LIBRO IV
LIBRO IV
DELLE OBBLIGAZIONI E CONTRATTI
TITOLO I
DELLE OBBLIGAZIONI IN GENERALE CAPO I
DISPOSIZIONI PRELIMINARI
Art. 1173 (Fonti delle obbligazioni)
Le obbligazioni derivano da contratto (1230, 1321 ss.), da fatto illecito (2043 ss.), o da ogni altro atto (1987 ss.) o fatto (433, 2028 ss.) idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico (2033 ss.).
Art. 1174 (Carattere patrimoniale della prestazione)
La prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere a un interesse (840, 1255, 1256, 1379, 1384, 1411,
1421, 1464), anche non patrimoniale (1324), del creditore (1411 ss.).
Art. 1175 (Comportamento secondo correttezza)
Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza, (1176, 1227, 1337, 1338, 1358, 1366, 1375, 1391, 1460, 2598 n. 3).
CAPO II DELL'ADEMPIMENTO DELLE OBBLIGAZIONI
SEZIONE I DELL'ADEMPIMENTO IN GENERALE
Art. 1176 (Diligenza nell’adempimento)
Nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia. Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata (1218).
Art. 1177 (Obbligazione di custodire)
L’obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla consegna (1477, 1718, 1768, 1770, 1804).
Art. 1178 (Obbligazione generica)
Quando l’obbligazione ha per oggetto la prestazione di cose determinate soltanto nel genere, il debitore deve prestare cose di qualità non inferiore alla media.
Art. 1179 (Obbligo di garanzia)
Chi è tenuto a dare una garanzia, senza che ne siano determinati il modo e la forma, può prestare a sua scelta un’idonea garanzia reale (2784, 2808) o personale (1936), ovvero altra sufficiente cautela (1186, 1200, 1943, 2784).
Art. 0000 (Xxxxxxxxxxx xxx xxxxx)
L’obbligazione può essere adempiuta da un terzo, anche contro la volontà del creditore, se questi non ha interesse a che il debitore esegua personalmente la prestazione (2232).
Tuttavia il creditore può rifiutare l’adempimento offertogli dal terzo, se il debitore gli ha
manifestato la sua opposizione (19362).
Art. 1181 (Adempimento parziale)
Il creditore può rifiutare un adempimento parziale (1197) anche se la prestazione è divisibile (1314 ss., 1384), salvo che la legge (45 l. camb.; 37 l. ass.) o gli usi dispongano diversamente (1208 n. 3, 1258, 1285).
Art. 1182 (Luogo dell’adempimento)
Se il luogo nel quale la prestazione deve essere eseguita non è determinato dalla convenzione o dagli usi e non può desumersi dalla natura della prestazione (1774) o da altre circostanze, si osservano le norme che seguono.
L’obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata deve essere adempiuta nel
luogo in cui si trovava la cosa quando l’obbligazione è sorta (1510, 15904, 1774).
L’obbligazione avente per oggetto una somma di danaro deve essere adempiuta al domicilio (43) che il creditore ha al tempo della scadenza (1498, 18342, 18432).
Se tale domicilio è diverso da quello che il creditore aveva quando è sorta l’obbligazione e ciò rende più gravoso l’adempimento, il debitore, previa dichiarazione al creditore, ha diritto di eseguire il pagamento al proprio domicilio (1219 n. 3).
Negli altri casi l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al
tempo della scadenza (1208 n. 6, 1245; 20 c.p.c.).
Art. 1183 (Tempo dell’adempimento)
Se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente (1219). Qualora tuttavia, in virtù degli usi o per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell’esecuzione, sia necessario un termine, questo, in mancanza di accordo delle parti, è stabilito dal giudice (1331, 1482, 1771, 1810, 1817).
Se il termine per l’adempimento è rimesso alla volontà del debitore, spetta egualmente al giudice di stabilirlo secondo le circostanze; se è rimesso alla volontà del creditore, il termine può essere fissato su istanza del debitore che intende liberarsi (80 att.).
Art. 1184 (Termine)
Se per l’adempimento è fissato un termine, questo si presume a favore del debitore (1186, 1286, 1371, 1771) qualora non risulti stabilito a favore del creditore (1185, 1208 n. 4,
1457) o di entrambi (1563, 1816; 46 x. xxxx.).
Art. 1185 (Pendenza del termine)
Il creditore non può esigere la prestazione prima della scadenza, salvo che il termine sia stabilito esclusivamente a suo favore (1184).
Tuttavia il debitore non può ripetere ciò che ha pagato anticipatamente, anche se ignorava l’esistenza del termine (2033). In questo caso però egli può ripetere, nei limiti della perdita subita, ciò di cui il creditore si è arricchito per effetto del pagamento anticipato (2041).
Art. 1186 (Decadenza dal termine)
Quantunque il termine sia stabilito a favore del debitore (1184), il creditore può esigere immediatamente la prestazione se il debitore è divenuto insolvente o ha diminuito, per fatto proprio, le garanzie che aveva date (2743, 2813) o non ha dato le garanzie che aveva promesse (5062, 1179, 1461, 1626, 1819, 1822, 1844, 1850, 1867, n. 2; 625 c.n.;
552, 76, 150, 2103 l. fall.).
Art. 1187 (Computo del termine)
Il termine fissato per l’adempimento delle obbligazioni è computato secondo le disposizioni dell’art. 2963. La disposizione relativa alla proroga del termine che scade in giorno festivo si osserva se non vi sono usi diversi.
È salva in ogni caso una diversa pattuizione (155 c.p.c.; 41, 96, 97 l. camb.; 78 l. ass.).
Art. 1188 (Destinatario del pagamento)
Il pagamento deve essere fatto al creditore (1000, 1189, 1190) o al suo rappresentante (1387 ss.), ovvero alla persona indicata dal creditore (12692, 1744, 1777) o autorizzata
dalla legge o dal giudice a riceverlo (1208, n. 1, 2726, 2883).
Il pagamento fatto a chi non era legittimato a riceverlo libera il debitore, se il creditore lo ratifica (1399) o se ne ha approfittato (1190, 1444).
Art. 1189 (Pagamento al creditore apparente)
Il debitore che esegue il pagamento a chi appare (1835) legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, è liberato se prova di essere stato in buona fede (534, 1147, 1153, 1264, 1415, 19922, 2559).
Chi ha ricevuto il pagamento è tenuto alla restituzione verso il vero creditore (20191, 20273), secondo le regole stabilite per la ripetizione dell’indebito (2033 ss.).
Art. 1190 (Pagamento al creditore incapace)
Il pagamento fatto al creditore incapace di riceverlo non libera il debitore, se questi non prova che ciò che fu pagato è stato rivolto a vantaggio dell’incapace (11882, 1191, 1443, 2039, 2041).
Art. 1191 (Pagamento eseguito da un incapace)
Il debitore che ha eseguito la prestazione dovuta non può impugnare il pagamento a causa della propria incapacità (1190, 1442, 19332, 1950, 2034).
Art. 1192 (Pagamento eseguito con cose altrui)
Il debitore non può impugnare il pagamento eseguito con cose di cui non poteva disporre, salvo che offra di eseguire la prestazione dovuta con cose di cui può disporre.
Il creditore che ha ricevuto il pagamento in buona fede (1147, 1153, 1479) può impugnarlo, salvo il diritto al risarcimento del danno (1218).
Art. 1193 (Imputazione del pagamento)
Chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona può dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare. In mancanza di tale dichiarazione, il pagamento deve essere imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico. Se tali criteri non soccorrono, l’imputazione è fatta proporzionalmente ai vari debiti (1249).
Art. 1194 (Imputazione del pagamento agli interessi)
Il debitore non può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e alle spese, senza il consenso del creditore (1960). Il pagamento fatto in conto di capitale e d’interessi deve essere imputato prima agli interessi (1199).
Art. 1195 (Quietanza con imputazione)
Chi, avendo più debiti, accetta una quietanza (1199) nella quale il creditore ha dichiarato di imputare il pagamento a uno di essi, non può pretendere un’imputazione diversa, se non vi è stato dolo (1439, 1440) o sorpresa da parte del creditore (2726).
Art. 1196 (Spese del pagamento)
Le spese del pagamento sono a carico del debitore.
Art. 1197 (Prestazione in luogo dell’adempimento)
Il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore consenta. In questo caso l’obbligazione si estingue quando la diversa prestazione è eseguita (1198; 671, n. 2 l. fall.). Se la prestazione consiste nel trasferimento della proprietà o di un altro diritto, il debitore è tenuto alla garanzia per l’evizione (1483 ss.) e per i vizi della cosa (1490 ss.) secondo le norme della vendita (1476), salvo che il creditore preferisca esigere la prestazione originaria e il risarcimento del danno.
In ogni caso non rivivono le garanzie prestate dai terzi.
Art. 1198 (Cessione di un credito in luogo dell’adempimento)
Quando in luogo dell’adempimento è ceduto un credito (1260 ss.), l’obbligazione si estingue con la riscossione del credito, se non risulta una diversa volontà delle parti.
È salvo quanto è disposto dal secondo comma dell’art. 1267.
Art. 1199 (Diritto del debitore alla quietanza)
Il creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e a spese del debitore (1196), rilasciare quietanza (1195, 22132, 2704) e farne annotazione sul titolo, se questo non è restituito al debitore. Il rilascio di una quietanza per il capitale fa presumere il pagamento degli interessi (1194, 1195, 1311 n. 1).
Art. 1200 (Liberazione dalle garanzie)
Il creditore che ha ricevuto il pagamento deve consentire la liberazione dei beni dalle garanzie reali (2784 ss.) date per il credito e da ogni altro vincolo che comunque ne limiti la disponibilità.
SEZIONE II
DEL PAGAMENTO CON SURROGAZIONE
Art. 1201 (Surrogazione per volontà del creditore)
Il creditore, ricevendo il pagamento da un terzo (1180), può surrogarlo nei propri diritti (2843). La surrogazione deve essere fatta in modo espresso e contemporaneamente al pagamento.
Art. 1202 (Surrogazione per volontà del debitore)
Il debitore che prende a mutuo (1813 ss.) una somma di danaro o altra cosa fungibile al fine di pagare il debito, può surrogare il mutuante nei diritti del creditore, anche senza il consenso di questo.
La surrogazione ha effetto quando concorrono le seguenti condizioni:
1) che il mutuo e la quietanza risultino da atto avente data certa (2704);
2) che nell’atto di mutuo sia indicata espressamente la specifica destinazione della somma mutuata;
3) che nella quietanza si menzioni la dichiarazione del debitore circa la provenienza della somma impiegata nel pagamento. Sulla richiesta del debitore, il creditore non può rifiutarsi di inserire nella quietanza tale dichiarazione.
Art. 1203 (Surrogazione legale)
La surrogazione ha luogo di diritto nei seguenti casi:
1) a vantaggio di chi, essendo creditore, ancorché chirografario, paga un altro creditore che ha diritto di essergli preferito in ragione dei suoi privilegi (2745 ss.), del suo pegno (2784 ss.) o delle sue ipoteche (1955, 2808 ss., 2856);
2) a vantaggio dell’acquirente di un immobile che, fino alla concorrenza del prezzo di acquisto, paga uno o più creditori a favore dei quali l’immobile è ipotecato (2866);
3) a vantaggio di xxxxx che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse di soddisfarlo (1180, 1292 ss., 1299, 1316, 1949, 2871);
4) a vantaggio dell’erede con beneficio d’inventario (484), che paga con xxxxxx proprio i
debiti ereditari (490, n. 2);
5) negli altri casi stabiliti dalla legge (756, 1259, 1762, 1776, 1782, 1792, 1916, 1949,
2036, 2038, 2856, 2866, 2869, 2871; 82 l. camb.; 792 c.p.c.).
Art. 1204 (Xxxxx xxxxxxx)
La surrogazione contemplata nei precedenti articoli ha effetto anche contro i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore. Se il credito è garantito da pegno, si osserva la disposizione del secondo comma dell’art. 1263.
Art. 1205 (Surrogazione parziale)
Se il pagamento è parziale (1181), il terzo surrogato e il creditore concorrono nei confronti del debitore in proporzione di quanto è loro dovuto, salvo patto contrario.
SEZIONE III
DELLA MORA DEL CREDITORE
Art. 1206 (Condizioni)
Il creditore è in mora (1217) quando, senza motivo legittimo, non riceve il pagamento offertogli nei modi indicati dagli articoli seguenti o non compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere l’obbligazione (1175).
Art. 1207 (Effetti)
Quando il creditore è in mora, è a suo carico l’impossibilità della prestazione sopravvenuta per causa non imputabile al debitore (1256, 1673). Non sono più dovuti gli interessi (1282 ss.) né i frutti della cosa che non siano stati percepiti dal debitore (820; 446, 449 c.n.).
Il creditore è pure tenuto a risarcire i danni derivati dalla sua mora e a sostenere le spese per la custodia e la conservazione della cosa dovuta (3912 c.n.).
Gli effetti della mora si verificano dal giorno dell’offerta (1208 ss.), se questa è successivamente dichiarata valida con sentenza passata in giudicato (324 c.p.c.) o se è accettata dal creditore.
Art. 1208 (Requisiti per la validità dell’offerta) Affinché l’offerta sia valida è necessario (1214, 1220):
1) che sia fatta al creditore capace di ricevere o a chi ha la facoltà di ricevere per lui (1188 ss.);
2) che sia fatta da persona che può validamente adempiere (1180, 1191, 1192);
3) che comprenda la totalità della somma o delle cose dovute, dei frutti o degli interessi e delle spese liquide, e una somma per le spese non liquide, con riserva di un supplemento, se è necessario (1181, 1182);
4) che il termine sia scaduto, se stipulato in favore del creditore (1184, 1816);
5) che si sia verificata la condizione dalla quale dipende l’obbligazione (1353);
6) che l’offerta sia fatta alla persona del creditore o nel suo domicilio (43, 1182);
7) che l’offerta sia fatta da un ufficiale pubblico a ciò autorizzato (73 att.).
Il debitore può subordinare l’offerta al consenso del creditore necessario per liberare i beni dalle garanzie reali (2784 ss.) o da altri vincoli che comunque ne limitino la disponibilità (1200, 687 c.p.c.).
Art. 1209 (Offerta reale e offerta per intimazione)
Se l’obbligazione ha per oggetto danaro (1277 ss.; 48 l. camb.), titoli di credito (1992 ss.), ovvero cose mobili da consegnare al domicilio del creditore (1209), l’offerta deve essere reale (73, 74 att.). Se si tratta invece di cose mobili da consegnare in luogo diverso (11822, 1510), l’offerta consiste nell’intimazione al creditore di riceverle (73, 75 att.), fatta mediante atto a lui notificato nelle forme prescritte per gli atti di citazione (1214, 1216, 1217; 126, 137, 163 c.p.c.).
Art. 1210 (Facoltà di deposito e suoi effetti liberatori)
Se il creditore rifiuta di accettare l’offerta reale o non si presenta per ricevere le cose offertegli mediante intimazione, il debitore può eseguire il deposito (1514; 77 att.; 449, 450 c.n.). Eseguito il deposito, quando questo è accettato dal creditore o è dichiarato valido con sentenza passata in giudicato (324 c.p.c.), il debitore non può più ritirarlo ed è liberato dalla sua obbligazione (1213; 78 att.).
Art. 1211 (Cose deperibili o di dispendiosa custodia)
Se le cose non possono essere conservate o sono deteriorabili, oppure se le spese della loro custodia sono eccessive, il debitore, dopo l’offerta reale o l’intimazione di ritirarle, può farsi autorizzare dal tribunale a venderle nei modi stabiliti per le cose pignorate (529 ss., 576 c.p.c.) e a depositarne il prezzo (2797).
Art. 1212 (Requisiti del deposito)
Per la validità del deposito (73 att.) è necessario:
1) che sia stato preceduto da un’intimazione notificata al creditore e contenente l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo in cui la cosa offerta sarà depositata (74 att.);
2) che il debitore abbia consegnato la cosa, con gli interessi e i frutti dovuti fino al giorno dell’offerta (1207, 12083), nel luogo indicato dalla legge o, in mancanza, dal giudice;
3) che sia redatto dal pubblico ufficiale un processo verbale (126 c.p.c.) da cui risulti la natura delle cose offerte, il rifiuto di riceverle da parte del creditore o la sua mancata comparizione e infine il fatto del deposito (78 att.);
4) che, in caso di non comparizione del creditore, il processo verbale di deposito gli sia notificato con l’invito a ritirare la cosa depositata.
Il deposito che ha per oggetto somme di danaro può eseguirsi anche presso un istituto di credito (76 att.; 48 l. camb.).
Art. 1213 (Ritiro del deposito)
Il deposito non produce effetto se il debitore lo ritira prima che sia stato accettato dal creditore o prima che sia stato riconosciuto valido con sentenza passata in giudicato (1210; 324 c.p.c.).
Se, dopo l’accettazione del deposito o il passaggio in giudicato della sentenza che lo dichia-ra valido, il creditore consente che il debitore ritiri il deposito, egli non può più rivolgersi contro i condebitori e i fideiussori, né valersi dei privilegi, del pegno e delle ipoteche che garantivano il credito (11973, 1251, 1276, 2878).
Art. 1214 (Offerta secondo gli usi e deposito)
Se il debitore ha offerto la cosa dovuta nelle forme d’uso anziché in quelle prescritte dagli articoli 1208 e 1209 (1217, 1517), gli effetti della mora si verificano dal giorno in cui egli esegue il deposito (1210; 73, 77 att.) a norma dell’art. 1212, se questo è accettato dal creditore o è dichiarato valido con sentenza passata in giudicato (1220; 324 c.p.c.).
Art. 1215 (Spese)
Quando l’offerta reale e il deposito sono validi, le spese occorse sono a carico del creditore (1196).
Art. 1216 (Intimazione di ricevere la consegna di un immobile)
Se deve essere consegnato un immobile, l’offerta consiste nell’intimazione al creditore di prenderne possesso. L’intimazione deve essere fatta nella forma prescritta dal secondo comma dell’art. 1209 (73, 75 att.). Il debitore, dopo l’intimazione al creditore, può ottenere dal giudice (79 att.) la nomina di un sequestratario. In questo caso egli è liberato dal momento in cui ha consegnato al sequestratario la cosa dovuta (2905, 2906; 671 c.p.c.).
Art. 1217 (Obbligazioni di fare)
Se la prestazione consiste in un fare, il creditore è costituito in mora (1206) mediante l’intimazione di ricevere la prestazione o di compiere gli atti che sono da parte sua necessari per renderla possibile.
L’intimazione può essere fatta nelle forme d’uso (1214; 80 att.).
CAPO III DELL'INADEMPIMENTO DELLE OBBLIGAZIONI
Art. 1218 (Responsabilità del debitore)
Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta (1176, 1181, 1197) è tenuto al risarcimento del danno (1223 ss.), se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità (1256 ss.) della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
Art. 1219 (Costituzione in mora)
Il debitore (1218) è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto (1183, 1308, 2943).
Non è necessaria la costituzione in mora:
1) quando il debito deriva da fatto illecito (2043 ss.);
2) quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere eseguire l’obbligazione (1460);
3) quando è scaduto il termine (1183 ss.), se la prestazione deve essere eseguita al domicilio (43) del creditore (11823). Se il termine scade dopo la morte del debitore, gli eredi non sono costituiti in mora che mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto, e decorsi otto giorni dall’intimazione o dalla richiesta (1334, 1335).
Art. 1220 (Offerta non formale)
Il debitore non può essere considerato in mora, se tempestivamente ha fatto offerta della prestazione dovuta (1460), anche senza osservare le forme indicate nella sezione III del precedente capo (1208 ss.), a meno che il creditore l’abbia rifiutata per un motivo legittimo (1181).
Art. 1221 (Effetti della mora sul rischio)
Il debitore che è in mora non è liberato per la sopravvenuta impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (1218, 1256), se non prova che l’oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore (1256, 1805, 2697).
In qualunque modo sia perita o smarrita (1257) una cosa illecitamente sottratta, la perdita di essa non libera chi l’ha sottratta dall’obbligo di restituirne il valore.
Art. 1222 (Inadempimento di obbligazioni negative)
Le disposizioni sulla mora (1219 ss.) non si applicano alle obbligazioni di non fare; ogni fatto compiuto in violazione di queste costituisce di per sé inadempimento.
Art. 1223 (Risarcimento del danno)
Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo (1218 ss., 1274) deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno (20562), in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta (1382, 1518, 1589, 1591, 1696, 1905,
2056 ss.).
Art. 1224 (Danni nelle obbligazioni pecuniarie)
Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro (1277 ss.), sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno (1282; 55, 56 l. camb.; 50, 51 l. ass.). Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale (12843), gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura.
Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l’ulteriore risarcimento. Questo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori (1382).
Art. 1225 (Prevedibilità del danno)
Se l’inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione.
Art. 1226 (Valutazione equitativa del danno)
Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa (2056).
Art. 1227 (Concorso del fatto colposo del creditore)
Se il fatto colposo (2043) del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza (1176).
Art. 1228 (Responsabilità per fatto degli ausiliari)
Salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si vale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro.
Art. 1229 (Clausole di esonero da responsabilità)
È nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave.
È nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore (1579) o dei suoi ausiliari (1228) costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico (1580, 2087).
CAPO IV
DEI MODI DI ESTINZIONE DELLE OBBLIGAZIONI DIVERSI DALL'ADEMPIMENTO
SEZIONE I DELLA NOVAZIONE
Art. 1230 (Novazione oggettiva)
L’obbligazione si estingue quando le parti sostituiscono all’obbligazione originaria una nuova obbligazione con oggetto o titolo (1173) diverso.
La volontà di estinguere l’obbligazione precedente deve risultare in modo non equivoco.
Art. 1231 (Modalità che non importano novazione)
Il rilascio di un documento o la sua rinnovazione, l’apposizione o l’eliminazione di un termine (1184 ss., 1823) e ogni altra modificazione accessoria dell’obbligazione non producono novazione.
Art. 1232 (Privilegi, pegno e ipoteche)
I privilegi (2745 ss.), il pegno (2784 ss.) e le ipoteche (2808 ss.) del credito originario si estinguono, se le parti non convengono espressamente di mantenerli per il nuovo credito (1275, 2745, 2784, 2802, 2878).
Art. 1233 (Riserva delle garanzie nelle obbligazioni solidali)
Se la novazione si effettua tra il creditore e uno dei debitori in solido (1292 ss.) con effetto liberatorio per tutti (1300), i privilegi, il pegno e le ipoteche del credito anteriore possono essere riservati soltanto sui beni del debitore che fa novazione (1232).
Art. 1234 (Inefficacia della novazione)
La novazione è senza effetto, se non esisteva (1418 ss.) l’obbligazione originaria (2881). Qualora l’obbligazione originaria derivi da un titolo annullabile (1425 ss.), la novazione è valida se il debitore ha assunto validamente il nuovo debito conoscendo il vizio del titolo originario.
Art. 1235 (Novazione soggettiva)
Quando un nuovo debitore è sostituito a quello originario che viene liberato, si osservano le norme contenute nel capo VI di questo titolo (1268 ss.).
SEZIONE II
DELLA REMISSIONE
Art. 1236 (Dichiarazione di remissione del debito)
La dichiarazione del creditore di rimettere il debito estingue l’obbligazione quando è comunicata al debitore (1334), salvo che questi dichiari in un congruo termine di non volerne profittare.
Art. 1237 (Restituzione volontaria del titolo)
La restituzione volontaria del titolo originale del credito, fatta dal creditore al debitore, costituisce prova (524 l. camb.; 474 l. fall.) della liberazione (2726) anche rispetto ai condebitori in solido. Se il titolo del credito è in forma pubblica (2699), la consegna volontaria della copia spedita in forma esecutiva (2714; 475 c.p.c.) fa presumere la liberazione, salva la prova contraria.
Art. 1238 (Rinunzia alle garanzie)
La rinunzia alle garanzie dell’obbligazione non fa presumere la remissione del debito (1240).
Art. 1239 (Fideiussori)
La remissione accordata al debitore principale libera i fideiussori (1247, 1253, 1936 ss., 1945). La remissione accordata a uno dei fideiussori non libera gli altri che per la parte del fideiussore liberato. Tuttavia se gli altri fideiussori hanno consentito la liberazione, essi rimangono obbligati per l’intero.
Art. 1240 (Rinunzia a una garanzia verso corrispettivo)
Il creditore che ha rinunziato, verso corrispettivo, alla garanzia prestata da un terzo (1238) deve imputare al debito principale quanto ha ricevuto, a beneficio del debitore e di coloro che hanno prestato garanzia per l’adempimento dell’obbligazione.
SEZIONE III DELLA COMPENSAZIONE
Art. 1241 (Estinzione per compensazione)
Quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme degli articoli che seguono (1252, 1302 ss., 1320, 1853, 1930, 1931, 2271; 35, 92 c.p.c.; 56 l. fall.).
Art. 1242 (Effetti della compensazione)
La compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro coesistenza. Il giudice non può rilevarla d’ufficio. La prescrizione (2934 ss.) non impedisce la compensazione, se non era compiuta quando si è verificata la coesistenza dei due debiti (35 c.p.c.).
Art. 1243 (Compensazione legale e giudiziale)
La compensazione si verifica solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere (1853) e che sono ugualmente liquidi ed esigibili. Se il debito opposto in compensazione non è liquido ma è di facile e pronta liquidazione, il giudice può dichiarare la compensazione per la parte del debito che riconosce esistente, e può anche sospendere la condanna per il credito liquido fino all’accertamento del credito opposto in compensazione (35 c.p.c.).
Art. 1244 (Dilazione)
La dilazione concessa gratuitamente dal creditore non è di ostacolo alla compensazione.
Art. 1245 (Debiti non pagabili nello stesso luogo)
Quando i due debiti non sono pagabili nello stesso luogo, si devono computare le spese del trasporto al luogo del pagamento (1182, 1196).
Art. 1246 (Casi in cui la compensazione non si verifica)
La compensazione si verifica qualunque sia il titolo (1230, 1256, 1325 n. 2) dell’uno o dell’altro debito, eccettuati i casi:
1) di credito per la restituzione di cose di cui il proprietario sia stato ingiustamente spogliato (1168 ss.);
2) di credito per la restituzione di cose depositate (1766 ss., 1853) o date in comodato (1803 ss.);
3) di credito dichiarato impignorabile (1881, 1923; 545 c.p.c.);
4) di rinunzia alla compensazione fatta preventivamente dal debitore;
5) di divieto stabilito dalla legge (4472, 12482, 1272 ss., 2271; 56 l. fall.).
Art. 1247 (Compensazione opposta da terzi garanti)
Il fideiussore (1936 ss.) può opporre in compensazione il debito che il creditore ha verso il debitore principale (1239, 1939, 1945).
Lo stesso diritto spetta al terzo che ha costituito un’ipoteca o un pegno.
Art. 1248 (Inopponibilità della compensazione)
Il debitore, se ha accettato puramente e semplicemente la cessione (1260) che il creditore ha fatta delle sue ragioni a un terzo (1264), non può opporre al cessionario la compensazione che avrebbe potuto opporre al cedente (1272, 1409, 2805).
La cessione non accettata dal debitore, ma a questo notificata, impedisce la compensazione dei crediti sorti (12431) posteriormente alla notificazione (1265).
Art. 1249 (Compensazione di più debiti)
Quando una persona ha verso un’altra più debiti compensabili, si osservano per la compensazione le disposizioni del secondo comma dell’art. 1193 (1246).
Art. 1250 (Compensazione rispetto ai terzi)
La compensazione non si verifica in pregiudizio dei terzi che hanno acquistato diritti di usufrutto (1000) o di pegno su uno dei crediti (1254, 2800 ss., 2917).
Art. 1251 (Garanzie annesse al credito)
Chi ha pagato un debito mentre poteva invocare la compensazione non può più valersi, in pregiudizio dei terzi, dei privilegi e delle garanzie a favore del suo credito, salvo che abbia ignorato l’esistenza di questo per giusti motivi (12132, 1276).
Art. 1252 (Compensazione volontaria)
Per volontà delle parti può aver luogo compensazione anche se non ricorrono le condizioni previste dagli articoli precedenti. Le parti possono anche stabilire preventivamente le condizioni di tale compensazione (1823 ss.).
SEZIONE IV
DELLA CONFUSIONE
Art. 1253 (Effetti della confusione)
Quando le qualità di creditore e di debitore si riuniscono nella stessa persona, l’obbligazione si estingue (1014, n. 2, 1072, 1303), e i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore sono liberati (1239, 1247, 1320, 1939, 1945).
Art. 1254 (Confusione rispetto ai terzi)
La confusione non opera in pregiudizio dei terzi che hanno acquistato diritti di usufrutto (1000) o di pegno (2800) sul credito (978 ss., 1250, 2917).
Art. 1255 (Riunione delle qualità di fideiussore e di debitore)
Se nella medesima persona si riuniscono le qualità di fideiussore e di debitore principale, la fideiussione resta in vita (1945), purché il creditore vi abbia interesse (1955).
SEZIONE V DELL'IMPOSSIBILITÀ SOPRAVVENUTA
PER CAUSA NON IMPUTABILE AL DEBITORE
Art. 1256 (Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea)
L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.
Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento (1183, 1219). Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo della obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla (1174, 1288 ss.).
Art. 1257 (Smarrimento di cosa determinata)
La prestazione che ha per oggetto una cosa determinata si considera divenuta impossibile anche quando la cosa è smarrita senza che possa esserne provato il perimento (1221).
In caso di successivo ritrovamento della cosa (927 ss.), si applicano le disposizioni del
secondo comma dell’articolo precedente.
Art. 1258 (Impossibilità parziale)
Se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile (1181, 1281, 1464, 2175).
La stessa disposizione si applica quando, essendo dovuta una cosa determinata, questa
ha subito un deterioramento, o quando residua alcunché dal perimento totale della cosa.
Art. 1259 (Subingresso del creditore nei diritti del debitore)
Se la prestazione che ha per oggetto una cosa determinata è divenuta impossibile, in tutto o in parte, il creditore subentra nei diritti spettanti al debitore in dipendenza del fatto che ha causato l’impossibilità, e può esigere dal debitore la prestazione di quanto questi abbia conseguito a titolo di risarcimento (1203, 1780, 2742).
CAPO V
DELLA CESSIONE DEI CREDITI
Art. 1260 (Cedibilità dei crediti)
Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito (1198), anche senza il consenso del debitore (1375), purché il credito non abbia carattere strettamente personale
(447) o il trasferimento non sia vietato dalla legge (323, 378, 447, 1261, 1471, 1823).
Le parti possono escludere la cedibilità del credito (1379, 1823); ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione.
Art. 1261 (Divieti di cessione)
I magistrati dell’ordine giudiziario (1471), i funzionari delle cancellerie e segreterie giudiziarie, gli ufficiali giudiziari, gli avvocati, i procuratori, i patrocinatori e i notai non possono, neppure per interposta persona, rendersi cessionari di diritti sui quali è sorta contestazione davanti l’autorità giudiziaria di cui fanno parte o nella cui giurisdizione esercitano le loro funzioni, sotto pena di nullità e dei danni. La disposizione del comma precedente non si applica alle cessioni di azioni ereditarie tra coeredi, né a quelle fatte in pagamento di debiti o per difesa di beni posseduti dal cessionario.
Art. 1262 (Documenti probatori del credito)
Il cedente deve consegnare al cessionario i documenti probatori del credito che sono in suo possesso (1477).
Se è stata ceduta solo una parte del credito, il cedente è tenuto a dare al cessionario una copia autentica (2703) dei documenti.
Art. 1263 (Accessori del credito)
Per effetto della cessione, il credito è trasferito al cessionario con i privilegi (2745 ss.), con le garanzie personali (1936 ss.) e reali (2784 ss.) e con gli altri accessori (2843; 25 l. camb). Il cedente non può trasferire al cessionario, senza il consenso del costituente, il possesso della cosa ricevuta in pegno (2792); in caso di dissenso, il cedente rimane custode del pegno (1204).
Salvo patto contrario, la cessione non comprende i frutti scaduti (821, 15311).
Art. 1264 (Efficacia della cessione riguardo al debitore ceduto)
La cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata (967, 1248, 1407, 2914, n. 2; 137 c.p.c.).
Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell’avvenuta cessione (1189, 1978, 2559).
Art. 1265 (Efficacia della cessione riguardo ai terzi)
Se il medesimo credito ha formato oggetto di più cessioni a persone diverse, prevale la cessione notificata (137 c.p.c.) per prima al debitore, o quella che è stata prima accettata dal debitore con atto di data certa (2704), ancorché essa sia di data posteriore (1155, 1248, 1380, 2559). La stessa norma si osserva quando il credito ha formato oggetto di costituzione di usufrutto (978, 1000) o di pegno (1978, 2800, 2914).
Art. 1266 (Obbligo di garanzia del cedente)
Quando la cessione è a titolo oneroso, il cedente è tenuto a garantire l’esistenza del credito al tempo della cessione (1410). La garanzia può essere esclusa per patto, ma il cedente resta sempre obbligato per il fatto proprio.
Se la cessione è a titolo gratuito, la garanzia è dovuta solo nei casi e nei limiti in cui la
xxxxx pone a carico del donante la garanzia per l’evizione (797, 1410).
Art. 1267 (Garanzia della solvenza del debitore)
Il cedente non risponde della solvenza del debitore (2255), salvo che ne abbia assunto la garanzia (760, 1198, 1829, 1858). In questo caso egli risponde nei limiti di quanto ha ricevuto; deve inoltre corrispondere gli interessi, rimborsare le spese della cessione e quelle che il cessionario abbia sopportate per escutere il debitore e risarcire il danno (19 l. camb.; 21 l. ass.). Ogni patto diretto ad aggravare la responsabilità del cedente è senza effetto (1410, 1419).
Quando il cedente ha garantito la solvenza del debitore, la garanzia cessa, se la mancata realizzazione del credito per insolvenza del debitore è dipesa da negligenza del cessionario nell’iniziare o nel proseguire le istanze contro il debitore stesso.
CAPO VI
DELLA DELEGAZIONE, DELL'ESPROMISSIONE E DELL'ACCOLLO
Art. 1268 (Delegazione cumulativa)
Se il debitore assegna al creditore un nuovo debitore, il quale si obbliga verso il creditore, il debitore originario non è liberato dalla sua obbligazione, salvo che il creditore dichiari espressamente di liberarlo (1274).
Tuttavia il creditore che ha accettato l’obbligazione del terzo non può rivolgersi al delegante se prima non ha richiesto al delegato l’adempimento (1530, 1408).
Art. 1269 (Delegazione di pagamento)
Se il debitore per eseguire il pagamento ha delegato un terzo (1272), questi può obbligarsi verso il creditore, salvo che il debitore l’abbia vietato.
Il terzo delegato per eseguire il pagamento non è tenuto ad accettare l’incarico, ancorché sia debitore del delegante. Sono salvi gli usi diversi.
Art. 1270 (Estinzione della delegazione)
Il delegante può revocare la delegazione, fino a quando il delegato non abbia assunto l’obbligazione in confronto del delegatario o non abbia eseguito il pagamento a favore di questo.
Il delegato può assumere l’obbligazione o eseguire il pagamento a favore del delegatario anche dopo la morte o la sopravvenuta incapacità del delegante (1275, 1330, 1929).
Art. 1271 (Eccezioni opponibili dal delegato)
Il delegato può opporre al delegatario le eccezioni relative ai suoi rapporti con questo.
Se le parti non hanno diversamente pattuito, il delegato non può opporre al delegatario, benché questi ne fosse stato a conoscenza, le eccezioni che avrebbe potuto opporre al delegante, salvo che sia nullo il rapporto tra delegante e delegatario (1409).
Il delegato non può neppure opporre le eccezioni relative al rapporto tra il delegante e il
delegatario, se ad esso le parti non hanno fatto espresso riferimento.
Art. 1272 (Espromissione)
Il terzo che, senza delegazione del debitore (1180), ne assume verso il creditore il debito, è obbligato in solido (1292 ss.) col debitore originario, se il creditore non dichiara espressamente di liberare quest’ultimo. Se non si è convenuto diversamente, il terzo non può opporre al creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti col debitore originario (1409, 1413). Può opporgli invece le eccezioni che al creditore avrebbe potuto opporre il debitore originario, se non sono personali a quest’ultimo e non derivano da fatti successivi all’espromissione. Non può opporgli la compensazione (1241) che avrebbe potuto opporre il debitore originario, quantunque si sia verificata prima dell’espromissione (1248, 1275).
Art. 1273 (Accollo)
Se il debitore e un terzo convengono che questi assuma il debito dell’altro, il creditore può aderire alla convenzione, rendendo irrevocabile la stipulazione a suo favore (1411).
L’adesione del creditore importa liberazione del debitore originario solo se ciò costituisce condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo (1230 comma 2, 1268 comma 2, 1272 comma 1, 1274, 1937).
Se non vi è liberazione del debitore, questi rimane obbligato in solido col terzo (1292).
In ogni caso il terzo è obbligato verso il creditore che ha aderito alla stipulazione nei limiti in cui ha assunto il debito, e può opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in base al quale l’assunzione è avvenuta (1409, 1411, 1413).
Art. 1274 (Insolvenza del nuovo debitore)
Il creditore che, in seguito a delegazione, ha liberato il debitore originario, non ha azione contro di lui se il delegato diviene insolvente, salvo che ne abbia fatto espressa riserva (1268). Tuttavia, se il delegato era insolvente al tempo in cui assunse il debito in confronto del creditore, il debitore originario non è liberato (1276).
Le medesime disposizioni si osservano quando il creditore ha aderito all’accollo stipulato a suo favore e la liberazione del debitore originario era condizione espressa della stipulazione (1273 comma 2).
Art. 1275 (Estinzione delle garanzie)
In tutti i casi nei quali il creditore libera il debitore originario, si estinguono le garanzie annesse al credito, se colui che le ha prestate non consente espressamente a mantenerle (1232, 1276, 2878).
Art. 1276 (Invalidità della nuova obbligazione)
Se l’obbligazione assunta dal nuovo debitore verso il creditore è dichiarata nulla (1418) o annullata (1425) e il creditore aveva liberato il debitore originario, l’obbligazione di questo rivive, ma il creditore non può valersi delle garanzie prestate da terzi (1197, 1213, 1418, 1425, 2881).
CAPO VII
DI ALCUNE SPECIE DI OBBLIGAZIONI SEZIONE I
DELLE OBBLIGAZIONI PECUNIARIE
Art. 1277 (Debito di somma di danaro)
I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale (1278). Se la somma dovuta era determinata in una moneta che non ha più corso legale al tempo del pagamento, questo deve farsi in moneta legale ragguagliata per valore alla prima (1281).
Art. 1278 (Debito di somma di monete non aventi corso legale)
Se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso legale nello Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale, al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento (1182, 1196, 1281; 47 l. camb.; 39 l. ass.). Art. 1279 (Clausola di pagamento effettivo in monete non aventi corso legale)
La disposizione dell’articolo precedente non si applica, se la moneta non avente corso legale nello Stato è indicata con la clausola «effettivo» o altra equivalente, salvo che alla scadenza dell’obbligazione non sia possibile procurarsi tale moneta (1281; 47 l. camb.; 39
l. ass.).
