Ministero della Giustizia
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Ufficio Legislativo
ANALISI DI IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (A.I.R.) Provvedimento: SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE RECANTE
“MISURE PER IL CONTRASTO DEI REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E IN MATERIA DI TRASPARENZA E CONTROLLO DEI PARTITI E MOVIMENTI POLITICI”.
Amministrazione competente: GIUSTIZIA
Referente dell'amministrazione competente: dott.ssa Concetta Locurto xxxxxxxx.xxxxxxx@xxxxxxxxx.xx – 06 68852337
SINTESI DELL'AIR E PRINCIPALI CONCLUSIONI
Motivazioni dell'intervento
L’intervento normativo nasce dalla necessità di contrastare con la massima efficacia possibile i gravissimi danni prodotti nel tessuto sociale ed economico del nostro Paese dall’endemico fenomeno della corruzione nel settore pubblico e di adeguare il diritto interno agli strumenti di lotta alla corruzione del Consiglio d’Europa, accogliendo anche alcune raccomandazioni provenienti, in sede sovranazionale, dal Groupe d’Etas contre la Corruption (GRECO) e dall’OCSE. Il livello di corruzione percepita nel settore pubblico è molto alto e mantiene l’Italia in posizione lontana dai vertici della classifica europea: nel 2016 l’Italia era l’ultima della classifica in Europa; nel 2017 è 25esima su 31, con un voto complessivo di 50 punti su
100 che segna una grave insufficienza e il permanere di una sensibile distanza dai livelli auspicabili e realmente competitivi.
Ne risulta danneggiata complessivamente l'economia, la crescita culturale e sociale del Paese, l’immagine della pubblica amministrazione e la fiducia stessa dei cittadini nell’azione amministrativa.
L’obiettivo perseguito con il presente intervento è quello di fronteggiare in modo più efficace il fenomeno corruttivo intervenendo in materia di prevenzione, accertamento, repressione e più in generale di contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione, nonché di adeguare la normativa interna a quella convenzionale, nella prospettiva dell’assunzione di un ruolo preminente dell’Italia all’interno del GRECO nell’azione di contrasto al fenomeno corruttivo.
All’opzione di procedere ad un generalizzato inasprimento delle pene principali dei delitti contro la pubblica amministrazione, sulla scia di quanto già avvenuto per effetto delle precedenti modifiche normative intervenute a partire dalla legge 26 aprile 1990, n.867 e, più di recente, con le leggi 6 novembre 2012, n. 190 e 27 maggio 2015, n. 69), s’è scelta l’opzione che propone, in ambito penale, due direttrici d’intervento, che si muovono sul piano del diritto sostanziale e su quello investigativo e processuale ai fini della repressione del fenomeno corruttivo.
Sotto lo specifico profilo dell’impatto, la prima opzione non consente di realizzare l’obbiettivo prefissato dal legislatore in termini di maggiore incisività nell’azione di contrasto e repressione del fenomeno corruttivo, come dimostrano le comparazioni e le rilevazioni statistiche effettuate nel corso dell’istruttoria, nonché le analisi della giurisprudenza e i contributi dottrinari disponibili. I dati statistici elaborati dalla direzione ministeriale competente, in particolare, evidenziano come al sensibile e progressivo inasprimento delle pene previste per i delitti contro la pubblica amministrazione adottato dalle precedenti riforme normative non corrispondono significative correlazioni con il numero dei reati accertati e delle condanne definitive, stante l’esiguità dei reati accertati in giudizio e la sostanziale indifferenza del loro numero ai mutamenti edittali (cfr. dati del Casellario giudiziale).
L’opzione scelta di un intervento sistematico che introduce modifiche alle norme del codice penale, del codice di rito, all’ordinamento penitenziario e alla legge di ratifica della Convenzione e dei protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale (legge 16 marzo 2006, n. 146), è quella che ha un impatto maggiore sul piano della prevenzione e della repressione e un impatto sociale più significativo. Una sistematica penale della materia più moderna e maggiormente corrispondente agli standard regolamentari europei si prefigge sul piano collettivo il vantaggio di ridurre il tasso di corruzione con evidenti ricadute economiche, secondo l’ovvia considerazione dell’aumentato rischio vista la più aspra risposta repressiva, in senso lato, collegato all’eventuale adozione di condotte illecite. Sotto questo profilo è innegabile che la rottura di patti corruttivi, l’eliminazione di posizioni di monopolio raggiunte attraverso il pagamento sistemico di pubblici funzionari sia destinato a liberare risorse economiche pubbliche e a svolgere effetti benefici sul sistema dell’impresa privata.
La proposta è stata preceduta da consultazioni che hanno coinvolto le parti interessate, quali rappresentanti della magistratura, studiosi universitari di diritto penale ed esperti di diritto processuale penale, oltre che gli organi istituzionali. E' stata altresì preceduta dall’esame di numerosi studi pubblicati in materia di criminalità contro la pubblica amministrazione, della giurisprudenza nazionale e sovranazionale e di precedenti disegni di legge, nonché dall'acquisizione e analisi delle statistiche giudiziarie.
Quanto alle disposizioni in materia di trasparenza e controllo dei partiti e movimenti politici, la principale motivazione dell’intervento risiede nella insufficiente capacità della normativa in vigore di assicurare in modo trasparente informazioni aggiornate e complete circa i contributi, le prestazioni o altre forme di sostegno patrimoniale a favore di tali soggetti, nonché nella inadeguatezza del quadro regolatorio attuale ai fini della trasparenza delle suddette informazioni qualora riferite a fondazioni, associazioni e comitati i cui organi direttivi siano determinati dai partiti o movimenti politici. L’intervento normativo proposto mira, dunque, a
rafforzare significativamente la disciplina in materia, anche attraverso una revisione e rimodulazione delle sanzioni in caso di inottemperanza. I principali effetti attesi riguardano un aumento della quantità, tempestività e completezza delle informazioni riguardanti i contributi, le prestazioni o altre forme di sostegno a favore dei partiti e movimenti politici e una conseguente maggiore capacità di controllo sia da parte degli organismi competenti che dei cittadini.
