Contract
CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI LAVORO RELATIVO AL PERSONALE DIRIGENTE DELL’AREA VIII DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTERI QUADRIENNIO NORMATIVO 2006 - 2009 BIENNIO ECONOMICO 2006 - 2007
il giorno 4 agosto 2010 alle ore 15,00 presso la sede dell'Aran , ha avuto luogo l'incotro tra:
L'ARAN nella persona del Commissario straordinario cons. Xxxxxxx Xxxxxx (firmato)ù e le seguenti Organizzazioni e Confederazioni Sindacali:
Organizzazioni Sindacali | Confederazioni Sindacali | ||
FP CIDA | firmato | CIDA | firmato |
SN APRECON | firmato | CONFINTESA | firmato |
DIRSTAT | firmato | CONFEDIRSTAT | firmato |
CISL FPS | firmato | CISL | firmato |
UIL/PA | firmato | UIL | firmato |
FP CGIL | firmato | CGIL | firmato |
Al termine della giornarta le parti sottoscrivono l'allegato Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo a personale dirigente dell'Area VIII della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il quadriennio normativo 2006-2005 e biennio economico 2006-2007
CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI LAVORO RELATIVO AL PERSONALE DIRIGENTE DELL’AREA VIII DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTERI QUADRIENNIO NORMATIVO 2006 - 2009 BIENNIO ECONOMICO 2006 - 2007
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI CAPO I
Art. 1: Campo di applicazione
1. Il presente contratto collettivo nazionale si applica a tutti i consiglieri, referendari della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai dirigenti di I e II fascia del ruolo speciale, tecnico amministrativo della protezione civile.
2. I decreti legislativi 30 luglio 1999, n. 303 e 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni ed integrazioni, nonché la legge 4 marzo 2009, n. 15 ed il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150
sono riportati nel testo del presente contratto rispettivamente come d.lgs. n. 303 del 1999, d.lgs. n. 165 del 2001 e d.lgs. m. 150 del 2009.
3. Il riferimento alla Presidenza del Consiglio dei Ministri è riportato nel testo come “Presidenza” o “Amministrazione”.
4. Il riferimento ai consiglieri, ai referendari e agli altri dirigenti di cui al comma 1, ove si tratti di norme comuni, è riportato nel testo come “dirigenti”.
Art. 2: Durata, decorrenza, tempi e procedure di applicazione del contratto.
1. Il presente contratto concerne il periodo 1° gennaio 2006 - 31 dicembre 2009 per la parte normativa e 1° gennaio 2006 – 31 dicembre 2007 per la parte economica.
2. Gli effetti giuridici decorrono dal giorno successivo alla data di stipulazione, salvo diverse prescrizioni e decorrenze previste espressamente dal presente contratto. La stipulazione si intende avvenuta al momento della sottoscrizione del contratto da parte dei soggetti negoziali a seguito del perfezionamento delle procedure di cui agli artt. 47 e 48 del D.Lgs. n. 165 del 2001.
3. L’ amministrazione destinataria del presente contratto dà attuazione agli istituti a contenuto economico e normativo con carattere vincolato ed automatico entro 30 giorni dalla sua entrata in vigore, ai sensi del comma 2.
4. Il presente contratto, alla scadenza, si rinnova tacitamente di anno in anno qualora non ne sia data disdetta da una delle parti con lettera raccomandata, almeno tre mesi prima di ogni singola scadenza. In caso di disdetta, le disposizioni contrattuali rimangono in vigore fino a quando non siano sostituite dal successivo contratto collettivo. Resta altresì fermo quanto previsto dall’art. 48, comma 3, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
TITOLO II
RAPPORTO DI LAVORO CAPO I
Art. 3: Conferimento incarichi dirigenziali
1. Tutti i dirigenti, appartenenti al ruolo della Presidenza del Consiglio dei Ministri e a tempo indeterminato, hanno diritto ad un incarico. L’incarico viene conferito, con provvedimento dell’amministrazione, secondo quanto previsto dall’art. 19 del D. Lgs. n. 165 del 2001 e, per quanto riguarda gli incarichi di direzione di Dipartimenti e Uffici autonomi ed equiparati in base all’art. 28 della legge n. 400 del 1988. Il provvedimento individua l’oggetto, la durata dell’incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani ed ai programmi definiti dall’organo di direzione politica nella direttiva annuale e nei propri atti di indirizzo ed alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto.
2. Il conferimento degli incarichi dirigenziali avviene, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 19, comma 1, del d. lgs. n. 165 del 2001, in base ai seguenti criteri generali:
a) natura e caratteristiche dei programmi e degli obiettivi da realizzare, con riferimento sia a quelli di competenza ordinaria dell’ufficio cui l’incarico si riferisce sia a quelli specificamente fissati nella direttiva annuale dell’organo di direzione politica;
b) specifici requisiti culturali e professionali del dirigente deducibili dal curriculum o da altri atti di ufficio, coerenti con l’incarico da conferire;
c) attitudini dimostrate dal dirigente nei precedenti incarichi, in particolare nell’ultimo triennio;
d) capacità professionali manifestate nelle esperienze maturate, in particolare nell’ultimo triennio;
e) valutazione dei risultati conseguiti dal dirigente nel precedente incarico, con specifico riferimento agli obiettivi fissati nella direttiva annuale e negli altri atti di indirizzo dell’organo di direzione politica, in particolare nell’ultimo triennio;
f) rotazione degli incarichi, nel rispetto dei criteri di cui alle precedenti lett. da a) ad e), la cui applicazione è finalizzata a garantire la più efficace ed efficiente utilizzazione delle risorse in relazione ai mutevoli assetti funzionali ed organizzativi e ai processi di riorganizzazione, al fine di favorire lo sviluppo della professionalità dei dirigenti.
I suddetti criteri sono applicati anche nel caso di conferimento degli incarichi di cui ai commi 5-bis e 6 dell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, fermo restando quanto previsto dalle medesime disposizioni in relazione ai requisiti di assegnazione di tali incarichi.
3. Nel rispetto delle previsioni del comma 2, la Presidenza del Consiglio dei Ministri adotta in via preventiva il sistema dei criteri per il conferimento, il mutamento e la revoca degli incarichi dirigenziali, nonché le relative procedure, garantendo che gli stessi siano improntati a principi di trasparenza e pubblicità.
4. I criteri generali e le procedure di cui al comma 3 sono oggetto dell’informazione preventiva di cui all’art. 6 (Informazione) del CCNL del 13 aprile 2006.
5. Il provvedimento di affidamento o anche di conferma dell’incarico deve essere adeguatamente motivato, in forma scritta, con specifico riguardo ai criteri di conferimento adottati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
6. Il conferimento dell’incarico avviene previo confronto con il dirigente in ordine alla determinazione delle risorse umane, finanziarie e strumentali in rapporto agli obiettivi ed all’oggetto del provvedimento, nonché ai risultati da conseguire.
7. Al provvedimento di conferimento dell’incarico accede un contratto individuale con il quale, nel rispetto dei principi stabiliti dall’art. 24 del D. Lgs. n. 165 del 2001 e di quanto previsto dalle disposizioni contrattuali vigenti, viene definito il corrispondente trattamento economico.
8. Tutti gli incarichi sono conferiti a tempo determinato e possono essere rinnovati. La durata degli stessi è correlata agli obiettivi prefissati e non può essere inferiore a tre anni né superiore a cinque anni. Per gli incarichi di cui all’art. 19, comma 6, del citato D. Lgs. n. 165 del 2001 la durata è stabilita dal decreto legislativo.
9. Il conferimento di incarichi di livello dirigenziale generale a dirigenti di seconda fascia assegnati alla Presidenza in posizione di prestito non è utile per la maturazione del periodo di cui all’art. 23,
comma 1, terzo periodo, del d.lgs. n. 165 del 2001, come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2009. Si conferma, altresì, quanto previsto dall’art. 9-bis, comma 5, del d.lgs. n. 303 del 1999 in merito all’accesso ai ruoli dirigenziali della Presidenza.
10. La revoca anticipata rispetto alla scadenza può avere luogo solo per ragioni organizzative e gestionali, adeguatamente motivate nell’atto con cui viene disposta, oppure in seguito all’accertamento dei risultati negativi di gestione o della inosservanza delle direttive impartite ai sensi dell’art. 21 del D. Lgs. n.165 del 2001 e secondo le disposizioni di cui all’art. 7 (Fattispecie di responsabilità dirigenziale).
11. La Presidenza adotta procedure dirette a consentire il tempestivo conferimento o rinnovo degli incarichi dei dirigenti, al fine di assicurare la certezza delle situazioni giuridiche e garantire la continuità dell’azione amministrativa, nel rispetto dei principi costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità delle pubbliche amministrazioni stesse.
12. La Presidenza prevede adeguate ed efficaci modalità che consentano la pubblicità ed il continuo aggiornamento di tutti gli incarichi conferiti e di tutti i posti dirigenziali vacanti, anche mediante la semplificazione delle relative procedure.
13. Il sistema di pubblicità di cui al comma precedente è diretto, altresì, a consentire le medesime opportunità nell’accesso agli incarichi, nonché l’esercizio del diritto a produrre eventuali domande per l’assegnazione di quelli disponibili.
14. Nella individuazione delle procedure indicate al comma 12, possono essere previste modalità per il conferimento degli incarichi di prima fascia ai dirigenti di seconda fascia, garantendo la correlazione tra la capacità professionale richiesta da ciascun incarico ed il possesso da parte del dirigente dei relativi requisiti.
15. Nel conferimento degli incarichi, l’Amministrazione deve, in ogni caso, tenere presente le esigenze di buon andamento e continuità dell’attività amministrativa mediante l’individuazione di professionalità, che abbiano acquisito una comprovata esperienza correlata all’incarico da conferire, nonché alla specificità della Presidenza. A tal fine, con il DPCM, previsto dall’art. 74, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2009, la Presidenza può individuare ulteriori criteri per l’affidamento degli incarichi dirigenziali, ivi compresi quelli di livello apicale, a professionalità interne, nel rispetto delle disposizioni legislative vigenti.
16. Il presente articolo sostituisce l’art. 20 (Conferimento incarichi dirigenziali) del CCNL del 13 aprile 2006.
CAPO II
MISURAZIONE E VALUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ DELLA PRESIDENZA
Art. 4: Principi generali
1. La Presidenza riconosce la rilevanza dei processi di innovazione e di miglioramento organizzativo e gestionale, ai fini dell’espletamento dei propri compiti istituzionali, nonché dell’instaurazione di una gestione sempre più orientata al conseguimento dei risultati connessi con la specifica attività della stessa.