Art. 1280 (Debito di specie monetaria avente valore intrinseco)
Il pagamento deve farsi con una specie di moneta avente valore intrinseco, se così è stabilito dal titolo costitutivo del debito, sempreché la moneta avesse corso legale al tempo in cui l’obbligazione fu assunta.
Se però la moneta non è reperibile, o non ha più corso, o ne è alterato il valore intrinseco, il pagamento si effettua con moneta corrente che rappresenti il valore intriseco che la specie monetaria dovuta aveva al tempo in cui l’obbligazione fu assunta.
Art. 1281 (Leggi speciali)
Le norme che precedono si osservano in quanto non siano in contrasto con i principi derivanti da leggi speciali. Sono salve le disposizioni particolari concernenti i pagamenti da farsi fuori del territorio dello Stato.
Art. 1282 (Interessi nelle obbligazioni pecunarie)
I crediti liquidi ed esigibili (1499) di somme di danaro producono interessi di pieno diritto (1224), salvo che la legge (506, 669, 1207, 1499, 1714, 1815 comma 2, 2033, 2036, 2151,
2154) o il titolo stabiliscano diversamente (2948, n. 4; 5, 105 l. camb.; 7 l. ass.).
Salvo patto contrario, i crediti per fitti (1639) e pigioni (1587 n. 2) non producono interessi se non dalla costituzione in mora (1219).
Se il credito ha per oggetto rimborso di spese fatte per cose da restituire, non decorrono interessi per il periodo di tempo in cui chi ha fatto le spese abbia goduto della cosa senza corrispettivo e senza essere tenuto a render conto del godimento.
Art. 1283 (Anatocismo)
In mancanza di usi contrari (1834), gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi.
Art. 1284 (Saggio degli interessi)
Il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al 2,5 per cento in ragione d’anno. Il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo.
Allo stesso saggio si computano gli interessi convenzionali, se le parti non ne hanno determinato la misura. Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto (2725); altrimenti sono dovuti nella misura legale (1815).
SEZIONE II
DELLE OBBLIGAZIONI ALTERNATIVE
Art. 1285 (Obbligazione alternativa)
Il debitore di un’obbligazione alternativa si libera eseguendo una delle due prestazioni dedotte in obbligazione, ma non può costringere il creditore a ricevere parte dell’una e parte dell’altra (1181, 1291).
Art. 1286 (Facoltà di scelta)
La scelta spetta al debitore (1184, 1287), se non è stata attribuita al creditore o ad un terzo (665). La scelta diviene irrevocabile con l’esecuzione di una delle due prestazioni, ovvero con la dichiarazione di scelta, comunicata all’altra parte, o ad entrambe se la scelta è fatta da un terzo (1453 comma 2, 1492 comma 2).
Se la scelta deve essere fatta da più persone, il giudice può fissare loro un termine. Se la
scelta non è fatta nel termine stabilito, essa è fatta dal giudice (1349; 81 att.; 749 c.p.c.).
Art. 1287 (Decadenza dalla facoltà di scelta)
Quando il debitore, condannato alternativamente a due prestazioni, non ne esegue alcuna nel termine assegnatogli dal giudice, la scelta spetta al creditore.
Se la facoltà di scelta spetta al creditore e questi non l’esercita nel termine stabilito o in
quello fissatogli dal debitore, la scelta passa a quest’ultimo.
Se la scelta è rimessa a un terzo e questi non la fa nel termine assegnatogli, essa è fatta dal giudice (631, 664, 1349; 81 att.).
Art. 1288 (Impossibilità di una delle prestazioni)
L’obbligazione alternativa si considera semplice, se una delle due prestazioni non poteva formare oggetto di obbligazione o se è divenuta impossibile per causa non imputabile ad alcuna delle parti (1218, 1256, 1346, 1557).
Art. 1289 (Impossibilità colposa di una delle prestazioni)
Quando la scelta spetta al debitore, l’obbligazione alternativa diviene semplice, se una delle due prestazioni diventa impossibile anche per causa a lui imputabile. Se una delle due prestazioni diviene impossibile per colpa del creditore, il debitore è liberato dall’obbligazione, qualora non preferisca eseguire l’altra prestazione e chiedere il risarcimento dei danni.
Quando la scelta spetta al creditore, il debitore è liberato dall’obbligazione, se una delle due prestazioni diviene impossibile per colpa del creditore, salvo che questi preferisca esigere l’altra prestazione e risarcire il danno. Se dell’impossibilità deve rispondere il debitore, il creditore può scegliere l’altra prestazione o esigere il risarcimento del danno.
Art. 1290 (Impossibilità sopravvenuta di entrambe le prestazioni)
Qualora entrambe le prestazioni siano divenute impossibili e il debitore debba rispondere riguardo a una di esse, egli deve pagare l’equivalente di quella che è divenuta impossibile per l’ultima, se la scelta spettava a lui. Se la scelta spettava al creditore, questi può domandare l’equivalente dell’una o dell’altra.
Art. 1291 (Obbligazione con alternativa multipla)
Le regole stabilite in questa sezione si osservano anche quando le prestazioni dedotte in obbligazione sono più di due.
SEZIONE III
DELLE OBBLIGAZIONI IN SOLIDO
Art. 1292 (Nozione della solidarietà)
L’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri; oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l’adempimento dell’intera obbligazione (1840, 1854) e l’adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori (1296; 61 ss. l. fall.).
Art. 1293 (Modalità varie dei singoli rapporti)
La solidarietà non è esclusa dal fatto che i singoli debitori siano tenuti ciascuno con modalità diverse, o il debitore comune sia tenuto con modalità diverse (1268, 1408, 1944, 2268) di fronte ai singoli creditori (1297).
Art. 1294 (Solidarietà tra condebitori)
I condebitori sono tenuti in solido se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente.
Art. 1295 (Divisibilità tra gli eredi)
Salvo patto contrario, l’obbligazione si divide tra gli eredi di uno dei condebitori o di uno dei creditori in solido, in proporzione delle rispettive quote (752, 754, 1318, 1319, 1507
comma 2, 1509 comma 1).
Art. 1296 (Scelta del creditore per il pagamento)
Il debitore ha la scelta di pagare all’uno o all’altro dei creditori in solido (1292), quando non è stato prevenuto da uno di essi con domanda giudiziale (1301).
Art. 1297 (Eccezioni personali)
Uno dei debitori in solido non può opporre al creditore le eccezioni personali agli altri debitori (1945). A uno dei creditori in solido il debitore non può opporre le eccezioni personali agli altri creditori (1293).
Art. 1298 (Rapporti interni tra debitori o creditori solidali)
Nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi (1299, 2263). Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente (1301, 2055 comma 3).
Art. 1299 (Regresso tra condebitori)
Il debitore in solido che ha pagato l’intero debito (61 comma 2, 62 comma 2 e 3 l. fall.) può ripetere (1203, n. 3) dai condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi (1310 comma 2, 1954). Se uno di questi è insolvente, la perdita si ripartisce per contributo tra gli altri condebitori, compreso quello che ha fatto il pagamento (754, 755).
La stessa norma si applica qualora sia insolvente il condebitore nel cui esclusivo interesse l’obbligazione era stata assunta (1203, n. 3, 1298, 1313, 2871).
Art. 1300 (Novazione)
La novazione (1230) tra il creditore e uno dei debitori in solido libera gli altri debitori (1233). Qualora però si sia voluto limitare la novazione a uno solo dei debitori, gli altri non sono liberati che per la parte di quest’ultimo.
Se convenuta tra uno dei creditori in solido e il debitore, la novazione ha effetto verso gli altri creditori solo per la parte del primo (1268, 1320).
Art. 1301 (Remissione)
La remissione (1236 ss.) a favore di uno dei debitori in solido libera anche gli altri debitori (1237), salvo che il creditore abbia riservato il suo diritto verso gli altri, nel qual caso il creditore non può esigere il credito da questi, se non detratta la parte del debitore a favore del quale ha consentito la remissione (1311).
Se la remissione è fatta da uno dei creditori in solido, essa libera il debitore verso gli altri creditori solo per la parte spettante al primo (1239, 1320; 135, 184 l. fall.).
Art. 1302 (Compensazione)
Ciascuno dei debitori in solido può opporre in compensazione (1241) il credito di un condebitore solo fino alla concorrenza della parte di quest’ultimo.
A uno dei creditori in solido il debitore può opporre in compensazione ciò che gli è dovuto da un altro dei creditori, ma solo per la parte di questo (1320).
Art. 1303 (Confusione)
Se nella medesima persona si riuniscono le qualità di creditore e di debitore in solido, l’obbligazione degli altri debitori si estingue per la parte di quel condebitore.
Se nella medesima persona si riuniscono le qualità di debitore e di creditore in solido, l’obbligazione si estingue per la parte di questo (1253 ss., 1320).
Art. 1304 (Transazione)
La transazione (1965 ss.) fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, se questi non dichiarano di volerne profittare (1411 comma 2). Parimenti, se è intervenuta tra uno dei creditori in solido e il debitore, la transazione non ha effetto nei confronti degli altri creditori, se questi non dichiarano di volerne profittare (1320).
Art. 1305 (Giuramento)
Il giuramento (2736 ss.; 233 ss. c.p.c.) sul debito e non sul vincolo solidale, deferito da uno dei debitori in solido al creditore o da uno dei creditori in solido al debitore, ovvero dal creditore a uno dei debitori in solido o dal debitore a uno dei creditori in solido, produce gli effetti seguenti:
il giuramento ricusato dal creditore o dal debitore, ovvero prestato dal condebitore o dal concreditore in solido, giova agli altri condebitori o concreditori;
il giuramento prestato dal creditore o dal debitore, ovvero ricusato dal condebitore o dal concreditore in solido, nuoce solo a chi lo ha deferito o a colui al quale è stato deferito (233 c.p.c.).
Art. 1306 (Sentenza)
La sentenza pronunziata tra il creditore e uno dei debitori in solido, o tra il debitore e uno dei creditori in solido, non ha effetto contro gli altri debitori o contro gli altri creditori (2909). Gli altri debitori possono opporla al creditore, salvo che sia fondata sopra ragioni personali al condebitore; gli altri creditori possono farla valere contro il debitore, salve le eccezioni personali che questi può opporre a ciascuno di essi.
Art. 1307 (Inadempimento)
Se l’adempimento dell’obbligazione è divenuto impossibile per causa imputabile a uno o più condebitori, gli altri condebitori non sono liberati dall’obbligo solidale di corrispondere il valore della prestazione dovuta (1292). Il creditore può chiedere il risarcimento del danno ulteriore al condebitore o a ciascuno dei condebitori inadempienti (1218).
Art. 1308 (Costituzione in mora)
La costituzione in mora di uno dei debitori in solido non ha effetto riguardo agli altri (1219), salvo il disposto dell’art. 1310.
La costituzione in mora del debitore da parte di uno dei creditori in solido giova agli altri.
Art. 1309 (Riconoscimento del debito)
Il riconoscimento del debito fatto da uno dei debitori in solido non ha effetto riguardo agli altri; se è fatto dal debitore nei confronti di uno dei creditori in solido, giova agli altri (1870, 1988, 2720, 2944, 2966).
Art. 1310 (Prescrizione)
Gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione (2934, 2943 ss.) contro uno dei debitori in solido, oppure uno dei creditori in solido interrompe la prescrizione contro il comune debitore, hanno effetto riguardo agli altri debitori o agli altri creditori (1308; 95 l. camb.; 76 l. ass). La sospensione (2941, 2942) della prescrizione nei rapporti di uno dei debitori o di uno dei creditori in solido non ha effetto riguardo agli altri. Tuttavia il debitore che sia stato costretto a pagare ha regresso contro i condebitori liberati in conseguenza della prescrizione (1299). La rinunzia alla prescrizione (2937) fatta da uno dei debitori in solido non ha effetto riguardo agli altri; fatta in confronto di uno dei creditori in solido, giova agli altri. Il condebitore che ha rinunziato alla prescrizione non ha regresso verso gli altri debitori liberati in conseguenza della prescrizione medesima.
Art. 1311 (Rinunzia alla solidarietà)
Il creditore che rinunzia alla solidarietà a favore di uno dei debitori conserva l’azione in solido contro gli altri (1313).
Rinunzia alla solidarietà:
1) il creditore che rilascia a uno dei debitori quietanza (1199) per la parte di lui senza alcuna riserva;
2) il creditore che ha agito giudizialmente contro uno dei debitori per la parte di lui, se questi ha aderito alla domanda, o se è stata pronunciata una sentenza di condanna.
Art. 1312 (Pagamento separato dei frutti o degli interessi)
Il creditore che riceve, separatamente e senza riserva, la parte dei frutti o degli interessi (1282) che è a carico di uno dei debitori perde contro di lui l’azione in solido per i frutti o per gli interessi scaduti, ma la conserva per quelli futuri.
Art. 1313 (Insolvenza di un condebitore in caso di rinunzia alla solidarietà)
Nel caso di rinunzia del creditore alla solidarietà verso alcuno dei debitori (1311, 1312), se uno degli altri è insolvente, la sua parte di debito è ripartita per contributo tra tutti i condebitori, compreso quello che era stato liberato dalla solidarietà (1299).
SEZIONE IV
DELLE OBBLIGAZIONI DIVISIBILI E INDIVISIBILI
Art. 1314 (Obbligazioni divisibili)
Se più sono i debitori o i creditori di una prestazione divisibile e l’obbligazione non è solidale (1292 ss.), ciascuno dei creditori non può domandare il soddisfacimento del credito che per la sua parte, e ciascuno dei debitori non è tenuto a pagare il debito che per la sua parte (1295, 1509).
Art. 1315 (Limiti alla divisibilità tra gli eredi del debitore)
Il beneficio della divisione non può essere opposto da quello tra gli eredi del debitore, che è stato incaricato (663) di eseguire la prestazione (752) o che è in possesso della cosa dovuta, se questa è certa e determinata.
Art. 1316 (Obbligazioni indivisibili)
L’obbligazione è indivisibile, quando la prestazione ha per oggetto una cosa o un fatto che non è suscettibile di divisione per sua natura o per il modo in cui è stato considerato dalle parti contraenti (1317; 187 c.p.c.).
Art. 1317 (Disciplina delle obbligazioni indivisibili)
Le obbligazioni indivisibili sono regolate dalle norme relative alle obbligazioni solidali (1292 ss.), in quanto applicabili, salvo quanto è disposto dagli articoli seguenti.
Art. 1318 (Indivisibilità nei confronti degli eredi)
L’indivisibilità opera anche nei confronti degli eredi del debitore o di quelli del creditore (1295).
Art. 1319 (Diritto di esigere l’intero)
Ciascuno dei creditori può esigere l’esecuzione dell’intera prestazione indivisibile (1772). Tuttavia l’erede del creditore, che agisce per il soddisfacimento dell’intero credito, deve dare cauzione a garanzia dei coeredi (1179, 1295; 119 c.p.c.).
Art. 1320 (Estinzione parziale)
Se uno dei creditori ha fatto remissione del debito (1236 ss.) o ha consentito a ricevere un’altra prestazione in luogo di quella dovuta (1197, 1198), il debitore non è liberato verso gli altri creditori. Questi tuttavia non possono domandare la prestazione indivisibile se non addebitandosi ovvero rimborsando il valore della parte di colui che ha fatto la remissione o che ha ricevuto la prestazione diversa (1301 comma 2). La medesima disposizione si applica in caso di transazione (1304 comma 2, 1965), novazione (1230, 1300 comma 2),
compensazione (1241, 1302 comma 2) e confusione (1253, 1303 comma 2).
TITOLO II
DEI CONTRATTI IN GENERALE CAPO I
DISPOSIZIONI PRELIMINARI
Art. 1321 (Nozione)
Il contratto è l’accordo di due o più parti (1420, 1446, 1459, 1466) per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale (1174, 1325, 1326).
Art. 1322 (Autonomia contrattuale)
Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge (1372; 5 prel.; 41 Cost.).
Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi (1323, 2249,
2437, 2498) aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico (1343, 1411, 2035).
Art. 1323 (Norme regolatrici dei contratti)
Tutti i contratti, ancorché non appartengano ai tipi che hanno una disciplina particolare, sono sottoposti alle norme generali contenute in questo titolo (1372).
Art. 1324 (Norme applicabili agli atti unilaterali)
Salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale (482 comma 1, 483 comma 1, 526, 1174, 1334, 1414 comma 3, 1987 ss., 2732).
CAPO II
DEI REQUISITI DEL CONTRATTO
Art. 1325 (Indicazione dei requisiti) I requisiti del contratto sono (1418):
1) l’accordo delle parti (1326 ss.);
2) la causa (1343 ss.);
3) l’oggetto (1346 ss.);
4) la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità (1350 ss.).
SEZIONE I DELL'ACCORDO DELLE PARTI
Art. 1326 (Conclusione del contratto)
Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza (1335) dell’accettazione dell’altra parte (163, 782 comma 2, 1333, 1336).
L’accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell’affare o secondo gli usi (1328, 2964).
Il proponente può ritenere efficace l’accettazione tardiva, purché ne dia immediatamente
avviso (1327 comma 2) all’altra parte (1175).
Qualora il proponente richieda per l’accettazione una forma determinata, l’accettazione non ha effetto se è data in forma diversa (1352).
Un’accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta (1333).
Art. 1327 (Esecuzione prima della risposta dell’accettante)
Qualora, su richiesta del proponente o per la natura dell’affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione.
L’accettante deve dare prontamente avviso (1175, 1326 comma 3) all’altra parte dell’iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuto al risarcimento del danno.
Art. 1328 (Revoca della proposta e dell’accettazione)
La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso (782 commi 3 e 4, 1329, 1887). Tuttavia, se l’accettante ne ha intrapreso in buona fede (1335, 1337, 1366, 1375) l’esecuzione prima di avere notizia della revoca, il proponente è tenuto a indennizzarlo (8432, 924, 925, 1038, 1053, 2045, 2047) delle spese e delle perdite subite per l’iniziata esecuzione del contratto.
L’accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza (1335) del proponente prima dell’accettazione (1326, 1329).
Art. 1329 (Proposta irrevocabile)
Se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto (1328, 1331, 1333). Nell’ipotesi prevista dal comma precedente, la morte o la sopravvenuta incapacità (414, 1330) del proponente non toglie efficacia alla proposta, salvo che la natura dell’affare o altre circostanze escludano tale efficacia.
Art. 1330 (Morte o incapacità dell’imprenditore)
La proposta o l’accettazione, quando è fatta dall’imprenditore nell’esercizio della sua impresa (2082), non perde efficacia se l’imprenditore muore o diviene incapace (414, 1425) prima della conclusione del contratto (1722 n. 4, 1270), salvo che si tratti di piccoli imprenditori (2083) o che diversamente risulti dalla natura dell’affare o da altre circostanze (1 l. fall.).
Art. 1331 (Opzione)
Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall’art. 1329 (1355). Se per l’accettazione non è stato fissato un termine, questo può essere stabilito dal giudice (1183).
Art. 1332 (Adesione di altre parti al contratto)
Se ad un contratto possono aderire altre parti e non sono determinate le modalità dell’adesione, questa deve essere diretta all’organo che sia stato costituito per l’attuazione del contratto o, in mancanza di esso, a tutti i contraenti originari (2525 comma 1).
Art. 1333 (Contratto con obbligazioni del solo proponente)
La proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile (1329) appena giunge a conoscenza (1335) della parte alla quale è destinata (1328). Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi (2964). In mancanza di tale rifiuto il contratto è concluso (1236, 1399 comma 4, 1411 comma 2, 1454 comma 3).
Art. 1334 (Efficacia degli atti unilaterali)
Gli atti unilaterali (1324, 14143) producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza (1335) della persona alla quale sono destinati (172 comma 4).
Art. 1335 (Presunzione di conoscenza)
La proposta, l’accettazione (1326), la loro revoca (1328) e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.
Art. 1336 (Offerta al pubblico)
L’offerta al pubblico, quando contiene gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta, vale come proposta, salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi (1989).
La revoca dell’offerta, se è fatta nella stessa forma dell’offerta o in forma equipollente (1396 comma 2, 1990), è efficace anche in confronto di chi non ne ha avuto notizia (1328). Art. 1337 (Trattative e responsabilità precontrattuale)
Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono
comportarsi secondo buona fede (1175, 1338, 1358, 1366, 1375, 1460; 88 c.p.c.).
Art. 1338 (Conoscenza delle cause d’invalidità)
La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa d’invalidità del contratto (1418 ss.), non ne ha dato notizia all’altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto (139, 1175, 1337, 1398, 1439, 1892).
Art. 1339 (Inserzione automatica di clausole)
Le clausole, i prezzi di beni o di servizi imposti dalla legge sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti.
Art. 1340 (Clausole d’uso)
Le clausole d’uso s’intendono inserite nel contratto, se non risulta che non sono state volute dalle parti (1368, 1374).
Art. 1341 (Condizioni generali di contratto)
Le condizioni generali di contratto (1342, 1679, 2211) predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione (1326) del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza (1176, 1370). In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificatamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità (1229), facoltà di recedere dal contratto (1373) o di sospenderne l’esecuzione (1461), ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze (2964 ss.), limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni (1462), restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi (1379, 1566 ss., 2596 comma 1), tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie (808 c.p.c.) o deroghe alla competenza (6, 28, 29 c.p.c.) dell’autorità giudiziaria.
Art. 1342 (Contratto concluso mediante moduli o formulari)
Nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari, predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate.
Si osserva inoltre la disposizione del secondo comma dell’articolo precedente.
SEZIONE II
DELLA CAUSA DEL CONTRATTO
Art. 1343 (Causa illecita)
La causa (1325 n. 2) è illecita (1322 comma 2, 1418 comma 2) quando è contraria a
norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume (5, 23, 25, 634, 1354, 2031,
2035).
Art. 1344 (Contratto in frode alla legge)
Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa (166 bis, 743, 1418).
Art. 1345 (Motivo illecito)
Il contratto è illecito quando le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe (626, 788, 1362, 1418, 2035, 2126).
SEZIONE III DELL'OGGETTO DEL CONTRATTO
Art. 1346 (Requisiti)
L’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile (1349, 1418, 1429).
Art. 1347 (Possibilità sopravvenuta dell’oggetto)
Il contratto sottoposto a condizione sospensiva (1353 ss.) o a termine (1184 ss.) è valido, se la prestazione inizialmente impossibile diviene possibile prima dell’avveramento della condizione o della scadenza del termine (1354 comma 2, 1465).
Art. 1348 (Cose future)
La prestazione di cose future (820) può essere dedotta in contratto (1472), salvi i particolari divieti della legge (458, 771, 2823).
Art. 1349 (Determinazione dell’oggetto)
Se la determinazione della prestazione dedotta in contratto è deferita a un terzo e non risulta che le parti vollero rimettersi al suo mero arbitrio, il terzo deve procedere con equo apprezzamento. Se manca la determinazione del terzo o se questa è manifestamente iniqua o erronea, la determinazione è fatta dal giudice (778, 1286, 1287, 1473, 2264,
2603).
La determinazione rimessa al mero arbitrio del terzo non si può impugnare se non provando la sua mala fede. Se manca la determinazione del terzo e le parti non si accordano per sostituirlo, il contratto è nullo (1418).
Nel determinare la prestazione il terzo deve tener conto anche delle condizioni generali della produzione a cui il contratto eventualmente abbia riferimento.
SEZIONE IV
DELLA FORMA DEL CONTRATTO
Art. 1350 (Atti che devono farsi per iscritto)
Devono farsi per atto pubblico (2699 ss.) o per scrittura privata (2702 ss.), sotto pena di nullità (1325, 1351, 1392, 1403, 2725, 2806; 852, 857, 864 c.n.):
1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili (769, 812, 1470, 1548, 1552,
1556, 1813, 2643 n. 1);
2) i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto su beni immobili (978), il diritto di superficie (952), il diritto del concedente (960) e dell’enfiteuta (957, 959, 2643 n. 2);
3) i contratti che costituiscono la comunione (1100) di diritti indicati dai numeri precedenti
(2643 n. 3);
4) i contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali (1027 ss., 1051, 1058, 1068), il diritto di uso (1021) su beni immobili e il diritto di abitazione (1022 ss., 2643 n. 4);
5) gli atti di rinunzia ai diritti indicati dai numeri precedenti (2643 n. 5);
6) i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico (971, 2643 n. 7);
7) i contratti di anticresi (1960 ss., 2643 n. 12);
8) i contratti di locazione (1571, 1573) di beni immobili per una durata superiore a nove anni (1572, 2643 n. 8);
9) i contratti di società (2247 ss., 2251) o di associazione (2549) con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato (2643 n. 10);
10) gli atti che costituiscono rendite perpetue (1861 ss.) o vitalizie (1872 ss.), salve le disposizioni relative alle rendite dello Stato (2645);
11) gli atti di divisione di beni immobili e di altri diritti reali immobiliari (713 ss., 1111 ss., 1116, 2646);
12) le transazioni (1965) che hanno per oggetto controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti (1967, 2643 n. 13);
13) gli altri atti specialmente indicati dalla legge (1).
(1) Contratti e atti che devono essere ricevuti da notaio o da cancelliere:
- atto costitutivo delle associazioni e delle fondazioni (art. 14); convenzioni matrimoniali (art. 1621); accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario (art. 484 comma 1); rinunzia all’eredità (art. 519); testamento pubblico (art. 603); accettazione della nomina di esecutore testamentario (art. 702); donazione (art. 782); atto costitutivo della società per azioni (art. 2328); costituzione della società a responsabilità limitata (art. 2475); atto di fusione delle società (art. 2504); atto costitutivo della società cooperativa (art. 2518); contratto di arruolamento (art. 328 c.n.).
Art. 1351 (Contratto preliminare)
Il contratto preliminare è nullo (1418), se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo (1337, 1350, 1392, 1399, 1403, 2645 bis, 2725, 2806,
2932).
Art. 1352 (Forme convenzionali)
Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume (2728) che la forma sia stata voluta per la validità (1350, 1418) di questo (1326 comma 4, 1362, 1367, 2725).
CAPO III
DELLA CONDIZIONE NEL CONTRATTO
Art. 1353 (Contratto condizionale)
Le parti possono subordinare l’efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto (108, 1359, 1360, 1757, 2010).
Art. 1354 (Condizioni illecite o impossibili)
È nullo il contratto al quale è apposta una condizione, sospensiva o risolutiva, contraria a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume (791, 1379).
La condizione impossibile rende nullo il contratto se è sospensiva (1347); se è risolutiva si ha come non apposta. Se la condizione illecita o impossibile è apposta a un patto singolo del contratto, si osservano, riguardo all’efficacia del patto, le disposizioni dei commi precedenti, fermo quanto è disposto dall’art. 1419 (1367).
Art. 1355 (Condizione meramente potestativa)
É nulla l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante o, rispettivamente, da quella del debitore (1331).
Art. 1356 (Pendenza della condizione)
In pendenza della condizione sospensiva l’acquirente di un diritto può compiere atti conservativi (2900).
L’acquirente di un diritto sotto condizione risolutiva può, in pendenza di questa, esercitarlo, ma l’altro contraente può compiere atti conservativi (669 bis ss. c.p.c.).
Art. 1357 (Atti di disposizione in pendenza della condizione)
Chi ha un diritto subordinato a condizione sospensiva o risolutiva può disporne in pendenza di questa; ma gli effetti di ogni atto di disposizione sono subordinati alla stessa condizione (1361, 2852).
Art. 1358 (Comportamento delle parti nello stato di pendenza)
Colui che si è obbligato o che ha alienato un diritto sotto condizione sospensiva, ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva, deve, in pendenza della condizione, comportarsi secondo buona fede (1175, 1337, 1366, 1375, 1391) per conservare integre le ragioni dell’altra parte.
Art. 1359 (Avveramento della condizione)
La condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento di essa (1503, 1749).
Art. 1360 (Retroattività della condizione)
Gli effetti dell’avveramento della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto (1326), salvo che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, gli effetti del contratto o della risoluzione debbano essere riportati a un momento diverso (17571).
Se però la condizione risolutiva è apposta a un contratto ad esecuzione continuata o periodica (1467 comma 1, 1655), l’avveramento di essa, in mancanza di patto contrario, non ha effetto riguardo alle prestazioni già eseguite (1361, 1373, 1458, 2126, 2332).
Art. 1361 (Atti di amministrazione)
L’avveramento della condizione (1359) non pregiudica la validità degli atti di amministrazione compiuti dalla parte a cui, in pendenza della condizione stessa, spettava l’esercizio del diritto (1360). Salvo diverse disposizioni di legge o diversa pattuizione, i frutti percepiti (1148) sono dovuti dal giorno in cui la condizione si è avverata.
CAPO IV DELL'INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO
Art. 1362 (Intenzione dei contraenti)
Nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole (1365; 12 prel.).
Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto (1326, 1366, 1371).
Art. 1363 (Interpretazione complessiva delle clausole)
Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto (1367 ss.; 12 prel.).
Art. 1364 (Espressioni generali)
Per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare (1369).
Art. 1365 (Indicazioni esemplificative)
Quando in un contratto si è espresso un caso al fine di spiegare un patto, non si presumono esclusi i casi non espressi, ai quali, secondo ragione, può estendersi lo stesso patto (1362).
Art. 1366 (Interpretazione di buona fede)
Il contratto deve essere interpretato secondo buona fede (1175, 1337, 1358, 1362, 1375,
1460).
Art. 1367 (Conservazione del contratto)
Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno (1371, 1424).
Art. 1368 (Pratiche generali interpretative)
Le clausole ambigue s’interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso (1340, 1374, 1510).
Nei contratti in cui una delle parti è un imprenditore (2082), le clausole ambigue
s’interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui è la sede dell’impresa (2196, 2197).
Art. 1369 (Espressioni con più sensi)
Le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel senso più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto (1364).
Art. 1370 (Interpretazione contro l’autore della clausola)
Le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto (1341) o in moduli o formulari (1342) predisposti da uno dei contraenti s’interpretano, nel dubbio, a favore dell’altro (1366).
Art. 1371 (Regole finali)
Qualora, nonostante l’applicazione delle norme contenute in questo capo, il contratto rimanga oscuro, esso deve essere inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato (1184, 1286), se è a titolo gratuito, e nel senso che realizzi l’equo contemperamento degli interessi delle parti se è a titolo oneroso (1367, 1374).
CAPO V
DEGLI EFFETTI DEL CONTRATTO SEZIONE I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1372 (Efficacia del contratto)
Il contratto ha forza di legge tra le parti (1321, 1374). Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge (1373, 1453, 1671, 2227).
Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge (1239, 1300, 1301, 1411 ss.).
Art. 1373 (Recesso unilaterale)
Se a una delle parti è attribuita (1341 comma 2) la facoltà di recedere dal contratto (1453 comma 3), tale facoltà può essere esercitata finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione (1385). Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, tale facoltà può essere esercitata anche successivamente, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione (1671, 2227).
Qualora sia stata stipulata la prestazione di un corrispettivo per il recesso, questo ha effetto quando la prestazione è eseguita (1386).
È salvo in ogni caso il patto contrario.
Art. 1374 (Integrazione del contratto)
Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi (2187; 8 prel.) e l’equità (1340, 1367 ss., 2154 comma 2).
Art. 1375 (Esecuzione di buona fede)
Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.
Art. 1376 (Contratto con effetti reali)
Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato.
Art. 1377 (Trasferimento di una massa di cose)
Quando oggetto del trasferimento è una determinata massa di cose, anche se omogenee, si applica la disposizione dell’articolo precedente, ancorché, per determinati effetti, le cose debbano essere numerate, pesate o misurate (1537).
Art. 1378 (Trasferimento di cosa determinata solo nel genere)
Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel genere (1178), la proprietà si trasmette con l’individuazione (1465 comma 3) fatta d’accordo tra le parti o nei modi da esse stabiliti (1465, 1472). Trattandosi di cose che devono essere trasportate da un luogo a un altro (1510), l’individuazione avviene anche mediante la consegna al vettore (1678 ss.) o allo spedizioniere (1737 ss.).
Art. 1379 (Divieto di alienazione)
Il divieto di alienare (1260 comma 2) stabilito per contratto (1341 comma 2) ha effetto solo tra le parti e non è valido se non è contenuto entro convenienti limiti di tempo (965, 1329 comma 1, 2596) e se non risponde a un apprezzabile interesse di una delle parti (1174).
Art. 1380 (Conflitto tra più diritti personali di godimento)
Se, con successivi contratti, una persona concede a diversi contraenti un diritto personale di godimento relativo alla stessa cosa, il godimento spetta al contraente che per primo lo ha conseguito (1155, 1265 comma 1).
Se nessuno dei contraenti ha conseguito il godimento, è preferito quello che ha il titolo di data certa (2704) anteriore.
Sono salve le norme relative agli effetti della trascrizione (2643 ss.).
Art. 1381 (Promessa dell’obbligazione o del fatto del terzo)
Xxxxx che ha promesso l’obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto a indennizzare l’altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso.
SEZIONE II
DELLA CLAUSOLA PENALE E DELLA CAPARRA
Art. 1382 (Effetti della clausola penale)
La clausola con cui si conviene che, in caso d’inadempimento o di ritardo nell’adempimento (1218), uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore (1223, 1229).
La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno (1224).
Art. 1383 (Divieto di cumulo)
Il creditore non può domandare insieme la prestazione principale e la penale, se questa non è stata stipulata per il semplice ritardo (1385).
Art. 1384 (Riduzione della penale)
La penale può essere diminuita equamente dal giudice, se l’obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se l’ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all’interesse (1174, 1255, 1256 comma 2, 1322 comma 2, 1379, 1411,
1421, 1457, 1464; 389 c.n.) che il creditore aveva all’adempimento (1181, 1526).
Art. 1385 (Caparra confirmatoria)
Se al momento della conclusione del contratto (1326 ss.) una parte dà all’altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta (1194).
Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra (1386).
Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l’esecuzione o la risoluzione del contratto (1453 ss.), il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali (1223 ss.).
Art. 1386 (Caparra penitenziale)
Se nel contratto è stipulato il diritto di recesso per una o per entrambe le parti, la caparra ha la sola funzione di corrispettivo del recesso (1373). In questo caso, il recedente perde la caparra data o deve restituire il doppio di quella che ha ricevuta.
CAPO VI
DELLA RAPPRESENTANZA
Art. 1387 (Fonti della rappresentanza)
Il potere di rappresentanza è conferito dalla legge (48, 320, 357, 360, 424, 643; 78 c.p.c.) ovvero dall’interessato.
Art. 1388 (Contratto concluso dal rappresentante)
Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato nei limiti delle facoltà conferitegli produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato (1398).
Art. 1389 (Capacità del rappresentante e del rappresentato)
Quando la rappresentanza è conferita dall’interessato, per la validità del contratto concluso dal rappresentante basta che questi abbia la capacità di intendere e di volere (428, 1425), avuto riguardo alla natura e al contenuto del contratto stesso, sempre che sia legalmente capace il rappresentato (777 comma 1).
In ogni caso, per la validità del contratto concluso dal rappresentante è necessario che il contratto non sia vietato al rappresentato (323, 378, 779, 1261, 1471, 2233).
Art. 1390 (Vizi della volontà)
Il contratto è annullabile (1441) se è viziata la volontà del rappresentante (1427). Quando però il vizio riguarda elementi predeterminati dal rappresentato, il contratto è annullabile solo se era viziata la volontà di questo (1391, 1426).
Art. 1391 (Stati soggettivi rilevanti)
Nei casi in cui è rilevante lo stato di buona o di mala fede, di scienza o d’ignoranza di determinate circostanze (1175, 1337, 1358, 1366, 1375, 1428), si ha riguardo alla persona del rappresentante, salvo che si tratti di elementi predeterminati dal rappresentato (1390, 1894). In nessun caso il rappresentato che è in mala fede può giovarsi dello stato d’ignoranza o di buona fede del rappresentante (1426).
Art. 1392 (Forma della procura)
La procura non ha effetto se non è conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere (1350 ss., 1396 ss., 1403).
Art. 1393 (Giustificazione dei poteri del rappresentante)
Il terzo che contragga col rappresentante può sempre esigere che questi giustifichi i suoi poteri e, se la rappresentanza risulta da un atto scritto, che gliene dia una copia da lui firmata (1397).
Art. 1394 (Conflitto d’interessi)
Il contratto concluso dal rappresentante in conflitto d’interessi (1395) col rappresentato può essere annullato (1441) su domanda del rappresentato, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile (1431) dal terzo.
Art. 1395 (Contratto con se stesso)
É annullabile (1441) il contratto che il rappresentante conclude con se stesso, in proprio o come rappresentante di un’altra parte, a meno che il rappresentato lo abbia autorizzato specificamente ovvero il contenuto del contratto sia determinato in modo da escludere la possibilità di conflitto d’interessi (1394, 1441, 1471, n. 4, 1735, 2373, 2391).
L’impugnazione può essere proposta soltanto dal rappresentato (1471 n. 4).
Art. 1396 (Modificazione ed estinzione della procura)
Le modificazioni e la revoca della procura (1903, 2266, 2267) devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. In mancanza, esse non sono opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al momento della conclusione del contratto (19, 2207, 2266).
Le altre cause di estinzione del potere di rappresentanza conferito dall’interessato non
sono opponibili ai terzi che le hanno senza colpa ignorate (1722, 1727).
Art. 1397 (Restituzione del documento della rappresentanza)
Il rappresentante è tenuto a restituire il documento dal quale risultano i suoi poteri, quando questi sono cessati (1393, 1396).
Art. 1398 (Rappresentanza senza potere)
Xxxxx che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto (1338, 1399, 1890, 2032, 2822;
11 l. camb.; 14 l. ass.).
Art. 1399 (Ratifica)
Nell’ipotesi prevista dall’articolo precedente, il contratto può essere ratificato dall’interessato con l’osservanza delle forme prescritte per la conclusione di esso (1350, 1392, 1403, 2805). La ratifica ha effetto retroattivo, ma sono salvi i diritti dei terzi (1445).
Il terzo e colui che ha contrattato come rappresentante possono d’accordo sciogliere il contratto prima della ratifica (1327). Il terzo contraente può invitare l’interessato a pronunziarsi sulla ratifica assegnandogli un termine, scaduto il quale, nel silenzio, la ratifica s’intende negata (1333 comma 2, 1454 comma 3, 1712).
La facoltà di ratifica si trasmette agli eredi.
Art. 1400 (Speciali forme di rappresentanza)
Le speciali forme di rappresentanza nelle imprese agricole e commerciali sono regolate dal libro V (2138, 2150, 2203 ss.).
CAPO VII
DEL CONTRATTO PER PERSONA DA NOMINARE
Art. 1401 (Riserva di nomina del contraente)
Nel momento della conclusione del contratto (1326) una parte può riservarsi la facoltà di nominare successivamente (1402) la persona che deve acquistare i diritti e assumere gli obblighi nascenti dal contratto stesso (583 c.p.c.).