1. CONTESTO E PROBLEMI DA AFFRONTARE
In materia di lotta alla corruzione, il Paese ha lentamente migliorato la sua posizione negli ultimi anni. Nell’ultimo rapporto della o.n.g. Transparency International (che monitora l’indice di corruzione nel mondo), la posizione dell’Italia è avanzata al 54° posto, tra 180 Paesi esaminati, migliorando di sei posizioni rispetto all’anno precedente, con un avanzamento progressivo di 18 posizioni a partire dal 2012, grazie anche all’introduzione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e a plurimi interventi normativi anticorruzione, in ambito sia civile che penale, tra i quali la legge 190 del 2012. Ciò nonostante, il livello di corruzione percepita nel settore pubblico è ancora molto alto e mantiene l’Italia in posizione lontana dai vertici della classifica europea: nel 2016 l’Italia era l’ultima della classifica in Europa; nel 2017 è 25esima su 31, con un voto complessivo di 50 punti su
100 che segna una grave insufficienza e il permanere di una sensibile distanza dai livelli auspicabili e realmente competitivi.
Recenti studi e pubblicazioni, indagini e procedimenti penali per fatti di corruzione gravissimi e sistematici (alcuni dei quali hanno avuto anche vasta eco mediatica) mostrano come la corruzione e gli altri reati contro la pubblica amministrazione siano delitti seriali e pervasivi, che si traducono in un fenomeno endemico, che alimenta mercati illegali, distorce la concorrenza, costa alla collettività un prezzo elevatissimo, in termini sia economici, sia sociali. Non va sottovalutato, infatti, che la distorsione delle funzioni amministrative altera i meccanismi della competizione fra imprese e fra individui, favorendone alcune o alcuni a danno di altri, a prescindere
dalle effettive qualità imprenditoriali o professionali dei soggetti coinvolti. Ne risulta danneggiata complessivamente l'economia, la crescita culturale e sociale del Paese, l’immagine della pubblica amministrazione e la fiducia stessa dei cittadini nell’azione amministrativa.
Consentire la sedimentazione di simili fenomeni può portare alla disgregazione dello stato di diritto, come incisivamente denunciato nel preambolo della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 31 ottobre 2003 (c.d. convenzione di Merida), firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con legge 3 agosto 2009, n. 116, laddove si rappresenta la preoccupazione degli Stati per la «gravità dei problemi posti dalla corruzione e dalla minaccia che essa costituisce per la stabilità e la sicurezza delle società, minando le istituzioni ed i valori democratici, i valori etici e la giustizia e compromettendo lo sviluppo sostenibile e lo stato di diritto», per i «nessi esistenti tra la corruzione ed altre forme di criminalità, in particolare la criminalità organizzata e la criminalità economica, compreso il riciclaggio di denaro» e altresì per i «casi di corruzione relativi a considerevoli quantità di beni, i quali possono rappresentare una parte sostanziale delle risorse degli Stati, e che minacciano la stabilità politica e lo sviluppo sostenibile di tali Stati».
Per fronteggiare in modo efficace il fenomeno corruttivo e, in generale, per assicurare una maggiore incisività all’azione di contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, il presente disegno di legge propone, in ambito penale, due direttrici d’intervento, che si muovono sul piano del diritto sostanziale e su quello investigativo e processuale. Vi è la consapevolezza, infatti, che l’effettività di un’incriminazione dipende non solo dalla formulazione di fattispecie incriminatrici e dall’entità della pena edittale, ma anche dagli strumenti d’indagine e dai poteri di accertamento che l’ordinamento mette a disposizione degli organi inquirenti e dell’autorità giudiziaria per perseguire efficacemente i reati. Al riguardo il potenziamento degli strumenti di contrasto del malaffare dilagante non può
esaurirsi nell’inasprimento sanzionatorio, destinato a rimanere privo di effettività se non accompagnato da efficaci strumenti di prevenzione e accertamento dei reati. Del resto, il sensibile e progressivo inasprimento delle pene previste per i delitti contro la pubblica amministrazione a partire dalla riforma adottata nel 1990 (con legge 26 aprile 1990, n. 867) e, più marcatamente, dal 2012 (con le leggi 6 novembre 2012, n. 190 e 27 maggio 2015, n. 69) - pur sortendo l’effetto di prolungare i termini di prescrizione dei reati - non presenta una significativa correlazione con il numero dei reati accertati e delle condanne definitive, come le statistiche del Ministero della giustizia - Direzione generale di Statistica e Analisi organizzativa rivelano.
Nella tabella che segue si indicano sulla base delle indicazioni provenienti dal Ministero della Giustizia ‐ Direzione Generale di Statistica e Analisi Organizzativa i procedimenti iscritti e definiti nei tribunali italiani ‐ sezione gip gup‐ relativi i ai più gravi i reati contro la PA negli anni 2013‐ 2016
Reato | 2013 | 2014 | 2015 | 2016 |
Peculato (art. 314 cp) | 2013 | 2139 | 1512 | 1676 | 2155 | 2117 | 2012 | 1991 |
Malversazio ne a danno dello Stato (art. 316 bis cp) 140 153 | 106 | 112 | 93 | 93 | 139 | 137 | 342 | 353 |
Concussione (art. 317 cp) | 000 | 000 | 000 | 410 | 373 | 436 | ||
Corruzione per l'esercizio della funzione (art. 318 cp) | 152 | 131 | 112 | 144 | 126 | 107 | 130 | 130 |
Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 cp) | 37 | 24 | 66 | 41 | 34 | 59 | 70 | 48 |
Pene per il corruttore (art. 321 cp) | 673 | 607 | 849 | 895 | 475 | 542 | 509 | 555 |
corruzione | 919 | 867 | 1005 | 1066 | 641 | 712 | 675 | 698 |
per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 cp) |
Una più puntuale analisi, ad esempio, sull’andamento dei procedimenti iscritti per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.1) presso le sezioni del giudice delle indagini preliminari dei tribunali italiani dal 2010 al 2016 dà conto di: 729 iscritti nel 2010; 648 nel 2011; 683 nel
2012; 919 nel 2013; 1005 nel 2014; 641 nel 2015, 675 nel 2016.
