessun dubbio può sussistere circa la rilevabilità d’ufficio della non corrispondenza, che risulti in causa, delle condotte formative allegate dai contraenti a regole legali inderogabili (7). Ma, qualora la non corrispon- denza riguardi regole legali derogabili o stabilite dalle parti nell’esplica- zione della loro autonomia procedimentale, il giudice potrà rilevare la mancanza di accordo, e quindi la nullità del contratto, pur in assenza di contestazione di alcuno dei contendenti?
La Cassazione ha affermato il principio della rilevabilità d’ufficio, una volta incondizionatamente, e quindi anche per l’ipotesi in cui nessuna delle parti neghi la conclusione del contratto (8) e, altra volta, in un caso in cui vi era stata la contestazione di una delle parti circa la conclusione del con- tratto (9), talché il significato della regola sembra attenere, in questa ipo- tesi, al rilievo di profili non specificamente dedotti dai contendenti.
Se entrambe le parti assumono come fatto incontestato la conclusione del contratto, il giudice, in forza del principio dispositivo, non potrà inda- gare d’ufficio al fine di acquisire materiale probatorio ulteriore rispetto a quello versato in causa dai contendenti e rilevare l’eventuale non corri- spondenza delle condotte delle parti al procedimento formativo, legale o convenzionale; e ciò neanche al fine di verificare il rispetto di norme imperative o di un principio di ordine pubblico. Né potrà accertare tale non corrispondenza alla stregua del materiale probatorio acquisito in causa, perché il concorde assunto delle parti circa la conclusione del con- tratto potrebbe fondarsi su condotte formative ulteriori rispetto a quelle emergenti dagli atti (perfino su di un consenso prestato mediante lo scam- bio degli atti processuali). Qualora, invece, le parti non si limitino ad assumere concordemente il fatto generico della conclusione del contratto, ma risulti incontestata una specifica allegata fattispecie, il giudice ben potrà rilevare la non conformità della stessa ad alcun procedimento formativo legale (e anche per profili che attengano a norme derogabili) o al procedi- mento configurato dall’autonomia delle parti. In tal caso, a ben vedere, non sono in questione il principio dispositivo né la rilevabilità d’ufficio di una causa di nullità, ma, semplicemente, il controllo della ricorrenza della
(7) XXXXX, Il contratto, in Tratt. Iudica-Xxxxx, Xxxxxxx, 2011, 203 s. e v. X.X. XXXXXXXXX, Autonomia privata procedimentale. La formazione del contratto fra legge e volontà delle parti, Xxxxxxxxxxxx, 2002, 430 ss.
(8) C. 23.3.1977, n. 1141, cit.; sulla quale X.X. XXXXXXXXX, Autonomia privata, cit., 430 s., nota 20.
(9) C. 5.11.1981, n. 5823, cit.; C. 22.8.2003, n. 12344, in Rep. Foro it., voce « Contratto in genere », 382.
132 PROPOSTA E ACCETTAZIONE I.
fattispecie costitutiva, che sempre rientra nel potere di decisione del giu- dice (10).
In tal senso, non sembra appropriato parlare di rilevabilità d’ufficio; è infatti in gioco soltanto il principio dispositivo, da un lato, e, dall’altro, il potere del giudice di controllo della ricorrenza della fattispecie; non è in questione la necessità o meno che il giudice sia investito da una specifica iniziativa di parte volta all’esercizio di un rimedio (in via di azione o di eccezione). Per la stessa ragione, non sembra neanche possa al riguardo porsi una questione di legittimazione.
Si avverte peraltro come sia peculiare, e meriti una distinta considera- zione, l’ipotesi in cui, pur essendo l’accettazione dell’oblato giunta all’indi- xxxxx del proponente, sia in questione l’assolvimento di requisiti posti dalla legge nell’esclusivo interesse di una delle parti, nella sfera della quale si svolgono i fatti che li concernono; e, così, siano in questione la volontarietà della spedizione della proposta e dell’accettazione ovvero la sussistenza di una causa di impossibilità di cognizione da parte del proponente dell’ac- cettazione pervenuta al suo indirizzo. Potrà una parte contestare la con- clusione del contratto invocando la carenza di indirizzamento volontario della dichiarazione dell’altra? Potrà l’accettante contestarla invocando l’impossibilità incolpevole del proponente di aver notizia dell’accettazione? Già si è visto (v. supra Cap. V, par. 8) come la giurisprudenza (11) e la dottrina prevalente (12) rispondano negativamente al secondo interroga- tivo, e come tale orientamento appaia giustificato alla stregua del tenore testuale dell’art. 1335 e della ratio protettiva dell’interesse del proponente.
Tali indicazioni appaiono mutuabili in via analogica per la soluzione negativa della questione posta dal primo interrogativo.
2. La prova della conclusione del contratto mediante accettazione della proposta
La giurisprudenza afferma l’inapplicabilità agli atti unilaterali della regola di esclusione dell’ammissione della prova testimoniale e presuntiva stabilita dagli artt. 0000 x 0000, x. 2. Essa ritiene infatti che la portata dell’art. 1324, espansiva dell’àmbito di applicazione della disciplina del contratto, sarebbe limitata alle norme « sostanziali » e non si estenderebbe al regime probatorio (13). Peraltro la qualifica di proposta e accettazione
(10) Cfr. nota xxxXxxxxxxxxxxx.xx estratto capitolo
(11) V. la precedente nota Cap. V, nota 61.
(12) V. la precedente nota Cap. V, nota 62.
(13) C. 22.2.1969, n. 609, in Rep. Foro it., 1969, voce « Prova testimoniale », 21; C. 27.1.1970, n. 171, in Rep. Foro it., 1970, voce « Prova testimoniale », 8; C. 28.7.1975, n. 2924, in Foro it., 1976, I, 1344; C. 21.3.1977, n. 1103, in Rep. Foro it., 1977, voce « Prova