Premio Aziendale
Premio Aziendale
Art. 43 CCNL 8.12.2007 - Indicazioni applicative
Il Premio aziendale di produttività e redditività, basato inizialmente solo sull’indicatore valore aggiunto pro capite, o VAP, è stato inserito nel CCNL 1990 per sostituire il premio di rendimento, e la sua contrattazione è continuata fra OOSS aziendali e singola banca fino al dicembre 2007. Nel recente rinnovo contrattuale è stata anche aggiunta la possibilità che il Premio aziendale venga negoziato fra Capogruppo e Rappresentanza di Gruppo, costituita ai sensi dall’art. 21 dell’Accordo 13 dicembre 2003 in materia di libertà sindacali.
In linea di massima, secondo l’accordo del 1993, gli aumenti di stipendio oltre l’inflazione devono essere contrattati attraverso il Premio Aziendale, che deve avere una correlazione fra incremento di produttività e di redditività ed erogazione. Negli ultimi anni, pur in presenza di una contrattazione ormai consolidata nel tempo, si è però verificato uno scollamento fra produttività e retribuzione variabile derivante dal premio, che si è accentuato man mano che il sistema, a seguito di aggregazioni e di ristrutturazioni, ha adottato come modello quello del Gruppo Bancario. Vi sono state molte situazioni critiche da questo punto di vista nel parabancario, nelle società di servizi ed in qualche banca più piccola, che in qualche caso addirittura non sono riuscite a contrattare nessun premio, perchè spesso sono prive di rappresentanze del personale con titolarità giuridica.
Relativamente ai Gruppi bancari, nel nuovo CCNL è stata introdotta la possibilità di formare una delegazione che negozierà il premio, rafforzando così la posizione contrattuale delle aziende piccole e di produzione di servizi, garantendo a tutti i lavoratori un premio adeguato che tenga conto dei reali contributi in termini di produttività. Molto spesso l’apporto dei lavoratori, specie di aziende di servizi, non trova riscontro nel conto economico aziendale a causa delle politiche di pricing e di bilancio adottate nell’ambito del Gruppo. Non si tratta in questo caso quindi solo di solidarietà fra colleghi, ma di una corretta valutazione del principio fondamentale di un’equa redistribuzione dei profitti all’interno del perimetro del Gruppo.
Il premio di produttività viene negoziato dalle XX.XX. nell’ambito del contratto integrativo aziendale: poiché l’ABI ha recepito nell’Accordo il diritto da parte dei lavoratori ad ottenere la contrattazione di secondo livello, nessuna azienda (o nessun Gruppo) aderente all’Organizzazione datoriale può rifiuta rsi di avviare la trattativa in materia.
Le necessità di arrivare ad una forte correlazione fra aumento di produttività e importo del premio, ha determinato la scelta di incrementare il carattere di variabilità dello stesso, per cui il nuovo CCNL stabilisce dei limiti temporali alla negoziazione, che viene distinta in due fasi: la prima entro il 30 aprile dell’anno di riferimento, che si svolge fra Azienda (o Gruppo) e i relativi organismi sindacali;
mentre la seconda, che dovrebbe svolgersi in caso di esito negativo della prima, coinvolgerà anche le Segreterie Nazionali dei sindacati interessati per la ricerca di soluzioni condivise con ABI e dovrà essere conclusa entro il 30 giugno. Nella seconda fase, ovviamente, è prevista la presenza delle Strutture sindacali aziendali o di Gruppo, e delle relative controparti.
L’importo del premio non ha un tetto massimo, anche se il contratto nazionale fissa, in via peraltro esemplificativa, degli indicatori per evitare che le performances siano misurate su parametri poco significativi economicamente.
L’articolato del CCNL stabilisce che nelle aziende che hanno un utile delle attività ordinarie negativo, l’azienda non eroghi il premio di produttività: la voce di bilancio va però corretta delle eventuali svalutazioni straordinarie di attività immobilizzate o di crediti negativo, per evitare, come è già successo in passato, che perdite accumulate di più anni vadano a incidere sul bilancio annuale.
Come già esposto in precedenza, il principio di un’equa distribuzione è sempre quello di riconoscere il più possibile i contributi indiretti di tutti i lavoratori, ed è quindi consigliabile adottare dei meccanismi che portino a risultati non troppo divaricanti nel Gruppo.
La scelta di accentrare la trattativa a livello di Gruppo rende possibile:
adottare un sistema di indicatori comuni a tutte le aziende dello stesso Gruppo, magari ricavati dal bilancio consolidato, con un premio, quindi, uguale per tutti lavoratori;
diversificare il premio azienda per azienda, con una quota base di misura consistente ed uguale per tutti, cui viene aggiunta un’altra quota basata sulle performances strettamente aziendali, che premia in misura maggiore le aziende con più alta produttività. Un esempio potrebbe essere l’adozione per il 70% - 80% del risultato di gestione per dipendente del bila ncio consolidato, e per la residua percentuale del bila ncio della singola azienda.
Nelle aziende prive di autonomia economica, come ad esempio i Centri Servizi che lavorano solo per il Gruppo, senza possibilità di fissare il prezzo di vendita dei prodotti al cliente interno, è possibile individuare anche indicatori che si riferiscano alla capogruppo o al Gruppo nel suo insieme.
IL PREMIO DI PRODUTTIVITA’ E REDDITIVITA’ NEL CCNL
Nel CCNL 8 dicembre 2007 non sono state modificate le modalità di calcolo del premio, ed è rimasto invariato l’elenco degli indicatori utili a tal fine. Tale elenco tuttavia è solo esemplificativo e non tassativo, per cui le parti possono liberamente scegliere ulteriori parametri che si riferiscano alla situazione economica dell’azienda.
L’art. 43 del nuovo CCNL evidenzia una stretta correlazione tra il premio ed i risultati conseguiti dall’azienda. Tale correlazione viene assicurata in particolar modo dall’adozione di indicatori di bilancio che costituiscono i parametri su cui calcolare i premi stessi. Ovviamente ciò presuppone una certa variabilità del premio in funzione dell’andamento dei parametri utilizzati.
Non esiste l’indicatore perfetto: ognuno di essi va adattato alla situazione economica della singola azienda in quel momento e in correlazione con gli obiettivi aziendali. Da qui nasce la difficoltà di individuare parametri e procedure che portino a risultati coerenti, tanto più che gli indicatori sono prefissati per i tre anni di durata del CIA. In genere è consigliabile adottarne più di uno, e possibilmente con residuale dipendenza uno dall’altro, in maniera da introdurre comunque una forma di stabilità. Ad esempio il margine di intermediazione ed il risultato di gestione sono molto correlati fra loro e, quindi, presentano andamenti identici; un’alternativa in questo caso potrebbe essere un indicatore di stato patrimoniale, quale la raccolta più impieghi per dipendente.
Nelle società di servizi, sono generalmente sconsigliabili indicatori che risentano eccessivamente delle politiche determinate dal Consiglio di Amministrazione della Capogruppo, come ad esempio l’utile netto, mentre il margine di intermediazione o il risultato di gestione possono dare risultati più conformi alla realtà. In particolare, per quelle che operano nell’ambito di un Gruppo, si dovrebbe evitare di assumere percentuali elevate di un solo indicatore, preferendo un mix di essi e, se possibile, qualche indicatore riferito al bilancio consolidato. Invece nel parabancario, che è maggiormente rivolto al mercato , tali percentuali possono essere più consistenti, specie nelle società specializzate con alto valore aggiunto.