A fronte di tali numeri di procedimenti penali iscritti per detto titolo di reato, presso le stesse sezioni GIP/GUP le definizioni con sentenza di condanna sono pari al 4% nel 2010 e nel 2011; 1% nel 2012; 2% nel 2013;
3% nel 2014, nel 2015 e nel 2016. Sensibilmente più alta rispetto alle sentenze di condanna, in questa fase, è la percentuale di definizione mediante applicazione concordata della pena (c.d. patteggiamento): 9% nel 2010 e nel 2011; 10% nel 2012; 8% nel 2013; 10% nel 2014 e nel 2015;
8% nel 2016.
In dibattimento i dati sono così riassumibili: 254 procedimenti iscritti nel 2010; 247 nel 2011; 170 nel 2012; 218 nel 2013; 300 nel 2014; 196 nel
2015; 206 nel 2016; 221 nel 2017. Rispetto ai procedimenti penali iscritti presso le stesse sezioni dibattimentali del Tribunale, le definizioni con sentenza di condanna fanno registrare una progressiva flessione nel tempo: sono pari al 45% nel 2010; 31% nel 2011; 29% nel 2012; 34% nel 2013;
26% nel 2014 e nel 2015; 22% nel 2016; 25% nel 2017.
Se poi si esaminano i dati del Casellario giudiziale2 relativi al numero di sentenze di condanna e di applicazione della pena definitive per il reato di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, emerge nitidamente
1 Si assume a parametro di verifica statistica il dato relativo al reato di cui all’art. 319 c.p. perchè si tratta del solo delitto, tra quelli tipicamente riconducibili al fenomeno delle corruzioni-concussioni-induzioni indebite - che non abbia subito modifiche del fatto-tipico nel corso degli anni.
2 La rilevazione, fornita dal Dipartimento per gli Affari di giustizia - Direzione generale della Giustizia penale - potrebbe discostarsi dai dati reali a causa dell’arretrato nell’alimentazione dei dati da parte degli uffici.
l’esiguità dei reati accertati in giudizio e la sostanziale indifferenza del loro numero ai mutamenti edittali:
- 240 sentenze | nel | 2012, | di cui | 176 | di | applicazione | della | pena | ex | art. | 445 |
c.p.p.; | |||||||||||
- 298 sentenze | nel | 2013, | di cui | 145 | di | applicazione | della | pena | ex | art. | 445 |
c.p.p.; | |||||||||||
- 186 sentenze | nel | 2014, | di cui | 144 | di | applicazione | della | pena | ex | art. | 445 |
c.p.p.; | |||||||||||
- 214 sentenze | nel | 2015, | di cui | 145 | di | applicazione | della | pena | ex | art. | 445 |
c.p.p.; | |||||||||||
- 163 sentenze | nel | 2016, | di cui | 113 | di | applicazione | della | pena | ex | art. | 445 |
c.p.p.; | |||||||||||
- 261 sentenze | nel | 2017, | di cui | 241 | di | applicazione | della | pena | ex | art. | 445 |
c.p.p. |
Xxxxxx evidenziare sin d’ora che delle sentenze definitive (sia di condanna, a seguito di accertamento giudiziale, sia di applicazione della pena), la maggior parte riconosce il beneficio della sospensione condizionale della pena: 140 su 240 sentenze nel 2012; 97 su 298 nel 2013; 96 su 186
sentenze nel 2014; 115 su 214 sentenze nel 2015; 54 su 163 sentenze nel
2016; 140 su 261 sentenze nel 2017.
Considerati, quindi, i dati statistici sopra richiamati e il sensibile aumento delle pene già apportato ai delitti contro la pubblica amministrazione dalle modifiche normative nel corso degli anni (in misura che, sempre per restare al delitto di corruzione propria antecedente, ha fatto progressivamente lievitare la pena detentiva da quella compresa tra due e cinque anni di reclusione, originariamente prevista dal codice penale del 1930, a quella compresa tra sei a dieci anni di reclusione, con un aumento percentuale del 200% nel minimo e del 100% nel massimo), si ritiene che un ulteriore, generalizzato aggravamento delle pene principali non sia strumento strategicamente vincente. Tale intervento, del resto, non si giustificherebbe neppure con l’esigenza di assicurare tempi più lunghi per la prescrizione, dopo i sensibili aumenti sanzionatori già introdotti e le modifiche significative al regime prescrizionale apportate con legge 23 giugno 2017, n. 103 (con sospensione del decorso della prescrizione tra la sentenza di condanna di primo grado, anche in sede di rinvio, sino al
dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo, per un periodo non superiore a un anno e sei mesi e l’ulteriore sospensione per un eguale periodo tra la sentenza di condanna di secondo grado, anche in sede di rinvio, sino al dispositivo della sentenza definitiva).
Nella prospettiva indicata, l’intervento normativo in esame, nella parte in cui incide sul regime della sospensione condizionale e del rito dell'applicazione della pena su richiesta, si propone - all’interno delle “condanne patteggiate”, che costituiscono sul piano quantitativo il dato di maggiore rilievo - di scindere, in numero rilevante di casi, la sorte della pena detentiva principale da quella della pena accessoria. Si consente infatti al giudice, con riguardo a pene contenute nel limite di due anni di reclusione, per le quali è appunto consentito il c.d. patteggiamento, di sospenderne l’esecuzione, ma non con riguardo alla sanzione accessoria. E ciò al duplice scopo di non vanificare sul piano della dissuasione generale e su quello della prevenzione speciale gli effetti dell’accertamento penale. L’effetto atteso è quello, dunque, di vedere aumentata, nell’ambito dei dati riferiti, la percentuale di sentenze cui segua l’effettiva esecuzione delle pene che inibiscono l’accesso a funzioni pubbliche ovvero a rapporti economici con la pubblica amministrazione.
