REPUBBLICA ITALIANA
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile Ordinanza 14 luglio 2020, n. 14973
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Xxxx. XXXXXXXXXX Xxxxxxxx - Presidente Dott. XXXXXXX Xxxx - Xxxxxxxxxxx
Dott. DE XXXXXXXX Xxxxxxxx - xxx. Consigliere Xxxx. XXXXXX Xxxxxxx - Xxxxxxxxxxx
Dott. CINQUE Xxxxxxxxx - Xxxxxxxxxxx
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso 14269/2017 proposto da:
ORDINANZA
S.P.A., -
elettivamente domiciliata in rappresenta e difende;
S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,
, presso lo studio dell'avvocato , che la
- ricorrente -
contro
presso lo studio dell'avvocato
elettivamente domiciliati in che li rappresenta e difende unitamente
all'avvocato
- controricorrenti -
e contro
- intimata -
avverso la sentenza n. 888/2016 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 29/11/2016
R.G.N. 404/2016;
LA CORTE, visti gli atti e sentito il consigliere relatore.
(
RILEVA IN FATTO
che la sig.ra
ed altre lavoratrici in forza alla soc. coop.
ottennero decreto
ingiuntivo per somme varianti da un massimo di 1536,27 Euro ad un minimo di 165,87 (decreto richiesto con atto depositato il 12 luglio 2012, provvedimento monitorio quindi emesso il successivo 26 luglio 2012 e notificato in data 4 / 7 settembre 2012) in danno di S.p.A. per il pagamento di vantate differenze retributive maturate per l'anno 2011, non ancora corrisposte dalla propria datrice di lavoro e per cui avevano ritenuto responsabile in solido la committente
ai sensi del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 29, avendo dedotto di aver prestato attivita' nell'appaltato servizio di pulizia presso strutture della societa' ;
quest'ultima proponeva opposizione avverso l'anzidetto decreto ingiuntivo, osservando in primo luogo che il cit. articolo 29, non prevedeva alcuna obbligazione solidale, ma una mera forma di garanzia, osservando altresi' che le lavoratrici istanti non avevano provato l'insolvenza dell'anzidetta cooperativa, donde la necessaria integrazione del contraddittorio con la datrice di lavoro e con il consorzio al quale la cooperativa risultava consorziata, cio' al fine di poter eccepire la preventiva escussione secondo le previsioni di cui alla L. n. 92 del 2012, per cui inoltre il contratto di appalto aveva previsto una integrale manleva a carico del consorzio. La societa' opponente, inoltre, aveva negato la prova dell'espletamento dell'attivita' lavorativa in suo esclusivo favore, quale presupposto costitutivo del diritto vantato dalle lavoratrici, contestando comunque che fosse dovuta anche la quota retributiva relativa alla cosiddetta anzianita' forfettaria di settore. L'opponente negava, altresi', che fosse dovuta la quota di t.f.r., contestando inoltre i conteggi prodotti in sede monitoria;
con sentenza del 20 ottobre 2015 l'adito giudice del lavoro di Firenze accoglieva l'opposizione, revocando il decreto ingiuntivo e compensando le spese, ritenendo che il cit. articolo 29, non potesse trovare applicazione negli appalti pubblici, prevalendo la disciplina speciale dettata dal cosiddetto codice degli appalti;
a seguito di gravame interposto dalle lavoratrici, la Corte d'Appello di Firenze, con sentenza n. 888 del 29 novembre 2016, riformava l'impugnata sentenza, rigettando l'opposizione di
avverso il decreto ingiuntivo, con la condanna della societa' al pagamento delle spese di lite per entrambi i gradi del giudizio, all'uopo liquidate;
la pronuncia di appello e' stata, quindi, impugnata da S.p.A. mediante ricorso per cassazione ritualmente notificato a mezzo posta, come da richiesta del 29 maggio 2017, affidato a quattro motivi, cui hanno resistito tutte le lavoratrici, ad eccezione della sig.ra (rimasta intimata), come da controricorso in data 12 - 13 luglio 2017;
la societa' ricorrente, inoltre, ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Che con il primo motivo ha lamentato violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 29, comma 2, Decreto Legislativo n. 163 del 2006, articoli 3 e
