ENTE PER LE NUOVE TECNOLOGIE, L’ENERGIA E L’AMBIENTE
ENTE PER LE NUOVE TECNOLOGIE, L’ENERGIA E L’AMBIENTE
Divisione PROM
Progetto PEAT
Convenzione ENEA - Regione Campania
PER L’ATTIVITA’ DI SUPPORTO ALLA REDAZIONE DEL
PIANO ENERGETICO DELLA REGIONE CAMPANIA
RAPPORTO RELATIVO AL:
• PUNTO 6 (VALUTAZIONE DEL POTENZIALE ENERGETICO DELLE BIOMASSE VEGETALI)
DEL PROGRAMMA DI ATTIVITA’
marzo 2001
Valutazione del potenziale energetico da biomasse vegetali della Regione Campania
convenzione tra REGIONE CAMPANIA ed ENEA per l’attivita’ di supporto alla redazione del piano energetico regionale
L’attivita’ è stata realizzata dal Progetto PEAT (Pianificazione Energetico – Ambientale Territoriale) della Divisione PROM
RESPONSABILE DELL’ATTIVITÀ: DOTT. XXXXXX X’XXXXXX
RESPONSABILE TECNICO – SCIENTIFICO: XXXX. XXXXXXXX XXX
Valutazione del Potenziale energetico delle
Biomasse vegetali della Regione Campania
. INTRODUZIONE
Il presente Studio riporta i risultati ottenuti dall’applicazione della metodologia utilizzata per valutare il potenziale energetico da biomasse vegetali della Regione Campania, effettuata nell’ambito della predisposizione del Piano Energetico Regionale (PER).
La metodologia utilizzata, realizzata dall’ENEA e dall’A.I.I.A. (Associazione Italiana di Ingegneria Agraria), la cui collaborazione è stata richiesta dall’ENEA per la specifica competenza di questa Associazione nel settore energetico applicato al mondo agricolo, consente infatti di calcolare - in base alla distribuzione di biomassa vegetale utilizzabile per fini energetici presente su un determinato territorio di indagine, a parametri tecnici di funzionamento e ad obiettivi economici associati all’investimento - la potenza elettrica ottimale ed il numero di impianti di conversione energetica realizzabili su questo territorio.
La metodologia è stata originariamente sviluppata a seguito dell’emanazione del Provvedimento CIP 6/92 che consente la cessione all’ENEL a prezzi incentivanti dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ed assimilate; questa opportunità, unitamente alla sufficiente maturità tecnologica di alcune filiere di conversione energetica delle biomasse, sembrava infatti consentire agli inizi degli anni ‘90 la possibilità di realizzare impianti che rispondessero ai richiesti criteri di redditività economica.
L’impiego ai fini energetici delle biomasse sembrava pertanto offrire agli imprenditori del mondo agricolo non solo una valida integrazione od una alternativa alle tradizionali pratiche colturali, ma sembrava soprattutto potesse consentire il reimpiego produttivo, utilizzando le più consolidate colture energetiche, dei terreni destinati al set- aside dall’allora vigente politica agricola comunitaria.
L’applicazione della metodologia alla Regione Campania, basata su dati statistici e parametri medi di calcolo, è stata effettuata utilizzando in particolare i dati ISTAT sulle produzioni agricole e forestali aggiornati al 1996, ultimo anno attualmente disponibile, mentre i valori dei parametri tecnico-economici utilizzati tengono conto dell’esperienza acquisita dalle precedenti applicazioni della metodologia effettuate dall’ENEA in particolare nelle Regioni Abruzzo ed Xxxxxx-Romagna, utilizzando dati ed informazioni reperiti in loco. La convenienza economica dell’utilizzo ai fini energetici delle biomasse è stata inoltre valutata anche indipendentemente dalla politica di sostegno introdotta dal Provvedimento CIP 6/92 che, come è noto, non è attualmente operativo.
Il presente documento riporta gli aspetti di base relativi all’uso energetico delle biomasse, i lineamenti della metodologia utilizzata, la descrizione delle caratteristiche agro-forestali della Regione, le valutazioni che stanno alla base dell’elaborazione effettuata ai fini del PER, ed i risultati di questa applicazione.
1. USO ENERGETICO DELLE BIOMASSE
1.1 Definizione
Con il termine biomassa si indica, in campo energetico, la sostanza organica, di origine vegetale od animale, da cui è possibile ottenere energia attraverso processi di tipo biochimico (ad es. digestione anaerobica) o di tipo termochimico (ad es. combustione o gassificazione).
Questa sostanza organica ha origine essenzialmente:
• dai prodotti principali o dai residui del settore agro-forestale;
• dai sottoprodotti e dagli scarti delle lavorazioni agro-alimentari;
• dagli scarti della catena di distribuzione e dei consumi finali;
• dalle deiezioni animali;
• da “specie energetiche” appositamente coltivate.
La biomassa è una risorsa rinnovabile, e quindi inesauribile nel tempo, a condizione che venga impiegata ad un tasso di utilizzo non superiore alle capacità di rinnovamento biologico. Di contro è una risorsa quantitativamente non illimitata in quanto la disponibilità di ciascuna tipologia è limitata da vincoli fisici, ad esempio dalla superficie destinata alle singole produzioni vegetali o dal numero di capi di allevamento, oltre che da quelli climatici ed ambientali che condizionano ad esempio le rese produttive delle coltivazioni vegetali.
1.2 Processi di conversione energetica
Allo stato naturale, o di tal quale (t.q.) la biomassa è costituita da una frazione umida e da una secca, costituita essenzialmente da fibra grezza. La scelta del processo di conversione energetica è legata quindi alle proprietà chimico-fisiche della biomassa, in particolare dal rapporto C/N tra il contenuto di carbonio (C) e di azoto (N) e dalla sua umidità (U).
Schematicamente, per le conversioni energetiche di tipo termochimico, risultano idonee le biomasse che presentano:
• un elevato rapporto tra il contenuto di carbonio e quello dell’azoto (C/N > 30);
• ridotto contenuto di umidità (U < 30 % sul t. q.);
• sufficiente Potere Calorifico Inferiore (PCI > 2.400 kcal/kg di s. s.(1)).
(1) sostanza secca: frazione secca della biomassa tal quale
La biomassa che presenta queste caratteristiche ha infatti una frazione secca preponderante rispetto a quella umida, ed quindi preferibilmente utilizzabile in processi di combustione o di gassificazione.
La combustione diretta delle biomasse a ridotto contenuto di umidità (biomasse ligno-cellulosiche) può essere sinteticamente definita come l’ossidazione completa del carbonio e dell’idrogeno in esse contenuti. Il processo, che si verifica a temperature superiori a 1.000 °C, richiede un eccesso d’aria superiore a quello teorico ed un apporto iniziale di energia.
Gli schemi classici prendono in considerazione quattro fasi distinte, caratterizzate da successive trasformazioni del combustibile: riscaldamento ed essiccazione (fino a circa 200 °C), pirolisi, fase gassosa, reazioni di ossidazione del carbonio.
La pirolisi, che avviene tra i 225 ed i 400 °C, può essere definita come la distillazione distruttiva dei componenti carboniosi (emicellulosa, cellulosa e lignina) in assenza di ossigeno: conduce alla formazione di gas, composti catramosi e carbonio allo stato quasi puro. I primi vengono successivamente bruciati nella fase gassosa (500 - 750
°C), secondo una serie di reazioni di ossidazione del carbonio definite di pre- combustione, combustione e post-combustione.
Il processo termochimico di gassificazione della biomassa comporta invece la trasformazione della biomassa in un combustibile gassoso (chiamato gas povero per il suo basso potere calorifico) che può essere utilizzato in particolare per l’alimentazione dei motori endotermici. Il processo avviene operando ad elevate temperature (900 - 1.500
°C) in carenza di ossigeno (10 - 20% in meno di quanto richiesto dalla combustione), ed è influenzato in modo specifico dall’umidità della biomassa.
Per le conversioni di tipo termochimico risultano quindi idonei la legna ed i suoi derivati (segatura, trucioli, ecc.), i più comuni sottoprodotti colturali di tipo ligno- cellulosico (paglia di cereali, residui di potature, ecc.) e taluni scarti di lavorazione (lolla, pula, gusci, noccioli, sanse, vinacce, ecc.), caratterizzati da una ridotta pezzatura, una umidità compresa tra 15 e 40%, ed un basso tenore di cenere.
Viceversa, per le conversioni di tipo biochimico, sono utilizzabili le biomasse che presentano:
• un ridotto rapporto carbonio/azoto (C/N < 30);
• un elevato contenuto di umidità (U> 30 % sul tal quale)
e, quindi, una frazione umida preponderante rispetto a quella secca; queste biomasse sono quindi preferibilmente utilizzabili in processi di tipo biochimico, tra i quali ha pratica applicazione la digestione anaerobica per la produzione di biogas.
La fermentazione anaerobica prodotta dalla decomposizione ad opera di enzimi e batteri della sostanza organica in assenza di aria da luogo infatti alla formazione di composti organici ed inorganici semplici, ed alla produzione di un gas (biogas) costituito in percentuale notevole (50-70%) da metano. La digestione anaerobica consente quindi la degradazione della sostanza organica con la formazione di prodotti combustibili.
Per le conversioni di tipo biochimico risultano perciò idonee le colture acquatiche, alcuni sottoprodotti colturali (foglie e steli di barbabietola, patata, ortive, ecc.), i reflui zootecnici ed alcuni scarti di lavorazione (acque di vegetazione dei frantoi, ecc.), nonché la biomassa organica eterogenea immagazzinata nelle discariche controllate.
1.3 Tecnologie di conversione energetica
Analogamente alle fonti tradizionali, anche per l’uso energetico delle biomasse si prospettano in linea di principio diverse soluzioni tecniche (filiere di conversione energetica), Fig. 1, che si differenziano, sostanzialmente, per:
• caratteristiche della biomassa utilizzata;
• principi fisici applicati per la conversione energetica;
• potenze elettriche convenientemente realizzabili,
fermo restando che la più idonea finalizzazione della conversione energetica delle biomasse è la produzione di energia elettrica con eventuale recupero del calore (cogenerazione).
Le diverse soluzioni tecnologiche si basano sull’adozione di processi e macchine adatte per definiti range di potenza ed ambiti applicativi ed inoltre, poiché i rendimenti elettrici globali sono normalmente inferiori al 30%, la presenza di cascami termici è sempre notevole e tale da suggerire il ricorso alla cogenerazione.
Per potenze fino a 500 kWe, una filiera proponibile si basa sulla gassificazione della biomassa e sull’utilizzo del gas povero con motori a ciclo Otto o Diesel, anche se i primi risultano in genere di più facile gestione.
Le biomasse utilizzabili dipendono dal tipo di gassificatore scelto; in linea generale è richiesta una certa regolarità nella pezzatura (lolla di riso, tronchetti di legno di lunghezza e diametro di circa 4 - 5 cm, ecc.) ed un’umidità piuttosto bassa (10 - 15%), per cui è quasi sempre necessario un trattamento preliminare della biomassa (ad esempio sminuzzatura delle ramaglie), che richiede un certo impegno di manodopera per l’alimentazione delle macchine e la loro manutenzione. Il gas va infatti depurato da particolati e condensabili, operazione questa che richiede una certa cura degli elementi filtranti e raffreddanti; gli intervalli di manutenzione dei motori si riducono perciò al 20 - 30% dei tempi consigliati per i motori alimentati a combustibili tradizionali.
Fig. 1 - Possibili filiere per l’impiego energetico delle biomasse
Questi aspetti non favoriscono pertanto la diffusione di questi sistemi, che sono di fatto scarsamente presenti nella realtà italiana; gli investimenti per impianti completi oscillano tra 1,5 e 3 milioni di lire/kWe (valori 1994), risentendo fortemente dell’assenza di un reale mercato (i costruttori operano infatti solo su ordinazione).
In alternativa alla gassificazione possono essere utilizzate per queste taglie di potenza, in presenza di carichi elettrici particolarmente costanti, anche delle piccole turbine a vapore, che presentano il vantaggio di poter utilizzare dei generatori di calore di tipo convenzionale.
Per potenze superiori a 500 kWe l’unica filiera proponibile è quella che considera l’accoppiamento generatore di vapore- turboalternatore a ciclo Rankine.
I combustori (caldaie) delle biomasse devono essere in grado perciò di produrre vapore a 4-10 MPa di pressione e 500 - 600 °C di temperatura per l’azionamento delle turbine a vapore che, accoppiate ad un alternatore, consentono la produzione di energia elettrica. Sono, in generale, composti da: alimentatori della biomassa, corpo caldaia (a griglia fissa quelli più comunemente usati), scambiatori e recuperatori di calore, dispositivi per l’eliminazione dei particolati, ed hanno dei rendimenti energetici di conversione medi di 0,8.
I costi di questa tecnologia (valori 1994), di cui esistono costruttori nazionali ed esteri, è di circa 150 milioni di lire/MWt per la realizzazione della sola caldaia, e di 4 miliardi di lire/MWe per l’impianto di conversione energetica nel suo complesso.
1.4 Contesti applicativi idonei per l’uso energetico delle biomasse
Allo stato attuale, tra le applicazioni realisticamente proponibili finalizzate alla conversione energetica delle biomasse, quella ritenuta più idonea è quella che considera un’unica centrale di trasformazione energetica per la produzione di energia elettrica (da realizzare ad hoc o trasformando un impianto tradizionale esistente); questa centrale deve essere ubicata opportunamente in un comprensorio rurale di medie dimensioni dal quale prelevare la biomassa, a scarso contenuto di umidità, presente entro raggi di trasporto relativamente brevi (< 30-35 km), per ridurre al minimo l’incidenza del costo di trasporto della biomassa.
La dimensione del comprensorio è quindi strettamente correlata a questo parametro, mentre l’opportunità di trasformare impianti tradizionali esistenti può essere presa in considerazione solo nel caso che i medesimi siano localizzati in aree caratterizzate da una sufficiente disponibilità di residui.