Analogamente, appare più utile, sul piano della prevenzione e della repressione, il potenziamento degli strumenti di indagine e di accertamento dei reati (di cui si dirà meglio più sotto, a proposito delle operazioni sotto- copertura e della speciale causa di non punibilità per la collaborazione) e una più severa disciplina delle sanzioni accessorie, che valga a renderne i contenuti di interdizione e divieto effettivi e dissuasivi.
Allo stato delle acquisizioni giudiziarie, è consolidato negli studi dedicati al fenomeno corruttivo il dato secondo cui «tra i principali problemi che deve fronteggiare qualsiasi strategia di contrasto della corruzione v’è, notoriamente, l’elevatissima “cifra nera” del mercimonio delle funzioni pubbliche, a causa del mutuo interesse delle parti ad occultare il patto corruttivo e a difendersi reciprocamente». In questa prospettiva l’intervento normativo, sul solco di analoghe iniziative in altri settori
dell'ordinamento (si pensi, ad esempio, nell’ambito della tutela della concorrenza, ai «programmi di clemenza», espressamente caldeggiati nella normativa eurounitaria e recepiti nella normativa nazionale a tutela della concorrenza e del mercato, ai sensi dell'art. 15, comma 2-bis, legge 10 ottobre 1990, n. 287), prevede una causa di esclusione della punibilità per chi denunci volontariamente e tempestivamente i fatti delittuosi in esame, prestando una collaborazione fattiva per assicurare la prova del reato, l'identificazione dei correi e il recupero dei profitti illeciti. Si è rilevato che la previsione delle attenuanti speciali già in vigore (art. 323-bis c.p.), pure ispirata a una logica efficientistica, si è dimostrata insufficiente sul piano probatorio. Occorre incentivare le denunce e l’offerta di elementi decisivi a fini investigativi e di accertamento giudiziale dei fatti, ricorrendo a una premialità più avanzata.
L’opportunità di misure premiali tese a favorire l’emersione degli accordi corruttivi non è dubbia. Tale strategia è largamente praticata, ad esempio, nei contesti normativi anglo-americani, dove le autorità di enforcement fanno grande affidamento sul self-reporting e sulla collaborazione proattiva delle società e degli individui per una più effettiva attuazione delle leggi di contrasto della corruzione sia interna che internazionale. La predisposizione di misure premiali è già ampiamente sperimentata, del resto, anche nel nostro ordinamento: lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, ai sequestri di persona a scopo estorsivo e al traffico di stupefacenti e ha consentito risultati positivi in tema di accertamento dei reati, tanto da venire anche più recentemente attivata in settori diversi, propri della criminalità economico-finanziaria (si pensi alla procedura di collaborazione volontaria, cd. voluntary disclosure, introdotta dalla legge 15 dicembre 2014, n. 186).
I reati per i quali si introduce tale speciale causa di non punibilità - e per i quali è stringente la necessità di potenziare gli strumenti investigativi - sono gli stessi rispetto ai quali la polizia giudiziaria potrà operare, nei limiti della disciplina vigente, anche mediante operazioni sotto copertura: tali tecniche investigative speciali, infatti, nella medesima prospettiva di
efficienza probatoria, vengono oggi estese anche ai più gravi reati contro la pubblica amministrazione.
Per quanto riguarda la trasparenza e il controllo dei partiti e movimenti politici, occorre innanzi tutto ricordare che la disciplina attuale è frutto di interventi normativi che si sono stratificati nel corso del tempo. In particolare, l’art. 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659 (Modifiche ed integrazioni alla legge 2 maggio 1974, n. 195, sul contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici) ha disposto che nel caso di erogazione di finanziamenti o contributi superiori a cinquemila euro annui il soggetto che li eroga ed il soggetto che li riceve sono tenuti – entro tre mesi dalla percezione – a farne dichiarazione congiunta, sottoscrivendo un documento depositato presso la Presidenza della Camera dei deputati.
La Legge 6 luglio 2012, n. 96 (Norme in materia di riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti e dei movimenti politici, nonche' misure per garantire la trasparenza e i controlli dei rendiconti dei medesimi. Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle leggi concernenti il finanziamento dei partiti e dei movimenti politici e per l'armonizzazione del regime relativo alle detrazioni fiscali) ha, tra l’altro, introdotto l’obbligo di sottoporre i rendiconti di esercizio dei partiti e dei movimenti politici al giudizio di società di revisione e ha dettato disposizioni relative alle funzioni e alla composizione della Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici.
Il decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito con modificazioni dalla L. 25 febbraio 2016, n. 21, ha introdotto una sanzione amministrativa di 200.000 euro in caso di inottemperanza dell’obbligo di trasmissione dei rendiconti nei termini previsti.
Il decreto-Legge 28 dicembre 2013, n. 149 (Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore), convertito con modificazioni dalla L. 21 febbraio 2014, n. 13, oltre ad abolire i contributi pubblici ai partiti, ha
introdotto norme in tema di redazione e pubblicità degli statuti, nonché disposizioni sulla trasparenza dei contributi a favore dei partiti e dei movimenti politici.
Il quadro normativo sinora brevemente richiamato mostra lacune e criticità che giustificano l’intervento regolatorio proposto.
In primo luogo, in base ai dati pubblicati nell’ultima relazione3 della Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici (cfr. Tab. 1), in merito ai rendiconti per l’anno 2016, al 15 giugno 2017 il 19% dei partiti non aveva ancora ottemperato all’obbligo di presentazione del rendiconto.
Tab 1 - Esiti attività di controllo sull'obbligo di presentare il rendiconto anno 2016
2016
Partiti e movimenti politici tenuti a presentare il
rendiconto 89
Partiti e movimenti politici ottemperanti(1) 72
Partiti e movimenti politici inottemperanti 17
(1) Dati aggiornati al 15 giugno 2017
Fonte: Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici - Relazione del 27 aprile 2018
La Figura 1 riporta i dati riferiti al triennio 2013-2015, sempre di fonte della Commissione. Dall’esame dei dati annuali emerge una tendenza ad ottemperare progressivamente nel tempo all’obbligo di presentazione dei rendiconti annuali.