32, Decreto del Presidente della Repubblica n. 207, articoli 3 e 5, Decreto Legge n. 76 del 2013, articolo 9, poi convertito in L. n. 99 del 2013, nonche' degli articoli 112 e 113 c.p.c. - in relazione all'articolo 360, n. 3, dello stesso codice di rito. Censurava la sentenza impugnata poiche' la stessa,
violando e falsamente applicando le disposizioni di legge menzionate, aveva ritenuto che il succitato
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articolo 29, fosse applicabile anche a soggetti come S.p.A., pero' tenuti all'osservanza
delle norme dettate in tema di contratti relativi a lavori di rilevanza pubblica;
con il secondo motivo e' stata denunciata la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo
n. 276 del 2003, articolo 29, comma 2, in relazione all'articolo 643, comma 3, c.p.c., xxxxxx' l'impugnata sentenza aveva erroneamente applicato il succitato articolo 643, nell'individuare la formulazione dell'articolo 29, comma 2, applicabile ratione temporis nel caso di specie;
con il terzo motivo di ricorso e' stata lamentata la violazione e falsa applicazione dello stesso Decreto Legislativo n. 276, articolo 29, comma 2, in relazione agli articoli 112, 115 e 354 c.p.c., nonche' articolo 12 preleggi, e articolo 24 Cost., con riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 3, non essendo stata accolta o comunque non decisa l'istanza di integrazione del contraddittorio nei confronti del Consorzio appaltatore, oltre che della consorziata societa' datrice di lavoro, formulata dalla societa'
;
infine, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3, con la quarta doglianza e' stata lamentata la violazione e falsa applicazione dell'anzidetto articolo 29, comma 2, in relazione all'articolo 2697 c.c., nonche' degli articoli 2109 e 2120 x.x., x xxxxxxxx 00, 000, 000 x 000 x.x.x., xxxxx con riferimento all'articolo 360, n. 3, dello stesso codice di rito, laddove la Corte d'Xxxxxxx aveva ritenuto provata l'adibizione delle
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lavoratrici nell'appalto facente capo alla societa' non si era pronunciata sulla eccezione
secondo cui alcune voci di cui alle somme richieste con il decreto ingiuntivo, non retributive, non rientravano nella garanzia di cui al succitato articolo 29, comma 2, ed aveva quindi confermato il provvedimento opposto, sebbene le stesse lavoratrici ne avessero ammesso l'erroneita' nel quantum (trattamenti retributivi non dovuti ai sensi dell'articolo 29, secondo la societa' ricorrente, con riferimento all'indennita' per ferie e permessi non goduti e indennita' forfettaria di settore spettante dopo il terzo anno di adibizione nel settore delle pulizie ex articolo 22 c.c.n.l. per i dipendenti da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi, emolumenti non connessi alla concreta prestazione lavorativa resa nell'appalto durata soltanto dal 1 gennaio al 31 dicembre 2011. Inoltre, le lavoratrici avevano chiesto maggiorazioni retributive per lavoro straordinario e/o supplementare, ma senza indicare specificamente quanti e quali giorni, nonostante l'onere probatorio a loro carico in tema di lavoro straordinario, per cui occorre rigorosa dimostrazione.
Per di piu', la sentenza illegittimamente aveva riconosciuto il t.f.r. di spettanza delle resistenti, nonostante le stesse avessero optato per la devoluzione dello stesso trattamento al Fondo di previdenza complementare laddove sebbene le lavoratrici avessero dedotto il loro diritto a ricevere e ad azionare direttamente il credito per detto trattamento, quale elemento retributivo, risultava violato l'articolo 81 c.p.c., secondo cui fuori dai casi espressamente prevista dalla legge nessuno puo' far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui. Di conseguenza, secondo la societa' ricorrente, una volta manifestata l'opzione per il conferimento del t.f.r. in un fondo di previdenza complementare, l'unico soggetto legittimato a rivendicarne il pagamento non puo' essere che il solo fondo, poiche' unico titolare del credito, divenuto previdenziale, siccome volto a confluire nella prestazione previdenziale complementare.