Altri ambiti applicativi, quali i nuclei abitativi con struttura accorpata di piccole dimensioni (50 - 200 unità familiari), presenti in particolare in zone montane caratterizzate da disponibilità significative di residui legnosi, o le aziende produttive, in particolare quelle di trasformazione dei prodotti agricoli, sono in generale meno interessanti, in quanto comportano taglie di potenza più ridotte (prevedendo in genere l’impiego di motori endotermici) che difficilmente consentono la redditività dell’investimento.
Solo applicazioni di tipo comprensoriale, infatti, possono consentire di realizzare impianti di potenza adeguata (> 5 MWe) per il collegamento in parallelo con la rete elettrica, e di prevedere perciò la vendita dell’energia elettrica prodotta.
La convenienza economica di questi impianti può comunque verificarsi in genere solo quando sia possibile individuare in prossimità della centrale di conversione utenti che richiedano non solo l’energia elettrica prodotta, ma anche e soprattutto il calore; occorre quindi localizzare gli impianti possibilmente in prossimità di aree in cui siano presenti ad esempio consistenti insediamenti industriali, in particolare aziende del settore agro-alimentare.
A queste aziende, inoltre, l’offerta di energia elettrica e termica prodotta da impianti a biomasse può essere destinata solo nel caso in cui i relativi costi specifici di acquisto siano sensibilmente inferiori rispetto a quelli tradizionali; ciò anche in considerazione della minore affidabilità nella fornitura dell’energia legata alla complessa organizzazione necessaria per l’approvvigionamento e lo stoccaggio della biomassa, che comporta, in ogni caso, la necessità di ricorrere a contratti “di soccorso” con le aziende che forniscono l’energia elettrica ed i combustibili tradizionali.
La sola tecnologia proponibile attualmente per applicazioni di queste taglie di potenza è, come detto, la combustione diretta in caldaie per la produzione di vapore da utilizzare in un gruppo turboalternatore per la produzione di energia elettrica (con o senza cogenerazione); si tratta infatti di una tecnologia ormai matura, di cui si conoscono in modo affidabile costi e rendimenti. Altre tecnologie di conversione termochimica, come la gassificazione e la pirolisi, non presentano infatti allo stato attuale la medesima affidabilità tecnologica.
La filiera attualmente proponibile, Fig. 2, per applicazioni di queste dimensioni comporta pertanto la realizzazione delle seguenti fasi operative:
• raccolta ed accumulo della biomassa;
• preparazione del combustibile nella forma adeguata per l’alimentazione dell’impianto;
• combustione con produzione di vapore;
• produzione di energia elettrica mediante turboalternatore a ciclo Rankine con eventuale produzione combinata di energia termica.
Fig. 2 - Percorso più conveniente per la conversione energetica delle biomasse ligno- cellulosiche secche nel caso di impianti comprensoriali
RACCOLTA ACCUMULO ⇒ BIOMASSA
ESSICCAZIONE
SMINUZZATURA ⇒ COMBUSTIONE ⇒ TURBOALTERNATORE
POLVERIZZAZIONE
A VAPORE
Le biomasse più idonee per questa applicazione risultano:
• paglia di cereali e stocchi di mais;
• residui di potatura di specie arboree, come i sarmenti di vite e le potature dell’ulivo, degli agrumi, degli alberi da frutta, dei mandorli e dei noccioli, compresa la legna d’espianto ritraibile al termine del ciclo produttivo delle piante (massa
dendrometrica);
• legna di produzione forestale e residui legnosi da tagli forestali destinati all’industria;
• residui delle lavorazioni agro-industriali, come le sanse esauste, le vinacce, i gusci ed i noccioli, la lolla di riso, gli imballaggi cartacei ed il cartone.
Le “colture energetiche” non sono invece ritenute allo stato attuale utilizzabili, in quanto ancora poco diffuse ed a carattere prevalentemente sperimentale.
1.5 Problematiche relative all’uso energetico delle biomasse
L’impiego energetico delle biomasse agricole è condizionato dalle problematiche legate in particolare alla loro stagionalità ed al loro costo di raccolta e di trasporto.
La disponibilità degli ingenti quantitativi di biomassa necessari ad alimentare impianti di taglia considerevole è infatti concentrata in periodi di tempo dell’ordine di poche settimane (le paglie dei cereali in giugno-luglio, gli stocchi del mais in ottobre- novembre, i residui di potatura nei mesi invernali), mentre la domanda di energia è in genere presente in modo continuativo durante tutto l’anno.
Questo “mismatch” temporale tra offerta e domanda ha perciò rilevanti conseguenze economiche, in quanto nel conto economico devono essere considerati anche gli investimenti necessari allo stoccaggio della biomassa, ed in alcuni casi anche ad una preventiva sua parziale essiccazione per garantire la conservazione della sostanza organica che è facilmente putrescibile.
Agli impianti di trasformazione energetica dei sottoprodotti agricoli deve inoltre essere “asservita” una superficie territoriale sufficientemente estesa da garantire
l’approvvigionamento della materia prima necessaria per il suo funzionamento; questo comporta che la coltura (o le colture) da cui deriva la biomassa sia concentrata territorialmente, ossia che la biomassa complessiva ritraibile dal territorio abbia la più elevata densità possibile, al fine di contenere i costi di trasporto alla centrale di conversione.
A tal fine deve essere evidenziato che, per applicazioni di questo tipo, è opportuno realisticamente trascurare la biomassa prodotta dalle coltivazioni agrarie con superfici di produzione inferiori a 500 ha.
Tale limite deriva dalla constatazione pratica che una superficie di 500 ha fornisce, considerando una produzione media realisticamente ottenibile di 2 t/ha . anno di biomassa secca, un rendimento globale medio di conversione energetica (energia resa all’utenza/energia potenziale della biomassa) del 25% ed un potere calorifico inferiore della biomassa secca di 5 kWh/kg, una quantità di residui sufficiente per alimentare un impianto di 0,15 - 0,20 MWe (taglia molto piccola per questo tipo di applicazioni) o, in altri termini, fornisce una quantità di residui inferiore al 2% di quelli necessari ad alimentare un impianto di 10 MWe (Fig. 3), taglia da considerare media per questo tipo applicazioni; ciò a fronte di possibili problematiche organizzative legate alla raccolta ed al trasporto della biomassa. Questa selezione delle superfici in produzione serve perciò a focalizzare l’attenzione sui residui più interessanti in termini massici, anche al fine di una ottimale localizzazione dell’impianto sul territorio.
Questo particolare aspetto non riguarda la biomassa di origine forestale in quanto i quantitativi di legna e di sottoprodotti forestali ottenibili dipendono principalmente dalla superficie annualmente sottoposta a taglio, ed, ovviamente, quella agro-industriale, in quanto la materia prima da cui deriva è già stata precedentemente concentrata presso le industrie di trasformazione (frantoi, distillerie, ecc.); ne consegue che nel caso di utilizzo prevalente degli scarti di lavorazione, l’impianto di conversione energetica deve essere localizzato il più vicino possibile alla stessa industria.
In generale, quindi, la localizzazione degli impianti di conversione energetica deve essere attentamente valutata per minimizzare i costi di raccolta e di trasporto della biomassa dal campo all’impianto.
Fig. 3 - Nomogramma per la stima dell’energia elettrica prodotta e del consumo di biomassa in un impianto di potenza nota. Nell’esempio un impianto da 40 MWe funzionante per 6.000 h/anno produce 240 GWh/anno di energia elettrica consumando - nell’ipotesi di un PCI pari a 4 kWh/kg di s.s. e di un rendimento elettrico di 0,2 - 300 kt/anno di biomassa secca.
1.6 Impatto ambientale
L’impatto ambientale derivante dall’uso energetico delle biomasse deve essere valutato in particolare relativamente al:
• trasporto ed immagazzinamento dei residui;
• processo di conversione energetica.
Le problematiche relative al trasporto ed allo stoccaggio di considerevoli quantitativi di residui organici sono legate sostanzialmente al tipo di soluzione prevista per la gestione delle scorte.
In linea di principio sono infatti possibili due diverse modalità di gestione:
• accumulo di tutta la biomassa necessaria al funzionamento annuale dell’impianto in un periodo ristretto di tempo presso la centrale di conversione energetica;
• accumulo della biomassa presso le aziende agricole (o presso centri di immagazzinamento dislocati opportunamente sul territorio) e mantenimento di una scorta sufficiente per alcuni giorni presso la centrale.
Nel primo caso deve essere prevista la disponibilità della ingente superficie necessaria allo stoccaggio, che è funzione della massa volumica apparente (kg/m3) - volume occupato dalla biomassa diversamente confezionata: sfusa, accatastata, imballata, sminuzzata, ecc. -, che dipende dalla natura della biomassa, dalla sua umidità, modalità di raccolta, ecc.; per questo tipo di accumulo deve inoltre essere valutato l’impatto visivo delle infrastrutture. Nel caso ad esempio dell’accumulo delle paglie, confezionate in rotoballe, in cataste dell’altezza massima di 5 - 6 m, la superficie necessaria è valutata in circa 1 ha/MWe.
L’accumulo di tutta la biomassa presso la centrale richiede, inoltre, di provvedere alla raccolta ed al trasporto di materiale in un periodo di circa 1 - 1,5 mesi; per tale operazione il numero di trasporti giornalieri necessari in questo periodo dipende dalla quantità e dalla massa volumica dei residui. Nel caso delle paglie, ad esempio, questo numero è valutato in circa 20 viaggi/MWe . giorno, nell’ipotesi di operare in 30 giorni lavorativi all’anno.
Le problematiche dello stoccaggio appaiono invece notevolmente più ridotte se si ricorre all’accumulo parziale della biomassa presso la centrale; questo implica naturalmente che lo stoccaggio deve essere effettuato presso le aziende produttrici.
Questo tipo di organizzazione consente di infatti di diluire il trasporto della biomassa lungo l’intero anno, di impiegare un numero inferiore di automezzi e di ridurre la superficie di stoccaggio presso la centrale.
Nel caso delle paglie, ad esempio, il numero di trasporti si riduce a circa 3 viaggi/MWe . giorno, nell’ipotesi di approvvigionare la biomassa per 5 giorni/settimana durante tutto l’anno, e la superficie necessaria si riduce a circa un terzo di quella prevista nella precedente modalità di stoccaggio, nell’ipotesi di considerare un’autonomia di funzionamento dell’impianto di 10 giorni.
La valutazione dell’impatto sul territorio connesso al processo di conversione energetica, intendendo con questo termine gli aspetti paesaggistici, ecologici ed acustici legati alla combustione della biomassa ed alla produzione di energia elettrica, richiede degli studi specifici per ogni singola applicazione.
Deve tuttavia essere evidenziato che, a livello nazionale, l’obbligo di questo tipo di analisi ambientale (V.I.A. - Valutazione di Impatto Ambientale) è presente solo per impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW (art. 1 DPCM 10.08.1988 n° 377).
Per ciò che concerne in particolare le emissioni in atmosfera occorre invece fare riferimento al D.P.R. 24 maggio 1988, n° 203 ed ai suoi decreti applicativi, in particolare al Decreto del Ministero dell’Ambiente del 12 luglio 1990 che fissa tra l’altro i valori minimi di emissione in atmosfera, che le singole Regioni sono tuttavia autorizzate a variare, a loro discrezione, in senso restrittivo.
Il Decreto 16 gennaio 1995 del Ministero dell’Ambiente (cosiddetto “Decreto combustibili”) stabilisce inoltre le “Norme tecniche per il riutilizzo in un ciclo di combustione per la produzione di energia dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo”, ivi comprese le biomasse di origine agricola.
Delle emissioni gassose viene principalmente valutato il contenuto di monossido di carbonio (CO), di idrocarburi incombusti (CxHy), degli ossidi di azoto (NOx), degli ossidi di zolfo (Sox), degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e dei particolati.
In linea generale, al fine del contenimento di queste emissioni, deve essere considerato che:
• una corretta gestione del processo di combustione permette, normalmente, il controllo delle emissioni di CO; il rispetto dei limiti è facilitato inoltre da una intima miscelazione fra combustibile e comburente e, a tal fine, sono preferibili quindi i
materiali finemente sminuzzati ed una alimentazione continua nel tempo;
• nelle attuali caldaie di media e grande capacità anche le emissioni di NOx sono limitabili anche fino ad un quarto dei valori ammessi;
• il quantitativo di zolfo presente nelle biomasse è molto ridotto, per cui le emissioni di SOx sono limitate;
• la quantità di particolati è legata all’efficienza dell’apparato filtrante, che è sempre necessario installare; con questo apparato è possibile ridurre l’emissione dei particolati al di sotto dei 50 mg/m3;
• le emissioni di condensabili di tipo CxHy sono normalmente inferiori a 20 - 30 mg/m3 negli impianti attuali.
• l’anidride carbonica (CO2) prodotta dagli impianti alimentati a biomassa è assorbita
dalle coltivazioni in crescita e, di conseguenza, il relativo bilancio è da considerare nullo; per ogni tonnellata di combustibile di origine fossile risparmiato si evita quindi l’emissione in atmosfera di 862 kg di CO2.
Dal punto di vista delle emissioni gassose in atmosfera, quindi, le moderne tecnologie permettono di limitare l’impatto ambientale a valori attualmente considerati minimi.
2. LINEAMENTI METODOLOGICI
La metodologia [1] consente di valutare - sulla base dei quantitativi e della distribuzione di biomassa utilizzabile per fini energetici, dei parametri tecnici di funzionamento dell’impianto e degli obiettivi economici associati all’investimento - il potenziale energetico delle biomasse vegetali presente in una determinata area di indagine.
La metodologia, realizzata e gestita in ambiente informatico EXCEL 4.0 della Microsoft, considera di “default” le seguenti tipologie di biomassa:
• sottoprodotti colturali erbacei derivanti da frumento tenero e duro, orzo, avena, riso, mais da granella, ed arborei: vite (da vino), olivo, agrumi (arancio, limone, mandarino, clementine), pesco (da tavola e da industria), xxxx, pero, mandorlo e
nocciuolo;
• legna e sottoprodotti derivanti da boschi governati a fustaia, ceduo semplice e composto, macchia mediterranea;
• scarti di lavorazione (vinacce, sanse esauste, lolla di riso, gusci e noccioli, carta, cartone e materiali da imballaggio),
anche se eventuali altre tipologie specifiche del territorio in esame possono essere facilmente considerate.
