COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MARINARI Presidente
(NA) XXXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) GIUSTI Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) SAMPAGNARO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) XXXXXXXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXXXX XXXXXXXX
Nella seduta del 30/11/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Con precipuo ricorso – preceduto da reclamo – il cliente, rappresentato da avvocato di fiducia, premetteva di aver sottoscritto con l’intermediario intimato, nel settembre 2010, un contratto di prestito personale da rimborsare in 7 anni tramite rate mensili di circa 280 euro. Evidenziava che, dall’inizio del 2014, le proprie condizioni economiche - già precarie a causa della sua impossibilità a svolgere attività lavorativa in quanto invalido al 100% - erano peggiorate, dovendo provvedere anche al sostentamento del figlio, rimasto disoccupato, e della sua famiglia e che, non potendo far fronte al pagamento dei ratei, nel novembre 2014, riceveva l’avviso di decadenza dal beneficio del termine e di segnalazione nelle centrali dei rischi. Avviato il procedimento di mediazione presso la Camera di Conciliazione del Ministero della Giustizia – al quale l’intermediario non partecipava a causa della “indeterminatezza dell’oggetto del contendere” – nell’aprile 2015, formulava una richiesta di definizione transattiva della controversia, offrendo in pagamento l’importo di € 3.000,00, non accettato a causa dell’esiguità della somma offerta. Chiedeva di “ridurre la somma che deve essere corrisposta ovvero concludere che nessun’altra somma dovrà essere corrisposta”.
Con tempestive controdeduzioni, l’intermediario rilevava che l’importo offerto in via
transattiva, unitamente a quanto già versato dal ricorrente (€ 12.557,16), non era idoneo a rimborsare l’importo finanziato (€ 16.931,64) e che, comunque, si rendeva disponibile a valutare un’ulteriore proposta oppure a concordare un piano di rientro. Evidenziava che la valutazione del merito creditizio – in origine non errata, in quanto per i primi 4 anni il prestito era stato regolarmente onorato – doveva basarsi sulle condizioni esistenti al momento della richiesta del finanziamento e andava condotta in considerazione delle esigenze di sana e prudente gestione degli intermediari. Chiedeva, conclusivamente, il rigetto della domanda.
DIRITTO
1. – Deve, preliminarmente, rilevarsi che la domanda proposta dal ricorrente appare finalizzata ad ottenere una condanna ad un facere che esula dai poteri del Collegio adito (cfr. Sez. 1, Par. 4, delle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delel controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari).
La stessa, pur valutata quale domanda di accertamento del relativo diritto, non merita accoglimento.
2. – Xx infatti il Collegio ritiene di dover dare continuità al proprio orientamento in base al quale, “ai fini della decisione della presente controversia merita sottolineare come l’accoglimento della richiesta del ricorrente si risolverebbe nella rinegoziazione del contratto di finanziamento, ovvero nella ridefinizione del contenuto del regolamento contrattuale, la quale può avvenire soltanto sulla base di una concorde volontà di entrambi le parti. Va pure rilevato che, a fronte del diniego univocamente e ripetutamente manifestato al riguardo dall’intermediario resistente, il ricorrente non può invocare alcun diritto alla rinegoziazione del contratto in questione ... Sotto altro profilo non si può fare a meno di evidenziare che la domanda del ricorrente sottende un’inammissibile intromissione dell’Arbitro Bancario Finanziario nell’ambito dell’autonomia privata (e dunque della discrezionalità del resistente). Peraltro, anche volendo tenere presente — come già segnalato da questo Arbitro (decisioni del Collegio ABF di Napoli nn. 2295/2011 e 320/2010) — orientamenti dottrinali formatisi in materia di relational contracts, i quali suppongono rimedi manutentivi del contratto (come la sua rinegoziazione) per rimediare ad sopravvenuti squilibri dell’originario programma contrattuale condiviso dai paciscenti, bisogna porre in luce come una simile prospettazione avrebbe richiesto l’allegazione da parte del ricorrente di eventi specifici che non possono ricondursi al solo fatto di essere l’unico percettore di reddito fisso all’interno del nucleo familiare, circostanza questa presumibilmente già presente al momento della stipulazione del contratto e tale da aver indirizzato i contraenti verso la soluzione del mutuo a tasso fisso. Non si può trascurare di considerare, inoltre, che nella menzionata chiave di lettura la rinegoziazione sarebbe legittimata dal rispetto della clausola generale di buona fede, che non sembra essere stata nella fattispecie in esame violata dal resistente” (da ultimo, ex plurimis, Xxxxxxxx ABF di Napoli, decisione n. 2777/14).
3. - Il Collegio ritiene, anche al fine di favorire le future relazioni tra le parti, di evidenziare
che l’intermediario – seppure dopo il tentativo di mediazione – ha manifestato la propria disponibilità a valutare un’ulteriore proposta oppure a concordare un piano di rientro e che, dal canto suo, il ricorrente – la cui situazione di difficoltà sopravvenuta non è in discussione – aveva già offerto un importo di € 3.000,00 a fronte di quello residuale di € 4.374,48.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1