Figura 1 - Esiti attività di controllo rendiconti 2013-2015
3 Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici, Relazione ai sensi dell'articolo 9, comma 5, della legge 6 luglio 2012, n. 96 trasmessa al Presidente della Camera dei Deputati il 27 aprile 2018.
In secondo luogo, occorre sottolineare che l’articolo 5, comma 3 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149 ha stabilito che ai contributi erogati di importo inferiore a euro 100.000 l’anno, effettuati con mezzi di pagamento diversi dal contante che consentano di garantire la tracciabilità dell'operazione e l'esatta identità dell'autore, non si applicano le disposizioni di cui al richiamato articolo 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659.
Inoltre, lo stesso decreto-legge prevede che alcuni obblighi di pubblicità (in particolare: indicazione, nelle dichiarazioni dei redditi e patrimoniali dei titolari di cariche elettive, relative ai contributi percepiti; trasmissione annuale alla Presidenza della Camera dei deputati, da parte dei rappresentanti legali dei partiti, dell'elenco dei soggetti che hanno erogato finanziamenti o contributi) si applichino solo superata una soglia – pari a
5.000 euro l’anno – alquanto elevata.
Un ulteriore limite della normativa vigente risiede nella parziale regolamentazione delle fondazioni, delle associazioni e dei comitati politici.
Infatti, sebbene negli ultimi anni una quota sempre più rilevante dell’attività politica sia spostata su tali enti, essi non sono destinatari, in via generale, di disposizioni in materia di trasparenza, né in relazione ai
finanziamenti e alla gestione dei bilanci, né in relazione alla composizione degli organi direttivi.
Il decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149 estende infatti il regime di trasparenza e pubblicità vigente per i partiti politici con riferimento a due sole categorie di fondazioni e associazioni:
• quelle i cui organi direttivi siano stati determinati dalla deliberazione di un partito o movimento politico;
• quelle che erogano ai partiti somme superiori al 10% dei proventi dell’anno precedente (art. 5, comma 4).
Sono quindi esclusi dalla disciplina tutti gli enti privi di un collegamento formalizzato con specifici partiti o che presentino rapporti finanziari diretti con gli stessi inferiori a una data soglia.
Quello delle fondazioni politiche è tuttavia un universo variegato e in forte crescita. Dal 2015 ad oggi l’osservatorio Openpolis ha individuato 121 strutture tra think tank, fondazioni e associazioni che presentano contiguità con le tradizionali organizzazioni politiche anche diverse da forme strutturate di collegamento, quali la presenza di esponenti politici negli organi apicali e lo svolgimento di attività politica in senso lato4.
E’ interessante notare che delle 101 strutture censite5, ben 43 sono nate a partire dal 2010, a conferma del trend crescente del fenomeno.
In base all’ultimo rapporto dell’osservatorio6, oltre la metà di queste strutture è nata come corrente di partito o come progetto di aggregazione politica. Circa un terzo svolge attività di ricerca e di formazione politica. Circa un decimo partecipa al dibattito pubblico in relazione a specifiche materie.
4 Il censimento di Openpolis riguarda strutture qualificate come “politiche” sulla base dei seguenti parametri: presenza di politici negli organi apicali; intitolazione a personalità politiche; attività riconducibili a quelle di forum di discussione o di formazione di una nuova classe politica; obiettivi di instaurazione di processi di policy making.
5 Delle 121 strutture individuate, 101 hanno un sito web attivo o hanno partecipato all’indagine di Openpolis.
6 Openpolis - AGI (2018), “Cogito ergo sum – Think tank, fondazioni e associazioni politiche in Italia”.
Infine, come sottolineato anche dalla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici7, un’ulteriore criticità che caratterizza l’attuale disciplina attiene al sistema sanzionatorio, caratterizzato da una sanzione unica non modulabile in base alla gravità degli inadempimenti in sede di resoconto.
2. OBIETTIVI DELL'INTERVENTO E RELATIVI INDICATORI
2.1 Obiettivi generali e specifici
Come evidenziato sopra, il tasso di corruzione permane elevato nonostante i ripetuti anche recenti interventi normativi, volti essenzialmente a inasprire le pene dei reati. In contrario il presente schema di disegno di legge si propone di dotare il sistema penale, nel medio e lungo periodo, di più efficaci strumenti per la prevenzione, l'accertamento e la repressione dei fenomeni corruttivi e, più in generale, dei reati contro la pubblica amministrazione.
Essenzialmente la minaccia di pena ha efficacia deterrente, secondo gli scopi tipici del diritto penale; se essa si accompagna alla previsione che, in caso di condanna, la sua esecuzione sarà effettiva e, soprattutto, se si impedisce al colpevole ogni occasione futura di commissione di analoghi reati, tale efficacia sarà maggiore. In questo senso, dunque, si perseguono effetti sia di prevenzione generale, che di prevenzione speciale, normalmente collegati alla comminazione e alla irrogazione della sanzione penale. Si interviene, pertanto, sull’apparato delle pene accessorie volte a interdire, in caso di condanna, nuove occasioni di rapporto con la pubblica amministrazione, escludendo al contempo che l’eventuale sospensione condizionale della pena detentiva si estenda automaticamente anche alla sanzioni che inibiscono ogni rapporto all’interno o con la pubblica amministrazione.