Testo contrattuale - Art. 43 CCNL 8 dicembre 2007
1. Il premio aziendale viene erogato alle condizioni e con i criteri stabiliti nella contrattazione integrativa aziendale di cui all’art. 26 presso ciascun istituto, fatto salvo quanto previsto dal comma 1 dell’art. 20, in stretta correlazione ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati fra le Parti, aventi come obiettivo incrementi della produttività del lavoro, della qualità ed altri elementi di competitività di cui le imprese dispongano, nonché ad un migliore andamento dei risultati economici dell'impresa, tenendo anche conto degli apporti professionali; tale premio verrà parametrato in base all'inquadramento, tenendo anche conto degli apporti professionali, delle attività svolte e della funzione ricoperta.
2. L’accordo di cui al comma precedente deve essere raggiunto entro il mese di aprile dell’anno di riferimento, In mancanza di accordo entro tale termine, le Segreterie nazionali dei sindacati di interessati si incontreranno entro il mese di giugno dello stesso anno, in presenza dei rappresentanti dell’impresa interessata e delle relative strutture sindacali, per la ricerca di soluzioni condivise.
3. Nella definizione degli importi relativi al premio aziendale possono utilizzarsi, a titolo esemplificativo, uno o più parametri tra i seguenti indicatori depurati da componenti straordinarie positive o negative:
a) indicatori di redditività (ad es.: ROE, ROA, utile attività ordinarie su patrimonio, risultato lordo di gestione corretto per il rischio su totale attivo, etc.);
b) indicatori di efficienza (ad es.: costi operativi/margine di intermediazione, costi operativi/attività fruttifere, costo del lavoro/margine di intermediazione, costo del lavoro per dipendente, etc. - le voci di redditività lorda possono essere rettificate per tener conto degli oneri connessi al rischio di credito imputati a conto economico in via ordinaria -);
c) indicatori di produttività (ad es.: VAP, valore aggiunto per dipendente, margine di intermediazione per dipendente, fondi intermediati per dipendente, ricavi da servizi per dipendente, impieghi + raccolta per dipendente, etc. - le voci di redditività lorda possono essere rettificate per tener conto degli oneri connessi al rischio di credito imputati a conto economico in via ordinaria -);
d) indicatori di qualità definiti a livello aziendale;
e) indicatori di rischiosità (ad es. sofferenze/impieghi, etc.);
f) indicatori di struttura (ad es.: raccolta indiretta/raccolta diretta, gestioni patrimoniali/raccolta, etc.).
4. L'attribuzione del premio aziendale può essere determinata attraverso un indicatore complessivo che può valutarsi, tra l'altro, in termini di:
-un valore predeterminato o classi di valori predeterminati;
-scostamenti rispetto a valori predeterminati;
-variazioni rispetto all'anno o a periodi precedenti;
-percentuali di indici o di valori predeterminati.
5. Nel caso di utilizzo di più indicatori e/o parametri, questi possono essere opportunamente ponderati secondo le modalità definite a livello aziendale.
6. Le imprese che presentino un risultato delle attività ordinarie negativo - al netto di eventuali modifiche straordinarie nei criteri di valutazione dei crediti e delle partecipazioni queste ultime laddove imputate al risultato ordinario - non daranno luogo all'erogazione del premio aziendale.
7. Il premio aziendale può essere determinato sulla base di indicatori relativi alle performance del gruppo e/o della capogruppo per le società controllate che, per vincoli di committenza o contrattuale con imprese o impresa del gruppo, svolgano per esse attività prevalente tale da determinarne la sussistenza, essendo perciò carenti di autonomia economica.
8. Il premio aziendale viene erogato al personale che abbia superato il periodo di prova, sotto forma di una tantum. La computabilità o meno nel trattamento di fine rapporto - nell'ambito dell'ammontare complessivo del medesimo - viene definita a livello aziendale.
9. Nel caso di assenza dal servizio, il premio aziendale viene ridotto di tanti dodicesimi quanti sono i mesi interi di assenza. Nel caso di assenza retribuita, la riduzione di cui sopra non si applica se l'assenza non supera i tre mesi; in caso di assenza superiore la riduzione non si applica per i primi tre mesi, salvo che l'assenza duri un intero anno. La riduzione, comunque, non si applica per i periodi di assenza per ferie.
10. Relativamente ai periodi di congedo di maternità dal servizio dipendente da gravidanza o puerperio, la riduzione di cui al comma precedente non si applica per un periodo di astensione di cinque mesi.
11. In caso di attribuzione di un giudizio professionale di sintesi negativo il premio aziendale non viene erogato.
L’andamento del sistema
L’andamento dell’economia internazionale e nazionale, gli sviluppi conseguenti all’applicazione delle recenti normative in materia creditizia e strumenti finanziari, il perdurare della crisi determinata prevalentemente dai mutui subprime, nel prossimo futuro possono far presupporre bilanci meno brillanti, se confrontati con gli ultimi a nni.
Pur tuttavia la correlazione individuata nel CCNL e trasposta nei contratti integrativi aziendali attraverso un’oculata scelta degli indicatori e dei metodi di pagamento potrà consentire di intercettare i miglioramenti di produttività, efficienza ed altro delle aziende, anche in questo periodo in cui gli incrementi attesi potrebbero non essere esaltanti come in passato.
Le fonti da cui ricavare gli indicatori
La fonte da cui si possono ricavare gli indicatori è il bilancio d’esercizio dell’azienda comprensivo di tutte le sue parti e dei suoi allegati. Il bilancio consolidato, o quello della Capogruppo, può essere utilizzato nelle aziende che svolgano per il Gruppo “attività prevalente tale da determinarne la sussistenza, essendo perciò carenti di autonomia economica.”
Tuttavia le Parti, specie se la trattativa si svolge nell’ambito del Gruppo, possono in autonomia decidere di utilizzare anche un mix di indicatori, tratti sia dal bilancio consolidato sia da quello aziendale, anche nelle aziende dotate di “autonomia economica”.
Gli indicatori basati su voci di contabilità interna dell’impresa potrebbero essere usati ai fini del calcolo, ma il loro uso viene sconsigliato perché la fonte non può essere controllata dalle XX.XX.
Gli effetti delle nuove regole IAS
L’introduzione delle nuove regole IAS ha reso il bilancio più completo e analitico, inserendo ulteriori dati e informazioni utili.
Tuttavia le nuove regole IAS hanno anche introdotto elementi di incertezza in quanto consentono una valutazione di dive rsi elementi a bilancio in base al criterio del valore attuale, ad un tasso tecnico determinato dalla situazione del mercato, dei flussi futuri di costo (uscite) e di ricavo (entrate) denominato Fair Value. Quindi una serie storica molto lunga può diventare di difficile costruzione, comprendendo anni con criteri contabili differenti.
L’utilizzo del criterio del Fair Value nel conto economico potrebbe comportare, come effetto indiretto, la volatilità delle performance economiche della banca in funzione della oscillazione dei tassi. Poiché la valutazione delle attività finanziarie dipende spesso dall’andamento generale dell’economia, i risultati delle aziende di credito risulterebbero – a parità di condizioni – peggiori in situazioni di crisi finanziaria e migliori in presenza di euforia.
Per i crediti e debiti verso clientela (criterio del costo ammortizzato): con l’introduzione degli IAS/IFRS è stato reso più accurato il criterio di determinazione del presumibile valore
dei crediti. La loro valutazione deve essere eseguita con riferimento alla stima dei futuri flussi di cassa previsti, sia con riferimento all’ammontare che alla data di incasso. I crediti, inoltre, devono essere valutati analiticamente (credito significativo, precedenti stime di perdite, previsioni di diminuzioni durevoli di valore) o collettivamente (raggruppamenti omogenei per rischio di credito: settore economico, localizzazione, garanzie).