2. Al fine di consentire la concreta attuazione dei processi di sviluppo indicati al comma precedente, la Presidenza procede, in via prioritaria, alla fissazione di obiettivi ed alla predisposizione di appositi programmi di azione che ne consentano la realizzazione e favoriscano la misurazione dei risultati dell’attività posta in essere.
3. I programmi di azione di cui al comma 2, inoltre, avranno come principali destinatari gli utenti esterni, ove individuabili, ovvero gli utenti interni, quali destinatari di specifiche attività poste in essere da altri uffici della medesima amministrazione, in relazione alle competenze di ciascuno.
4. Nella programmazione delle attività da porre in essere, si dovranno prendere in considerazione anche specifiche aree di risultato concernenti:
a) il miglioramento delle prestazioni legate ai servizi istituzionali, con particolare riguardo alla valorizzazione dell’attività di supporto alle funzioni di impulso, indirizzo e coordinamento di competenza della Presidenza del Consiglio;
b) la promozione ed il potenziamento dei processi di innovazione organizzativa e tecnologica che garantiscano il rispetto di elevati standard di qualità;
c) l’ ottimizzazione delle attività di progettazione, coordinamento, monitoraggio e verifica degli indirizzi politici generali e delle politiche settoriali del Governo, attribuite alla Presidenza del Consiglio;
d) lo sviluppo di procedure che consentano la semplificazione delle modalità di espletamento delle attività, anche in riferimento ad una più agevole fruibilità e ad una riduzione dei tempi di svolgimento delle stesse;
e) il conseguimento di obiettivi di efficienza ed economicità nella gestione delle risorse assegnate.
5. In questo quadro di riferimento, la Presidenza assicura l’istituzione di un sistema di valutazione delle proprie attività ispirato a principi e criteri altamente idonei ad evitare che il medesimo abbia una valenza meramente formale ed a favorire la concreta verifica della gestione delle risorse utilizzate e della corrispondenza di tali attività ad oggettivi standard di qualità.
6. In sede di attuazione del sistema di valutazione, la Presidenza dovrà, in ogni caso, tenere presenti le seguenti metodologie:
- individuazione e quantificazione degli obiettivi da conseguire;
- identificazione dei processi nei quali si articola l’azione;
- individuazione delle risorse necessarie, con particolare riguardo alle competenze ed alle professionalità coinvolte;
- indicazione dei dirigenti responsabili delle strutture interessate e degli obiettivi ad essi assegnati.
7. Con cadenza annuale, la Presidenza deve procedere alla valutazione dei risultati ottenuti, anche attraverso la misurazione della maggiore produttività conseguita, nonché del grado di miglioramento e di innovazione raggiunto, verificandone la implementazione sotto il profilo qualitativo e quantitativo. La valutazione finale può essere preceduta da fasi intermedie di verifica del processo di conseguimento degli obiettivi prefissati, che possono consentire eventuali interventi
correttivi, in presenza di scostamenti o criticità, e limitare i casi di mancato raggiungimento degli stessi.
8. La Presidenza deve rendere conto degli esiti della procedura di valutazione in termini di risultati conseguiti, costi sostenuti, risorse umane impiegate, assicurandone la più ampia trasparenza e pubblicità. Tali risultati vengono utilizzati dall’Amministrazione anche per definire successive misure di miglioramento dell’attività.
9. La verifica dell’attività amministrativa nel suo complesso, come delineata nei precedenti commi, costituisce anche un elemento essenziale, che potrà favorire una valutazione delle strutture/uffici e di tutto il personale, effettivamente improntata ai canoni di oggettività e trasparenza.
CAPO III
LA VALUTAZIONE DEI DIRIGENTI
Art. 5: Il sistema di valutazione
1. Nel quadro della valutazione e misurazione dell’attività amministrativa e dei servizi pubblici, di cui all’art. 4 (Principi generali) la Presidenza attribuisce particolare rilievo alla valutazione dei dirigenti e alla loro responsabilità in merito al raggiungimento degli obiettivi prefissati nell’incarico conferito, ai sensi di quanto previsto dalle disposizioni legislative e contrattuali vigenti.
2. In relazione a quanto previsto al comma 1, la Presidenza, con il DPCM previsto dall’art. 74, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2009, adotta un sistema di valutazione permanente delle prestazioni di tutto il personale dirigenziale, e definisce i criteri generali che informano le procedure di valutazione dei dirigenti e dei relativi risultati di gestione, tenendo conto di quanto previsto dai successivi commi del presente articolo.
3. La Presidenza, privilegiando l’utilizzazione di dati oggettivi, definisce meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dai dirigenti, in relazione alle direttive, ai programmi e agli obiettivi da perseguire correlati alle risorse umane, finanziarie e strumentali effettivamente rese disponibili.
4. La valutazione ha per oggetto la prestazione lavorativa tenuta dal dirigente nell’espletamento dell’incarico affidato, con riguardo ai risultati conseguiti ed alla capacità professionale espressa. Tali elementi sono, altresì, ricollegati:
· alle direttive emanate dall’organo di direzione politica e agli obiettivi gestionali ed istituzionali assegnati, anche in termini di apprezzabile e significativo miglioramento conseguito;
· ai parametri qualitativi individuati in relazione alle funzioni di impulso, indirizzo e coordinamento della Presidenza e delle specifiche attività in cui le stesse si concretizzano;
· ai comportamenti organizzativi ed alla capacità di gestire con efficienza le risorse finanziarie e strumentali assegnate, nonché curare, in particolare, la gestione e l’ottimale utilizzo delle risorse umane, nella più ampia trasparenza e pubblicità;
· all’attitudine all’innovazione, con particolare riferimento all’attuazione di modifiche organizzative, tecnologiche e di servizio ed alla partecipazione attiva ai processi di cambiamento organizzativo.
5. Per quanto non previsto dal presente articolo si rinvia all’art. 21 del CCNL del 13 aprile 2006.
Art. 6: Effetti della valutazione
1. La valutazione è finalizzata a valorizzare le competenze e le capacità professionali del dirigente al fine del miglioramento qualitativo e quantitativo dei servizi, nel quadro dell’ottimale perseguimento dei fini istituzionali della Presidenza.
2. La Presidenza tiene conto degli esiti della valutazione ai fini:
a) dell’affidamento degli incarichi o della conferma o revoca, anche in corso di contratto, di quelli già ricoperti, secondo i criteri e la disciplina di cui all’art. 3 (Conferimento incarichi dirigenziali);
b) dell’affidamento di incarichi dirigenziali di fascia economica superiore o di livello generale, secondo la disciplina dell’art. 3 (Conferimento incarichi dirigenziali);
c) dell’erogazione della retribuzione di risultato, secondo la disciplina dell’art. 32 (Criteri per l’erogazione della retribuzione di risultato dei dirigenti di seconda fascia);
d) dell’applicazione delle misure di cui all’art. 7 (Fattispecie di responsabilità dirigenziale), nel caso in cui essa abbia contenuti negativi a seguito dell’accertamento della responsabilità dirigenziale.
CAPO IV
RESPONSABILITA’ DIRIGENZIALE
Art. 7: Fattispecie di responsabilità dirigenziale
1. Qualora a seguito dell’espletamento delle procedure di valutazione della prestazione dei dirigenti venga accertata l’ipotesi di responsabilità dirigenziale, ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 165 del 2001, in relazione all’inosservanza delle direttive impartite o al mancato raggiungimento degli obiettivi nella gestione finanziaria, tecnica, organizzativa ed amministrativa, si determina una valutazione non positiva.
2. Nelle ipotesi di cui al comma 1, in relazione alla gravità dei casi, la Presidenza adotta, per il personale dirigenziale a tempo indeterminato, una delle seguenti misure:
a) affidamento di un incarico dirigenziale con un valore di retribuzione di posizione immediatamente inferiore, compatibilmente con le disponibilità organiche;
b) revoca dell’incarico e collocamento dei dirigenti a disposizione dei ruoli, di cui all’art. 23 del D.Lgs. n. 165 del 2001, per un periodo massimo di due anni, secondo la disciplina dell’art. 8 (Collocamento dei dirigenti a disposizione dei ruoli);
c) recesso dal rapporto di lavoro, nei casi di particolare gravità, secondo la disciplina dell’art. 9 (Recesso per responsabilità dirigenziale).
3. Qualora l’incarico dirigenziale sia stato conferito con contratto a termine ai sensi dell’art. 19, comma 6 del d. lgs. n. 165 del 2001, la valutazione negativa di cui al comma 1, espressa prima della scadenza dell’incarico o al termine dello stesso, comporta:
a) per i dipendenti della stessa o di altre pubbliche amministrazioni, la risoluzione del rapporto di lavoro dirigenziale e, rispettivamente, la restituzione al profilo di inquadramento ovvero il rientro presso le amministrazioni di appartenenza nella posizione lavorativa precedentemente ricoperta;
b) per gli estranei alla pubblica amministrazione la revoca dell’incarico e la risoluzione del rapporto di lavoro.
Art. 8: Collocamento del dirigente a disposizione dei ruoli
1. Il dirigente, secondo la disciplina dell’art. 21, comma 1 del d.lgs. n. 165 del 2001, secondo periodo, può essere collocato a disposizione dei ruoli, per una durata massima di due anni.
2. Durante il periodo di collocamento a disposizione dei ruoli, di cui al comma 1, il dirigente interessato ha diritto al solo trattamento economico stipendiale di cui agli artt. 23 e 26 (Trattamento economico fisso dei dirigenti di prima e seconda fascia); nello stesso periodo il dirigente è tenuto ad accettare eventuali incarichi dirigenziali proposti dalla amministrazione di appartenenza. L’ingiustificata mancata accettazione dell’incarico comporta il recesso da parte dell’amministrazione, ai sensi dell’art. 9 (Recesso per responsabilità dirigenziale).
3. L’accettazione del nuovo incarico di cui al comma 2, determina il venire meno del collocamento a disposizione disposto ai sensi del comma 1 ed al dirigente sono corrisposte la retribuzione di posizione e quella di risultato ad esso relative.
4. Prima della scadenza del periodo massimo di due anni di collocamento a disposizione, può trovare applicazione la disciplina della risoluzione consensuale, ai sensi dell’art. 40 del CCNL del 13 aprile 2006; in tal caso l’importo della indennità supplementare di cui al comma 2, dello stesso art. 40, non può superare un valore corrispondente a 12 mensilità del solo stipendio tabellare. Tale importo non è pensionabile e non è utile ai fini del trattamento di fine servizio e di quello di fine rapporto.