Art. 1402 (Termine e modalità della dichiarazione di nomina)
La dichiarazione di nomina deve essere comunicata all’altra parte nel termine di tre giorni dalla stipulazione del contratto, se le parti non hanno stabilito un termine diverso.
La dichiarazione non ha effetto se non è accompagnata dall’accettazione (1399) della persona nominata o se non esiste una procura (1387) anteriore al contratto (1405).
Art. 1403 (Forme e pubblicità)
La dichiarazione di nomina e la procura o l’accettazione della persona nominata non hanno effetto se non rivestono la stessa forma che le parti hanno usata per il contratto, anche se non prescritta dalla legge (1350, 1392, 1399, 2806).
Se per il contratto è richiesta a determinati effetti una forma di pubblicità (2643), deve agli stessi effetti essere resa pubblica anche la dichiarazione di nomina, con l’indicazione dell’atto di procura o dell’accettazione della persona nominata.
Art. 1404 (Effetti della dichiarazione di nomina)
Quando la dichiarazione di nomina è stata validamente fatta, la persona nominata acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dal contratto con effetto dal momento in cui questo fu stipulato (1399 comma 2).
Art. 1405 (Effetti della mancata dichiarazione di nomina)
Se la dichiarazione di nomina non è fatta validamente nel termine stabilito dalla legge o dalle parti (1402), il contratto produce i suoi effetti tra i contraenti originari (1762).
CAPO VIII
DELLA CESSIONE DEL CONTRATTO
Art. 1406 (Nozione)
Ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l’altra parte vi consenta (1180, 1260, 1410, 1594, 1624, 2149, 21601, 2558; 46 c.n.).
Art. 1407 (Forma)
Se una parte ha consentito preventivamente che l’altra sostituisca a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, la sostituzione è efficace nei suoi confronti dal momento in cui le è stata notificata o in cui essa l’ha accettata (1264, 1403, 1918). Se tutti gli elementi del contratto risultano da un documento nel quale è inserita la clausola «all’ordine» o altra equivalente, la girata del documento produce la sostituzione del giratario nella posizione del girante (1889, 1918, 2008, 2011; 137 c.p.c.; 15 l. camb.; 17 l. ass.).
Art. 1408 (Rapporti fra contraente ceduto e cedente)
Il cedente è liberato dalle sue obbligazioni verso il contraente ceduto dal momento in cui la sostituzione diviene efficace nei confronti di questo (1407).
Tuttavia il contraente ceduto, se ha dichiarato di non liberare il cedente, può agire contro di lui qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte (1267).
Nel caso previsto dal comma precedente, il contraente ceduto deve dare notizia al cedente dell’inadempimento del cessionario, entro quindici giorni da quello in cui l’inadempimento si è verificato; in mancanza è tenuto al risarcimento del danno (2481).
Art. 1409 (Rapporti fra contraente ceduto e cessionario)
Il contraente ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni derivanti dal contratto, ma non quelle fondate su altri rapporti col cedente, salvo che ne abbia fatto espressa riserva al momento in cui ha consentito alla sostituzione ( 1271, 1413).
Art. 1410 (Rapporti fra cedente e cessionario)
Il cedente è tenuto a garantire la validità del contratto (1266). Se il cedente assume la garanzia dell’adempimento del contratto (1408 comma 2), egli risponde come un fideiussore (1936, 1944 ss., 1949) per le obbligazioni del contraente ceduto (1267, 1942).
CAPO IX
DEL CONTRATTO A FAVORE DI XXXXX
Art. 1411 (Contratto a favore di xxxxx)
É valida la stipulazione a favore di un terzo qualora lo stipulante vi abbia interesse.
Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione (1332 comma 2). Questa però può essere revocata o modificata dallo stipulante, finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente, di volerne profittare (782 ss., 792, 1236, 1273, 1304, 1412, 1689, 1773, 1921).
In caso di revoca della stipulazione o di rifiuto del terzo di profittarne, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante, salvo che diversamente risulti dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto.
Art. 1412 (Prestazione al terzo dopo la morte dello stipulante)
Se la prestazione deve essere fatta al terzo dopo la morte dello stipulante, questi può revocare il beneficio anche con una disposizione testamentaria (587 ss.) e quantunque il terzo abbia dichiarato di volerne profittare (1411), salvo che, in quest’ultimo caso, lo stipulante abbia rinunciato per iscritto al potere di revoca (679, 1921).
La prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia stato revocato e lo stipulante non abbia disposto diversamente.
Art. 1413 (Eccezioni opponibili dal promittente al terzo)
Il promittente può opporre al terzo le eccezioni fondate sul contratto dal quale il terzo deriva il suo diritto, ma non quelle fondate su altri rapporti tra promittente e stipulante (1272, 1273 comma 4, 1409).
CAPO X DELLA SIMULAZIONE
Art. 1414 (Effetti della simulazione tra le parti)
Il contratto simulato non produce effetto tra le parti (1415).
Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma (1350, 1424). Le precedenti disposizioni si applicano anche agli atti unilaterali destinati a una persona determinata, che siano simulati per accordo tra il dichiarante e il destinatario (1324, 1334, 1471).
Art. 1415 (Effetti della simulazione rispetto ai terzi)
La simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede (1147, 1153, 1189, 1445) hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione (2652 n. 4). I terzi possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti (1372).
Art. 1416 (Rapporti con i creditori)
La simulazione non può essere opposta dai contraenti ai creditori del titolare apparente che in buona fede hanno compiuto atti di esecuzione sui beni che furono oggetto del contratto simulato (1147, 2910 ss.; 483 ss. c.p.c.).
I creditori del simulato alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti, e, nel conflitto con i creditori chirografari del simulato acquirente, sono preferiti a questi, se il loro credito è anteriore all’atto simulato (483 c.p.c.).
Art. 1417 (Prova della simulazione)
La prova per testimoni della simulazione è ammissibile senza limiti (2722, 2724), se la domanda è proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato (1343 ss., 1346), anche se è proposta dalle parti.
CAPO XI
DELLA NULLITÀ DEL CONTRATTO
Art. 1418 (Cause di nullità del contratto)
Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative (2331 comma 3), salvo che la legge disponga diversamente (1422, 2126).
Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’art. 1325 (1349 comma 2), l’illiceità della causa (1343, 2035), l’illiceità dei motivi nel caso indicato dall’art. 1345 e la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’art. 1346 (2379).
Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge (1876, 1904, 1963, 2103, 2122,
2265, 2744).
Art. 1419 (Nullità parziale)
La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità (1229, 1354 comma 3, 1430, 1480, 2265).
La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative.
Art. 1420 (Nullità nel contratto plurilaterale)
Nei contratti con più di due parti, in cui le prestazioni di ciascuna sono dirette al conseguimento di uno scopo comune, la nullità che colpisce il vincolo di una sola delle parti non importa nullità del contratto, salvo che la partecipazione di essa debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale (1446, 1459, 1466).
Art. 1421 (Legittimazione all’azione di nullità)
Xxxxx diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse (1174, 1255, 1256 comma 2, 1322 comma 2, 1379, 1384, 1411, 1457 comma 1,
1464) e può essere rilevata d’ufficio dal giudice (1462, 1903, 2379).
Art. 1422 (Imprescrittibilità dell’azione di nullità)
L’azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione (2934), salvi gli effetti dell’usucapione (1158 ss.) e della prescrizione delle azioni di ripetizione (2379, 2946).
Art. 1423 (Inammissibilità della convalida)
Il contratto nullo non può essere convalidato (1444), se la legge non dispone diversamente (590, 799, 1972, 2332 comma 5, 2379).
Art. 1424 (Conversione del contratto nullo)
Il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma (1414 comma 2), qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità (1059 comma 2, 1367, 1414).
CAPO XII DELL'ANNULLABILITÀ DEL CONTRATTO
SEZIONE I DELL'INCAPACITÀ
Art. 1425 (Incapacità delle parti)
Il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrattare (2, 3, 322, 377, 396, 414, 427, 477, 1441).
É parimenti annullabile, quando ricorrono le condizioni stabilite dall’art. 428, il contratto stipulato da persona incapace d’intendere o di volere (1191, 1444; 32 c.p.).
Art. 1426 (Raggiri usati dal minore)
Il contratto non è annullabile, se il minore ha con raggiri occultato la sua minore età; ma la semplice dichiarazione da lui fatta di essere maggiorenne non è di ostacolo all’impugnazione del contratto (1439).
SEZIONE II
DEI VIZI DEL CONSENSO
Art. 1427 (Errore, violenza e dolo)
Il contraente (1324, 1390), il cui consenso fu dato per errore (1428 ss.), estorto con violenza (1434 ss.) o carpito con dolo (1439 ss.), può chiedere l’annullamento del contratto secondo le disposizioni seguenti.
Art. 1428 (Rilevanza dell’errore)
L’errore è causa di annullamento del contratto quando è essenziale (1429) ed è riconoscibile (1394, 1395, 1431) dall’altro contraente (787, 1391, 1972 ss.).
Art. 1429 (Errore essenziale) L’errore è essenziale (1433):
1) quando cade sulla natura o sull’oggetto (1346 ss., 1972 comma 2) del contratto;
2) quando cade sull’identità dell’oggetto della prestazione ovvero sopra una qualità dello stesso che, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del consenso (1497);
3) quando cade sull’identità o sulle qualità della persona dell’altro contraente, sempre che l’una o le altre siano state determinanti del consenso (122);
4) quando, trattandosi di errore di diritto, è stato la ragione unica o principale del contratto
(787, 1969).
Art. 1430 (Errore di calcolo)
L’errore di calcolo non dà luogo ad annullamento del contratto, ma solo a rettifica, tranne che, concretandosi in errore sulla quantità, sia stato determinante del consenso (1419).
Art. 1431 (Errore riconoscibile)
L’errore si considera riconoscibile (1428) quando, in relazione al contenuto (1322 comma 1, 1708), alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo (1176, 1428).
Art. 1432 (Mantenimento del contratto rettificato)
La parte in errore non può domandare l’annullamento del contratto se, prima che ad essa possa derivarne pregiudizio, l’altra offre di eseguirlo in modo conforme al contenuto e alle modalità del contratto che quella intendeva concludere (1450, 1453 comma 3, 1467).
Art. 1433 (Errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione)
Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche al caso in cui l’errore cade sulla dichiarazione, o in cui la dichiarazione è stata inesattamente trasmessa dalla persona o dall’ufficio che ne era stato incaricato (1428, 2706).
Art. 1434 (Violenza)
La violenza è causa di annullamento del contratto (1441 ss.), anche se esercitata da un terzo (1439).
Art. 1435 (Caratteri della violenza)
La violenza deve essere di tal natura da fare impressione sopra una persona sensata e da farle temere di esporre sé o i suoi beni a un male ingiusto e notevole. Si ha riguardo, in questa materia, all’età, al sesso e alla condizione delle persone (1438).
Art. 1436 (Violenza diretta contro xxxxx)
La violenza è causa di annullamento del contratto anche quando il male minacciato (1438) riguarda la persona o i beni del coniuge del contraente o di un discendente o ascendente di lui. Se il male minacciato riguarda altre persone, l’annullamento del contratto è rimesso alla prudente valutazione delle circostanze da parte del giudice.
Art. 1437 (Timore riverenziale)
Il solo timore riverenziale non è causa di annullamento del contratto.
Art. 1438 (Minaccia di far valere un diritto)
La minaccia di far valere un diritto può essere causa di annullamento del contratto solo quando è diretta a conseguire vantaggi ingiusti (2043).
Art. 1439 (Dolo)
Il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe contrattato (1195, 1338, 1426, 1892, 1975 comma 1, 1986).
Quando i raggiri sono stati usati da un terzo, il contratto è annullabile se essi erano noti al contraente che ne ha tratto vantaggio (1440).
Art. 1440 (Dolo incidente)
Se i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso, il contratto è valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; ma il contraente in mala fede risponde dei danni (2043, 2056).
SEZIONE III DELL'AZIONE DI ANNULLAMENTO
Art. 1441 (Legittimazione)
L’annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge (322, 323, 377, 378, 388, 396, 427, 428, 1394, 1395, 1442 ss., 1462,
1971, 1972, 1975). L’incapacità del condannato in istato di interdizione legale (32 c.p.) può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse.
Art. 1442 (Prescrizione)
L’azione di annullamento si prescrive in cinque anni (428, 761, 775, 1449).
Quando l’annullabilità dipende da vizio del consenso (1427 ss.) o da incapacità legale (1425), il termine decorre dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l’errore o il dolo, è cessato lo stato d’interdizione o d’inabilitazione (429, 431), ovvero il minore ha raggiunto la maggiore età (2, 428 comma 3, 761 comma 2, 775 comma 2, 2935).
Negli altri casi il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto (1326, 2935). L’annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto, anche se è prescritta l’azione per farla valere (1449 comma 2, 1495 comma 3, 1667
comma 3).
Art. 1443 (Ripetizione contro il contraente incapace)
Se il contratto è annullato per incapacità di uno dei contraenti (1425), questi non è tenuto a restituire all’altro la prestazione ricevuta se non nei limiti in cui è stata rivolta a suo vantaggio (1190, 1769, 2039, 2041).
Art. 1444 (Convalida)
Il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l’azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s’intende convalidarlo (1423, 1451, 2824).
Il contratto è pure convalidato, se il contraente al quale spettava l’azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione conoscendo il motivo di annullabilità (1234 comma 2, 1399, 2264 comma 2). La convalida non ha effetto, se chi l’esegue non è in condizione di concludere validamente il contratto (1423, 1425, 1451, 2824).
Art. 1445 (Effetti dell’annullamento nei confronti dei terzi)
L’annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i diritti acquistati (1606) a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento (23, 25, 785, 1425, 1458, 2377, 2652 n. 6, 2690 n. 3).
Art. 1446 (Annullabilità nel contratto plurilaterale)
Nei contratti indicati dall’art. 1420 l’annullabilità che riguarda il vincolo di una sola delle parti non importa annullamento del contratto, salvo che la partecipazione di questa debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale (1459, 1466).
CAPO XIII
DELLA RESCISSIONE DEL CONTRATTO
Art. 1447 (Contratto concluso in istato di pericolo)
Il contratto con cui una parte ha assunto obbligazioni a condizioni inique, per la necessità, nota alla controparte, di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, può essere rescisso sulla domanda della parte che si è obbligata (2045, 2652 n. 1; 54 c.p.). Il giudice nel pronunciare la rescissione può, secondo le circostanze, assegnare un equo compenso all’altra parte per l’opera prestata.
Art. 1448 (Azione generale di rescissione per lesione)
Se vi è sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell’altra, e la sproporzione è dipesa dallo stato di bisogno di una parte, del quale l’altra ha approfittato per trarne vantaggio, la parte danneggiata può domandare la rescissione del contratto (763, 1462, 1964, 1970, 2922; 644 c.p.).
L’azione non è ammissibile se la lesione non eccede la metà del valore che la prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata aveva al tempo del contratto.
La lesione deve perdurare fino al tempo in cui la domanda è proposta.
Non possono essere rescissi per causa di lesione i contratti aleatori (1469, 1472 comma 2, 1934). Sono salve le disposizioni relative alla rescissione della divisione (763 ss.).
Art. 1449 (Prescrizione)
L’azione di rescissione si prescrive in un anno dalla conclusione del contratto (763, 1326); ma se il fatto costituisce reato, si applica l’ultimo comma dell’art. 2947.
La rescindibilità del contratto non può essere opposta in via di eccezione quando l’azione
è prescritta (1442 comma 4, 1495 comma 3).
Art. 1450 (Offerta di modificazione del contratto)
Il contraente contro il quale è domandata la rescissione può evitarla offrendo una modificazione del contratto sufficiente per ricondurlo ad equità (767, 1432, 1453 comma 3,
1467, 1468).
Art. 1451 (Inammissibilità della convalida)
Il contratto rescindibile non può essere convalidato (1449).
Art. 1452 (Effetti della rescissione rispetto ai terzi)
La rescissione del contratto non pregiudica i diritti acquistati dai terzi (1445, 1458, 1757), salvi gli effetti della trascrizione della domanda di rescissione (2652 n. 1, 2690 n. 1).
CAPO XIV
DELLA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO SEZIONE I
DELLA RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO
Art. 1453 (Risolubilità del contratto per inadempimento)
Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento (1176 ss., 1454) o la risoluzione del contratto (1455, 1878, 1976), salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno (1218, 1223, 1517, 1479, 1480, 1489, 1492, 1497, 1867, 2286, 2652 n. 1).
La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per
ottenere l’adempimento; ma non può più chiedersi l’adempimento quando è stata domandata la risoluzione (972 comma 2, 1286 comma 2, 1492 comma 2).
Dalla data della domanda di risoluzione l’inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione (1288, 1432, 1450, 1458, 1492; 72 l. fall.).
Art. 1454 (Diffida ad adempiere)
Alla parte inadempiente l’altra può intimare per iscritto di adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il contratto s’intenderà senz’altro risoluto (1456, 1482 comma 2, 1662 comma 2, 1901 comma 3).Il termine non può essere inferiore a quindici giorni, salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto (1182 comma 1, 1326, 1329 comma 2, 1330, 1333 comma 2, 1360 comma 1,
1369, 1389 comma 1, 1469, 1569, 1800 comma 3) o secondo gli usi, risulti congruo un termine minore. Decorso il termine senza che il contratto sia stato adempiuto, questo è risoluto di diritto (1333 comma 2, 1399 comma 4, 1456, 1457, 1482, 1901).
Art. 1455 (Importanza dell’inadempimento)
Il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra (1522, 1525, 1564, 1565, 1668, 1819,
1820, 1878, 1901, 2286).
Art. 1456 (Clausola risolutiva espressa)
I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite (973, 1458 comma 2). In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva (1454, 1517).
Art. 1457 (Termine essenziale per una delle parti)
Se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell’interesse (1174, 1322 comma 2, 1379, 1464) dell’altra, questa, salvo patto o uso
contrario, se vuole esigerne l’esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia all’altra parte entro tre giorni (1184, 1326).
In mancanza, il contratto s’intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione (1456, 1901 comma 3).
Art. 1458 (Effetti della risoluzione)
La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo (1519) tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica (1467 comma 1), riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite (1360 comma 2, 1373 comma 2, 2126 comma 1, 2332 comma 2).
La risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita (1456), non pregiudica i diritti acquistati dai terzi (1399 comma 2, 1445, 1452, 1467, 1595 comma 3), salvi gli effetti della
trascrizione della domanda di risoluzione (1467, 2652 n. 1).
Art. 1459 (Risoluzione nel contratto plurilaterale)
Nei contratti indicati dall’art. 1420 l’inadempimento di una delle parti non importa la risoluzione del contratto rispetto alle altre, salvo che la prestazione mancata debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale (1446, 1466).
Art. 1460 (Eccezione d’inadempimento)
Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie (1218, 1219) o non offre di adempiere contemporaneamente la propria (1208 ss., 1220), salvo che (1528 comma 2) termini diversi per l’adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto (1481, 1482, 1901, 1924).
Tuttavia non può rifiutarsi l’esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede (1175, 1337, 1358, 1366, 1375, 1391, 1565).
Art. 1461 (Mutamento nelle condizioni patrimoniali dei contraenti)
Ciascun contraente può sospendere l’esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell’altro sono divenute tali (1186, 1822, 1956, 1959) da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia (1179, 1877).
Art. 1462 (Clausola limitativa della proponibilità di eccezioni)
La clausola (1341) con cui si stabilisce che una delle parti non può opporre eccezioni al fine di evitare o ritardare la prestazione dovuta, non ha effetto per le eccezioni di nullità (1418 ss.), di annullabilità (1425 ss.) e di rescissione (1447 ss.) del contratto.
Nei casi in cui la clausola è efficace, il giudice, se riconosce che concorrono gravi motivi, può tuttavia sospendere la condanna, imponendo, se del caso, una cauzione.
SEZIONE II
DELL'IMPOSSIBILITÀ SOPRAVVENUTA
Art. 1463 (Impossibilità totale)
Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità (1256 ss.) della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito (2033 ss.).
Art. 1464 (Impossibilità parziale)
Quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile (1258), l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse (1174, 1255, 1256 comma 2, 1322 comma 2, 1384, 1421, 1457 comma 1) apprezzabile all’adempimento parziale (1181,
1672, 2228).
Art. 1465 (Contratto con effetti traslativi o costitutivi)
Nei contratti che trasferiscono la proprietà di una cosa determinata ovvero costituiscono o trasferiscono diritti reali (1376, 1470), il perimento della cosa per una causa non imputabile
all’alienante non libera l’acquirente dall’obbligo di eseguire la controprestazione, ancorché la cosa non gli sia stata consegnata (1673, 2254).
La stessa disposizione si applica nel caso in cui l’effetto traslativo o costitutivo sia differito fino allo scadere di un termine (1523, 2286 comma 3).
Qualora oggetto del trasferimento sia una cosa determinata solo nel genere (1178), l’acquirente non è liberato dall’obbligo di eseguire la controprestazione, se l’alienante ha fatto la consegna o se la cosa è stata individuata (1378). L’acquirente è in ogni caso liberato dalla sua obbligazione, se il trasferimento era sottoposto a condizione sospensiva e l’impossibilità è sopravvenuta prima che si verifichi la condizione (1360, 1523).
Art. 1466 (Impossibilità nel contratto plurilaterale)
Nei contratti indicati dall’art. 1420 l’impossibilità della prestazione (1256 ss.) di una delle parti non importa scioglimento del contratto rispetto alle altre, salvo che la prestazione mancata debba secondo le circostanze considerarsi essenziale (1256, 1446, 1459).
SEZIONE III DELL'ECCESSIVA ONEROSITÀ
Art. 1467 (Contratto con prestazioni corrispettive)
Nei contratti a esecuzione continuata o periodica (1360 comma 2, 1373 comma 2, 1458 comma 2) ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’art. 1458 (1450, 1879 comma 2). La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto (1469).
La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto (1450, 1468, 1623, 1664).
Art. 1468 (Contratto con obbligazioni di una sola parte)
Nell’ipotesi prevista dall’articolo precedente, se si tratta di un contratto nel quale una sola delle parti ha assunto obbligazioni, questa può chiedere una riduzione della sua prestazione ovvero una modificazione nelle modalità di esecuzione, sufficienti per ricondurla ad equità (1450, 1623, 1664).
Art. 1469 (Contratto aleatorio)
Le norme degli articoli precedenti non si applicano ai contratti aleatori per loro natura (1879 comma 2, 1882) o per volontà delle parti (1467 comma 2, 1472 comma 2).
CAPO XIV bis
DEI CONTRATTI DEL CONSUMATORE
Art. 1469 bis (Clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore)
Nel contratto concluso tra il consumatore e il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
In relazione al contratto di cui al primo comma, il consumatore è la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Il professionista è la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale, utilizza il contratto di cui al primo comma.
Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto o per effetto di:
1) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
2) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
3) escludere o limitare l’opponibilità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo;
4) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;
5) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto e ne recede, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;
6) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo;
7) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal
contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;
8) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;
9) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;
10) prevedere l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto;
11) consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto,
ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;
12) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;
13) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il
consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;
14) riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d’interpretare una clausola qualsiasi del contratto;
15) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l’adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità;
16) limitare o escludere l’opponibilità dell’eccezione d’inadempimento da parte del consumatore;
17) consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest’ultimo;
18) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’allegazione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;
19) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;
20) prevedere l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo come subordinati ad
una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un’obbligazione immediatamente efficace del consumatore. È fatto salvo il disposto dell’articolo 1355.
Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato il professionista può, in deroga ai numeri 8) e 11) del terzo comma:
1) recedere, qualora vi sia un giustificato motivo, senza preavviso, dandone immediata comunicazione al consumatore;
2) modificare, qualora sussista un giustificato motivo, le condizioni del contratto, preavvisando entro un congruo termine il consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto.
Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari il professionista può
modificare, senza preavviso, sempreché vi sia un giustificato motivo in deroga ai numeri
12) e 13) del terzo comma, il tasso di interesse o l’importo di qualunque altro onere relativo alla prestazione finanziaria originariamente convenuti, dandone immediata comunicazione al consumatore che ha diritto di recedere dal contratto.
I numeri 8), 11), 12) e 13) del terzo comma non si applicano ai contratti aventi ad oggetto
valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un corso e di un indice di borsa o di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista, nonché la compravendita di valuta estera, di assegni di viaggio o di vaglia postali internazionali emessi in valuta estera.
I numeri 12) e 13) del terzo comma non si applicano alle clausole di indicizzazione dei
prezzi, ove consentite dalla legge, a condizione che le modalità di variazione siano espressamente descritte.
Art. 1469 ter (Accertamento della vessatorietà delle clausole)
La vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende.
La valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile.
Non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che siano riproduttive di disposizioni o attuative di principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell’Unione europea o l’Unione europea.
Non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di
trattativa individuale.
Nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l’onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore.
Art. 1469 quater (Forma e interpretazione)
Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile.
In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore.
La disposizione di cui al secondo comma non si applica nei casi di cui all’art 1469 sexies.
Art. 1469 quinquies (Inefficacia)
Le clausole considerate vessatorie ai sensi degli articoli 1469 bis e 1469 ter sono inefficaci mentre il contratto rimane efficace per il resto.
Sono inefficaci le clausole che, quantunque oggetto di trattativa, abbiano per oggetto o per effetto di:
1) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
2) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
3) prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.
L’inefficacia opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal
giudice.
Il venditore ha diritto di regresso nei confronti del fornitore per i danni che ha subito in conseguenza della declaratoria d’inefficacia delle clausole dichiarate abusive.
È inefficace ogni clausola contrattuale che, prevedendo l’applicabilità al contratto di una legislazione di un Paese extracomunitario, abbia l’effetto di privare il consumatore della protezione assicurata dal presente capo, laddove il contratto presenti un collegamento più stretto con il territorio di uno Stato membro dell’Unione europea.
Art. 1469 sexies (Azione inibitoria)
Le associazioni rappresentative dei consumatori e dei professionisti e le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, possono convenire in giudizio il professionista o l’associazione di professionisti che utilizzano o che raccomandano l’utilizzo di condizioni generali di contratto e richiedere al giudice competente che inibisca l’uso delle condizioni di cui sia accertata l’abusività ai sensi del presente capo.
L’inibitoria può essere concessa, quando ricorrono giusti motivi di urgenza, ai sensi degli articoli 669 bis e seguenti del codice di procedura civile.
Il giudice può ordinare che il provvedimento sia pubblicato in uno o più giornali, di cui uno almeno a diffusione nazionale.
Art. 1470 (Nozione)
TITOLO III
DEI SINGOLI CONTRATTI CAPO I
DELLA VENDITA SEZIONE I
DISPOSIZIONI GENERALI
La vendita è il contratto che ha per oggetto (1325 n. 3) il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo (1350 n. 1, 1376, 1465, 1862).
Art. 1471 (Divieti speciali di comprare)
Non possono essere compratori nemmeno all’asta pubblica, né direttamente né per interposta persona ( 323, 378, 1261):
1) gli amministratori dei beni dello Stato, dei comuni, delle province o degli altri enti pubblici, rispetto ai beni affidati allo loro cura;
2) gli ufficiali pubblici, rispetto ai beni che sono venduti per loro ministero (1261; 534 ss., 570 ss., 576 ss. c.p.c.);
3) coloro che per legge (320 ss.) o per atto della pubblica autorità amministrano beni altrui
(357, 375 ss., 424 ss., 643; 78 c.p.c.), rispetto ai beni medesimi;
4) i mandatari (1703), rispetto ai beni che sono stati incaricati di vendere (1731), salvo il disposto dell’art. 1395 (1735).
Nei primi due casi l’acquisto è nullo (1418); negli altri è annullabile (1425, 1442).
Art. 1472 (Vendita di cose future)
Nella vendita che ha per oggetto una cosa futura (1348), l’acquisto della proprietà si verifica non appena la cosa viene ad esistenza (1476 n. 2, 2822). Se oggetto della vendita sono gli alberi o i frutti di un fondo, la proprietà si acquista quando gli alberi sono tagliati o i frutti sono separati (820 comma 2).
Qualora le parti non abbiano voluto concludere un contratto aleatorio (1448 comma 4, 1469), la vendita è nulla se la cosa non viene ad esistenza (1325, n. 3, 1418 ss., 1476).
Art. 1473 (Determinazione del prezzo affidata a un terzo)
Le parti possono affidare la determinazione del prezzo a un terzo, eletto nel contratto o da eleggere posteriormente (1349).
Se il terzo non vuole o non può accettare l’incarico, ovvero le parti non si accordano per la
sua nomina o per la sua sostituzione, la nomina, su richiesta di una delle parti, è fatta dal presidente del tribunale del luogo in cui è stato concluso il contratto (82 att.).
Art. 1474 (Mancanza di determinazione espressa del prezzo)
Se il contratto ha per oggetto cose che il venditore vende abitualmente e le parti non hanno determinato il prezzo, né hanno convenuto il modo di determinarlo, né esso è stabilito per atto della pubblica autorità, si presume che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal venditore.
Se si tratta di cose aventi un prezzo di borsa o di mercato, il prezzo si desume dai listini o dalle mercuriali del luogo in cui deve essere eseguita la consegna, o da quelli della piazza più vicina (1515 comma 3, 1518, 1696, 1735). Qualora le parti abbiano inteso riferirsi al giusto prezzo, si applicano le disposizioni dei commi precedenti; e, quando non ricorrono i casi da essi previsti, il prezzo, in mancanza di accordo, è determinato da un terzo nominato a norma del secondo comma dell’articolo precedente (1561).
Art. 1475 (Spese della vendita)
Le spese del contratto di vendita e le altre accessorie (1510 comma 2) sono a carico del compratore, se non è stato pattuito diversamente (1196, 1479 comma 2, 1493, 1539,
1554, 2670).
DELLE OBBLIGAZIONI DEL VENDITORE
Art. 1476 (Obbligazioni principali del venditore) Le obbligazioni principali del venditore sono:
1) quella di consegnare la cosa al compratore (1477, 1516);
2) quella di fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto, se l’acquisto non è effetto immediato del contratto (1376, 1378, 1472, 1478, 1520; 72 l. fall.);
3) quella di garantire il compratore dall’evizione (1483 ss.) e dai vizi della cosa (1490 ss.; 72 l. fall.).
Art. 1477 (Consegna della cosa)
La cosa deve essere consegnata nello stato in cui si trovava al momento della vendita. Salvo diversa volontà delle parti, la cosa deve essere consegnata insieme con gli accessori, le pertinenze (817 ss.) e i frutti (820 ss.) dal giorno della vendita.
Il venditore deve pure consegnare i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all’uso della
cosa venduta (1177, 1262, 1527).
Art. 1478 (Vendita di cosa altrui)
Se al momento del contratto (1326) la cosa venduta non era di proprietà del venditore, questi è obbligato a procurarne l’acquisto al compratore (1476, n. 2).
Il compratore diventa proprietario nel momento in cui il venditore acquista la proprietà dal
titolare di essa (1479).
Art. 1479 (Buona fede del compratore)
Il compratore può chiedere la risoluzione del contratto (1453 ss.), se, quando l’ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore (1192) e se frattanto il venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietà (1153, 1478, 1483, 1489).
Salvo il disposto dell’art. 1223, il venditore è tenuto a restituire all’acquirente il prezzo pagato, anche se la cosa è diminuita di valore o è deteriorata; deve inoltre rimborsargli le spese e i pagamenti legittimamente fatti per il contratto (1475, 1493 comma 1). Se la diminuzione di valore o il deterioramento derivano da un fatto del compratore, dall’ammontare suddetto si deve detrarre l’utile che il compratore ne ha ricavato.
Il venditore è inoltre tenuto a rimborsare al compratore le spese necessarie e utili fatte per la cosa, e, se era in mala fede, anche quelle voluttuarie (1150, 1482 comma 2, 1483, 1488).
Art. 1480 (Vendita di cosa parzialmente di altri)
Se la cosa che il compratore riteneva di proprietà del venditore era solo in parte di proprietà altrui, il compratore può chiedere la risoluzione del contratto (1453 ss.) e il risarcimento del danno a norma dell’articolo precedente, quando deve ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario (1419, 1484); altrimenti può solo ottenere una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno (1223, 1488, 1489).
Art. 1481 (Pericolo di rivendica)
Il compratore può sospendere il pagamento del prezzo quando ha ragione di temere che la cosa o una parte di essa possa essere rivendicata da terzi (948), salvo che il venditore presti idonea garanzia (1460, 1489). Il pagamento non può essere sospeso se il pericolo era noto al compratore al tempo della vendita.
Art. 1482 (Cosa gravata da garanzie reali o da altri vincoli)
Il compratore può altresì sospendere il pagamento del prezzo (1460, 1481), se la cosa venduta risulta gravata da garanzie reali (2784 ss., 2808 ss.) o da vincoli derivanti da pignoramento (491 c.p.c.) o da sequestro (671 ss. c.p.c.), non dichiarati dal venditore e dal compratore stesso ignorati (1460).
Egli può inoltre far fissare dal giudice un termine (1454), alla scadenza del quale, se la
cosa non è liberata, il contratto è risoluto con obbligo del venditore di risarcire il danno ai sensi dell’art. 1479.
Se l’esistenza delle garanzie reali o dei vincoli sopra indicati era nota al compratore, questi non può chiedere la risoluzione del contratto, e il venditore è tenuto verso di lui solo per il caso di evizione (1483, 1489, 1491).
Art. 1483 (Evizione totale della cosa)
Se il compratore subisce l’evizione totale della cosa (797, 1197 comma 2, 1553, 1862, 2254, 2921, 2927) per effetto di diritti che un terzo ha fatti valere su di essa, il venditore è tenuto a risarcirlo del danno (1223) a norma dell’art. 1479 (1476 n. 3, 1488).
Egli deve inoltre corrispondere al compratore il valore dei frutti (820, 1148 ss.) che questi
sia tenuto a restituire a colui dal quale è evitto, le spese che egli abbia fatte per la denunzia della lite (1485) e quelle che abbia dovuto rimborsare all’attore (1484, 1486).
Art. 1484 (Evizione parziale)
In caso di evizione parziale della cosa, si osservano le disposizioni dell’art. 1480 e quella del secondo comma dell’articolo precedente (2921 comma 2).
Art. 1485 (Chiamata in causa del venditore)
Il compratore convenuto da un terzo che pretende di avere diritti sulla cosa venduta deve chiamare in causa il venditore (1483 comma 2; 106, 269 c.p.c.). Qualora non lo faccia e sia condannato con sentenza passata in giudicato (2909; 324 c.p.c.), perde il diritto alla garanzia, se il venditore prova che esistevano ragioni sufficienti per far respingere la domanda. Il compratore che ha spontaneamente riconosciuto il diritto del terzo perde il diritto alla garanzia, se non prova che non esistevano ragioni sufficienti per impedire l’evizione (1489).
Art. 1486 (Responsabilità limitata del venditore)
Se il compratore ha evitato l’evizione della cosa mediante il pagamento di una somma di danaro, il venditore può liberarsi da tutte le conseguenze della garanzia col rimborso della somma pagata, degli interessi e di tutte le spese (1483, 1484).
Art. 1487 (Modificazione o esclusione convenzionale della garanzia)
I contraenti possono aumentare o diminuire gli effetti della garanzia e possono altresì pattuire che il venditore non sia soggetto a garanzia alcuna (1488, 1490).
Quantunque sia pattuita l’esclusione della garanzia (758), il venditore è sempre tenuto per l’evizione derivante da un fatto suo proprio (797 n. 2, 1266, 1375). È nullo ogni patto contrario (1229, 1418, 1419, 1490).
Art. 1488 (Effetti dell’esclusione della garanzia)
Quando è esclusa la garanzia, non si applicano le disposizioni degli artt. 1479 e 1480; se si verifica l’evizione, il compratore può pretendere dal venditore soltanto la restituzione del prezzo pagato e il rimborso delle spese.
Il venditore è esente anche da quest’obbligo quando la vendita è stata convenuta a rischio e pericolo del compratore (1448, 1469, 1489 comma 2).
Art. 1489 (Cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi)
Se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali (1027) o personali (1599) non apparenti (1061) che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo la disposizione dell’art. 1480.
Si osservano inoltre, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 1481, 1485, 1486, 1487 e 1488.
Art. 1490 (Garanzia per i vizi della cosa venduta)
Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore (1476
n. 3, 1497, 1512). Il patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa (1229, 1488, 1491).
Art. 1491 (Esclusione della garanzia)
Non è dovuta la garanzia se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa (1482 comma 3); parimenti non è dovuta, se i vizi erano facilmente riconoscibili (1511), salvo in questo caso che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi.
Art. 1492 (Effetti della garanzia)
Nei casi indicati dall’art. 1490 il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto (1453 ss.) ovvero la riduzione del prezzo, salvo che per determinati vizi (1497) gli usi escludano la risoluzione.
La scelta è irrevocabile quando è fatta con la domanda giudiziale (1286, 1453 comma 2).
Se la cosa consegnata è perita in conseguenza dei vizi, il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto; se invece è perita per caso fortuito o per colpa del compratore, o se questi l’ha alienata o trasformata, egli non può domandare che la riduzione del prezzo. Art. 1493 (Effetti della risoluzione del contratto)
In caso di risoluzione del contratto il venditore deve restituire il prezzo e rimborsare al
compratore le spese e i pagamenti legittimamente fatti per la vendita (1475, 1479 comma 2). Il compratore deve restituire la cosa, se questa non è perita in conseguenza dei vizi.
Art. 1494 (Risarcimento del danno)
In ogni caso il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno (1223 ss.), se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa (1490).
Il venditore deve altresì risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa.
Art. 1495 (Termini e condizioni per l’azione)
Il compratore decade (2964) dal diritto alla garanzia (1490) se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta, salvo il diverso termine stabilito dalle parti (2965) o dalla legge (1497, 1511, 1512, 1522).
La denunzia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del vizio o l’ha occultato.
L’azione si prescrive in ogni caso in un anno dalla consegna (2941 n. 8); ma il compratore, che sia convenuto per l’esecuzione del contratto, può sempre far valere la garanzia (1442
comma 4, 1449 comma 2), purché il vizio della cosa sia stato denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell’anno dalla consegna (1497, 1522).
Art. 1496 (Vendita di animali)
Nella vendita di animali la garanzia per i vizi è regolata dalle leggi speciali o, in mancanza, dagli usi locali. Se neppure questi dispongono, si osservano le norme che precedono (1490 ss.).
Art. 1497 (Mancanza di qualità)
Quando la cosa venduta non ha le qualità promesse ovvero quelle essenziali per l’uso a cui è destinata (1429 n. 2), il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione del contratto secondo le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento (1453 ss.), purché il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi (1492).
Tuttavia il diritto di ottenere la risoluzione è soggetto alla decadenza e alla prescrizione stabilite dall’art. 1495.
DELLE OBBLIGAZIONI DEL COMPRATORE
Art. 1498 (Pagamento del prezzo)
Il compratore è tenuto a pagare il prezzo (1470, 1473) nel termine e nel luogo fissati dal contratto (1515, 2817; 72, 73 l. fall.).