I Fondi per rischi ed oneri generici, in base alle nuove regole IAS, non possono essere iscritti se non esiste un’obbligazione attuale, legale o implicita, così come vanno immediatamente inseriti gli impegni formalmente assunti e quantificati anche se di rilevanza di futuri esercizi. Ciò comporta, ad esempio, che non possono essere più iscritti i fondi generici (ad esempio fondo svalutazione crediti senza un’analisi delle singole poste, il fondo manutenzione e riparazione). Inoltre, per quanto riguarda l’importo, esso deve essere attualizzato (se l’effetto è significativo) ad un tasso, lordo di imposte, che rifletta il rischio insito nella relativa passività.
Anche le poste del passivo riferite al personale (ad esempio fondi previdenziali a prestazione definita, TFR, altri impegni a lungo termine, politiche di incentivazione) sono valutate su base attuariale, tene ndo conto del momento in cui l’onere verrà effettivamente corrisposto.
Un’altra variazione introdotta dalle nuove regole IAS è dovuta al nuovo criterio di computo del costo del lavoro. In questa voce vengono contabilizzati, oltre agli stipendi e relativi oneri previdenziali e fiscali e quote di fondi pensione, anche i costi delle stock options, del sistema incentivante o di altri premi, i costo dei distacchi, dei lavoratori con contratto di somministrazione ed anche i compensi del Consiglio di Amministrazione.
Quindi per evitare differenze di metodo con i vecchi accordi o comunque per evidenziare solo il costo del lavoro dei dipendenti dell’azienda, è opportuno eliminare tutti gli oneri impropri, desumibili dalla sezione 9 delle informazioni sul conto economico allegate al bilancio. In particolare vanno eliminati i punti 2), costo di altro personale, il punto 3) compensi agli amministratori e i punti h) e i) costi delle stock options e i fringe benefits.
Le tipologie di bilancio, i fattori straordinari
Particolare attenzione deve essere posta nei bilanci individuali ai fattori esogeni che possono modificare le poste di bilancio in maniera significativa senza che sia stata modificata la struttura produttiva. Nei bilanci consolidati tale attenzione deve essere estesa anche ai criteri di costruzione del “perimetro di consolidamento”. Inclusione od esclusione di società potrebbero modificare nel tempo i risultati del bilancio consolidato.
Altro fattore esterno che è utile considerare è il prelievo fiscale. Essendo la normativa fiscale molto variabile nel tempo e, forse, non particolarmente favorevole in un prossimo futuro, è opportuno cercare di sterilizzare gli effetti di questa nella determinazione del premio. L’utilizzo di poste di redditività lorda potrebbe perciò aiutare.
In ogni caso è opportuno cautelarsi prevedendo nell’accordo / contratto delle apposite clausole di salvaguardia.
Gli obiettivi aziendali
L’analisi dei piani industriali è propedeutica all’individuazione di parametri maggiormente idonei a rilevare gli incrementi di produttività, efficienza ed altro, più significativi per l’azienda stessa. Tale analisi contribuisce anche a comprendere gli obiettivi dell’impresa.
Quindi l’utilizzo di indicatori coerenti con le politiche aziendali (sia per i piani industriali ma anche per il sistema incentivante) può contribuire ad una correlazione del premio aziendale con i risultati conseguiti. Peraltro, va tenuto nel dovuto conto che le previsioni in campo finanziario hanno sempre una forte variabilità ed aleatorietà, per cui è opportuno, specie nel caso di negoziazione del premio per più anni, prevedere incontri di verifica ad hoc, e, al caso, anche clausole di salvaguardia per eventi eccezionali o imprevedibili.
Accortezze nell’utilizzo di particolari dati
E’ opportuno che per il calcolo di indicatori che hanno componenti tratti dallo Stato Patrimoniale (che è la fotografia della situazione dell’azienda in un dato momento) si prenda la media aritmetica della situazione iniziale e finale, così come per il numero dei dipendenti.
GLI INDICATORI PREVISTI DAL CCNL
Indicatori di Redditività :
1. ROE (Return on Equity) : Utile netto d’esercizio / Patrimonio netto
E’ l’indicatore di redditività netta del patrimonio, ed è molto usato per evidenziare la capacità di reddito di un’azienda.
Vantaggi:
In situazioni di stabilità del patrimonio netto, in alcune aziende a redditività bassa ci si può attendere un incremento di questo indicatore.
Svantaggi:
Bisogna premettere che con le nuove regole IAS parlare dell’utile è limitativo, perché parte di esso può essere direttamente contabilizzato in partite di patrimonio, senza passare per il conto economico.
A seguito della valutazione al Fair Value delle componenti dell’attivo dello stato patrimoniale ci si può ragionevolmente attendere un incremento del Patrimonio Netto della Banca: ciò comporta, a parità di condizioni, una riduzione di tutti gli indicatori che riportato il Patrimonio (PN) al denominatore come ROE e ROI, anche tenuto conto dell’incremento del numeratore.
In linea di principio quindi è opportuno che gli indicatori che rapportano reddito e patrimonio nelle loro varie forme vadano, per quanto possibile, evitati, specie se
paragonati anno su anno. Se si conviene sulla loro utilizzazione, è opportuno che si tenga conto delle riserve di patrimonio e di alcune rettifiche alla voce 270 (utile netto).
In sintesi il minor incremento della redditività e la tendenza a patrimonializzare maggiormente le aziende potrebbero produrre effetti non positivi su questo indicatore. Inoltre la diminuzione della redditività dovuta alla crisi dei mutui subprime, e le previsioni degli istituti di ricerca prevedono una contrazione di questo indicatore nel 2008 e nel 2009; la ripresa è prevista solo dal 2010. Da usare quindi con cautela.
Note tecniche:
L’utile netto (voce 270 CE), può essere rettificato, in analogia alle riflessioni fatte in passato e più sopra, delle voci 110 CE (risultato delle attività /passività finanziarie valutate al fair value) e della voce 220 CE (risultato netto della valutazione al fair value delle attività materiali e immateriali), in quanto queste voci sono oggetto di stime del Consiglio di Amministrazione e non già risultato di operazioni o negoziazioni effettuate in concreto. Poiché peraltro sia la voce 110 che quella 220 sono calcolate al lordo delle imposte, potrebbe essere inoltre opportuno che l’utile netto venga calcolato eventualmente prima delle imposte (voce 250 CE).
A rendere ancora più problematico il calcolo, gli effetti dell’esclusione della voce 110 possono portare a squilibri generati dalla situazione di mercato ed a problemi di calcolo nell’anno successivo, nel quale correttamente si dovrebbe ripartire dalla nuova base rettificata e non già dal dato di bilancio. Inoltre è opportuno definire esattamente la composizione del ROE scelto, anche perché alcuni istituti specializzati nel rating stanno già adottando più tipologie di questo indicatore, che diventa quindi non più standardizzabile a priori.
L’utile netto potrebbe inoltre essere calcolato prima di alcune voci derivanti da operazioni patrimoniali o da stime del Consiglio di Amministrazione, quali gli utili/perdite su partecipazioni (voce 210 CE), la valutazione al fair value delle attività materiali e immateriali (voce 220 CE), rettifiche di valore dell’avviamento (voce 230 CE), gli utili/perdite da cessione di investimenti (voce 240 CE).
Il patrimonio netto (o i mezzi propri) è la somma delle voci da 140 a 200 del passivo; la voce 130 può essere inserita o meno, tenendo presente che anche questa deriva da stime prudenziali dell’azienda.
2. ROI (Return on Investment): Utile netto d’esercizio / Fondi intermediati
Misura la redditività netta della banca in rapporto ai fondi, sia propri che in deposito (ROI).