Da ultimo, risultavano del tutto ignorate le eccezioni della societa', fondate sulle ammissioni delle stesse lavoratrici come da pagina 12 della memoria di costituzione dalle stesse depositata in primo grado, in ordine ad errate quantificazioni, non soltanto in relazione al t.f.r., ma anche riguardo ad errori commessi nei conteggi compiuti al momento del deposito del decreto ingiuntivo, laddove erano stati inclusi nella somma anche gli interessi e la rivalutazione monetaria, il credito riconosciuto alla signora superiore a quello effettivamente spettante e che ammontava a soli 20,13 Euro.
Per di piu' l'ingiunzione di pagamento concernente l'importo di 243,79 Euro, contenuta nel decreto opposto, risultava frutto di errore materiale.
Pertanto, l'opposto decreto ingiuntivo, come dedotto nel paragrafo 58 della memoria difensiva in appello del 10 novembre 2016, nonche' al paragrafo 27 delle note autorizzate depositate in prime cure, non poteva essere confermato poiche' intimava il pagamento di somme pacificamente non dovute);
tanto premesso, le anzidette doglianze vanno disattese in forza delle seguenti ragioni;
invero, il primo motivo e' infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nel caso di specie, relativo all'appalto del mero servizio di pulizia in locali della societa'
nonostante quest'ultima sia concessionaria di pubbliche attivita', e' applicabile l'ordinaria disciplina Decreto Legislativo n. 276 del 2003, ex articolo 29, comma 2, non rientrando evidentemente la S.p.a. ricorrente nel novero delle pubbliche amministrazioni (x. Xxxx. Sez. 6 - L, ordinanza n. 10777 del 3/5/2017, secondo cui la responsabilita' solidale prevista dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 29, comma 2, esclusa per le pubbliche amministrazioni di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 1, comma 2, e', invece, applicabile ai soggetti privati, assoggettati, quali "enti aggiudicatori" al codice dei contratti pubblici. Tale differente regolamentazione non viola l'articolo 3 Cost., in ragione della diversita' delle situazioni a confronto, non incontrando i privati imprenditori alcun limite nella scelta del contraente, laddove nelle procedure di evidenza pubblica la tutela del lavoratore e' assicurata sin dal momento della scelta suddetta, ne' limita l'iniziativa economica dei privati imprenditori per l'aggravio di responsabilita', non essendo precluso al legislatore modulare le tutele dei lavoratori in rapporto alla diversa natura dei committenti. In senso conforme Xxxx. xxx., sentenza n. 6333/19 in data 8 novembre 2018 - cinque marzo 2019, che rigettava il ricorso contro la pronuncia in data 19 febbraio 2013 del Tribunale di Pisa, l'appello della quale veniva dichiarato inammissibile mediante ordinanza emessa ai sensi dell'articolo 348 bis c.p.c., dalla competente Corte distrettuale fiorentina. Nella specie il primo giudicante aveva accolto in parte l'opposizione proposta da S.p.a. avverso il decreto ingiuntivo con il quale l'attore, in senso sostanziale, aveva intimato alla societa', committente responsabile solidalmente Decreto Legislativo n. 276 del 2003, ex articolo 29, il pagamento di somma di danaro a titolo di t.f.r., maturato presso l'appaltatrice fino al 28 febbraio 2010, ROL e ratei di quattordicesima mensilita', ritenendo dovuta la somma rideterminata nel corso del giudizio in funzione della durata dell'appalto. Infatti, Cass. n. 6333/19 si e' cosi' testualmente e condivisibile pronunciata: "...