In mancanza di pattuizione e salvi gli usi diversi, il pagamento deve avvenire al momento della consegna (1183, 1477) e nel luogo (1182, 1510) dove questa si esegue (1528).
Se il prezzo non si deve pagare al momento della consegna, il pagamento si fa al domicilio
(43) del venditore (1182 comma 3).
Art. 1499 (Interessi compensativi sul prezzo)
Salvo diversa pattuizione, qualora la cosa venduta e consegnata al compratore produca frutti (820) o altri proventi, decorrono gli interessi sul prezzo, anche se questo non è ancora esigibile (1282 comma 1, 1284, 1477).
DEL RISCATTO CONVENZIONALE
Art. 1500 (Patto di riscatto)
Il venditore può riservarsi il diritto di riavere la proprietà della cosa venduta mediante la restituzione del prezzo e i rimborsi stabiliti dalle disposizioni che seguono (1604).
Il patto di restituire un prezzo superiore a quello stipulato per la vendita è nullo per l’eccedenza (1419, 1502 ss.).
Art. 1501 (Termini)
Il termine per il riscatto non può essere maggiore di due anni nella vendita di beni mobili (1510) e di cinque anni in quella di beni immobili (732, 1537). Se le parti stabiliscono un termine maggiore, esso si riduce a quello legale (1419).
Il termine stabilito dalla legge è perentorio e non si può prorogare (153 c.p.c.).
Art. 1502 (Obblighi del riscattante)
Il venditore che esercita il diritto di riscatto (732, 1500) è tenuto a rimborsare al compratore il prezzo, le spese (1475) e ogni altro pagamento legittimamente fatto per la vendita, le spese per le riparazioni necessarie e, nei limiti dell’aumento, quelle che hanno aumentato il valore della cosa (1150 comma 3).
Fino al rimborso delle spese necessarie e utili, il compratore ha diritto di ritenere (1152) la cosa. Il giudice tuttavia, per il rimborso delle spese utili, può accordare una dilazione disponendo, se occorrono, le opportune cautele (1151, 1179).
Art. 1503 (Esercizio del riscatto)
Il venditore decade dal diritto di riscatto, se entro il termine fissato (1501) non comunica al compratore la dichiarazione di riscatto e non gli corrisponde le somme liquide dovute per il rimborso del prezzo, delle spese e di ogni altro pagamento legittimamente fatto per la vendita. Se il compratore rifiuta di ricevere il pagamento di tali rimborsi, il venditore decade dal diritto di riscatto, qualora non ne faccia offerta reale (1209) entro otto giorni dalla
scadenza del termine. Nella vendita di beni immobili la dichiarazione di riscatto deve essere fatta per iscritto, sotto pena di nullità (1350, 2653 n. 3, 2691, 2725).
Art. 1504 (Effetti del riscatto rispetto ai subacquirenti)
Il venditore che ha legittimamente esercitato il diritto di riscatto nei confronti del compratore può ottenere il rilascio della cosa anche dai successivi acquirenti, purché il patto sia ad essi opponibile (732, 2644, 2653 n. 3, 2704).
Se l’alienazione è stata notificata al venditore, il riscatto deve essere esercitato in confronto del terzo acquirente.
Art. 1505 (Diritti costituiti dal compratore sulla cosa)
Il venditore che ha esercitato il diritto di riscatto riprende la cosa esente dai pesi e dalle ipoteche da cui sia stata gravata (2653 n. 3); ma è tenuto a mantenere le locazioni fatte senza frode, purché abbiano data certa (1599, 2704) e siano state convenute per un tempo non superiore ai tre anni (1604).
Art. 1506 (Riscatto di parte indivisa)
In caso di vendita con patto di riscatto di una parte indivisa di una cosa, il comproprietario che chiede la divisione deve proporre la domanda anche in confronto del venditore (1111 ss.). Se la cosa non è comodamente divisibile (720, 1114) e si fa luogo all’incanto (576 ss. c.p.c.), il venditore che non ha esercitato il riscatto anteriormente all’aggiudicazione decade da tale diritto, anche se aggiudicatario sia lo stesso compratore.
Art. 1507 (Vendita congiuntiva di cosa indivisa)
Se più persone hanno venduto congiuntamente, mediante un solo contratto, una cosa indivisa, ciascuna può esercitare il diritto di riscatto solo sopra la quota che le spettava.
La medesima disposizione si osserva se il venditore ha lasciato più eredi (1295).
Il compratore, nei casi sopra espressi, può esigere che tutti i venditori o tutti i coeredi esercitino congiuntamente il diritto di riscatto dell’intera cosa; se essi non si accordano, il riscatto può esercitarsi soltanto da parte di colui o di coloro che offrono di riscattare la cosa per intero.
Art. 1508 (Vendita separata di cosa indivisa)
Se i comproprietari di una cosa non l’hanno venduta congiuntamente e per intero, ma ciascuno ha venduto la sola sua quota, essi possono separatamente esercitare il diritto di riscatto sopra la quota che loro spettava, e il compratore non può valersi della facoltà prevista dall’ultimo comma dell’articolo precedente.
Art. 1509 (Riscatto contro gli eredi del compratore)
Qualora il compratore abbia lasciato più eredi, il diritto di riscatto si può esercitare contro ciascuno di essi solo per la parte che gli spetta, anche quando la cosa venduta è tuttora indivisa (1295).
Se l’eredità è stata divisa e la cosa venduta è stata assegnata a uno degli eredi, il diritto di riscatto non può esercitarsi contro di lui che per la totalità (1314).
SEZIONE II
DELLA VENDITA DI COSE MOBILI DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1510 (Luogo della consegna)
In mancanza di patto o di uso contrario, la consegna (1477) della cosa deve avvenire nel luogo dove questa si trovava al tempo della vendita, se le parti ne erano a conoscenza (1182 comma 2), ovvero nel luogo dove il venditore aveva il suo domicilio (43) o la sede dell’impresa (46, 1368 comma 2, 2197). Salvo patto o uso contrario, se la cosa venduta deve essere trasportata da un luogo all’altro, il venditore si libera dall’obbligo della consegna rimettendo la cosa (1378) al vettore (1678 ss.) o allo spedizioniere (1737 ss.); le spese del trasporto sono a carico del compratore (1196, 1475).
Art. 1511 (Denunzia nella vendita di cose da trasportare)
Nella vendita di cose da trasportare da un luogo a un altro (1378, 1510 comma 2), il termine per la denunzia dei vizi e dei difetti di qualità apparenti (1491) decorre dal giorno del ricevimento (1495).
Art. 1512 (Garanzia di buon funzionamento)
Se il venditore ha garantito per un tempo determinato il buon funzionamento della cosa venduta (1490 ss., 1698), il compratore, salvo patto contrario, deve denunziare al venditore (1745 comma 1, 2212 comma 1) il difetto di funzionamento entro trenta giorni dalla scoperta, sotto pena di decadenza (2964). L’azione si prescrive in sei mesi dalla scoperta (1495, 2934). Il giudice, secondo le circostanze, può assegnare al venditore un termine per sostituire o riparare la cosa in modo da assicurarne il buon funzionamento, salvo il risarcimento dei danni (1223). Sono salvi gli usi i quali stabiliscono che la garanzia di buon funzionamento è dovuta anche in mancanza di patto espresso.
Art. 1513 (Accertamento dei difetti)
In caso di divergenza sulla qualità o condizione della cosa, il venditore o il compratore possono chiederne la verifica nei modi stabiliti dall’art. 696 del codice di procedura civile. Il giudice, su istanza della parte interessata, può ordinare il deposito o il sequestro (670 ss. c.p.c.) della cosa stessa, nonché la vendita per conto di chi spetta (1515, 1516), determinandone le condizioni. La parte che non ha chiesto la verifica della cosa deve in caso di contestazione provarne rigorosamente l’identità e lo stato (77 att.).
Art. 1514 (Deposito della cosa venduta)
Se il compratore non si presenta per ricevere la cosa acquistata, il venditore può depositarla (1210), per conto e a spese del compratore medesimo, in un locale di pubblico deposito, oppure in altro locale idoneo determinato dal tribunale del luogo in cui la consegna doveva essere fatta (1510). Il venditore deve dare al compratore pronta notizia del deposito eseguito (77 att.; 450 c.n.).
Art. 1515 (Esecuzione coattiva per inadempimento del compratore)
Se il compratore non adempie l’obbligazione di pagare il prezzo (1498), il venditore può far vendere senza ritardo la cosa per conto e a spese di lui (2762).
La vendita è fatta all’incanto (1471) a mezzo di una persona autorizzata (83 att.) a tali atti o, in mancanza di essa nel luogo in cui la vendita deve essere eseguita, a mezzo di un ufficiale giudiziario. Il venditore deve dare tempestiva notizia al compratore del giorno, del luogo e dell’ora in cui la vendita sarà eseguita. Se la cosa ha un prezzo corrente, stabilito per atto della pubblica autorità ovvero risultante da listini di borsa o da mercuriali (1474 comma 2), la vendita può essere fatta senza incanto, al prezzo corrente, a mezzo delle persone indicate nel comma precedente o di un commissario (1735) nominato dal tribunale. In tal caso il venditore deve dare al compratore pronta notizia della vendita (1516). Il venditore ha diritto alla differenza tra il prezzo convenuto e il ricavo netto della vendita, oltre al risarcimento del maggior danno (1223, 1516, 1518, 1536, 1551, 1789,
1796; 83 att.; 450 c.n.).
Art. 1516 (Esecuzione coattiva per inadempimento del venditore)
Se la vendita ha per oggetto cose fungibili che hanno un prezzo corrente a norma del terzo comma dell’articolo precedente, e il venditore non adempie la sua obbligazione, il compratore può fare acquistare senza ritardo le cose, a spese del venditore, a mezzo di una delle persone indicate nel secondo e terzo comma dell’articolo precedente (83 att.). Dell’acquisto il compratore deve dare pronta notizia al venditore (1533). Il compratore ha diritto alla differenza tra l’ammontare della spesa occorsa per l’acquisto e il prezzo convenuto, oltre al risarcimento del maggior danno (1223, 1453, 1516, 1518, 1536, 1551). Art. 1517 (Risoluzione di diritto)
La risoluzione ha luogo di diritto a favore del contraente che, prima della scadenza del termine stabilito, abbia offerto all’altro, nelle forme di uso (1214), la consegna della cosa (1477) o il pagamento del prezzo (1498), se l’altra parte non adempie la propria
obbligazione (1460). La risoluzione di diritto ha luogo pure a favore del venditore, se, alla scadenza del termine stabilito per la consegna, il compratore, la cui obbligazione di pagare il prezzo non sia scaduta, non si presenta per ricevere la cosa preventivamente offerta, ovvero non l’accetta. Il contraente che intende valersi della risoluzione disposta dal presente articolo deve darne comunicazione all’altra parte entro otto giorni dalla scadenza del termine (1456); in mancanza di tale comunicazione, si osservano le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento (1453 ss.).
Art. 1518 (Normale determinazione del risarcimento)
Se la vendita ha per oggetto una cosa che ha un prezzo corrente a norma del terzo comma dell’art. 1515, e il contratto si risolve per l’inadempimento di una delle parti, il risarcimento (1223) è costituito dalla differenza tra il prezzo convenuto e quello corrente nel luogo e nel giorno in cui si doveva fare la consegna (1477), salva la prova di un maggior danno (1515 comma 3, 1516 comma 2).
Nella vendita a esecuzione periodica, la liquidazione del danno si determina sulla base dei prezzi correnti nel luogo e nel giorno fissati per le singole consegne.
Art. 1519 (Restituzione di cose non pagate)
Se la vendita è stata fatta senza dilazione per il pagamento del prezzo, il venditore, in mancanza di pagamento, può riprendere il possesso delle cose vendute, finché queste si trovano presso il compratore, purché la domanda sia proposta entro quindici giorni dalla consegna e le cose si trovino nello stato in cui erano al tempo della consegna stessa (75 l. fall.). Il diritto di riprendere il possesso delle cose non si può esercitare in pregiudizio dei privilegi previsti dagli artt. 2764 e 2765, salvo che si provi che il creditore, al tempo della introduzione di esse nella casa o nel fondo locato ovvero nel fondo concesso a mezzadria o a colonia, conosceva che il prezzo era ancora dovuto. La disposizione del comma precedente si applica anche a favore dei creditori del compratore che abbiano sequestrato o pignorato le cose, a meno che si provi che essi, al momento del sequestro o del pignoramento, conoscevano che il prezzo era ancora dovuto.
DELLA VENDITA DEI BENI DI CONSUMO
Art. 1519 bis (Ambito di applicazione e definizioni)
Il presente paragrafo disciplina taluni aspetti dei contratti di vendita e delle garanzie concernenti i beni di consumo. A tali fini ai contratti di vendita sono equiparati i contratti di permuta e di somministrazione nonché quelli di appalto, di opera e tutti gli altri contratti comunque finalizzati alla fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre.
Ai fini del presente paragrafo si intende per:
a) consumatore: qualsiasi persona fisica che, nei contratti di cui al comma primo, agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta;
b) beni di consumo: qualsiasi bene mobile, anche da assemblare, tranne:
1) i beni oggetto di vendita forzata o comunque venduti secondo altre modalità dalle autorità giudiziarie, anche mediante delega ai notai;
2) l’acqua e il gas, quando non confezionati per la vendita in un volume delimitato o in quantità determinata;
3) l’energia elettrica;
c) venditore: qualsiasi persona fisica o giuridica pubblica o privata che, nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, utilizza i contratti di cui al comma primo;
d) produttore: il fabbricante di un bene di consumo, l’importatore del bene di consumo nel territorio della Unione europea o qualsiasi altra persona che si presenta come produttore apponendo sul bene di consumo il suo nome, marchio o altro segno distintivo;
e) garanzia convenzionale ulteriore: qualsiasi impegno di un venditore o di un produttore, assunto nei confronti del consumatore senza costi supplementari, di rimborsare il prezzo pagato, sostituire, riparare, o intervenire altrimenti sul bene di consumo, qualora esso non
corrisponda alle condizioni enunciate nella dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicità;
f) riparazione: nel caso di difetto di conformità, il ripristino del bene di consumo per renderlo conforme al contratto di vendita. Le disposizioni del presente paragrafo si applicano alla vendita di beni di consumo usati, tenuto conto del tempo del pregresso utilizzo, limitatamente ai difetti non derivanti dall’uso normale della cosa.
Art. 1519 ter (Conformità al contratto)
Il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita. Si presume che i beni di consumo siano conformi al contratto se, ove pertinenti, coesistono le seguenti circostanze:
a) sono idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo;
b) sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello;
c) presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella pubblicità o sull’etichettatura;
d) sono altresì idonei all’uso particolare voluto dal consumatore e che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato anche per fatti concludenti.
Non vi è difetto di conformità se, al momento della conclusione del contratto, il consumatore era a conoscenza del difetto o non poteva ignorarlo con l’ordinaria diligenza o se il difetto di conformità deriva da istruzioni o materiali forniti dal consumatore.
Il venditore non è vincolato dalle dichiarazioni pubbliche di cui al comma secondo, lettera c), quando, in via anche alternativa, dimostra che:
a) non era a conoscenza della dichiarazione e non poteva conoscerla con l’ordinaria diligenza;
b) la dichiarazione è stata adeguatamente corretta entro il momento della conclusione del contratto in modo da essere conoscibile al consumatore;
c) la decisione di acquistare il bene di consumo non è stata influenzata dalla dichiarazione.
Il difetto di conformità che deriva dall’imperfetta installazione del bene di consumo è equiparato al difetto di conformità del bene quando l’installazione è compresa nel contratto di vendita ed è stata effettuata dal venditore o sotto la sua responsabilità. Tale equiparazione si applica anche nel caso in cui il prodotto, concepito per essere installato dal consumatore, sia da questo installato in modo non corretto a causa di una carenza delle istruzioni di installazione.
Art. 1519 quater (Diritti del consumatore)
Il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene.
In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della
conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi terzo, quarto, quinto e sesto, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi settimo, ottavo e nono.
Il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro.
Ai fini di cui al comma terzo è da considerare eccessivamente oneroso uno dei due rimedi se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all’altro, tenendo conto:
a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformità;
b) dell’entità del difetto di conformità;
c) dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore.
Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene.
Le spese di cui ai commi secondo e terzo si riferiscono ai costi indispensabili per rendere
conformi i beni, in particolare modo con riferimento alle spese effettuate per la spedizione, per la mano d’opera e per i materiali.
Il consumatore può richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni:
a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma sesto;
c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.
Nel determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si tiene conto dell’uso
del bene.
Dopo la denuncia del difetto di conformità, il venditore può offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio disponibile, con i seguenti effetti:
a) qualora il consumatore abbia già richiesto uno specifico rimedio, il venditore resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo di cui al comma sesto, salvo accettazione da parte del consumatore del rimedio alternativo proposto;
b) qualora il consumatore non abbia già richiesto uno specifico rimedio, il consumatore deve accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio ai sensi del presente articolo.
Un difetto di conformità di lieve entità per il quale non è stato possibile o è eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, non dà diritto alla risoluzione del contratto.
Art. 1519 quinquies (Diritto di regresso)
Il venditore finale, quando è responsabile nei confronti del consumatore a causa di un difetto di conformità imputabile ad un’azione o ad un’omissione del produttore, di un precedente venditore della medesima catena contrattuale distributiva o di qualsiasi altro intermediario, ha diritto di regresso, salvo patto contrario o rinuncia, nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili facenti parte della suddetta catena distributiva.
Il venditore finale che abbia ottemperato ai rimedi esperiti dal consumatore, può agire, entro un anno dall’esecuzione della prestazione, in regresso nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili per ottenere la reintegrazione di quanto prestato.
Art. 1519 sexies (Termini)
Il venditore è responsabile, a norma dell’articolo 1519 quater, quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene.
Il consumatore decade dai diritti previsti dall’articolo 1519 quater, comma secondo, se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto. La denuncia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del difetto o l’ha occultato.
Salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformità che si manifestano entro sei
mesi dalla consegna del bene esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità.
L’azione diretta a far valere i difetti non dolosamente occultati dal venditore si prescrive, in ogni caso, nel termine di ventisei mesi dalla consegna del bene; il consumatore, che sia convenuto per l’esecuzione del contratto, può tuttavia far valere sempre i diritti di cui
all’articolo 1519 quater, comma secondo, purché il difetto di conformità sia stato denunciato entro due mesi dalla scoperta e prima della scadenza del termine di cui al periodo precedente.
Art. 1519 septies (Garanzia convenzionale)
La garanzia convenzionale vincola chi la offre secondo le modalità indicate nella dichiarazione di garanzia medesima o nella relativa pubblicità.
La garanzia deve, a cura di chi la offre, almeno indicare:
a) la specificazione che il consumatore è titolare dei diritti previsti dal presente paragrafo e che la garanzia medesima lascia impregiudicati tali diritti;
b) in modo chiaro e comprensibile l’oggetto della garanzia e gli elementi essenziali necessari per farla valere, compresi la durata e l’estensione territoriale della garanzia, nonché il nome o la ditta e il domicilio o la sede di chi la offre.
A richiesta del consumatore, la garanzia deve essere disponibile per iscritto o su altro supporto duraturo a lui accessibile.
La garanzia deve essere redatta in lingua italiana con caratteri non meno evidenti di quelli di eventuali altre lingue.
Una garanzia non rispondente ai requisiti di cui ai commi secondo, terzo e quarto rimane comunque valida e il consumatore può continuare ad avvalersene ed esigerne l’applicazione.
Art. 1519 octies (Carattere imperativo delle disposizioni)
È nullo ogni patto, anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformità, volto ad escludere o limitare, anche in modo indiretto, i diritti riconosciuti dal presente paragrafo. La nullità può essere fatta valere solo dal consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice. Nel caso di beni usati, le parti possono limitare la durata della responsabilità di cui all’articolo 1519 sexies comma primo, ad un periodo di tempo in ogni caso non inferiore ad un anno. È nulla ogni clausola contrattuale che, prevedendo l’applicabilità al contratto di una legislazione di un paese extracomunitario, abbia l’effetto di privare il consumatore della protezione assicurata dal presente paragrafo, laddove il contratto presenti uno stretto collegamento con il territorio di uno Stato membro dell’Unione europea.
Art. 1519 nonies (Tutela in base ad altre disposizioni)
Le disposizioni del presente paragrafo non escludono né limitano i diritti che sono attribuiti al consumatore da altre norme dell’ordinamento giuridico.
DELLA VENDITA CON RISERVA DI GRADIMENTO A PROVA, A CAMPIONE
Art. 1520 (Vendita con riserva di gradimento)
Quando si vendono cose con riserva di gradimento da parte del compratore, la vendita non si perfeziona fino a che il gradimento non sia comunicato al venditore (1326, 1334, 1376). Se l’esame della cosa deve farsi presso il venditore, questi è liberato, qualora il compratore non vi proceda nel termine stabilito dal contratto o dagli usi, o, in mancanza, in un termine congruo fissato dal venditore. Se la cosa si trova presso il compratore e questi non si pronunzia nel termine sopra indicato, la cosa si considera di suo gradimento.
Art. 1521 (Vendita a prova)
La vendita a prova si presume fatta sotto la condizione sospensiva (1353 ss.) che la cosa abbia le qualità pattuite o sia idonea all’uso a cui è destinata. La prova si deve eseguire nel termine e secondo le modalità stabiliti dal contratto o dagli usi.
Art. 1522 (Xxxxxxx su campione e su tipo di campione)
Se la vendita è fatta su campione, s’intende che questo deve servire come esclusivo paragone per la qualità della merce, e in tal caso qualsiasi difformità attribuisce al compratore il diritto alla risoluzione del contratto (1453, 1493, 1760).
Qualora, però, dalla convenzione o dagli usi risulti che il campione deve servire unicamente a indicare in modo approssimativo la qualità, si può domandare la risoluzione soltanto se la difformità dal campione sia notevole (1455).
In ogni caso l’azione è soggetta alla decadenza e alla prescrizione stabilite dall’art. 1495.
DELLA VENDITA CON RISERVA DELLA PROPRIETÀ
Art. 1523 (Passaggio della proprietà e dei rischi)
Nella vendita a rate con riserva della proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo (1376), ma assume i rischi dal momento della consegna (1465, 2054 comma 3; 73 comma 2 l. fall.).
Art. 1524 (Opponibilità della riserva di proprietà nei confronti di xxxxx)
La riserva della proprietà è opponibile ai creditori del compratore, solo se risulta da atto scritto avente data certa (2704) anteriore al pignoramento.
Se la vendita ha per oggetto macchine e il prezzo è superiore a euro 15,49, la riserva della proprietà è opponibile anche al terzo acquirente, purché il patto di riservato dominio sia trascritto in apposito registro tenuto nella cancelleria del tribunale nella giurisdizione del quale è collocata la macchina (2762 comma 1), e questa, quando è acquistata dal terzo, si trovi ancora nel luogo dove la trascrizione è stata eseguita (84 att.).
Sono salve le disposizioni relative ai beni mobili iscritti in pubblici registri (2683 ss.).
Art. 1525 (Inadempimento del compratore)
Nonostante patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l’ottava parte del prezzo, non dà luogo alla risoluzione (1453, 1526) del contratto, e il compratore conserva il beneficio del termine relativamente alle rate successive (1455).
Art. 1526 (Risoluzione del contratto)
Se la risoluzione del contratto ha luogo per l’inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno (1223, 1458; 73 comma 2 l. fall.).
Qualora si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d’indennità (1382), il giudice, secondo le circostanze, può ridurre l’indennità convenuta (1384). La stessa disposizione si applica nel caso in cui il contratto sia configurato come locazione, e sia convenuto che, al termine di esso, la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti.
DELLA VENDITA SU DOCUMENTI
E CON PAGAMENTO CONTRO DOCUMENTI
Art. 1527 (Consegna)
Nella vendita su documenti, il venditore si libera dall’obbligo della consegna rimettendo al compratore il titolo rappresentativo della merce (1996) e gli altri documenti stabiliti dal contratto o, in mancanza, dagli usi (1792, 1477 comma 3).
Art. 1528 (Pagamento del prezzo)
Salvo patto o usi contrari, il pagamento del prezzo e degli accessori deve eseguirsi nel momento e nel luogo in cui avviene la consegna dei documenti indicati dall’articolo precedente (1498 comma 2). Quando i documenti sono regolari, il compratore non può rifiutare il pagamento del prezzo adducendo eccezioni relative alla qualità e allo stato delle cose (1490 ss.), a meno che queste risultino già dimostrate.
Art. 1529 (Rischi)
Se la vendita ha per oggetto cose in viaggio e tra i documenti consegnati al compratore è compresa la polizza di assicurazione per i rischi del trasporto (1889), sono a carico del compratore i rischi a cui si trova esposta la merce dal momento della consegna al vettore. Questa disposizione non si applica se il venditore al tempo del contratto era a conoscenza della perdita o dell’avaria della merce, e le ha in mala fede taciute al compratore.
Art. 1530 (Pagamento contro documenti a mezzo di banca)
Quando il pagamento del prezzo deve avvenire a mezzo di una banca, il venditore non può rivolgersi al compratore se non dopo il rifiuto opposto dalla banca stessa e constatato all’atto della presentazione dei documenti nelle forme stabilite dagli usi.
La banca che ha confermato il credito al venditore può opporgli solo le eccezioni derivanti dall’incompletezza o irregolarità dei documenti e quelle relative al rapporto di conferma del credito (1271 comma 3).
DELLA VENDITA A TERMINE DI TITOLI DI CREDITO
Art. 1531 (Interessi, dividendi e diritti di voto)
Nella vendita a termine di titoli di credito (1992 ss.), gli interessi (821 comma 3, 1263 comma 3) e i dividendi esigibili dopo la conclusione del contratto e prima della scadenza del termine, se riscossi dal venditore, sono accreditati al compratore (1550).
Qualora la vendita abbia per oggetto titoli azionari (2346 ss.), il diritto di voto (2351) spetta al venditore fino al momento della consegna (1550; 76 l. fall.).
Art. 1532 (Diritto di opzione)
Il diritto di opzione (2441) inerente ai titoli venduti a termine spetta al compratore (1550).
Il venditore, qualora il compratore gliene faccia richiesta in tempo utile, deve mettere il compratore in grado di esercitare il diritto di opzione, oppure deve esercitarlo per conto del compratore, se questi gli ha fornito i fondi necessari.
In mancanza di richiesta da parte del compratore, il venditore deve curare la vendita dei diritti di opzione per conto del compratore, a mezzo di un agente di cambio o di un istituto di credito (1838 comma 2).
Art. 1533 (Estrazione per premi o rimborsi)
Se i titoli venduti a termine sono soggetti a estrazione per premi o rimborsi, i diritti e gli oneri derivanti dall’estrazione spettano al compratore, qualora la conclusione del contratto sia anteriore al giorno stabilito per l’inizio dell’estrazione (1550, 1998).
Il venditore, al solo effetto indicato dal comma precedente, deve comunicare per iscritto al
compratore una distinta numerica dei titoli almeno un giorno prima dell’inizio dell’estrazione. In mancanza di tale comunicazione, il compratore ha facoltà di acquistare, a spese del venditore, i diritti spettanti a una quantità corrispondente di titoli, dandone comunicazione al venditore prima dell’inizio dell’estrazione (1516, 1550).
Art. 1534 (Versamenti richiesti sui titoli)
Il compratore deve fornire al venditore, almeno due giorni prima della scadenza, le somme necessarie per eseguire i versamenti richiesti sui titoli non liberati (2356).
Art. 1535 (Proroga dei contratti a termine)
Se alla scadenza del termine le parti convengono di prorogare l’esecuzione del contratto, è dovuta la differenza tra il prezzo originario e quello corrente nel giorno della scadenza, salva l’osservanza degli usi diversi.
Art. 1536 (Inadempimento)
In caso d’inadempimento della vendita a termine di titoli, si osservano le norme degli artt. 1515 e 1516, salva, per i contratti di borsa, l’applicazione delle leggi speciali.
SEZIONE III
DELLA VENDITA DI COSE IMMOBILI
Art. 1537 (Vendita a misura)
Quando un determinato immobile (812) è venduto con l’indicazione della sua misura e per un prezzo stabilito in ragione di un tanto per ogni unità di misura, il compratore ha diritto a una riduzione, se la misura effettiva dell’immobile è inferiore a quella indicata nel contratto. Se la misura risulta superiore a quella indicata nel contratto, il compratore deve corrispondere il supplemento del prezzo, ma ha facoltà di recedere dal contratto (1373, 1539) qualora l’eccedenza oltrepassi la ventesima parte della misura dichiarata (1377, 1430).
Art. 1538 (Vendita a corpo)
Nei casi in cui il prezzo è determinato in relazione al corpo dell’immobile e non alla sua misura, sebbene questa sia stata indicata, non si fa luogo a diminuzione o a supplemento di prezzo, salvo che la misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto (1540).
Nel caso in cui dovrebbe pagarsi un supplemento di prezzo, il compratore ha la scelta di recedere dal contratto o di corrispondere il supplemento (1377, 1430, 1537, 1539).
Art. 1539 (Recesso dal contratto)
Quando il compratore esercita il diritto di recesso, il venditore è tenuto a restituire il prezzo e a rimborsare le spese del contratto (1475, 1498).
Art. 1540 (Vendita cumulativa di più immobili)
Se due o più immobili sono stati venduti con lo stesso contratto per un solo e medesimo prezzo, con l’indicazione della misura di ciascuno di essi e si trova che la quantità è minore nell’uno e maggiore nell’altro, se ne fa la compensazione fino alla debita concorrenza; il diritto al supplemento o alla diminuzione del prezzo spetta in conformità delle disposizioni sopra stabilite (1537, 1538).
Art. 1541 (Prescrizione)
Il diritto del venditore al supplemento e quello del compratore alla diminuzione del prezzo o al recesso dal contratto si prescrivono in un anno dalla consegna dell’immobile.
SEZIONE IV
DELLA VENDITA DI EREDITÀ
Art. 1542 (Garanzia)
Chi vende un’eredità senza specificarne gli oggetti non è tenuto a garantire che la propria qualità di erede (477, 588, 765, 1547).
Art. 1543 (Forme)
La vendita di un’eredità deve farsi per atto scritto (1350) sotto pena di nullità (2725).
Il venditore è tenuto a prestarsi agli atti che sono necessari da parte sua per rendere efficace, di fronte ai terzi, la trasmissione di ciascuno dei diritti compresi nell’eredità.
Art. 1544 (Obblighi del venditore)
Se il venditore ha percepito i frutti di qualche bene o riscosso qualche credito ereditario, ovvero ha venduto qualche bene dell’eredità (765), è tenuto a rimborsarne il compratore, salvo patto contrario.
Art. 1545 (Obblighi del compratore)
Il compratore deve rimborsare il venditore di quanto questi ha pagato per debiti e pesi dell’eredità e deve corrispondergli quanto gli sarebbe dovuto dall’eredità medesima, salvo che sia convenuto diversamente.
Art. 1546 (Responsabilità per debiti ereditari)
Il compratore, se non vi è patto contrario, è obbligato in solido (1292) col venditore a pagare i debiti ereditari (752).
Art. 1547 (Altre forme di alienazione di eredità)
Le disposizioni precedenti si applicano alle altre forme di alienazione di un’eredità a titolo oneroso. Nelle alienazioni a titolo gratuito la garanzia è regolata dall’art. 797.
CAPO II DEL RIPORTO
Art. 1548 (Nozione)
Il riporto è il contratto per il quale il riportato trasferisce in proprietà al riportatore titoli di credito di una data specie per un determinato prezzo e il riportatore assume l’obbligo di trasferire al riportato, alla scadenza del termine stabilito (1551), la proprietà di altrettanti titoli della stessa specie, verso rimborso del prezzo, che può essere aumentato o diminuito nella misura convenuta (1500).
Art. 1549 (Perfezione del contratto)
Il contratto si perfeziona con la consegna dei titoli.
Art. 1550 (Diritti accessori e obblighi inerenti ai titoli)
I diritti accessori e gli obblighi inerenti ai titoli dati a riporto spettano al riportato. Si applicano le disposizioni degli articoli 1531, 1532, 1533 e 1534.
Il diritto di voto (2351), salvo patto contrario, spetta al riportatore (1531 comma 2).
Art. 1551 (Inadempimento)
In caso di inadempimento di una delle parti, si osservano le disposizioni degli articoli 1515 e 1516 (76 l. fall.), salva per i contratti di borsa l’applicazione delle leggi speciali.
Se entrambe le parti non adempiono le proprie obbligazioni nel termine stabilito, il riporto cessa di avere effetto e ciascuna parte ritiene ciò che ha ricevuto al tempo della stipulazione del contratto.
Art. 1552 (Nozione)
CAPO III
DELLA PERMUTA
La permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose o di altri diritti da un contraente all’altro (1376).
Art. 1553 (Evizione)
Il permutante, se ha sofferto l’evizione (1483 ss.) e non intende riavere la cosa data, ha diritto al valore della cosa evitta, secondo le norme stabilite per la vendita, salvo in ogni caso il risarcimento del danno (1223).
Art. 1554 (Spese della permuta)
Salvo patto contrario, le spese della permuta e le altre accessorie sono a carico di entrambi i contraenti in parti uguali (1475).
Art. 1555 (Applicabilità delle norme sulla vendita)
Le norme stabilite per la vendita (1470 ss.) si applicano alla permuta, in quanto siano con questa compatibili.
Art. 1556 (Nozione)
CAPO IV
DEL CONTRATTO ESTIMATORIO
Con il contratto estimatorio una parte consegna (1558) una o più cose mobili all’altra e questa si obbliga a pagare il prezzo, salvo che restituisca le cose nel termine stabilito.
Art. 1557 (Impossibilità di restituzione)
Chi ha ricevuto le cose non è liberato dall’obbligo di pagarne il prezzo, se la restituzione di esse nella loro integrità è divenuta impossibile per causa a lui non imputabile.
Art. 1558 (Disponibilità delle cose)
Sono validi gli atti di disposizione compiuti da chi ha ricevuto le cose; ma i suoi creditori non possono sottoporle a pignoramento (491 ss., 543 ss. c.p.c.) o a sequestro (670 ss. c.p.c.) finché non ne sia stato pagato il prezzo.
Colui che ha consegnato le cose non può disporne fino a che non gli siano restituite.
CAPO V
DELLA SOMMINISTRAZIONE
Art. 1559 (Nozione)
La somministrazione è il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose (1677; 74 l. fall.).
Art. 1560 (Entità della somministrazione)
Qualora non sia determinata l’entità della somministrazione, s’intende pattuita quella corrispondente al normale fabbisogno della parte che vi ha diritto, avuto riguardo al tempo della conclusione del contratto (1326).
Se le parti hanno stabilito soltanto il limite massimo e quello minimo per l’intera somministrazione o per le singole prestazioni, spetta all’avente diritto alla somministrazione di stabilire, entro i limiti suddetti, il quantitativo dovuto.
Se l’entità della somministrazione deve determinarsi in relazione al fabbisogno ed è stabilito un quantitativo minimo, l’avente diritto alla somministrazione è tenuto per la quantità corrispondente al fabbisogno se questo supera il minimo stesso.
Art. 1561 (Determinazione del prezzo)
Nella somministrazione a carattere periodico, se il prezzo deve essere determinato secondo le norme dell’art. 1474, si ha riguardo al tempo della scadenza delle singole prestazioni e al luogo in cui queste devono essere eseguite.
Art. 1562 (Pagamento del prezzo)
Nella somministrazione a carattere periodico il prezzo è corrisposto all’atto delle singole prestazioni e in proporzione di ciascuna di esse. Nella somministrazione a carattere continuativo il prezzo è pagato secondo le scadenze d’uso.
Art. 1563 (Scadenza delle singole prestazioni)
Il termine stabilito per le singole prestazioni si presume pattuito nell’interesse di entrambe le parti (1184).
Se l’avente diritto alla somministrazione ha la facoltà di fissare la scadenza delle singole prestazioni, egli deve comunicare la data al somministrante con un congruo preavviso.
Art. 1564 (Risoluzione del contratto)
In caso d’inadempimento di una delle parti relativo a singole prestazioni, l’altra può chiedere la risoluzione del contratto, se l’inadempimento ha una notevole importanza ed è tale da menomare la fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti.
Art. 1565 (Sospensione della somministrazione)
Se la parte che ha diritto alla somministrazione è inadempiente e l’inadempimento è di lieve entità (1455), il somministrante non può sospendere l’esecuzione del contratto (1460, 1845) senza dare congruo preavviso.
Art. 1566 (Patto di preferenza)
Il patto con cui l’avente diritto alla somministrazione si obbliga a dare la preferenza al somministrante (1341 comma 2) nella stipulazione di un successivo contratto per lo stesso oggetto, è valido purché la durata dell’obbligo non ecceda il termine di cinque anni. Se è convenuto un termine maggiore, questo si riduce a cinque anni (1419).
L’avente diritto alla somministrazione deve comunicare al somministrante le condizioni propostegli da terzi e il somministrante deve dichiarare, sotto pena di decadenza, nel termine stabilito o, in mancanza, in quello richiesto dalle circostanze o dagli usi, se intende valersi del diritto di preferenza.
Art. 1567 (Esclusiva a favore del somministrante)
Se nel contratto è pattuita la clausola di esclusiva (1341 comma 2) a favore del somministrante, l’altra parte non può ricevere da terzi prestazioni della stessa natura né, salvo patto contrario, può provvedere con mezzi propri alla produzione delle cose che formano oggetto del contratto.
Art. 1568 (Esclusiva a favore dell’avente diritto alla somministrazione)
Se la clausola di esclusiva è pattuita (1341 comma 2) a favore dell’avente diritto alla somministrazione, il somministrante non può compiere nella zona per cui l’esclusiva è concessa e per la durata del contratto, né direttamente né indirettamente, prestazioni della stessa natura di quelle che formano oggetto del contratto.
L’avente diritto alla somministrazione, che assume l’obbligo di promuovere, nella zona assegnatagli, la vendita delle cose di cui ha l’esclusiva (1743), risponde dei danni (1223) in caso di inadempimento a tale obbligo, anche se ha eseguito il contratto rispetto al quantitativo minimo che sia stato fissato.
Art. 1569 (Contratto a tempo indeterminato)
Se la durata della somministrazione non è stabilita, ciascuna delle parti può recedere dal contratto (1373), dando preavviso nel termine pattuito o in quello stabilito dagli usi o, in mancanza, in un termine congruo avuto riguardo alla natura della somministrazione.
Art. 1570 (Rinvio)
Si applicano alla somministrazione, in quanto compatibili con le disposizioni che precedono, anche le regole che disciplinano il contratto a cui corrispondono le singole prestazioni (1677).
Art. 1571 (Nozione)
CAPO VI DELLA LOCAZIONE
SEZIONE I DISPOSIZIONI GENERALI
La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo (1573, 1574), verso un determinato corrispettivo.