7 Conclusioni della relazione della Commissione di Garanzia degli Statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici – Relazione 27 aprile 2018
Ulteriore prospettiva dell’intervento è quella dell’indagine penale, in funzione di restituire efficienza all’accertamento dei fatti. In questo senso, da un lato, si dota il sistema di strumenti premiali nei confronti di chi spontaneamente contribuisca alla scoperta dello scambio segreto intrattenuto con il funzionario pubblico. E ciò nel presupposto che il legame tra corrotto e corruttore è un legame di reciproco vantaggio destinato a rimanere segreto nell’ottica del mantenimento di convenienze scambievoli. Prevedere strumenti il cui scopo è proprio quello di interrompere tale nesso può costituire, quindi, un ragionevole incentivo a palesare la natura illecita dei rapporti intrattenuti. Dall’altro lato si estende ai reati di corruzione in senso lato la disciplina già prevista - e discendente da obblighi internazionali
- delle operazioni sotto copertura. Si tratta di strumenti di indagine particolarmente penetranti e adeguati appunto alla scoperta di relazioni illecite segrete, già dimostratesi efficienti nella accertamento dei delitti di criminalità organizzata.
Quelli sopra evidenziati costituiscono gli obbiettivi generali del presente intervento normativo, ritenuti idonei a fronteggiare sul piano della prevenzione generale il fenomeno corruttivo e a dotare dunque il sistema di strumenti adeguati di scoperta e repressione dei reati nonché ad incidere sul tasso di corruzione percepito.
All’entrata in vigore della legge gli operatori (polizia giudiziaria, pubblici ministeri, giudici) vedranno ampliata, nell’immediato, la gamma di strumenti investigativi utili all’accertamento dei reati in esame. Secondo le regole proprio del diritto penale, il più severo regime delle pene accessorie sarà, invece, destinato a operare solo con riguardo ai fatti di reato commessi dopo l’entrata in vigore delle legge. La sua efficacia non è quindi immediatamente stimabile.
Obbiettivo specifico dell’intervento è quello di vedere aumentata, nell’ambito dei dati riferiti, la percentuale di sentenze cui segua l’effettiva esecuzione delle pene che inibiscono l’accesso a funzioni pubbliche ovvero a rapporti economici con la pubblica amministrazione.
L’inserimento di misure premiali in uno con le modifiche in campo investigativo si propone specificamente lo scopo della maggiore efficienza probatoria in funzione del più rapido accertamento dei reati.
In armonia con quanto evidenziato nella sezione dell’analisi del contesto, per quanto concerne i temi del Capo II (trasparenza e controllo dei partiti e dei movimenti politici), l’intervento normativo si propone di conseguire l’obiettivo generale di un sostanziale aumento della trasparenza nel finanziamento dei partiti, dei movimenti politici, delle fondazioni equiparate e dei soggetti finanziatori.
In linea con l’obiettivo generale, si elencano di seguito gli obiettivi specifici, strumentali rispetto al raggiungimento di tale obiettivo e correlati in maniera diretta all’intervento:
- Rafforzamento dei divieti e degli obblighi in materia di registrazione e pubblicazione di dati, per quanto concerne le attività di finanziamento e tracciabilità dei soggetti erogatori dei finanziamenti.
- Definizione puntuale degli enti che, in ragione della caratteristica composizione dei propri organi e del tipo di liberalità elargite, possono ritenersi equiparati ai partiti e movimenti politici, ed estensione agli stessi della disciplina in tema di trasparenza.
- Migliore definizione del sistema sanzionatorio, anche attraverso una migliore articolazione delle sanzioni previste.
2.2 Indicatori e valori di riferimento
I valori di riferimento secondo quanto già evidenziato sopra al n.1) saranno costituiti dal numero di procedimenti penali iscritti, dalla loro durata, dal numero di definizioni con sentenza di condanna o di assoluzione ovvero di applicazione della pena.
Sul numero di condanne sarà opportuno verificare un loro eventuale aumento in ragione degli strumenti investigativi di nuovo conio; occorrerà verificare il rapporto tra il numero delle sospensioni condizionali delle pene detentive inflitte e il numero di esecuzioni delle pene accessorie non
sospese; analogamente con riguardo al numero di sentenze di applicazione della pena e numero di rigetti in caso di mancata sospensione delle pene accessorie.
Indicatori attendibili per la prescritta verifica saranno tutti i dati statistici, periodicamente raccolti dal Ministero della giustizia, acquisiti attraverso le rilevazioni dei sistemi informatici n dotazione degli uffici giudiziari da cui già sono tratte le indicazioni quantitative menzionate sopra al n.1).
Per quanto concerne gli indicatori da associare agli obiettivi relativi trasparenza e controllo dei partiti e dei movimenti politici, si fa riferimento alla reportistica e ai relativi dati statistici organizzati e raccolti dalla “Commissione di Garanzia degli Statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici – Relazioni annuali”. In particolare, si prenderanno in considerazione dati inerenti:
- Ai rendiconti dei partiti e movimenti politici
- Ai rendiconti delle fondazioni equiparate a partiti e movimenti politici
- All’attività di verifica e controllo sui rendiconti di partiti, movimenti politici e fondazioni equiparate
- Alla qualità e diligenza nelle attività inerenti agli obblighi di rendicontazione di partiti, movimenti politici e fondazioni equiparate
- Alle contestazioni e sanzioni articolate per partiti, movimenti politici e fondazioni equiparate e per tipologia di obbligo contestato.
3. OPZIONI DI INTERVENTO E VALUTAZIONE PRELIMINARE
Occorre rilevare che il presente intervento incide su norme di diritto penale sostanziale e processuale ed è evidente che ad esso sia connessa elevata rilevanza esterna sul piano simbolico, connaturale alla legislazione penale, e soprattutto in un ambito sensibile sul piano degli interessi socialmente rilevanti. Sotto questo profilo, l’intervento - comportando l'inasprimento del trattamento sanzionatorio in senso ampio di una particolare categoria di reati - è destinato a incidere direttamente sulla posizione giuridica del singolo condannato, ma anche ad avere effetti sulla generalità dei consociati, secondo gli scopi propri del diritto penale
sostanziale. La politica criminale perseguita, fondata su una libera opzione, esclude ex se quella del non intervento sulla materia in esame.