Svantaggi:
Risente moltissimo della situazione del mercato e delle relative politiche del Consiglio di Amministrazione, della composizione dell’attivo, più o meno fruttifero, con tutti gli inconvenienti del caso.
Note tecniche:
L’utile netto può venir calcolato come nel caso del ROE; come fondi intermediati si può prendere il totale dell’attivo, salvo detrarre la voce 90, adeguamento di valore delle attività finanziarie oggetto di copertura generica, le partecipazioni della voce 100 in quanto facenti parte di attività finanziarie piuttosto che operative.
3. R.O.A. (Return on Assets): Risultato di gestione/totale dell’attivo netto fruttifero
Indica la redditività del capitale investito, sia di quello aziendale (patrimonio) che di quello gestito (depositi e debiti diversi).
L’indicatore è utile per misurare nel tempo la capacità di investire (oppure, ad essere cattivi, di “spremere” la clientela). Da usare con cautela, e sempre in sintonia con le politiche di gestione dell’azienda.
Svantaggi:
Questo indicatore risente moltissimo della politica di credito adottata dall’azienda: se l’orientamento è verso il credito alle famiglie o alle piccole aziende, assume generalmente valori più alti, perché ma ggiore è la rischiosità, più alto deve essere il ROA. Viceversa se l’azienda agisce sul mercato all’ingrosso o sull’interbancario, il ROA può essere molto basso.
Note tecniche:
Il risultato di gestione (lordo) si calcola sommando le voci dalla 10 all’80 del CE, e detraendo le voci 150 (spese amministrative) e 190 (altri oneri/proventi di gestione). I valori esclusi sono frutto di attività finanziarie o di valutazioni al fair value. Le voci 170-180 ed anche la 220, che sono in definitiva gli ammortamenti, possono anche essere comprese nel calcolo.
L’attivo fruttifero può essere calcolato con differenti modalità: ad esempio si possono togliere tutte le immobilizzazioni, sia materiali (immobili e attrezzature) che immateriali (software, diritti di uso) e finanziarie (partecipazioni strategiche), oltre alle giacenze di cassa.
4. Utile della operatività corrente al lordo delle imposte su patrimonio / patrimonio netto
L’utile delle attività ordinarie viene evidenziato nel conto economico nella voce 250: rappresenta il ricavo netto della gestione ordinaria, senza tenere conto delle imposte sul reddito.
Bisogna prestare attenzione alla composizione delle rettifiche di valore su crediti (voce 130) e su partecipazioni (voce 210). E’ necessario esaminare la nota integrativa al bilancio per vedere se effettivamente tutte le rettifiche di valore sono originate da perdite effettive. In alternativa è meglio cercare di addivenire ad un accordo basato su un mix fra risultato lordo di gestione o valore aggiunto, e, come indice di redditività, utile netto d’esercizio, rettificato degli importi accantonati a fondi patrimoniali.
Vantaggi:
Può rappresentare una valida alternativa al ROE in aziende con forti proventi straordinari, ad esempio vendita di partecipazioni per riassetto del Gruppo. Da tener presente però la durata dell’accordo che se di durata triennale può porre problemi negli anni successivi
Svantaggi:
Va usato con estrema cautela senza le opportune rettifiche specie in questo momento in cui vi possono essere pesanti svalutazioni su crediti, investimenti in titoli, partecipazioni. Da questa voce è importante detrarre eventuali componenti straordinarie o finanziarie (ad esempio le voci 210-240 CE) per individuare la capacità di reddito dell’azienda indipendentemente da rendite eccezionali, che esulano dalla gestione tipica.
E’ meglio quindi utilizzare come indice di redditività l’utile lordo d’esercizio, rettificato però degli importi accantonati a fondi patrimoniali.
5. Utile della operatività corrente al lordo delle imposte /Fondi intermediati.
Per le modalità di calcolo vale quanto esposto nelle note tecniche dei punti 4 e 2 rispettivamente.
Vantaggi:
L’utile dell’operatività corrente può anche essere preferibile in certi casi al RLG perché include sofferenze e ammortamenti, e quindi più realistico sulla situazione economica di un’impresa.
La variante dell’indicatore “utile dell’operatività corrente / numero dipendenti” storicamente ha avuto un’evoluzione positiva. Si può ipotizzare un analogo andamento nel prossimo futuro nelle aziende che hanno fatto ricorso a politiche di uscite incentivate nei confronti del personale.
Svantaggi:
Permane sempre il problema della discrezionalità aziendale, presente per quanto riguarda la valutazione dei crediti e la politica sugli ammortamenti; queste due voci, essendo anche fonte di controllo della Banca d’Italia e dell’Amministrazione fiscale, non sono tutto sommato suscettibili di grosse variazioni rispetto alla situazione reale.
6. RLG corretto per il rischio di totale attivo: RLG al netto di accantonamenti a fondo rischi crediti e accantonamenti per rischi e oneri.
E’ una variante possibile al Risultato Lordo di Gestione, e può anche essere rapportato ai fondi intermediati o al numero dipendenti.
La correzione delle voci di redditività lorda, per oneri connessi al rischio di credito imputati al conto economico in xxx xxxxxxxxx, x motivata dal fatto che le banche che operano su mercati più difficili (ad esempio nel Meridione oppure specializzate in credito al consumo o alle imprese familiari) hanno un risultato lordo di gestione più alto perché devono mantenere alti i tassi per coprire i rischi fisiologici. Altre invece, come ad esempio quelle specializzate nell’interbancario, hanno risultati potenzialmente minori. Per questo motivo, nel CCNL del 1999 le parti avevano concordato il correttivo del rischio: è inutile che una banca abbia risultati elevati, ma solo sulla carta, se i guadagni vengono azzerati poi dalle perdite sui crediti concessi.
Bisogna tener conto del fatto che i grossi Gruppi hanno affinato nel tempo il controllo dei crediti, mentre nelle aziende più piccole spesso si adottano criteri più elastici e che possono variare per distribuzione geografica e settore di attività dell’affidato.
Vantaggi:
Va bene nelle aziende con forte controllo del credito e di conseguenza con poche sofferenze.
Svantaggi:
La situazione del mercato, molto instabile, e della situazione economica italiana può portare ad un aumento delle sofferenze.
Note tecniche:
Al risultato lordo di gestione, descritto nel punto 3, si toglie la voce 130 a) “svalutazione sui crediti” ed eventualmente le voci 170 e 180 “ammortamenti” e 160 “accantonamenti a fondi rischi e oneri”h.
7. Margine di intermediazione / fondi intermediati
Rappresenta il fatturato dell’azienda rispetto ai fondi in gestione, sia propri che di terzi.
Vantaggi:
E’ storicamente in crescita e dovrebbe restarlo nei tempi lunghi, salvo crisi cicliche. E’ abbastanza indipendente dalle politiche di bilancio del Consiglio di amministrazione.
Svantaggi:
Il margine di intermediazione può subire le crisi di mercato che deprimono i ricavi. Non è significativo nelle aziende che puntano particolarmente sulla riduzione dei costi o in qualche settore del parabancario, dove i fondi intermediati sono solo rappresentati da prestiti della capogruppo (ad esempio leasing e factoring)
Note tecniche:
Dalla voce 120 (margine di intermediazione) andrebbero detratte le voci 90, 100, 110 tipicamente finanziarie.
8. Margine di interesse / fondi intermediati
Rappresenta il ricavo netto fra costo della raccolta e ricavo degli impieghi.
Vantaggi:
Può crescere in un momento di aumento dei tassi di interessi o di aumento della domanda di prestiti.