La valutazione del potenziale energetico presente nell’unità territoriale di indagine si basa sul reperimento delle seguenti informazioni:
a) Agricoltura
• colture più importanti e, fra queste, selezione di quelle con sottoprodotti idonei alla conversione energetica;
• superfici e produzioni in termini di prodotto principale alla raccolta delle colture selezionate;
• quantità di sottoprodotto in relazione all’unità di massa di prodotto principale o all’unità di superficie coltivata;
• usi attuali dei sottoprodotti.
b) Foreste
• superfici interessate per ogni forma di governo;
• superfici tagliate annualmente e quantità di sottoprodotti ottenibili;
• usi attuali dei sottoprodotti.
c) Agro-industria
• quantità dei sottoprodotti idonei all’utilizzo energetico.
I dati di base necessari alla metodologia sono desumibili in gran parte dall’ISTAT con disaggregazione massima provinciale, e come tali sono facilmente aggiornabili, ed anche modificabili sulla base di rilevazioni dirette sul territorio di indagine; nel caso quindi di applicazioni della metodologia con un livello di dettaglio superiore a quello provinciale, è quasi sempre necessario effettuare specifiche indagini dirette sul territorio.
Dalla elaborazione dei dati precedenti si determinano la disponibilità complessiva (kt/anno di s. s.) e la relativa densità complessiva (t/km2 di s. s.) delle biomasse presenti su questa unità territoriale, utilizzati nella successiva “analisi territoriale”, che consente di determinare la potenza elettrica ed il numero degli impianti realizzabili, e di verificare la loro convenienza economica.
Per ciascuna unità territoriale sottoposta ad indagine (nel presente Studio l’unità territoriale minima considerata è la provincia), la metodologia consente di implementare un archivio informatico costituito da sette fogli ed eventualmente, come nella presente applicazione, anche un archivio di sintesi costituito da due fogli che in questo caso riporta le informazioni aggregate a livello regionale (v. ad esempio l’All. 1).
Il primo dei sette fogli dell’analisi provinciale contiene informazioni di carattere generale sulla provincia e fornisce, in particolare, il valore della SAU (Superficie Agricola Utilizzata) e quello della superficie forestale.
I successivi tre fogli consentono di calcolare, nell’ordine, i quantitativi provinciali disponibili per usi energetici dei principali sottoprodotti colturali erbacei ed arborei, della legna e dei sottoprodotti forestali, e quella degli scarti delle lavorazioni agro- industriali; in particolare la stima della disponibilità della biomassa forestale viene effettuata non solo nella situazione attuale di sottoutilizzo del nostro patrimonio boschivo e forestale, ma anche in uno scenario diverso caratterizzato da un maggior sfruttamento del patrimonio forestale, che consenta quindi, a parità di superficie interessata, di ottenere una maggiore disponibilità di biomassa (ipotesi di sviluppo energetico, § 4.2.2).
L’introduzione di questo scenario nasce in particolare dalla constatazione dell’elevata variabilità della produttività legnosa, soprattutto nel caso delle fustaie, rilevabile dai dati ISTAT, che varia da valori inferiori a 10 m3/ha a valori maggiori di
300 m3/ha. Questo campo di variazione, pur considerando le diverse condizioni produttive che contrassegnano le foreste italiane, sembra eccessivo e dovuto forse anche ad errori di rilevamento. Nell’ipotesi di sviluppo energetico si considerano perciò dei valori medi di produttività legnosa desunti da bibliografia specializzata [2].
Il quinto foglio riporta il quadro riassuntivo della disponibilità di ciascuna delle tre tipologie di biomassa considerata, unitamente alla loro densità territoriale, mentre il sesto fornisce una rappresentazione grafica di questi due parametri.
Nel settimo foglio, infine, sono riportati i dati di ingresso necessari all’analisi territoriale, ed è mostrato il risultato di questa analisi.
Attraverso questa analisi viene stabilito, sulla base di criteri strettamente economici, se sussistano le condizioni tecnico-economiche per realizzare almeno un impianto di conversione energetica che utilizzi come combustibile le biomasse disponibili nell’area di indagine, supponendo costante su tutto il territorio la densità media della biomassa calcolata. In caso affermativo vengono determinate le sue caratteristiche (potenza elettrica, potenza termica, investimento specifico e totale) ed il numero di unità realizzabili sul territorio provinciale (impianto definito “ottimale”).
In aggiunta vengono anche determinate le caratteristiche ed il numero di unità realizzabili di due impianti alternativi a quello ottimale, con potenza elettrica rispettivamente inferiore e superiore a quest’ultimo, che soddisfano anch’essi ai criteri di redditività dell’ipotetico investimento. In tal modo la metodologia fornisce un set di soluzioni impiantistiche economicamente vantaggiose che possono essere utilizzate per meglio orientare le scelte sul mercato.
L’analisi della convenienza economica viene effettuata con il tradizionale metodo del flusso di cassa scontato (FC), supposto costante per tutta la vita utile dell’impianto.
Questa analisi consente in generale di ricavare, quali indicatori economici, il valore attuale netto (VAN=(FC*fa)-I), con “fa” fattore di attualizzazione, che esprime il profitto, o la perdita, complessiva dell’investimento (I), l’indice di redditività (IR=VAN/I), che esprime il profitto , o la perdita, dell’operazione economica per unità di investimento, ed il tasso interno di rendimento (TIR), che esprime l’interesse al quale viene remunerata la somma investita per anno di vita utile.
L’investimento finalizzato alla realizzazione di un impianto che utilizzi le biomasse presenti sul territorio di indagine viene ritenuto “economicamente interessante”, quando il suo VAN raggiunge un valore desiderato, che costituisce l’obiettivo d’impresa.
Tra i diversi possibili obiettivi di impresa, l’analisi territoriale prende in esame quello particolare per cui il VAN obiettivo è nullo (VAN=0), anche se la metodologia consente di variare questo valore per adattarlo a situazioni specifiche; in questo particolare caso il tasso di sconto che compare nella espressione del VAN coincide con il TIR.
Il TIR costituisce quindi uno dei parametri di ingresso dell’analisi economica; poiché è inoltre possibile esprimere il VAN in funzione del raggio R (km), incognito,
dell’area del territorio in esame “asservita” all’impianto, supposta per semplicità circolare con l’impianto in posizione centrale, la condizione VAN=f(R)=0 determina in modo analitico ed univoco per un TIR predefinito, una soluzione, definita “ottimale”, che consente di individuare, oltre il valore di R, le principali caratteristiche tecniche ed economiche dell’impianto; un diverso valore del TIR individuerà anch’esso in modo analitico ed univoco un’altra soluzione ottimale.
In questo modo è possibile determinare in particolare, per questo tipo di impianti, un dato di difficile valutazione o, comunque, estremamente variabile quale è l’investimento specifico per unità di potenza elettrica installata.
Questa difficoltà deriva soprattutto dalla mancanza di un numero sufficiente di impianti di taglia adeguata per questo tipo di applicazioni (> 5 MWe) effettivamente realizzati, e dalla molteplicità delle configurazioni impiantistiche proponibili nelle diverse realtà locali. Queste configurazioni possono infatti essere differenziate, ad esempio, in funzione delle modalità di stoccaggio della biomassa, o del lay-out necessario per la distribuzione dell’energia termica nel caso di impianti di cogenerazione. Risulta perciò conveniente, in definitiva, ricavare l’investimento specifico in funzione degli altri parametri che risultano, in genere, di più semplice determinazione.
La soluzione ottimale che viene determinata ha lo svantaggio di dimensionare l’impianto in modo rigido ossia, per il TIR prefissato, è possibile ricavare una sola soluzione. Al riguardo va tuttavia osservato che l’attuale offerta impiantistica è di per se limitata in quanto, per le potenze necessarie alla generalità delle applicazioni, può essere di fatto considerato il solo ciclo Rankine basato su caldaie a griglia fissa; le altre soluzioni imperniate ad esempio sull’utilizzo di caldaie a letto fluido o gassificatori sono infatti da ritenersi ancora sperimentali e non effettivamente disponibili sul mercato.
L’applicazione della metodologia limitata alla individuazione della sola soluzione ottimale può tuttavia determinare una taglia d’impianto non reperibile sul mercato. Per ovviare a ciò è stato ritenuto opportuno consentire la definizione di altre soluzioni impiantistiche, anch’esse economicamente vantaggiose, ottenibili diminuendo di un valore prefissato il TIR.
In tal modo si ricavano, ancora in modo analitico, sempre due soluzioni con Rmin
< R ed Rmax>R, a cui corrispondono potenze elettriche diverse da quella individuata dalla soluzione ottimale; in tal modo l’utente può confrontare con più cognizione di causa le proprie soluzioni con quelle offerte dal mercato.
L’analisi di sensibilità dell’investimento specifico prevista infine dalla metodologia consente di evidenziare l’andamento di questo parametro al variare di ciascuno dei principali dati di ingresso. In particolare tale analisi viene effettuata per valutare l’influenza prodotta sull’investimento specifico dal costo specifico di acquisto della biomassa e dal prezzo di vendita dell’energia termica, due parametri critici per la redditività dell’investimento.
Il primo foglio dell’archivio di sintesi riporta il quadro complessivo aggregato a livello regionale dei quantitativi di biomassa disponibili per conversioni energetiche, suddiviso per le tre tipologie considerate, mentre il secondo foglio mostra i risultati dell’analisi territoriale effettuata considerando come unità territoriale d’indagine l’intero territorio regionale.
3. CARATTERISTICHE AGRO-FORESTALI DELLA REGIONE CAMPANIA
3.1 Caratteristiche agricole
La Regione Campania presenta una superficie territoriale di circa 1.359 kha (4,5% del territorio nazionale), della quale il 50,78 % è localizzato in collina, il 34,55% in montagna ed il 14,67% in pianura (zone altimetriche ISTAT). Dei 551 Comuni di cui è costituita la Regione al 1990, 316 sono situati in collina, 128 in montagna e 107 in pianura [3].
Su questo territorio insiste una superficie totale agraria (1) di circa 992 kha [3] (73% della superficie territoriale); il restante 27% del territorio regionale è classificato come superficie improduttiva (fabbricati non rurali, strade, acque, ecc.).
La superficie totale agraria (Fig. 4) è a sua volta suddivisa in:
a) superficie agricola utilizzata (SAU) (2) di circa 662,2 kha;
b) pioppete di 1,3 kha;
c) boschi di 245,6 kha;
d) superficie agricola non utilizzata di 46,4 kha;
e) altra superficie (3) di 36,5 kha.
La SAU costituisce quindi circa il 66,8% della superficie totale agraria della Regione Campania, le pioppete lo 0,1%, i boschi il 24,8%, la superficie agricola non utilizzata il 4,7 % e l’altra superficie il 3,7%.
SA U
Pioppete B o schi
Sup. ag r ic o la non utiliz z a ta
A ltr a s uper f ic ie
Fig. 4 - Re gione Ca m p a n ia : r ipa r t iz ione de lla s upe r f ic ie t o t a le a g r a r ia
24,8%
4,7% 3,7%
0,1% 66,8%
(1) secondo la classificazione ISTAT è l’area complessiva dei terreni destinati a colture erbacee e/o
legnose agrarie, inclusi i boschi, la superficie agricola non utilizzata, nonché l’area occupata da parchi e giardini, fabbricati, stagni, canali, ecc.
(2) porzione della superficie totale agraria effettivamente utilizzata in coltivazioni propriamente agricole
(3) è costituita dalle aree occupate da fabbricati, cortili, strade poderali, fossi, canali, terreni sterili, ecc.
La ripartizione percentuale della superficie totale agraria della Regione è allineata con quella media italiana, anche se a livello provinciale si registrano sensibili scostamenti dai valori medi regionali (Tab. 1).
Tab. 0 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: ripartizione della superficie totale agraria per provincia | |||||||
Tipologia | Xxxxxxxx | Xxxxxxxxx | Caserta | Napoli | Salerno | Campania | Italia |
kha | |||||||
SAU | 157,3 | 123,9 | 127 | 46,5 | 207,4 | 662,2 | 15.046 |
Pioppete | 0,2 | 0,08 | 0,5 | - | 0,5 | 1,3 | 106 |
Boschi | 48,4 | 23,7 | 33,2 | 7,4 | 132,9 | 245,6 | 5.510 |
S.A.non U. | 12,5 | 7,9 | 6,9 | 1,5 | 17,5 | 46,4 | 1.006 |
Altra sup. | 6,3 | 6 | 6,4 | 2,2 | 15,6 | 36,5 | 1.034 |
Totale | 224,8 | 161,7 | 174 | 57,5 | 374 | 992 | 22.702 |
% | |||||||
SAU | 70 | 76,6 | 72,9 | 80,8 | 55,5 | 66,7 | 66 |
Pioppete | 0,1 | 0,1 | 0,3 | - | 0,1 | 0,1 | 1 |
Boschi | 21,5 | 14,7 | 19,1 | 12,8 | 35,5 | 24,8 | 24 |
S.A.non U. | 5,6 | 4,9 | 4 | 2,6 | 4,7 | 4,7 | 4 |
Altra sup. | 2,8 | 3,7 | 3,7 | 3,8 | 4,2 | 3,7 | 5 |
Totale | 100 | 100 | 100 | 100 | 100 | 100 | 100 |
Fonte: ISTAT - 4° Censimento generale dell’agricoltura, 1990
Il numero di aziende agricole è di circa 275.000 unità (9,1% del totale nazionale), con un valore medio della SAU per azienda di 3,6 ha, inferiore al valore medio italiano di 5 ha; la distribuzione delle aziende per classe di SAU mostra, rispetto a quella nazionale, una maggiore presenza di aziende di piccole dimensioni: il 90,7% delle aziende regionali non supera, infatti, i 5 ha di superficie agricola utilizzata, contro l’81,3% italiano (Tabb. 2 e 3).