Si tenga presente, tuttavia, che l’intervento se, da un lato, è coerente con la linea politico-criminale fondata sulla convinzione che l’aumento dei livelli di pena edittale accresca la capacità intimidatrice delle fattispecie penali, dall’altro tende a perseguire una differente idea di pena, affidando alle sanzioni accessorie, sin qui non oggetto di intervento, e non solo alla pena detentiva, maggiore capacità di prevenzione e dissuasione. In questa prospettiva si è quindi abbandonata la tendenza ad affrontare la corruzione politico-affaristica esclusivamente nei termini dell’innalzamento dei limiti edittali. afferenti alla pena principale.
Analogamente, il mero inasprimento sanzionatorio sarebbe incoerente laddove non si incidesse anche sugli effetti della condanna e, in questo senso, si è optato per intervenire più ampiamente sul regime della sospensione condizionale e della riabilitazione, scindendo la sorte delle sanzioni accessorie da quelle della pena principale.
Quanto invece alle modifiche procedurali la previsione di più ampi poteri investigativi l’effetto atteso è quello della migliore risposta in campo investigativo a un fenomeno connotato da segretezza e dalla natura di scambio economico illecito, difficilmente emergente se non attraverso la previsione di strumenti – quali quelli della collaborazione della giustizia – già ampiamente sperimentati dalla legislazione nazionale.
Sul piano formale nemmeno può essere taciuto che alcune modifiche recate dal presente intervento trovano necessità nell’adeguamento, sin qui parziale, alla Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo nel 1999, cui l’Italia ha aderito, e ad altre fonti internazionali (Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 31 ottobre 2003, c.d. convenzione di Merida; Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, firmata il 17 dicembre 1997, entrata in vigore il
15 febbraio 1999 e ratificata dall’Italia con legge n. 300 del 2000). Ci si
riferisce in particolar modo ai reati di corruzione internazionale e al traffico illecito di influenze.
Il complesso di norme in esame, al di là degli effetti preventivi generali, sul piano operativo è destinato essenzialmente ai soggetti del processo penale ed è destinato a funzionare con le vigenti risorse umane e materiali.
4. COMPARAZIONE DELLE OPZIONI E MOTIVAZIONE DELL'OPZIONE PREFERITA
4.1 Impatti economici, sociali ed ambientali per categoria di destinatari
È dato acquisito che la corruzione incida anche sull’economia pubblica e la leale concorrenza tra imprese, oltre che sul buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione. La tradizionale strategia di contrasto della corruzione si è risolta nell’inasprimento delle sanzioni e nel rafforzamento della disciplina attraverso l’introduzione di nuove figure di reato. Un cambio di passo si è delineato con la valorizzazione della leva preventiva, rafforzando all’interno della stessa pubblica amministrazione l’etica della responsabilità, spingendo la struttura organizzativa a dotarsi delle cautele e degli strumenti necessari per minimizzare i rischi di verificazione del reato. In questa medesima prospettiva, l'inasprimento delle sanzioni accessorie, sia per le persone fisiche che per gli enti, è volta a impedire che chi sia stato condannato possa nuovamente interagire nel medesimo ambito. Sotto questo profilo, va anche evidenziato che la rottura di patti corruttivi e l’eliminazione di posizioni di monopolio raggiunte attraverso il pagamento sistemico di pubblici funzionari sia destinato a liberare risorse economiche pubbliche e a svolgere effetti benefici sul sistema dell’impresa privata. È infatti oggetto di studi economici il rapporto tra tasso di corruzione percepito (CPI) e tasso di crescita. Analogamente esistono studi volti a dimostrare che le imprese che effettuano il pagamento di una tangente in cambio del permesso di operare in un certo mercato vedranno la loro competitività ridursi anche perché, così facendo, ritirano
liquidità da investimenti in innovazione o ricerca per costruire reti di contatti, rapporti e favori con i burocrati e i funzionari pubblici che dispongono di maggior potere scopo pertanto dell’intervento è anche quello di liberare risorse altrimenti “investite” nel pagamento di illecite prebende a funzionari pubblici.
Una sistematica penale della materia più moderna e maggiormente corrispondente agli standard regolamentari europei si prefigge sul piano collettivo il vantaggio di ridurre il tasso di corruzione con evidenti ricadute economiche, secondo l’ovvia considerazione dell’aumentato rischio vista la più aspra risposta repressiva, in senso lato, collegato all’eventuale adozione di condotte illecite. Si tratta di effetti destinati a prodursi nel tempo quantomeno con riguardo al loro impatto sui processi che verranno instaurati secondo le nuove norme.
In relazione alle disposizioni in tema di trasparenza e controllo dei partiti e movimenti politici, l’impatto atteso dell’intervento è un aumento della quantità, tempestività ed esaustività delle informazioni relative ai contributi e ai finanziamenti elargiti, nonché un maggior controllo, anche diffuso, sui soggetti finanziatori e su quelli beneficiari, incluse le fondazioni, le associazioni e i comitati che, in ragione della caratteristica composizione dei propri organi e del tipo di liberalità elargite, si ritengono equiparati ai partiti e movimenti politici. L’efficacia delle disposizioni sulla trasparenza sarà, inoltre, rafforzata dalle modifiche al sistema sanzionatorio.
4.2 Impatti specifici
L’intervento si prefigura di ottenere un trattamento penale più aspro in caso di condanna per i delitti sin qui menzionati, soprattutto attraverso la previsione di misure di interdizione destinate ad operare in perpetuo ovvero con termini di durata più lunghi di quelli attuali e l'inasprimento delle condizioni alle quali potranno operare istituti quali la sospensione condizionale della pena, la riabilitazione o i benefici previsti dall'ordinamento penitenziario. Di tali misure dovrà fare applicazione la magistratura
giudicante all’esito del processo, in caso di condanna, e il tribunale di sorveglianza, in sede di esecuzione della pena.
È attesa inoltre una più efficace risposta investigativa al fenomeno attraverso l’uso di operazioni sotto copertura e il contributo, non stimabile, che perverrà dagli stessi autori dei reati.