Svantaggi:
Dipende molto dall’andamento dei tassi e dalla propensione al rischio dell’impresa. Può essere fortemente influenzato, se non corretto, dall’indebitamento sull’interbancario. Storicamente è in diminuzione per effetto della concorrenza, ed in questo momento risente della crisi del mercato interbancario.
Note tecniche:
Si calcola partendo dalla somma algebrica degli interessi attivi e passivi (voce 30 CE), al netto eventualmente delle poste rettificative (voce 100 CE).
9. Risultato lordo di gestione / fondi intermediati
Rappresenta l’utile lordo sui fondi in gestione, sia propri che presi a prestito.
Vantaggi:
E’ preferibile ai due indici sopra evidenziati (7 e 8) perché comprende tutta la redditività lorda dell’azienda bancaria, considerati anche i costi di gestione, rispetto al capitale proprio e di terzi a prestito. E’ un indicatore che, con le modifiche di cui sopra riguardo alla valutazioni, presenta il vantaggio di essere poco modificabile dalle politiche del Consiglio di Amministrazione.
Note tecniche:
La metodologia di calcolo è ricavabile dai punti 2 e 3 sopra descritti.
Indicatori di Efficienza:
10. Risultato lordo di gestione per dipendente
Il risultato lordo di gestione rappresenta il saldo tra ricavi e costi.
Svantaggi:
Nelle aziende in forte sviluppo occupazionale determinato da nuove assunzioni, l’incremento del numero dei dipendenti generalmente non è immediatamente seguito da un aumento dei ricavi in quanto è considerabile come un investimento non a brevissimo termine. Da valutare quindi con attenzione.
Vantaggi:
Nelle aziende la combinazione di questi due elementi tendenzialmente consente un recupero di efficienza, ragion per cui è interessante l’uso di questo indicatore nel paniere definito per il calcolo del premio.
A parità di redditività, la possibile diminuzione del numero dei dipendenti per effetto di politiche di riduzione, determinate da una maggiore efficienza individuale, consente una crescita dell’indicatore, con un conseguente aumento della retribuzione.
11. Costi operativi / margine di intermediazione e costi operativi /attività fruttifere
Vantaggi:
Questi due indicatori sono più precisi di quelli che fanno riferimento al costo del lavoro nel determinare il rapporto fra costi e ricavi gestionali tipici, perché comprendono anche i costi di outsourcing e di fornitura di servizi appaltati all’esterno, che figurano nei costi di struttura. Conviene utilizzarli nelle aziende che hanno frequenti variazioni negli appalti esterni, o che hanno in programma riduzioni di costo di questi ultimi.
Note tecniche:
I costi operativi totali sono evidenziati nel bilancio delle banche nella voce 150, e comprendono la voce 150 a), relativa al costo del lavoro, la voce 150 b) che rappresenta gli altri costi operativi di struttura e le imposte indirette. Al denominatore invece può essere inserito il margine di intermediazione oppure le attività fruttifere, descritte rispettivamente nei punti 7 e 3. Attenzione alla composizione della voce costo del lavoro che con la nuova normativa IAS comprende anche costi impropri.
Indicatori di Produttività:
12. Costo del lavoro / margine di intermediazione e costo del lavoro per dipendente
Vantaggi:
Nelle aziende con alto costo del personale, in un’ottica di previsione di riduzione del turn over, questo indicatore può essere interessante. Lo stesso vale per le aziende che prevedono un programma di esternalizzazione, che alleggerisce il costo del lavoro, con spostamento dell’onere su altri costi operativi.
Svantaggi:
L’aumento del costo del lavoro penalizza questi indicatori. Attenzione al salario incentivante, ed agli esodi incentivati che per le regole IAS incidono sull’indicatore.
Note tecniche:
Nel costo del lavoro (voce 150 a) del bilancio) sono compresi tutte le voci retributive, gli oneri sociali, gli accantonamenti di legge (TFR) e quelli contrattuali (fondi pensioni, casse o polizze sanitarie), straordinari e trasferte, ticket pasto, premi e incentivi.
13. VAP (Valore Aggiunto per dipendente)
Vantaggi:
Gli indicatori di produttività presentano meno problemi di comprensione ai non addetti ai lavori, perché sono stati usati fin dal 1992 per la misurazione dei premi aziendali di produttività. In particolare il Valore Aggiunto Pro capite o VAP è diventato talmente famoso da venir identificato, nel linguaggio corrente, con il premio stesso, anche nelle aziende dove è stato poi affiancato o addirittura sostituito da altri indicatori.
Storicamente è l’indicatore più frequentemente in crescita a livello di sistema. Tiene conto dell’andamento dei ricavi e dell’ottimizzazione dei costi, sterilizzando il costo del lavoro. Il calcolo procapite risente in maniera favorevole dell’appiattita dinamica del personale.
Note tecniche:
Il valore aggiunto si calcola come differenza fra margine di intermediazione e costi di struttura, esclusi quelli relativi al personale. Rappresenta il contributo dato da quella singola azienda al Prodotto Industriale Lordo (PIL) nazionale: al margine di intermediazione, cioè la ricchezza prodotta dal servizio delle banche, espressa in fatturato lordo (cioè tutti gli interessi addebitati meno quelli accreditati più le commissioni nette ed i guadagni sulle operazioni finanziarie), va detratto il costo della struttura, cioè le spese per il mantenimento degli immobili ed impianti, più i costi delle prestazioni richieste a terzi e le tasse od imposte non sul reddito. Non va invece detratto il costo del personale, perché, parlando di produttività, si tratta di ricchezza creata dall’attività dei lavoratori valutata al prezzo del mercato del lavoro. Come per il risultato lordo di gestione vanno correttamente detratti i proventi del patrimonio aziendale, quali dividendi e utili delle partecipazioni.
Il valore aggiunto pro capite è il risultato della divisione fra valore aggiunto e il numero dei dipendenti medi dell’azienda (cioè la media aritmetica del dato iniziale dell’anno e di quello finale), tenendo conto dell’incidenza in ore del personale part-time.
14. Fondi intermediati per dipendente
Misura la quantità di risorse amministrate da ciascun dipendente
Svantaggi:
E’ scarsamente rappresentativo della produttività del lavoro, ed è soggetto alle politiche di bilancio.
Note tecniche:
Per il calcolo dei fondi intermediati vedi il punto 2. Al denominatore inserire il numero medio per dipendente, desumibile anche dalla nota integrativa.
15. Raccolta più impieghi verso clientela per dipendente
Vantaggi:
Questo indicatore introduce una certa stabilità nel calcolo, in quanto le masse in genere non hanno eccessive oscillazioni.
Svantaggi:
In aziende che hanno approfittato della situazione economica particolarmente favorevole ma che ora debbono restringere la propensione ad erogare credito per problemi di solvibilità dei debitori e/o problemi patrimoniali, ci si può ragionevolmente attendere una flessione dell’indicatore.
Note tecniche:
Si calcolo partendo dalla la somma delle voci 70 attivo e 20 passivo dello Stato Patrimoniale, eventualmente depurata dalle sofferenze elencate nella Nota integrativa. Attenzione particolare va riservata ad operazioni di cartolarizzazione o di cessione del credito, a seguito delle quali il credito sparisce dai bilanci, per essere sostituito da partecipazioni nelle società di gestione del credito oppure direttamente da commissioni nel conto economico.
Indicatori di Qualità:
Una considerazione può essere fatta sull’utilizzo degli indicatori basati sulla misurazione della qualità del lavoro. Questi indicatori sono stati finora poco usati nella determinazione del premio aziendale, perchè in questa fase di ristrutturazione e aumento della concorrenza si è preferito puntare sulla misurazione della redditività.