Anche di recente questa Corte ha avuto occasione di chiarire che il divieto posto dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 1, comma 2, che esclude l'applicabilita' alle pubbliche amministrazioni della responsabilita' solidale prevista dall'articolo 29, comma 2, del citato decreto, ulteriormente specificato dal Decreto Legge n. 76 del 2013, articolo 9, (conv., con modif., dalla L. n. 99 del 2013), non trova applicazione nei confronti di soggetti privati, quale e' nella specie,
s.p.a., a quali pure si applica il codice dei contratti pubblici quali "enti aggiudicatori", in quanto non vi e' un espresso divieto di legge ed inoltre il Decreto Legislativo n. 276 del 2003, che regola la materia dell'occupazione e del mercato del lavoro, sul piano della tutela delle condizioni dei lavoratori, ed il Decreto Legislativo n. 163 del 2006, che opera, invece, sul piano della disciplina degli appalti pubblici, anche apprestando una tutela ai lavoratori, ma con piu' intensa concentrazione sull'esecuzione dell'appalto sono tra loro compatibili (cfr. Cass. 24/05/2016 n. 10731 e piu' recentemente Cass. sez. VI-L 06/04/2017 n. 8955 e Cass. sez. VI-L 20/07/2018 n. 19339). 6.2. Si e' sottolineato che il codice dei contratti pubblici non contiene "una disciplina di legge autosufficiente, in se' esaustiva ne' aliunde integrabile: al contrario, esso e' compatibile con disposizioni ad esso
esterne, come chiaramente denunciato dal rinvio, per quanto in esso non espressamente previsto in riferimento all'attivita' contrattuale, alle disposizioni stabilite dal codice civile (articolo 2, comma 4, 163/2006). E proprio in virtu' di un tale rimando, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, cui e' preclusa per espresso divieto di legge l'integrazione con il Decreto Legislativo n. 276 del 2003, si e' ritenuto applicabile il regime di garanzia dei lavoratori (piu' in generale degli ausiliari) dell'appaltatore previsto dall'articolo 1676 c.c. (Cass. 7 luglio 2014, n. 15432)." Per l'effetto "ben a ragione si deve ritenere applicabile il regime di responsabilita' solidale stabilito dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 29, comma 2, a quei soggetti privati, quale s.p.a., anche qualora committenti in appalti pubblici, alla cui disciplina pure siano soggetti. Ed infatti, nessuna incompatibilita' e' ravvisabile tra le due discipline. Il Decreto Legislativo n. 276 del 2003, regola la materia dell'occupazione e del mercato del lavoro, sul piano della tutela delle condizioni dei lavoratori, con riserva di una piu' forte protezione ad essi, titolari di un'azione diretta nei confronti (in via solidale con il proprio datore di lavoro) del committente per ottenere i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti in dipendenza dell'appalto e non soltanto, come a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, articolo 5, comma 1, le retribuzioni arretrate (peraltro nei limiti delle somme dovute all'esecutore del contratto ovvero al subappaltatore inadempiente nel caso in cui sia previsto il pagamento diretto, con detrazione da queste del loro importo): e cio' non per riconoscimento di un proprio diritto, ma per esercizio di una facolta' ("possono pagare anche in corso d'opera") attribuita ai soggetti indicati dall'articolo 3, comma 1, lettera b) Decreto del Presidente della Repubblica cit. ("amministrazioni aggiudicatrici, organismi di diritto pubblico, enti aggiudicatori, altri soggetti aggiudicatori, soggetti aggiudicatori e stazioni appaltanti: i soggetti indicati rispettivamente dall'articolo 3, commi 25, 26, 29, 31, 32 e 33, del codice"). Il Decreto Legislativo n. 163 del 2006, opera, invece, sul diverso piano della disciplina degli appalti pubblici, anche apprestando una tutela ai lavoratori, nei limiti detti, in corso d'opera, ma con piu' intensa concentrazione sull'esecuzione dell'appalto in conformita' a tutti gli obblighi previsti dalla legge: e cio' mediante un costante monitoraggio dell'osservanza del loro regolare adempimento a cura dell'appaltatore e dei suoi subappaltatori, per effetto di una disciplina sintomatica di una piu' preoccupata attenzione legislativa alla corretta esecuzione dell'appalto pubblico, siccome non riguardante soltanto diritti dei lavoratori, ma anche l'appaltatore inadempiente nel suo rapporto con il committente pubblico (come osservato anche da Xxxx. 7 luglio 2014, n. 15432)."
Per l'effetto si e' ritenuto che nei confronti di un imprenditore soggetto di diritto privato come s.p.a., le due discipline possano concorrere stante, come si e' ricordato, l'assenza di un
espresso divieto di legge e la chiarita compatibilita' delle finalita' cui ciascuna e' finalizzata (cfr. in termini le gia' ricordate Cass. n. 10731 del 2016 e Ord.sez. VI-L n. 19339 del 2018).
Le considerazioni sopra svolte sono pienamente condivise dal Collegio che in assenza di ragioni per discostarsene intende darvi continuita'.
