COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
- Prof. Avv. Xxxxxx Xxxxxx Presidente
- Dott. Comm. Xxxxxxxx Xxxxxxxx Membro designato dalla Banca d'Italia
(relatore)
- Prof. Avv. Xxxxxxxxx Xxxxxxx Membro designato dalla Banca d'Italia
- Prof. Avv. Xxxxxx Xxxxx xx Xxxxxxxxxxx Membro designato dal Conciliatore
Bancario Finanziario
- Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxxx Membro designato da Confindustria, di concreto con Confcommercio,
Confagricoltura e Confartigianato
nella seduta del 16 febbraio 2010 dopo aver esaminato
• il ricorso e la documentazione allegata;
• le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
• la relazione istruttoria della Segreteria tecnica
FATTO
La vicenda portata alla cognizione del Collegio trae origine da un contratto di factoring pro solvendo, stipulato il 4 maggio 2006 tra la Società ricorrente e l’intermediario e la cui efficacia è cessata nel 2008 per effetto di esercizio del diritto di recesso da parte della Società, e che quest’ultima lamenta non essere stato correttamente eseguito. In particolare l’oggetto del contendere investe le modalità di gestione, da parte del factor, delle iniziative per la riscossione di due crediti, per l’importo nominale di complessivi € 88.167,62, aventi il loro titolo in fatture con scadenza 2 gennaio e 1 febbraio 2007, emesse dalla ricorrente nei confronti di un impresa terza sulla base di un contratto di appalto.
Come si legge nel reclamo – inviato in data 15 aprile 2009 – il factor sarebbe stato, infatti, colpevolmente inerte nell’attivare le iniziative giudiziarie per la riscossione dei crediti suddetti – la cui esistenza ed esigibilità, in principio confermata con lettere indirizzate al factor al momento della cessione, era stata successivamente contestata dal debitore ceduto, il quale aveva anzi sollevato diverse eccezioni per rifiutare il pagamento (da quella di falsità delle firme apposte sulle lettere di accettazione delle cessioni, a quella di compensazione per esistenza di maggiori
crediti a proprio favore e derivanti da inadempimento del cedente al contratto di appalto) – al punto da optare, alla fine, per la retrocessione dei medesimi alla ricorrente, la quale ha dovuto così sostenere l’onere economico, oltre che della restituzione dell’importo oggetto di anticipazione, anche delle iniziative finalizzate all’incasso, in via giudiziaria, dei crediti dal debitore ceduto.
In relazione ai fatti così evidenziati la ricorrente, dopo aver sottolineato l’eccessiva onerosità del contratto di factoring (nel frattempo risolto), ha chiesto all’intermediario, in sede di reclamo, di rimborsarle la somma di € 20.220,65 “per non aver beneficiato dei servizi e di avere sostenuto dei costi aggiuntivi per tutelarsi dagli attacchi temerari e pretestuosi del proprio cliente e per scuotere il factor dalla totale e ingiustificata inerzia”.
Non avendo l’intermediario soddisfatto tale richiesta, la Società si è dunque rivolta all’Arbitro Bancario Finanziario. Nel ricorso, ricevuto in data 30 ottobre 2009, oltre a ripercorrere le vicende illustrate nel reclamo la Società ha ampliato l’ambito delle proprie contestazioni, deducendo - oltre al difetto di diligenza dell’intermediario nell’esecuzione del contratto - anche contestazioni relative ad una più generale mancanza di correttezza e trasparenza nella contabilizzazione delle operazioni e nella gestione degli accrediti, nonché contestazioni in ordine alla mancata restituzione, all’esito della cessazione del contratto, delle fideiussioni a suo tempo rilasciate. Sulla base di tali allegazioni la ricorrente ha, dunque, concluso chiedendo all’ABF di volere condannare l’intermediario al pagamento delle seguenti somme:
- € 20.220,65 per “spese vive sostenute e giustificate oltre interessi legali”;
- € 24.783,98 per “maggiori oneri sostenuti oltre interessi legali”;
- € 10.000,00 a titolo di “forfait per danni relativi al blocco del fido concesso e all’immagine della società”;
- € 100,00 per copia estratti conto richiesti.
L’intermediario ha risposto al ricorso con controdeduzioni, ritualmente depositate, con cui contesta tutti gli addebiti mossi al suo operato.
In particolare, quanto alla contestazione relativa al deficit di diligenza nella riscossione dei crediti di cui alle due fatture sopra citate, l’intermediario, dopo aver dato conto dello scambio di corrispondenza intervenuto a più riprese con il debitore ceduto, e delle contestazioni sollevate da quest’ultimo, ha sottolineato come la retrocessione di tali crediti – oltre a costituire oggetto di una facoltà contrattualmente riconosciutagli, dal momento che nelle operazioni di factoring pro solvendo il cedente è tenuto a garantire non solo l’esistenza e l’esigibilità del credito ma anche che lo stesso verrà regolarmente saldato e in caso di mancato pagamento deve rimborsare l’anticipo ricevuto ed è tenuto a farsi carico delle azioni legali di recupero - fosse stata espressamente concordata con la ricorrente.