Tab. 0 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: aziende per classe di SAU per provincia (valori assoluti) | |||||||
Classe di SAU (ha) | Xxxxxxxx | Xxxxxxxxx | Caserta | Napoli | Salerno | Campania | Italia |
(*) | 620 | 201 | 251 | 177 | 614 | 1.863 | 47.817 |
<1 | 22.479 | 14.163 | 22.544 | 38.017 | 41.774 | 138.977 | 1.239.886 |
1-2 | 11.787 | 7.797 | 10.820 | 8.629 | 18.097 | 57.130 | 563.191 |
2-5 | 12.236 | 8.532 | 9.789 | 4.148 | 16.222 | 50.927 | 606.953 |
5-10 | 4.439 | 4.215 | 3.258 | 587 | 4.458 | 16.957 | 284.265 |
10-20 | 1.669 | 1.987 | 1.112 | 140 | 1.316 | 6.224 | 155.206 |
20-50 | 740 | 475 | 391 | 36 | 521 | 2.163 | 87.661 |
50-100 | 121 | 56 | 81 | 8 | 135 | 401 | 24.705 |
> 100 | 43 | 18 | 57 | 2 | 100 | 220 | 13.660 |
Totale | 54.134 | 37.444 | 48.303 | 51.744 | 83.237 | 274.862 | 3.023.344 |
(*) senza superficie agricola utilizzata
Fonte: Elaborazione ENEA su dati ISTAT - 4° Censimento generale dell’agricoltura, 1990
Tab. 0 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: aziende per classe di SAU per provincia (valori percentuali) | |||||||
Classe di SAU (ha) | Xxxxxxxx | Xxxxxxxxx | Caserta | Napoli | Salerno | Campania | Italia |
(*) | 1,1 | 0,5 | 0,5 | 0,3 | 0,7 | 0,7 | 1,58 |
<1 | 41,5 | 38 | 46,8 | 73,5 | 50,2 | 50,6 | 41,01 |
1-2 | 21,8 | 20,8 | 22,4 | 16,7 | 21,7 | 20,8 | 18,63 |
2-5 | 22,6 | 22,7 | 20,2 | 8 | 19,4 | 18,6 | 20,08 |
5-10 | 8,2 | 11,3 | 6,7 | 1,1 | 5,4 | 6,2 | 9,41 |
10-20 | 3,1 | 5,3 | 2,3 | 0,3 | 1,6 | 2,3 | 5,13 |
20-50 | 1,4 | 1,3 | 0,8 | 0,1 | 0,7 | 0,8 | 2,90 |
50-100 | 0,2 | 0,1 | 0,2 | - | 0,2 | 0,1 | 0,81 |
> 100 | 0,1 | - | 0,1 | - | 0,1 | 0,1 | 0,45 |
Totale | 100 | 100 | 100 | 100 | 100 | 100 | 100 |
(*) senza superficie agricola utilizzata
Fonte: Elaborazione ENEA su dati ISTAT - 4° Censimento generale dell’agricoltura, 1990
La forma prevalente di gestione è rappresentata dalla conduzione diretta da parte del coltivatore (98,6%), mentre marginali sono le aziende gestite a conduzione con salariati ed a mezzadria (Tab. 4).
Tab. 0 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: forma di conduzione delle aziende (%) | |
FORMA DI CONDUZIONE | |
Conduzione diretta del coltivatore | 98,6 |
Conduzione con salariati | 1,3 |
Conduzione a mezzadria | 0,1 |
Altra forma di conduzione | - |
Totale | 100 |
Fonte: ISTAT - 4° Censimento generale dell’agricoltura, 1990
Il titolo di possesso principale del terreno è la proprietà (81%); sono inoltre presenti significative forme miste di possesso (parte proprietà e parte affitto), mentre le forme di solo affitto risultano anch’esse non trascurabili (Tab. 5).
Tab.5 - Regione Campania: titolo di possesso dei terreni (%) | |
TITOLO DI POSSESSO | |
Solo proprietà | 81 |
Solo affitto | 7,5 |
Parte in proprietà e parte in affitto | 11,5 |
Totale | 100 |
Fonte: ISTAT - 4° Censimento generale dell’agricoltura, 1990
La frammentazione dei terreni non risulta particolarmente accentuata: a livello regionale solo il 26,1% della SAU appartiene, infatti, ad aziende con più di 6 corpi (1) di terreno, mentre il 39,3% appartiene ad aziende con non più di due corpi di terreno; più articolata è la ripartizione a livello provinciale, in quanto Avellino e Benevento mostrano una frammentazione più accentuata della SAU rispetto alla media regionale, mentre Caserta e, soprattutto, Napoli si collocano significativamente al disotto di essa (Tabb. 6 e 7).
Tab.6 - Regione Campania: SAU per numero di corpi di terreno e provincia (kha) | |||||||
Provincia | 1 | 2 | Numero dei corpi di terreno 3 4 5 | > | Totale | ||
Avellino | 22,2 | 26,7 | 25,4 | 20,6 | 14,1 | 48,2 | 157,3 |
Benevento | 14,4 | 17,5 | 19,1 | 13,9 | 11,3 | 47,6 | 123,9 |
Caserta | 34,8 | 26,7 | 20,8 | 13,2 | 7,8 | 23,6 | 127 |
Napoli | 20,6 | 13,4 | 7,3 | 3,1 | 1,1 | 1,1 | 46,5 |
Salerno | 44 | 39,9 | 32 | 20,6 | 18,3 | 52,6 | 207,4 |
Campania | 136 | 124,2 | 104,6 | 71,4 | 52,6 | 173,1 | 662,2 |
6
6
Fonte: ISTAT - 4° Censimento generale dell’agricoltura, 1990
Tab.7 - Regione Campania: SAU per numero di corpi di terreno e provincia (%) | |||||||
Provincia | 1 | 2 | Numero dei corpi di terreno 3 4 5 | > | Totale | ||
Avellino | 14,1 | 17 | 16,1 | 13,1 | 9 | 30,6 | 100 |
Benevento | 11,6 | 14,1 | 15,4 | 11,2 | 9,1 | 38,4 | 100 |
Caserta | 27,4 | 21 | 16,4 | 10,4 | 6,1 | 18,6 | 100 |
Napoli | 44,3 | 28,8 | 15,7 | 6,6 | 2,3 | 2,3 | 100 |
Salerno | 21,2 | 19,2 | 15,4 | 9,9 | 8,8 | 25,4 | 100 |
Campania | 20,5 | 18,8 | 15,8 | 10,8 | 7,9 | 26,1 | 100 |
Fonte: ISTAT - 4° Censimento generale dell’agricoltura, 1990
Le principali colture agrarie della Regione Campania, individuate elaborando le informazioni contenute in [4], sono riportate nella Tab. 8.
(1) porzione continua di terreno facente parte di un’unica azienda, non interrotto da fattori di discontinuità quali strade, corsi d’acqua, ecc.[3]
Tab. 0 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: principali colture agrarie della Regione | |
Famiglie di colture | Sottofamiglie |
Cereali | frumento tenero e duro; orzo; avena; granoturco patate cavolo; indivia; lattuga; finocchio; pomodoro; melone; melanzana; zucchine; cipolla; peperone; carciofo |
Piante da tubero | |
Colture orticole | |
Altre colture | barbabietola da zucchero |
Piante da semi oleose | girasole |
Vite | uva da vino |
Olivo | agrumi; pesco; melo; nocciolo |
Fruttiferi |
Da questi dati ed informazioni risulta quindi che la Regione Campania presenta una discreta vocazione agricola, con dimensioni medie aziendali inferiori rispetto alla media nazionale, ma con una ridotta frammentazione del terreno agricolo aziendale.
Questa ridotta parcellizzazione del terreno agricolo può quindi costituire, in linea di principio, una condizione favorevole alla utilizzazione dei residui agricoli per finalità energetiche, in quanto la concentrazione dei punti di raccolta della biomassa agevola l’incidenza delle operazioni di carico, favorendo l’utilizzazione di mezzi di trasporto di grande capacità ed eventuali forme organizzative da parte di terzi.
Inoltre, il tipo di conduzione prevalentemente familiare potrebbe consentire il contenimento del valore intrinseco da attribuire ai residui e dei costi di raccolta, se effettuata direttamente dai conduttori delle aziende.
3.2 Caratteristiche forestali
La superficie forestale della Regione, circa 2.891 km2 [4], costituisce il 4,2% della superficie forestale italiana, ed il 21,2% della superficie territoriale regionale.
La Tab. 9 riporta la distribuzione della superficie forestale per zona altimetrica e provincia, mentre la Tab. 10 riporta la distribuzione della superficie forestale per tipo di bosco e provincia.
Tab. 0 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: superficie forestale (ha) per zona altimetrica e provincia (1996) Montagna Collina Pianura Totale | ||||
Avellino | 48.452 | 14.550 | - | 63.002 |
Benevento | 21.329 | 4.634 | - | 25.963 |
Caserta | 10.168 | 34.374 | 3.448 | 47.990 |
Xxxxxx | - | 00.000 | 000 | 00.000 |
Xxxxxxx | 56.511 | 75.362 | 6.399 | 138.272 |
Campania | 136.460 | 141.839 | 10.769 | 289.068 |
Fonte: ISTAT
Tab. 00 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: superficie forestale (ha) per tipo di bosco e provincia (1996) Fustaie Cedui Cedui Macchia Totale semplici composti mediterranea | |||||
Avellino | 26.622 | 35.012 | 1.368 | - | 63.002 |
Benevento | 6.475 | 16.112 | 3.376 | - | 25.963 |
Caserta | 13.145 | 32.800 | 732 | 1.313 | 47.990 |
Napoli | 2.910 | 10.503 | 133 | 295 | 13.841 |
Salerno | 51.913 | 78.602 | 3.151 | 4.606 | 138.272 |
Campania | 101.065 | 173.029 | 8.760 | 6.214 | 289.068 |
Fonte: ISTAT
La ripartizione dettagliata della superficie forestale per tipo di bosco è riportata nella Tab. 11.
Tab. 00 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: superficie forestale (ha) per tipo di bosco (1996) | |
Fustaie di resinose pure (1) | 11.910 |
Abete bianco | 129 |
Abete rosso | 16 |
Larice | 52 |
Pini | 10.656 |
Altre resinose | 1.057 |
Fustaie di resinose miste (2) | 3.397 |
FUSTAIE DI RESINOSE [(1)+(2)] | 15.307 |
Fustaie di latifoglie pure (3) | 72.769 |
Sughera | 258 |
Rovere | 101 |
Cerro | 6.752 |
Altre querce | 1.205 |
Castagno | 23.150 |
Faggio | 20.975 |
Pioppi | 34.678 |
Altre latifoglie | 1.217 |
Fustaie di latifoglie miste (4) | 6.749 |
FUSTAIE DI LATIFOGLIE [(3)+(4)] | 79.518 |
FUSTAIE DI RES. E LAT. CONS. (5) | 6.240 |
Totale Fustaie [(1)+(2)+(3)+(4)+(5)] | 101.065 |
Cedui semplici | 173.029 |
Cedui composti | 8.760 |
Macchia mediterranea | 6.214 |
Totale | 289.068 |
Fonte: ISTAT
Il numero delle tagliate (1) e la superficie forestale sottoposta a taglio per zona altimetrica e province [4] è riportato nella Tab. 12.
(1) secondo l’ISTAT, è una superficie forestale nella quale è stata eseguita, senza soluzione di continuità,
una utilizzazione totale o parziale del soprassuolo
Tab. 00 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: numero e superficie delle tagliate (ha) per zona altimetrica e provincia (1996) Montagna Collina Pianura Totale | ||||||||
N. | Sup. | N. | Sup. | N. | Sup. | N. | Sup. | |
Avellino | 219 | 506 | 392 | 388 | - | - | 611 | 894 |
Benevento | 9 | 51 | 434 | 356 | - | - | 443 | 407 |
Caserta | 186 | 150 | 533 | 593 | 6 | 4 | 725 | 747 |
Napoli | - | - | - | - | - | - | - | - |
Salerno | 630 | 1.264 | 927 | 1.221 | 12 | 18 | 1.569 | 2.503 |
Campania | 1.044 | 1.971 | 2.286 | 2.558 | 18 | 22 | 3.348 | 4.551 |
Fonte: ISTAT
Il taglio viene effettuato prevalentemente da privati (Tab. 13); si tratta, comunque, di attività molto limitate che interessano in totale, nella Regione, circa l’1,6% della superficie forestale complessiva; normalmente nelle operazioni di disboscamento vengono lasciate sul terreno solo le ramaglie di diametro inferiore a 5-6 cm. che, molto spesso, vengono raccolte da privati.
Tab. 00 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: numero e superficie delle tagliate (ha) per categoria di proprietà e provincia (1996) Categorie di proprietà | ||||||||||
Stato e Regioni | Comuni | Altri Enti | Privati | Totale | ||||||
N. | Sup. | N. | Sup. | N. | Sup. | N. | Sup. | N. | Sup. | |
Avellino | - | - | 26 | 325 | 1 | 1 | 584 | 568 | 611 | 894 |
Xxxxxxxxx | - | - | 00 | 66 | - | - | 433 | 341 | 443 | 407 |
Caserta | - | - | 15 | 96 | - | - | 710 | 651 | 725 | 747 |
Xxxxxx | - | - | - | - | - | - | - | - | - | - |
Xxxxxxx | 1 | 3 | 48 | 386 | 8 | 54 | 1.512 | 2.060 | 1.569 | 2.503 |
Campania | 1 | 3 | 99 | 873 | 9 | 55 | 3.239 | 3.620 | 3.348 | 4.551 |
Fonte: ISTAT
La produzione legnosa della Regione Campania e la sua destinazione d’uso per forma di governo è riportata nella Tab. 14.