Art. 9: Recesso per responsabilità dirigenziale
1. La responsabilità particolarmente grave, accertata con le procedure di valutazione adottate nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, costituisce giusta causa di recesso. Nelle more dell’attuazione dell’art. 74, comma 3 del d.lgs. n. 150 del 2009, la responsabilità particolarmente grave è correlata ad una delle seguenti ipotesi, da applicare in via alternativa:
a) al mancato raggiungimento di obiettivi particolarmente rilevanti per il conseguimento dei fini istituzionali dell’amministrazione, previamente individuati nei documenti di programmazione e formalmente assegnati al dirigente;
b) alla inosservanza delle direttive generali per l’attività amministrativa e la gestione, formalmente comunicate al dirigente, i cui contenuti siano stati espressamente qualificati di rilevante interesse.
L’annullamento delle predette procedure di accertamento della responsabilità fa venir meno il recesso.
2. Prima di formalizzare il recesso, la Presidenza contesta per iscritto l’addebito convocando l’interessato, per una data non anteriore al quinto giorno dal ricevimento della contestazione, per essere sentito a sua difesa. Il dirigente può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un legale di sua fiducia. Xxx lo ritenga necessario, la Presidenza, in concomitanza con la contestazione, può disporre la sospensione dal lavoro del dirigente, per un periodo non superiore a 30 giorni, con la corresponsione del trattamento economico complessivo in godimento e la conservazione dell’anzianità di servizio.
3. Resta fermo quanto previsto dall’art. 22 del d.lgs. n. 165 del 2001.
CAPO V
RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE
Art. 10: Principi generali
1. In considerazione dei contenuti professionali e delle particolari responsabilità che caratterizzano la funzione del dirigente della Presidenza del Consiglio il cui ruolo è strettamente connesso alle specifiche connotazioni dell’attività di Governo nonché all’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri che discende dall’art. 95 della Costituzione, dalla legge n. 400 del 1988 e dal d.lgs. n. 303 del 1999, si riconosce il particolare rilievo al rapporto fiduciario tra il dirigente stesso e la Presidenza. A tale rapporto, da parte del dirigente, deve corrispondere un comportamento di assoluta coerenza con i valori e gli obiettivi dell’Amministrazione, la massima imparzialità dell’attività amministrativa, la più assoluta riservatezza e la più integerrima condotta sia all’interno che all’esterno dell’Amministrazione.
2. In tale ambito, al fine di assicurare una migliore funzionalità ed operatività dell’attività della Presidenza, sono individuate specifiche fattispecie di responsabilità disciplinare per la dirigenza nonché il relativo sistema sanzionatorio, con la garanzia di adeguate tutele per il dirigente, tenuto conto della distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo e le funzioni di gestione amministrativa.
3. La responsabilità disciplinare, di cui al precedente comma, attiene alla violazione degli obblighi di comportamento e resta distinta dalla responsabilità dirigenziale, che viene accertata secondo le procedure definite nell’ambito del sistema di valutazione, nel rispetto della normativa vigente. Restano ferme le altre forme di responsabilità di cui all’art. 55, comma 2, primo periodo, del D.Lgs.
n. 165 del 2001, che hanno distinta e specifica valenza rispetto alla responsabilità disciplinare.
Art. 11: Obblighi del dirigente
1. Il dirigente conforma la sua condotta al dovere costituzionale di servire la Repubblica con impegno e responsabilità e di rispettare i principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell'attività amministrativa nonché quelli di leale collaborazione, di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2105 del codice civile, anteponendo il rispetto della legge e l'interesse pubblico agli interessi privati propri ed altrui.
2. Nello svolgimento della propria attività, il dirigente assicura il rispetto della legge, nonché l’osservanza delle direttive generali e di quelle impartite dall’Amministrazione, organizzando ed assicurando il tempo di lavoro e la presenza in servizio in relazione alle esigenze della struttura ed all’espletamento dell’incarico affidato.
3. Il dirigente è tenuto ad instaurare un rapporto di fiducia e di collaborazione con gli altri dirigenti, con il personale addetto alla struttura, nonché con le altre amministrazioni, astenendosi da comportamenti lesivi della dignità della persona o che, comunque, possono nuocere all’immagine della Presidenza.
4. Il dirigente sovrintende, nell’esercizio del proprio potere direttivo, al corretto espletamento dell’attività del personale, anche di livello dirigenziale, assegnato alla struttura, nonché al rispetto delle norme del codice di comportamento e disciplinare, ivi compresa l’attivazione dell’azione disciplinare.
5. Nell’espletamento delle proprie funzioni, il dirigente mantiene una condotta uniformata a principi di correttezza, astenendosi, altresì, dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere direttamente o indirettamente interessi finanziari o non finanziari propri, del coniuge, dei parenti e degli affini fino al quarto grado e dei conviventi.
6. Il dirigente garantisce il rispetto delle norme vigenti in materia di riservatezza e protezione dei dati personali, trasparenza ed accesso all’attività amministrativa, informazione all’utenza, autocertificazione, nonché protezione degli infortuni e sicurezza sul lavoro, nonché di segreto d’ufficio, così come disciplinato dagli ordinamenti delle singole amministrazioni, ai sensi dell’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il dirigente è, altresì, tenuto, ad informare l’Amministrazione di essere stato rinviato a giudizio o che nei suoi confronti è esercitata l’azione penale.
7. Il dirigente si attiene, altresì, ai principi ed alle regole contenute nel codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, adottato con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri - 28 novembre 2000, che viene allegato al presente CCNL (Allegato 1). Al fine di salvaguardare la specificità dei propri obiettivi istituzionali, la Presidenza, con apposito provvedimento, può disporre integrazioni e specificazioni delle previsioni del suddetto codice, ai sensi dell’art. 54, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001.
Art. 12: Sanzioni e procedure disciplinari
1. Le violazioni, da parte dei dirigenti, degli obblighi disciplinati nell’art. 11 ( obblighi del dirigente), secondo la gravità dell’infrazione, previo procedimento disciplinare, danno luogo all’applicazione delle seguenti sanzioni:
a) sanzione pecuniaria da un minimo di € 200,00 ad un massimo di € 500,00;
b) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, secondo le previsioni dell’art. 13 (Codice disciplinare);
c) licenziamento con preavviso;
d) licenziamento senza preavviso.
2. Per le infrazioni cui sono applicabili le sanzioni previste al comma 1, lett. a) e lett. b), con riferimento alla sospensione dal servizio fino a 10 giorni, il titolare della struttura in cui il dirigente presta servizio provvede alla contestazione dell’addebito ed alla convocazione per l’espletamento del contraddittorio, istruisce il procedimento disciplinare ed applica la sanzione. Le medesime funzioni sono svolte dall’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, così come individuato dalla Presidenza, con riguardo all’applicazione delle sanzioni disciplinari di cui al comma 1, lett. b), con riferimento alla sospensione dal servizio superiore a 10 giorni, lett. c) e d). Resta fermo quanto
previsto dall’art. 55, comma 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001 in merito all’individuazione del soggetto competente nelle specifiche ipotesi di illeciti disciplinari ivi indicate.
3. Il titolare della struttura ai sensi del comma 2 procede alla contestazione scritta dell'addebito, che deve basarsi su riscontri obiettivi, entro 20 giorni dalla data di acquisizione della notizia dell’avvenuta violazione. A seguito della contestazione dell’addebito, il titolare della struttura convoca, per iscritto e con un preavviso di almeno 10 giorni, il dirigente interessato per l’esperimento della fase del contraddittorio.
4. Il dirigente interessato può farsi assistere da un procuratore o da un rappresentante dell’associazione sindacale cui egli aderisce o conferisce mandato. Ove il dirigente, in caso di grave ed oggettivo impedimento, non possa essere presente all’audizione, lo stesso, entro il termine fissato dal responsabile della struttura ai sensi del comma 3, secondo periodo, può chiedere un rinvio oppure, se non intende presentarsi, può inviare una memoria scritta con le proprie controdeduzioni, nel rispetto del medesimo termine.
5. Il titolare della struttura, sulla base degli accertamenti effettuati e delle controdeduzioni addotte dal dirigente interessato o delle memorie scritte prodotte dallo stesso, irroga la sanzione applicabile, nel rispetto dei principi e criteri di cui all’art. 13 ( Codice disciplinare). Nel caso in cui sia accertata l’infondatezza o l’irrilevanza degli addebiti ovvero l’inesistenza dei fatti a fondamento degli stessi, il titolare della struttura dispone l’archiviazione del procedimento per le predette ragioni, dandone tempestiva comunicazione all’interessato. In ogni caso il procedimento disciplinare si conclude entro 60 giorni dalla contestazione dell’addebito.
6. In caso di sanzioni di maggiore gravità, di cui al comma 1, lett. b), con riferimento alla sospensione dal servizio superiore a 10 giorni, lett. c) e d), il titolare della struttura in cui il dirigente lavora, entro 5 giorni dalla notizia, segnala all’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari, i fatti da contestare al dirigente per l’istruzione del procedimento disciplinare, dandone contestuale comunicazione all’interessato. In caso di mancata segnalazione nel termine predetto si darà corso all’accertamento della responsabilità del soggetto tenuto alla comunicazione.
7. Qualora anche nel corso del procedimento, già avviato con la contestazione, emerga che la sanzione da applicare non sia di sua competenza, il responsabile della struttura, entro 5 giorni, trasmette tutti gli atti all’ufficio competente, dandone contestuale comunicazione all’interessato. Il procedimento prosegue senza soluzione di continuità presso quest’ultimo ufficio, secondo quanto previsto dal comma seguente, e senza ripetere la contestazione scritta dell’addebito. In caso di mancata comunicazione nel termine predetto si applica quanto previsto in tema di responsabilità al comma 6, ultimo periodo.
8. Nei casi di cui al comma 6, l’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari contesta l’addebito al dirigente entro quaranta giorni dalla data di ricezione degli atti trasmessi ai sensi dei predetti commi ovvero dalla data nella quale l’ufficio ha altrimenti acquisito notizia dell’infrazione, lo convoca per il contraddittorio, con un preavviso di almeno venti giorni, istruisce e conclude il procedimento disciplinare, secondo le modalità previste ai commi da 3 a 5. In ogni caso, il procedimento disciplinare si conclude entro 120 giorni dalla data di prima acquisizione della notizia della violazione.