Art. 1572 (Locazioni e anticipazioni eccedenti l’ordinaria amministrazione)
Il contratto di locazione per una durata superiore a nove anni è atto eccedente l’ordinaria amministrazione (320 comma 2, 374 n. 4, 1108 comma 3, 1350, n. 8, 2643 n. 8, 2923 comma 2). Sono altresì atti eccedenti l’ordinaria amministrazione le anticipazioni del corrispettivo della locazione per una durata superiore a un anno (1605).
Art. 1573 (Durata della locazione)
Salvo diverse norme di legge (1607, 1800), la locazione non può stipularsi per un tempo eccedente i trenta anni. Se stipulata per un periodo più lungo o in perpetuo, è ridotta al termine suddetto (1419).
Art. 1574 (Locazione senza determinazione di tempo)
Quando le parti non hanno determinato la durata della locazione, questa s’intende convenuta (1596, 1600, 1800):
1) se si tratta di case senza arredamento di mobili o di locali per l’esercizio di una professione, di un’industria o di un commercio, per la durata di un anno, salvi gli usi locali;
2) se si tratta di camere o di appartamenti mobiliati, per la durata corrispondente all’unità
di tempo a cui è commisurata la pigione;
3) se si tratta di cose mobili, per la durata corrispondente all’unità di tempo a cui è commisurato il corrispettivo;
4) se si tratta di mobili forniti dal locatore per l’arredamento di un fondo urbano, per la durata della locazione del fondo stesso (2923).
Art. 1575 (Obbligazioni principali del locatore) Il locatore deve:
1) consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione (1590);
2) mantenerla in istato da servire all’uso convenuto (1576, 1577, 1582);
3) garantirne il pacifico godimento durante la locazione (1585 ss.).
Art. 1576 (Mantenimento della cosa in buono stato locativo)
Il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie (1583), eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore (1609, 2764). Se si tratta di cose mobili, le spese di conservazione e di ordinaria manutenzione sono, salvo patto contrario, a carico del conduttore.
Art. 1577 (Necessità di riparazioni)
Quando la cosa locata abbisogna di riparazioni che non sono a carico del conduttore (1576), questi è tenuto a darne avviso al locatore.
Se si tratta di riparazioni urgenti, il conduttore può eseguirle direttamente, salvo il rimborso, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore (1583).
Art. 1578 (Vizi della cosa locata)
Se al momento della consegna la cosa locata (2254 comma 2) è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi conosciuti o facilmente riconoscibili (1580, 1581).
Il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da vizi della cosa, se non prova di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna (1494).
Art. 1579 (Limitazioni convenzionali della responsabilità)
Il patto con cui si esclude o si limita la responsabilità (1229) del locatore per i vizi della cosa non ha effetto, se il locatore li ha in mala fede taciuti al conduttore oppure se i vizi sono tali da rendere impossibile il godimento della cosa (1575 n. 2, 1580, 1581).
Art. 1580 (Cose pericolose per la salute)
Se i vizi della cosa o di parte notevole di essa espongono a serio pericolo la salute del conduttore o dei suoi familiari o dipendenti, il conduttore può ottenere la risoluzione del contratto, anche se i vizi gli erano noti, nonostante qualunque rinunzia.
Art. 1581 (Vizi sopravvenuti)
Le disposizioni degli articoli precedenti si osservano, in quanto applicabili, anche nel caso di vizi della cosa sopravvenuti nel corso della locazione.
Art. 1582 (Divieto d’innovazione)
Il locatore non può compiere sulla cosa innovazioni che diminuiscano il godimento da parte del conduttore (1575 n. 2).
Art. 1583 (Mancato godimento per riparazioni urgenti)
Se nel corso della locazione la cosa abbisogna di riparazioni che non possono differirsi fino al termine del contratto, il conduttore deve tollerarle anche quando importano privazioni del godimento di parte della cosa locata (1575, 1576, 1577, 1584).
Art. 1584 (Diritti del conduttore in caso di riparazioni)
Se l’esecuzione delle riparazioni si protrae per oltre un sesto della durata della locazione e, in ogni caso, per oltre venti giorni, il conduttore ha diritto a una riduzione del corrispettivo, proporzionata all’intera durata delle riparazioni stesse e all’entità del mancato godimento (1583).
Indipendentemente dalla sua durata, se l’esecuzione delle riparazioni rende inabitabile
quella parte della cosa che è necessaria per l’alloggio del conduttore e della sua famiglia, il conduttore può ottenere, secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto.
Art. 1585 (Garanzia per molestie)
Il locatore è tenuto a garantire il conduttore dalle molestie che diminuiscono l’uso o il godimento della cosa, arrecate da terzi che pretendono di avere diritti sulla cosa medesima (949, 1575 n. 3, 1586).
Non è tenuto a garantirlo dalle molestie di terzi che non pretendono di avere diritti, salva al conduttore la facoltà di agire contro di essi in nome proprio (1168, 2254).
Art. 1586 (Pretese da parte di terzi)
Se i terzi che arrecano le molestie pretendono di avere diritti sulla cosa locata, il conduttore è tenuto a darne pronto avviso al locatore, sotto pena del risarcimento dei danni. Se i terzi agiscono in via giudiziale, il locatore è tenuto ad assumere la lite, qualora sia chiamato nel processo. Il conduttore deve esserne estromesso con la semplice indicazione del locatore, se non ha interesse a rimanervi (106, 108, 269 c.p.c.).
Art. 1587 (Obbligazioni principali del conduttore) Il conduttore deve:
1) prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia (1176) nel servirsene per l’uso determinato nel contratto o per l’uso che può altrimenti presumersi dalle circostanze;
2) dare il corrispettivo nei termini convenuti (1282 comma 2, 2764, 2948 n. 3).
Art. 1588 (Perdita e deterioramento della cosa locata)
Il conduttore risponde della perdita e del deterioramento (1592) della cosa che avvengono nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio (1589), qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile (1218, 1256, 2281).
È pure responsabile della perdita e del deterioramento cagionati da persone che egli ha ammesse, anche temporaneamente, all’uso o al godimento della cosa (2764).
Art. 1589 Incendio di cosa assicurata)
Se la cosa distrutta o deteriorata per incendio era stata assicurata dal locatore o per conto di questo (1891), la responsabilità del conduttore verso il locatore è limitata alla differenza tra l’indennizzo corrisposto dall’assicuratore e il danno effettivo.
Quando si tratta di cosa mobile stimata (1908 comma 2) e l’assicurazione è stata fatta per valore uguale alla stima, cessa ogni responsabilità del conduttore in confronto del locatore, se questi è indennizzato dall’assicuratore. Sono salve in ogni caso le norme concernenti il diritto di surrogazione dell’assicuratore (1916).
Art. 1590 (Restituzione della cosa locata)
Il conduttore deve restituire (1216) la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta (1575), in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto (2281, 2764). In mancanza di descrizione,si presume (2728) che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione (1575 n. 1).
Il conduttore non risponde del perimento o del deterioramento dovuti a vetustà (1609). Le cose mobili si devono restituire nel luogo dove sono state consegnate (1182).
Art. 1591 (Danni per ritardata restituzione)
Il conduttore in mora (1216, 1219) a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno (1223).
Art. 1592 (Miglioramenti)
Salvo disposizioni particolari della legge o degli usi, il conduttore non ha diritto a indennità per i miglioramenti apportati alla cosa locata (975, 985). Se però vi è stato il consenso del locatore, questi è tenuto a pagare un’indennità corrispondente alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore del risultato utile al tempo della riconsegna.
Anche nel caso in cui il conduttore non ha diritto a indennità, il valore dei miglioramenti può compensare i deterioramenti che si sono verificati senza colpa grave del conduttore.
Art. 1593 (Addizioni)
Il conduttore che ha eseguito addizioni sulla cosa locata ha diritto di toglierle alla fine della locazione qualora ciò possa avvenire senza nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca ritenere le addizioni stesse. In tal caso questi deve pagare al conduttore un’indennità pari alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna.
Se le addizioni non sono separabili senza nocumento della cosa e ne costituiscono un miglioramento, si osservano le norme dell’articolo precedente.
Art. 1594 (Sublocazione o cessione della locazione)
Il conduttore, salvo patto contrario, ha facoltà di sublocare (1614) la cosa locatagli, ma non può cedere il contratto (1406 ss.) senza il consenso del locatore (1588).
Trattandosi di cosa mobile, la sublocazione deve essere autorizzata dal locatore o
consentita dagli usi (378, 394 c.n.).
Art. 1595 (Rapporti tra il locatore e il subconduttore)
Il locatore, senza pregiudizio dei suoi diritti verso il conduttore, ha azione diretta contro il subconduttore per esigere il prezzo della sublocazione, di cui questi sia ancora debitore al momento della domanda giudiziale, e per costringerlo ad adempiere tutte le altre obbligazioni derivanti dal contratto di sublocazione (2764).
Il subconduttore non può opporgli pagamenti anticipati, salvo che siano stati fatti secondo gli usi locali (1605 comma 1).
Senza pregiudizio delle ragioni del subconduttore verso il sublocatore, la nullità (1418) o la risoluzione del contratto (1445, 1458) di locazione ha effetto anche nei confronti del
subconduttore, e la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche contro di lui (2764, 2909).
Art. 1596 (Fine della locazione per lo spirare del termine)
La locazione per un tempo determinato dalle parti cessa con lo spirare del termine, senza che sia necessaria la disdetta (80 l. fall.).
La locazione senza determinazione di tempo non cessa, se prima della scadenza stabilita
a norma dell’art. 1574 una delle parti non comunica all’altra disdetta (1373 comma 2) nel termine determinato dalle parti o dagli usi.
Art. 1597 (Rinnovazione tacita del contratto)
La locazione si ha per rinnovata se, scaduto il termine di essa, il conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione della cosa locata o se, trattandosi di locazione a tempo indeterminato (1574), non è stata comunicata la disdetta a norma dell’articolo precedente (382 c.n.). La nuova locazione è regolata dalle stesse condizioni della precedente, ma la sua durata è quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato (1574).
Se è stata data licenza, il conduttore non può opporre la tacita rinnovazione, salvo che consti la volontà del locatore di rinnovare il contratto (1598; 80 l. fall.).
Art. 1598 (Garanzie della locazione)
Le garanzie prestate da terzi non si estendono alle obbligazioni derivanti da proroghe della durata del contratto (1938).
Art. 1599 (Trasferimento a titolo particolare della cosa locata)
Il contratto di locazione è opponibile al terzo acquirente (1603), se ha data certa (2704) anteriore all’alienazione della cosa.
La disposizione del comma precedente non si applica alla locazione di beni mobili non iscritti in pubblici registri, se l’acquirente ne ha conseguito il possesso in buona fede (1147, 1153).
Le locazioni di beni immobili non trascritte non sono opponibili al terzo acquirente, se non
nei limiti di un novennio dall’inizio della locazione (2643 n. 8, 2644, 2923).
L’acquirente è in ogni caso tenuto a rispettare la locazione, se ne ha assunto l’obbligo verso l’alienante (1505, 1600 ss.).
Art. 1600 (Detenzione anteriore al trasferimento)
Se la locazione non ha data certa (2704), ma la detenzione del conduttore è anteriore al trasferimento, l’acquirente non è tenuto a rispettare la locazione che per una durata corrispondente a quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato (1574, 2923 comma 4).
Art. 1601 (Risarcimento del danno al conduttore licenziato)
Se il conduttore è stato licenziato dall’acquirente perché il contratto di locazione non aveva data certa (2704) anteriore al trasferimento, il locatore è tenuto a risarcirgli il danno (1223). Art. 1602 (Effetti dell’opponibilità della locazione al terzo acquirente )
Il terzo acquirente tenuto a rispettare la locazione (1599, 1600) subentra, dal giorno del suo acquisto, nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione (1406 ss.).
Art. 1603 (Clausola di scioglimento del contratto in caso di alienazione)
Se si è convenuto che il contratto possa sciogliersi in caso di alienazione della cosa locata, l’acquirente che vuole valersi di tale facoltà deve dare licenza al conduttore rispettando il termine di preavviso stabilito dal secondo comma dell’art. 1596. In tal caso al conduttore licenziato non spetta il risarcimento dei danni, salvo patto contrario.
Art. 1604 (Vendita della cosa locata con patto di riscatto)
Il compratore con patto di riscatto (1500) non può esercitare la facoltà di licenziare (1603) il conduttore fino a che il suo acquisto non sia divenuto irrevocabile con la scadenza del termine fissato per il riscatto (1501).
Art. 1605 (Liberazione o cessione del corrispettivo della locazione)
La liberazione o la cessione del corrispettivo della locazione non ancora scaduto non può opporsi al terzo (1265) acquirente della cosa locata, se non risulta da atto scritto avente data certa (2704) anteriore al trasferimento (2918, 2924). Si può in ogni caso opporre il pagamento anticipato eseguito in conformità degli usi locali (1595 comma 2, 1601, 2812). Se la liberazione o la cessione è stata fatta per un periodo eccedente i tre anni e non è stata trascritta (2643 n. 9, 2644), può essere opposta solo entro i limiti di un triennio; se il triennio è già trascorso, può essere opposta solo nei limiti dell’anno in corso nel giorno del trasferimento (2812, 2918, 2924).
Art. 1606 (Estinzione del diritto del locatore)
Nei casi in cui il diritto del locatore sulla cosa locata si estingue con effetto retroattivo (1360), le locazioni da lui concluse aventi data certa (2704) sono mantenute, purché siano state fatte senza frode e non eccedano il triennio (1445, 1458).
Sono salve le diverse disposizioni di legge.
SEZIONE II
DELLA LOCAZIONE DI FONDI URBANI
Art. 1607 (Durata massima della locazione di case)
La locazione di una casa per abitazione può essere convenuta per tutta la durata della vita dell’inquilino e per due anni successivi alla sua morte.
Art. 1608 (Garanzie per il pagamento della pigione)
Nelle locazioni di case non mobiliate l’inquilino può essere licenziato se non fornisce la casa di mobili sufficienti (2764) o non presta altre garanzie idonee ad assicurare il pagamento della pigione (1179, 1587).
Art. 1609 (Piccole riparazioni a carico dell’inquilino)
Le riparazioni di piccola manutenzione, che a norma dell’art. 1576 devono essere eseguite dall’inquilino a sue spese, sono quelle dipendenti da deterioramenti prodotti dall’uso e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito (1590, 2764).
Le suddette riparazioni, in mancanza di patto, sono determinate dagli usi locali.
Art. 1610 (Spurgo di pozzi e di latrine)
Lo spurgo dei pozzi e delle latrine è a carico del conduttore.
Art. 1611 (Incendio di casa abitata da più inquilini)
Se si tratta di casa occupata da più inquilini, tutti sono responsabili verso il locatore del danno prodotto dall’incendio, proporzionatamente al valore della parte occupata (1588, 1589). Se nella casa abita anche il locatore, si detrae dalla somma dovuta una quota corrispondente alla parte da lui occupata.
La disposizione del comma precedente non si applica se si prova che l’incendio è cominciato dall’abitazione di uno degli inquilini, ovvero se alcuno di questi prova che l’incendio non è potuto cominciare nella sua abitazione.
Art. 1612 (Recesso convenzionale del locatore)
Il locatore che si è riservata la facoltà di recedere dal contratto (1373) per abitare egli stesso nella casa locata deve dare licenza motivata nel termine stabilito dagli usi locali.
Art. 1613 (Facoltà di recesso degli impiegati pubblici)
Gli impiegati delle pubbliche amministrazioni possono, nonostante patto contrario, recedere dal contratto (1373) nel caso di trasferimento, purché questo non sia stato disposto su loro domanda (80 comma 2 l. fall.).
Tale facoltà si esercita mediante disdetta motivata e il recesso ha effetto dal secondo mese successivo a quello in corso alla data della disdetta.
Art. 1614 (Morte dell’inquilino)
Nel caso di morte dell’inquilino, se la locazione deve ancora durare per più di un anno ed è stata vietata la sublocazione (1594), gli eredi possono recedere dal contratto (1373) entro tre mesi dalla morte.
Il recesso si deve esercitare mediante disdetta comunicata con preavviso non inferiore a tre mesi.
SEZIONE III DELL'AFFITTO DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1615 (Gestione e godimento della cosa produttiva)
Quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile, l’affittuario deve curarne la gestione in conformità della destinazione economica della cosa (1618, 1619) e dell’interesse della produzione (1623; 41 comma 3 Cost.).
A lui spettano i frutti (821) e le altre utilità della cosa.
Art. 1616 (Affitto senza determinazione di tempo)
Se le parti non hanno determinato la durata dell’affitto, ciascuna di esse può recedere dal contratto (1373) dando all’altra un congruo preavviso (1596 comma 2).
Sono salvi gli usi che dispongono diversamente (1625).
Art. 1617 (Obblighi del locatore)
Il locatore è tenuto a consegnare la cosa, con i suoi accessori e le sue pertinenze (817), in istato da servire all’uso e alla produzione a cui è destinata (1575 n. 1).
Art. 1618 (Inadempimenti dell’affittuario)
Il locatore può chiedere la risoluzione del contratto (1453), se l’affittuario non destina al servizio della cosa i mezzi necessari per la gestione di essa, se non osserva le regole della buona tecnica (1176), ovvero se muta stabilmente la destinazione economica della cosa (1615).
Art. 1619 (Diritto di controllo)
Il locatore può accertare in ogni tempo, anche con accesso in luogo, se l’affittuario osserva gli obblighi che gli incombono.
Art. 1620 (Incremento della produttività della cosa)
L’affittuario può prendere le iniziative atte a produrre un aumento di reddito della cosa, purché esse non importino obblighi per il locatore o non gli arrechino pregiudizio, e siano conformi all’interesse della produzione (1592, 1615).
Art. 1621 (Riparazioni)
Il locatore è tenuto ad eseguire a sue spese, durante l’affitto, le riparazioni straordinarie. Le altre sono a carico dell’affittuario (1576, 1577, 1609, 2153, 2764).
Art. 1622 (Perdite determinate da riparazioni)
Se l’esecuzione delle riparazioni che sono a carico del locatore determina per l’affittuario una perdita superiore al quinto del reddito annuale o, nel caso di affitto non superiore a un anno, al quinto del reddito complessivo, l’affittuario può domandare una riduzione del fitto in ragione della diminuzione del reddito oppure, secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto (1583, 1584).
Art. 1623 (Modificazioni sopravvenute del rapporto contrattuale)
Se, in conseguenza di una disposizione di legge o di un provvedimento dell’autorità riguardanti la gestione produttiva, il rapporto contrattuale risulta notevolmente modificato in modo che le parti ne risentano rispettivamente una perdita e un vantaggio, può essere richiesto un aumento o una diminuzione del fitto (1467) ovvero, secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto.
Sono salve le diverse disposizioni della legge o del provvedimento dell’autorità.
Art. 1624 (Divieto di subaffitto. Cessione dell’affitto)
L’affittuario non può subaffittare la cosa senza il consenso del locatore (1594, 1649, 2149). La facoltà di cedere l’affitto comprende quella di subaffittare; la facoltà di subaffittare non comprende quella di cedere l’affitto.
Art. 1625 (Clausola di scioglimento del contratto in caso di alienazione)
Se si è convenuto che l’affitto possa sciogliersi in caso di alienazione (1603), l’acquirente che voglia dare licenza all’affittuario deve osservare la disposizione dell’art. 1616.
Quando l’affitto ha per oggetto un fondo rustico, la licenza deve essere data col preavviso di sei mesi e ha effetto per la fine dell’anno agrario in corso alla scadenza del termine di preavviso (1627 comma 2).
Art. 1626 (Incapacità o insolvenza dell’affittuario)
L’affitto si scioglie per l’interdizione (414), l’inabilitazione (415) o l’insolvenza dell’affittuario (80 l. fall.), salvo che al locatore sia prestata idonea garanzia (1179) per l’esatto adempimento degli obblighi dell’affittuario.
Art. 1627 (Morte dell’affittuario)
Nel caso di morte dell’affittuario, il locatore e gli eredi dell’affittuario possono, entro tre mesi dalla morte, recedere dal contratto (1373) mediante disdetta comunicata all’altra parte con preavviso di sei mesi (1614).
Se l’affitto ha per oggetto un fondo rustico, la disdetta ha effetto per la fine dell’anno agrario in corso alla scadenza del termine di preavviso (1614, 1625 comma 2).
DELL'AFFITTO DI FONDI RUSTICI
Art. 1629 (Fondi destinati al rimboschimento)
L’affitto di fondi rustici destinati al rimboschimento può essere stipulato per un termine massimo di novantanove anni (1573).
Art. 1630 (Affitto senza determinazione di tempo)
L’affitto a tempo indeterminato di un fondo soggetto a rotazione di colture si reputa stipulato (1574) per il tempo necessario affinché l’affittuario possa svolgere e portare a compimento il normale ciclo di avvicendamento delle colture praticate nel fondo (2143, 2165). Se il fondo non è soggetto ad avvicendamento di colture, l’affitto si reputa fatto per il tempo necessario alla raccolta dei frutti (1635). L’affitto non cessa se prima della scadenza una delle parti non ha dato disdetta con preavviso di sei mesi (1596).
Art. 1631 (Estensione del fondo)
Per l’affitto a misura, oppure a corpo con indicazione della misura, nel caso di eccesso o di difetto dell’estensione del fondo rispetto alla misura indicata, i diritti e le obbligazioni delle parti sono determinati secondo le norme contenute nel capo della vendita.
Art. 1634 (Inderogabilità)
Le disposizioni dei due articoli precedenti sono inderogabili.
Art. 1635 (Perdita fortuita dei frutti negli affitti pluriennali)
Se, durante l’affitto convenuto per più anni, almeno la metà dei frutti di un anno non ancora separati (821) perisce per caso fortuito, l’affittuario può domandare una riduzione del fitto, salvo che la perdita trovi compenso nei precedenti raccolti.
Qualora la perdita non trovi compenso nei precedenti raccolti, la riduzione è determinata alla fine dell’affitto, eseguito il conguaglio con i frutti raccolti in tutti gli anni decorsi. Il giudice può dispensare provvisoriamente l’affittuario dal pagamento di una parte del fitto in proporzione della perdita sofferta. La riduzione non può mai eccedere la metà del fitto.
In ogni caso si deve tener conto degli indennizzi che l’affittuario abbia conseguiti o possa
conseguire in relazione alla perdita sofferta.
Al perimento è equiparata la mancata produzione dei frutti (960 comma 2).
Art. 1636 (Perdita fortuita dei frutti negli affitti annuali)
Se l’affitto ha la durata di un solo anno e si è verificata la perdita per caso fortuito di almeno la metà dei frutti, l’affittuario può essere esonerato dal pagamento di una parte del fitto, in misura non superiore alla metà.
Art. 1637 (Accollo di casi fortuiti)
L’affittuario può, con patto espresso, assumere il rischio dei casi fortuiti ordinari (1643). Sono reputati tali i fortuiti che, avuto riguardo ai luoghi e a ogni altra circostanza, le parti potevano ragionevolmente ritenere probabili (1648).
È nullo (1419) il patto col quale l’affittuario si assoggetta ai casi fortuiti straordinari.
Art. 1638 (Espropriazione per pubblico interesse)
In caso di espropriazione per pubblico interesse (834) o di occupazione temporanea del fondo locato, l’affittuario ha diritto di ottenere dal locatore la parte d’indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto.
Art. 1639 (Canone di affitto)
Il fitto può consistere anche in una quota ovvero in una quantità fissa o variabile dei frutti del fondo locato (1282 comma 2, 2099 comma 3).
Art. 1640 (Scorte morte)
Le scorte morte costituenti la dotazione del fondo, che sono state consegnate all’affittuario all’inizio dell’affitto, con determinazione della specie, qualità e quantità, devono, anche se stimate, essere restituite al locatore alla fine dell’affitto, nella stessa specie, qualità e quantità e, se si tratta di scorte fisse, come macchinari e attrezzi, nello stesso stato d’uso (2764). L’eccedenza o la deficienza deve essere regolata in danaro, secondo il valore corrente al tempo della riconsegna. La dotazione necessaria non può essere distratta e deve essere mantenuta secondo le esigenze delle colture e la pratica dei luoghi (1642).
La disposizione del comma precedente si applica anche se, all’inizio dell’affitto, l’affittuario ha depositato la somma che rappresenti il valore delle scorte presso il locatore, salvo l’obbligo di questo di restituirla al tempo della riconsegna delle scorte (1645 comma 3).
Se le scorte sono state consegnate con la sola indicazione del valore, l’affittuario ne acquista la proprietà, e, alla fine dell’affitto, deve restituire il valore ricevuto o scorte in natura per un corrispondente valore, determinato secondo il prezzo corrente, al tempo della riconsegna, ovvero parte dell’uno e parte delle altre (1645 comma 3, 2764).
Sono salve le diverse pattuizioni delle parti.
Art. 1641 (Scorte vive)
Quando il bestiame da lavoro o da allevamento, costituente la dotazione del fondo, è stato in tutto o in parte fornito dal locatore, si osservano le disposizioni degli articoli seguenti, salvi i patti diversi (2764).
Art. 1642 (Proprietà del bestiame consegnato)
Qualora il bestiame consegnato all’affittuario sia stato determinato con indicazione della specie, del numero, del sesso, della qualità, dell’età e del peso, anche se ne è stata fatta stima, la proprietà di esso rimane al locatore. Tuttavia l’affittuario può disporre dei singoli capi, ma deve mantenere nel fondo la dotazione necessaria.
Art. 1643 (Rischio della perdita del bestiame)
Il rischio della perdita del bestiame è a carico dell’affittuario dal momento in cui questi lo ha ricevuto, se non è stato diversamente pattuito (1637, 1642).
Art. 1644 (Accrescimenti e frutti del bestiame)
L’affittuario fa suoi i parti e gli altri frutti del bestiame, l’accrescimento e ogni altro provento che ne deriva (1615, 1637).
Il letame però deve essere impiegato esclusivamente nella coltivazione del fondo.
Art. 1645 (Riconsegna del bestiame)
Nel caso previsto dall’art. 1642, al termine del contratto l’affittuario deve restituire bestiame corrispondente per specie, numero, sesso, qualità, età e peso a quello ricevuto. Se vi sono differenze di qualità o di quantità contenute nei limiti in cui esse possano ammettersi avuto riguardo ai bisogni della coltivazione del fondo (1642), l’affittuario deve restituire bestiame di uguale valore. Se vi è eccedenza o deficienza nel valore del bestiame, ne è fatto conguaglio in danaro tra le parti, secondo il valore al tempo della riconsegna.
La disposizione del comma precedente si applica anche se, all’inizio dell’affitto, l’affittuario ha depositato presso il locatore la somma che rappresenta il valore del bestiame.
Si applica altresì la disposizione del terzo comma dell’art. 1640. Sono salvi i patti diversi.
Art. 1646 (Rapporti fra gli affittuari uscente e subentrante)
L’affittuario uscente deve mettere a disposizione di chi gli subentra nella coltivazione i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti per i lavori dell’anno seguente; il nuovo affittuario deve lasciare al precedente i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti per il consumo dei foraggi e per le raccolte che restano da fare.
Per l’ulteriore determinazione dei rapporti tra l’affittuario uscente e l’affittuario subentrante
si osservano gli usi locali.
DELL'AFFITTO A COLTIVATORE DIRETTO
Art. 1647 (Nozione)
Quando l’affitto ha per oggetto un fondo che l’affittuario coltiva col lavoro prevalentemente proprio o di persone della sua famiglia (2083), si applicano le norme che seguono (1654, 2079, 2080).
Art. 1648 (Casi fortuiti ordinari)
Il giudice, con riguardo alle condizioni economiche dell’affittuario, può disporre il pagamento rateale del fitto se per un caso fortuito ordinario, le cui conseguenze l’affittuario ha assunte a suo carico, si verifica la perdita di almeno la metà dei frutti del fondo.
Art. 1649 (Subaffitto)
Se il locatore consente il subaffitto, questo è considerato come locazione diretta tra il locatore e il nuovo affittuario (1594, 1624, 1654).
Art. 1652 (Anticipazioni all’affittuario)
Qualora l’affittuario non possa provvedere altrimenti, il locatore è tenuto ad anticipargli le sementi e le materie fertilizzanti e antiparassitarie necessarie per la coltivazione del fondo. Il credito del locatore produce interessi in misura corrispondente al saggio legale.
Art. 1654 (Inderogabilità)
Le disposizioni che precedono sono inderogabili.
CAPO VII DELL'APPALTO
Art. 1655 (Nozione)
L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari (2082) e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio (1677) verso un corrispettivo in danaro (1657, 2222).
Art. 1656 (Subappalto)
L’appaltatore non può dare in subappalto (1670) l’esecuzione dell’opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente.
Art. 1657 (Determinazione del corrispettivo)
Se le parti non hanno determinato la misura del corrispettivo né hanno stabilito il modo di determinarla, essa è calcolata con riferimento alle tariffe esistenti o agli usi; in mancanza, è determinata dal giudice (2225, 2233).
Art. 1658 (Fornitura della materia)
La materia necessaria a compiere l’opera deve essere fornita dall’appaltatore, se non è diversamente stabilito dalla convenzione o dagli usi (1663, 1673, 2223).
Art. 1659 (Variazioni concordate del progetto)
L’appaltatore non può apportare variazioni alle modalità convenute dell’opera se il committente non le ha autorizzate. L’autorizzazione si deve provare per iscritto (2725).
Anche quando le modificazioni sono state autorizzate, l’appaltatore, se il prezzo dell’intera opera è stato determinato globalmente, non ha diritto a compenso per le variazioni o per le aggiunte, salvo diversa pattuizione (1661 comma 1).
Art. 1660 (Variazioni necessarie del progetto)
Se per l’esecuzione dell’opera a regola d’arte è necessario apportare variazioni al progetto (1661) e le parti non si accordano, spetta al giudice di determinare le variazioni da introdurre e le correlative variazioni del prezzo.
Se l’importo delle variazioni supera il sesto del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore può recedere dal contratto (1373) e può ottenere, secondo le circostanze, un’equa indennità. Se le variazioni sono di notevole entità, il committente può recedere dal contratto (1373) ed è tenuto a corrispondere un equo indennizzo.
Art. 1661 (Variazioni ordinate dal committente)
Il committente può apportare variazioni al progetto (1660), purché il loro ammontare non superi il sesto del prezzo complessivo convenuto. L’appaltatore ha diritto al compenso per i maggiori lavori eseguiti, anche se il prezzo dell’opera era stato determinato globalmente. La disposizione del comma precedente non si applica quando le variazioni, pur essendo contenute nei limiti suddetti, importano notevoli modificazioni della natura dell’opera o dei quantitativi nelle singole categorie di lavori previste nel contratto per l’esecuzione dell’opera medesima.
Art. 1662 (Verifica nel corso di esecuzione dell’opera)
Il committente ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e di verificarne a proprie spese lo stato. Quando nel corso dell’opera si accerta che la sua esecuzione non procede secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d’arte, il committente può fissare un congruo termine (1454) entro il quale l’appaltatore si deve conformare a tali condizioni; trascorso inutilmente il termine stabilito, il contratto è risoluto, salvo il diritto del committente al risarcimento del danno (1223, 1665, 1667).
Art. 1663 (Denuncia dei difetti della materia)
L’appaltatore è tenuto a dare pronto avviso al committente dei difetti della materia da questo fornita (1658, 1673), se si scoprono nel corso dell’opera e possono comprometterne la regolare esecuzione.
Art. 1664 (Onerosità o difficoltà dell’esecuzione)
Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo (1467).
Se nel corso dell’opera si manifestino difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendano notevolmente più onerosa la prestazione dell’appaltatore, questi ha diritto a un equo compenso.
Art. 1665 (Verifica e pagamento dell’opera)
Il committente, prima di ricevere la consegna, ha diritto di verificare l’opera compiuta (1662, 1666). La verifica deve essere fatta dal committente appena l’appaltatore lo mette in condizioni di poterla eseguire. Se, nonostante l’invito fattogli dall’appaltatore, il committente tralascia di procedere alla verifica senza giusti motivi, ovvero non ne comunica il risultato entro un breve termine, l’opera si considera accettata (1667, 2226).
Se il committente riceve senza riserve la consegna dell’opera, questa si considera accettata ancorché non si sia proceduto alla verifica (2226).
Salvo diversa pattuizione o uso contrario, l’appaltatore ha diritto al pagamento del
corrispettivo quando l’opera è accettata dal committente.
Art. 1666 (Verifica e pagamento di singole partite)
Se si tratta di opera da eseguire per partite, ciascuno dei contraenti può chiedere che la verifica (1662, 1665) avvenga per le singole partite. In tal caso l’appaltatore può domandare il pagamento in proporzione dell’opera eseguita.
Il pagamento fa presumere l’accettazione della parte di opera pagata; non produce questo effetto il versamento di semplici acconti (1665 comma 3).
Art. 1667 (Difformità e vizi dell’opera)
L’appaltatore è tenuto alla garanzia (1668) per le difformità e i vizi dell’opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera (1665, 1666, 2226) e le difformità o i
vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall’appaltatore. Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati (1670).
L’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera. Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia (1442 comma 4, 1449 comma 2), purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna.
Art. 1668 (Contenuto della garanzia per difetti dell’opera)
Il committente può chiedere che le difformità o i vizi (1667) siano eliminati a spese dell’appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno (1223) nel caso di colpa dell’appaltatore.
Se però le difformità o i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto (1453, 2226).
Art. 1669 (Rovina e difetti di cose immobili)
Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta (2053).
Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia (2964).
Art. 1670 (Responsabilità dei subappaltatori)
L’appaltatore, per agire in regresso (1228) nei confronti dei subappaltatori (1656), deve sotto pena di decadenza comunicare ad essi la denunzia entro sessanta giorni dal ricevimento (1667 comma 2, 2964).
Art. 1671 (Recesso unilaterale dal contratto)
Il committente può recedere dal contratto (1373), anche se è stata iniziata l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio, purché tenga indenne l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno (1372, 2227, 2237).
Art. 1672 (Impossibilità di esecuzione dell’opera)
Se il contratto si scioglie perché l’esecuzione dell’opera è divenuta impossibile in conseguenza di una causa non imputabile ad alcuna delle parti (1464), il committente deve pagare la parte dell’opera già compiuta, nei limiti in cui è per lui utile (1675, 2228, 2231 comma 2, 2237 comma 2), in proporzione del prezzo pattuito per l’opera intera.
Art. 1673 (Perimento o deterioramento della cosa)
Se, per causa non imputabile ad alcuna delle parti, l’opera perisce o è deteriorata prima che sia accettata (1666) dal committente o prima che il committente sia in mora (1207) a verificarla (1665), il perimento o il deterioramento è a carico dell’appaltatore, qualora questi abbia fornito la materia (1658). Se la materia è stata fornita in tutto o in parte dal committente, il perimento o il deterioramento dell’opera è a suo carico per quanto riguarda la materia da lui fornita, e per il resto è a carico dell’appaltatore (1465).
Art. 1674 (Morte dell’appaltatore)
Il contratto di appalto non si scioglie per la morte dell’appaltatore, salvo che la considerazione della sua persona sia stata motivo determinante del contratto (1675; 81 l. fall.). Il committente può sempre recedere dal contratto (1373), se gli eredi dell’appaltatore non danno affidamento per la buona esecuzione dell’opera o del servizio.
Art. 1675 (Diritti e obblighi degli eredi dell’appaltatore)
Nel caso di scioglimento del contratto per morte dell’appaltatore (1674), il committente è tenuto a pagare agli eredi il valore delle opere eseguite, in ragione del prezzo pattuito, e a rimborsare le spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, ma solo nei limiti in cui le opere eseguite e le spese sostenute gli sono utili (1672).
Il committente ha diritto di domandare la consegna, verso una congrua indennità, dei materiali preparati e dei piani in via di esecuzione, salve le norme che proteggono le opere dell’ingegno (2578).
Art. 1676 (Diritti degli ausiliari dell’appaltatore verso il committente)
Coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda (2900).
Art. 1677 (Prestazione continuativa o periodica di servizi)
Se l’appalto ha per oggetto prestazioni continuative o periodiche di servizi, si osservano, in quanto compatibili, le norme di questo capo e quelle relative al contratto di somministrazione (1559 ss.).
Art. 1678 (Nozione)
CAPO VIII DEL TRASPORTO
SEZIONE I DISPOSIZIONI GENERALI
Col contratto di trasporto il vettore si obbliga, verso corrispettivo (2761, 2951), a trasferire persone (1681) o cose (1683) da un luogo a un altro.
Art. 1679 (Pubblici servizi di linea)
Coloro che per concessione amministrativa esercitano servizi di linea per il trasporto di persone o di cose sono obbligati (2597) ad accettare le richieste di trasporto che siano compatibili con i mezzi ordinari dell’impresa, secondo le condizioni generali (1341) stabilite o autorizzate nell’atto di concessione e rese note al pubblico (2951 comma 4).
I trasporti devono eseguirsi secondo l’ordine delle richieste; in caso di più richieste simultanee, deve essere preferita quella di percorso maggiore. Se le condizioni generali ammettono speciali concessioni, il vettore è obbligato ad applicarle a parità di condizioni a chiunque ne faccia richiesta. Salve le speciali concessioni ammesse dalle condizioni generali, qualunque deroga alle medesime è nulla, e alla clausola difforme è sostituita la norma delle condizioni generali (1339, 1341, 1419).
Art. 1680 (Limiti di applicabilità delle norme)
Le disposizioni di questo capo si applicano anche ai trasporti per via d’acqua o per via d’aria e a quelli ferroviari e postali, in quanto non siano derogate dal codice della navigazione (396, 467, 940, 964 c.n.) e dalle leggi speciali.
SEZIONE II
DEL TRASPORTO DI PERSONE
Art. 1681 (Responsabilità del vettore)
Salva la responsabilità per il ritardo e per l’inadempimento (1218) nell’esecuzione del trasporto, il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio e della perdita o dell’avaria delle cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno (1693, 1694, 2050, 2054, 2951; 409 ss., 942 ss. c.n.). Sono nulle le clausole che limitano la responsabilità del vettore per i sinistri che colpiscono il viaggiatore (1229, 1694). Le norme di questo articolo si osservano anche nei contratti di trasporto gratuito (413, 414, 497 c.n.).
Art. 1682 (Responsabilità del vettore nei trasporti cumulativi)
Nei trasporti cumulativi (1700) ciascun vettore risponde nell’ambito del proprio percorso. Tuttavia il danno per il ritardo o per l’interruzione del viaggio si determina in ragione dell’intero percorso (1294).
SEZIONE III
DEL TRASPORTO DI COSE
Art. 1683 (Indicazioni e documenti che devono essere forniti al vettore)
Il mittente deve indicare con esattezza al vettore il nome del destinatario e il luogo di destinazione, la natura, il peso, la quantità e il numero delle cose da trasportare e gli altri estremi necessari per eseguire il trasporto. Se per l’esecuzione del trasporto occorrono particolari documenti, il mittente deve rimetterli al vettore all’atto in cui consegna le cose da trasportare. Sono a carico del mittente i danni che derivano dall’omissione o dall’inesattezza delle indicazioni o dalla mancata consegna o irregolarità dei documenti.
