Contract
IL COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
Avv. Xxxxx Xx Xxxxxxx ………..…………... Membro designato dalla Banca d'Italia, che
svolge le funzioni di Presidente ai sensi dell’art. 4 del Regolamento per il funzionamento del Collegio
Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx … Membro designato dalla Banca d'Italia Dott. Comm. Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxx.…….. Membro designato dalla Banca d'Italia
Prof. Avv. Xxxxxxx Xxxxxxxx ………. … Membro designato dal Conciliatore
Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx per le controversie in cui sia parte un cliente professionista/imprenditore
[Estensore]
Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxx ………… Membro designato da Confindustria, di
concerto con Confcommercio,
Confagricoltura e Confartigianato
nella seduta del 29.04.2011 dopo aver esaminato
• il ricorso e la documentazione allegata;
• le controdeduzioni dell'intermediario e la relativa documentazione;
• la relazione istruttoria della Segreteria tecnica,
Fatto
La società ricorrente sostiene di aver stipulato con la banca - in data 14.03.2007 - un contratto di factoring avente ad oggetto la cessione dì un plafond di crediti pro soluto.
In relazione a tale contratto, la società ricorrente chiede alla banca di adempiere al contratto di factoring asseritamente pro soluto provvedendo a garantirla dal rischio del mancato pagamento dei crediti inclusi nel plafond oggetto di cessione per un importo pari a € 29.652,90.
A tal fine la ricorrente evidenzia che:
• la prima cessione di crediti è avvenuta in data 29.3.07 {per l'importo complessivo di € 39.858,20), con fatture tutte aventi scadenza a 180 giorni;
• a fronte di tale cessione, in data 29.3.07, sono state addebitati sul conto ordinario diversi importi a titolo di spese nonché di commissioni, anche pro soluto;
• a seguito dell'inadempimento del debitore ceduto, con nota del 14.6.10 la parte ricorrente ha richiesto alla banca di attivare la garanzie previste nel contratto di factoring stipulato e provvedere perciò al pagamento dei credili garantiti vantati nei confronti del debitore ceduto, come da fatture in possesso della stessa, per un totale di € 29.652,90, previe detrazioni previste in contratto;
• con nota del 19.7.10, l’intermediario ha replicato di non essere tenuto a ciò, in quanto il credito era da considerare pro solvendo, richiamando l'ipotesi di cui all'art. 13 del contratto di factoring;
• nella comunicazione del 29.03.07 ed altre successive, l'attribuzione del plafond pro soluto prevedeva il pagamento delle fatture cedute mediante bonifico bancario a 120 giorni, mentre la parte ricorrente presentava alla banca fatture tutte con scadenza a 180 giorni;
• per quanto evidente dalla documentazione prodotta, sin dalla prima cessione l’intermediario non ha mai contestato che la scadenza delle fatture fosse difforme rispetto alla citata comunicazione che recava la scadenza a 120 gg;
• gli estratti conto al 31.3.07 e al 30.4.07, dunque successivi alla prima comunicazione del 29.03.07 cui si riferisce la controparte, riportavano l’indicazione analitica di fatture con scadenza 180 gg. e l’addebito di commissioni pro soluto. Secondo la ricorrente, ciò dimostrerebbe che la banca ha sempre considerato valida ed efficace l’attribuzione del plafond pro soluto;
• in relazione a tale prima cessione, la banca – secondo la parte ricorrente
– ha gestito ed incassato i crediti ceduti liquidando il relativo importo secondo le modalità pattuite, “assumendosi il rischio di insolvenza del debitore ceduto”;
• nei casi di difformità tra ordine e fatture cedute (tutti i documenti riportavano la scadenza a 180 gg. perché questo era l'accordo tra la società ricorrente, la banca e il debitore ceduto), la parte ricorrente riceveva una telefonata da parte dell’intermediario con l'invito ad emettere note di credito, oppure a chiarire eventuali codici discordanti o ancora a provvedere a rettificare la cessione trasmessa;
• in costanza di rapporto, mai è stato fatto presente che la scadenza riportata sulle fatture era difforme rispetto a quanto stabilito contrattualmente.
Ciò posto, secondo la parte ricorrente emerge un comportamento concludente della banca “che si è manifestato come univocamente diretto a un fine: considerare sempre valida ed efficace l’attribuzione del plafond pro soluto attraverso atti che non possono essere rivolti ad altri fini.”.