Tab. 00 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: utilizzazioni legnose forestali per forma di governo, destinazione economica e provincia (mc) (1996) | ||||||||
Fustaie | Cedui semplici | |||||||
Legname da lavoro | Legna da ardere | Legna per carbone | Totale (1) | Legname da lavoro | Legna da ardere | Legna per carbone | Totale (2) | |
Avellino | 4.095 | 1.755 | - | 5.850 | 37.430 | 44.268 | - | 81.698 |
Benevento | 331 | 252 | - | 583 | 9.138 | 27.107 | - | 36.245 |
Caserta | - | 1.098 | 6 | 1.104 | 9.672 | 154.726 | 1.950 | 166.348 |
Napoli | - | - | - | - | - | - | - | - |
Salerno | 23.206 | 8.062 | - | 31.268 | 52.211 | 144.617 | - | 196.828 |
Campania | 27.632 | 11.167 | 6 | 38.805 | 108.451 | 370.718 | 1.950 | 481.119 |
Fonte: ISTAT
Tab. 14 (cont.) - Regione Campania: utilizzazioni legnose forestali per forma di governo, destinazione economica e provincia (mc)(1996) | |||||
Cedui composti | Totale complessivo (1)+(2)+(3) | ||||
Legname da lavoro | Legna da ardere | Legna per carbone | Totale (3) | ||
Avellino | - | - | - | - | 87.548 |
Benevento | - | 5.850 | - | 5.850 | 42.678 |
Caserta | - | 4.605 | - | 4605 | 172.057 |
Xxxxxx | - | - | - | - | - |
Xxxxxxx | - | - | - | - | 000.000 |
Xxxxxxxx | - | 10.455 | - | 10.455 | 530.379 |
Risulta evidente dall’insieme di questi dati come l’attuale utilizzazione dei boschi della Regione Campania sia nel suo complesso modesta.
Le quantità di residui attualmente non utilizzati sono conseguentemente da ritenersi ridotte ed, in questo quadro, l’ulteriore recupero dei sottoprodotti rimasti sul terreno risulta di scarso interesse per le finalità energetiche di questo Studio.
L’eventuale potenziamento delle attività forestali, subordinatamente ai vincoli normativi ed ai costi di raccolta e trasporto, potrebbe tuttavia portare, vista la superficie boscata e l’attuale sua ridotta utilizzazione, ad un notevole aumento dei quantitativi di legna e dei sottoprodotti forestali da destinare a centrali di conversione energetica. In questo ambito l’ipotesi di sviluppo energetico preso in considerazione dalla metodologia consente di valutare i quantitativi di biomassa forestale potenzialmente ritraibile da una più accurata valorizzazione dei boschi.
4. VALUTAZIONE DEL POTENZIALE ENERGETICO DA BIOMASSE VEGETALI
Nell’applicazione della metodologia alla Regione Campania ai fini della predisposizione del Piano Energetico Regionale, effettuata esclusivamente sulla base di dati statistici e parametri di calcolo medi a livello provinciale (unità territoriale minima per la quale sono disponibili tutti i dati statistici necessari), si è ritenuto opportuno procedere a valutare:
• in una prima fase la quantità complessiva di biomassa agro-forestale disponibile nella Regione per usi energetici ed il relativo potenziale energetico (numero e potenza degli impianti realizzabili), che per le finalità del presente Studio viene definito “potenziale
teorico”;
• in una successiva fase le quantità di quelle tipologie di biomasse ritenute effettivamente utilizzabili, per quantitativi e costi di raccolta (o acquisto) e trasporto non elevati, ed il relativo potenziale energetico definito “potenziale reale”; in
entrambe queste due fasi il potenziale viene determinato a prescindere dagli eventuali vincoli normativi ed ambientali che ne possano limitare lo sfruttamento.
• la convenienza economica degli impianti di conversione energetica, anche in assenza di incentivi di carattere finanziario.
L’analisi economica che sta alla base della metodologia considera infatti nelle poste attive del flusso di cassa il prezzo di cessione dell’energia elettrica prodotta remunerato in base alle tariffe del CIP 6/92 [5], che attualmente però, come è noto, non è operativo. Questo prezzo incentivante può risultare determinante al fine della redditività dell’impianto, in quanto in sua assenza il VAN risulta, tranne situazioni particolari, sempre negativo.
Purtuttavia, anche in presenza di eventuali incentivi, la redditività di un impianto che utilizzi le biomasse a fini energetici è sempre comunque subordinata alla concomitanza di un insieme favorevole di altri fattori critici. In particolare risultano tali ai fini dell’analisi economica, oltre ai quantitativi di biomassa disponibile, i costi di acquisto (o raccolta) e di trasporto della biomassa e, ove prodotta, il prezzo di vendita dell’energia termica.
Al fine di ottimizzare questi, e gli altri costi necessari alla realizzazione di una centrale di conversione energetica, è perciò necessario valutare attentamente anche l’organizzazione della raccolta, del trasporto e dello stoccaggio di ingenti quantitativi di biomassa che è in genere disponibile per brevi periodi di tempo; per questa valutazione è in genere necessario procedere direttamente nell’area di indagine a specifiche ed approfondite analisi.
Risulta tuttavia dall’esperienza acquisita da alcuni studi effettuati “in loco” dall’ENEA in particolare in Xxxxxx-Romagna ed Abruzzo [6] che, realisticamente, potranno essere utilizzate ai fini energetici prevalentemente quelle biomasse, come le paglie, già attualmente raccolte con mezzi meccanici ed a costi contenuti per altri impieghi, in particolare quello zootecnico.
4.1 Reperimento dei dati di base
Nel foglio 1 della metodologia (Dati generali) sono stati utilizzati i dati relativi ai consumi elettrici del settore agricolo, industriale, terziario e domestico di fonte ENEL disponibili al 1997, mentre i valori delle superfici agricole utilizzate sono relativi all’ultimo Censimento dell’Agricoltura del 1990 [3].
La valutazione della disponibilità per usi energetici della biomassa agricola del foglio 2 - Sottoprodotti colturali (erbacei ed arborei) - è basata sui dati delle superfici in produzione e della produzione alla raccolta forniti dal corrispondente annuario statistico dell’ISTAT [4]; questi dati sono relativi al 1996, ultimo anno per cui attualmente sono disponibili.
Ai fini del presente Studio, come parametri di calcolo (§ 4.2.1) necessari alla valutazione dei residui agricoli (rapporti sottoprodotti principali/prodotto principale, produzione sottoprodotti secondari, umidità ed uso attuale dei sottoprodotti principali e secondari) sono stati utilizzati, in mancanza di quelli effettivi, quelli medi di “default” previsti dalla metodologia; questi parametri possono essere infatti suscettibili di sensibili variazioni dovute alle tecniche agronomiche utilizzate localmente e pertanto, per la loro determinazione, è sempre preferibile effettuare delle indagini specifiche nelle aree interessate.
Anche la valutazione della disponibilità della biomassa forestale effettuata nel foglio 3 - Biomassa forestale (legna e sottoprodotti) - è basata sui dati reperiti dall’ annuario ISTAT [4]. A tal fine sono stati reperiti i dati relativi alla superficie forestale, alla superficie tagliata, alla legna da lavoro ed alla legna da energia per il 1996, ultimo anno disponibile.
Per le stesse motivazioni indicate per i residui agricoli, come parametri di calcolo (§4.2.2) necessari alla valutazione dei residui forestali (massa volumica ed umidità del tal quale) sono stati utilizzati quelli medi di “default” utilizzati dalla metodologia.
Per la valutazione dei residui agro-industriali del foglio 4 - Scarti di lavorazione (agro-industrie) - sono stati utilizzati i risultati di una specifica ricerca effettuata dal CNR nell’ambito del Progetto Finalizzato Energetica (PFE) del 1987 per la determinazione dei valori relativi alla disponibilità ed all’umidità dello scarto [7]. Di questa ricerca, ormai
datata, non esistono tuttavia aggiornamenti, né sono disponibili da altre fonti in modo sistematico e continuativo i dati relativi alla disponibilità di questi scarti.
Il reperimento di questi dati deve perciò essere effettuato direttamente presso le aziende di produzione; pertanto, ai fini della presente analisi si è ritenuto sufficiente, in questa fase, utilizzare gli stessi valori ottenuti dalla citata ricerca, anche perché, come sarà motivato nel seguito, questa tipologia di residui non verrà considerata ai fini della valutazione del potenziale realisticamente utilizzabile nella Regione.
Ai fini dell’analisi territoriale del foglio 7 si è ritenuto invece necessario aggiornare diversi parametri di ingresso, sia per tenere conto dell’attuale non operatività del Provvedimento CIP 6/92 che dell’esperienza maturata nelle applicazioni effettuate a livello locale in altre Regioni.
In particolare sono stati aggiornati, ai valori attualmente ritenuti adeguati, i dati relativi al funzionamento annuo ed al coefficiente di manutenzione e riparazione dell’impianto, al numero degli addetti ed al loro stipendio lordo medio unitario, al potere calorifico inferiore della biomassa secca, al prezzo di vendita dell’energia termica, ed al valore della potenza elettrica minima.
Per ciò che concerne invece l’adeguamento del dato relativo al prezzo di vendita dell’energia elettrica, si è ritenuto opportuno, in una prima fase, assegnare a questo parametro il valore previsto dal Provvedimento CIP 6/92 relativo all’ultimo anno di applicazione, e di attribuire alla vita utile dell’impianto il valore di otto anni previsto da questo Provvedimento per la durata della cessione all’ENEL dell’energia elettrica prodotta.
In tal modo si è provveduto ad effettuare una stima del potenziale teorico delle biomasse disponibili in ciascuna provincia e nell’intera Regione, ed a valutare la redditività della conversione energetica in presenza di una eventuale reiterazione delle incentivazioni in conto esercizio, al valore dell’ultimo anno di applicazione del Provvedimento.
In una seconda fase, fermo restando per confronto tutti gli altri parametri, sono state selezionate le biomasse realisticamente utilizzabili nella Regione sulla base della loro disponibilità e di considerazioni di carattere economico.
L’applicazione della metodologia ha consentito perciò in questa seconda fase di individuare le province nelle quali è ipotizzabile prevedere realisticamente la realizzazione di impianti di conversione energetica economicamente vantaggiosi, sia in presenza che in assenza delle incentivazioni previste dal CIP 6/92.
4.2 Valutazione dei quantitativi complessivi di biomassa idonei per l’utilizzo energetico
4.2.1 Sottoprodotti agricoli
Tra le colture agrarie presenti nella Regione, riportate nella Tab. 8 del § 3.1, sono state individuate le colture di interesse energetico della Regione Campania, ossia quelle idonee per conversioni di tipo termochimico (§ 1.2).
Per le motivazioni esposte al § 1.5, sono state inoltre selezionate solo quelle colture energetiche con superfici provinciali in produzione con area maggiore di 500 ha; la Tab. 15 riporta le colture agrarie selezionate con i relativi sottoprodotti idonei ai fini energetici, mentre la Tab. 16 riporta le superfici delle colture energetiche individuate, suddivise per provincia.
Deve tuttavia essere evidenziato che, nel presente Studio, non è stato considerato il contributo derivante dai mandorleti e dai noccioleti, in quanto per il 1996 non sono disponibili i dati ISTAT relativi alle superfici in produzione ed ai quantitativi di prodotto.
Tab. 00 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: colture agrarie di interesse energetico e relative tipologie di sottoprodotti | ||
Coltura | Sottoprodotto principale SP1 | Sottoprodotto secondario SP2 |
Cereali | ||
Frumento tenero e duro | paglia | - |
orzo | paglia | - |
avena | paglia | - |
mais da granella | stocchi | - |
vite da vino | residui di potatura | legna da espianto |
olivo | residui di potatura | - |
Fruttiferi | ||
agrumi | residui di potatura | legna da espianto |
pesco | residui di potatura | legna da espianto |
melo | residui di potatura | legna da espianto |
pero | residui di potatura | legna da espianto |
Fonte: elaborazione ENEA
La distinzione utilizzata nella metodologia tra sottoprodotto principale (SP1) e sottoprodotto secondario (SP2) deriva dalla frequenza con la quale questi residui si rendono disponibili per la conversione energetica; il sottoprodotto principale si rende disponibile normalmente su base annuale, mentre il secondario su base pluriennale (quasi sempre è la legna ottenuta dall’espianto delle colture arboree a fine turno).
Tab.16 - Regione Campania: superficie in produzione delle colture agrarie di interesse energetico per provincia (ha) - 1996 | ||||||
Colture | Xxxxxxxx | Xxxxxxxxx | Caserta | Napoli | Salerno | Campania |
erbacee | ||||||
frumento tenero | 14.350 | 10.800 | 6.880 | - | 9.120 | 41.150 |
frumento duro | 34.150 | 22.750 | 9.900 | - | 7.640 | 74.440 |
orzo | 4.980 | 4.620 | 1.290 | - | 2.000 | 12.890 |
avena | 7.000 | 1.015 | 1.650 | - | 2.330 | 11.995 |
mais | 5.390 | 6.800 | 7.820 | 3.119 | 3.980 | 27.109 |
arboree | ||||||
vite | 8.253 | 11.600 | 6.330 | 3.186 | 11.952 | 41.321 |
olivo | 4.860 | 14.720 | 9.187 | 2.009 | 38.870 | 69.646 |
agrumi | - | - | 673 | 1.747 | 2.386 | 4.806 |
pesco | - | - | 14.225 | 3.056 | 1.663 | 18.944 |
melo | - | 782 | 2.520 | 942 | 797 | 0.000 |
xxxx | - | - | - | - | 0.000 | 0.000 |
Totale | 78.983 | 73.087 | 60.475 | 14.059 | 82.055 | 308.659 |
Fonte: Elaborazione ENEA su dati ISTAT
Nella Tab. 17 sono riportate le produzioni alla raccolta (t/anno) di questi prodotti.
Tab.17 - Regione Campania: produzione alla raccolta delle colture agrarie di interesse energetico per provincia (t/anno) - 1996
Colture erbacee frumento tenero
frumento duro orzo
avena mais
arboree
vite olivo agrumi pesco melo pero
Avellino
37.666
83.377
16.270
20.676
30.805
48.269
00.000
-
-
-
-
Xxxxxxxxx
38.880
60.674
18.585
2.709
32.361
124.880
21.975
-
- 0.000
-
Xxxxxxx
18.995
31.739
4.110
4.420
71.605
37.190
12.444
11.839
254.859
48.180
-
Napoli
-
-
-
- 23.543
28.882
2.445
26.866
57.971
00.000
-
Xxxxxxx
21.249
16.185
4.010
4.567
22.399
58.892
78.350
45.191
28.124
12.835
20.804
Campania
116.790
191.975
42.975
32.372
180.713
298.113
126.692
83.896
340.954
88.058
20.804
Fonte: Elaborazione ENEA su dati ISTAT
Individuate le colture agrarie utilizzabili a fini energetici e valutate le corrispondenti produzioni annue dei prodotti principali, la metodologia consente di ottenere i quantitativi dei sottoprodotti principali e secondari (biomasse agrarie), in termini di sostanza secca, utilizzando allo scopo i seguenti parametri:
• rapporto sottoprodotto principale (SP1)/ prodotto principale;
• produzione e frequenza di raccolta del sottoprodotto secondario (SP2);
• umidità ed uso attuale del sottoprodotto principale e secondario.