Con il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, articolo 29 comma 2, articoli 2094 e 2099 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. per avere il giudice di primo grado erroneamente incluso il t.f.r. nel regime di garanzia solidale del committente nei confronti dei lavoratori impiegati nell'appalto.
Anche tale censura e' infondata. Questa Corte, in fattispecie analoghe, ha ripetutamente affermato che il t.f.r. deve essere compreso tra i "trattamenti retributivi" previsti dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 29, stante la natura di retribuzione differita dell'istituto (cfr. Cass. 08/01/2016 n. 164, Cass. 14 maggio 2013 n. 11479, Cass. 22/09/2011 n. 19291). Ne consegue che in relazione ai periodi di esecuzione dell'appalto le quote di t. f. r. devono essere incluse nei trattamenti retributivi del cui
pagamento il committente e' solidalmente responsabile ai sensi del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 29, e tale affermazione ha trovato conferma sul piano del diritto positivo per effetto delle modifiche poi apportate dal Decreto Legge n. 5 del 2012, articolo 21, comma 1, conv. con mod. in L. n. 35 del 2012. (cfr. Cass. n. 10731 del 2016 e sez. VI-L n. 19339 del 2018 cit.)....omissis... 10. Con il quinto motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, commi 755, 756 e 757, del Decreto Ministeriale 30 gennaio 2007, del Decreto
Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, articolo 29, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Sostiene la societa' che erroneamente la decisione impugnata ha ritenuto legittimata la societa' per le quote del t.f.r. maturate a far data dal 1 gennaio 2007 sebbene da quella data l'obbligazione gravava sul Fondo di Tesoreria gestito dall'INPS e non sul datore di lavoro - appaltatore. 11. La censura e' infondata in quanto, come gia' precisato da questa Corte (Cassazione civile, sez. lav., 19/05/2016, n. 10354) con orientamento qui condiviso, l'onere probatorio del lavoratore, che agisce nei confronti del committente del datore di lavoro per il pagamento del t.f.r., riguarda il fatto costitutivo del suo diritto, rappresentato dal rapporto di lavoro subordinato e dal contratto di appalto (nel senso dell'impiego nei lavori appaltati). La prova dell'effettivo versamento da parte del datore di lavoro dei contributi dovuti al Fondo di Tesoreria (a norma della L. n. 296 del 2006, articolo 1, comma 756, seconda parte) grava invece sulla parte che opponga il fatto estintivo. Ed infatti il versamento dei contributi al Fondo di Tesoreria costituisce, fatto estintivo della pretesa dei lavoratori nei confronti del datore di lavoro appaltatore e, di conseguenza, nei confronti della committente, obbligata solidale ex lege. La L. n. 296 del 2006, articolo 1, prevede, infatti, al comma 756, che la liquidazione del trattamento di fine rapporto al lavoratore viene effettuata dal Fondo di cui al precedente comma 755 "limitatamente alla quota corrispondente ai versamenti effettuati al Fondo medesimo, mentre per la parte rimanente resta a carico del datore di lavoro". Ne consegue che spa non poteva limitarsi a sostenere il proprio difetto di legittimazione passiva per le
quote del t. f. r. maturate dal 1 gennaio 2007, ma avrebbe dovuto allegare (e provare) i versamenti al Fondo di Tesoreria effettuati dalla societa' -appaltatrice. Orbene il motivo di ricorso non indica, come era necessario al fine della decisivita' della censura, le allegazioni compiute nelle fasi di merito circa l'effettivo versamento dei contributi al Fondo di tesoreria (da parte del datore di lavoro). Piuttosto si limita a riproporre in questa sede la questione del difetto di legittimazione passiva di (OMISSIS) spa e sotto tale aspetto e' infondato (per un caso analogo si veda Cass., VI-L Ord. n. 3884 2018). 12. Anche il sesto motivo di ricorso, con il quale e' lamentata la violazione e falsa applicazione L. 29 maggio 1982, n. 297, articoli 1 e 2, e dell'articolo 1203 c.c., n. 3, e' infondato. 