La disposizione contrattuale invocata dall’intermediario per esimersi dal pagamento, priva di contenuto essenziale nell'economia complessiva del contratto stipulato, per quanto ampiamente superata da comportamenti concludenti, sarebbe peraltro senza dubbio riconducibile alle clausole vessatorie previste dall'art. 1341, comma 2, c.c.
Inoltre, la scadenza delle fatture a 180 giorni in luogo di 120 non ha arrecato alcun pregiudizio al factor, anzi, ha prodotto l'effetto positivo di maturazione degli interessi per ulteriori 60 giorni senza che la parte ricorrente avesse da obiettare alcunché.
Dal canto suo, la banca ha ammesso di aver erroneamente applicato le commissioni pro soluto al plafond di crediti ceduto dalla ricorrente e, senza per questo nulla ammettere in merito alle contestazioni sollevate nel ricorso, ha stornato quanto indebitamente imputato (complessivi € 5.095,16), oltre al contributo di € 20, ed ha chiesto all’ABF di non accogliere il ricorso in quanto infondato.
In particolare, la banca ha sostenuto l’estraneità delle fatture cedute al plafond pro soluto oggetto del contratto.
Essa ha infatti eccepito che il contratto di factoring intercorso tra le parti, il quale disciplina cessioni di crediti pro solvendo e solo eccezionalmente, per espressa
convenzione delle parti, prevede l'assunzione di responsabilità da parte della Banca pro soluto, così recita:
- articolo 12: "II fornitore che intenda richiedere al factor di assumere il rischio del mancato pagamento di un determinato debitore, dovrà sottoporgli una richiesta con le modalità indicate dal factor. Il factor comunicherà al fornitore per iscritto le sue determinazioni in merito, indicando l’importo del plafond accordato e le ulteriori condizioni. Nei limiti dell'importo del plafond accordato il factor assumerà il rischio del mancato pagamento dell'ammontare in linea capitale dei crediti stessi
... ".
- articolo 13: "La validità del plafond decorrerà dalla data della comunicazione contenente la risposta del factor o dalla diversa data espressamente ivi indicata e sarà valida ed efficace per i crediti che risponderanno ai seguenti requisiti (tra i quali: “i termini di pagamento indicati nelle fatture siano uguali o inferiori a quelli definiti nella comunicazione del factor di assunzione del rischio”).
Il 16.03.2007 (lo stesso giorno della stipulazione del contratto di factoring), la parte ricorrente in esecuzione del citato articolo 12, ha richiesto alla banca l'attribuzione di un plafond pro soluto a valere sui crediti vantati nei confronti del debitore ceduto, i quali, come modalità e termini di pagamento, prevedevano bonifico bancario a 180 giorni data fattura.
La richiesta di concessione plafond altresì specificava: “..... qualora riteneste di fornire la copertura del credito garantito a condizioni diverse da quanto sopra indicato, la Vostra proposta si intenderà da noi tacitamente accettata trascorsi cinque giorni dalla relativa comunicazione, senza che vi sia pervenuta diversa indicazione da parte nostra”.
La banca, con comunicazione del 29.03.2007 e poi con altre comunicazioni successive, attribuiva alla ricorrente un plafond pro soluto che prevedeva il pagamento delle fatture cedute mediante bonifico bancario a 120 giorni. L'attribuzione del plafond non è mai stata contestata dalla parte ricorrente prima del 14.06.2010, data della presentazione del reclamo.
In applicazione dell'articolo 12 tale attribuzione deve dunque ritenersi confermata dal cedente e quindi vigente. Ciononostante, la ricorrente presentava alla banca fatture tutte con scadenza a 180 giorni, anziché a 120 giorni, così come originariamente pattuito.
Tale circostanza integra l'ipotesi di cui all'articolo 13 del contratto di factoring, determinando l'inefficacia del plafond pro soluto concesso.
In relazione al comportamento concludente invocato dalla parte ricorrente, la banca ha sostanzialmente richiamato l’art. 117 del TUB che prevede la forma scritta a pena di nullità per i contratti bancari, tra i quali rientra il contratto di factoring.
Nella specie, secondo la banca, “la manifestazione di volontà di ciascuna delle parti non può mai desumersi da comportamenti concludenti e pertanto il contratto non si perfeziona. Per nessun motivo quindi l'applicazione di commissioni di garanzia pro soluto comporta di per sé l'assunzione” da parte dell’intermediario del rischio del mancato pagamento del credito ceduto. Ne consegue che la copertura pro soluto non è dovuta in quanto non si è mai concluso il relativo contratto, mentre rimarrebbe valida, in applicazione del principio di conservazione del contratto, la cessione di credito pro solvendo.