La valutazione del quantitativo di sottoprodotto principale di ciascuna coltura agraria, si ottiene in particolare dalla conoscenza del quantitativo di prodotto principale (tal quale) e del rapporto SP1/quantitativo di prodotto principale; questo rapporto si può infatti definire come “unità di sottoprodotto principale ottenibile da ogni unità di prodotto colturale”, ed esprime quindi la biomassa specifica normalmente disponibile dopo la raccolta del prodotto principale.
Le colture della vite e dell’olivo costituiscono due eccezioni nel calcolo della valutazione del sottoprodotto principale; le notevoli diversità riscontrabili nei sistemi di allevamento, nella modalità, nell’intensità e nella periodicità della potatura si manifestano infatti in modo significativo sulla quantità dei residui di potatura ottenibile.
Sperimentalmente è stata verificata la seguente correlazione analitica tra resa (t/ha) in uva e quantità di sarmenti ottenuti (t/ha):
quantità di sarmenti = 0,113 . resa uva + 2,000 (t/ha di t.q.).
Simile situazione si presenta per l’olivo per il quale, tuttavia, si possono individuare diverse funzioni di correlazione tra resa in olive (t/ha) e quantità di sottoprodotti (legna di potatura e frasche) applicabili nelle diverse Regioni ed anche nelle diverse province, in relazione alla periodicità della potatura e caratteristiche delle cultivar allevate. Nella Regione Campania questa funzione di correlazione può essere espressa dalla relazione:
quantità di sottoprodotti = 0,428 . resa olive + 1,452 (t/ha di t.q.).
Il sottoprodotto secondario (SP2) è presente solo nelle colture arboree ed è costituito essenzialmente dalla legna che si rende disponibile al termine del ciclo produttivo (massa dendrometrica); la produzione di questo sottoprodotto non è in genere correlata alla resa del prodotto principale. La frequenza di raccolta è il periodo dopo il quale esso è disponibile e rappresenta, quindi, la durata dell’impianto arboreo.
L’umidità rappresenta il contenuto medio in acqua del sottoprodotto al momento del recupero, e l’uso attuale del sottoprodotto principale e di quello secondario rappresenta infine la frazione di questi sottoprodotti complessivamente impiegata attualmente, anche per uso energetico.
Tutti questi parametri possono essere suscettibili di sensibili variazioni dovute alle tecniche agronomiche utilizzate (varietà colturale, sistema produttivo o forma di allevamento, condizioni pedoclimatiche, modalità e tempi di raccolta, efficienza delle macchine operatrici); l’uso attuale del sottoprodotto (zootecnico, agronomico, ecc.) può dipendere in particolare anche dalle tradizioni e dai mercati locali.
La valutazione di questi parametri deve quindi essere effettuata preferibilmente da indagini e sopralluoghi diretti nelle aree di indagine.
Per chi non disponga di queste informazioni in modo diretto, la metodologia fornisce per questi parametri valori medi di “default”, riassunti nella Tab. 18; questi parametri sono stati utilizzati anche ai fini del presente Studio.
Tab. 18 – Regione Campania: parametri di calcolo utilizzati per la valutazione dei quantitativi di biomassa di origine agricola | |||||||
Coltura | SP1/prod. | U (SP1) % | uso attuale (SP1) % | SP2 t/ha | frequenza (SP2) anni | U (SP2) % | uso attuale (SP2) % |
erbacee | |||||||
frumento t. | 0,69 | 15 | 70 | - | - | - | - |
frumento d. | 0,70 | 15 | 70 | - | - | - | - |
orzo | 0,80 | 15 | 70 | - | - | - | - |
avena | 0,70 | 15 | 70 | - | - | - | - |
mais | 1,30 | 55 | 50 | - | - | - | - |
arboree | |||||||
vite | (0) | 00 | 0 | 00 | 00 | 00 | 90 |
olivo | (2) | 50 | 10 | (3) | - | 40 | 90 |
agrumi | 0,40 | 40 | 5 | 45 | 50 | 35 | 90 |
pesco | 0,20 | 40 | 5 | 75 | 15 | 40 | 90 |
melo | 0,10 | 40 | 5 | 85 | 20 | 40 | 90 |
pero | 0,10 | 40 | 5 | 100 | 20 | 40 | 90 |
Fonte: ENEA - A.I.I.A.
(1) 0,113 . resa uva + 2,000 (t/ha di t. q). (2) 0,428 . resa olive + 1,452 (t/ha di t.q.).
(3) impianto di lunga durata (anche plurisecolare)
Il foglio 2 della metodologia riassume per ciascuna provincia i dati di ingresso e mostra i risultati di questa elaborazione.
4.2.2 Sottoprodotti forestali
La valutazione della quantità di biomassa legnosa utilizzabile a fini energetici (kt/anno di s.s.), al netto di quella già impiegata a questo fine e per altre utilizzazioni, viene effettuata sulla base dei dati relativi alla:
• superficie forestale ed alla superficie tagliata annualmente per ogni forma di governo
(fustaie, cedui semplici, cedui composti);
• produzione legnosa forestale e sua destinazione d’uso.
La superficie forestale della Regione Campania è stata riportata nella Tab. 9 (§ 3.2), mentre la Tab. 19 contiene i valori del numero e della superficie tagliata per forma di governo.
Tab. 00 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: numero e superficie delle tagliate (ha) per forma di governo e provincia | ||||||||
Fustaie Cedui semplici Cedui composti Totale | ||||||||
N. | Sup. | N. | Sup. | N. | Sup. | N. | Sup. | |
Avellino | 16 | 180 | 595 | 714 | - | - | 611 | 894 |
Benevento | 4 | 12 | 434 | 356 | 5 | 39 | 443 | 407 |
Caserta | 44 | 45 | 645 | 682 | 36 | 20 | 725 | 747 |
Xxxxxx | - | - | - | - | - | - | - | - |
Xxxxxxx | 00 | 449 | 1.522 | 2.054 | - | - | 1.569 | 2.503 |
Campania | 111 | 686 | 3.196 | 3.806 | 41 | 59 | 3.348 | 4.551 |
Fonte: ISTAT
La produzione legnosa della Regione Campania e la sua destinazione d’uso per forma di governo è riportata nella Tab. 14 (§ 3.2).
Noti questi dati, dalla conoscenza della massa volumica reale media, dell’umidità della legna utilizzata, e della percentuale della massa legnosa dei sottoprodotti forestali rispetto alla massa totale della pianta (Tab. 20), la metodologia consente di determinare i quantitativi di biomassa forestale, in termini di sostanza secca, nella situazione attuale.
Tab. 00 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: parametri di calcolo utilizzati per la valutazione della biomassa forestale | |||
Parametro | Fustaie | Cedui semplici | Cedui composti |
massa volumica (t/m3 t.q.) | 0,90 | 0,90 | 0,90 |
umidità t.q. (%) | 40 | 40 | 40 |
sottoprodotti forestali (%) | 20 | 20 | 20 |
Fonte: Fonti Bibliografiche varie
Poiché tale quantitativo è, come detto, valutato al netto della legna destinata attualmente ad usi energetici (legna da ardere e legna per carbone vegetale), la biomassa forestale ottenuta risulta quindi costituita dai soli sottoprodotti forestali (ramaglie) che, allo stato attuale, vengono abbandonati o distrutti in foresta.
In altri termini, la valutazione dei quantitativi di biomassa forestale tiene conto che, nella situazione attuale, la legna tagliata è già tutta utilizzata per usi diversi e quindi non disponibile per applicazioni energetiche come quelle previste nel presente Studio; a tal fine la metodologia consente tuttavia anche la possibilità di valutare la legna che potrebbe essere prodotta ed utilizzata a fini energetici diversi dagli attuali prevedendo una diversa gestione del patrimonio forestale, a parità di superficie boscata (ipotesi di sviluppo energetico).
Nell’ipotesi di sviluppo energetico, fermo restando i valori dei precedenti parametri, vengono infatti prefissate, per ogni forma governo:
• le percentuali delle superfici forestali annualmente sottoposte a taglio (superficie tagliata);
• la producibilità complessiva di legna utilizzabile per lavoro ed usi energetici (legna da ardere e carbone vegetale);
• la percentuale media di legname producibile destinata a legname da lavoro.
Nella Tab. 21 vengono riportati i valori utilizzati nel presente Studio per questa valutazione.
Tab. 00 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: valori dei parametri energetico | di calcolo utilizzati | nell’ipotesi di sviluppo | ||
Parametro | Fustaie | Cedui semplici | Cedui composti | |
superficie forestale (ha) | inalterata (1) | inalterata (1) | inalterata (1) | |
superficie tagliata minima (%) | 2 | 4 | 4 | |
Produttività (m3/ha) | ||||
(legna da lavoro + legna | da | 200 | 100 | 100 |
energia) | ||||
Destinazione d’uso | ||||
legna da lavoro (%) | 90 | 20 | 20 | |
legna per energia (%) | 10 | 80 | 80 | |
massa volumica (t/m3 t.q.) | 0,90 | 0,90 | 0,90 | |
umidità (%) | 40 | 40 | 40 | |
sottoprodotti forestali (%) | 20 | 20 | 20 |
(1) rispetto al valore immesso nella SITUAZIONE ATTUALE Fonte: Fonti Bibliografiche varie e stime ENEA-A.I.I.A.
Sulla base di questi parametri la metodologia consente di ricavare la legna utilizzabile anche per altri fini energetici diversi da quelli attuali (legna da energia aggiuntiva).
Ai fini della successiva analisi economica la metodologia considera il quantitativo di legna e dei sottoprodotti forestali ottenibili in questa ipotesi di sviluppo energetico, per tenere conto delle potenzialità derivanti da un migliore utilizzo delle risorse forestali.
Il foglio 3 della metodologia riassume i dati di ingresso per ciascuna provincia e mostra i risultati ottenuti.
4.2.3 Scarti agro-industriali
Nella Regione Campania risultano presenti [7] consistenti quantitativi di scarti agro-industriali, in particolare di vinacce e di sanse esauste (Tab. 22).
Tab. 00 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: scarti agro-industriali (t/anno di t.q.) | |||||
Vinacce | Sanse esauste | Gusci e nocciole | Imballaggi agro-ind. | Cartoni | |
Avellino | 1.198 | 6.265 | 616 | 132 | - |
Benevento | 11.995 | 12.810 | - | 144 | - |
Caserta | 14.407 | 7.560 | - | 542 | 39 |
Napoli | 40.204 | 7.840 | 3.407 | 1.165 | 468 |
Salerno | 6.201 | 30.415 | 7.211 | 515 | 329 |
Campania | 74.005 | 64.881 | 11.234 | 2.498 | 836 |
Fonte: C.N.R. – P.F.E., 1987
Poiché la Regione risulta sufficientemente dedita alla viticoltura ed alla olivicoltura, le potenzialità energetiche dei relativi residui saranno valutate nel prosieguo del presente Studio, mentre altre tipologie di prodotti agro-industriali si possono ritenere fin d’ora di limitato interesse per le finalità di queste applicazioni.
Nel foglio 4 della metodologia sono riportati i quantitativi di sostanza secca ottenuti dagli scarti agro-industriali presenti in ciascuna provincia della Regione Campania.
4.3 Potenziale teorico
Con i dati di ingresso riportati al paragrafo precedente, l’applicazione della metodologia fornisce come risultato aggregato che la biomassa disponibile nella Regione Campania per usi energetici è di 725 kt/anno di s.s. (319,7 ktep/anno), con una densità media di 53 t/km2. Tale quantitativo è costituito (Fig. 5) da:
• 300 kt/anno di sostanza secca (41,5% del totale) da sottoprodotti di origine agraria (122 kt/anno di residui erbacei e 178 kt/anno di residui arborei);
• 325 kt/anno di sostanza secca (44,8% del totale) dalla legna e dai sottoprodotti forestali nell’ipotesi di sviluppo energetico;
• 99 kt/anno di sostanza secca (13,7% del totale) dagli scarti di lavorazione delle industrie agro-alimentari della Regione.
Fig . 5 - Re g io n e C am p an ia: d is p o n ib ilità d i b io m as s a p e r tip o lo g ia
kt/anno di sostanza secca
Scarti ag ro - in du s triali
So tto p ro d o tti fo re s ta li
So tto p ro d o tti a g rico li
0 5 0 1 00 1 5 0 2 00 2 5 0 3 00 3 5 0
La disaggregazione di questi dati mostra che la provincia che presenta il più elevato quantitativo di biomassa complessiva disponibile a fini energetici è Salerno (256,4 kt/anno di s.s.), seguita da Caserta (155,6), Avellino (124,1), Benevento (108,9) e Napoli (80); la densità complessiva di biomassa oscilla da un minimo di 44,5 t/km2 (Avellino) ad un massimo di 68,3 t/km2 (Napoli).
La provincia di Salerno risulta pertanto quella che presenta, attualmente, la più elevata disponibilità complessiva di biomassa della Regione Campania, seguita dalla provincia di Caserta (Fig. 6).
Fig. 6 - Re gione Cam pania: dis ponibilità com ple s s iva di biom as s a pe r provincia
kton/anno di sostanza secca
Salerno
Napoli
Cas erta
Benevento
A vellino
0 50 100 150 200 250 300
In termini disaggregati per tipologia di biomassa, la provincia che presenta la maggiore disponibilità di sottoprodotti agrari è Caserta (86,2 kt/anno di s.s.), seguita da Salerno (71,6), Benevento (61,8), Avellino (52,8) e Napoli (28,1) (Fig. 7).