All’intervento sono estranei profili di diretta e immediata incidenza sulle piccole e medie imprese se non nel senso sopra riportato sub 4.1 e per l'introduzione della procedibilità d'ufficio per i reati di corruzione tra privati. Un diretto impatto sulle imprese hanno le norme relative alla responsabilità degli enti. Al riguardo, tuttavia, è opportuno evidenziare come il disegno di legge non prevede nuove forme di responsabilità ma incide esclusivamente sull’entità della sanzione accessoria interdittiva. Per i reati sin qui esaminati le imprese sono già destinatarie infatti degli obblighi organizzativi in funzione preventiva discendenti dal decreto legislativo n.231 del 2001.
4.3 Motivazione dell'opzione preferita
Per quanto sopra sostenuto, l’intervento fonda l’opzione prescelta sulla ritenuta necessità di un'azione sinergica, sul piano della prevenzione generale e speciale (in particolare, mediante l'effetto dissuasivo del significativo inasprimento delle sanzioni accessorie e della loro stabilizzazione nel tempo) e sul piano investigativo e processuale (attraverso la previsione di nuove forme di collaborazione premiale, di nuove tecniche investigative speciali e l'estensione dei poteri del giudice, in caso di prescrizione del reato, ai fini della confisca dei profitti illeciti).
5. MODALITA' DI ATTUAZIONE E MONITORAGGIO
5.1 Attuazione
Per quanto attiene alle misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, come detto, sul piano operativo l’intervento è destinato a polizia giudiziaria, pubblici ministeri, giudici. Trattandosi di modifiche di disciplina del diritto penale si tratta di intervento fronteggiabile
a risorse vigenti da parte degli operatori della giustizia. L’attuazione dell’intervento avviene tramite le risorse e le strutture interne dell’amministrazione giudiziaria, per quanto di competenza. Pertanto, non sono previsti fattori che possano incidere negativamente sugli effetti prodotti dall’intervento regolatorio.
In particolare le principali novità sul piano investigativo, di più diretto impatto, sono costituite dall’introduzione di una nuova misura premiale che inciderà esclusivamente sul piano ordinamentale, attraverso l’acquisizione della denuncia e della testimonianza del soggetto collaborante e dalla previsione di attività di indagine sotto copertura. Si tratta a tale ultimo riguardo di adempimenti già attuati con le ordinarie attività di polizia giudiziaria (così, in particolare, per l'impiego degli agenti sottocopertura da parte delle strutture specializzate della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza), anche nell’ambito della cooperazione penale internazionale. Rispetto a tali attività sono allocate sufficienti risorse in capo al Ministero della giustizia.
Per quanto attiene alle norme in materia di trasparenza e controllo dei partiti e movimenti politici, non si intravedono difficoltà attuative se non in una fase iniziale di avvio delle misure.
5.2 Monitoraggio
Per quanto attiene alle misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, il controllo e il monitoraggio dell’intervento regolatorio verrà attuato dal Ministero della giustizia, attraverso le risorse a disposizione, senza l’introduzione di nuove forme di controllo che implichino oneri per la finanza pubblica. In particolare tra le attività istituzionali attribuite dal Decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55 alla Direzione generale della giustizia penale, rientra anche quella di effettuare rilevazioni statistiche al fine di valutare l'impatto socio-giuridico delle leggi.
Per quanto concerne le norme in materia di trasparenza e controllo dei partiti e movimenti politici, il monitoraggio verrà attuato dalla “Commissione
di Garanzia degli Statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici” i cui risultati sono resi pubblici nella Relazione annuale redatta dalla medesima Commissione.
CONSULTAZIONI SVOLTE NEL CORSO DELL'AIR
Lo schema di disegno di legge, per quanto attiene alle misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, è stato elaborato dagli uffici ministeriali competenti e sottoposto al vaglio dei soggetti interessati, essenzialmente magistrati e professori di diritto penale sia pure senza la costituzione di apposita commissione di studio. Il decreto è stato sottoposto nel corso dell’istruttoria alla valutazione di professori universitari quali esperti di diritto penale e processuale penale. La consultazione ha lasciato emergere sin da subito l'impraticabilità di soluzioni che collegassero automaticamente alla condanna per i delitti sin qui menzionati l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. La disciplina che ne sarebbe scaturita, infatti, avrebbe presentato criticità in punto di ragionevolezza e proporzione della risposta punitiva. Il dato è stato segnalato nel corso delle interlocuzioni non formalizzate come detto in seno a una commissione di studio e ha imposto di operare una ragionevole graduazione degli effetti della condanna anche in punto di misure interdittive.
Lo schema è stato quindi elaborato sulla base delle considerazioni effettuate nel corso dell’istruttoria dai menzionati soggetti estranei alla amministrazione, così garantendo l’apporto qualificato di esponenti delle categorie professionali maggiormente coinvolte. Inoltre ogni conseguente riflessione in ordine alla collocazione sistematica degli istituti e alla disciplina dei relativi presupposti ha ridotto entro ambiti squisitamente tecnico- giuridici l’elaborazione dello schema.
PERCORSO DI VALUTAZIONE
Come riferito ai fini dell’adozione del provvedimento, per la parte relativa al contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione sono state svolte consultazioni con i soggetti menzionati sopra e sono state analizzate
lo stato della giurisprudenza e i contributi dottrinari disponibili più recenti, svolgendo una comparazione delle opzioni da essi ricavabili anche parzialmente trasfuse in precedenti iniziative legislative. In questo senso la comparazione ha necessariamente coinvolto i lavori parlamentari riferibili ad analoghe proposte di riforma della materia. Lavori che lasciano emergere un sostanziale favore per interventi esclusivamente di inasprimento delle pene detentive, cui non si è inteso aderire nella prospettiva come più volte segnalato di restituire efficienza al sistema anche attraverso la valorizzazione delle pene accessorie già contemplate e l’uso di strumenti investigativi già utilizzate in ambiti di criminalità organizzata, sulla base della considerazione della pervasività e segretezza del fenomeno corruttivo in senso lato.