In via subordinata, l’intermediario chiede, in caso di accoglimento del ricorso, che dall’importo richiesto vengano decurtate le fatture emesse dal 1° settembre 2009 e, in ogni caso, che la garanzia venga limitata al 90 % dei crediti inclusi nel plafond come previsto dal contratto.
Diritto
I fatti ed i comportamenti tenuti dalle parti nel corso del rapporto di cui è causa non sono in contestazione.
Deve pertanto ritenersi provato, ai fini del decidere, che:
- la società ricorrente ha stipulato con la banca resistente un contratto di factoring avente ad oggetto la cessione di pacchetti (o plafond) di crediti non ancora venuti a scadenza;
- le modalità di cessione e di garanzia sui crediti ceduti alla banca sono regolate dagli articoli 12 e 13 del contratto;
- ai sensi di tali previsioni negoziali era la banca ad indicare le condizioni alle quali era disposta a concedere la garanzia pro soluto sui crediti ceduti;
- tra le condizioni indicate dalla banca vi era la scadenza dei crediti, che non doveva superare i 120 giorni;
- i crediti sui quali la ricorrente invoca la garanzia della banca scadevano invece a 180 giorni;
- la banca ha applicato su tali crediti le commissioni previste per la cessione di crediti pro soluto;
- la banca ha provveduto a rimborsare la ricorrente delle maggiori commissioni applicate sulla cessione di crediti pro soluto, per un importo pari ad euro 5.095,16, solo dopo la presentazione del ricorso.
Questi essendo i fatti ed i comportamenti come dedotti dalle parti, si tratta allora di stabilire se la cessione del plafond di crediti da parte della società sia avvenuta pro soluto, come sostiene la ricorrente, ovvero pro solvendo, come eccepisce la banca per sottrarsi alla richiesta della cliente.
Stando alle disposizioni contrattuali che regolano il rapporto, l’assunzione della garanzia sui crediti ceduti da parte della banca (i.e. cessione pro soluto) risulta subordinata al rispetto da parte del cedente delle condizioni indicate dal factor, tra le quali figurano i termini di pagamento delle fatture incluse nel plafond. Pertanto, laddove tali requisiti non siano rispettati, i crediti inclusi nel plafond non saranno assistiti dalla garanzia della banca.
Orbene, nel caso che occupa, è pacifico che la scadenza dei crediti inseriti nel plafond fosse difforme da quella indicata dalla banca, essendo di 180 giorni anziché di 120; con la conseguenza che per essi la banca non risponde pro soluto.
La circostanza, anch’essa pacifica, che l’intermediario abbia sempre applicato alla cessione di tali crediti le (più elevate) commissioni previste per la cessione dei crediti pro soluto, ha indotto la ricorrente a configurare una modifica del contratto per fatti concludenti.
Tuttavia, come puntualmente eccepito dalla banca, ai sensi dell’art. 117 t.u.b. i contratti aventi ad oggetto la prestazione di servizi bancari e finanziari devono essere redatti per iscritto a pena di nullità. Pertanto, alla luce di tale precetto, sembra da escludere che il contenuto di un contratto come quello di cui si discute possa essere modificato dalle parti attraverso comportamenti concludenti che stabiliscano un regime diverso da quello indicato nel testo da esse originariamente approvato e sottoscritto.
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso non può essere accolto, in quanto i crediti inclusi dalla società nel plafond non rispondevano ai requisiti indicati dalla banca per poter fruire della garanzia pro soluto.
Ciò posto, appare comunque censurabile il comportamento della banca la quale, per tutta la durata del rapporto, ha applicato alla cliente le commissioni previste dal contratto per la cessione dei crediti pro soluto e solo dopo la presentazione del ricorso ha provveduto a restituire l’eccedenza.
Sussistono dunque i presupposti per rivolgere all’intermediario la raccomandazione di rispettare nei rapporti con la clientela le condizioni economiche indicate in contratto.
P.Q.M.
Il Collegio respinge il ricorso.
Delibera, inoltre, di rivolgere all'intermediario, nei sensi di cui in motivazione, indicazioni utili a migliorare le relazioni con la clientela.
IL PRESIDENTE
firma 1