9. Qualora, per impedimento del dipendente, si sia verificato un differimento superiore ai 10 giorni del termine per l’espletamento del contraddittorio, il termine per la conclusione del procedimento disciplinare, di cui ai commi 5 e 8, è prorogato in misura corrispondente. Il differimento può essere disposto una sola volta nell’ambito del procedimento disciplinare.
10. La violazione dei termini previsti dal presente articolo, ad eccezione di quello indicato ai commi 6 e 7, comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare, ovvero, per il dirigente, dall’esercizio del diritto di difesa.
11. Al dirigente o, su espressa delega, alla persona che lo assiste ai sensi del comma 4, è consentito l’accesso, anche per l’estrazione di copia, a tutti gli atti riguardanti il procedimento a suo carico. Nell’ambito del procedimento disciplinare, le comunicazioni destinate al dipendente sono effettuate tramite la posta elettronica certificata, se il dipendente dispone di idonea casella di posta, la consegna a mani, ovvero tramite l’utilizzo di un numero di fax, di cui egli o il suo procuratore abbia la disponibilità, per la comunicazioni successive alla contestazione dell’addebito o, infine, attraverso la raccomandata postale con ricevuta di ritorno.
12. In caso di trasferimento del dirigente, a qualunque titolo, in un’altra amministrazione pubblica, il procedimento disciplinare è avviato o concluso o la sanzione è applicata presso quest’ultima. In tali casi i termini per la contestazione dell’addebito o per la conclusione del procedimento, se ancora pendenti, sono interrotti e riprendono a decorrere alla data del trasferimento.
13. In caso di dimissioni del dirigente, se per l’infrazione commessa è prevista la sanzione del licenziamento o se comunque è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente corso secondo le disposizioni del presente articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
14. Non può tenersi conto, ai fini di altro procedimento disciplinare, delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.
15. I provvedimenti cui al presente articolo non sollevano il dirigente dalle eventuali responsabilità di altro genere nelle quali egli sia incorso, compresa la responsabilità dirigenziale, che verrà accertata nelle forme previste dal sistema di valutazione.
Art. 13: Codice disciplinare
1. Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni in relazione alla gravità della mancanza, sono fissati i seguenti criteri generali riguardo il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni:
- la intenzionalità del comportamento, il grado di negligenza ed imperizia, la rilevanza della inosservanza degli obblighi e delle disposizioni violate;
- le responsabilità connesse con l’incarico dirigenziale ricoperto, nonché con la gravità della lesione del prestigio dell’ Amministrazione o con l’entità del danno provocato a cose o a persone, ivi compresi gli utenti;
- l’eventuale sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, anche connesse al comportamento tenuto complessivamente dal dirigente o al concorso nella violazione di più persone.
2. La recidiva nelle mancanze previste ai commi 4, 5, e 6, già sanzionate nel biennio di riferimento, comporta una sanzione di maggiore gravità tra quelle individuate nell’ambito dei medesimi commi.
3. Al dirigente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione o con più azioni od omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è applicabile la
sanzione prevista per la mancanza più grave se le suddette infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità.
4. La sanzione disciplinare pecuniaria da un minimo di € 200,00 ad un massimo di € 500,00, si applica, graduando l’entità della stessa in relazione ai criteri del comma 1, nei casi di:
a) inosservanza degli obblighi di cui all’art. 11 (obblighi del dirigente), comma 2, ove non ricorrano le fattispecie considerate nell’art. 55-quater, comma 0, xxxx. X) xxx X.Xxx. x. 000 xxx 0000;
b) condotta, negli ambienti di lavoro, non conforme ai principi di correttezza verso i componenti degli organi di vertice dell’Amministrazione, gli altri dirigenti, i dipendenti o nei confronti degli utenti, ove individuabili, o terzi;
c) alterchi negli ambienti di lavoro, anche con utenti, ove individuabili, o terzi;
d) violazione degli obblighi di cui all’art. 3 del Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, allegato al presente CCNL;
e) inosservanza degli obblighi previsti in materia di segreto di ufficio, di prevenzione degli infortuni o di sicurezza del lavoro, anche se non ne sia derivato danno o disservizio per l’ Amministrazione o per gli utenti, ove individuabili;
f) violazione dell’obbligo di comunicare di essere stato rinviato a giudizio o che nei suoi confronti è stata esercitata l’azione penale.
L’importo delle ritenute per la sanzione pecuniaria è introitato dal bilancio dell’Amministrazione.
5. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di 3 giorni fino ad un massimo di sei mesi, si applica, graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) recidiva nel biennio delle mancanze previste nei commi 4, 5, e 5-bis, quando sia stata già comminata la sanzione massima oppure quando le mancanze previste dai medesimi commi si caratterizzano per una particolare gravità;
b) minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico, altri dirigenti o dipendenti ovvero alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti, ove individuabili;
c) manifestazioni ingiuriose nei confronti dell’ Amministrazione salvo che siano espressione della libertà di pensiero, ai sensi dell’art.1 della legge n. 300 del 1970;
d) tolleranza di irregolarità in servizio, di atti di indisciplina, di contegno scorretto o di abusi di particolare gravità da parte del personale dipendente;
e) salvo che non ricorrano le fattispecie considerate nell’art. 55-quater, comma 1, lett.b) del D.Lgs.
n. 165 del 2001, assenza ingiustificata dal servizio o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi l’entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell’assenza o dell’abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione degli obblighi del dirigente, agli eventuali danni causati all’Amministrazione, agli utenti, ove individuabili, o ai terzi;
f) occultamento da parte del dirigente di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell’ Amministrazione o ad esso affidati;
g) qualsiasi comportamento dal quale sia derivato grave danno all’ Amministrazione o a terzi, salvo quanto previsto dall’art. 55-sexies, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001;
h) atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori che assumano forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di dirigenti o altri dipendenti;
i) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della persona;
j) grave e ripetuta inosservanza dell’obbligo di provvedere entro i termini fissati per ciascun provvedimento, ai sensi di quanto previsto dall’art. 7, comma 2, della legge n. 69 del 2009.
6. Sono fatte salve le ipotesi di sospensione dal servizio con privazione della retribuzione previste dalle vigenti disposizioni legislative, anche con riferimento al d.lgs. n. 150 del 2009.
7. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, la sanzione disciplinare del licenziamento si applica:
1) con preavviso per:
a) le ipotesi considerate dall’art. 55-quater, comma 1, lett.b) e c) del D.Lgs. n.165 del 2001;
b) recidiva plurima, in una delle mancanze previste ai commi 4, 5, e 6, anche se di diversa natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza che abbia già comportato l’applicazione della sanzione massima di sei mesi di sospensione dal servizio; 2) senza preavviso per:
a) le ipotesi considerate nell’art. 55-quater, comma 1, lett. a), d), e) ed f) del D.Lgs. n. 165 del 2001;
b) commissione di gravi fatti illeciti di rilevanza penale, ivi compresi quelli che possono dar luogo alla sospensione cautelare, secondo la disciplina dell’art. 15 (Sospensione cautelare in caso di procedimento penale), fatto salvo quanto previsto dall’art. 16, comma 1 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale);
c) condanna, anche non passata in giudicato, per:
1. i delitti già indicati nell’art. 58, comma 1, lett. a), b) limitatamente all’art. 316 del codice penale, lett. c), d) ed e), e nell’art. 59, comma 1, lett. a), limitatamente ai delitti già indicati nell’art. 58, comma 1, lett. a) e all’art. 316 del codice penale, lett. b) e c), del D. Lgs. n. 267 del 2000;
2. gravi delitti commessi in servizio;
3. delitti previsti dall’art. 3, comma 1 della legge 27 marzo 2001 n. 97; d) recidiva plurima di sistematici e reiterati atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori che assumano anche forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di dirigenti o altri dipendenti;
e) recidiva plurima di atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della persona.
8. Le mancanze non espressamente previste nei commi da 4 a 7 sono comunque sanzionate secondo i criteri di cui al comma 1, facendosi riferimento, quanto all’individuazione dei fatti sanzionabili, agli obblighi dei dirigenti di cui all’art. 11 (Obblighi del dirigente) quanto al tipo e alla misura delle sanzioni, ai principi desumibili dai commi precedenti.
9. Al codice disciplinare di cui al presente articolo, deve essere data la massima pubblicità, mediante pubblicazione sul sito istituzionale dell’Amministrazione, secondo le previsioni dell’art. 55, comma 2, ultimo periodo, del D.Lgs. n.165 del 2001.
10. In sede di prima applicazione del presente CCNL, il codice disciplinare deve essere obbligatoriamente reso pubblico nelle forme di cui al comma 9, entro 15 giorni dalla data di stipulazione del CCNL e si applica dal quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
Art. 14: Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare
1. La Presidenza, qualora ritenga necessario espletare ulteriori accertamenti su fatti addebitati al dirigente, in concomitanza con la contestazione e previa puntuale informazione al dirigente, può disporre la sospensione dal lavoro dello stesso dirigente, per un periodo non superiore a trenta giorni, con la corresponsione del trattamento economico complessivo in godimento.
2. Qualora il procedimento disciplinare si concluda con la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, il periodo dell'allontanamento cautelativo deve essere computato nella sanzione, ferma restando la privazione della retribuzione limitata agli effettivi giorni di sospensione irrogati.
3. Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello computato come sospensione dal servizio, è valutabile agli effetti dell'anzianità di servizio.
Art. 15: Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
1. Il dirigente colpito da misura restrittiva della libertà personale è obbligatoriamente sospeso dal servizio, con sospensione dell’incarico dirigenziale conferito e privazione della retribuzione, per tutta la durata dello stato di restrizione della libertà, salvo che la Presidenza non proceda direttamente ai sensi dell’art. 13, comma 6, punto 2 (Codice disciplinare).
2. Il dirigente può essere sospeso dal servizio con privazione della retribuzione e con sospensione dell’incarico anche nel caso in cui sia sottoposto a procedimento penale, anche se non comporti la restrizione della libertà personale o questa sia comunque cessata, qualora la Presidenza disponga, ai sensi dell’art. 55-ter del D.lgs. n. 165 del 2001, la sospensione del procedimento disciplinare fino a termine di quello penale, ai sensi dell’art. 16 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale).
3. Resta fermo l'obbligo di sospensione del dirigente in presenza dei casi già previsti dagli artt. 58, comma 1, lett. a), b), limitatamente all'art. 316 del codice penale, lett. c), d) ed e), e 59, comma 1, lett. a), limitatamente ai delitti già indicati nell'art. 58 comma 1, lett. a) e all'art. 316 del codice penale, lett. b), e c), del D. Lgs .n. 267 del 2000. E’fatta salva l’applicazione dell’art. 13, comma 6, punto 2 (Codice disciplinare), qualora la Presidenza non disponga, ai sensi dell’art. 55-ter del D.lgs.
n. 165 del 2001, la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi dell’art. 16 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale).