Gli indicatori di qualità possono assumere diverse forme: nell’industria manifatturiera, ad esempio, misurano i pezzi non difettosi rispetto al totale oppure un grado di costruzione eccellente. Nel settore dei servizi invece, viene spesso misurato il grado di soddisfazione del cliente. Quest’ultimo può essere esterno (cioè il cliente vero e proprio) oppure anche interno, cioè gli altri servizi della banca.
Questa categoria di indicatori, può essere un possibile correttivo rispetto a quelli basati sulla redditività da utilizzare nelle società di servizi, oppure nelle banche per misurare la soddisfazione del cliente, e quindi la capacità di fidelizzazione dello stesso (redditività a scadenza medio-lunga).
Nelle società di servizi appartenenti ad un Gruppo bancario potrebbero essere usati indicatori di qualità sul grado di soddisfazione del cliente interno, a patto che la misurazione venga effettuata da una azienda di consulenza esterna al Gruppo, perché l’influenza della Direzione del Gruppo potrebbe impedire una reale analisi della qualità dei servizi offerti.
Vantaggi
E’ interessante la possibilità di premiare la qualità del lavoro svolto con la clientela, anche per scoraggiare la ricerca del profitto a breve che alcune banche hanno fatto, del tipo “mordi (il cliente) e fuggi”. Un suggerimento potrebbe essere quello di individuare indici di fidelizzazione della clientela, basati sul rapporto fra nuove acquisizioni ed abbandoni su particolari prodotti.
Svantaggi
Il rischio è quello che i dipendenti paghino (in termini di minore erogazione) per effetto della mancanza di organizzazione o peggio della mancanza di organici: il grado di insoddisfazione sul servizio espresso dai “clienti interni” del gruppo potrebbe essere causato dalla carenza di personale, o dalla mancanza di formazione dello stesso. Si rischia così di far pagare ai dipendenti anche l’inefficienza strutturale: ad esempio, una grande azienda di credito italiana aveva adottato come criterio per la misurazione della qualità il grado di soddisfazione della clientela, misurato attraverso una società specializzata nelle indagini di mercato, che aveva contattato periodicamente per telefono i clienti. Sono risultate più soddisfacenti le unità produttive senza problemi di organico, perché i dipendenti avevano maggior tempo a disposizione per il dialogo e la consulenza. Sono invece risultate peggiori, ovviamente, le agenzie con problemi di personale o carenti nell’organizzazione. Ci vuole quindi una forte cautela nella definizione dei criteri e nell’interpretazione dei risultati.
Indicatori di Rischiosità:
Sofferenze / impieghi
Svantaggi
E’ un indicatore poco significativo per la produttività e redditività del fattore lavoro, che risente molto delle politiche aziendali di concessione del credito, del mercato in cui l’azienda opera e delle decisioni – del tutto discrezionali – sulla valutazione dei crediti dubbi.
Indicatori di Struttura:
Raccolta indiretta / raccolta diretta e gestioni patr imoniali / raccolta .
Vantaggi
E’ opportuno che questo indicatore venga utilizzato in correlazione agli obiettivi del piano industriale e del sistema incentivante, in maniera da portare a risultati coerenti con la politica di acquisizione della raccolta dell’azienda.
Svantaggi
Conseguentemente alla applicazione della Mifid (Markets in Financial Instruments Directive ) soprattutto nel segmento retail è possibile che lo spostamento degli strumenti di raccolta sia limitato dalla tipologia di rischio della clientela, ragion per cui questo indicatore diventa sempre più scarsamente indicativo. La tendenza di breve periodo è di utilizzo di strumenti finanziari a bassissimo rischio, con un ritorno ai titoli di stato, quindi in custodia amministrata. Le gestioni patrimoniali sono da tempo in difficoltà.
Altri indicatori:
Oltre che indicatori di redditività o produttività, potrebbero essere usati altri strumenti di misurazione, come, ad esempio, delle grandezze fisiche (numero di rapporti accesi, pratiche eseguite, numero di transazioni effettuate ecc.). Questi dati peraltro - salvo eccezioni - sono solo di fonte aziendale e difficilmente controllabili ed inoltre sembrano più adatti alla misurazione di produttività di gruppi ristretti di lavoratori piuttosto che di un’azienda intera.
IL METODO DI DETERMINAZIONE DELL’AMMONTARE DEL PREMIO
Sono possibili vari tipi di scelta: una più conservatrice e una invece più coraggiosa, ma tendenzialmente più redditizia. La prima, basata di solito sull’impianto previsto nel contratto del 1990 (determinazione del VAP, con valore base e valore soglia), prevede l’individuazione di una media di uno o più indicatori, calcolata su un determinato numero di anni precedenti, e l’individuazione di un’erogazione mi nima al raggiungimento di un valore base e di una massima al raggiungimento di un valore soglia, entrambi calcolati su parametri dell’indicatore complesso. Il sistema, opportunamente tarato, tende a stabilizzare l’erogazione, nell’ipotesi in cui minimo e massimo sono abbastanza vicini come valore di erogazione.
Un secondo metodo è quello di calcolare l’erogazione in funzione non degli utili o degli indicatori di produttività e redditività, ma della variazione degli stessi rispetto all’anno precedente o ad una media dei valori degli anni precedenti. In questa maniera le variazioni degli indicatori hanno un effetto potenziale molto più ampio sia in positivo che in negativo sull’erogazione.
Esempio riassuntivo:
Anno n Indicatori di bilancio =100 Anno n+1 Indicatori di bilancio =101
Banda di oscillazione 105-110 Banda di oscillazione 103-105 Banda di oscillazione 97-103 Banda di oscillazione 90-97 Banda di oscillazione 80-90
Premio X+z Premio X+y Premio X Premio X-y Premio X-z
E’ particolarmente interessante collegare l’andamento degli indicatori ad una banda di oscillazione, in più o in meno, neutra e ad ulteriori bande di oscillazioni che comportano l’aumento più che progressivo del premio.
Indicatore di produttività anno n | 50% |
Indicatore di redditività anno n | 30% |
Indicatore di struttura o rischiosità | 20% |
Totale | 100% |
Questo sistema è utile soprattutto nelle aziende con risultati consolidati, dove è difficile crescere senza variazioni nella struttura economica e/o societaria (criterio della produttività marginale decrescente).
Particolarmente svantaggioso, se non adeguatamente ponderato, è ricorrere al raffronto tra l’anno “n” e un budget di obiettivi per l’anno “n+1”. Infatti in questo caso il raffronto non è su dati puntuali ma su dati assunti dall’azienda come ipotesi di raggiungimento. Un tale metodo diventerebbe in sostanza uno pseudo sistema incentivante collettivo.
Un’altra alternativa possibile da esplorare è quella di definire una cifra da parametrare oppure una percentuale degli utili lordi o netti, che individua una “torta” che viene poi divisa tra tutto il personale in servizio.
Una variante interessante potrebbe essere quella di legare l’erogazione del premio calcolando le performance di produttività e redditività, e rapportandole non ad un punto di partenza (valore base o valore medio di uno o più anni precedenti) ma allo stesso valore riscontrato nel sistema bancario o in que llo di alcune banche concorrenti (delle stesse dimensioni, della stessa zona geografica, con obiettivi consimili, ecc.). Tale sistema ha però lo svantaggio di dipendere dalla tempistica dei bilanci di altre aziende e spesso provoca ritardi e difficoltà nell’interpretazione dei dati, in alcuni casi non conosciuti a fondo.