12.1. La questione e' stata gia' affrontata nei precedenti di questa Corte (cfr. Cass. 20.5.2016 nn. 10543 e 10544), qui condivisi, che hanno evidenziato come la posizione giuridica soggettiva della committente (nella specie, s.p.a.) che, in forza del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 29, corrisponda i trattamenti retributivi ed il TFR ai dipendenti del proprio appaltatore non e' riconducibile a quella dell'"avente diritto dal lavoratore", quest'ultimo beneficiario della garanzia del Fondo istituito ai sensi della L. n. 297 del 1982, articolo 2 (a tenore del quale il Fondo di Garanzia si sostituisce al datore di lavoro insolvente nel pagamento del TFR spettante ai lavoratori "o loro aventi diritto"). Il committente adempie ad un'obbligazione propria nascente dalla legge, e, pertanto, non diviene avente diritto dal lavoratore e non ha titolo per ottenere l'intervento del Fondo di garanzia di cui all'articolo 2 della L. n. 297 del 1982; e', piuttosto, legittimato a surrogarsi nei diritti del lavoratore verso il datore di lavoro appaltatore, ex articolo 1203, n. 3, c.c. "(cfr. di recente Cass. ord. sez. VI-L 16/02/2018 n. 3884 ed ivi ulteriori richiami di giurisprudenza). 13. La questione di legittimita' costituzionale del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 29, comma 2, sollevata nell'ultima parte del ricorso, poi, e' stata gia' scrutinata da questa Corte che l'ha ritenuta infondata evidenziando, condivisibilmente, la peculiarita' delle due situazioni a confronto, che giustificano la diversita' delle
discipline. I privati imprenditori non incontrano alcun limite nella scelta del contraente, laddove nelle procedure di evidenza pubblica la tutela del lavoratore e' assicurata sin dal momento della scelta suddetta, ne' limita l'iniziativa economica dei privati imprenditori per l'aggravio di responsabilita', non essendo precluso al legislatore modulare le tutele dei lavoratori in rapporto alla diversa natura dei committenti. (cfr. Cass. 10.10.2016 n. 20327 e piu' recentemente Cass. 06/04/2017 n. 8955, 03/05/2017 n. 10777, 16/02/2018 n. 3885).
In conclusione il ricorso principale di s.p.a. deve essere interamente rigettato restandone cosi' assorbito l'esame del ricorso incidentale condizionato proposto dall'Inps. ".");
il secondo ed il terzo motivo, tra loro connessi, oltre che inammissibilmente formulati ex articolo 360 c.p.c., n. 3, per la parte in cui denunciano gli errores in procedendo ivi prospettati (non ai sensi dell'articolo 360 n. 4), comunque non univocamente, ne' specificamente e neppure in modo autosufficiente in termini di nullita' - non rilevando peraltro sul punto quanto poi in seguito osservato con memoria illustrativa - sono anch'essi ad ogni modo infondati. A tal riguardo, invero, occorre aver riguardo al periodo di maturazione (anno 2011), cui si riferiscono le azionate pretese creditorie de quibus, di guisa che vale e comunque prevale la disciplina sostanziale, non gia' processuale, ex cit. articolo 29, comma 2, ratione temporis all'epoca vigente (quindi secondo il testo in vigore dal primo gennaio 2007 sino al sei aprile 2012: "In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro e' obbligato in solido con la appaltatore, nonche' con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi i contributi previdenziali dovuti."). Peraltro, anche il testo dell'articolo 29, comma 2, in vigore dal 18 luglio 2012 (fino al 22 agosto 2013), in ogni caso senza alcuna portata retroattiva, confermava ancora l'anzidetta solidarieta' passiva con riferimento a quanto dovuto in relazione al periodo di esecuzione dell'appalto, solidarieta' per la quale come e' noto non sussiste litisconsorzio necessario sostanziale ex articolo 102 c.p.c., con conseguente obbligo di integrazione del contraddittorio nei confronti degli eventuali pretermessi, litisconsorzio necessario in effetti nemmeno espressamente enunciato nella riformulazione dell'articolo 29, comma 2, che - fermo restando l'accertamento della responsabilita' solidale di tutti gli obbligati - si limita a prescrivere la necessita' di instaurare il giudizio per il pagamento nei riguardi del committente unitamente all'appaltatore e con gli eventuali subappaltatori, affinche' il primo possa eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione patrimoniale a lui favorevole. Ne deriva che, ferma ancora restando la responsabilita' solidale in sede di cognizione, la conseguente azione esecutiva diventa esperibile nei confronti del committente soltanto dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore e degli obbligati. Infine, il nuovo testo dell'articolo 