4. Nel caso dei delitti previsti all’art. 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001, trova applicazione la disciplina ivi stabilita. Per i medesimi delitti, qualora intervenga condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, trova applicazione l’art. 4, comma 1, della citata legge n. 97 del 2001. Resta ferma, in ogni caso, l’applicabilità dell’art. 13, comma 6, punto 2 (Codice disciplinare), qualora la Presidenza non disponga la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi dell’art. 16 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale).
5. Nei casi indicati ai commi precedenti si applica comunque quanto previsto dall’art. 16 in tema di rapporti tra procedimento disciplinare e procedimento penale.
6. Ove la Presidenza proceda all’applicazione della sanzione di cui all’art. 13, comma 6, punto 2, (Codice disciplinare) la sospensione del dirigente disposta ai sensi del presente articolo conserva efficacia fino alla conclusione del procedimento disciplinare. Negli altri casi, la sospensione dal servizio eventualmente disposta a causa di procedimento penale conserva efficacia, se non revocata, per un periodo non superiore a cinque anni. Decorso tale termine, essa è revocata ed il dirigente è riammesso in servizio, salvo i casi nei quali, in presenza di reati che comportano l’applicazione dell’art. 13, comma 6, punto 2 (Codice disciplinare), la Presidenza ritenga che la permanenza in servizio del dirigente provochi un pregiudizio alla credibilità della stessa a causa del discredito che da tale permanenza potrebbe derivarle da parte dei cittadini e/o comunque, per ragioni di opportunità ed operatività della Presidenza stessa. In tal caso, può essere disposta, per i suddetti motivi, la sospensione dal servizio, che sarà sottoposta a revisione con cadenza biennale. Ove il procedimento disciplinare sia stato eventualmente sospeso fino all’esito del procedimento penale, ai sensi dell’art. 16 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale), tale sospensione può essere prorogata, ferma restando in ogni caso l’applicabilità dell’art. 13, comma 6, punto 2 (Codice disciplinare).
7. Al dirigente sospeso dal servizio ai sensi del presente articolo sono corrisposti un’indennità alimentare pari al 50% dello stipendio tabellare, la retribuzione individuale di anzianità o il maturato economico annuo, ove spettanti, e gli eventuali assegni familiari, qualora ne abbia titolo.
8. Nel caso di sentenza penale definitiva di assoluzione, pronunciata con la formula “il fatto non sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso”, quanto corrisposto, durante il periodo di sospensione cautelare, a titolo di assegno alimentare verrà conguagliato con quanto dovuto al dirigente se fosse rimasto in servizio, tenendo conto anche della retribuzione di posizione in godimento all'atto della sospensione. Ove il procedimento disciplinare riprenda per altre infrazioni, ai sensi dell’art. 16, comma 2, secondo periodo, (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale) il conguaglio dovrà tener conto delle sanzioni eventualmente applicate.
9. In tutti gli altri casi di riattivazione del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale, ove questo si concluda con una sanzione diversa dal licenziamento, quanto corrisposto al dirigente precedentemente sospeso viene conguagliato quanto dovuto se fosse stato in servizio, tenendo conto anche della retribuzione di posizione in godimento all’atto della sospensione; dal conguaglio sono esclusi i periodi di sospensione del comma 1 e quelli eventualmente inflitti a seguito del giudizio disciplinare riattivato.
Art. 16: Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale
1. Nell’ipotesi di procedimento disciplinare che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, trovano applicazione le disposizioni dell’art. 55-ter, del D.Lgs.n.165 del 2001.
2. Nel caso del procedimento disciplinare sospeso, ai sensi dell’art. 55-ter del D.Lgs. n. 165 del 2001, qualora per i fatti oggetto del procedimento penale intervenga una sentenza penale irrevocabile di assoluzione che riconosce che il “fatto non sussiste” o “non costituisce illecito penale” o che “l’imputato non lo ha commesso”, l’autorità disciplinare procedente, nel rispetto delle previsioni dell’art. 55-ter, comma 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001, riprende il procedimento disciplinare ed adotta le determinazioni conclusive, applicando le disposizioni dell’art. 653, comma 1, del codice di procedura penale. In questa ipotesi, ove nel procedimento disciplinare sospeso, al dirigente, oltre ai fatti oggetto del giudizio penale per i quali vi sia stata assoluzione, siano state contestate altre violazioni, oppure i fatti contestati, pur non costituendo illecito penale, rivestano comunque rilevanza disciplinare, il procedimento riprende e prosegue per dette infrazioni, nei tempi e secondo le modalità stabilite dall’art. 55-ter, comma 4.
3. Se il procedimento disciplinare non sospeso si sia concluso con l’irrogazione della sanzione del licenziamento, ai sensi dell’art. 13, comma 6, punto 2 (codice disciplinare), e successivamente il procedimento penale sia definito con una sentenza penale irrevocabile di assoluzione, che riconosce che il “fatto non sussiste” o “non costituisce illecito penale” o che “l’imputato non lo ha commesso”, ove il medesimo procedimento sia riaperto e si concluda con un atto di archiviazione, ai sensi dell’art. 55-ter, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, il dirigente ha diritto dalla data della sentenza di assoluzione alla riammissione in servizio presso l’amministrazione, anche in soprannumero nella medesima sede o in altra sede, nonché all’affidamento di un incarico di valore equivalente a quello posseduto all’atto del licenziamento. Analoga disciplina trova applicazione nel caso che l’assoluzione del dirigente consegua a sentenza pronunciata a seguito di processo di revisione.
4. Dalla data di riammissione di cui al comma 3, il dirigente ha diritto a tutti gli assegni che sarebbero stati corrisposti nel periodo di licenziamento, tenendo conto anche dell’eventuale periodo di sospensione antecedente nonché della retribuzione di posizione in godimento all’atto del licenziamento. In caso di premorienza, gli stessi compensi spettano al coniuge o al convivente superstite e ai figli.
5. Qualora, oltre ai fatti che hanno determinato il licenziamento di cui al comma 3, siano state contestate al dirigente altre violazioni, ovvero nel caso in cui le violazioni siano rilevanti sotto profili diversi da quelli che hanno portato al licenziamento, il procedimento disciplinare viene riaperto secondo le procedure previste dal presente CCNL.
Art. 17: La determinazione concordata della sanzione
1. L’autorità disciplinare competente ed il dirigente, in via conciliativa, possono procedere alla determinazione concordata della sanzione disciplinare da applicare fuori dei casi per i quali la legge ed il contratto collettivo prevedono la sanzione del licenziamento, con o senza preavviso.
2. La sanzione concordemente determinata in esito alla procedura conciliativa di cui al comma 1 non può essere di specie diversa da quella prevista dalla legge o dal contratto collettivo per l’infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad impugnazione.
3. L’autorità disciplinare competente o il dirigente può proporre all’altra parte, l’attivazione della procedura conciliativa di cui al comma 1, che non ha natura obbligatoria, entro il termine dei cinque giorni successivi alla audizione del dirigente per il contraddittorio a sua difesa, ai sensi dell’art. 55- bis, comma 2, del D.Lgs. n.165 del 2001. Dalla data della proposta sono sospesi i termini del procedimento disciplinare, di cui all’art. 55-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001. La proposta dell’autorità
disciplinare o del dirigente e tutti gli altri atti della procedura sono comunicati all’altra parte con le modalità dell’art. 55-bis, comma 5, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
4. La proposta di attivazione deve contenere una sommaria prospettazione dei fatti, delle risultanze del contraddittorio e la proposta in ordine alla misura della sanzione ritenuta applicabile. La mancata formulazione della proposta entro il termine di cui al comma 3 comporta la decadenza delle parti dalla facoltà di attivare ulteriormente la procedura conciliativa.
5. La disponibilità della controparte ad accettare la procedura conciliativa deve essere comunicata entro i cinque giorni successivi al ricevimento della proposta, con le modalità dell’art.55-bis, comma 5, del D.Lgs. n. 165 del 2001. Nel caso di mancata accettazione entro il suddetto termine, da tale momento riprende il decorso dei termini del procedimento disciplinare, di cui all’art. 55-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001. La mancata accettazione comporta la decadenza delle parti dalla possibilità di attivare ulteriormente la procedura conciliativa.
6. Ove la proposta sia accettata, l’autorità disciplinare competente convoca nei tre giorni successivi il dirigente, con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato.
7. Se la procedura conciliativa ha esito positivo, l’accordo raggiunto è formalizzato in un apposito verbale sottoscritto dall’autorità disciplinare e dal dirigente e la sanzione concordata dalle parti, che non è soggetta ad impugnazione, può essere irrogata dall’autorità disciplinare competente.
8. In caso di esito negativo, questo sarà riportato in apposito verbale e la procedura conciliativa si estingue, con conseguente ripresa del decorso dei termini del procedimento disciplinare, di cui all’art.55-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001.
9. In ogni caso la procedura conciliativa deve concludersi entro il termine di trenta giorni dalla contestazione e comunque prima dell’irrogazione della sanzione. La scadenza di tale termine comporta la estinzione della procedura conciliativa eventualmente già avviata ed ancora in corso di svolgimento e la decadenza delle parti dalla facoltà di avvalersi ulteriormente della stessa.
Art. 18: Reintegrazione del dirigente illegittimamente licenziato
1. La Presidenza, a domanda, reintegra in servizio il dirigente illegittimamente o ingiustificatamente licenziato dalla data della sentenza che ne ha dichiarato l’illegittimità o la ingiustificatezza, anche in soprannumero nella medesima sede o in altra su sua richiesta, con il conferimento allo stesso di un incarico di valore equivalente a quello posseduto all’atto del licenziamento. Al dirigente spetta, inoltre, il trattamento economico che sarebbe stato corrisposto nel periodo di licenziamento, anche con riferimento alla retribuzione di posizione in godimento all’atto del licenziamento.
2. Qualora, oltre ai fatti che hanno determinato il licenziamento di cui al comma 1, siano state contestate al dirigente altre violazioni, ovvero nel caso in cui le violazioni siano rilevanti sotto profili diversi da quelli che hanno portato al licenziamento, il procedimento disciplinare viene riaperto secondo le procedure previste dalle vigenti disposizioni.