Fig. 0 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: disponibilità di sottoprodotti agrari per provincia
kton/anno di sostanza secca
Salerno
Sott. erbacei
Sott. arborei
Napoli Caserta
Xxxxxxxxx
Xxxxxxxx
0 20 40 60 80 100
La provincia che presenta la maggiore disponibilità di legna e sottoprodotti forestali, nell’ipotesi di sviluppo energetico, è Salerno (148,5 kt/anno di s.s.), seguita da Avellino (64,6) e Caserta (56,4). Si noti in particolare che, nella provincia di Napoli, nella situazione attuale, la superficie annualmente sottoposta a taglio risulta nulla (Fig. 8).
Fig. 8 - Re gione Cam pania: dis ponibilità di le gna e s xxxxxx odotti for e s tali pe r pr ovincia
kton/anno di
sostanza secca
Salerno Napoli Cas erta
Benevento A vellino
0
Sv il. energ. A ttuale
50 100 150
La provincia che presenta la maggiore disponibilità di scarti delle lavorazioni agro-industriali è Salerno (36,3 kt/anno di s.s) (Fig. 9).
Fig. 9 - Regione Cam pania: disponibilità di scarti agro - industriali
Salerno
kton/anno di
sostanza secca
Napoli Caserta
Xxxxxxxxx Xxxxxxxx
0 10 20 30 40
La Tab. 23 mostra il riepilogo generale dei quantitativi di biomassa disponibile.
Tab. 00 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: riepilogo dei quantitativi di biomassa disponibili (kt/anno s.s.) | |||||
Provincia | Erbacei | Sottoprodotti Arborei Forestali | Agro- ind. | Totale | |
Avellino | 37,53 | 15,26 | 64,64 | 6,70 | 124,13 |
Benevento | 31,41 | 30,41 | 30,62 | 16,43 | 108,87 |
Caserta | 31,58 | 54,67 | 56,36 | 12,98 | 155,59 |
Napoli | 6,89 | 21,19 | 24,86 | 27,08 | 80,01 |
Salerno | 14,81 | 56,78 | 148,51 | 36,26 | 256,36 |
Campania | 122,22 | 178,31 | 324,99 | 99,45 | 724,96 |
Determinati i quantitativi di biomassa disponibili, la metodologia consente di valutare il relativo potenziale energetico (numero e potenza degli impianti di conversione), verificando contestualmente se sussistano le condizioni tecnico- economiche per la realizzazione di almeno un impianto; a tal fine vengono utilizzati i parametri di ingresso richiesti nella cosiddetta “analisi territoriale” del foglio 7 (v. Cap. 2). La Tab. 24 riporta i valori assegnati a questi parametri in questa fase del presente Studio. Con il primo gruppo di parametri (IMPIANTO) si definiscono le caratteristiche di funzionamento e di rendimento dell’impianto volute, mentre con il secondo gruppo di
parametri (MANODOPERA) si individua il personale ed il relativo costo ritenuto necessario al suo funzionamento.
Con il terzo gruppo (BIOMASSA SECCA) si indicano le caratteristiche energetiche medie della biomassa che si intende utilizzare ed i relativi costi specifici di approvvigionamento, mentre con il quarto (ENERGIA) si stabiliscono i corrispettivi attesi dalla vendita dell’energia elettrica (ed eventualmente termica) prodotta. In particolare occorre evidenziare che il valore del parametro prezzo energia termica è stato posto al valore di 20 Lit/kWht, analogo al valore di mercato dell’olio combustibile BTZ.
Tab. 00 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: nell’analisi territoriale | valori di | ingresso utilizzati |
Parametro | Valore | Unità di misura |
IMPIANTO | ||
- funzionamento annuo | 7.000 | h/anno |
- vita utile | 8 | anni |
- rendimento elettrico | 0,22 | - |
- fattore utilizzazione en. termica | 0,5 | - |
- coeff. manutenzione e riparazione | 0,03 | - |
MANODOPERA | ||
- numero | 12 | u.l. |
- stipendio lordo medio unitario | 50 | MLit./anno . ul |
BIOMASSA SECCA | ||
- potere calorifico inferiore | 4,9 | kWh/kg |
- costo specifico di acquisto | 80 | Lit:/kg |
- costo specifico di trasporto | 0,5 | Lit./kg . km |
ENERGIA | ||
- prezzo en. elettrica | 270 | Lit/kWhe |
- prezzo en. termica | 20 | Lit/kWht |
PARAMETRI FINANZIARI | ||
- tasso interno di rendimento | 0,15 | - |
VALORI LIMITE | ||
- potenza elettrica minima | 5 | MWe |
- investimento specifico | 4 | MLit./kWe |
Con il quinto gruppo (PARAMETRI FINANZIARI) si stabilisce l’obiettivo economico d’impresa perseguito, mentre con il sesto gruppo (VALORI LIMITE) si indicano i valori commerciali minimali, di potenza e di costo, che deve possedere l’impianto; impianti di taglia e costi inferiori a questi valori non sono infatti ritenuti accettabili per applicazioni su scala territoriale significativa.
I risultati dell’analisi territoriale consentono di valutare in 108 MWe il potenziale energetico da biomasse vegetali presente complessivamente nella Regione Campania (potenziale teorico).
Questa potenzialità può essere resa disponibile attraverso diverse soluzioni impiantistiche; dall’analisi territoriale effettuata risulta, infatti, economicamente conveniente ogni combinazione di impianti con potenze elettriche comprese tra 6 e 87 MW; in particolare nella Regione potrebbero essere installati 5 impianti di cogenerazione da 20 MWe ciascuno, valore determinato dalla soluzione “ottimale”, o 18 impianti di
cogenerazione da 6 MWe ciascuno, valore determinato dalla soluzione “minimale”, o 1
impianto di cogenerazione da 87 MWe, valore determinato dalla soluzione “massimale”.
L’analisi della soluzione ottimale a livello provinciale mostra che nella provincia di Salerno è possibile realizzare 2 impianti di cogenerazione da 20 MWe ciascuno, nella provincia di Caserta 1 impianto da 21 MWe, e nella provincia di Avellino 1 impianto da 19 MWe.
L’analisi della soluzione minimale mostra ancora che nella provincia di Salerno è possibile realizzare, in alternativa alla soluzione precedente, 6 impianti da 6 MWe ciascuno, in ciascuna delle province di Caserta ed Avellino 3 impianti da 6 MWe ciascuno, nella provincia di Benevento 2 impianti da 6 MWe ciascuno, e nella provincia di Napoli 1 impianto da 6 MWe.
Nella provincia di Salerno, che presenta il più elevato potenziale teorico della Regione, è quindi possibile in linea di principio realizzare due impianti di cogenerazione da 20 MWe ciascuno od, in alternativa, 6 impianti da 6 MWe ciascuno.
Per le motivazioni esposte al § 1.4 la biomassa deve essere approvvigionata nel territorio limitrofo al sito in cui è ubicato l’impianto. La metodologia, come indicato al Cap. 2, schematizza questo territorio ipotizzandolo circolare, con l’impianto situato al centro; questa schematizzazione, che comunque si adatta in modo soddisfacente alla generica applicazione della metodologia, viene effettuata prevalentemente per ridurre ad una sola dimensione (raggio) il problema della determinazione della superficie “asservita” all’impianto. Con questa schematizzazione, la soluzione “ottimale” eventualmente determinata dai dati di ingresso precedentemente definiti, consente infatti di ricavare anche il raggio dell’area territoriale asservita all’impianto.
L’analisi della soluzione ottimale di ciascuna provincia campana mostra che il raggio del territorio “asservito” a ciascuno di questi impianti varia da un minimo di circa 25,6 km (Napoli) ad un massimo di circa 29,5 km (Avellino), e la corrispondente superficie da cui prelevare la biomassa varia quindi da un minimo di 2.058 km2 (206 kha), ad un massimo di 2.741 km2 (274 kha).
In termini economici, l’investimento specifico risultante dall’analisi territoriale varia da 5,7 a 5,9 MLit/kWe per l’impianto individuato dalla soluzione ottimale, con un investimento complessivo compreso tra i 109 ed i 121 miliardi di lire per ciascun impianto.
Nell’ipotesi di valorizzazione dell’energia elettrica prodotta da impianti utilizzanti biomasse, prevista dal Provvedimento CIP 6/92, al prezzo di 270 Lit/kWh (valore vigente nell’ultimo anno di applicazione del Provvedimento), l’analisi di sensibilità della soluzione ottimale (v. riquadro 4 del foglio 7) mostra che, per tutte le province,
l’investimento specifico risulta economicamente fattibile anche nel caso in cui si realizzino impianti dedicati alla sola produzione di energia elettrica, a condizione che il costo specifico di acquisto della biomassa non sia superiore alle 100 Lit/kg di sostanza secca.
L’analisi di sensibilità viene effettuata allo scopo di analizzare l’andamento dell’investimento specifico in funzione del prezzo di vendita dell’energia termica e del costo specifico di acquisto della biomassa, i due parametri ritenuti maggiormente critici per questo tipo di analisi.
L’investimento specifico ottenuto in corrispondenza ad una coppia di valori di questi due parametri viene definito fattibile, quando risulta maggiore dell’investimento specifico indicato nei dati di ingresso (v. Tab. 24) e non superiore a 1,5 questo valore.
L’investimento specifico risulta inoltre, per tutte le province, anche attrattivo, quando cioè è superiore ad 1,5 del valore limite indicato in ingresso, nel caso in cui si realizzino impianti di cogenerazione, purché l’energia termica prodotta sia venduta ad almeno 20 Lit/kWht ed il costo specifico di acquisto della biomassa non sia superiore a 50 Lit/kg.
L’investimento specifico risulta ugualmente attrattivo se il prezzo di vendita dell’energia termica è di 40 Lit/kWht, purché il costo specifico di acquisto della biomassa sia non superiore alle 100 Lit/kg di sostanza secca.
Risulta inoltre indispensabile realizzare un impianto di cogenerazione la cui energia termica prodotta sia venduta ad almeno 20 Lit/kWht (30 per la sola provincia di Napoli), se il costo specifico di acquisto della biomassa è dell’ordine di 150 Lit/kg.
Nell’allegato n° 1 sono riportati i risultati dell’applicazione della metodologia alla Regione Campania per la valutazione del potenziale teorico, disaggregati per provincia.
4.4 Valutazione dei quantitativi delle biomasse realisticamente utilizzabili a fini energetici
Nell’applicazione della metodologia basata, come l’attuale, unicamente sull’elaborazione di dati statistici e parametri di calcolo medi, non è possibile procedere alla individuazione delle aree di ciascuna provincia più interessanti in termini di quantità di residui disponibili a fini energetici; questa analisi richiederebbe infatti l’acquisizione e l’elaborazione di dati disaggregati a livello comunale non sempre disponibili e, comunque, quasi sempre reperibili solo direttamente nella specifica area di indagine.
L’individuazione delle aree provinciali più vocate in termini di residui risulta indispensabile nella valutazione della convenienza economica dell’installazione di un impianto di conversione energetica, per considerazioni legate in particolare alla riduzione dei costi di trasporto e di stoccaggio delle biomasse.
Al fine della presente analisi risulta quindi solo possibile stabilire dei criteri generali che consentano di selezionare in ambito provinciale le colture energetiche realisticamente utilizzabili.
Come già illustrato al Cap. 1 le colture agrarie, erbacee ed arboree, di interesse per questa valutazione sono quelle adatte per la conversione termochimica dei sottoprodotti principali e secondari la cui superficie in produzione sia, in ciascuna provincia, superiore a 500 ha.
Questo criterio consente di individuare per la Regione Campania come colture erbacee di interesse, il frumento tenero, il frumento duro, l’orzo, l’avena, ed il mais da granella; come colture arboree, la vite da vino, l’olivo, gli agrumi, il pesco, il melo ed il pero.
I sottoprodotti principali di interesse sono, per le colture erbacee, essenzialmente le paglie (ad eccezione del mais che fornisce come sottoprodotto principale gli stocchi) e, per le colture arboree, i sarmenti (vite), le frasche (olivo) ed i residui di potatura per gli alberi da frutto; le colture arboree forniscono inoltre come sottoprodotto secondario la legna da espianto (massa dendrometrica) ritraibile al termine del proprio ciclo produttivo.
L’individuazione delle biomasse realisticamente utilizzabili a fini energetici deve essere effettuata, oltre che sulla base dei quantitativi disponibili, anche e soprattutto di considerazioni di carattere economico legate in particolare ai costi specifici di raccolta (o di acquisto) e di trasporto di questi residui alla centrale di conversione energetica. Il primo costo deve essere inteso come sommatoria dei costi relativi alla raccolta ed al confezionamento dei sottoprodotti, e del loro valore di mercato, mentre il secondo è riferito al costo per chilometro.
Per quanto riguarda il valore di mercato dei sottoprodotti agricoli principali, le indagini effettuate per altri studi direttamente nella aree di produzione mettono in evidenza come allo stato attuale questo valore possa essere considerato praticamente nullo. Per quanto riguarda invece i costi di raccolta e di trasporto risulta ancora da queste indagini che l’unico riferimento di mercato è quello delle tariffe dei contoterzisti agrari che, in genere, vengono stabilite sulla base di accordi diretti; in molti casi le singole operazioni vengono effettuate da agricoltori per conto di altri agricoltori. Per queste ragioni è sempre preferibile anche in questo caso ricavare questi costi direttamente nell’area di indagine.
Il costo complessivo della raccolta e del trasporto dei residui agricoli è quindi in genere molto variabile; in generale, come valore di riferimento, questo costo può essere quantificato (valori 1996) in circa 40-80 Lit./kg di sostanza secca per le paglie, ed in 150- 250 Lit./kg di sostanza secca per i residui di potatura. Questa indicazione consente quindi di limitare alle sole paglie ed agli stocchi le biomasse agricole effettivamente utilizzabili nella Regione a fini energetici; nell’analisi economica effettuata nell’applicazione che ha condotto alla valutazione del potenziale teorico è stata infatti messa in evidenza la necessità di limitare ad un massimo di 100-120 Lit./kg di sostanza secca il costo specifico di acquisto della biomassa.