Clausole di salvaguardia
La durata triennale del contratto rende opportuno inserire delle clausole di salvaguardia per evitare che dati di bilancio male interpretati possano portare a perdite eccessive di reddito nei confronti dei lavoratori. Inoltre nelle aziende con performance notevoli è altrettanto importante trovare delle clausole che agiscono come calmiere in caso di diminuzione degli indici.
Nelle aziende che vanno bene e che scelgono il sistema di raffrontare anno su anno l’indicatore, è opportuno inserire una clausola di “stop loss”, cioè che il premio non può scendere sotto una certa percentuale (ad esempio il 10%) di quello dell’anno precedente. Generalmente le aziende richiedono una clausola che agisce in maniera opposta e simmetrica, limitando l’aumento del premio. E’ consigliabile adottare tale metodologia nel prossimo biennio, nel quale si avrà una contrazione degli utili rispetto ai bilanci 2006-2007.
Modalità di erogazione del premio
Erogazione in busta paga
Il decreto varato il 21 maggio dal Governo, che comprende anche le misure per defiscalizzare gli aumenti di produttività del lavoro, ha carattere sperimentale e resterà in vigore fino al 31 dicembre 2008. Lo stesso decreto prevede, per quanto riguarda i premi di produttività pagati dal 1° luglio, una tassazione del 10% secca, in luogo dell’aliquota ordinaria e delle addizionali. E’ stato previsto però il limite massimo di 30.000 euro di reddito di lavoro dipendente percepito nel 2007 e di 3.000 euro di tassazione complessivi.
Sono esclusi dal beneficio i premi relativi al bilancio 2007 pagati dalle banche prima del 1° luglio 2008.
Bisogna però ricordare che è stata abrogata la decontribuzione fino al 3% della RAL per i premi derivanti da salario variabile negoziati nei CIA o in altri contratti di secondo livello. Il ventilato innalzamento al 5% di tale misura, contenuto nella Finanziaria, è stato cancellato insieme con la norma che prevedeva che le erogazioni liberali del datore di lavoro per tutto il personale fino a 258 euro non venivano incluse nell’IRPEF.
Oltre due terzi dei bancari italiani a full time percepiscono una retribuzione superiore ai
30.000 euro, e quindi la detassazione inciderà poco sul sistema. Inoltre non è ancora chiaro se la tassazione al 23% per i primi 350 euro prevista dal decreto firmato a fine aprile dall’ex ministro Xxxxxxx resta in vigore o se verrà anch’essa cancellata. Se così fosse, a questo punto per i lavoratori con un imponibile oltre i 30.000 euro i premi di produttività andrebbero totalmente a tassazione e contribuzione ordinaria.
Riversamento nella previdenza complementare
E’ interessante l’alternativa di dare in opzione la possibilità di accumulo del premio aziendale nella previdenza complementare, al posto (totalmente o parzialmente) della retribuzione in busta paga.
Riguardo il pagamento del premio aziendale è utile segnalare la possibilità che questo, o parte di esso, possa essere volontariamente girato a previdenza complementare, con i relativi benefici fiscali. Soprattutto per i giovani, che potranno effettuare tale scelta per un lungo numero di anni, è un opzione che produce al momento della pensione risultati non trascurabili.
Stock option e stock granting
L’espressione inglese “stock option” indica l’attribuzione a dipendenti di diritti d’opzione per l’acquisto di azioni concessi dall’azienda a prezzi correnti e con il diritto di esercitare l’acquisto, e rivendere il tutto al prezzo futuro di mercato, guadagnando così la differenza dell’incremento del valore dell’azione; se invece il prezzo diventasse minore, si può rinunciare al tutto.
Le banche invece hanno spesso utilizzato l’assegnazione gratuita o a prezzo minore del mercato di azioni rivolta alla totalità dei dipendenti, denominata “stock granting”.
La diffusione di azioni fra i dipendenti della società mira al coinvolgimento nella redditività del capitale e quindi a stimolare la produttività della forza lavoro. Infatti al reddito percepito sotto forma di retribuzione contrattuale tabellare si aggiunge quello potenzialmente derivante dal risparmio che è investito nella medesima impresa, il quale sarà tanto più cospicuo quanto più elevati risulteranno gli utili conseguiti nell’esercizio e i dividendi distribuiti ai soci.
L’erogazione in azioni, stock granting, in opzione od in aggiunta al premio in busta paga è interessante dal punto di vista fiscale, ma naturalmente risente della natura dell’investimento azionario: un calo del corso del titolo produce una diminuzione del valore del premio. Considerando i tre anni di vincolo per avere le agevolazioni, occorre che il titolo dopo i tre anni dall’assegnazione abbia un valore (detratte le cedole) almeno pari.
Fiscalità delle stock granting
Le nuove disposizioni stabiliscono che soltanto nell’ipotesi in cui le azioni siano offerte alla generalità dei dipendenti, e che l’assegnazione sia a titolo gratuito, questi ultimi potranno beneficiare dell’esclusione dalla formazione del reddito del valore delle azioni, sempre nei limiti di 4.000.000.= di lire.
Per ottenere quindi il beneficio fiscale (nei limiti di € 2065,83 annui) è necessario che le azioni vengano assegnate gratuitamente a tutti i dipendenti. Nulla vieta però che nell’accordo sul premio aziendale venga ridotto lo stesso di un certo importo a tutti coloro che aderiscono al piano, rendendo così di fatto l’acquisto delle azioni a pagamento, la cui convenienza dipende sia dall’eventuale sconto sia dalla differenza fra l’aliquota di tassazione (dal 23% al 37%, più le addizionali ed i contributi previdenziali a carico del lavoratore del 10,30%) ed il 12,50% di plusvalenza.
LE PREVISIONI PER LE BANCHE ITALIANE DAL 2008 AL 2010
All’inizio del 2008 sono continuate le difficoltà del mercato interbancario, innescate dalla crisi sui mutui già nel 2007. Nonostante l’aumento dei tassi, c’è una tendenza a livello internazionale a evitare prestiti sul mercato interbancario se non a brevissimo termine, proprio per la difficoltà, se non l’impossibilità, di arrivare ad una determinazione esatta del rischio.
La difficoltà di reperire prestiti ha obbligato le banche italiane a spostare consistenti quote di risparmio delle clientela dal risparmio gestito (specie i fondi di investimento) alle obbligazioni emesse in proprio, per la necessità di approvvigionarsi sul mercato retail anziché su quello interbancario come in precedenza.
Lo scenario per le aziende di credito italiane si inquadra in un contesto di relativa fragilità della situazione economica italiana, dovuto ad una dimi nuzione della domanda di servizi da parte delle famiglie (i mutui a causa dei tassi in rialzo hanno avuto una decisa contrazione) e delle imprese. Nel 2007 si è già avuta una contrazione del margine di interesse, una flessione dei ricavi da servizi, ed anche delle perdite, importanti in alcuni Gruppi, dell’utile da negoziazione.
E’ previsto nel 2008 un aumento delle sofferenze delle famiglie consumatrici, anche se il recente accordo sui mutui dovrebbe agire da calmiere per i prestiti garantiti. Restano invece stabili le sofferenze sulle imprese, eccettuate quelle a carattere familiare.
Si prevede un leggero aumento dei costi del personale (in termini reali), mentre sarà stabile il numero di dipendenti: la diminuzione in alcuni grossi Gruppi, dovuta agli esodi incentivati, verrà compensata da nuove assunzioni, specie nelle banche medie e piccole. Le altre spese amministrative risentiranno dei costi per una maggiore analisi della gestione (ancora gli effetti di Basilea 2) e per l’adeguamento alle nuove regole sulla compliance. In alcuni Gruppi ci sarà l’impatto dei costi di fusione e ristrutturazione.