Art. 19: Indennità sostitutiva della reintegrazione
1. L’Amministrazione o il dirigente possono proporre all’altra parte, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, di cui all’art. 18 (Reintegrazione del dirigente illegittimamente licenziato), il pagamento a favore del dirigente di un’indennità supplementare determinata, in
relazione alla valutazione dei fatti e delle circostanze emerse, tra un minimo pari al corrispettivo del preavviso maturato, maggiorato dell'importo equivalente a due mensilità, ed un massimo pari al corrispettivo di ventiquattro mensilità.
2. L'indennità supplementare di cui al comma 1 è automaticamente aumentata, ove l'età del dirigente sia compresa fra i 46 e i 56 anni, nelle seguenti misure:
· 7 mensilità in corrispondenza del 51esimo anno compiuto;
· 6 mensilità in corrispondenza del 50esimo e 52esimo anno compiuto;
· 5 mensilità in corrispondenza del 49esimo e 53esimo anno compiuto;
· 4 mensilità in corrispondenza del 48esimo e 54esimo anno compiuto;
· 3 mensilità in corrispondenza del 47esimo e 55esimo anno compiuto;
· 2 mensilità in corrispondenza del 46esimo e 56esimo anno compiuto.
3. Nelle mensilità di cui ai commi 1 e 2 è ricompresa anche la retribuzione di posizione già in godimento del dirigente al momento del licenziamento, con esclusione di quella di risultato.
4. Il dirigente che accetti l’indennità supplementare in luogo della reintegrazione non può successivamente adire l’autorità giudiziaria per ottenere la reintegrazione. In caso di pagamento dell’indennità supplementare, l'Amministrazione non può assumere altro dirigente nel posto precedentemente coperto dal dirigente cessato, per un periodo corrispondente al numero di mensilità riconosciute, ai sensi dei commi 1 e 2.
5. Il dirigente che abbia accettato l’indennità supplementare in luogo della reintegrazione, per un periodo pari ai mesi cui è correlata la determinazione dell'indennità supplementare e con decorrenza dalla sentenza che ha dichiarato l’illegittimità o la ingiustificatezza del licenziamento, può avvalersi della disciplina di cui all'art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001. Qualora si realizzi il trasferimento ad altra Amministrazione, il dirigente ha diritto ad un numero di mensilità pari al solo periodo non lavorato.
6. La presente disciplina trova applicazione dalla data di definitiva sottoscrizione del presente CCNL.
CAPO VI
Art. 20: Norma finale in materia di responsabilità disciplinare e dirigenziale
1. A seguito di monitoraggio in merito all’applicazione delle norme relative alla responsabilità disciplinare e dirigenziale, introdotte dal presente CCNL, la Presidenza, con il DPCM, previsto dall’art. 74, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2009, può definire, previo confronto con i soggetti di cui all’art. 13 del CCNL del 13 aprile 2006, ulteriori integrazioni e/o specificazioni delle predette disposizioni contrattuali, nel rispetto delle vigenti norme di legge, nonché dei principi generali dell’ordinamento che regolano la materia, tenendo presente la distinzione tra la due forme di responsabilità.
CAPO VII
ISTITUTI DI PARTICOLARE INTERESSE
Art. 21: Disposizioni particolari
1. L’art. 35 ( Accordi di mobilità) del CCNL del 35 aprile del 2006 è integrato dal seguente comma:
“9 bis. Non può costituire causa di recesso l’esigenza organizzativa e gestionale nelle situazioni di esubero; in tali situazioni si applicano prioritariamente le vigenti procedure di mobilità, ivi comprese quelle previste dal presente articolo ”.
2. All’art. 66, comma 1, (Responsabilità civile e patrocinio legale) del CCNL del 13 aprile 2006 è aggiunto il seguente paragrafo:
“Tale assicurazione non può essere diretta alla copertura di danni erariali che i dirigenti potrebbero essere chiamati a risarcire in conseguenza della loro responsabilità amministrativo - contabile.”
3. Il comma 3 dell’art. 66 (Responsabilità civile e patrocinio legale) del CCNL del 21 aprile 2006 è così sostituito.
“3. La Presidenza, sentite le XX.XX. firmatarie del presente CCNL, stipula, salvo quanto eventualmente previsto dall’ordinamento dell’Amministrazione, polizze con la società di assicurazione, selezionata sulla base della vigente normativa. Il dirigente che voglia aumentare i massimali o stipulare una polizza su base volontaria è tenuto a sottoscrivere un autonomo contratto di assicurazione distinto rispetto a quello stipulato dall’Amministrazione, con oneri a proprio carico”.
Art. 22: Clausole speciali in materia di formazione
1. Le parti confermano che, nel quadro evolutivo dei processi di riforma e modernizzazione della pubblica amministrazione, la formazione del personale svolge un ruolo primario nelle strategie di cambiamento dirette a conseguire una maggiore qualità ed efficacia dell’attività della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
2. La formazione si configura, altresì, come un valore consolidato ed un metodo diffuso e condiviso atto a supportare le scelte strategiche adottate dall’Amministrazione, assumendo, altresì, rilevanza fondamentale nell’ottica di favorire il consolidarsi di una nuova cultura gestionale improntata al risultato, nonché a consentire un più efficace conseguimento degli obiettivi prioritari dell’Amministrazione.
3. Gli interventi formativi di cui ai commi precedenti, realizzati nel rispetto delle risorse destinate a tale finalità, sono diretti a sviluppare ed a valorizzare il patrimonio professionale del dirigente e, a tale fine, vengono specificamente correlati sia a tematiche di carattere generale proprie della funzione dirigenziale, sia ad aspetti specifici riferiti agli incarichi assegnati.
4. Nell’ottica di favorire il costante potenziamento della qualificazione professionale della dirigenza, la Presidenza può, inoltre, prevedere la realizzazione di programmi di alta formazione, anche nella prospettiva dell’intensificarsi di esperienze europee e internazionali, nonché di favorire i rapporti istituzionali con organismi analoghi di altri Stati europei.
5. Per garantire l’obiettivo di una formazione permanente e diffusa, correlata agli specifici contesti di lavoro nonché a programmi di riqualificazione ad alto sviluppo informatico e tecnologico, sono definite specifiche misure per realizzare iniziative di formazione a distanza, nonché attività formative basate su metodologie innovative, come ad esempio la formazione sul posto di lavoro, la formazione mista (sia in aula che sul posto di lavoro), le comunità di apprendimento e le comunità di pratica.
6. Resta fermo quanto previsto dall’art. 32 (Formazione dei dirigenti) del CCNL del 13 aprile 2006.
TITOLO III
TRATTAMENTO ECONOMICO
CAPO I
CONSIGLIERI E DIRIGENTI DI I FASCIA
Art. 23: Trattamento economico fisso per i consiglieri e per i dirigenti di I fascia
1. Lo stipendio tabellare dei consiglieri e dei dirigenti di I fascia, definito ai sensi dell’art. 2, comma 2, del CCNL del 13 aprile 2006, relativo al biennio economico 2004-2005, nella misura annua lorda di € 51.329,04 comprensiva del rateo di tredicesima mensilità, è incrementato, con decorrenza dalle date sottoindicate, dei seguenti importi mensili lordi da corrispondere per 13 mensilità:
§ dal 01/01/2006 di € 53,56
§ rideterminato dal 01/01/2007 in € 180,85
2. A seguito dell’applicazione del comma 1 il nuovo stipendio tabellare annuo lordo a regime dei consiglieri e dirigenti di I fascia dal 1/1/2007 è rideterminato in € 53.680,09 per 13 mensilità.
3. La retribuzione di posizione di parte fissa, come stabilita dall’art. 2, comma 3, secondo punto del CCNL del 13 aprile 2006, relativo al biennio economico 2004-2005, è rideterminata, a decorrere dal 1° gennaio 2007 in € 35.173,90 annui lordi, comprensivi di tredicesima mensilità.
4. Resta confermata la retribuzione individuale di anzianità, gli eventuali assegni ad personam, ove acquisiti e spettanti in relazione a previgenti contratti collettivi nazionali, nella misura in godimento di ciascun dirigente.
5. Gli incrementi di cui al comma 1 assorbono e comprendono gli importi erogati a titolo di indennità di vacanza contrattuale prevista dall’art. 2, comma 6, del CCNL del 13 aprile 2006 per il quadriennio 2002-2005, nonché le misure dell’indennità integrativa speciale di cui all’art. 49, comma 6, del medesimo CCNL.
Art. 24: Effetti dei nuovi trattamenti economici
1. Le retribuzioni risultanti dall’applicazione dell’art. 23 (Trattamento economico fisso dei consiglieri e dei dirigenti di I fascia) hanno effetto sul trattamento ordinario di previdenza, di quiescenza normale e privilegiato, sull’indennità di buonuscita o di fine servizio, sull’indennità alimentare, sull’equo indennizzo, sulle ritenute assistenziali e previdenziali e relativi contributi e sui contributi di riscatto.
2. Gli effetti del comma 1 si applicano alla retribuzione di posizione nella componente fissa e variabile in godimento.
3. I benefici economici risultanti dall’applicazione dei commi 1 e 2 hanno effetto integralmente sulla determinazione del trattamento di quiescenza dei consiglieri e dirigenti di I fascia comunque cessati dal servizio, con diritto a pensione, nel periodo di vigenza del presente biennio contrattuale di parte economica alle scadenze e negli importi previsti dalle disposizioni richiamante nel presente articolo. Agli effetti dell’indennità di buonuscita, dell’indennità sostitutiva di preavviso e di quella prevista dall’articolo 2122 del cod. civ. si considerano solo gli scaglionamenti maturati alla data di cessazione dal servizio nonché la retribuzione di posizione percepita fissa e variabile provvedendo al recupero dei contributi non versati a totale carico degli interessati.
4. All’atto del conferimento dell’incarico di consigliere o di livello dirigenziale generale è conservata la retribuzione individuale di anzianità in godimento.
Art. 25: Fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato dei consiglieri e dei dirigenti di I fascia
1. Fermo restando quanto stabilito dall’art. 51 (Fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato dei consiglieri e dei dirigenti di I fascia) del CCNL per il quadriennio 2002-2005, il fondo ivi previsto, come integrato dall’art. 4 del CCNL per il biennio economico 2004 – 2005, del 13 aprile 2006, è ulteriormente incrementato dei seguenti importi percentuali, calcolati sul monte salari anno 2005 relativo ai consiglieri ed ai dirigenti di I fascia:
§ 3,14% a decorrere dal 01/01/2007;
§ rideterminato dal 31/12/2007 nel 3,53%.