Art. 1684 (Lettera di vettura e ricevuta di carico)
Su richiesta del vettore, il mittente deve rilasciare una lettera di vettura con la propria sottoscrizione, contenente le indicazioni enunciate nell’articolo precedente e le condizioni convenute per il trasporto. Su richiesta del mittente, il vettore deve rilasciare un duplicato della lettera di vettura con la propria sottoscrizione o, se non gli è stata rilasciata lettera di vettura, una ricevuta di carico, con le stesse indicazioni (1685).
Salvo contrarie disposizioni di legge, il duplicato della lettera di vettura e la ricevuta di carico possono essere rilasciate con la clausola «all’ordine» (1691, 1996, 2008 ss.).
Art. 1685 (Diritti del mittente)
Il mittente può sospendere il trasporto e chiedere la restituzione delle cose, ovvero ordinarne la consegna a un destinatario diverso da quello originariamente indicato o anche disporre diversamente (1378, 1510 comma 2), salvo l’obbligo di rimborsare le spese e di risarcire i danni derivanti dal contrordine (1738; 433, 450, 955 c.n.).
Qualora dal vettore sia stato rilasciato al mittente un duplicato della lettera di vettura o una ricevuta di carico (1684), il mittente non può disporre delle cose consegnate per il trasporto, se non esibisce al vettore il duplicato o la ricevuta per farvi annotare le nuove indicazioni (1691, 1996). Queste devono essere sottoscritte dal vettore.
Il mittente non può disporre delle cose trasportate dal momento in cui esse sono passate a disposizione del destinatario (1689).
Art. 1686 (Impedimenti e ritardi nell’esecuzione del trasporto)
Se l’inizio o la continuazione del trasporto sono impediti (1256 comma 1, 1463) o soverchiamente ritardati (1256 comma 2) per causa non imputabile al vettore, questi deve chiedere immediatamente istruzioni (1685 comma 1, 1690) al mittente, provvedendo alla custodia delle cose consegnategli. Se le circostanze rendono impossibile la richiesta di istruzioni al mittente o se le istruzioni non sono attuabili, il vettore può depositare le cose a norma dell’art. 1514 (77 att.), o, se sono soggette a rapido deterioramento, può farle vendere a norma dell’art. 1515 (83 att.). Il vettore deve informare prontamente il mittente del deposito o della vendita (1690). Il vettore ha diritto al rimborso delle spese. Se il trasporto è stato iniziato, egli ha diritto anche al pagamento del prezzo in proporzione del percorso compiuto (1672), salvo che l’interruzione del trasporto sia dovuta alla perdita totale delle cose derivante da caso fortuito.
Art. 1687 (Riconsegna delle merci)
Il vettore deve mettere le cose trasportate a disposizione del destinatario nel luogo, nel termine e con le modalità indicati dal contratto o, in mancanza, dagli usi (2951).
Se la riconsegna non deve eseguirsi presso il destinatario, il vettore deve dargli
prontamente avviso dell’arrivo delle cose trasportate (1690, 1691).
Se dal mittente è stata rilasciata una lettera di vettura (1684, 1693, 1694), il vettore deve esibirla al destinatario (1685 comma 3).
Art. 1688 (Termine di resa)
Il termine di resa, quando sono indicati più termini parziali, è determinato dalla somma di questi.
Art. 1689 (Diritti del destinatario)
I diritti nascenti dal contratto di trasporto verso il vettore spettano al destinatario dal momento in cui, arrivate le cose a destinazione x xxxxxxx il termine in cui sarebbero dovute arrivare, il destinatario ne richiede la riconsegna al vettore (1411 comma 2, 1685
comma 3, 1691). Il destinatario non può esercitare i diritti nascenti dal contratto se non verso pagamento al vettore dei crediti derivanti dal trasporto (1702, 2761) e degli assegni da cui le cose trasportate sono gravate (1692). Nel caso in cui l’ammontare delle somme dovute sia controverso, il destinatario deve depositare la differenza contestata presso un istituto di credito (1411).
Art. 1690 (Impedimenti alla riconsegna)
Se il destinatario è irreperibile ovvero rifiuta o ritarda a chiedere la riconsegna delle cose trasportate, il vettore deve domandare immediatamente istruzioni al mittente e si applicano le disposizioni dell’art. 0000.Xx sorge controversia tra più destinatari o circa il diritto del destinatario alla riconsegna o circa l’esecuzione di questa, ovvero se il destinatario ritarda a ricevere le cose trasportate, il vettore può depositarle a norma dell’art. 1514 o, se sono soggette a rapido deterioramento, può farle vendere a norma dell’art. 1515 per conto dell’avente diritto. Il vettore deve informare prontamente il mittente del deposito o della vendita (83 att.; 450 c. n.).
Art. 1691 (Lettera di vettura o ricevuta di carico all’ordine)
Se il vettore ha rilasciato al mittente un duplicato della lettera di vettura all’ordine (1684) o la ricevuta di carico all’ordine, i diritti nascenti dal contratto verso il vettore si trasferiscono mediante girata del titolo (1685, 1996, 2009). In tal caso il vettore è esonerato dall’obbligo di dare avviso dell’arrivo delle cose trasportate (1687 comma 2), salvo che sia stato indicato un domiciliatario nel luogo di destinazione e l’indicazione risulti dal duplicato della lettera di vettura o dalla ricevuta di carico.
Il possessore del duplicato della lettera di vettura all’ordine o della ricevuta di carico all’ordine, deve restituire il titolo al vettore all’atto della riconsegna delle cose trasportate.
Art. 1692 (Responsabilità del vettore nei confronti del mittente)
Il vettore che esegue la riconsegna al destinatario senza riscuotere i propri crediti o gli assegni da cui è gravata la cosa, o senza esigere il deposito della somma controversa (1689), è responsabile verso il mittente (1702) dell’importo degli assegni dovuti al medesimo e non può rivolgersi a quest’ultimo per il pagamento dei propri crediti, salva l’azione verso il destinatario (2951).
Art. 1693 (Responsabilità per perdita e avaria)
Il vettore è responsabile della perdita e dell’avaria (1696) delle cose consegnategli per il trasporto, dal momento in cui le riceve a quello in cui le riconsegna al destinatario, se non prova che la perdita o l’avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario (1218, 1681). Se il vettore accetta le cose da trasportare senza riserve, si presume che le cose stesse non presentino vizi apparenti d’imballaggio (1701).
Art. 1694 (Presunzioni di fortuito)
Sono valide le clausole che stabiliscono presunzioni di caso fortuito per eventi che normalmente, in relazione ai mezzi e alle condizioni del trasporto, dipendono da caso fortuito (1681, 2698).
Art. 1695 (Calo naturale)
Per le cose che, data la loro particolare natura, sono soggette durante il trasporto a diminuzione nel peso o nella misura, il vettore risponde solo delle diminuzioni che oltrepassano il calo naturale, a meno che il mittente o il destinatario provi che la diminuzione non è avvenuta in conseguenza della natura delle cose o che per le circostanze del caso non poteva giungere alla misura accertata (1787).
Si deve tener conto del calo separatamente per ogni collo.
Art. 1696 (Calcolo del danno in caso di perdita o di avaria)
Il danno derivante da perdita o da avaria (1693) si calcola secondo il prezzo corrente (1474) delle cose trasportate nel luogo e nel tempo della riconsegna (1223, 1518).
Art. 1697 (Accertamento della perdita e dell’avaria)
Il destinatario ha diritto di fare accertare a sue spese, prima della riconsegna, l’identità e lo stato delle cose trasportate. Se la perdita o l’avaria esiste, il vettore deve rimborsargli le spese. Salvo diverse disposizioni della legge, la perdita e l’avaria si accertano nei modi stabiliti dall’art. 696 del codice di procedura civile.
Art. 1698 (Estinzione dell’azione nei confronti del vettore)
Il ricevimento senza riserve delle cose trasportate col pagamento di quanto è dovuto al vettore estingue le azioni derivanti dal contratto, tranne il caso di dolo o colpa grave del vettore (1689). Sono salve le azioni (2951) per perdita parziale o per avaria non riconoscibili al momento della riconsegna, purché in quest’ultimo caso il danno sia denunziato appena conosciuto e non oltre otto giorni dopo il ricevimento (1681).
Art. 1699 (Trasporto con rispedizione della merce)
Se il vettore si obbliga di far proseguire le cose trasportate, oltre le proprie linee, per mezzo di vettori successivi, senza farsi rilasciare dal mittente una lettera di vettura (1684) diretta fino al luogo di destinazione, si presume che egli assuma, per il trasporto oltre le proprie linee, gli obblighi di uno spedizioniere (1739).
Art. 1700 (Trasporto cumulativo)
Nei trasporti che sono assunti cumulativamente da più vettori successivi con unico contratto (1682), i vettori rispondono in solido (1292 ss., 1317) per l’esecuzione del contratto dal luogo originario di partenza fino al luogo di destinazione.
Il vettore chiamato a rispondere di un fatto non proprio può agire in regresso contro gli altri vettori, singolarmente o cumulativamente. Se risulta che il fatto dannoso è avvenuto nel percorso di uno dei vettori, questi è tenuto al risarcimento integrale; in caso contrario, al risarcimento sono tenuti tutti i vettori in parti proporzionali ai percorsi, esclusi quei vettori che provino che il danno non è avvenuto nel proprio percorso.
Art. 1701 (Diritto di accertamento dei vettori successivi)
I vettori successivi hanno diritto di far dichiarare, nella lettera di vettura o in atto separato, lo stato delle cose da trasportare al momento in cui sono loro consegnate. In mancanza di dichiarazione, si presume che le abbiano ricevute in buono stato e conformi alla lettera di vettura (1693).
Art. 1702 (Riscossione dei crediti da parte dell’ultimo vettore)
L’ultimo vettore rappresenta (1387) i vettori precedenti per la riscossione dei rispettivi crediti che nascono dal contratto di trasporto (1689 comma 2) e per l’esercizio del privilegio sulle cose trasportate (2761).
Se egli omette tale riscossione o l’esercizio del privilegio, è responsabile verso i vettori precedenti per le somme loro dovute, salva l’azione contro il destinatario (1692).
CAPO IX
DEL MANDATO SEZIONE I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1703 (Nozione)
Il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra (778, 1856, 2030, 2032; 78 l. fall.).
Art. 1704 (Mandato con rappresentanza)
Se al mandatario è stato conferito il potere di agire in nome del mandante, si applicano anche le norme del capo VI del titolo II di questo libro (1387 ss.).
Art. 1705 (Mandato senza rappresentanza)
Il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato.
I terzi non hanno alcun rapporto col mandante (2339 comma 2, 2615 comma 2). Tuttavia il mandante, sostituendosi al mandatario, può esercitare i diritti di credito derivanti
dall’esecuzione del mandato (1717 comma 4), salvo che ciò possa pregiudicare i diritti attribuiti al mandatario dalle disposizioni degli articoli che seguono (1721).
Art. 1706 (Acquisti del mandatario)
Il mandante può rivendicare le cose mobili acquistate per suo conto dal mandatario che ha agito in nome proprio, salvi i diritti acquistati dai terzi per effetto del possesso di buona fede (1147, 1153, 1707; 79 l. fall.). Se le cose acquistate dal mandatario sono beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri (2683), il mandatario è obbligato a ritrasferirle al mandante. In caso d’inadempimento, si osservano le norme relative all’esecuzione dell’obbligo di contrarre (2652, n. 2, 2932, 2960, n. 1).
Art. 1707 (Creditori del mandatario)
I creditori del mandatario non possono far valere le loro ragioni sui beni che, in esecuzione del mandato, il mandatario ha acquistati in nome proprio (1706), purché, trattandosi di beni mobili o di crediti, il mandato risulti da scrittura avente data certa (2704) anteriore al pignoramento, ovvero trattandosi di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri (1683), sia anteriore al pignoramento la trascrizione dell’atto di ritrasferimento (2914, 2915) o della domanda giudiziale diretta a conseguirlo (2652, n. 2).
Art. 1708 (Contenuto del mandato)
Il mandato comprende non solo gli atti per i quali è stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al loro compimento (1711).
Il mandato generale non comprende gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione (320, 1572), se non sono indicati espressamente.
Art. 1709 (Presunzione di onerosità)
Il mandato si presume oneroso (1725). La misura del compenso, se non è stabilita dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice (1733, 1736, 1740, 1755 comma 2, 2099, 2225, 2233).
DELLE OBBLIGAZIONI DEL MANDATARIO
Art. 1710 (Diligenza del mandatario)
Il mandatario è tenuto a eseguire il mandato (2030, 2392, 2407, 2608) con la diligenza del buon padre di famiglia (1176); ma se il mandato è gratuito, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore (2030 comma 2).
Il mandatario è tenuto a rendere note al mandante le circostanze sopravvenute che
possono determinare la revoca o la modificazione del mandato (1723 ss.).
Art. 1711 (Limiti del mandato)
Il mandatario non può eccedere i limiti (1708) fissati nel mandato. L’atto che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario (1717), se il mandante non lo ratifica (1398, 1399, 1712 comma 2). Il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute (1717, 1732 comma 2, 1739) qualora circostanze ignote al mandante, e tali che non possano essergli comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la sua approvazione (1712 comma 2).
Art. 1712 (Comunicazione dell’eseguito mandato)
Il mandatario deve senza ritardo comunicare al mandante (1716 comma 2, 1718 comma 3, 1728 comma 2, 1732 comma 2) l’esecuzione del mandato. Il ritardo del mandante a rispondere dopo aver ricevuto tale comunicazione, per un tempo superiore a quello richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi, importa approvazione, anche se il mandatario si è discostato dalle istruzioni o ha ecceduto i limiti del mandato (1711).
Art. 1713 (Obbligo di rendiconto)
Il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato (263 ss. c.p.c.; 109 att. c.p.c.).
La dispensa preventiva dall’obbligo di rendiconto non ha effetto nei casi in cui il mandatario deve rispondere per dolo o per colpa grave (1229, 1718).
Art. 1714 (Interessi sulle somme riscosse)
Il mandatario deve corrispondere al mandante gli interessi legali (1284) sulle somme riscosse per conto del mandante stesso, con decorrenza dal giorno in cui avrebbe dovuto fargliene la consegna o la spedizione ovvero impiegarle secondo le istruzioni ricevute (1282 comma 1).
Art. 1715 (Responsabilità per le obbligazioni dei terzi)
In mancanza di patto contrario, il mandatario che agisce in proprio nome non risponde verso il mandante dell’adempimento delle obbligazioni assunte dalle persone con le quali ha contrattato, tranne il caso che l’insolvenza di queste gli fosse o dovesse essergli nota all’atto della conclusione del contratto (1705, 1736).
Art. 1716 (Pluralità di mandatari)
Salvo patto contrario, il mandato conferito a più persone designate a operare congiuntamente non ha effetto, se non è accettato da tutte (1730).
Se nel mandato non è dichiarato che i mandatari devono agire congiuntamente, ciascuno di essi può concludere l’affare (2203 comma 3, 2257). In questo caso il mandante, appena avvertito della conclusione (1712), deve darne notizia agli altri mandatari; in mancanza è tenuto a risarcire i danni derivanti dall’omissione o dal ritardo.
Se più mandatari hanno comunque operato congiuntamente, essi sono obbligati in solido (1294) verso il mandante.
Art. 1717 (Sostituto del mandatario)
Il mandatario che, nell’esecuzione del mandato, sostituisce altri a se stesso, senza esservi autorizzato o senza che ciò sia necessario per la natura dell’incarico (1770, 1804), risponde dell’operato della persona sostituita (1228). Se il mandante aveva autorizzato la sostituzione senza indicare la persona, il mandatario risponde soltanto quando è in colpa nella scelta (1710, 1856). Il mandatario risponde delle istruzioni che ha impartite al sostituto. Il mandante può agire direttamente contro la persona sostituita dal mandatario (1232, 1705 comma 2).
Art. 1718 (Custodia delle cose e tutela dei diritti del mandante)
Il mandatario deve provvedere alla custodia delle cose che gli sono state spedite per conto del mandante e tutelare i diritti di quest’ultimo di fronte al vettore, se le cose presentano segni di deterioramento o sono giunte con ritardo (1697, 1698).
Se vi è urgenza, il mandatario può procedere alla vendita delle cose a norma dell’art. 1515
(83 att.). Di questi fatti, come pure del mancato arrivo della merce, egli deve dare immediato avviso al mandante (1712, 1747). Le disposizioni di questo articolo si applicano anche se il mandatario non accetta l’incarico conferitogli dal mandante, sempre che tale incarico rientri nell’attività professionale del mandatario.
DELLE OBBLIGAZIONI DEL MANDANTE
Art. 1719 (Mezzi necessari per l’esecuzione del mandato)
Il mandante, salvo patto contrario, è tenuto a somministrare al mandatario i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato e per l’adempimento delle obbligazioni che a tal fine il mandatario ha contratte in proprio nome (1705 comma 1).
Art. 1720 (Spese e compenso del mandatario)
Il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni, con gli interessi legali (1284) dal giorno in cui sono state fatte, e deve pagargli il compenso che gli spetta (1709, 1733, 1748, 1756). Il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subiti a causa dell’incarico (2761).
Art. 1721 (Diritto del mandatario sui crediti)
Il mandatario ha diritto di soddisfarsi sui crediti pecuniari sorti dagli affari che ha conclusi, con precedenza sul mandante e sui creditori di questo (1705 comma 2, 2761 comma 2).
DELL'ESTINZIONE DEL MANDATO
Art. 1722 (Cause di estinzione) Il mandato si estingue:
1) per la scadenza del termine o per il compimento, da parte del mandatario (1712), dell’affare per il quale è stato conferito;
2) per revoca da parte del mandante (1723 ss.);
3) per rinunzia del mandatario (1727);
4) per la morte, l’interdizione (414) o l’inabilitazione (415) del mandante (1723, 1728, 2013 comma 3; 22 comma 3 l. camb.; 26 comma 3 l. ass.) o del mandatario (1728; 78 l. fall.). Tuttavia il mandato che ha per oggetto il compimento di atti relativi all’esercizio di un’impresa (2082) non si estingue (1330), se l’esercizio dell’impresa è continuato, salvo il diritto di recesso delle parti o degli eredi (1373, 18332, 2558 comma 1).
Art. 1723 (Revocabilità del mandato)
Il mandante può revocare il mandato (1373, 1722, 1734); ma, se era stata pattuita l’irrevocabilità, risponde dei danni, salvo che ricorra una giusta causa.
Il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi non si estingue per revoca da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di revoca (2259); non si estingue per la morte o per la sopravvenuta incapacità del mandante (1722 n. 4).
Art. 1724 (Revoca tacita)
La nomina di un nuovo mandatario per lo stesso affare o il compimento di questo da parte del mandante importano revoca del mandato, e producono effetto dal giorno in cui sono stati comunicati al mandatario (1334, 1335).
Art. 1725 (Revoca del mandato oneroso)
La revoca del mandato oneroso (1709), conferito per un tempo determinato o per un determinato affare (1722 n. 1), obbliga il mandante a risarcire i danni (1223), se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell’affare, salvo che ricorra una giusta causa (1734, 1738).
Se il mandato è a tempo indeterminato, la revoca obbliga il mandante al risarcimento
(1223), qualora non sia dato un congruo preavviso, salvo che ricorra una giusta causa.
Art. 1726 (Revoca del mandato collettivo)
Se il mandato è stato conferito da più persone con unico atto e per un affare d’interesse comune, la revoca non ha effetto qualora non sia fatta da tutti i mandanti, salvo che ricorra una giusta causa (1730, 2609 comma 2).
Art. 1727 (Rinunzia del mandatario)
Il mandatario che rinunzia senza giusta causa al mandato (1722 n. 3) deve risarcire i danni al mandante (1223). Se il mandato è a tempo indeterminato, il mandatario che rinunzia senza giusta causa è tenuto al risarcimento, qualora non abbia dato un congruo preavviso. In ogni caso la rinunzia deve essere fatta in modo e in tempo tali che il mandante possa provvedere altrimenti, salvo il caso d’impedimento grave da parte del mandatario (1747).
Art. 1728 (Morte o incapacità del mandante o del mandatario)
Quando il mandato si estingue per morte o per incapacità sopravvenuta del mandante (1722 n. 4, 1723 comma 2), il mandatario che ha iniziato l’esecuzione deve continuarla, se vi è pericolo nel ritardo.
Quando il mandato si estingue per morte o per sopravvenuta incapacità del mandatario (1722 n. 4), i suoi eredi ovvero colui che lo rappresenta o lo assiste, se hanno conoscenza del mandato, devono avvertire prontamente il mandante (1712) e prendere intanto nell’interesse di questo i provvedimenti richiesti dalle circostanze.
Art. 1729 (Mancata conoscenza della causa di xxxxxxxxxx)
Gli atti che il mandatario ha compiuti prima di conoscere l’estinzione del mandato sono validi nei confronti del mandante o dei suoi eredi (1396).
Art. 1730 (Estinzione del mandato conferito a più mandatari)
Salvo patto contrario, il mandato conferito a più persone designate a operare congiuntamente (1716) si estingue anche se la causa di estinzione concerne uno solo dei mandatari (1722, 1726).
Art. 1731 (Nozione)
SEZIONE II DELLA COMMISSIONE
Il contratto di commissione è un mandato (1703 ss.) che ha per oggetto l’acquisto o la vendita di beni per conto del committente e in nome del commissionario (1705, 1706).
Art. 1732 (Operazione a fido)
Il commissionario si presume autorizzato a concedere dilazioni di pagamento in conformità degli usi del luogo in cui compie l’operazione, se il committente non ha disposto altrimenti (1744, 2210 comma 2). Se il commissionario concede dilazioni di pagamento, malgrado il divieto del committente o quando non è autorizzato dagli usi, il committente può esigere da lui il pagamento immediato, salvo il diritto del commissionario di far propri i vantaggi che derivano dalla concessa dilazione.
Il commissionario che ha concesso dilazioni di pagamento deve indicare al committente la
persona del contraente e il termine concesso; altrimenti l’operazione si considera fatta senza dilazione e si applica il disposto del comma precedente (1736).
Art. 1733 (Misura della provvigione)
La misura della provvigione spettante al commissionario, se non è stabilita dalle parti, si determina secondo gli usi del luogo in cui è compiuto l’affare. In mancanza di usi provvede il giudice secondo equità (1709, 1736, 1740, 2225, 2233).
Art. 1734 (Revoca della commissione)
Il committente può revocare l’ordine di concludere l’affare fino a che il commissionario non l’abbia concluso (1723 ss., 1738). In tal caso spetta al commissionario una parte della provvigione, che si determina tenendo conto delle spese sostenute e dell’opera prestata (1720, 1738).
Art. 1735 (Commissionario contraente in proprio)
Nella commissione di compera o di vendita di titoli, divise o merci aventi un prezzo corrente che risulti nei modi indicati dal terzo comma dell’art. 1515, se il committente non ha diversamente disposto, il commissionario può fornire al prezzo suddetto le cose che deve comprare, o può acquistare per se (1395) le cose che deve vendere, salvo, in ogni caso, il suo diritto alla provvigione (1733).
Anche quando il committente ha fissato il prezzo, il commissionario che acquista per sé non può praticare un prezzo inferiore a quello corrente nel giorno in cui compie l’operazione, se questo è superiore al prezzo fissato dal committente; e il commissionario che fornisce le cose che deve comprare non può praticare un prezzo superiore a quello corrente, se questo è inferiore al prezzo fissato dal committente (1395).
Art. 1736 (Star del credere)
Il commissionario che, in virtù di patto o di uso, è tenuto allo «star del credere» risponde nei confronti del committente per l’esecuzione dell’affare (1715). In tal caso ha diritto, oltre che alla provvigione, a un compenso o a una maggiore provvigione, la quale, in mancanza di patto, si determina secondo gli usi del luogo in cui è compiuto l’affare (1733, 2099). In mancanza di usi, provvede il giudice secondo equità (1709).
SEZIONE III DELLA SPEDIZIONE
Art. 1737 (Nozione)
Il contratto di spedizione è un mandato (1703) col quale lo spedizioniere assume l’obbligo di concludere, in nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto (1678 ss.) e di compiere le operazioni accessorie (2951).
Art. 1738 (Revoca)
Finché lo spedizioniere non abbia concluso il contratto di trasporto col vettore, il mittente può revocare (1723 ss.) l’ordine di spedizione (1378, 1510 comma 2), rimborsando lo spedizioniere delle spese sostenute e corrispondendogli un equo compenso per l’attività prestata (1685 comma 1, 1725, 1734, 2227, 2237).
Art. 1739 (Obblighi dello spedizioniere)
Nella scelta della via, del mezzo e delle modalità di trasporto della merce, lo spedizioniere è tenuto a osservare le istruzioni del committente e, in mancanza, a operare secondo il migliore interesse del medesimo (1711). Salvo che gli sia stato diversamente ordinato e salvi gli usi contrari, lo spedizioniere non ha obbligo di provvedere all’assicurazione delle cose spedite (1891). I premi, gli abbuoni e i vantaggi di tariffa ottenuti dallo spedizioniere devono essere accreditati al committente, salvo patto contrario (1699).
Art. 1740 (Diritti dello spedizioniere)
La misura della retribuzione dovuta allo spedizioniere per l’esecuzione dell’incarico si determina, in mancanza di convenzione, secondo le tariffe professionali o, in mancanza, secondo gli usi del luogo in cui avviene la spedizione (1709, 1733, 1736, 2225, 2233).
Le spese anticipate e i compensi per le prestazioni accessorie eseguite dallo spedizioniere
sono liquidate sulla base dei documenti giustificativi, a meno che il rimborso e i compensi siano stati preventivamente convenuti in una somma globale unitaria.
Art. 1741 (Spedizioniere vettore)
Lo spedizioniere che con mezzi propri o altrui assume l’esecuzione del trasporto (1735) in tutto o in parte, ha gli obblighi e i diritti del vettore (1678, 1683 ss.).
CAPO X
DEL CONTRATTO DI AGENZIA
Art. 1742 (Nozione)
Col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra verso retribuzione la conclusione di contratti in una zona determinata.
Il contratto deve essere provato per iscritto. Ciascuna parte ha diritto di ottenere dall’altra un documento dalla stessa sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e delle clausole aggiuntive. Tale diritto è irrinunciabile.
Art. 1743 (Diritti di esclusiva)
Il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività (1748 comma 2), né l’agente può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro.
Art. 1744 (Riscossioni)
L’agente non ha facoltà di riscuotere i crediti del preponente (1188). Se questa facoltà gli è stata attribuita, egli non può concedere sconti o dilazioni senza speciale autorizzazione (1732 comma 1, 2210 comma 2).
Art. 1745 (Rappresentanza dell’agente)
Le dichiarazioni che riguardano l’esecuzione del contratto concluso per il tramite dell’agente e i reclami relativi alle inadempienze contrattuali (1495 comma 1, 1512 comma 1, 2226) sono validamente fatti all’agente (1752, 1903, 2212). L’agente può chiedere i provvedimenti cautelari (669 bis ss. c.p.c.) nell’interesse del preponente e presentare i reclami che sono necessari per la conservazione dei diritti spettanti a quest’ultimo.
Art. 1746 (Obblighi dell’agente)
Nell’esecuzione dell’incarico l’agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede. In particolare, deve adempiere l’incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari. È nullo ogni patto contrario.
Egli deve altresì osservare gli obblighi che incombono al commissionario ad eccezione di quelli di cui all’articolo 1736 (1731 ss.), in quanto non siano esclusi dalla natura del contratto di agenzia.
È vietato il patto che ponga a carico dell’agente una responsabilità anche solo parziale per l’inadempimento del terzo. È però consentito eccezionalmente alle parti di concordare di volta in volta la concessione di un’apposita garanzia da parte dell’agente, purché ciò avvenga con riferimento a singoli affari, di particolare natura ed importo, individualmente determinati; l’obbligo di garanzia assunto dall’agente non sia di ammontare più elevato della provvigione che per quell’affare l’agente medesimo avrebbe diritto a percepire; sia previsto per l’agente un apposito corrispettivo.
Art. 1747 (Impedimento dell’agente)
L’agente che non è in grado di eseguire l’incarico affidatogli deve dare immediato avviso al preponente (1710). In mancanza è obbligato al risarcimento del danno (1223, 1727).
Art. 1748 (Diritti dell’agente)
Per tutti gli affari conclusi durante il contratto l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento. La provvigione è dovuta anche per gli affari conclusi dal preponente con terzi che l’agente aveva in precedenza acquisito come clienti per affari dello stesso tipo o appartenenti alla zona o alla categoria o gruppo di clienti riservati all’agente, salvo che sia diversamente pattuito.
L’agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo la data di scioglimento del contratto se la proposta è pervenuta al preponente o all’agente in data antecedente o gli affari sono conclusi entro un termine ragionevole dalla data di scioglimento del contratto e la conclusione è da ricondurre prevalentemente all’attività da lui svolta; in tali casi la provvigione è dovuta solo all’agente precedente, salvo che da specifiche circostanze risulti equo ripartire la provvigione tra gli agenti intervenuti.
Salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella
misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico. Se il preponente e il terzo si accordano per non dare, in tutto o in parte, esecuzione al contratto, l’agente ha diritto, per la parte ineseguita, ad una provvigione ridotta nella misura determinata dagli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità.
L’agente è tenuto a restituire le provvigioni riscosse solo nella ipotesi e nella misura in cui sia certo che il contratto tra il terzo e il preponente non avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente. È nullo ogni patto più sfavorevole all’agente.
L’agente non ha diritto al rimborso delle spese di agenzia.
Art. 1749 (Obblighi del preponente)
Il preponente, nei rapporti con l’agente, deve agire con lealtà e buona fede. Egli deve mettere a disposizione dell’agente la documentazione necessaria relativa ai beni o servizi trattati e fornire all’agente le informazioni necessarie all’esecuzione del contratto: in particolare avvertire l’agente, entro un termine ragionevole, non appena preveda che il volume delle operazioni commerciali sarà notevolmente inferiore a quello che l’agente avrebbe potuto normalmente attendersi. Il preponente deve inoltre informare l’agente, entro un termine ragionevole, dell’accettazione o del rifiuto e della mancata esecuzione di un affare procuratogli.
Il preponente consegna all’agente un estratto conto delle provvigioni dovute al più tardi l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale esse sono maturate. L’estratto conto indica gli elementi essenziali in base ai quali è stato effettuato il calcolo delle provvigioni. Entro il medesimo termine le provvigioni liquidate devono essere effettivamente pagate all’agente.
L’agente ha diritto di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate ed in particolare un estratto dei libri contabili. È nullo ogni patto contrario alle disposizioni del presente articolo.
Art. 1750 (Durata del contratto o recesso)
Il contratto di agenzia a tempo determinato che continui ad essere eseguito dalle parti successivamente alla scadenza del termine si trasforma in contratto a tempo indeterminato. Se il contratto di agenzia è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto stesso dandone preavviso all’altra entro un termine stabilito.
Il termine di preavviso non può comunque essere inferiore ad un mese per il primo anno di durata del contratto, a due mesi per il secondo anno iniziato, a tre mesi per il terzo anno iniziato, a quattro mesi per il quarto anno, a cinque mesi per il quinto anno e a sei mesi per il sesto anno e per tutti gli anni successivi.
Le parti possono concordare termini di preavviso di maggiore durata, ma il preponente non può osservare un termine inferiore a quello posto a carico dell’agente.
Salvo diverso accordo tra le parti, la scadenza del termine di preavviso deve coincidere con l’ultimo giorno del mese del calendario.
Art. 1751 (Indennità in caso di cessazione del rapporto)
All’atto della cessazione del rapporto, il preponente è tenuto a corrispondere all’agente un’indennità se ricorrono le seguenti condizioni:
l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;
il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.
L’indennità non è dovuta:
quando il preponente risolve il contratto per un’inadempienza imputabile all’agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto; quando l’agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività;
quando, ai sensi di un accordo con il preponente, l’agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d’agenzia.
L’importo dell’indennità non può superare una cifra equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione.
La concessione dell’indennità non priva comunque l’agente del diritto all’eventuale risarcimento dei danni.
L’agente decade dal diritto all’indennità prevista dal presente articolo se, nel termine di un anno dallo scioglimento del rapporto, omette di comunicare al preponente l’intenzione di far valere i propri diritti.
Le disposizioni di cui al presente articolo sono inderogabili a svantaggio dell’agente. L’indennità è dovuta anche se il rapporto cessa per morte dell’agente.
Art. 1751 bis (Patto di non concorrenza)
Il patto che limita la concorrenza da parte dell’agente dopo lo scioglimento del contratto deve farsi per iscritto. Esso deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia e la sua durata non può eccedere i due anni successivi all’estinzione del contratto.
L’accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all’agente commerciale di una indennità di natura non
provvigionale. L’indennità va commisurata alla durata, non superiore a due anni dopo l’estinzione del contratto, alla natura del contratto di agenzia e all’indennità di fine rapporto. La determinazione della indennità in base ai parametri di cui al precedente periodo è affidata alla contrattazione tra le parti tenuto conto degli accordi economici nazionali di categoria. In difetto di accordo l’indennità è determinata dal giudice in via equitativa anche con riferimento:
1) alla media dei corrispettivi riscossi dall’agente in pendenza di contratto ed alla loro incidenza sul volume d’affari complessivo nello stesso periodo;
2) alle cause di cessazione del contratto di agenzia;
3) all’ampiezza della zona assegnata all’agente;
4) all’esistenza o meno del vincolo di esclusiva per un solo preponente.
Art. 1752 (Agente con rappresentanza)
Le disposizioni del presente capo si applicano anche nell’ipotesi in cui all’agente è conferita dal preponente la rappresentanza per la conclusione dei contratti.
Art. 1753 (Agenti di assicurazione)
Le disposizioni di questo capo sono applicabili anche agli agenti di assicurazione, in quanto non siano derogate dagli usi e in quanto siano compatibili con la natura dell’attività assicurativa (1903).
Art. 1754 (Mediatore)
CAPO XI DELLA MEDIAZIONE
È mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza (1387 ss., 1761).
Art. 1755 (Provvigione)
Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento (1757, 2950).
La misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità (2099, 2225, 2233).
Art. 1756 (Rimborso delle spese)
Xxxxx xxxxx o usi contrari, il mediatore ha diritto al rimborso delle spese nei confronti della persona per incarico della quale sono state eseguite anche se l’affare non è stato concluso (1719).
Art. 1757 (Provvigione nei contratti condizionali o invalidi)
Se il contratto è sottoposto a condizione sospensiva (1353 ss.), il diritto alla provvigione sorge nel momento in cui si verifica la condizione (1360 comma 1).
Se il contratto è sottoposto a condizione risolutiva, il diritto alla provvigione non viene meno col verificarsi della condizione. La disposizione del comma precedente si applica anche quando il contratto è annullabile (1425 ss.) o rescindibile (1447 ss.), se il mediatore non conosceva la causa d’invalidità (1445, 1452).
Art. 1758 (Pluralità di mediatori)
Se l’affare è concluso per l’intervento di più mediatori, ciascuno di essi ha diritto a una quota della provvigione (1755).
Art. 1759 (Responsabilità del mediatore)
Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare che possono influire sulla conclusione di esso (1746).
Il mediatore risponde dell’autenticità della sottoscrizione delle scritture e dell’ultima girata dei titoli trasmessi per il suo tramite (2008).
Art. 1760 (Obblighi del mediatore professionale)
Il mediatore professionale in affari su merci o su titoli deve (1764):
1) conservare i campioni delle merci vendute sopra campione (1522), finché sussista la possibilità di controversia sull’identità della merce;
2) rilasciare al compratore una lista firmata dei titoli negoziati, con l’indicazione della serie e del numero;
3) annotare su apposito libro (2214 ss., 2220) gli estremi essenziali del contratto che si stipula col suo intervento e rilasciare alle parti copia da lui sottoscritta di ogni annotazione. Art. 1761 (Rappresentanza del mediatore)
Il mediatore può essere incaricato da una delle parti di rappresentarla negli atti relativi all’esecuzione del contratto concluso con il suo intervento (1388).
Art. 1762 (Contraente non nominato)
Il mediatore che non manifesta a un contraente il nome dell’altro risponde dell’esecuzione del contratto (1405) e, quando lo ha eseguito, subentra nei diritti verso il contraente non nominato (1203). Se dopo la conclusione del contratto il contraente non nominato si manifesta all’altra parte o è nominato dal mediatore, ciascuno dei contraenti può agire direttamente contro l’altro, ferma restando la responsabilità del mediatore.
Art. 1763 (Fideiussione del mediatore)
Il mediatore può prestare fideiussione per una delle parti (1936 ss.).
Art. 1764 (Sanzioni)
Il mediatore che non adempie gli obblighi imposti dall’art. 1760 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 5 a euro 516.
Nei casi più gravi può essere aggiunta la sospensione della professione fino a sei mesi.
Alle stesse pene è soggetto il mediatore che presta la sua attività nell’interesse di persona notoriamente insolvente o della quale conosce lo stato d’incapacità (5 l. fall.).
Art. 1765 (Leggi speciali)
Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.
CAPO XII DEL DEPOSITO
SEZIONE I
DEL DEPOSITO IN GENERALE
Art. 1766 (Nozione)
Il deposito è il contratto col quale una parte riceve dall’altra una cosa mobile (812) con l’obbligo di custodirla e di restituirla in natura.
Art. 1767 (Presunzione di gratuità)
Il deposito si presume gratuito, salvo che dalla qualità professionale del depositario o da altre circostanze si debba desumere una diversa volontà delle parti (1781, 1802).
Art. 1768 (Diligenza nella custodia)
Il depositario deve usare nella custodia la diligenza del buon padre di famiglia (1176, 1177, 1770, 1800, 2051, 2148 comma 2, 2167 comma 2, 2790).
Se il deposito è gratuito, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore (1710).
Art. 1769 (Responsabilità del depositario incapace)
Il depositario incapace è responsabile della conservazione della cosa nei limiti in cui può essere tenuto a rispondere per fatti illeciti (2046). In ogni caso il depositante ha diritto di conseguire la restituzione della cosa finché questa si trova presso il depositario (1443); altrimenti può pretendere il rimborso di ciò che sia stato rivolto a vantaggio di quest’ultimo (2039, 2041).
Art. 1770 (Modalità della custodia)
Il depositario non può servirsi della cosa depositata né darla in deposito ad altri (1717), senza il consenso del depositante (1782, 1804 comma 2, 2232).
Se circostanze urgenti lo richiedono, il depositario può esercitare la custodia in modo diverso da quello convenuto, dandone avviso al depositante appena è possibile.
Art. 1771 (Richiesta di restituzione e obbligo di ritirare la cosa)
Il depositario deve restituire la cosa (1246 n. 2) appena il depositante la richiede (1183, 1834 comma 1), salvo che sia convenuto un termine nell’interesse del depositario (1184). Il depositario può richiedere in qualunque tempo che il depositante riprenda la cosa, salvo che sia convenuto un termine nell’interesse del depositante. Anche se non è stato convenuto un termine, il giudice può concedere al depositante un termine congruo per ricevere la cosa.