Alla controdeduzione dell’intermediario, la ricorrente ha replicato, ulteriormente ampliando l’oggetto delle proprie contestazioni. In sede di replica la Società ha, infatti, lamentato che dal comportamento dell’intermediario, che ha determinato l’estinzione anticipata degli affidamenti ricevuti dalla ricorrente, sarebbero derivati ulteriori danni che vengono quantificati nella somma di € 500.000,00. Sempre in sede di replica, la Società articola altresì la domanda di condanna al pagamento di una somma equivalente al valore dei crediti oggetto della retrocessione da parte del factor.
DIRITTO
In xxx xxxxxxxxxxx, xx osserva come il thema decidendum riservato alla cognizione del Collegio sia necessariamente limitato soltanto alla domanda relativa al pagamento della somma di € 20.220,65, oltre interessi legali, pari alle spese vive sostenute per procedere direttamente alla riscossione dei crediti che avevano formato oggetto di cessione al factor e da questi retroceduti, risultando invece irricevibili tutte le ulteriori domande di pagamento di somme pure formulate nel ricorso. Le questioni sottese a tali domande non hanno, infatti, formato oggetto del reclamo all’intermediario, sicché rispetto ad esse non è soddisfatta la condizione, di cui al combinato disposto dell’art. 4, comma primo, della delibera CICR 275/2008 e delle disposizioni attuative della Banca d’Italia, che impongono la necessaria coincidenza tra l’oggetto del ricorso e quello del previo reclamo, quest’ultimo costituendo una condizione necessaria per adire l’Arbitro Bancario Finanziario.
Così, sempre in via preliminare, deve osservarsi come estranea al perimetro della cognizione del Collegio - e pertanto egualmente irricevibile - risulti altresì la domanda di risarcimento danni e di restituzione delle somme oggetto dell’anticipazione, articolate soltanto nelle repliche alle controdeduzioni. Alla possibilità del loro esame ostano, infatti, sia le considerazioni poc’anzi svolte inerenti alla mancata prospettazione delle due questioni nella fase di reclamo, sia, più radicalmente, tanto la circostanza della loro tardività anche nel contesto del procedimento innanzi all’ABF - non potendo evidentemente darsi ingresso a richieste in una fase in cui è oramai preclusa all’intermediario la possibilità di contraddire – quanto, rispetto alla richiesta di risarcimento, il superamento dei limiti di valore stabiliti dall’art. 2, comma quarto, della delibera CICR 275/2008.
Venendo all’esame dell’unica domanda per cui è soddisfatto il richiesto presupposto di ricevibilità, il Collegio ritiene che la stessa non sia fondata e pertanto non meritevole di accoglimento.
Dalla documentazione acquisita in atti risulta invero con chiarezza come, all’indomani della scadenza delle due fatture che vengono in questa sede in rilievo, il factor si sia attivato per riscuotere il credito, sollecitandolo più volte stragiudizialmente il debitore ceduto a provvedere al pagamento (si veda lo scambio di corrispondenza intervenuto tra l’intermediario e il debitore).
Quanto sopra è, allora, già eloquente della infondatezza della contestazione avversaria circa il difetto di diligenza dell’intermediario. Del resto la doglianza avversaria sottende una ricostruzione della disciplina dell’operazione di factoring pro solvendo - a mente della quale il factor per poter far valere la garanzia nei confronti del cedente (garanzia che, poi si noti, prima ancora che la solvenza del debitore ceduto investe l’esistenza del credito: il che era appunto ciò che veniva nella specie contestato dal debitore, nel momento in cui eccepiva, inter alia, anche la falsità della propria firma sulle lettere a suo tempo inviate al factor) sarebbe prima obbligato ad agire nei confronti del debitore ceduto - che non trova riscontro in alcun dato normativo, e che finirebbe per equivalere ad un riconoscimento a favore del cedente, in operazioni siffatte, di una prerogativa molto simile al beneficium excussionis. Un tipo di beneficio che il nostro ordinamento - salve alcune ipotesi tassativamente definite, che ovviamente non sono quelle di cui alla presente fattispecie - non accorda in via di principio, ma solo in presenza di espressa pattuizione.
E tuttavia, anche volendo prescindere da quanto precede, non si può fare a meno di osservare che ad escludere la possibilità di muovere addebiti di scarsa correttezza e diligenza all’operato dell’intermediario concorra anche la considerazione che nella presente vicenda nemmeno si può ragionare di una vera e
propria attivazione, da parte del factor, della garanzia pure spettantegli. La retrocessione dei crediti è stata, infatti, non già oggetto dell’esercizio di un potere unilaterale dell’intermediario, quanto piuttosto - come riconosce lo stesso ricorrente – l’effetto di un’operazione concordata tra le parti. Il che toglie allora definitivamente pregio alla pretesa della Società di potere ottenere un rimborso dei maggiori costi da cui essa è stata gravata per non aver potuto beneficiare del servizio di factoring; appunto perché tale mancato beneficio è conseguenza (anche) di una propria libera scelta.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie le domande di cui al ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1