2. Le risorse di cui al precedente comma, concorrono anche al finanziamento degli incrementi della retribuzione di posizione-parte fissa definita ai sensi dell’art. 23, comma 3, (trattamento economico fisso per i consiglieri e per i dirigenti di I fascia) e per la parte che residua, sono destinate alla retribuzione di risultato.
CAPO II
REFERENDARI E DIRIGENTI DI II FASCIA
Art. 26: Trattamento economico fisso per i referendari e per i dirigenti di II fascia
1. Lo stipendio tabellare, definito ai sensi del CCNL del 13 aprile 2006, relativo al biennio economico 2004-2005, nella misura annua lorda di € 40.129,98 comprensiva del rateo di tredicesima mensilità, è incrementato, con decorrenza dalle date sottoindicate, dei seguenti importi mensili lordi da corrispondere per 13 mensilità:
§ dal 01/01/2006 di € 21,83
§ rideterminato dal 01/01/2007 in € 141,386
2. A seguito dell’applicazione del comma 1 il nuovo stipendio tabellare annuo lordo a regime dei referendari e dirigenti di seconda fascia dal 1/1/2007 è rideterminato in € 41.968,00 per 13 mensilità.
3. Per i referendari e dirigenti di II fascia la retribuzione di posizione – parte fissa, di cui dell’art. 5, comma 3, secondo punto del CCNL per il biennio economico 2004-2005, è rideterminata a decorrere dal 01/01/2007 in € 11.778,61 annui lordi, comprensivi di tredicesima mensilità.
4. Gli incrementi di cui al comma 1 assorbono e comprendono gli importi erogati a titolo di indennità di vacanza contrattuale di cui all’art. 2, comma 6, del CCNL del 13 aprile 2006 per il quadriennio 2002-2005, nonché le misure dell’indennità integrativa speciale negli importi in godimento dei dirigenti come prevista dall’art. 52, comma 6, del medesimo CCNL.
5. Restano confermati la retribuzione individuale di anzianità, gli eventuali assegni ad personam, ove acquisiti e spettanti in relazione a previgenti contratti collettivi nazionali, nella misura in godimento di ciascun dirigente.
Art. 27: Effetti dei nuovi trattamenti economici
1. Le retribuzioni risultanti dall'applicazione dell’art. 26 (Trattamento economico fisso per i referendari e dirigenti di II fascia) hanno effetto sul trattamento ordinario di previdenza, di quiescenza normale e privilegiato, sull'indennità di buonuscita o di fine servizio, sull'indennità alimentare, sull'equo indennizzo, sulle ritenute assistenziali e previdenziali e relativi contributi e sui contributi di riscatto.
2. Gli effetti del comma 1 si applicano alla retribuzione di posizione nella componente fissa e variabile in godimento.
3. I benefici economici risultanti dall'applicazione dei commi 1 e 2 hanno effetto integralmente sulla determinazione del trattamento di quiescenza dei referendari e dirigenti di II fascia comunque cessati dal servizio, con diritto a pensione, nel periodo di vigenza del presente biennio contrattuale di parte economica alle scadenze e negli importi previsti dalle disposizioni richiamante nel presente articolo. Agli effetti dell’indennità di buonuscita, dell’indennità sostitutiva di preavviso e di quella prevista dall’articolo 2122 del cod. civ. si considerano solo gli scaglionamenti maturati alla data di cessazione dal servizio nonché la retribuzione di posizione percepita fissa e variabile provvedendo al recupero dei contributi non versati a totale carico degli interessati.
4. All’atto dell’attribuzione della qualifica di referendari e dirigenti di II fascia è conservata la retribuzione individuale di anzianità in godimento.
Art. 28: Fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato dei referendari e dei dirigenti di II fascia
1. Fermo restando quanto stabilito dall’art. 58 (Fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato dei referendari e dirigenti di II fascia) del CCNL per il quadriennio 2002-2005, il fondo ivi previsto, come integrato dall’art. 7 del CCNL per il biennio economico 2004 – 2005, del 13 aprile 2006, è ulteriormente incrementato dei seguenti importi percentuali, calcolati sul monte salari dell’anno 2005 relativo ai referendari ed ai dirigenti di II fascia:
§ 2,01% a decorrere dal 01/01/2007;
§ rideterminato dal 31/12/2007 nel 2,40%.
2. Le risorse di cui al precedente comma, concorrono anche al finanziamento degli incrementi della retribuzione di posizione-parte fissa definita ai sensi dell’art. 26, comma 3, (trattamento economico fisso per i referendari e per i dirigenti di II fascia) e per la parte che residua, sono destinate alla retribuzione di risultato.
Art. 29: Retribuzione di posizione dei referendari e dei dirigenti di II fascia preposti ad uffici dirigenziali non generali
1. La retribuzione di posizione è definita, per ciascuna funzione dirigenziale, nell’ambito del 85% delle risorse complessive, entro i seguenti valori annui lordi, a regime, per tredici mensilità: da un minimo di € 11.778,61 che costituisce la parte fissa di cui all’art. 26, comma 3, (trattamento economico fisso per i referendari e per i dirigenti di II fascia) del presente CCNL, a un massimo di
€ 47.832,47.
2. In presenza di una maggiore complessità funzionale e di più ampie responsabilità operative e relazionali, accertate dall’Amministrazione con proprio provvedimento in relazione a talune strutture, il valore delle retribuzioni di posizione di cui al comma 1 può essere elevato dalla Presidenza, entro il limite massimo del 10% dell’importo previsto, ove siano disponibili le relative risorse nell’ambito del fondo di cui all’art. 28 (Fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato dei referendari e dei dirigenti di II fascia) del presente CCNL. Ciò, al fine di valorizzare il maggiore impegno correlato al diretto coinvolgimento nelle modifiche dell’assetto organizzativo dell’Amministrazione, anche con riferimento alla gestione degli effetti dei processi di cambiamento attuati.
Art. 30: Retribuzione dei referendari e dei dirigenti di II fascia incaricati di funzioni dirigenziali generali
1. Ai dirigenti di seconda fascia incaricati di funzioni dirigenziali generali compete, limitatamente alla durata dell’incarico, la retribuzione stabilita per i dirigenti di prima fascia ai sensi dell’art. 23 (Trattamento economico fisso per i consiglieri e dirigenti di prima fascia), fermo restando quanto previsto dall’art. 23, comma 1, del d. lgs. n. 165 del 2001.
CAPO III
TRATTAMENTO ACCESSORIO
Art. 31: Retribuzione di risultato dei referendari e dei dirigenti di II fascia
1. Al fine di sviluppare, all’interno della Presidenza, l’orientamento ai risultati anche attraverso la valorizzazione della quota della retribuzione accessoria ad essi legata, al finanziamento della retribuzione di risultato per tutti i dirigenti di seconda fascia sono destinate parte delle risorse complessive di cui all’art. 28 (Fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato dei dirigenti di seconda fascia), comunque in misura non inferiore al 15% del totale delle disponibilità.
2. Le somme destinate al finanziamento della retribuzione di risultato devono essere integralmente utilizzate nell’anno di riferimento. Ove ciò non sia possibile, le eventuali risorse non spese sono destinate al finanziamento della predetta retribuzione di risultato nell’anno successivo.
3. L’importo annuo individuale della componente di risultato di cui al presente articolo non può in nessun caso essere inferiore al 20% del valore annuo della retribuzione di posizione in atto percepita, nei limiti delle risorse disponibili, ivi comprese quelle derivanti dall’applicazione del principio dell’onnicomprensività.
Art. 32: Criteri per l’erogazione della retribuzione di risultato a referendari e dirigenti di II fascia
1. L’Amministrazione definisce i criteri per la determinazione e per l’erogazione annuale della retribuzione di risultato ai dirigenti di seconda fascia anche attraverso apposite previsioni nei contratti individuali di ciascun dirigente. Nella definizione dei criteri, l’Amministrazione deve prevedere che la retribuzione di risultato debba essere erogata solo a seguito di preventiva, tempestiva determinazione degli obiettivi annuali, nel rispetto dei principi di cui all’art. 14, comma 1, del d. lgs. n. 165 del 2001, e della positiva verifica e certificazione dei risultati di gestione conseguiti in coerenza con detti obiettivi, secondo le risultanze dei sistemi di valutazione, di cui all’art. 5 (I sistemi di valutazione) del presente CCNL.
2. La retribuzione di risultato è attribuita sulla base del diverso grado di raggiungimento degli obiettivi e sul livello di capacità manageriale dimostrata nella realizzazione degli stessi, misurati con il sistema di valutazione di cui all’art. 5. Nell’ottica di garantire un’effettiva premialità, tale componente retributiva è articolata in livelli di merito, non inferiori a tre, graduati mediante l’applicazione di specifici parametri, definiti nel predetto sistema di valutazione, che garantiscano una adeguata differenziazione degli importi.
3. In caso di mancato rispetto dei principi e criteri in materia di valutazione, l’Amministrazione non potrà erogare le somme stanziate per la corresponsione della retribuzione di risultato ai dirigenti.
TITOLO IV
Norme finali CAPO I
Art. 33: Disposizioni finali
1. Per quanto non previsto dal presente contratto restano ferme le disposizioni contenute nei CCNL del 13 aprile 2006.
Art. 34: Disapplicazioni
Sono disapplicate le seguenti disposizioni :
§ con riferimento all’art. 3 (Conferimento incarichi dirigenziali): l’art. 20 del CCNL del 13 aprile 2006;
§ con riferimento all’art. 9 (Recesso per responsabilità dirigenziale): l’art. 41 del CCNL del 13 aprile 2006;
§ con riferimento all’art. 16 (Rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare): l’art. 45 del CCNL del 13 aprile 2006;
§ con riferimento all’art. 19 (Indennità sostitutiva della reintegrazione): l’art. 43 del CCNL del 13 aprile 2006;
§ con riferimento all’art. 29 (Retribuzione di posizione dei referendari e dei dirigenti di II fascia preposti ad uffici dirigenziali non generali): l’art. 8, comma 3, del CCNL del 13 aprile 2006 – biennio economico 2004/2005;
§ con riferimento all’art. 30 (Retribuzione di posizione dei referendari e dei dirigenti di II fascia incaricati di funzioni di consigliere e funzioni dirigenziali generali): l’art. 56, comma 1, del CCNL del 13 aprile 2006;
§ con riferimento agli artt. 31 (Retribuzione di risultato dei referendari e dei dirigenti di II fascia) e 32 (Criteri per l’erogazione della retribuzione di risultato a referendari e dirigenti di II fascia): l’art. 57 del CCNL del 13 aprile 2006.