Dopo due anni di ricavi straordinari in crescita (nel sistema) per effetto della vendita di sportelli e di rami d’azienda in surplus a causa delle fusioni, è previsto un rallentamento nel 2008 e nel 2009.
La fase di stagnazione sulla redditività, manifestatasi nella seconda metà del 2007, potrebbe continuare per tutto il 2008: solo a partire dal 2009, grazie ad un tasso di crescita più sostenuto del risparmio delle famiglie, ed alla cessazione degli effetti delle svalutazioni, tale tendenza potrà essere invertita. E’ probabile però che un aumento consistente della redditività (utile netto e ROE) si realizzerà solo nei bilanci 2010.
DATI PREVISIONALI SU PRINCIPALI AGGREGATI DI BILANCIO
DATI PREVISIONALI SU PRINCIPALI AGGREGATI DI BILANCIO
IN EURO A VALORE ATTUALE 2006
Elaborazione Prometeia – Previsioni dei bilanci bancari maggio 2008
Aggregati di conto economico
dati deflazionati dell'indice dei prezzi al consumo
100000
90000
80000
70000
Margine di interesse Margine di intermediazione Costo del personale
RLG
Utile netto
60000
50000
40000
30000
20000
10000
0
2006 2007 2008 2009 2010
Previsioni aggregati di Stato Patrimoniale
Dati deflazionati secondo l'indice dei pressi al consumo
4500000
4000000
3500000
3000000
2500000
2000000
1500000
1000000
500000
0
2006
2007
2008
2009
2010
Impieghi totali Raccolta complessiva Fondi intermediati
Patrimonio di vigilanza
IDENTIFICAZIONE DEGLI AGGREGATI SIGNIFICATIVI DELLO STATO PATRIMONIALE E DEL CONTO ECONOMICO
◼ FONDI INTERMEDIATI (FI) somma attivo/impieghi o passivo/fonti
◼ XXXXX XXXXX (Un) voce 290 CE – voce 200 SP/p
◼ MARGINE DI INTERESSE (MIN)voci 10 – 20 CE
◼ AREA SERVIZI (Se) voci 40 – 50 CE
◼ MARGINE DI INTERMEDIAZIONE (MINT)
voci 10 – 20 + (40–50) + 70 +/- 80 +/- 90 +/-100
+/- 110 CE
◼ COSTI OPERATIVI (Co) voci 150 + 160 + 170 + 180 CE
◼ DI CUI PERSONALE (Cp)voce 150 a) CE
◼ RISULTATO LORDO GESTIONE (RLG) voci MINT – 150 - 170 – 180 CE
◼ PROVENTI OPERATIVI (Po) voci MINT + 190
◼ RISULTATO DELLA GESTIONE OPERATIVA (RGO)
voci PROVENTI OPERATIVI (Po) – COSTI OPERATIVI (Co)
◼ UTILE/PERDITA DELLEATTIVITA’ ORDIANARIE (Ul) voce 250 CE
◼ PATRIMONIO (Pn) voci 130+140+150+160+170+180- 190+/- 200 SP/p
◼ RACCOLTA
a) RACCOLTA DIRETTA voci 20 + 30 + 40 + 50 SP/p
b) RACCOLTA INDIRETTA relazione del Consiglio di Amministrazione
nota integrativa
c) RACCOLTA GLOBALE somma di a) + b)
◼ IMPIEGHI voce 70 SP/a
DI CUI SOFFERENZE (Soff) nota integrativa
◼ IMMOBILIZZAZIONI NETTE voci 100 + 110 + 120 SP/a
◼ NUMERO DIPENDENTI relazione del Consiglio di Amministrazione
nota integrativa
(valore medio dell’anno (n + n1)/2)
• CONTO ECONOMICO
• 10. Interessi attivi e proventi assimilati
• 20. Interessi passivi e oneri assimilati
• 30. Margine di interesse
• 40. Commissioni attive
• 50. Commissioni passive
• 60. Commissioni nette
• 70. Dividendi e proventi simili
• 80. Risultato netto dell’attività di negoziazione
• 90. Risultato netto dell’attività di copertura
• 100. Utili (perdite) da cessione o riacquisto di:
• a) crediti
• b) attività finanziarie disponibili per la vendita
• c) attività finanziarie detenute sino alla scadenza
• d) passività finanziarie
• 110. Risultato netto delle attività e passività finanziarie valutate al fair value
• 120. Margine di intermediazione
• 130. Rettifiche/riprese di valore nette per deterior amento di:
• a) crediti
• b) attività finanziarie disponibili per la vendita
• c) attività finanziarie detenute sino alla scadenza
• d) altre operazioni finanziarie
• 140. Risultato netto della gestione finanziaria
• 150. Spese amministrative:
• a) spese per il personale
• b) altre spese amministrative
• 160. Accantonamenti netti ai fondi per rischi e oneri
• 170. Rettifiche/riprese di valore nette su attività materiali
• 180. Rettifiche/riprese di valore nette su attività immateriali
• 190. Altri oneri/proventi di gestione
• 200. Costi operativi
• 210. Utili (Perdite) delle partecipazioni
• 220. Risultato netto della valutazione al fair value delle attività materiali e immateriali
• 230. Rettifiche di valore dell'avviamento
• 240. Utili (Perdite) da cessione di investimenti
• 250. Utile (Perdita) della operatività corrente al lordo delle imposte
• 260. Imposte sul reddito dell'esercizio dell’operatività corrente
• 270. Utile (Perdita) della operatività corrente al netto delle imposte
• 280. Utile (Perdita) dei gruppi di attività in via di dismissione al netto delle imposte
• 290. Utile (Perdita) d'esercizio
25
• STATO PATRIMONIALE - ATTIVO
• 10. Cassa e disponibilità liquide
• 20. Attività finanziarie detenute per la negoziazione
• 30. Attività finanziarie valutate al fair value
• 40. Attività finanziarie disponibili per la vendita
• 50. Attività finanziarie detenute sino alla scadenza
• 60. Crediti verso banche
• 70. Crediti verso clientela
• 80. Derivati di copertura
• 90. Adeguamento di valore delle attività finanziarie oggetto di copertura generica (+/-).
• 100. Partecipazioni
• 110. Attività materiali
• 120. Attività immateriali di cui: - avviamento
• 130. Attività fiscali
a) correnti
b) anticipate
• 140. Attività non correnti e gruppi di attività in via di dismissione.
• 150. Altre attività
• Totale dell'attivo
• STATO PATRIMONIALE – Passivo
• 10. Debiti verso banche
• 20. Debiti verso clientela
• 30. Titoli in circolazione
• 40. Passività finanziarie di negoziazione
• 50. Passività finanziarie valutate al fair value
• 60. Derivati di copertura
• 70. Adeguamento di valore delle passività finanziarie oggetto di copertura generica (+/-)
• 80. Passività fiscali
• a) correnti
• b) differite
• 90. Passività associate ad attività in via di dismissione
• 100. Altre passività
• 110. Trattamento di fine rapporto del personale
• 120. Fondi per rischi e oneri:
• a) quiescenza e obblighi simili
• b) altri fondi
• 130. Riserve da valutazione
• 140. Azioni rimborsabili
• 150. Strumenti di capitale
• 160. Riserve
• 170. Sovrapprezzi di emissione
• 180. Capitale
• 190. Azioni proprie (-)
• 200. Utile (Perdita) d'esercizio (+/-)
• Totale del passivo e del patr imonio netto
Roma 16 giugno 2008
Segreterie Nazionali
Dircredito Fabi Falcri Fiba/Cisl Fisac/Cgil Silcea Sinfub Uilca/Uil Ugl/Credito