29, comma 2, si preoccupa di confermare, secondo le regole generali, comunque, la possibilita' per il committente (quale obbligato in solido), che abbia eseguito il pagamento, di esercitare l'azione di regresso nei confronti del coobbligato, e cio' evidentemente a prescindere dalla preventiva escussione patrimoniale di quest'ultimo. Xx in proposito va pure ricordato quanto confermato da Xxxx. II civ. con ordinanza n. 2854 del 12/02/2016, secondo cui l'obbligazione solidale passiva non comporta, sul piano processuale, l'inscindibilita' delle cause, poiche', avendo il creditore titolo per rivalersi per l'intero nei confronti di ogni debitore, e' sempre possibile la scissione del rapporto processuale, che puo' utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati, sicche', se uno solo di essi propone impugnazione (o questa sia formulata nei confronti di uno soltanto), il giudizio puo' proseguire senza dover integrare il contraddittorio nei confronti degli altri, non ricorrendo una delle ipotesi previste dall'articolo 331 c.p.c., essendo sempre possibile la scissione del rapporto processuale, il quale puo' utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati (in tale sensi anche Xxxx. 30 maggio 2008, n. 14469. Pure secondo Xxxx. S.U. 18 giugno 2010, n. 14700, nel caso in cui siano
convenuti nel medesimo giudizio tutti i condebitori di una obbligazione solidale, poiche' quest'ultima determina la costituzione di tanti rapporti obbligatori, quanti sono i condebitori, si realizza la coesistenza nel medesimo giudizio di xxx' cause scindibili. X. xxxxxxx' Xxxx. XX xxx. x. 00000 del 21/11/2006: l'obbligazione solidale passiva non comporta, sul piano processuale, l'inscindibilita' delle cause e non da' luogo a litisconsorzio necessario in quanto, avendo il creditore titolo per rivalersi per l'intero nei confronti di ogni debitore, e' sempre possibile la scissione del rapporto processuale, il quale puo' utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati, con la conseguenza che se sia uno solo di essi a proporre appello -o questo sia formulato solo nei confronti di uno solo di essi- il giudizio puo' legittimamente proseguire senza dover estendere necessariamente il contraddittorio nei confronti degli altri, non rientrandosi in una delle ipotesi previste dall'articolo 331 c.p.c.). Circa la sussistenza di un'obbligazione solidale, almeno in base al testo del succitato articolo 29, comma 2, secondo il testo qui ratione temoris applicabile, vigente sino al sei aprile 2012, relativamente ai crediti retributivi e previdenziali maturati con riferimento ai periodi di esecuzione di appalti fino alla suddetta data, v. ancora Cass. lav. che con sentenza n. 31768 pubblicata il 7/12/2018 rigettava sul punto il ricorso di (OMISSIS) S.p.a., affermando che il, del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, nella versione anteriore alle modifiche apportate dal Decreto Legge n. 5 del 2012, conv. con modif. in L. n. 35 del 2012, e dalla L. n. 92 del 2012, non prevedeva un regime di sussidiarieta', bensi' un'obbligazione solidale del committente con l'appaltatore per il pagamento dei trattamenti retributivi ed i contributi previdenziali dovuti al dipendente, alla luce del tenore letterale della norma nonche' dalla sua "ratio", intesa ad incentivare un utilizzo piu' virtuoso dei contratti di appalto, inducendo il committente a selezionare imprenditori affidabili, per evitare che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarita' del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno del lavoratore (cfr. altresi' Cass. lav. n. 4237 del 13/02/2019, secondo cui in tema di appalto di opere o di servizi, nella successione delle disposizioni diversamente regolanti, alla stregua di solidarieta' in senso stretto ovvero sussidiaria (per la previsione di un beneficio di escussione), la responsabilita' del committente imprenditore o datore di lavoro con l'appaltatore, ai sensi del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 29, comma 2, si applica, per la sua natura sostanziale, il regime di solidarieta' vigente al momento di assunzione dell'obbligazione, e, quindi, di insorgenza del credito del lavoratore: "...7.2. La natura sostanziale del regime di solidarieta' comporta allora la naturale applicazione della legge vigente al momento dell'assunzione dell'obbligazione (articolo 11 preleggi): non alterando un tale regime normativo la previsione del beneficio di escussione, in quanto mera modalita' di realizzazione della "garanzia" per il creditore della solidarieta' esclusivamente in fase esecutiva (Cass. 16 gennaio 2009, n. 1040; Cass. 12 ottobre 2018, n. 25378). 