DICHIARAZIONE CONGIUNTA
Con riferimento all’art. 3 (Conferimento incarichi dirigenziali) le parti, al fine di garantire la migliore funzionalità della Presidenza, convengono sull'opportunità che gli incarichi dirigenziali, ivi compresi quelli di capo dipartimento, siano conferiti in via prevalente ai dirigenti di ruolo, attesa la complessità e la tipicità dei compiti assegnati, il cui ottimale svolgimento richiede l'acquisizione di una specifica capacità professionale maturata all'interno della Presidenza stessa.
ALLEGATO 1
CODICE DI COMPORTAMENTO DEI DIPENDENTI DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Art. 1 (Disposizioni di carattere generale)
1. I princìpi e i contenuti del presente codice costituiscono specificazioni esemplificative degli obblighi di diligenza, lealtà e imparzialità, che qualificano il corretto adempimento della prestazione lavorativa. I dipendenti pubblici - escluso il personale militare, quello della polizia di Stato ed il Corpo di polizia penitenziaria, nonché i componenti delle magistrature e dell'Avvocatura dello Stato
- si impegnano ad osservarli all'atto dell'assunzione in servizio.
2. I contratti collettivi provvedono, a norma dell'art. 54, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al coordinamento con le previsioni in materia di responsabilità disciplinare. Restano ferme le disposizioni riguardanti le altre forme di responsabilità dei pubblici dipendenti.
3. Le disposizioni che seguono trovano applicazione in tutti i casi in cui non siano applicabili norme di legge o di regolamento o comunque per i profili non diversamente disciplinati da leggi o regolamenti. Nel rispetto dei princìpi enunciati dall'art. 2, le previsioni degli articoli 3 e seguenti possono essere integrate e specificate dai codici adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell'art. 54, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Art. 2 (Principi)
1. Il dipendente conforma la sua condotta al dovere costituzionale di servire esclusivamente la Nazione con disciplina ed onore e di rispettare i princìpi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione. Nell'espletamento dei propri compiti, il dipendente assicura il rispetto della legge e persegue esclusivamente l'interesse pubblico; ispira le proprie decisioni ed i propri comportamenti alla cura dell'interesse pubblico che gli è affidato.
2. Il dipendente mantiene una posizione di indipendenza, al fine di evitare di prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni, anche solo apparenti, di conflitto di interessi. Egli non svolge alcuna attività che contrasti con il corretto adempimento dei compiti d'ufficio e si impegna ad evitare situazioni e comportamenti che possano nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione.
3. Nel rispetto dell'orario di lavoro, il dipendente dedica la giusta quantità di tempo e di energie allo svolgimento delle proprie competenze, si impegna ad adempierle nel modo più semplice ed efficiente nell'interesse dei cittadini e assume le responsabilità connesse ai propri compiti.
4. Il dipendente usa e custodisce con cura i beni di cui dispone per ragioni di ufficio e non utilizza a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio.
5. Il comportamento del dipendente deve essere tale da stabilire un rapporto di fiducia e collaborazione tra i cittadini e l'amministrazione. Nei rapporti con i cittadini, egli dimostra la massima disponibilità e non ne ostacola l'esercizio dei diritti. Favorisce l'accesso degli stessi alle informazioni a cui abbiano titolo e, nei limiti in cui ciò non sia vietato, fornisce tutte le notizie e informazioni necessarie per valutare le decisioni dell'amministrazione e i comportamenti dei dipendenti.
6. Il dipendente limita gli adempimenti a carico dei cittadini e delle imprese a quelli indispensabili e applica ogni possibile misura di semplificazione dell'attività amministrativa, agevolando, comunque, lo svolgimento, da parte dei cittadini, delle attività loro consentite, o comunque non contrarie alle norme giuridiche in vigore.
7. Nello svolgimento dei propri compiti, il dipendente rispetta la distribuzione delle funzioni tra Stato ed enti territoriali. Nei limiti delle proprie competenze, favorisce l'esercizio delle funzioni e dei compiti da parte dell'autorità territorialmente competente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati.
Art. 3 (Regali e altre utilità)
1. Il dipendente non chiede, per sé o per altri, né accetta, neanche in occasione di festività, regali o altre utilità salvo quelli d'uso di modico valore, da soggetti che abbiano tratto o comunque possano trarre benefìci da decisioni o attività inerenti all'ufficio.
2. Il dipendente non chiede, per sé o per altri, né accetta, regali o altre utilità da un subordinato o da suoi parenti entro il quarto grado. Il dipendente non offre regali o altre utilità ad un sovraordinato o a suoi parenti entro il quarto grado, o conviventi, salvo quelli d'uso di modico valore.
Art. 4 (Partecipazione ad associazioni e altre organizzazioni)
1. Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica al dirigente dell'ufficio la propria adesione ad associazioni ed organizzazioni, anche a carattere non
riservato, i cui interessi siano coinvolti dallo svolgimento dell'attività dell'ufficio, salvo che si tratti di partiti politici o sindacati.
2. Il dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni ed organizzazioni, né li induce a farlo promettendo vantaggi di carriera.
Art. 5 (Trasparenza negli interessi finanziari.)
1. Il dipendente informa per iscritto il dirigente dell'ufficio di tutti i rapporti di collaborazione in qualunque modo retribuiti che egli abbia avuto nell'ultimo quinquennio, precisando:
a) se egli, o suoi parenti entro il quarto grado o conviventi, abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;
b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.
2. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti entro il quarto grado o affini entro il secondo, o conviventi che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che egli dovrà dirigere o che siano coinvolte nelle decisioni o nelle attività inerenti all'ufficio. Su motivata richiesta del dirigente competente in materia di affari generali e personale, egli fornisce ulteriori informazioni sulla propria situazione patrimoniale e tributaria.
Art. 6 (Obbligo di astensione)
1. Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri ovvero: di suoi parenti entro il quarto grado o conviventi; di individui od organizzazioni con cui egli stesso o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito; di individui od organizzazioni di cui egli sia tutore, curatore, procuratore o agente; di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui egli sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Xxxx'astensione decide il dirigente dell'ufficio.
Art. 7 (Attività collaterali)
1. Il dipendente non accetta da soggetti diversi dall'amministrazione retribuzioni o altre utilità per prestazioni alle quali è tenuto per lo svolgimento dei propri compiti d'ufficio.
2. Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione con individui od organizzazioni che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico in decisioni o attività inerenti all'ufficio.
3. Il dipendente non sollecita ai propri superiori il conferimento di incarichi remunerati.
Art. 8 (Imparzialità)
1. Il dipendente, nell'adempimento della prestazione lavorativa, assicura la parità di trattamento tra i cittadini che vengono in contatto con l'amministrazione da cui dipende. A tal fine, egli non rifiuta né accorda ad alcuno prestazioni che siano normalmente accordate o rifiutate ad altri.
2. Il dipendente si attiene a corrette modalità di svolgimento dell'attività amministrativa di sua competenza, respingendo in particolare ogni illegittima pressione, ancorché esercitata dai suoi superiori.
Art. 9 (Comportamento nella vita sociale)
1. Il dipendente non sfrutta la posizione che ricopre nell'amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino. Nei rapporti privati, in particolare con pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni, non menziona né fa altrimenti intendere, di propria iniziativa, tale posizione, qualora ciò possa nuocere all'immagine dell'amministrazione.
Art. 10 (Comportamento in servizio)
1. Il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda né affida ad altri dipendenti il compimento di attività o l'adozione di decisioni di propria spettanza.
2. Nel rispetto delle previsioni contrattuali, il dipendente limita le assenze dal luogo di lavoro a quelle strettamente necessarie.
3. Il dipendente non utilizza a fini privati materiale o attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio. Salvo casi d'urgenza, egli non utilizza le linee telefoniche dell'ufficio per esigenze personali. Il dipendente che dispone di mezzi di trasporto dell'amministrazione se ne serve per lo svolgimento dei suoi compiti d'ufficio e non vi trasporta abitualmente persone estranee all'amministrazione.
4. Il dipendente non accetta per uso personale, né detiene o gode a titolo personale, utilità spettanti all'acquirente, in relazione all'acquisto di beni o servizi per ragioni di ufficio.
Art. 11 (Rapporti con il pubblico)
1. Il dipendente in diretto rapporto con il pubblico presta adeguata attenzione alle domande di ciascuno e fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell'ufficio. Nella trattazione delle pratiche egli rispetta l'ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto motivando genericamente con la quantità di lavoro da svolgere o la mancanza di tempo a disposizione. Egli rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde sollecitamente ai loro reclami.
2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell'immagine dell'amministrazione. Il dipendente tiene informato il dirigente dell'ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa.
3. Il dipendente non prende impegni né fa promesse in ordine a decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all'ufficio, se ciò possa generare o confermare sfiducia nell'amministrazione o nella sua indipendenza ed imparzialità.
4. Nella redazione dei testi scritti e in tutte le altre comunicazioni il dipendente adotta un linguaggio chiaro e comprensibile.
5. Il dipendente che svolge la sua attività lavorativa in una amministrazione che fornisce servizi al pubblico si preoccupa del rispetto degli standard di qualità e di quantità fissati dall'amministrazione nelle apposite carte dei servizi. Egli si preoccupa di assicurare la continuità del servizio, di
consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalità di prestazione del servizio e sui livelli di qualità.
Art. 12 (Contratti)
1. Nella stipulazione di contratti per conto dell'amministrazione, il dipendente non ricorre a mediazione o ad altra opera di terzi, né corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, né per facilitare o aver facilitato la conclusione o l'esecuzione del contratto.
2. Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato nel biennio precedente. Nel caso in cui l'amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali egli abbia concluso contratti a titolo privato nel biennio precedente, si astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del contratto.
3. Il dipendente che stipula contratti a titolo privato con imprese con cui abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell'amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell'ufficio.
4. Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente competente in materia di affari generali e personale.
Art. 13 (Obblighi connessi alla valutazione dei risultati)
1. Il dirigente ed il dipendente forniscono all'ufficio interno di controllo tutte le informazioni necessarie ad una piena valutazione dei risultati conseguiti dall'ufficio presso il quale prestano servizio. L'informazione è resa con particolare riguardo alle seguenti finalità: modalità di svolgimento dell'attività dell'ufficio; qualità dei servizi prestati; parità di trattamento tra le diverse categorie di cittadini e utenti; agevole accesso agli uffici, specie per gli utenti disabili; semplificazione e celerità delle procedure; osservanza dei termini prescritti per la conclusione delle procedure; sollecita risposta a reclami, istanze e segnalazioni.