Art. 1772 (Pluralità di depositanti e di depositari)
Se più sono i depositanti di una cosa ed essi non si accordano circa la restituzione, questa deve farsi secondo le modalità stabilite dall’autorità giudiziaria.
La stessa norma si applica quando a un solo depositante succedono più eredi, se la cosa non è divisibile (1316).
Se più sono i depositari, il depositante ha facoltà di chiedere la restituzione a quello tra essi che detiene la cosa. Questi deve darne pronta notizia agli altri.
Art. 1773 (Terzo interessato nel deposito)
Se la cosa è stata depositata anche nell’interesse di un terzo e questi ha comunicato al depositante e al depositario la sua adesione (1411), il depositario non può liberarsi restituendo la cosa al depositante senza il consenso del terzo (1777, 1798).
Art. 1774 (Luogo di restituzione e spese relative)
Salvo diversa convenzione, la restituzione della cosa deve farsi nel luogo in cui doveva essere custodita (1182 comma 2).
Le spese per la restituzione sono a carico del depositante (1196, 1781).
Art. 1775 (Restituzione dei frutti)
Il depositario è obbligato a restituire i frutti della cosa che egli abbia percepiti (821).
Art. 1776 (Obblighi dell’erede del depositario)
L’erede del depositario, il quale ha alienato in buona fede la cosa che ignorava essere tenuta in deposito, è obbligato soltanto a restituire il corrispettivo ricevuto (2041).
Se questo non è stato ancora pagato, il depositante subentra nel diritto dell’alienante (1203, 1259, 1780 comma 2, 2038, 2900).
Art. 1777 (Persona a cui deve essere restituita la cosa)
Il depositario deve restituire la cosa al depositante o alla persona indicata per riceverla (1188, 1836), e non può esigere che il depositante provi di esserne proprietario (1773, 1778, 1779). Se è convenuto in giudizio da chi rivendica la proprietà della cosa o pretende di avere diritti su di essa, deve, sotto pena del risarcimento del danno, denunziare la controversia al depositante, e può ottenere di essere estromesso (109 c.p.c.) dal giudizio indicando la persona del medesimo (1586; 167, 269 c.p.c.). In questo caso egli può anche liberarsi dall’obbligo di restituire la cosa, depositandola, nei modi stabiliti dal giudice, a spese del depositante.
Art. 1778 (Cosa proveniente da reato)
Il depositario, se scopre che la cosa proviene da un reato e gli è nota la persona alla quale è stata sottratta, deve denunziarle il deposito fatto presso di sé.
Il depositario è liberato se restituisce la cosa al depositante decorsi dieci giorni dalla
denunzia senza che gli sia stata notificata opposizione (1777).
Art. 1779 (Cosa propria del depositario)
Il depositario è liberato da ogni obbligazione, se risulta che la cosa gli appartiene e che il depositante non ha su di essa alcun diritto (1253).
Art. 1780 (Perdita non imputabile della detenzione della cosa)
Se la detenzione della cosa è tolta al depositario in conseguenza di un fatto a lui non imputabile (1256), egli è liberato dall’obbligazione di restituire la cosa, ma deve, sotto pena di risarcimento del danno, denunziare immediatamente al depositante il fatto per cui ha perduto la detenzione.
Il depositante ha diritto di ricevere ciò che, in conseguenza del fatto stesso, il depositario abbia conseguito, e subentra nei diritti spettanti a quest’ultimo (1259, 1776, 2742).
Art. 1781 (Diritti del depositario)
Il depositante è obbligato a rimborsare il depositario delle spese fatte per conservare la cosa (1774 comma 2, 1808), a tenerlo indenne dalle perdite cagionate dal deposito e a pagargli il compenso pattuito (1767, 1802, 2761 comma 3).
Art. 1782 (Deposito irregolare)
Se il deposito ha per oggetto una quantità di danaro o di altre cose fungibili, con facoltà per il depositario di servirsene, questi ne acquista la proprietà ed è tenuto a restituirne altrettante della stessa specie e qualità (1834 ss.).
In tal caso si osservano, in quanto applicabili, le norme relative al mutuo (1813 ss.).
SEZIONE II
DEL DEPOSITO IN ALBERGO
Art. 1783 (Responsabilità per le cose portate in albergo)
Gli albergatori sono responsabili di ogni deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo.
Sono considerate cose portate in albergo:
1) le cose che vi si trovano durante il tempo nel quale il cliente dispone dell’alloggio;
2) le cose di cui l’albergatore, un membro della sua famiglia o un suo ausiliario assumono la custodia, fuori dell’albergo, durante il periodo di tempo in cui il cliente dispone dell’alloggio;
3) le cose di cui l’albergatore, un membro della sua famiglia o un ausiliario assumono la custodia sia nell’albergo, sia fuori dell’albergo, durante un periodo di tempo ragionevole, precedente o successivo a quello in cui il cliente dispone dell’alloggio.
La responsabilità di cui al presente articolo è limitata al valore di quanto sia deteriorato, distrutto o sottratto, sino all’equivalente di cento volte il prezzo di locazione dell’alloggio per giornata (1785 bis).
Art. 1784 (Responsabilità per le cose consegnate e obblighi dell’albergatore) La responsabilità dell’albergatore è illimitata:
1) quando le cose gli sono state consegnate in custodia;
2) quando ha rifiutato di ricevere in custodia cose che aveva l’obbligo di accettare. L’albergatore ha l’obbligo di accettare le carte valori, il denaro contante e gli oggetti di valore; egli può rifiutarsi di riceverli soltanto se si tratti di oggetti pericolosi o che, tenuto conto dell’importanza e delle condizioni di gestione dell’albergo, abbiano valore eccessivo o natura ingombrante. L’albergatore può esigere che la cosa consegnatagli sia contenuta in un involucro chiuso o sigillato.
Art. 1785 (Limiti di responsabilità)
L’albergatore non è responsabile quando il deterioramento, la distruzione o la sottrazione siano dovuti:
1) al cliente, alle persone che l’accompagnano, che sono al suo servizio o che gli rendono visita;
2) a forza maggiore;
3) alla natura della cosa.
Art. 1785 bis (Responsabilità per colpa dell’albergatore)
L’albergatore è responsabile, senza che egli possa invocare il limite previsto dall’ultimo comma dell’art. 1783, quando il deterioramento, la distruzione o la sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo sono dovuti a colpa sua, dei membri della sua famiglia o dei suoi ausiliari.
Art. 1785 ter (Obbligo di denuncia del danno)
Fuori del caso previsto dall’art. 1785 bis, il cliente non potrà valersi delle precedenti disposizioni se, dopo aver constatato il deterioramento, la distruzione o la sottrazione, denunci il fatto all’albergatore con ritardo ingiustificato.
Art. 1785 quater (Nullità)
Sono nulli i patti o le dichiarazioni tendenti ad escludere o a limitare preventivamente la responsabilità dell’albergatore (1229, 1419).
Art. 1785 quinquies (Limiti di applicazione)
Le disposizioni della presente sezione non si applicano ai veicoli, alle cose lasciate negli stessi, né agli animali vivi.
Art. 1786 (Stabilimenti e locali assimilati agli alberghi)
Le norme di questa sezione si applicano anche agli imprenditori di case di cura, stabilimenti di pubblici spettacoli, stabilimenti balneari, pensioni, trattorie, carrozze letto e simili.
SEZIONE III
DEL DEPOSITO NEI MAGAZZINI GENERALI
Art. 1787 (Responsabilità dei magazzini generali)
I magazzini generali sono responsabili della conservazione delle merci depositate, a meno che si provi che la perdita, il calo (1695) o l’avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura delle merci ovvero da vizi di esse o dell’imballaggio (1218).
Art. 1788 (Diritti del depositante)
Il depositante ha diritto d’ispezionare le merci depositate e di ritirare i campioni d’uso.
Art. 1789 (Vendita delle cose depositate)
I magazzini generali, previo avviso al depositante, possono procedere alla vendita delle merci, quando, al termine del contratto, le merci non sono ritirate e non è rinnovato il deposito, ovvero, trattandosi di deposito a tempo indeterminato, quando è decorso un anno dalla data del deposito, e in ogni caso quando le merci sono minacciate di deperimento. Per la vendita si osservano le modalità stabilite dall’art. 1515.
Il ricavato della vendita, dedotte le spese e quanto altro spetta ai magazzini generali, deve essere tenuto a disposizione degli aventi diritto (83 att.).
Art. 1790 (Fede di deposito)
I magazzini generali, a richiesta del depositante, devono rilasciare una fede di deposito delle merci depositate (1996).
La fede di deposito deve indicare:
1) il cognome e il nome o la ditta (2563 ss.) e il domicilio (43) del depositante;
2) il luogo del deposito;
3) la natura e la quantità delle cose depositate e gli altri estremi atti a individuarle;
4) se per la merce sono stati pagati i diritti doganali e se essa è stata assicurata.
Art. 1791 (Nota di pegno)
Alla fede di deposito è unita la nota di pegno, sulla quale sono ripetute le indicazioni richieste dall’articolo precedente.
La fede di deposito e la nota di pegno devono essere staccate da un unico registro a
matrice, da conservarsi presso i magazzini.
Art. 1792 (Intestazione e circolazione dei titoli)
La fede di deposito e la nota di pegno possono intestarsi al nome del depositante o di un terzo da questo designato, e sono trasferibili, sia congiuntamente sia separatamente, mediante girata (2009).
Art. 1793 (Diritti del possessore)
Il possessore della fede di deposito (1790) unita alla nota di pegno (1791) ha diritto alla riconsegna delle cose depositate (1777, 1996); egli ha altresì diritto di richiedere che, a sue spese, le cose depositate siano divise in più partite e che per ogni partita gli sia
rilasciata una fede di deposito distinta con la nota di pegno in sostituzione del titolo complessivo (2000).
Il possessore della sola nota di pegno ha diritto di pegno sulle cose depositate (2784).
Il possessore della sola fede di deposito non ha diritto alla riconsegna delle cose depositate, se non osserva le condizioni indicate dall’art. 1795; egli può valersi della facoltà concessa dall’art. 1788.
Art. 1794 (Prima girata della nota di pegno)
La prima girata (1792, 2009) della sola nota di pegno deve indicare l’ammontare del credito e degli interessi (1282) nonché la scadenza. La girata corredata delle dette indicazioni deve essere trascritta sulla fede di deposito e controfirmata dal giratario.
La girata della nota di pegno che non indica l’ammontare del credito (2787 comma 3)
vincola, a favore del possessore di buona fede, tutto il valore delle cose depositate (1147, 1994). Rimane tuttavia salva al titolare o al terzo possessore della fede di deposito, che abbia pagato una somma non dovuta, l’azione di rivalsa nei confronti del diretto contraente e del possessore di mala fede della nota di pegno (2033).
Art. 1795 (Diritti del possessore della sola fede di deposito)
Il possessore della sola fede di deposito (1790, 1793) può ritirare le cose depositate anche prima della scadenza del debito per cui furono costituite in pegno, depositando presso i magazzini generali la somma dovuta alla scadenza al creditore pignoratizio (1771).
Sotto la responsabilità dei magazzini generali, quando si tratta di merci fungibili, il possessore della sola fede di deposito (1790, 1793) può ritirare anche parte delle merci, depositando presso i magazzini generali una somma proporzionale all’ammontare del debito garantito dalla nota di pegno e alla quantità delle merci ritirate.
Art. 1796 (Diritti del possessore della nota di pegno insoddisfatto)
Il possessore della nota di pegno (1791) che non sia stato soddisfatto alla scadenza e che abbia levato il protesto a norma della legge cambiaria, può far vendere le cose depositate in conformità dell’art. 1515, decorsi otto giorni da quello della scadenza (53 comma 2 l. fall.). Il girante che ha pagato volontariamente il possessore della nota di pegno è surrogato nei diritti di questo (1203), e può procedere alla vendita delle cose depositate decorsi otto giorni dalla scadenza (1515; 83 att.).
Art. 1797 (Azioxx xxx confronti dei giranti)
Il possessore della nota di pegno non può agire contro il girante, se prima non ha proceduto alla vendita del pegno (1796).
I termini per esercitare l’azione di regresso contro i giranti sono quelli stabiliti dalla legge cambiaria e decorrono dal giorno in cui è avvenuta la vendita delle cose depositate.
Il possessore della nota di pegno decade (2964) dall’azione di regresso contro i giranti, se
alla scadenza non leva il protesto o se, entro quindici giorni dal protesto, non fa istanza per la vendita delle cose depositate.
Egli conserva tuttavia l’azione contro i giranti della fede di deposito e contro il debitore. Quest’azione si prescrive in tre anni (2934 ss.).
CAPO XIII
DEL SEQUESTRO CONVENZIONALE
Art. 1798 (Nozione)
Il sequestro convenzionale è il contratto col quale due o più persone affidano a un terzo una cosa o una pluralità di cose, rispetto alla quale sia nata tra esse controversia, perché la custodisca e la restituisca a quella a cui spetterà quando la controversia sarà definita (1773, 2906; 670 c.p.c.).
Art. 1799 (Obblighi, diritti e poteri del sequestratario)
Gli obblighi, i diritti e i poteri del sequestratario sono determinati dal contratto; in mancanza, si osservano le disposizioni seguenti.
Art. 1800 (Conservazione e alienazione dell’oggetto del sequestro)
Il sequestratario, per la custodia delle cose affidategli, è soggetto alle norme del deposito (1766 ss.). Se vi è imminente pericolo di perdita o di grave deterioramento delle cose mobili affidategli, il sequestratario può alienarle, dandone pronta notizia agli interessati.
Qualora la natura delle cose lo richieda, egli ha pure l’obbligo di amministrarle. In questo caso si applicano le norme del mandato (1703 ss.).
Il sequestratario non può consentire locazioni per durata superiore a quella stabilita per le
locazioni a tempo indeterminato (1573, 1574).
Art. 1801 (Liberazione del sequestratario)
Prima che la controversia sia definita, il sequestratario non può essere liberato che per accordo delle parti o per giusti motivi.
Art. 1802 (Compenso e rimborso delle spese al sequestratario)
Il sequestratario ha diritto a compenso (1767), se non si è pattuito diversamente. Egli ha pure diritto al rimborso delle spese e di ogni altra erogazione fatta per la conservazione e per l’amministrazione della cosa (1719, 1781, 2761).
CAPO XIV DEL COMODATO
Art. 1803 (Nozione)
Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta (1809, 1810).
Il comodato è essenzialmente gratuito.
Art. 1804 (Obbligazioni del comodatario)
Il comodatario è tenuto a custodire (1770) e a conservare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia (1176, 1177). Egli non può servirsene che per l’uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa (1805 comma 2).
Non può concedere a un terzo il godimento della cosa senza il consenso del comodante.
Se il comodatario non adempie gli obblighi suddetti, il comodante può chiedere l’immediata restituzione della cosa, oltre al risarcimento del danno (1223).
Art. 1805 (Perimento della cosa)
Il comodatario è responsabile se la cosa perisce per un caso fortuito a cui poteva sottrarla sostituendola con la cosa propria, o se, potendo salvare una delle due cose, ha preferito la propria. Il comodatario che impiega la cosa per un uso diverso o per un tempo più lungo di quello a lui consentito, è responsabile della perdita avvenuta per causa a lui non imputabile, qualora non provi che la cosa sarebbe perita anche se non l’avesse impiegata per l’uso diverso o l’avesse restituita a tempo debito (1221, 1804).
Art. 1806 (Stima)
Se la cosa è stata stimata al tempo del contratto, il suo perimento è a carico del comodatario, anche se avvenuto per causa a lui non imputabile.
Art. 1807 (Deterioramento per effetto dell’uso)
Se la cosa si deteriora per solo effetto dell’uso per cui è stata consegnata e senza colpa del comodatario, questi non risponde del deterioramento (1590 comma 3, 1609, 2281).
Art. 1808 (Spese per l’uso della cosa e spese straordinarie)
Il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa.
Egli però ha diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se queste erano necessarie e urgenti (2756, 2778 n. 4).
Art. 1809 (Restituzione)
Il comodatario è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto (1246,
n. 2) o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto (1803 comma 1, 1810).
Se però, durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene un urgente e impreveduto bisogno al comodante, questi può esigerne la restituzione immediata (79 l. fall.).
Art. 1810 (Comodato senza determinazione di durata)
Se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata (1803 comma 1, 1809), il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede (1183).
Art. 1811 (Morte del comodatario)
In caso di morte del comodatario, il comodante, benché sia stato convenuto un termine (1809), può esigere dagli eredi l’immediata restituzione della cosa (1833).
Art. 1812 (Danni al comodatario per vizi della cosa)
Se la cosa comodata ha vizi tali che rechino danno a chi se ne serve, il comodante è tenuto al risarcimento (1223) qualora, conoscendo i vizi della cosa, non ne abbia avvertito il comodatario.
Art. 1813 (Nozione)
CAPO XV DEL MUTUO
Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità (1782, 2766).
Art. 1814 (Trasferimento della proprietà)
Le cose date a mutuo passano in proprietà del mutuatario (1782).
Art. 1815 (Interessi)
Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante (1282, 1820). Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell’art. 1284. Se sono convenuti interessi usurari (644, 649 c.p.), la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.
Art. 1816 (Termine per la restituzione fissato dalle parti)
Il termine per la restituzione si presume stipulato a favore di entrambe le parti e, se il mutuo è a titolo gratuito, a favore del mutuatario (1184).
Art. 1817 (Termine per la restituzione fissato dal giudice)
Se non è fissato un termine per la restituzione, questo è stabilito dal giudice, avuto riguardo alle circostanze. Se è stato convenuto che il mutuatario paghi solo quando potrà, il termine per il pagamento è pure fissato dal giudice (1183).
Art. 1818 (Impossibilità o notevole difficoltà di restituzione)
Se sono state mutuate cose diverse dal danaro, e la restituzione è divenuta impossibile o notevolmente difficile per causa non imputabile al debitore, questi è tenuto a pagarne il valore, avuto riguardo al tempo e al luogo in cui la restituzione si doveva eseguire (1256). Art. 1819 (Restituzione rateale)
Se è stata convenuta la restituzione rateale delle cose mutuate e il mutuatario non adempie l’obbligo del pagamento anche di una sola rata, il mutuante può chiedere, secondo le circostanze, l’immediata restituzione dell’intero (1186, 1455, 1804, 1820).
Art. 1820 (Mancato pagamento degli interessi)
Se il mutuatario non adempie l’obbligo del pagamento degli interessi (1815), il mutuante può chiedere la risoluzione del contratto (1453 ss.).
Art. 1821 (Danni al mutuatario per vizi delle cose)
Il mutuante è responsabile del danno cagionato al mutuatario per i vizi delle cose date a prestito, se non prova di averli ignorati senza colpa (1812).
Se il mutuo è gratuito, il mutuante è responsabile solo nel caso in cui, conoscendo i vizi, non ne abbia avvertito il mutuatario.
Art. 1822 (Promessa di mutuo)
Chi ha promesso di dare a mutuo può rifiutare l’adempimento della sua obbligazione, se le condizioni patrimoniali dell’altro contraente sono divenute tali da rendere notevolmente difficile la restituzione e non gli sono offerte idonee garanzie (1186, 1461).
CAPO XVI
DEL CONTO CORRENTE
Art. 1823 (Nozione)
Il conto corrente è il contratto col quale le parti si obbligano ad annotare in un conto i crediti derivanti da reciproche rimesse, considerandoli inesigibili e indisponibili fino alla chiusura del conto (1231).
Il saldo del conto è esigibile alla scadenza stabilita (1831). Se non è richiesto il pagamento, il saldo si considera quale prima rimessa di un nuovo conto e il contratto s’intende rinnovato a tempo indeterminato (1833, 1852; 78 l. fall.).
Art. 1824 (Crediti esclusi dal conto corrente)
Sono esclusi dal conto corrente i crediti che non sono suscettibili di compensazione (1243 comma 1, 1246). Qualora il contratto intervenga tra imprenditori (2082), s’intendono esclusi dal conto i crediti estranei alle rispettive imprese.
Art. 1825 (Interessi)
Sulle rimesse decorrono gli interessi (1282 comma 1) nella misura stabilita dal contratto o dagli usi ovvero, in mancanza, in quella legale (1284).
Art. 1826 (Spese e diritti di commissione)
L’esistenza del conto corrente non esclude i diritti di commissione (1731) e il rimborso delle spese per le operazioni che danno luogo alle rimesse. Tali diritti sono inclusi nel conto, salvo convenzione contraria (1857).
Art. 1827 (Effetti dell’inclusione nel conto)
L’inclusione di un credito nel conto corrente non esclude l’esercizio delle azioni ed eccezioni relative all’atto da cui il credito deriva.
Se l’atto è dichiarato nullo (1418 ss.), annullato (1425 ss.), rescisso (1447 ss.) o risoluto (1453 ss.), la relativa partita si elimina dal conto.
Art. 1828 (Efficacia della garanzia dei crediti iscritti)
Se il credito incluso nel conto è assistito da una garanzia reale (1960, 2784, 2808) o personale (1936), il correntista ha diritto di valersi della garanzia per il saldo esistente a suo favore alla chiusura del conto e fino alla concorrenza del credito garantito (1193, 1249). La stessa disposizione si applica se per il credito esiste un coobbligato solidale.
Art. 1829 (Crediti verso terzi)
Se non risulta una diversa volontà delle parti, l’inclusione nel conto di un credito verso un terzo si presume fatta con la clausola «salvo incasso». In tal caso, se il credito non è soddisfatto, il ricevente ha la scelta di agire per la riscossione o di eliminare la partita dal conto reintegrando nelle sue ragioni colui che ha fatto la rimessa. Può eliminare la partita dal conto anche dopo avere infruttuosamente esercitato le azioni contro il debitore.
Art. 1830 (Sequestro o pignoramento del saldo)
Se il creditore di un correntista ha sequestrato (2905; 670 ss. c.p.c.) o pignorato (2917; 543 ss. c.p.c.) l’eventuale saldo del conto spettante al suo debitore, l’altro correntista non può, con nuove rimesse, pregiudicare le ragioni del creditore (1250, 2917). Non si considerano nuove rimesse quelle fatte in dipendenza di diritti sorti prima del sequestro o del pignoramento.
Il correntista presso cui è stato eseguito il sequestro o il pignoramento deve darne notizia all’altro. Ciascuno di essi può recedere dal contratto (1373, 1833; 546, 670 c.p.c.).
Art. 1831 (Chiusura del conto)
La chiusura del conto con la liquidazione del saldo è fatta alle scadenze stabilite dal contratto o dagli usi e, in mancanza, al termine di ogni semestre, computabile dalla data del contratto (1823, 1833 comma 3).
Art. 1832 (Approvazione del conto)
L’estratto conto trasmesso da un correntista all’altro s’intende approvato, se non è contestato nel termine pattuito o in quello usuale, o altrimenti nel termine che può ritenersi congruo secondo le circostanze. L’approvazione del conto non preclude il diritto di impugnarlo per errori di scritturazione o di calcolo, per omissioni o per duplicazioni (2162 comma 4; 266 c.p.c.). L’impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza (2964), entro sei mesi dalla data di ricezione (1335) dell’estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura, che deve essere spedito per mezzo di raccomandata (1857).
Art. 1833 (Recesso dal contratto)
Se il contratto è a tempo indeterminato (1823), ciascuna delle parti può recedere dal contratto (1373, 1831) a ogni chiusura del conto, dandone preavviso almeno dieci giorni prima. In caso d’interdizione (414 ss.), d’inabilitazione (415), d’insolvenza (78 l. fall.) o di morte di una delle parti, ciascuna di queste o gli eredi hanno diritto di recedere dal contratto (1811). Lo scioglimento del contratto impedisce l’inclusione nel conto di nuove partite, ma il pagamento del saldo non può richiedersi che alla scadenza del periodo stabilito dall’articolo 1831.
Art. 1834 (Depositi di danaro)
CAPO XVII
DEI CONTRATTI BANCARI SEZIONE I
DEI DEPOSITI BANCARI
Nei depositi di una somma di danaro (1782) presso una banca (1852, 2195 n. 4), questa ne acquista la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria (1277, 1280), alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante (1183, 1771 comma 1), con l’osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle parti o dagli usi.
Salvo patto contrario, i versamenti e i prelevamenti si eseguono alla sede della banca
presso la quale si è costituito il rapporto (1182, 1843 comma 2).
Art. 1835 (Libretto di deposito a risparmio)
Se la banca rilascia un libretto di deposito a risparmio, i versamenti e i prelevamenti si devono annotare sul libretto.
Le annotazioni sul libretto, firmate dall’impiegato della banca che appare addetto al
servizio (2210), fanno piena prova nei rapporti tra banca e depositante (2702). È nullo (1419) ogni patto contrario.
Art. 1836 (Legittimazione del possessore)
Se il libretto di deposito è pagabile al portatore, la banca che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore è liberata, anche se questi non è il depositante (1189, 1396, 1777, 1992, 2003).
La stessa disposizione si applica nel caso in cui il libretto di deposito pagabile al portatore sia intestato al nome di una determinata persona o in altro modo contrassegnato.
Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.
Art. 1838 (Deposito di titoli in amministrazione)
La banca che assume il deposito di titoli in amministrazione deve custodire i titoli, esigerne gli interessi o i dividendi, verificare i sorteggi per l’attribuzione di premi o per il rimborso di capitale, curare le riscossioni per conto del depositante, e in generale provvedere alla tutela dei diritti inerenti ai titoli. Le somme riscosse devono essere accreditate al depositante.
Se per i titoli depositati si deve provvedere al versamento di decimi (23292) o si deve esercitare un diritto di opzione, la banca deve chiedere in tempo utile istruzioni al depositante e deve eseguirle, qualora abbia ricevuto i fondi all’uopo occorrenti. In mancanza d’istruzioni, i diritti di opzione (1532, 2441), devono essere venduti per conto del depositante a mezzo di un agente di cambio.
Alla banca spetta un compenso nella misura stabilita dalla convenzione o dagli usi, nonché il rimborso delle spese necessarie da essa fatte (1848).
È nullo il patto col quale si esonera la banca dall’osservare, nell’amministrazione dei titoli, l’ordinaria diligenza (1176, 1229).
SEZIONE II
DEL SERVIZIO BANCARIO DELLE CASSETTE DI SICUREZZA
Art. 1839 (Cassette di sicurezza)
Nel servizio delle cassette di sicurezza, la banca risponde verso l’utente per l’idoneità e la custodia dei locali e per l’integrità della cassetta, salvo il caso fortuito.
Art. 1840 (Apertura della cassetta)
Se la cassetta è intestata a più persone, l’apertura di essa è consentita singolarmente a ciascuno degli intestatari, salvo diversa pattuizione (1292, 1314, 1317).
In caso di morte dell’intestatario o di uno degli intestatari, la banca che ne abbia ricevuto comunicazione non può consentire l’apertura della cassetta se non con l’accordo di tutti gli aventi diritto o secondo le modalità stabilite dall’autorità giudiziaria (1772).
Art. 1841 (Apertura forzata della cassetta)
Quando il contratto è scaduto, la banca, previa intimazione all’intestatario e decorsi sei mesi dalla data della medesima, può chiedere al tribunale l’autorizzazione ad aprire la cassetta. L’intimazione può farsi anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento. L’apertura si esegue con l’assistenza di un notaio all’uopo designato e con le cautele che il tribunale ritiene opportune. Il tribunale può dare le disposizioni necessarie per la conservazione degli oggetti rinvenuti e può ordinare la vendita di quella parte di essi che occorra al soddisfacimento di quanto è dovuto alla banca per canoni e spese.
SEZIONE III DELL'APERTURA DI CREDITO BANCARIO
Art. 1842 (Nozione)
L’apertura di credito bancario è il contratto col quale la banca si obbliga a tenere a disposizione dell’altra parte una somma di danaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato.
Art. 1843 (Utilizzazione del credito)
Se non è convenuto altrimenti, l’accreditato può utilizzare in più volte il credito, secondo le forme di uso, e può con successivi versamenti ripristinare la sua disponibilità (1852).
Salvo patto contrario, i prelevamenti e i versamenti si eseguono presso la sede della banca dove è costituito il rapporto (1182, 1834 comma 2).
Art. 1844 (Garanzia)
Se per l’apertura di credito è data una garanzia reale (1960, 2784, 2808) o personale (1936), questa non si estingue prima della fine del rapporto per il solo fatto che l’accreditato cessa di essere debitore della banca (1938, 2852).
Se la garanzia diviene insufficiente, la banca può chiedere un supplemento di garanzia o la sostituzione del garante (1850, 2743). Se l’accreditato non ottempera alla richiesta, la banca può ridurre il credito (1461) proporzionalmente al diminuito valore della garanzia o recedere (1373) dal contratto.
Art. 1845 (Recesso dal contratto)
Salvo patto contrario, la banca non può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se non per giusta causa. Il recesso sospende immediatamente (1334) l’utilizzazione del credito, ma la banca deve concedere un termine di almeno quindici giorni per la restituzione delle somme utilizzate e dei relativi accessori.
Se l’apertura di credito è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni.
SEZIONE IV
DELL'ANTICIPAZIONE BANCARIA
Art. 1846 (Disponibilità delle cose date in pegno)
Nell’anticipazione bancaria su pegno di titoli o di merci, la banca non può disporre delle cose ricevute in pegno (2784, 2790, 2792), se ha rilasciato un documento nel quale le cose stesse sono individuate (1851). Il patto contrario deve essere provato per iscritto (2725).
Art. 1847 (Assicurazione delle merci)
La banca deve provvedere per conto del contraente all’assicurazione delle merci date in pegno (1891) se per la natura il valore (1474 comma 2) o l’ubicazione di esse, l’assicurazione risponde alle cautele d’uso (2790).
Art. 1848 (Spese di custodia)
La banca, oltre al corrispettivo dovutole, ha diritto al rimborso delle spese (1838 comma 3) occorse per la custodia delle merci e dei titoli, salvo che ne abbia acquistato la disponibilità (1846, 1851).
Art. 1849 (Ritiro dei titoli o delle merci)
Il contraente, anche prima della scadenza del contratto, può ritirare in parte i titoli o le merci dati in pegno (2799), previo rimborso proporzionale delle somme anticipate e delle altre somme spettanti alla banca secondo la disposizione dell’articolo precedente, salvo che il credito residuo risulti insufficientemente garantito (1850).
Art. 1850 (Diminuzione della garanzia)
Se il valore della garanzia diminuisce almeno di un decimo rispetto a quello che era al tempo del contratto, la banca può chiedere al debitore un supplemento di garanzia nei termini d’uso, con la diffida che, in mancanza, si procederà alla vendita dei titoli o delle merci dati in pegno (1844 comma 2, 1867 n. 2, 1943 comma 2, 2743). Se il debitore non ottempera alla richiesta, la banca può procedere alla vendita a norma del secondo e quarto comma dell’art. 2797. La banca ha diritto al rimborso immediato del residuo non soddisfatto col ricavato della vendita.
Art. 1851 (Pegno irregolare a garanzia di anticipazione)
Se, a garanzia di uno o più crediti, sono vincolati depositi di danaro, merci o titoli che non siano stati individuati o per i quali sia stata conferita alla banca la facoltà di disporre, la banca deve restituire solo la somma o la parte delle merci o dei titoli che eccedono l’ammontare dei crediti garantiti. L’eccedenza è determinata in relazione al valore delle merci o dei titoli al tempo della scadenza dei crediti (1846, 1848).
SEZIONE V
DELLE OPERAZIONI BANCARIE IN CONTO CORRENTE
Art. 1852 (Disposizione da parte del correntista)
Qualora il deposito (1834), l’apertura di credito (1842) o altre operazioni bancarie siano regolate in conto corrente (1823), il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito, salva l’osservanza del termine di preavviso eventualmente pattuito.
Art. 1853 (Compensazione tra i saldi di più rapporti o più conti)
Se tra la banca e il correntista esistono più rapporti o più conti, ancorché in monete differenti (1277 ss.), i saldi attivi e passivi si compensano (1241) reciprocamente, salvo patto contrario (1246, nn. 2 e 4).
Art. 1854 (Conto corrente intestato a più persone)
Nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto (1292 ss.).
Art. 1855 (Operazione a tempo indeterminato)
Se l’operazione regolata in conto corrente è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto (1373, 1833), dandone preavviso nel termine stabilito dagli usi o, in mancanza, entro quindici giorni.
Art. 1856 (Esecuzione d’incarichi)
La banca risponde secondo le regole del mandato (1710 ss.) per l’esecuzione d’incarichi ricevuti dal correntista o da altro cliente.
Se l’incarico deve eseguirsi su una piazza dove non esistono filiali della banca, questa può incaricare dell’esecuzione un’altra banca o un suo corrispondente (1717).
Art. 1857 (Norme applicabili)
Alle operazioni regolate in conto corrente si applicano le norme degli articoli 1826, 1829 e 1832.
Art. 1858 (Nozione)
SEZIONE VI
DELLO SCONTO BANCARIO
Lo sconto è il contratto col quale la banca, previa deduzione dell’interesse, anticipa al cliente l’importo di un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante la cessione, salvo buon fine, del credito stesso (1260 ss.).
Art. 1859 (Sconto di cambiali)
Se lo sconto avviene mediante girata (2009) di cambiale o di assegno bancario, la banca, nel caso di mancato pagamento, oltre ai diritti derivanti dal titolo, ha anche il diritto alla restituzione della somma anticipata.
Sono salve le norme delle leggi speciali relative alla cessione della provvista nello sconto di tratte non accettate o munite di clausole «senza accettazione».
Art. 1860 (Sconto di tratte documentate)
La banca che ha scontato tratte documentate ha sulla merce lo stesso privilegio del mandatario (2761) finché il titolo rappresentativo (1527, 1530, 1996) è in suo possesso.
CAPO XVIII
DELLA RENDITA PERPETUA
Art. 1861 (Nozione)
Col contratto di rendita (820 comma 3) perpetua una parte conferisce all’altra il diritto di esigere in perpetuo la prestazione periodica (2948 n. 1) di una somma di danaro o di una certa quantità di altre cose fungibili quale corrispettivo dell’alienazione di un immobile (2817 n. 1) o della cessione di un capitale (1350 n. 10, 1863).
La rendita perpetua può essere costituita anche quale onere dell’alienazione gratuita di un immobile o della cessione gratuita di un capitale.
Art. 1862 (Norme applicabili)
L’alienazione dell’immobile, se fatta a titolo oneroso, è soggetta alle norme stabilite per la vendita (1470 ss.). L’alienazione o la cessione fatta a titolo gratuito è soggetta alle norme stabilite per la donazione (769 ss.).
Art. 1863 (Rendita fondiaria e rendita semplice)
È fondiaria la rendita costituita mediante alienazione di un immobile (2817 n. 1). È semplice quella costituita mediante cessione di un capitale (668).
Art. 1864 (Garanzia della rendita semplice)
La rendita semplice deve essere garantita con ipoteca (2808) sopra un immobile (2827); altrimenti il capitale è ripetibile (1869).
Art. 1865 (Diritto di riscatto della rendita perpetua)
La rendita perpetua è redimibile (699, 753) a volontà del debitore, nonostante qualunque convenzione contraria (1879).
Le parti possono tuttavia convenire che il riscatto non possa eseguirsi durante la vita del beneficiario o prima di un certo termine, il quale non può eccedere i dieci anni nella rendita semplice e i trenta anni nella rendita fondiaria.
Può anche stipularsi che il debitore non esegua il riscatto senza averne dato preavviso al beneficiario. Il termine di preavviso non può eccedere l’anno.
Se sono convenuti termini più lunghi, essi si riducono nei limiti sopra stabiliti (1339, 1869).
Art. 1866 (Esercizio del riscatto)
Il riscatto della rendita semplice e della rendita fondiaria si effettua mediante il pagamento della somma che risulta dalla capitalizzazione della rendita annua sulla base dell’interesse legale (753, 1284; 60 l. fall.).
Le modalità del riscatto sono stabilite dalle leggi speciali.
Art. 1867 (Riscatto forzoso)
Il debitore di una rendita perpetua può essere costretto al riscatto (1458 comma 1):
1) se è in mora nel pagamento di due annualità di rendita (1219 ss., 2948 n. 1);
2) se non ha dato al creditore le garanzie promesse o se, venendo a mancare quelle già date, non ne sostituisce altre di uguale sicurezza (1186, 1461, 1877);
3) se, per effetto di alienazione (769, 1470) o di divisione (713), il fondo su cui è garantita la rendita (1864) è diviso fra più di tre persone.
Art. 1868 (Riscatto per insolvenza del debitore)
Si fa pure luogo al riscatto della rendita nel caso d’insolvenza del debitore, salvo che, essendo stato alienato il fondo su cui era garantita la rendita, l’acquirente se ne sia assunto il debito o si dichiari pronto ad assumerlo (1869).
Art. 1869 (Altre prestazioni perpetue)
Le disposizioni degli articoli 1864, 1865, 1866, 1867 e 1868 si applicano a ogni altra annua prestazione perpetua costituita a qualsiasi titolo, anche per atto di ultima volontà.
Art. 1870 (Ricognizione)
Il debitore della rendita o di ogni altra prestazione annua che debba o possa durare oltre i dieci anni deve fornire a proprie spese al titolare, se questi lo richiede, un nuovo documento (2720) trascorsi nove anni dalla data del precedente (1988, 2944, 2966).
Art. 1871 (Rendite dello Stato)
Le disposizioni di questo capo non si applicano alle rendite emesse dallo Stato.
CAPO XIX
DELLA RENDITA VITALIZIA
Art. 1872 (Modi di costituzione)
La rendita vitalizia può essere costituita (1350 n. 10) a titolo oneroso mediante alienazione di un bene mobile o immobile o mediante cessione di capitale (1861, 2057).
La rendita vitalizia può essere costituita anche per donazione (769, 782) o per testamento (587, 698) e in questo caso si osservano le norme stabilite dalla legge per tali atti (2948).
Art. 1873 (Determinazione della durata)
La rendita vitalizia può costituirsi per la durata della vita del beneficiario o di altra persona. Essa può costituirsi anche per la durata della vita di più persone.
Art. 1874 (Costituzione a favore di più persone)
Se la rendita è costituita a favore di più persone, la parte spettante al creditore premorto si accresce a favore degli altri, salvo patto contrario (674 ss.).
Art. 1875 (Costituzione a favore di un terzo)
La rendita vitalizia costituita a favore di un terzo (1411 ss.), quantunque importi per questo una liberalità, non richiede le forme stabilite per la donazione (782, 809).
Art. 1876 (Rendita costituita su persone già defunte)
Il contratto è nullo (1418) se la rendita è costituita per la durata della vita di persona che, al tempo del contratto, aveva già cessato di vivere (1325 n. 2).
Art. 1877 (Risoluzione del contratto di vitalizio oneroso)
Il creditore di una rendita vitalizia costituita a titolo oneroso può chiedere la risoluzione del contratto (1453), se il promittente non gli dà o diminuisce le garanzie pattuite (1461, 1867, n. 2, 2743).