7.3. Ebbene, se la disciplina normativa e' quella vigente al momento dell'assunzione dell'obbligazione, questo deve essere individuato, nel caso di specie, non gia' all'atto della stipulazione dell'appalto, che costituisce il rapporto istitutivo del regime di solidarieta' (tra committente imprenditore o datore di lavoro e appaltatore), ma della maturazione del credito (nella data indiscussa del 28 giugno 2012, per la sua matrice causale nel CCNL del 28 giugno 2012), essendo la committente obbligata in solido con l'appaltatore per i trattamenti retributivi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto. Tanto meno, essa potrebbe essere individuata nel momento di esigibilita' del credito (secondo gli accordi di corresponsione degli importi dovuti, in ragione del 50% con la retribuzione del mese di agosto 2012 e del residuo 50% con la retribuzione del mese di ottobre 2012: come accertato dalla sentenza del Tribunale di Genova, integralmente trascritta da pg. 9 a pg. 13 del ricorso), in quanto elemento accidentale e non costitutivo dell'obbligazione "garantita" dal regime di solidarieta'");
sono pertanto anche infondati i rilievi di pare ricorrente con riferimento all'articolo 112 c.p.c., e articolo 24 Cost., laddove da un lato non e' dato cogliere, in base alla complessiva motivazione della sentenza qui impugnata, in quali termini la Corte di merito avrebbe omesso di pronunciarsi sulle domande della societa', allora appellata, in sede di gravame, avendo per giunta la stessa Corte distrettuale comunque motivato le ragioni per cui riteneva di disattendere l'istanza di chiamata in causa il Consorzio stabile Per altro verso, non risulta ad ogni modo precisato quale effettivo pregiudizio difensivo abbia subito la societa' ricorrente per effetto della mancata parte partecipazione al giudizio del consorzio appaltatore e della societa' cooperativa, datrice di lavoro, una volta comunque accertata l'anzidetta natura solidale delle obbligazioni de quibus nei confronti delle creditrici istanti;
infine, e' ad ogni modo inammissibile il quarto e' ultimo motivo di ricorso, non solo per l'irritualita' della censura (formulata ex articolo 360 n. 3, non sub 4, c.p.c., comunque non univocamente in termini di nullita') circa i menzionati errores in procedendo, riguardo alle asserite violazioni (articoli 81, 112 e 414 c.p.c.), ma anche perche' la doglianza si appalesa largamente non autosufficiente ex articolo 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, soprattutto per omessa riproduzione degli atti processuali rilevanti al riguardo (segnatamente il ricorso in via monitoria, quindi opposto unitamente al pedissequo decreto, l'atto di opposizione e le difese al riguardo svolte dalle lavoratrici resistenti), sicche' non e' dato avere compiuta cognizione dei rilievi (voci di credito e quantum), di cui si duole la ricorrente, la quale d'altro canto non puo' nemmeno sindacare in questa sede di legittimita', neanche sotto il profilo dell'asserita violazione dell'articolo 2697 c.c., l'apprezzamento nel merito operato dalla Corte territoriale ai fini della prova, ritenuta infatti soddisfatta dalla stessa Corte d'Appello, nonostante le contrarie deduzioni della societa' appellata ("...Sul punto l'affermazione - di (OMISSIS) che aveva sostenuto la mancata dimostrazione dello svolgimento di prestazioni in suo favore da parte delle lavoratrici -...univocamente smentita dalle dichiarazioni dei testi sentiti nel xxxxx xxx xxxxxxxx xx xxxxx xxxxx - xx. 8 ottobre 2014");
pertanto, il ricorso va respinto, con conseguente condanna della parte soccombente al rimborso delle relative spese;
atteso l'esito negativo dell'impugnazione, sussistono inoltre i presupposti processuali di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
la Corte RIGETTA il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida, a favore delle sole controricorrenti, in complessivi Euro 5000,00 per compensi professionali ed in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.