La disponibilità attuale dei sottoprodotti forestali della Regione Campania è piuttosto ridotta (9,9% dei residui totali), in considerazione della limitata superficie forestale (21,2% della superficie territoriale) e, soprattutto, della minima superficie annualmente sottoposta a taglio (1,6% della superficie forestale complessiva); la forma di governo maggiormente presente nella Regione è il ceduo semplice. La destinazione d’uso principale di tutta la legna e dei sottoprodotti forestali attualmente raccolti è quella energetica ed, in subordine, quella per lavoro; la disponibilità di ulteriore legna da utilizzare in impianti di conversione energetica è quindi attualmente praticamente nulla.
Nell’ipotesi di sviluppo energetico previsto dalla metodologia, finalizzata alla valorizzazione del patrimonio forestale dell’unità territoriale oggetto di indagine a parità di superficie forestale di ogni forma boschiva, la disponibilità di residui forestali ottenibili nella Regione, risulta di circa 13,5 volte il valore attuale!!! (v. All.1). L’eventuale potenziamento delle attività di gestione dei boschi e delle foreste è tuttavia allo stato attuale vincolato in molti casi anche da normative di carattere ambientale che ostacolano la valorizzazione energetica del bosco, oltre che dagli elevati costi della manodopera.
Per quanto riguarda il valore di mercato dei sottoprodotti forestali, le indagini effettuate per altri studi mettono in evidenza come allo stato attuale anche questo valore possa essere considerato praticamente nullo. L’eventuale avvio di un ampio utilizzo di
questi sottoprodotti, e questo vale a maggiore ragione anche per le paglie, dovrebbe tuttavia comportare anche una loro valorizzazione, che deve essere tenuta in debito conto
qualora si decida di intraprendere la realizzazione di un impianto di conversione energetica.
Da indagini effettuate a livello locale in altre Regioni, i costi di raccolta e di trasporto di questi residui si attestano (valori 1996) intorno alle 100 Lit./kg di sostanza secca, nell’ipotesi che il trasporto venga effettuato entro un raggio di 50 km dalla centrale, anche se un loro eventuale utilizzo a fini energetici comporterebbe probabilmente l’attribuzione di un valore intrinseco di mercato valutabile attualmente in circa 60 Lit./kg di sostanza secca; inoltre, il prezzo della legna da ardere attualmente disponibile è tale da escludere qualsiasi suo impiego energetico presso grandi utenze.
Alla luce delle considerazioni effettuate l’utilizzazione in un impianto di conversione energetica dei sottoprodotti forestali attualmente disponibili nella Regione Campania diventa perciò improponibile.
La disponibilità attuale degli scarti di lavorazione agro-industriali della Regione Campania è paragonabile a quella dei sottoprodotti forestali (13,7% dei residui complessivi); in particolare risultano disponibili solo significativi quantitativi di sanse esauste e di vinacce.
Contrariamente a quanto avviene per le altre tipologie di residui presi in considerazione nel presente Studio, gli scarti agro-industriali vengono in genere o utilizzati direttamente dalle aziende produttrici o collocati sul mercato. Questi residui sono perciò caratterizzati da precisi valori di mercato, ed il loro costo di acquisto e di trasporto, da indagini locali effettuate in altre Regioni, è dell’ordine (valori 1996) di 70- 110 Lit./kg di sostanza secca, costo variabile in funzione della località, della tipologia del residuo e del raggio di trasporto.
L’eventuale utilizzo di questi residui può perciò avvenire attualmente solo offrendo ai produttori una migliore remunerazione del prodotto, comportando con ciò un aumento dei loro attuali già elevati costi di mercato; conseguentemente, anche l’effettiva utilizzazione degli scarti agro-industriali presenti nella Regione Campania in un impianto comprensoriale di conversione energetica non sembra allo stato attuale proponibile.
Alla luce di queste valutazioni, ed in considerazione del fatto che, nella Regione Campania,:
• le attività agricole sono preponderanti in termini di superfici investite (SAU/ST=73%, dove ST è la superficie territoriale della Regione) e, di conseguenza, di quantità di residui disponibili;
• tra i residui agricoli quelli attualmente più facilmente utilizzabili sono le paglie dei cereali e gli stocchi del mais, in quanto per questi residui le operazioni di raccolta e di trasporto sono perfettamente conosciute perché già effettuate per altre finalità;
• le paglie attualmente non raccolte hanno un valore di mercato nullo e sono caratterizzate inoltre da costi di raccolta e di trasporto particolarmente limitati;
• i residui forestali sono presenti in quantità ridotte, sono in genere dispersi sul territorio e presentano attualmente costi elevati di raccolta e di trasporto;
• gli scarti delle lavorazioni agro-industriali sono limitati e trovano attualmente un ampio mercato,
si ritiene opportuno effettuare la valutazione del potenziale reale della Regione, ipotizzando il solo impiego della paglia dei cereali e degli stocchi del mais da granella.
4.5 Potenziale reale
L’applicazione della metodologia per la determinazione del potenziale reale effettuata, per quanto evidenziato al paragrafo precedente, prendendo in considerazione solo i sottoprodotti erbacei, fornisce come risultato aggregato che la biomassa complessivamente disponibile nella Regione Campania per usi energetici è di 122 kt/anno di s.s. (53,8 ktep/anno) (Tab. 25), con una densità media di 9 t/km2.
Tab. 00 - Xxxxxxx Xxxxxxxx: riepilogo dei quantitativi di sottoprodotti erbacei disponibili (kt/anno s.s.) | |||||||||
Provincia | Frumento | t. | Frumento | d. | Orzo | Avena | Riso | Mais | Totale |
Avellino | 6,63 | 14,88 | 3,32 | 3,69 | - | 9,01 | 37,53 | ||
Benevento | 6,84 | 10,83 | 3,79 | 0,48 | - | 9,47 | 31,41 | ||
Caserta | 3,34 | 5,67 | 0,84 | 0,79 | - | 20,94 | 31,58 | ||
Napoli | - | - | - | - | - | 6,89 | 6,89 | ||
Salerno | 3,74 | 2,89 | 0,82 | 0,82 | - | 6,55 | 14,81 | ||
Campania | 20,55 | 34,27 | 8,77 | 5,78 | - | 52,86 | 122,22 |
La provincia che presenta la maggiore disponibilità di biomassa da coltivazioni erbacee è Avellino (37,53 kt/anno di s.s.), seguita da Caserta (31,58), Benevento (31,41), e Salerno (14,81) (Fig. 10).
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Avellino è infatti la provincia che presenta la più elevata superficie complessiva coltivata con colture erbacee, seguita da Benevento e Caserta; quest’ultima è, inoltre, la provincia che presenta la maggiore superficie regionale coltivata a mais (seguita dalla provincia di Benevento e da quella di Avellino), coltura che presenta la più elevata resa di sottoprodotti tra tutte le colture erbacee presenti nella Regione. Benevento presenta, infine, la più elevata densità di residui erbacei (15,2 t/km2 di s.s.), seguita da Avellino (13,4) e Caserta (12).
Fig . 10 - Re g ion e Cam pan ia: dis p onibilità di b io m as s a da
co ltivaz io n i e r b ace e ( k to n /an n o d i s .s .)
Sale r n o Nap o li
Cas e r ta
Be ne ve nto Ave llino
0
10
20
30
40
La provincia di Avellino risulta pertanto quella che presenta il più elevato quantitativo di biomassa della Regione Campania realisticamente utilizzabile a fini energetici, seguita dalle province di Caserta e Benevento.
Con gli stessi valori attribuiti ai parametri di ingresso dell’analisi territoriale effettuata per il calcolo del potenziale teorico (Tab. 24), il quantitativo individuato di biomassa da coltivazioni erbacee presente nella Regione Campania, consente di valutare in circa 16 MWe il suo potenziale reale energetico.
Questa potenzialità può essere resa disponibile attraverso diverse soluzioni impiantistiche; dall’analisi territoriale effettuata risulta infatti economicamente conveniente ogni combinazione di impianti di cogenerazione con potenze elettriche comprese tra 4 ed 11 MW.
Nella Regione, infatti, potrebbe essere installato 1 impianto di cogenerazione da 11 MWe, valore determinato dalla soluzione “ottimale”, o 4 impianti di cogenerazione da 4 MWe ciascuno, valore determinato dalla soluzione “minimale”.
L’analisi a livello provinciale mostra che solo nelle province di Avellino e Caserta è possibile realizzare 1 impianto di cogenerazione da 5 MWe, mentre, nelle province di Benevento, Napoli e Salerno, la biomassa presente sulla superficie territoriale di ciascuna di queste province non è sufficiente a garantire da sola la redditività di un impianto di almeno 4 MWe (limite di tipo fisico).
Si tenga tuttavia presente che questa valutazione risulta dall’elaborazione effettuata considerando il prezzo dell’energia elettrica ceduta remunerata all’ultimo valore previsto dal Provvedimento CIP 6/92 (270 Lit./kWhe), ed il prezzo di vendita dell’energia termica al valore di 20 Lit./kWht.
In termini economici, l’investimento complessivo necessario per la realizzazione dell’impianto di cogenerazione è compreso tra 68 miliardi di lire per Caserta e 71 per Avellino.
L’allegato n° 2 riporta i risultati di queste elaborazioni.
5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Lo Studio effettuato per valutare il potenziale energetico da biomasse vegetali presente nella Regione Campania, realizzato nell’ambito della predisposizione del Piano Energetico Regionale (PER), ha consentito di stimare in circa 725 kt/anno di sostanza secca (319,7 ktep/anno) il quantitativo complessivo di biomasse vegetali potenzialmente utilizzabile a fini energetici nella Regione, con una densità media regionale di 53 t/km2 di s.s..
Deve tuttavia essere evidenziato che, nel presente Studio, non è stato considerato il contributo derivante dai mandorleti e dai noccioleti, in quanto per il 1996 non sono disponibili i dati ISTAT relativi alle superfici in produzione ed ai quantitativi di prodotto.
Alla luce delle considerazioni e delle valutazioni economiche effettuate in particolare in relazione ai costi di acquisto (o raccolta) e di trasporto delle biomasse, lo Studio ha tuttavia messo in evidenza come solo le paglie dei cereali e gli stocchi del mais
da granella siano realisticamente utilizzabili attualmente nella Regione; il loro quantitativo è stato stimato in 122 kt/anno di sostanza secca (53,8 ktep/anno), con una densità media regionale di 9 t/km2.
Questa disponibilità di biomassa consente di valutare in circa 16 MWe l’attuale potenziale energetico reale della Regione Campania, ossia del potenziale realisticamente sfruttabile in assenza di vincoli di carattere normativo e/o ambientale.
Il potenziale individuato può essere reso disponibile attraverso diverse soluzioni impiantistiche; dall’analisi effettuata risulta infatti economicamente conveniente ogni combinazione di impianti di cogenerazione con potenze elettriche comprese tra 4 ed 11 MW.
In particolare nella Regione potrebbe essere installato 1 impianto di cogenerazione da 11 MWe, o 4 impianti di cogenerazione da 4 MWe ciascuno.
La provincia di Avellino presenta il più elevato quantitativo di sottoprodotti erbacei (37,53 kt/anno di sostanza secca) e risulta pertanto quella con il più elevato potenziale energetico reale della Regione Campania, seguita dalle provincia di Caserta (31,58), Benevento (31,41), Salerno (14,81), e Napoli (6,89).
In ciascuna delle province di Avellino e Caserta è perciò possibile realizzare 1
impianto di cogenerazione da 5 MWe.
Nelle altre province (Benevento, Napoli e Salerno), la disponibilità di biomassa da coltivazioni erbacee presente non è sufficiente da sola a garantire la redditività di un impianto di almeno 4 MWe di potenza, taglia considerata minimale per questo tipo di
realizzazioni; a tal fine occorrerebbe approvvigionare la biomassa mancante al di fuori del territorio di ciascuna di queste province.
L’applicazione della metodologia utilizzata basata, come nella presente analisi, esclusivamente sull’elaborazione di dati statistici e parametri medi di calcolo, non consente tuttavia l’individuazione delle specifiche aree provinciali, od interprovinciali, che presentano densità di biomassa significative per applicazioni di carattere energetico.
La localizzazione degli impianti di conversione energetica, che è genericamente individuabile nel baricentro del comprensorio con la maggiore disponibilità di residui, deve perciò scaturire da indagini dirette sul territorio che consentano di minimizzare i costi relativi all’acquisto (od alla raccolta), al trasporto ed allo stoccaggio degli ingenti quantitativi di biomasse necessari ed, allo stesso tempo, di individuare gli utenti potenziali dell’energia elettrica e termica prodotta da questi impianti.
. BIBLIOGRAFIA
[1]A.I.G.R. (Associazione Italiana di Genio Rurale) - denominazione precedente dell’A.I.I.A. - “Potenzialità energetica da biomasse nelle regioni italiane - Rapporto conclusivo - INTRODUZIONE e PARTE PRIMA” - Contratto A.I.G.R. - ENEA del 03 dicembre 1992 - Pratica 00073, aprile 1994
[2]HOEPLI - “Manuale di Agricoltura”
[3]ISTAT - “4° Censimento generale dell’agricoltura”; 1990
[4]ISTAT - “Coltivazioni agricole e foreste - Anni 1995-1996” – Informazioni n. 89, 1998
[5]COMITATO INTERMINISTERIALE DEI PREZZI - Deliberazione 29 aprile 1992 “Prezzi dell’energia elettrica relativi a cessione, vettoriamento e produzione per conto ENEL, parametri relativi allo scambio e condizioni tecniche generali per l’assimilabilità a fonte rinnovabile. Provvedimento n. 6/1992” - Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, Serie generale - n. 109, 12 maggio 1992
[6]A.I.I.A. - “Potenzialità energetica da biomasse : applicazione a livello territoriale della metodologia XXXX - X.X.X.X. xxxx Xxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxx ed Abruzzo; le biomasse di origine agricola” - Contratto A.I.I.A. - ENEA del 29 maggio 1995 Prot. 5189 pratica n. 95/58-98-ZA; giugno 1996
[7]CNR - PFE Biomasse ed Agricoltura - “Realizzazione Banca Dati Residui e Rifiuti Agricoli, Zootecnici ed Industriali”, Roma, 1987