Art. 1878 (Mancanza di pagamento delle rate scadute)
In caso di mancato pagamento delle rate di rendita scadute (2948 n. 1), il creditore della rendita, anche se è lo stesso stipulante, non può domandare la risoluzione del contratto (1453, 1455), ma può far sequestrare (670 c.p.c.) e vendere (501 c.p.c.) i beni del suo debitore affinché col ricavato della vendita si faccia l’impiego di una somma sufficiente ad assicurare il pagamento della rendita (60 comma 2 l. fall.).
Art. 1879 (Divieto di riscatto e onerosità sopravvenuta)
Il debitore della rendita, salvo patto contrario, non può liberarsi dal pagamento della rendita stessa offrendo il rimborso del capitale, anche se rinunzia alla ripetizione delle annualità pagate (1865 ss.). Egli è tenuto a pagare la rendita per tutto il tempo per il quale è stata costituita, per quanto gravosa sia divenuta la sua prestazione (1467).
Art. 1880 (Modalità del pagamento della rendita)
La rendita vitalizia costituita mediante contratto è dovuta al creditore in proporzione del numero dei giorni vissuti da colui sulla vita del quale è costituita (820 comma 3, 821 comma 3). Se però è stato convenuto di pagarla a rate anticipate, ciascuna rata si acquista dal giorno in cui è scaduta (1282, 2948 n. 1).
Art. 1881 (Sequestro o pignoramento della rendita)
Quando la rendita vitalizia è costituita a titolo gratuito (1872), si può disporre che essa non sia soggetta a pignoramento (545 c.p.c.) o a sequestro (670 c.p.c.) entro i limiti del bisogno alimentare del creditore (438, 1246 n. 3, 1878).
CAPO XX
DELL'ASSICURAZIONE SEZIONE I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1882 (Nozione)
L’assicurazione è il contratto col quale l’assicuratore, verso il pagamento di un premio (1901, 2952), si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro (1904 ss.), ovvero a pagare un capitale o una rendita (1872) al verificarsi di un evento attinente alla vita umana.
Art. 1883 (Esercizio delle assicurazioni)
L’impresa di assicurazione (2195) non può essere esercitata che da un istituto di diritto pubblico o da una società per azioni (2325, 2546) e con l’osservanza delle norme stabilite dalle leggi speciali.
Art. 1884 (Assicurazioni mutue)
Le assicurazioni mutue sono disciplinate dalle norme del presente capo, in quanto compatibili con la specialità del rapporto (2546 ss.).
Art. 1885 (Assicurazioni contro i rischi della navigazione)
Le assicurazioni contro i rischi della navigazione sono disciplinate dalle norme del presente capo per quanto non è regolato dal codice della navigazione (514 ss., 935, 936, 941, 996 ss., c.n.).
Art. 1886 (Assicurazioni sociali)
Le assicurazioni sociali sono disciplinate dalle leggi speciali. In mancanza si applicano le norme del presente capo.
Art. 1887 (Efficacia della proposta)
La proposta scritta diretta all’assicuratore rimane ferma (1329) per il termine di quindici giorni o di trenta giorni quando occorre una visita medica (2964). Il termine decorre dalla data della consegna o della spedizione della proposta (1932).
Art. 1888 (Prova del contratto)
Il contratto di assicurazione deve essere provato per iscritto (2725).
L’assicuratore è obbligato a rilasciare al contraente la polizza di assicurazione o altro documento da lui sottoscritto. L’assicuratore è anche tenuto a rilasciare, a richiesta e a
spese del contraente, duplicati o copie della polizza; ma in tal caso può esigere la presentazione o la restituzione dell’originale.
Art. 1889 (Polizze all’ordine e al portatore)
Se la polizza di assicurazione è all’ordine o al portatore, il suo trasferimento importa trasferimento del credito verso l’assicuratore, con gli effetti della cessione (1260 ss., 1407, 1918 comma 5, 2002, 2003, 2011). Tuttavia l’assicuratore è liberato se senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del giratario o del portatore della polizza, anche se questi non è l’assicurato (1992).
In caso di smarrimento, furto o distruzione della polizza all’ordine, si applicano le disposizioni relative all’ammortamento dei titoli all’ordine (2016).
Art. 1890 (Assicurazione in nome altrui)
Se il contraente stipula l’assicurazione in nome altrui senza averne il potere (1398), l’interessato può ratificare il contratto anche dopo la scadenza o il verificarsi del sinistro (1399, 1894, 2032). Il contraente è tenuto personalmente ad osservare gli obblighi derivanti dal contratto fino al momento in cui l’assicuratore ha avuto notizia della ratifica o del rifiuto di questa (2031; 11 l. camb.; 14 l. ass.).
Egli deve all’assicuratore i premi del periodo in corso nel momento in cui l’assicuratore ha avuto notizia del rifiuto della ratifica (1892 comma 3, 1901 comma 3).
Art. 1891 (Assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta)
Se l’assicurazione è stipulata per conto altrui o per conto di chi spetta (1529, 1589, 1739 comma 2, 1847), il contraente deve adempiere gli obblighi derivanti dal contratto, salvi quelli che per loro natura non possono essere adempiuti che dall’assicurato (1894).
I diritti derivanti dal contratto spettano all’assicurato, e il contraente, anche se in possesso della polizza, non può farli valere senza espresso consenso dell’assicurato medesimo.
All’assicurato sono opponibili le eccezioni che si possono opporre al contraente in dipendenza del contratto (1413, 1894).
Per il rimborso dei premi pagati all’assicuratore e delle spese del contratto, il contraente ha privilegio sulle somme dovute dall’assicuratore nello stesso grado dei crediti per spese di conservazione (2756, 2778).
Art. 1892 (Dichiarazioni inesatte e reticenze con dolo o colpa grave)
Le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente, relative a circostanze tali che l’assicuratore non avrebbe dato il suo consenso (1439) o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose (1440), sono causa di annullamento (1441) del contratto quando il contraente ha agito con dolo o con colpa grave (1338, 1894, 1898, 1906).
L’assicuratore decade (2964 ss.) dal diritto d’impugnare il contratto se, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l’inesattezza della dichiarazione o la reticenza, non dichiara al contraente di volere esercitare l’impugnazione (1893, 1898 comma 2).
L’assicuratore ha diritto ai premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento in cui ha domandato l’annullamento (1890 comma 3, 1896, 1897, 1898 comma 4, 1901
comma 3, 1909, 1918 comma 3, 1926 comma 5) e in ogni caso al premio convenuto per il
primo anno. Se il sinistro si verifica prima che sia decorso il termine indicato dal comma precedente, egli non è tenuto a pagare la somma assicurata (1893 comma 2, 1898 comma 5). Se l’assicurazione riguarda più persone o più cose, il contratto è valido per quelle persone o per quelle cose alle quali non si riferisce la dichiarazione inesatta o la reticenza (1932, 2964).
Art. 1893 (Dichiarazioni inesatte e reticenze senza dolo o colpa grave)
Se il contraente ha agito senza dolo o colpa grave, le dichiarazioni inesatte e le reticenze non sono causa di annullamento del contratto, ma l’assicuratore può recedere dal contratto stesso (1373, 1897, 1898 comma 2, 1899, 1918 comma 4, 1926 comma 3),
mediante dichiarazione da farsi all’assicurato nei tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l’inesattezza della dichiarazione o la reticenza (1892 comma 2, 1898 comma 2, 2964 ss.). Se il sinistro si verifica prima che l’inesattezza della dichiarazione o la reticenza sia conosciuta dall’assicuratore, o prima che questi abbia dichiarato di recedere dal contratto, la somma dovuta è ridotta in proporzione della differenza tra il premio convenuto e quello che sarebbe stato applicato se si fosse conosciuto il vero stato delle cose (1892 comma 3, 1898 comma 5, 1906 comma 2, 1932).
Art. 1894 (Assicurazione in nome o per conto di terzi)
Nelle assicurazioni in nome o per conto di terzi (1890, 1891), se questi hanno conoscenza dell’inesattezza delle dichiarazioni o delle reticenze relative al rischio, si applicano a favore dell’assicuratore le disposizioni degli articoli 1892 e 1893 (1391, 1932).
Art. 1895 (Inesistenza del rischio)
Il contratto è nullo (1325 n. 2, 1418) se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione (1326) del contratto (1896, 1904; 514 c.n.).
Art. 1896 (Cessazione del rischio durante l’assicurazione)
Il contratto si scioglie (1453) se il rischio cessa di esistere dopo la conclusione del contratto stesso (1326), ma l’assicuratore ha diritto al pagamento dei premi finché la cessazione del rischio non gli sia comunicata o non venga altrimenti a sua conoscenza (1918 comma 2). I premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento della comunicazione o della conoscenza sono dovuti per intero (1892 comma 3, 1897, 1898
comma 4, 1901 comma 3, 1909, 1918 comma 3, 1926 comma 5).
Qualora gli effetti dell’assicurazione debbano avere inizio in un momento posteriore alla conclusione del contratto (1326) e il rischio cessi nell’intervallo, l’assicuratore ha diritto al solo rimborso delle spese.
Art. 1897 (Diminuzione del rischio)
Se il contraente comunica all’assicuratore mutamenti che producono una diminuzione del rischio tale che, se fosse stata conosciuta al momento della conclusione del contratto, avrebbe portato alla stipulazione di un premio minore, l’assicuratore, a decorrere dalla scadenza del premio o della rata di premio successiva alla comunicazione suddetta (1892 comma 3, 1896), non può esigere che il minor premio, ma ha facoltà di recedere dal contratto entro due mesi dal giorno in cui è stata fatta la comunicazione.
La dichiarazione di recesso dal contratto ha effetto dopo un mese (1932).
Art. 1898 (Aggravamento del rischio)
Il contraente ha l’obbligo di dare immediato avviso all’assicuratore dei mutamenti che aggravano il rischio in modo tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito e fosse stato conosciuto dall’assicuratore al momento della conclusione del contratto, l’assicuratore non avrebbe consentito l’assicurazione o l’avrebbe consentita per un premio più elevato (1892, 1926). L’assicuratore può recedere dal contratto (1373, 1893, 1897, 1899, 1918 comma 4, 1926 comma 3), dandone comunicazione per iscritto all’assicurato entro un mese dal giorno in cui ha ricevuto l’avviso o ha avuto in altro modo conoscenza dell’aggravamento del rischio (1892 comma 2, 1893, 2964 ss.). Il recesso dell’assicuratore ha effetto immediato se l’aggravamento è tale che l’assicuratore non avrebbe consentito l’assicurazione; ha effetto dopo quindici giorni, se l’aggravamento del rischio è tale che per l’assicurazione sarebbe stato richiesto un premio maggiore.
Spettano all’assicuratore i premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento in cui è comunicata la dichiarazione di recesso (1890 comma 3, 1892 comma 3, 1896, 1897,
1901 comma 3, 1909, 1918 comma 3, 1926 comma 5). Se il sinistro si verifica prima che siano trascorsi i termini per la comunicazione e per l’efficacia del recesso, l’assicuratore non risponde qualora l’aggravamento del rischio sia tale che egli non avrebbe consentito l’assicurazione se il nuovo stato di cose fosse esistito al momento del contratto; altrimenti, la somma dovuta è ridotta, tenuto conto del rapporto tra il premio stabilito nel contratto e
quello che sarebbe stato fissato se il maggior rischio fosse esistito al tempo del contratto stesso (1892 comma 3, 1893 comma 2, 1932; 82 l. fall.; 522 c.n.).
Art. 1899 (Durata dell’assicurazione)
L’assicurazione ha effetto dalle ore ventiquattro del giorno della conclusione del contratto (1326) alle ore ventiquattro dell’ultimo giorno della durata stabilita nel contratto stesso.
Se questa supera i dieci anni, le parti, trascorso il decennio e nonostante patto contrario,
hanno facoltà di recedere dal contratto (1373) con preavviso di sei mesi, che può darsi anche mediante raccomandata. Il contratto può essere tacitamente prorogato una o più volte, ma ciascuna proroga tacita non può avere una durata superiore a due anni (1932).
Le norme del presente articolo non si applicano alle assicurazioni sulla vita (1919).
Art. 1900 (Sinistri cagionati con dolo o con colpa grave dell’assicurato o dei dipendenti) L’assicuratore non è obbligato per i sinistri cagionati da dolo o da colpa grave del contraente, dell’assicurato o del beneficiario, salvo patto contrario per i casi di colpa grave (1229, 1917). L’assicuratore è obbligato per il sinistro cagionato da dolo o da colpa grave delle persone del fatto delle quali l’assicurato deve rispondere (2047, 2048, 2049; 524 c.n.). Egli è obbligato altresì, nonostante patto contrario, per i sinistri conseguenti ad atti del contraente, dell’assicurato o del beneficiario, compiuti per dovere di solidarietà umana o nella tutela degli interessi comuni all’assicuratore (1914; 522 c.n.).
Art. 1901 (Mancato pagamento del premio)
Se il contraente non paga il premio o la prima rata di premio stabilita dal contratto, l’assicurazione resta sospesa fino alle ore ventiquattro del giorno in cui il contraente paga quanto è da lui dovuto. Se alle scadenze convenute il contraente non paga i premi successivi, l’assicurazione resta sospesa dalle ore ventiquattro del quindicesimo giorno dopo quello della scadenza (1460, 1932, 2952).
Nelle ipotesi previste dai due commi precedenti il contratto è risoluto di diritto (1453) se l’assicuratore, nel termine di sei mesi dal giorno in cui il premio o la rata sono scaduti, non agisce per la riscossione (1457 comma 2); l’assicuratore ha diritto soltanto al pagamento del premio relativo al periodo di assicurazione in corso e al rimborso delle spese.
La presente norma non si applica alle assicurazioni sulla vita (1924, 1927, 1932).
Art. 1902 (Fusione, concentrazione e liquidazione coatta amministrativa )
La fusione (2501 ss.) e la concentrazione di aziende tra più imprese assicuratrici non sono cause di scioglimento del contratto di assicurazione. Il contratto continua con l’impresa assicuratrice che risulta dalla fusione o che incorpora le imprese preesistenti (2504 comma 4). Per i trasferimenti di portafoglio si osservano le leggi speciali (2558).
Nel caso di liquidazione coatta amministrativa (194 ss. l. fall.) dell’impresa assicuratrice, il contratto di assicurazione si scioglie nei modi e con gli effetti stabiliti dalle leggi speciali anche per ciò che riguarda il privilegio a favore della massa degli assicurati (1932).
Art. 1903 (Agenti di assicurazione)
Gli agenti autorizzati a concludere contratti di assicurazione (1752, 1753) possono compiere gli atti concernenti le modificazioni e la risoluzione dei contratti medesimi, salvi i limiti contenuti nella procura che sia pubblicata nelle forme richieste dalla legge.
Possono inoltre promuovere azioni ed essere convenuti in giudizio in nome dell’assicuratore, per le obbligazioni dipendenti dagli atti compiuti nell’esecuzione del loro mandato, davanti l’autorità giudiziaria del luogo in cui ha sede l’agenzia presso la quale è stato concluso il contratto (1326, 1932, 2204; 77 c.p.c.).
SEZIONE II
DELL'ASSICURAZIONE CONTRO I DANNI
Art. 1904 (Interesse all’assicurazione)
Il contratto di assicurazione contro i danni è nullo (1418, 1895) se, nel momento in cui l’assicurazione deve avere inizio, non esiste un interesse dell’assicurato al risarcimento del danno (1223, 1325 n. 2, 1895; 514 c.n.).
Art. 1905 (Limiti del risarcimento)
L’assicuratore è tenuto a risarcire, nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto, il danno sofferto dall’assicurato in conseguenza del sinistro (1223, 1900, 1908, 1917).
L’assicuratore risponde del profitto sperato solo se si è espressamente obbligato.
Art. 1906 (Danni cagionati da vizio della cosa)
Salvo patto contrario, l’assicuratore non risponde dei danni prodotti da vizio intrinseco della cosa assicurata, che non gli sia stato denunziato (1892, 1893).
Se il vizio ha aggravato il danno, l’assicuratore, salvo patto contrario, risponde del danno nella misura in cui sarebbe stato a suo carico, qualora il vizio non fosse esistito.
Art. 1907 (Assicurazione parziale)
Se l’assicurazione copre solo una parte del valore che la cosa assicurata aveva nel tempo del sinistro, l’assicuratore risponde dei danni in proporzione della parte suddetta, a meno che non sia diversamente convenuto (1908, 1909).
Art. 1908 (Valore della cosa assicurata)
Nell’accertare il danno (1905) non si può attribuire alle cose perite o danneggiate un valore superiore a quello che avevano al tempo del sinistro (1907, 1909).
Il valore delle cose assicurate può essere tuttavia stabilito al tempo della conclusione del contratto, mediante stima accettata per iscritto dalle parti (2725).
Non equivale a stima la dichiarazione di valore delle cose assicurate contenuta nella polizza o in altri documenti (515, 1021 c.n.). Nell’assicurazione dei prodotti del suolo il danno si determina in relazione al valore che i prodotti avrebbero avuto al tempo della maturazione o al tempo in cui ordinariamente si raccolgono.
Art. 1909 (Assicurazione per somma eccedente il valore delle cose)
L’assicurazione per una somma che eccede il valore reale della cosa assicurata (1908) non è valida se vi è stato dolo da parte dell’assicurato (1910); l’assicuratore, se è in buona fede, ha diritto ai premi del periodo di assicurazione in corso (1898 comma 4).
Se non vi è stato dolo da parte del contraente, il contratto ha effetto fino alla concorrenza del valore reale della cosa assicurata e il contraente ha diritto di ottenere per l’avvenire una proporzionale riduzione del premio.
Art. 1910 (Assicurazione presso diversi assicuratori)
Se per il medesimo rischio sono contratte separatamente più assicurazioni presso diversi assicuratori, l’assicurato deve dare avviso di tutte le assicurazioni a ciascun assicuratore. Se l’assicurato omette dolosamente di dare l’avviso, gli assicuratori non sono tenuti a pagare l’indennità. Nel caso di sinistro, l’assicurato deve darne avviso a tutti gli assicuratori a norma dell’art. 1913, indicando a ciascuno il nome degli altri. L’assicurato può chiedere a ciascun assicuratore l’indennità dovuta secondo il rispettivo contratto, purché le somme complessivamente riscosse non superino l’ammontare del danno (1980). L’assicuratore che ha pagato ha diritto di regresso (1299) contro gli altri per la ripartizione proporzionale in ragione delle indennità dovute secondo i rispettivi contratti. Se un assicuratore è insolvente (5 l. fall.), la sua quota viene ripartita fra gli altri assicuratori (1299 comma 2).
Art. 1911 (Coassicurazione)
Qualora la medesima assicurazione o l’assicurazione di rischi relativi alle stesse cose sia ripartita tra gli assicuratori per quote determinate, ciascun assicuratore è tenuto al pagamento dell’indennità assicurata soltanto in proporzione della rispettiva quota, anche se unico è il contratto sottoscritto da tutti gli assicuratori (1314).
Art. 1912 (Terremoto, guerra, insurrezione, tumulti popolari)
Salvo patto contrario, l’assicuratore non è obbligato per i danni determinati da movimenti tellurici, da guerra, da insurrezione o da tumulti popolari (521 c.n.).
Art. 1913 (Avviso all’assicuratore in caso di sinistro)
L’assicurato deve dare avviso del sinistro all’assicuratore o all’agente autorizzato a concludere il contratto (1903), entro tre giorni da quello in cui il sinistro si è verificato o l’assicurato ne ha avuto conoscenza (1915). Non è necessario l’avviso, se l’assicuratore o l’agente autorizzato alla conclusione del contratto interviene entro il detto termine alle operazioni di salvataggio (1914) o di constatazione del sinistro.
Nelle assicurazioni contro la mortalità del bestiame l’avviso, salvo patto contrario, deve essere dato entro ventiquattro ore (533 c.n.).
Art. 1914 (Obbligo di salvataggio)
L’assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno (1227, 1915). Le spese fatte a questo scopo dall’assicurato sono a carico dell’assicuratore, in proporzione del valore assicurato rispetto a quello che la cosa aveva nel tempo del sinistro (1907), anche se il loro ammontare, unitamente a quello del danno, supera la somma assicurata, e anche se non si è raggiunto lo scopo, salvo che l’assicuratore provi che le spese sono state fatte inconsideratamente (1932, 2031; 534 c.n.).
L’assicuratore risponde dei danni materiali direttamente derivanti alle cose assicurate dai mezzi adoperati dall’assicurato per evitare o diminuire i danni del sinistro, salvo che egli provi che tali mezzi sono stati adoperati inconsideratamente (1900 comma 3).
L’intervento dell’assicuratore per il salvataggio delle cose assicurate e per la loro conservazione non pregiudica i suoi diritti.
L’assicuratore che interviene al salvataggio deve, se richiesto dall’assicurato, anticiparne le spese o concorrere in proporzione del valore assicurato (2031).
Art. 1915 (Inadempimento dell’obbligo di avviso o di salvataggio)
L’assicurato che dolosamente non adempie l’obbligo dell’avviso (1910, 1913) o del salvataggio (1914) perde il diritto all’indennità.
Se l’assicurato omette colposamente di adempiere tale obbligo, l’assicuratore ha diritto di ridurre l’indennità in ragione del pregiudizio sofferto (1932).
Art. 1916 (Diritto di surrogazione dell’assicuratore)
L’assicuratore che ha pagato l’indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell’ammontare di essa, nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili (1203 n. 5, 1589).
Salvo il caso di dolo, la surrogazione non ha luogo se il danno è causato dai figli, dagli affiliati (404 ss.), dagli ascendenti, da altri parenti (74 ss.) o da affini (78) dell’assicurato stabilmente con lui conviventi o da domestici (2240).
L’assicurato è responsabile verso l’assicuratore del pregiudizio arrecato al diritto di surrogazione. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche alle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e contro le disgrazie accidentali.
Art. 1917 (Assicurazione della responsabilità civile)
Nell’assicurazione della responsabilità civile l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi (1229, 19001, 2952; 798 c.n.).
L’assicuratore ha facoltà, previa comunicazione all’assicurato, di pagare direttamente al
terzo danneggiato l’indennità dovuta ed è obbligato al pagamento diretto se l’assicurato lo richiede (1930, 2767; 1015 c.n.). Le spese sostenute per resistere all’azione del danneggiato contro l’assicurato sono a carico dell’assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata. Tuttavia, nel caso che sia dovuta al danneggiato una somma superiore al capitale assicurato, le spese giudiziali si ripartiscono tra assicuratore e assicurato in proporzione del rispettivo interesse (1932).
L’assicurato convenuto dal danneggiato può chiamare in causa l’assicuratore.
Art. 1918 (Alienazione delle cose assicurate)
L’alienazione delle cose assicurate non è causa di scioglimento del contratto di assicurazione (517 c.n.).
L’assicurato, che non comunica all’assicuratore l’avvenuta alienazione e all’acquirente l’esistenza del contratto di assicurazione, rimane obbligato a pagare i premi che scadono posteriormente alla data dell’alienazione (1896).
I diritti e gli obblighi dell’assicurato passano all’acquirente, se questi, avuta notizia dell’esistenza del contratto di assicurazione, entro dieci giorni dalla scadenza del primo premio successivo all’alienazione, non dichiara all’assicuratore, mediante raccomandata, che non intende subentrare nel contratto (1406 ss.).
Spettano in tal caso all’assicuratore i premi relativi al periodo di assicurazione in corso (1890 comma 3, 1896, 1897, 1909).
L’assicuratore, entro dieci giorni da quello in cui ha avuto notizia dell’avvenuta alienazione, può recedere dal contratto (1373, 1897) con preavviso di quindici giorni, che può essere dato anche mediante raccomandata (2558 comma 2).
Se è stata emessa una polizza all’ordine o al portatore (1889), nessuna notizia dell’alienazione deve essere data all’assicuratore, e così quest’ultimo come l’acquirente non possono recedere dal contratto (1407 comma 2).
SEZIONE III
DELL'ASSICURAZIONE SULLA VITA
Art. 1919 (Assicurazione sulla vita propria o di un terzo)
L’assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella di un terzo. L’assicurazione contratta per il caso di morte di un terzo non è valida se questi o il suo legale rappresentante non dà il consenso alla conclusione del contratto. Il consenso deve essere provato per iscritto (2725).
Art. 1920 (Assicurazione a favore di un terzo)
È valida l’assicurazione sulla vita a favore di un terzo (1411).
La designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di assicurazione, o con successiva dichiarazione scritta comunicata all’assicuratore, o per testamento (587); essa è efficace anche se il beneficiario è determinato solo genericamente (628). Equivale a designazione l’attribuzione della somma assicurata fatta nel testamento a favore di una determinata persona. Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione.
Art. 1921 (Revoca del beneficio)
La designazione del beneficiario è revocabile con le forme con le quali può essere fatta a norma dell’articolo precedente. La revoca non può tuttavia farsi dagli eredi dopo la morte del contraente, né dopo che, verificatosi l’evento, il beneficiario ha dichiarato di voler profittare del beneficio (1411, 1412). Se il contraente ha rinunziato per iscritto al potere di revoca, questa non ha effetto dopo che il beneficiario ha dichiarato al contraente di voler profittare del beneficio (1922). La rinuncia del contraente e la dichiarazione del beneficiario devono essere comunicate per iscritto all’assicuratore.
Art. 1922 (Decadenza dal beneficio)
La designazione del beneficiario, anche se irrevocabile, non ha effetto qualora il beneficiario attenti alla vita dell’assicurato (801).
Se la designazione è irrevocabile (1921) ed è stata fatta a titolo di liberalità, essa può essere revocata nei casi previsti dall’articolo 800.
Art. 1923 (Diritti dei creditori e degli eredi)
Le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva (491, 514 c.p.c.) o cautelare (669 bis ss. c.p.c.).
Sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori (2901; 64 l. fall.) e quelle relative alla collazione (737), all’imputazione (747) e alla riduzione delle donazioni (555, 559).
Art. 1924 (Mancato pagamento dei premi)
Se il contraente non paga il premio relativo al primo anno, l’assicuratore può agire per l’esecuzione del contratto nel termine di sei mesi dal giorno in cui il premio è scaduto.
La disposizione si applica anche se il premio è ripartito in più rate, fermo restando il disposto dei primi due commi dell’articolo 1901; in tal caso il termine decorre dalla scadenza delle singole rate. Se il contraente non paga i premi successivi nel termine di tolleranza previsto dalla polizza o, in mancanza, nel termine di venti giorni dalla scadenza, il contratto è risoluto di diritto (1456, 1457) e i premi pagati restano acquisiti all’assicuratore, salvo che sussistano le condizioni per il riscatto dell’assicurazione o per la riduzione della somma assicurata (1925).
Art. 1925 (Riscatto e riduzione della polizza)
Le polizze di assicurazione devono regolare i diritti di riscatto e di riduzione della somma assicurata, in modo tale che l’assicurato sia in grado, in ogni momento, di conoscere quale sarebbe il valore di riscatto o di riduzione dell’assicurazione.
Art. 1926 (Cambiamento di professione dell’assicurato)
I cambiamenti di professione o di attività dell’assicurato non fanno cessare gli effetti dell’assicurazione, qualora non aggravino il rischio in modo tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del contratto, l’assicuratore non avrebbe consentito l’assicurazione (1898). Qualora i cambiamenti siano di tale natura che, se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del contratto, l’assicuratore avrebbe consentito l’assicurazione per un premio più elevato, il pagamento della somma assicurata è ridotto in proporzione del minor premio convenuto in confronto di quello che sarebbe stato stabilito.
Se l’assicurato dà notizia dei suddetti cambiamenti all’assicuratore, questi, entro quindici giorni, deve dichiarare se intende far cessare gli effetti del contratto (1373, 1893, 1897, 1898 comma 2, 1918 comma 4, 1926) ovvero ridurre la somma assicurata o elevare il premio. Se l’assicuratore dichiara di voler modificare il contratto in uno dei due sensi su indicati, l’assicurato, entro quindici giorni successivi, deve dichiarare se intende accettare la proposta. Se l’assicurato dichiara di non accettare, il contratto è risoluto, salvo il diritto dell’assicuratore al premio relativo al periodo di assicurazione in corso e salvo il diritto dell’assicurato al riscatto (1925). Il silenzio dell’assicurato vale come adesione alla proposta dell’assicuratore. Le comunicazioni e dichiarazioni previste dai commi precedenti possono farsi anche mediante raccomandata (1932).
Art. 1927 (Suicidio dell’assicurato)
In caso di suicidio dell’assicurato, avvenuto prima che siano decorsi due anni dalla stipulazione del contratto (1326), l’assicuratore non è tenuto al pagamento delle somme assicurate, salvo patto contrario.
L’assicuratore non è nemmeno obbligato se, essendovi stata sospensione del contratto
per mancato pagamento dei premi, non sono decorsi due anni dal giorno in cui la sospensione è cessata (1901, 1924).
Art. 1928 (Prova)
SEZIONE IV
DELLA RIASSICURAZIONE
I contratti generali di riassicurazione relativi a una serie di rapporti assicurativi devono essere provati per iscritto (2725). I rapporti di riassicurazione in esecuzione dei contratti generali e il contratto di riassicurazione per singoli rischi possono essere provati secondo le regole generali (2697, 2952).
Art. 1929 (Efficacia del contratto)
Il contratto di riassicurazione non crea rapporti tra l’assicurato e il riassicuratore, salve le disposizioni delle leggi speciali sul privilegio a favore della massa degli assicurati (1883).
Art. 1930 (Diritto del riassicurato in caso di liquidazione coatta amministrativa)
In caso di liquidazione coatta amministrativa (194 l. fall.) del riassicurato, il riassicuratore deve pagare integralmente l’indennità dovuta al riassicurato, salva la compensazione con i premi e gli altri crediti (1241, 1917 comma 2; 56, 201 l. fall.).
Art. 1931 (Compensazione dei crediti e dei debiti)
In caso di liquidazione coatta amministrativa dell’impresa del riassicuratore o del riassicurato (56, 194, 201 l. fall.), i debiti e i crediti che, alla fine della liquidazione, risultano dalla chiusura dei conti relativi a più contratti di riassicurazione, si compensano di diritto.
SEZIONE V DISPOSIZIONI FINALI
Art. 1932 (Norme inderogabili)
Le disposizioni degli articoli 1887, 1892, 1893, 1894, 1897, 1898, 1899 secondo comma,
1901, 1903 secondo xxxxx, 1914 secondo comma, 1915 secondo comma, 1917 terzo e quarto comma e 1926 non possono essere derogate se non in senso più favorevole all’assicurato. Le clausole che derogano in senso meno favorevole all’assicurato sono sostituite di diritto dalle corrispondenti disposizioni di legge (1339 ss., 1419).
CAPO XXI
DEL GIUOCO E DELLA SCOMMESSA
Art. 1933 (Mancanza di azione)
Non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti (1934).
Il perdente tuttavia non può ripetere quanto abbia spontaneamente pagato dopo l’esito di
un giuoco o di una scommessa in cui non vi sia stata alcuna frode. La ripetizione è ammessa in ogni caso se il perdente è un incapace (414, 1191, 2034).
Art. 1934 (Competizioni sportive)
Sono eccettuati dalla norma del primo comma dell’articolo precedente, anche rispetto alle persone che non vi prendono parte, i giuochi che addestrano al maneggio delle armi, le corse di ogni specie e ogni altra competizione sportiva.
Tuttavia il giudice può rigettare o ridurre la domanda, qualora ritenga la posta eccessiva.
Art. 1935 (Lotterie autorizzate)
Le lotterie danno luogo ad azione in giudizio, qualora siano state legalmente autorizzate.
CAPO XXII DELLA FIDEIUSSIONE
SEZIONE I DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1936 (Nozione)
È fideiussore colui che, obbligandosi (1321, 1987) personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui (1255). La fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha conoscenza (1180, 1950; 35 l. camb.; 28 l. ass.).
Art. 1937 (Manifestazione della volontà)
La volontà di prestare fideiussione deve essere espressa (1268 comma 1, 1272 comma 1, 1273 comma 2).
Art. 1938 (Fideiussione per obbligazioni future o condizionali)
La fideiussione può essere prestata anche per un’obbligazione condizionale (1353) o futura (1348, 1956, 1958) con la previsione, in questo ultimo caso, dell’importo xxxxxxx xxxxxxxxx.
Art. 1939 (Validità della fideiussione)
La fideiussione non è valida se non è valida l’obbligazione principale (1253, 1941, 1945), salvo che sia prestata per un’obbligazione assunta da un incapace (1425, 1945, 1950).
Art. 1940 (Fideiussore del fideiussore)
La fideiussione può essere prestata così per il debitore principale, come per il suo fideiussore (1948).
Art. 1941 (Limiti della fideiussione)
La fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né può essere prestata a condizioni più onerose (1598, 1942). Può prestarsi per una parte soltanto del debito o a condizioni meno onerose. La fideiussione eccedente il debito o contratta a condizioni più onerose è valida nei limiti dell’obbligazione principale (1339).
Art. 1942 (Estensione della fideiussione)
Salvo patto contrario, la fideiussione si estende a tutti gli accessori del debito principale, nonché alle spese per la denunzia al fideiussore della causa promossa contro il debitore principale e alle spese successive (1941).
Art. 1943 (Obbligazione di prestare fideiussione)
Il debitore obbligato a dare un fideiussore (1179, 1844, 1850, 1876, 1877, 2743) deve presentare persona capace, che possieda beni sufficienti a garantire l’obbligazione e che abbia o elegga domicilio (47) nella giurisdizione della corte di appello in cui la fideiussione si deve prestare.
Quando il fideiussore è divenuto insolvente (5 l. fall.), deve esserne dato un altro, tranne che la fideiussione sia stata prestata dalla persona voluta dal creditore.
SEZIONE II
DEI RAPPORTI TRA CREDITORE E FIDEIUSSORE
Art. 1944 (Obbligazione del fideiussore)
Il fideiussore è obbligato in solido col debitore principale al pagamento del debito (1292, 2871 comma 2). Le parti però possono convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima dell’escussione del debitore principale. In tal caso, il fideiussore, che sia convenuto dal creditore e intenda valersi del beneficio dell’escussione, deve indicare i beni del debitore principale da sottoporre ad esecuzione (2268, 2868; 55 comma 3 l. fall.).
Salvo patto contrario, il fideiussore è tenuto ad anticipare le spese necessarie.
Art. 1945 (Eccezioni opponibili dal fideiussore)
Il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale (1239, 1247, 1253, 1255, 1297, 2805), salva quella derivante dall’incapacità
(1939).
Art. 1946 (Fideiussione prestata da più persone)
Se più persone hanno prestato fideiussione per un medesimo debitore e a garanzia di un medesimo debito, ciascuna di esse è obbligata per l’intero debito (1294), salvo che sia stato pattuito il beneficio della divisione (1947).
Art. 1947 (Beneficio della divisione)
Se è stato stipulato il beneficio della divisione, ogni fideiussore che sia convenuto per il pagamento dell’intero debito può esigere che il creditore riduca l’azione alla parte da lui dovuta. Se alcuno dei fideiussori era insolvente (5 l. fall.) al tempo in cui un altro ha fatto valere il beneficio della divisione, questi è obbligato per tale insolvenza in proporzione della sua quota, ma non delle insolvenze sopravvenute (1299 comma 2).
Art. 1948 (Obbligazione del fideiussore del fideiussore)
Il fideiussore del fideiussore non è obbligato verso il creditore, se non nel caso in cui il debitore principale e tutti i fideiussori di questo siano insolventi, o siano liberati perché incapaci.
SEZIONE III
DEI RAPPORTI TRA FIDEIUSSORE E DEBITORE PRINCIPALE
Art. 1949 (Surrogazione del fideiussore nei diritti del creditore)
Il fideiussore che ha pagato il debito è surrogato nei diritti che il creditore aveva contro il debitore (1203, n. 3, 1951, 1955).
Art. 1950 (Regresso contro il debitore principale)
Il fideiussore che ha pagato ha regresso contro il debitore principale (2871), benché questi non fosse consapevole della prestata fideiussione (1936 comma 2).
Il regresso comprende il capitale, gli interessi e le spese che il fideiussore ha fatte dopo che ha denunziato al debitore principale le istanze proposte contro di lui.
Il fideiussore inoltre ha diritto agli interessi legali (1284) sulle somme pagate dal giorno del pagamento (1287). Se il debito principale produceva interessi in misura superiore al saggio legale, il fideiussore ha diritto a questi fino al rimborso del capitale (1224; 63 l. fall.). Se il debitore è incapace (1939), il regresso del fideiussore è ammesso solo nei limiti di ciò che sia stato rivolto a suo vantaggio (1190, 1191, 2039, 2041, 2871).
Art. 1951 (Regresso contro più debitori principali)
Se vi sono più debitori principali obbligati in solido (1292 ss.), il fideiussore che ha garantito per tutti ha regresso contro ciascuno per ripetere integralmente ciò che ha pagato (1950, 2871).
Art. 1952 (Divieto di agire contro il debitore principale)
Il fideiussore non ha regresso contro il debitore principale se, per avere omesso di denunziargli il pagamento fatto, il debitore ha pagato ugualmente il debito (1950).
Se il fideiussore ha pagato senza averne dato avviso al debitore principale, questi può opporgli le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore principale all’atto del pagamento (1485). In entrambi i casi è fatta salva al fideiussore l’azione per la ripetizione contro il creditore (2033).
Art. 1953 (Rilievo del fideiussore)
Il fideiussore, anche prima di aver pagato (1950), può agire contro il debitore perché questi gli procuri la liberazione o, in mancanza, presti le garanzie necessarie (1179) per assicurargli il soddisfacimento delle eventuali ragioni di regresso, nei casi seguenti:
1) quando è convenuto in giudizio per il pagamento (106, 269 c.p.c.);
2) quando il debitore è divenuto insolvente (5 l. fall.);
3) quando il debitore si è obbligato di liberarlo dalla fideiussione entro un tempo determinato;
4) quando il debito è divenuto esigibile per la scadenza del termine (1957);
5) quando sono decorsi cinque anni, e l’obbligazione principale non ha un termine, purché essa non sia di tal natura da non potersi estinguere prima di un tempo determinato.
SEZIONE IV
DEI RAPPORTI FRA PIÙ FIDEIUSSORI
Art. 1954 (Regresso contro gli altri fideiussori)
Se più persone hanno prestato fideiussione per un medesimo debitore e per un medesimo debito, il fideiussore che ha pagato ha regresso contro gli altri fideiussori per la loro rispettiva porzione (2871 comma 2). Se uno di questi è insolvente, si osserva la disposizione del secondo comma dell’articolo 1299 (1946).
SEZIONE V DELL'ESTINZIONE DELLA FIDEIUSSIONE
Art. 1955 (Liberazione del fideiussore per fatto del creditore)
La fideiussione si estingue quando, per fatto del creditore, non può avere effetto la surrogazione del fideiussore nei diritti (1949), nel pegno (2784), nelle ipoteche (2808, 2869) e nei privilegi (2745) del creditore (2926).
Art. 1956 (Liberazione del fideiussore per obbligazione futura)
Il fideiussore per un’obbligazione futura (1938, 1958 ss.) è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito (1461, 1844, 1850, 1877, 1959, 2743).
Non è valida la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione.
Art. 1957 (Scadenza dell’obbligazione principale)
Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza (55 comma 2 l. fall.) dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue