Capo II
Capo II
Art. 68. Rinvio. – 1. Alle offerte di servizi della società dell’informazione, effettuate ai consuma- tori per xxx xxxxxxxxxxx, xx applicano, per gli aspetti non disciplinati dal presente codice, le disposizio- ni di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, recante attuazione della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno.
Esame della norma.
Il capo del codice intitolato «commercio elettronico» consta di un solo articolo di rinvio alla disciplina di cui al D.lgs 9 aprile 2003, n. 70, con cui il legislatore italiano ha recepito la dir. CE 2000/31 relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno. Il D.lgs n. 70 del 2003, al pari della dir. CE 2000/31, non definisce il commercio elettronico, limitandosi ad indicare, come finalità (art. 1), che «il presente decreto è diretto a promuovere la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione, fra i quali il commercio elettronico» (delFini, Il commercio elettronico, Padova, 2004, p. 3). Una definizio- ne di commercio elettronico è rinvenibile nella Comunicazione della Commissione Europea al Parla- mento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni COM (97) 157, denominata «un’iniziativa europea in materia di commercio elettronico». Nella comunicazione il commercio elettronico è qualificato quale «svolgimento di attività commerciali e di transazioni per via elettronica e comprende attività diverse quali: la commercializzazione di beni e servizi per via elettronica di operazioni finanziarie e di borsa, gli appalti pubblici per via elettronica ed altre pro- cedure di tipo transattivo delle Pubbliche Amministrazioni». Una definizione parzialmente analoga si rinviene nel documento elaborato dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato in data 30 luglio 1998, intitolato «Linee di politica industriale per il commercio elettronico».
Si aggiunge, inoltre, che «il commercio elettronico non si esaurisce solamente nella semplice conduzione della transazione bensì può abbracciare le altre fasi che riguardano un rapporto com- merciale: dalla fase di ricerca ed individuazione dell’interlocutore/partner, a quella di trattativa e negoziazione, da quella degli adempimenti e delle scritture formali a quella dei pagamenti e della consegna fisica o elettronica del bene/servizio acquistato o venduto».
Uno degli obiettivi che il legislatore italiano, come già quello europeo, si prefissava nel recepire la dir. CE 2000/31 sul commercio elettronico era di ridurre i costi di produzione e di migliorare la possibilità di scelta e la qualità dei prodotti, accrescendo la fiducia dei consumatori nei contratti telematici. Questa fiducia — come si legge nella Relazione governativa che accompagnava la nor- mativa in oggetto — «deve essere riposta su meccanismi che garantiscano la sicurezza, l’affidabilità delle comunicazioni in rete, la certezza dell’integrità del documento, sistemi rapidi di composizione extragiudiziale delle controversie».
I principali settori di armonizzazione sono, quindi, quello del regime delle informative e delle comunicazioni commerciali; quello relativo alla conclusione del contratto per via elettronica; la di- sciplina della responsabilità del prestatore di servizi ed il suo regime di stabilimento (rossello, La nuova disciplina del commercio elettronico, in Commercio elettronico, rossello-Finocchiaro-tosi (a cura di), Trattato di diritto privato, Bessone (diretto da), vol. XXXII, Torino, 2007, p. 112).
Diverse sono le disposizioni contenute nel D.lgs n. 70 del 2003 a tutela della posizione del consumatore come ad esempio l’art. 5, comma 1°, lett. d) che prevede la possibilità che la libera circolazione di un servizio della società dell’informazione possa essere limitata, con provvedimento dell’autorità giudiziaria o degli organi amministrativi di vigilanza o delle autorità indipendenti, per motivi di tutela di consumatori.
Appare, quindi, condivisibile l’orientamento per cui il decreto sul commercio elettronico può so- lo aggiungere nuove regole alla disciplina consumeristica, ma non può invece ridurne la portata (ze- no zencoVich, La nuova disciplina del commercio elettronico alla luce del D.lgs n. 70/2003: questioni
generali e ambiti di applicazione, in Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione, tosi (a cura di) Milano, 2003, p. 35; rossello, La nuova disciplina del commercio elettronico, in Com- mercio elettronico, rossello-Finocchiaro-tosi (a cura di), Trattato di diritto privato, cit., p. 120).
In altri termini, così come la disciplina a tutela dei consumatori è speciale rispetto alla disciplina contrattuale, parimenti la disciplina a tutela dei consumatori nei contratti a distanza — ivi compreso il commercio elettronico — è speciale riguardo a quella che regola il commercio elettronico.
Questa è la soluzione adottata dalla disposizione in commento la quale prevede che alle offerte di servizi della società dell’informazione, effettuate ai consumatori per xxx xxxxxxxxxxx, xx applicano per tutti gli aspetti non disciplinati nel Codice del consumo, le disposizioni di cui al decreto sul com- mercio elettronico. Nello stesso senso dell’art. 52, comma 5° ove, nel disciplinare le informazioni che il professionista è tenuto a fornire al consumatore prima della conclusione del contratto, si afferma che in caso di commercio elettronico gli obblighi informativi dovuti dal professionista vanno inte- grati con le informazioni previste dall’art. 12 del D.lgs 9 aprile 2003, n. 70.
È opportuno ora evidenziare quali siano gli aspetti non disciplinati dal Codice del consumo da inte- grare attraverso il riferimento al decreto sul commercio elettronico. La principale disposizione da
integrare appare l’art. 52 il quale non prevede l’obbligo di fornire informazioni sulle tecniche per la con- clusione del contratto, sulle modalità di archiviazione del contratto, sugli strumenti messi a disposizione per correggere gli eventuali errori di inserimento dei dati nella formazione del contratto. Non si prevede, inoltre, l’obbligo di fornire informazioni sulle lingue utilizzate per la conclusione del contratto, sugli stru- menti di composizione delle controversie e sui codici di condotta ai quali aderisce il professionista. Tutti questi elementi costituiscono per il decreto sul commercio elettronico oggetto di specifici obblighi infor- mativi posti in capo al fornitore di servizi che, dunque, troveranno applicazione in caso di commercio elettronico in cui una delle parti sia un consumatore. Ed ancora, l’art. 12, comma 3°, del decreto sul com- mercio elettronico impone che le clausole e le condizioni generali del contratto proposte al destinatario siano messe a sua disposizione così da consentirgli la memorizzazione e la riproduzione. Anche questa norma, dunque, si applicherà ai contratti del commercio elettronico conclusi da un consumatore, soddi- sfacendo così l’esigenza avvertita dal comma 3° dell’art. 5 c. cons. per cui le informazioni al consumatore, da chiunque provengano, devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiaro e comprensibile, tenuto anche conto delle modalità di conclusione del contratto o delle caratteristiche del settore, tali da assicurare la consapevolezza del consumatore.
Titolo IV
Disposizioni relative ai singoli contratti
Capo I
Contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti
per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio (1)
(1) Questo capo è stato così sostituito dall’art. 2, comma 1, del D.L.vo 23 maggio 2011, n. 79.
Art. 69. Definizioni. – 1. Ai fini del presente capo si intende per:
a) “contratto di multiproprietà”: un contratto di durata superiore a un anno tramite il quale un consumatore acquisisce a titolo oneroso il diritto di godimento su uno o più alloggi per il pernotta- mento per più di un periodo di occupazione;
b) “contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine”: un contratto di durata superiore a un anno ai sensi del quale un consumatore acquisisce a titolo oneroso essenzialmente il diritto di ottenere sconti o altri vantaggi relativamente ad un alloggio, separatamente o unitamente al viaggio o ad altri servizi;
c) “contratto di rivendita”: un contratto ai sensi del quale un operatore assiste a titolo oneroso un consumatore nella vendita o nell’acquisto di una multiproprietà o di un prodotto per le vacanze di lungo termine;
d) “contratto di scambio”: un contratto ai sensi del quale un consumatore partecipa a titolo one- roso a un sistema di scambio che gli consente l’accesso all’alloggio per il pernottamento o ad altri servizi in cambio della concessione ad altri dell’accesso temporaneo ai vantaggi che risultano dai diritti derivanti dal suo contratto di multiproprietà;
e) “operatore”: il “professionista”, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera c);
f) “consumatore”: la persona fisica, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a);
g) “contratto accessorio”: un contratto ai sensi del quale il consumatore acquista servizi connes- si a un contratto di multiproprietà o a un contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine e forniti dall’operatore o da un terzo sulla base di un accordo tra il terzo e l’operatore;
h) “supporto durevole”: qualsiasi strumento che permetta al consumatore o all’operatore di me- morizzare informazioni a lui personalmente dirette in modo che possano essere utilizzate per rife- rimento futuro per un periodo di tempo adeguato ai fini cui sono destinate le informazioni e che consenta la riproduzione immutata delle informazioni memorizzate;
i) “codice di condotta”: un accordo o un insieme di regole che definisce il comportamento degli operatori che si impegnano a rispettare tale codice in relazione a una o più pratiche commerciali o ad uno o più settori d’attività specifici;
l) “responsabile del codice”: qualsiasi soggetto, compresi un operatore o un gruppo di operatori responsabile dell’elaborazione e della revisione di un codice di condotta o del controllo dell’osser- vanza del codice da parte di coloro che si sono impegnati a rispettarlo.
2. Nel calcolo della durata di un contratto di multiproprietà o di un contratto relativo a un pro- dotto per le vacanze di lungo termine, quale definito al comma 1, rispettivamente alle lettere a) e b), si tiene conto di qualunque disposizione del contratto che ne consenta il rinnovo tacito o la proroga.
SOMMARIO: 1) Introduzione;
2) I contratti;
3) L’operatore;
4) Il consumatore;
5) Portata della disciplina sulla multiproprietà.
1) Introduzione.
La disposizione è stata notevolmente modificata dal d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79 recante “Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo”, emanato in attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacan- ze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio”. Con le modifiche alla normativa previgente, non viene introdotta una disciplina sostanziale della multiproprietà, sicché la disciplina del codice del consumo continua ad avere la sua originaria vocazione di disciplina delle contrattazioni di godimento (prima turnario e ora) per periodi di occupazione, a protezione al contraente debole. Manca una di- sciplina organica della multiproprietà che ne fornisca un esatto inquadramento e un coordinamento con gli altri istituti di diritto ad essa affini (xxxxxxx, Multiproprietà, in Contratto e impresa, 2000, 1026). Anche quei riferimenti minimi, indirettamente apprestati dalla normativa previgente del codi- ce, in considerazione dei quali si era ricostruita una fattispecie “codificata” di multiproprietà, sono ve- xxxx meno nell’ottica di allargare il più possibile la protezione nelle contrattazioni in esame. Cosicché l’interprete dovrà oggi ricercare altrove l’inquadramento giuridico della multiproprietà.
Passando all’esame della disposizione, essa delinea, sul piano oggettivo e su quello soggettivo, l’ambito applicativo della disciplina dei contratti di acquisizione di diritti di godimento di alloggi.
Si rinvia al commento dell’art. 72 per la definizione di “Supporto durevole” e al commento del- l’art. 18 per le definizioni di “codice di condotta” e di “responsabile del codice”.
2) I contratti.
L’art. 69 fornisce la definizione delle diverse tipologie contrattuali oggetto di disciplina. La ver- sione originaria della disposizione in commento dava una definizione di contratto, intendendo per
questo ai fini della applicazione del codice “uno o più contratti della durata di almeno tre anni con i quali, verso pagamento di un prezzo globale, si costituisce, si trasferisce o si promette di costituire o trasferire, direttamente o indirettamente, un diritto reale ovvero un altro diritto avente ad oggetto il godimento di uno o più beni immobili, per un periodo determinato o determinabile dell’anno non inferiore ad una settimana”.
L’attuale formulazione definisce invece il “contratto di multiproprietà”, come “il contratto di durata superiore a un anno tramite il quale un consumatore acquisisce a titolo oneroso il diritto di godimento su uno o più alloggi per il pernottamento per più di un periodo di occupazione”.
La definizione di multiproprietà viene oggi riferita al contratto, anziché al diritto che ne costi- tuisce l’oggetto.
Oggetto del contratto poteva essere tanto un “diritto reale” quanto un “altro diritto avente ad
oggetto il godimento su uno o più beni immobili” per un periodo di almeno sette giorni l’anno. Secondo la classificazione tradizionale dei diritti patrimoniali, “altro” diritto rispetto a quello reale era un diritto personale di godimento. Multiproprietà in senso stretto era qualificata come diritto reale, tanto che l’espressione “multiproprietà” era consentita solo ove il contratto avesse ad oggetto un diritto reale (così art. 72 versione precedente). Tale divieto è venuto meno, mentre è semplice- mente prescritto che, nel formulario informativo allegato, vengano precisate le condizioni poste a disciplina dell’esercizio del diritto oggetto del contratto sul territorio dello Stato in cui il bene o i beni sono situati.
Quindi, ai fini dell’applicazione della normativa di protezione, il contratto di multiproprietà ha ad oggetto, indistintamente, un diritto reale o un diritto personale di godimento e, quindi, tanto la multiproprietà immobiliare (multiproprietà in senso stretto) e, come si dirà di seguito, anche la multiproprietà mobiliare, tanto la multiproprietà conosciuta e diffusa nella prassi come multipro- prietà azionaria.
La formula ‘contratto avente ad oggetto un diritto di godimento a tempo parziale e turnario di immobili’, non riconducibile a formule tipiche del nostro ordinamento (xxxxxxx, cit., 1058) è stata sostituita con quella di contratto avente ad oggetto “il diritto di godimento … per il pernottamento per più di un periodo di occupazione”.
La ratio della normativa non può consentire che la sua applicazione possa essere vincolata alla possibilità o meno di pernottare nell’alloggio.
Il contratto deve avere natura onerosa: vengono meno i riferimento al prezzo globale. La disci- plina è pertanto applicabile anche in caso di rateizzazione del corrispettivo.
È sufficiente che il contratto sia oneroso, indipendentemente dalla forma che questa assuma e dalle modalità con cui viene attuata. La disciplina, pertanto, si applica anche in caso di permuta.
Nelle multiproprietà azionarie, l’onerosità sarà riferita all’acquisizione delle quote partecipative in quanto il prezzo globale è previsto come corrispettivo delle azioni, mentre il godimento del bene discenda da un contratto separato (e quindi collegato) (cfr., su tali ricostruzioni, conFortini, La multiproprietà, Padova, 1983, 34; e, con riferimento alla disciplina introdotta dal d. lgs. n. 427 del 1998, Pastore-re, La multiproprietà problemi e prospettive, in Riv. not., 2000, 135).
Resta, invece, estranea la fattispecie contrattuale della donazione, oltre che per l’assenza di onerosità, anche per la non configurabilità della fattispecie, che sarebbe estranea all’attività profes- sionale dell’operatore professionista (ciatti, Il recepimento della direttiva comunitaria in tema di godimento turnario di beni immobili (“multiproprietà”), in Contratto e impresa/Europa, 1999, 52).
Il diritto di godimento ha ad oggetto uno o più alloggi. Si abbandonano le tradizionali categorie di classificazione dei beni. Non solo più immobili, ma anche mobili che abbiano le caratteristiche dell’alloggio (natante, roulotte e qualsiasi altro bene che consenta la possibilità di soggiornare). Sotto la previgente normativa da taluno è stata affermata la non applicabilità della disciplina in commento ai contratti aventi ad oggetto beni con destinazione diversa da quella indicata (immobili ad uso ufficio, commerciale…) (caselli, La multiproprietà, Milano, 1999, 10).
Anche se non più precisato, rientrano nella disciplina i contratti che costituiscono o trasferiscono il diritto di godimento sia in modo diretto che indiretto (era il caso individuato in dottrina della
multiproprietà alberghiera - cfr. de noVa-GiuGGioli-leo, cit., 9; xxxxxxx, Diritti di godimento a tempo parziale su immobili: le linee di una nuova disciplina, in Contratti, 1999, 60).
La norma fa riferimento a una durata (di almeno un anno) che impropriamente è riferita al con- tratto (ciò che è concepibile solo quando oggetto negoziale sia un diritto personale, in relazione al quale il rapporto contrattuale ha una durata che si estende per tutto il tempo della prestazione); lo stesso ragionamento non si può fare per i contratti traslativi o costitutivi di un diritto reale, con riferimento ai quali gli effetti propri del negozio possono esaurirsi al momento della conclusione (a rigore, in questi casi la durata va riferita al diritto - limitato nel tempo - e non al contratto) (xxxxxxx, cit., 1058; de noVa-GiuGGioli-leo, cit., 9, ove è specificato che ha senso parlare di durata del con- tratto quando questo ha ad oggetto un diritto obbligatorio, ma non quando si tratta di un contratto che ha ad oggetto un diritto reale, nel qual caso il contratto ha efficacia istantanea, e sarà il diritto ad avere, eventualmente, una durata). A tal proposito, qualche autore, ha affermato che un termine, anche se molto lungo, dovrebbe essere comunque previsto, e garantisce al multiproprietario la scel- ta tra un’eventuale ristrutturazione globale del complesso in cui si trova il bene in multiproprietà e l’estinzione del diritto stesso (morello, cit., 61). Viene inoltre precisato che il godimento debba spiegarsi in più di un periodo di occupazione senza alcuna indicazione sul numero, sulla durata e sulla frequenza di tali periodi. L’aver ridotto ad un periodo superiore ad un anno la durata del diritto di godimento, in luogo dei tre originari, allarga le maglie della protezione. Ci si può chiedere quale senso abbia a questo punto mantenere un limite minimo di un anno o quale differenza possa sus- sistere tra una multiproprietà con due periodi di occupazione fissati in due anni (esempio, un fine settimana a gennaio in due anni diversi) e un godimento in due periodi di occupazione fissati in due semestri (esempio, un fine settimana a marzo di un anno e un fine settimana a settembre dello stesso anno).
La definizione di contratto rimane, evidentemente, molto più ampia di quella originaria e anche più incerta, così favorendo l’applicazione della normativa. Nel concetto di contratto non può non farsi rientrare, anche il preliminare di contratto di multiproprietà (cfr. caselli, cit., 6; de noVa-- GiuGGioli-leo, cit., 8; GiuGGioli, Timesharing e multiproprietà, Milano, 2003, 118; xxxxxxx, cit., 1058; xxxxxxx, I diritti a tempo parziale su beni immobili. Un contributo allo studio della multiproprietà, Padova, 1999, 194). La dottrina, con riferimento alla normativa previgente, si è spinta fino a ricom- prendere nell’ambito oggettivo di applicazione anche atti prenegoziali, come le proposte negozia- li irrevocabili che, sovente, vengono fatte sottoscrivere all’aspirante acquirente (caselli, cit., 6, se- condo il quale un’interpretazione restrittiva della norma in esame potrebbe consentire al venditore di aggirare i divieti di acconti e penalità di cui all’art. 75 - sul punto cfr. oltre).
L’art. 69, individua il contratto di rivendita definendolo, ai fini della disciplina, il contratto con
cui un operatore assiste a titolo oneroso un consumatore nella vendita, nell’acquisto di una multi- proprietà o di un prodotto per le vacanze di lungo termine. A ben vedere, più che di rivendita (nel senso tradizionale e comune del termine), il contratto dovrebbe essere definito di assistenza nella rivendita o nell’acquisto. Oggetto e tipologia dell’assistenza non vengono individuati dalla dispo- sizione, sì che la sua applicazione dovrebbe essere la più ampia. È prescritta l’onerosità della pre- stazione. A tal riguardo valgano le stesse considerazioni sopra svolte circa l’onerosità della multi- proprietà.
È poi richiamato il contratto di scambio, il contratto cioè con cui il consumatore partecipa,
sempre a titolo oneroso, a un programma dei benefici e prerogative della propria multiproprietà con quelli di altri multiproprietari.
La disposizione definisce, estendendo ad essa la disciplina del capo in esame, il contratto relati- vo a un prodotto per le vacanze di lungo termine, il contratto cioè in forza del quale un operatore assiste a titolo oneroso un consumatore nella vendita o nell’acquisto di una multiproprietà o di un prodotto per le vacanze di lungo termine (v. il commento all’art. 76).
Viene infine definito il contratto accessorio, come il contratto ai sensi del quale il consumatore
acquista servizi connessi a un contratto di multiproprietà o a un contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine e forniti dall’operatore o da un terzo sulla base di un accordo tra il terzo e l’operatore.
3) L’operatore.
Sul piano soggettivo, l’articolo in commento definisce la figura dell’operatore (il venditore di multiproprietà, il soggetto che assiste a titolo oneroso un consumatore, e così via) richiamando la definizione di “professionista” di cui all’art. 3, comma 1°, lettera c).
La precedente normativa, con riguardo alla multiproprietà, faceva riferimento alla figura del ven- ditore. L’operatore persona fisica o giuridica, è il professionista, l’imprenditore, colui che agisce “nell’ambito della sua attività professionale”. È invece esclusa dall’ambito applicativo della presente disciplina, la contrattazione effettuata tra contraenti non professionisti (morello, cit., 58; xxxxxxx, cit., 204; munari, Problemi giuridici della nuova disciplina della multiproprietà, Padova, 1999, 41; XxxXXxxxx, cit., 126; in senso contrario x. xxxxxxx, xxx., 0). La normativa deve applicarsi nel caso in cui il soggetto non professionista, per il ritrasferimento ad altro non professionista, si avvalga dell’in- tervento di un operatore professionale, ad esempio di un promotore, intermediario, agente, ecc. (in questo senso, xxxxxxx, cit., 205).
4) Il consumatore.
La nozione di consumatore, con richiamo alla persona fisica, di cui all’art. 3, comma 1°, lett.a) sosti- tuisce quella di acquirente figurante nella precedente versione dell’articolo in commento, riconducibi- le a quella più ampia di contraente debole, in grado di contenere più figure e senz’altro di ricompren- dere in seno a sé anche l’acquirente di un diritto su beni immobili (xxxxxxx, cit., 1059). In dottrina, anche nella vigenza del d.lgs. n. 427 del 1998, recante una formulazione diversa, si riteneva che la nor- mativa di protezione fosse applicabile anche al professionista acquirente per scopi non professionali (cfr. de cristoForo, cit., 605; xxxxxxx, cit., 1059). La disciplina si ritiene applicabile anche quando, nella fase del collocamento sul mercato di quote (specie di multiproprietà reale alberghiera), intervengono organizzatori turistici: in questi casi infatti l’organizzazione non diviene acquirente professionale se interviene non in proprio, bensì con gli strumenti giuridici propri della intermediazione immobiliare, quale il contratto (anche preliminare) per persona da nominare (tassoni, cit., 208).
5) Portata della disciplina sulla multiproprietà.
Finalizzata alla maggiore trasparenza ed informazione nelle contrattazioni aventi ad oggetto multiproprietà, la normativa del presente capo (contenuta, prima ancora, nel d. lgs. n. 427 del 1998) determina una legittimazione delle prassi da tempo radicate nel nostro ordinamento e, ciononostan- te, prive di ogni regolamentazione (cfr. xxxxxxx, cit., 1060); come evidenziato in dottrina (morello, cit., 62), la messa a punto di una disciplina a tutela degli acquirenti comporta il riconoscimento dei contratti che trasferiscono i diritti indicati nell’articolo in esame, che vengono indirettamente tipizzati. La legittimazione è la più ampia possibile: la validità dei contratti in “multiproprietà” è data per presupposta ed il legislatore non prende una posizione circa la ricostruzione da adottare o il relativo fondamento giuridico. Non vi è più neanche la prescrizione che imponeva di parlare di multiproprietà solo in relazione ai contratti aventi ad oggetto un diritto “reale” (art. 72, precedente versione), sicché il problema della ricostruzione dell’istituto rimane aperto.
Non vi è più neppure la vendita di multiproprietà, ma il contratto di multiproprietà.
Quale che sia la soluzione adottata per giustificare la multiproprietà, forma di comunione, pro- prietà (su beni determinati nello spazio e nel tempo), questa soggiace alla relativa disciplina; nean- che la configurazione di un diritto atipico trova l’ostacolo del numero chiuso dei diritti reali, visto che una certa “tipizzazione” della multiproprietà si è avuta (xxxxxxx, cit., 1060). Successivamente all’entrata in vigore della normativa poi confluita nel codice del consumo, in giurisprudenza si è affermato che la multiproprietà immobiliare non è inquadrabile nello schema della comunione, ma gode di autonomia rispetto agli analoghi istituti tipizzati, e ciò in deroga al numero chiuso dei diritti reali, che rappresenta un ingiustificato vincolo all’autonomia negoziale e che, pertanto, le norme in materia di comunione e condominio non sono direttamente applicabili salvo il ricorso all’analogia ove ne sussistano i presupposti (così App. Genova, 29 settembre 2000, in Nuona giur. civ. comm., 2001, 532, la quale ha pure affermato che la multiproprietà, benché sprovvista di personalità giu- ridica e, persino, di soggettività giuridica, in quanto ente di gestione, per evidenti finalità pratiche,
deve poter agire in concreto mediante un soggetto che rappresenti la collettività anche nei rapporti esterni e può pertanto essere parte in giudizio civile).
Il vincolo di destinazione, proprio dei complessi alberghieri, non rappresenta di per sé un
ostacolo alla costituzione di diritti di multiproprietà sugli stessi: già sotto il regime previgente la pro- blematica si riteneva superata (x. xxxxxxx, cit., 60, il quale ha precisato che l’inserzione del termine “diretto o indiretto” come modalità del trasferimento del diritto appare, per la verità, non corretta, non essendo indiretto il trasferimento del diritto nella multiproprietà alberghiera, ma invece il godi- mento su uno o più immobili, in quanto il multiproprietario per conseguire il detto godimento avrà necessariamente bisogno dell’intervento del gestore della struttura).
Ci si domandava, sotto la previgente disciplina, se fosse da escludersi l’ammissibilità nel nostro ordinamento, un una multiproprietà che non rispecchiasse le caratteristiche e i contenuti indicati dal legislatore che disciplinava i contratti di multiproprietà aventi ad oggetto un diritto, su beni immobi- li, al godimento turnario della durata di almeno “tre anni” e per un periodo dell’anno “non inferiore alla settimana” (xxxxxxx, cit., 1061). Come quella contemplata nell’art. 69 in esame (attuale formu- lazione), la definizione in vigore precedentemente valeva a delimitare l’ambito applicativo della normativa di protezione (xxxxxxx, cit., 1061) e non a definire la multiproprietà in sé e in assoluto. L’attuale formulazione ha persino abbandonato lo schema preciso del godimento di immobili con turnazione di almeno un settimana per almeno tre anni e adottato una definizione meno “rigida” del ponendo come unici limiti minimi, una durata di almeno un anno del godimento e richiedendo che i periodi di occupazione siano più di uno. Rendendo più incerto il perimetro oggettivo della multi- proprietà, il legislatore ha reso più esteso possibile l’ambito di applicazione della disciplina, dando ampio spazio all’autonomia privata nella individuazione del contenuto della multiproprietà.
Sempre nell’ottica di consentire la più ampia applicazione della normativa viene precisato che nel calcolo della durata del contratto si tiene conto di qualsiasi disposizione contrattuale che con- senta una proroga o rinnovo tacito che valga ad estenderne la vita oltre l’anno, così come prescritto nel comma 1° lett. a) e b).
Art. 70. Pubblicità. – 1. Se un contratto di multiproprietà, un contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine o un contratto di rivendita o di scambio viene offerto al consumato- re in persona nell’ambito di una promozione o di un’iniziativa di vendita, l’operatore indica chia- ramente nell’invito lo scopo commerciale e la natura dell’evento. Le informazioni di cui all’articolo 71, comma 1, sono a disposizione del consumatore in qualsiasi momento durante l’evento.
2. È fatto obbligo all’operatore di specificare in ogni pubblicità la possibilità di ottenere le infor- mazioni di cui all’articolo 71, comma 1, e di indicare le modalità sul come ottenerle.
3. Una multiproprietà o un prodotto per le vacanze di lungo termine non sono commercializzati o venduti come investimenti.
SOMMARIO: 1) Lo scopo commerciale degli eventi organizzati dall’operatore deve essere esplicitato;
2) Pubblicità commerciale e diritto ad ottenere il documento informativo;
3) Il vincolo lessicale a garanzia del consumatore;
4) Il divieto di commercializzare e di vendere la multiproprietà ed i prodotti per le vacanza di lungo termine come investimenti;
5) Rimedi e sanzioni.
1) Lo scopo commerciale degli eventi organizzati dall’operatore deve essere esplicitato.
La disposizione in commento è stata integralmente modificata dall’art. 2 del D.lgs 23 maggio 2011, n. 79 recante “Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di
lungo termine, contratti di rivendita e di scambio”. Prima di detta modifica essa era dedicata al “Do- cumento informativo”, di cui ora si occupa invece l’art. 71 del presente codice.
Attualmente l’art. 70 prevede norme in tema di “Pubblicità” riproponendo solamente in parte gli obblighi precedentemente previsti dall’art. 72 (già dedicato agli “Obblighi specifici del venditore”) ora preposto alla disciplina dei “requisiti” del contratto.
Ciò premesso, si rileva come il 1° comma della disposizione in commento ricalca letteralmente, unificandolo, il disposto dei commi 2° e 3° dell’art. 3 della direttiva 2008/122/CE dell’art. 3 della direttiva 2008/122/CE, dedicato alla disciplina di un fenomeno prima non considerato espressamen- te dalla direttiva 94/47/CE. La norma è infatti innovativa nella parte in cui obbliga l’operatore ad esplicitare in maniera chiara ed inequivocabile, sin dall’invito, lo scopo e la natura commerciale degli eventi organizzati dall’operatore, o chi per esso, per coinvolgere i consumatori ed offrire agli stessi promozioni ed iniziative di vendita afferenti non solo la c.d. “multiproprietà”, ma anche i pro- dotti per le vacanze di lungo termine, la rivendita e lo scambio degli stessi (in relazione ai nuovi “prodotti” ed alle nuove fattispecie di contratto contemplati dalla normativa in esame v. il commen- to sub art. 69). (Xxxxxxx, La nuova disciplina del contratto di multiproprietà, in Le Nuove leggi civili commentate, 2012, p. 501 ss.).
In verità, già la direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’ 11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (“di- rettiva sulle pratiche commerciali sleali”), proibisce, in genere, le pratiche commerciali ingannevoli, aggressive e le altre pratiche sleali delle imprese nei confronti dei consumatori. Tuttavia, data la peculiare natura dei prodotti e delle pratiche commerciali relative alla multiproprietà (a tutti sono note, ad es., le convention solitamente organizzate in hotel dagli ampi spazi), ai prodotti per le vacanze di lungo termine, alla rivendita e allo scambio, il legislatore comunitario ha ritenuto op- portuno adottare disposizioni più dettagliate e specifiche riguardo alle predette iniziative di vendita. Ai consumatori, dunque, deve essere reso chiaro lo scopo commerciale degli inviti agli eventi allestiti dall’operatore o chi per esso. Inoltre, durante tutto l’arco della durata dell’evento, devono restare a disposizione dei consumatori le informazioni precontrattuali previste dall’art. 71 del presente codice (v. il commento sub art. 71) e ciò per garantire ai consumatori la possibilità di cono- scere le informazioni prima della conclusione del contratto, evitando che le iniziative ludiche o di intrattenimento, che solitamente caratterizzano detti eventi, possano in qualche modo distogliere l’attenzione dei partecipanti dalla rilevanza giuridica delle iniziative commerciali contestualmente proposte o pubblicizzate.
2) Pubblicità commerciale e diritto ad ottenere il documento informativo.
Il comma 2° della disposizione in commento fa obbligo all’operatore di specificare in ogni pubbli- cità la possibilità di ottenere le informazioni di cui all’articolo 71, comma 1, e di indicare le modalità sul come ottenere dette informazioni. Tale obbligo è funzionalmente connesso all’importanza che as- sume il documento informativo (v. il commento sub art. 71) nell’ambito dell’operazione di acquisto in multiproprietà e non solo. Il documento informativo ha infatti la funzione di accrescere la consa- pevolezza dell’acquirente onde porlo nella condizione di stipulare i contratti disciplinati dalle norma in commento con cognizione di causa. È perciò importante che il consumatore venga messo a cono- scenza delle fonti di informazione che sono a sua disposizione, sin dall’approccio pubblicitario.
Si rileva come l’obbligo in questione venga accostato dalla dottrina a quello previsto dall’art. 23, comma 2°, del presente codice (sForza FoGliani, Multiproprietà, locazioni turistiche ed altri temi immobiliari, in Archivio delle locazioni e del condominio, 2012, 1). In base a quest’ultima dispo- sizione, quando la brevità del messaggio pubblicitario non consente di riportare integralmente le precisazioni del contenuto e delle modalità della garanzia offerta, è necessario il rinvio ad un testo facilmente conoscibile dal consumatore in cui sono riportate integralmente tali precisazioni. Il legi- slatore, nel caso della multiproprietà, pare aver esteso l’obbligo del richiamo al contenuto integrale delle informazioni, oltre il limite delle garanzie offerte dal venditore (ermini, in I contratti di multi- proprietà, a cura di xxXXxxx, Milano, 2003, 398).
3) Il vincolo lessicale a garanzia del consumatore.
Non si può fare a meno di rilevare come sia venuto meno il vincolo lessicale già previsto dall’art. 72 del presente codice il quale, prima delle modifiche introdotte dall’art. 2 del D.lgs 23 maggio 2011,
n. 79, dettava obblighi specifici del venditore. Detto vincolo imponeva che l’uso del termine «multi- proprietà» potesse figurare nel documento informativo, nel contratto e nella pubblicità commerciale, solamente quando oggetto d’acquisto fosse un diritto reale. Tale obbligo, che serviva a fare chia- rezza sulla natura del diritto oggetto del contratto di multiproprietà (xxxxxxx, Multiproprietà, in Contratto e impresa, 2000, 1067; xxxxxxx, I diritti a tempo parziale su beni immobili, Padova, 1999, 219), ora non esiste più e pertanto il termine “multiproprietà” può ora essere utilizzato anche in relazione a quella forma particolare di multiproprietà che non incorpora un diritto reale, ma un diritto di credito, tradizionalmente definita multiproprietà azionaria. Nuove cautele sono infatti state introdotte al fine di evitare che l’acquirente venga indotto in errore dall’utilizzo del termine “multiproprietà” (v. il commento sub art. 69).
4) Il divieto di commercializzare e di vendere la multiproprietà ed i prodotti per le vacanza di lungo termine come investimenti.
Il comma 3°della disposizione in commento, riproponendo alla lettera il tenore del comma 4° dell’art. 3 della direttiva 2008/122/CE, introduce un nuovo aspetto della disciplina della c.d. “multi- proprietà” e contratti affini, non contemplato dalle disposizioni normative precedentemente in vigo- re. Si tratta del divieto di commercializzare o vendere la multiproprietà o i prodotti per le vacanze di lungo termine come “investimenti”. La norma tende ad arginare un fenomeno piuttosto diffuso che consiste nel pubblicizzare la vendita della multiproprietà e prodotti affini sotto forma di “inve- stimento”, rendendo appetibile il prodotto con la prospettazione di rendite finanziarie (Finessi, La nuova disciplina del contratto di multiproprietà, cit., 526).
Va peraltro rilevato che l’effettuazione di campagne pubblicitarie che pongano una particolare enfasi sul reddito traibile da operazioni immobiliari costituisce un elemento che può indurre la Con- sob a verificare l’eventuale ricorrenza, nei singoli casi, di una sollecitazione all’investimento e ad atti- vare i poteri previsti dalla disciplina di cui agli artt. 94 e ss. del Decreto legislativo 24 febbraio 1998,
n. 58 (recante “Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52”). Sotto questo profilo occorre distinguere tra inve- stimento effettuato a scopo finanziario e investimento effettuato a scopo di godimento, ed a riguardo la Consob ha precisato nella Comunicazione n. DCL/DEM/3033709 del 22 maggio 2003, relativa ad un caso di vendita di quote di multiproprietà pubblicizzata con un “ reddito annuo garantito”, che la distinzione va operata sulla base di tre profili. Occorre innanzitutto valutare se gli elementi di natura finanziaria presenti nell’operazione ed enfatizzati nell’annuncio pubblicitario (in particolare, il “reddi- to annuo garantito”), siano o meno strutturalmente prevalenti rispetto alle finalità di godimento della multiproprietà immobiliare acquistata e pertanto se entrino o meno a far parte della causa del con- tratto di acquisto delle “quote” di multiproprietà. In proposito, assume rilevanza decisiva l’inesistenza di un nesso necessario tra l’acquisto della proprietà immobiliare ed il successivo contratto di loca- zione, la cui stipula, a differenza di quanto accaduto in fattispecie esaminate precedentemente dalla Consob, è eventuale, essendo rimessa alla libera scelta dell’acquirente. Da tale circostanza deriva che la presenza del reddito garantito non costituisce un elemento essenziale dell’offerta di multiproprietà proposta. L’insussistenza di una sollecitazione all’investimento può inoltre essere confermata dalla circostanza che la riferita non essenzialità del “ reddito garantito”, unita alla variabilità del periodo di multiproprietà acquistabile, esclude la standardizzazione dei contratti. D’altra parte, il canone di loca- zione, per quanto rappresentato nella menzionata pubblicità come un tasso d’interesse, ha in realtà, anche per il modo in cui è calcolato (sulla base dei corrispettivi da locazione ridotti a fronte dei costi e dei rischi sopportati dalla società proponente), esclusivamente natura di reddito immobiliare.
Di diverso avviso è la Suprema Corte di Cassazione che nella pronuncia n. 9316 del 17/04/2009 (commentata in senso critico da Xxxxxxx, I confini della fattispecie di «prodotto finanziario» nel Testo Unico della Finanza, in Giur. comm. 2010, 106) ha assunto una posizione nettamente contraria a quella sostenuta dalla Consob. Secondo il giudice di legittimità non vi sarebbe “alcuna analogia” tra
i “prodotti finanziari tipici, vale a dire gli strumenti finanziari” e “le offerte di acquisto immobiliari” poiché gli immobili non sarebbero assimilabili a quelli tradizionalmente oggetto delle normative di settore. In secondo luogo, rileverebbe la mancanza nel corpo del t.u.f. di alcun riferimento espresso agli investimenti immobiliari, il che non parrebbe compatibile con la volontà di espandere i compiti istituzionali della Consob oltre il “controllo degli scambi di massa di natura mobiliare”. In terzo luo- go, al fine di ricostruire la nozione di prodotto finanziario, si dovrebbe prestare attenzione al fatto che il precedente testo dell’art. 94, co. 2, t.u.f., con riferimento alle informazioni da includere nel prospetto informativo, ricorreva ripetutamente al termine “emittenti”, anch’esso poco compatibile con le offerte di investimento immobiliare.
Particolarmente significativa sarebbe infine la disposizione dell’art. 94, co. 5-bis, la quale, prima della sua abrogazione con la riscrittura dell’art. 94 ad opera del D.lgs n. 51 del 2007, affidava alla Consob il compito di determinare “quali strumenti o prodotti finanziari quotati in mercati regola- mentati ovvero diffusi tra il pubblico ai sensi dell’art. 116 e individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi devono avere un contenuto tipico de- terminato”. Secondo la Suprema Corte, tale disposizione, associando strumenti e prodotti finanziari nel comune riferimento a quotazioni nei mercati o diffusione tra il pubblico, avrebbe evidenziato connotati caratterizzanti gli uni e gli altri, vale a dire la soggezione a “rapidi scambi di massa e quotazioni mutevoli in brevi periodi”, facendo così intendere che le forme di investimento che non siano riconducibili alla categoria degli strumenti finanziari, per potersi ritenere comunque prodotti finanziari, dovrebbero pur sempre presentare caratteristiche economico-giuridiche (quali assogget- tamento a rapidi scambi sui mercati, diffusione tra il pubblico, quotazioni mutevoli in brevi periodi) “oggettivamente analoghe” a quelle degli strumenti finanziari, e ciò sarebbe da escludere per prin- cipio nel caso delle forme di investimento di natura immobiliare.
5) Rimedi e sanzioni.
La violazione della disposizione in esame dà luogo all’applicazione delle sanzioni amministra- tive pecuniarie previste dall’art. 81 (v. sub art. 81). Si ritiene, peraltro, che possano trovare applica- zione anche i tradizionali rimedi contrattuali (de cristoFaro, Contratto di timesharing: attuata la di- rettiva comunitaria, in Studium Iuris, 1999, 608) oltre che i rimedi in tema di pratiche commerciali scorrette o ingannevoli disciplinate dagli artt. 18 ss. del presente codice. V’è da dire, infatti, che le tecniche di vendita spesso utilizzate dagli operatori per indurre i consumatori a stipulare un contratto avente ad oggetto la multiproprietà o prodotti affini (tecniche ben descritte da recco, Il consumatore e la multiproprietà, in Il diritto dei consumatori, a cura di cassani e di Giandomenico, Padova, 2010, tomo II, p. 693 ss.) assumono spesso la natura di pubblicità ingannevole poiché mirano ad attirare il consumatore con la promessa di un “premio” o di un “guadagno” che in realtà non è tale, in ogni caso viene celato lo scopo commerciale dell’invito che pertanto risulta privo dei requisiti di trasparenza imposti dalla normativa in esame. È per questo che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) in più occasioni ha censurato il carattere ingannevole dei messaggi pubblicitari, anche sotto forma di inviti, utilizzati dai professionisti operanti nel settore della multiproprietà (emblematiche sono le affermazioni conclusive di cui al provvedimento Agcm n. 11433 del 21 novembre 2002 in cui si afferma che “il messaggio in esame, diffuso attraverso la telefonata descritta al punto 2, induce il destinatario a ritenere di essere risultato assegnatario di un viaggio gratuito. Dal messaggio trasmes- so mediante la telefonata si evince, infatti, che l’assegnatario, recandosi in una data concordata nel luogo indicato dall’operatore, potrà ritirare l’omaggio promesso. Tuttavia, gli incontri, promossi al dichiarato fine di consegnare l’omaggio prospettato, avevano, in realtà, lo scopo principale di indurre gli intervenuti all’acquisto di quote di immobili in multiproprietà attraverso il sistema
dell’associazione ad un club di gestione di un complesso turistico residenziale. Nel caso di spe- cie, dunque, la diretta e reale finalità dell’iniziativa in questione, consistente nella promozione
e nella vendita di certificati di multiproprietà, non risulta esplicitata dal messaggio segnalato. Quanto dichiarato dall’operatore pubblicitario, secondo cui i destinatari sarebbero stati avvertiti, nel corso della telefonata, circa la finalità promozionale dell’iniziativa risulta privo di riscontri oggettivi circa il rispetto del testo della telefonata da parte del personale addetto. Peraltro, alle medesime
conclusioni si giunge anche ove si volesse accettare la diversa ricostruzione del messaggio telefoni- co prospettata da Travel, posto che, in ogni caso, la società resistente ha riconosciuto la finalità di procacciamento di clienti del messaggio telefonico per una vendita, immediata o di poco
differita, di certificati di multiproprietà, finalità non evidente nel testo allegato, nel quale ci si li- mita a indicare una attività di carattere promozionale, senza specificarne il reale contenuto e limitan- dosi ad indicare genericamente ai destinatari che verranno fatte conoscere località e strutture per le vostre vacanze […] Al riguardo, occorre anche considerare come l’induzione alla stipula di contratti di acquisto dei certificati citati, contestualmente all’incontro per il ritiro del premio si avvalga di una favorevole predisposizione psicologica nei soggetti recatisi a tale incontro, tale da non consentire normalmente agli stessi un esercizio equilibrato e pienamente consapevole della propria volontà contrattuale. La circostanza per cui, durante gli incontri, l’omaggio prospettato sia stato effettiva- mente consegnato non è sufficiente a sanare l’ingannevolezza del messaggio in esame”).
Un altro esempio è costituito dalla pronuncia di T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 19 aprile 2007, n. 3451 in Foro amm. TAR 2007, 1333, che ha censurato le cartoline e la lettera di […] poiché “costituiscono messaggi pubblicitari finalizzati a promuovere la vendita di multiproprietà in Spagna sotto forma di un’offerta di volo a/r gratuito per un soggiorno settimanale a Palma di Majorca o a Monastir” e pertanto gli stessi risultano privi dei requisiti di riconoscibilità e quindi ingannevoli.
Art. 71. Informazioni precontrattuali. – 1. In tempo utile prima che il consumatore sia vinco- lato da un contratto o da un’offerta, l’operatore fornisce al consumatore, in maniera chiara e com- prensibile, informazioni accurate e sufficienti, secondo le seguenti modalità:
a) nel caso di un contratto di multiproprietà, tramite il formulario informativo di cui all’allega- to II bis e le informazioni elencate nella parte 3 di detto formulario;
b) nel caso di un contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine, tramite il formulario informativo di cui all’allegato II ter e le informazioni elencate nella parte 3 di detto formulario;
c) nel caso di un contratto di rivendita, tramite il formulario informativo di cui all’allegato II quater e le informazioni elencate nella parte 3 di detto formulario;
d) nel caso di un contratto di scambio, tramite il formulario informativo di cui all’allegato II quinquies e le informazioni elencate nella parte 3 di detto formulario.
2. Le informazioni di cui al comma 1 sono fornite a titolo gratuito dall’operatore su carta o altro supporto durevole facilmente accessibile al consumatore.
3. Le informazioni di cui al comma 1, sono redatte nella lingua italiana e in una delle lingue dello Stato dell’Unione europea in cui il consumatore risiede oppure di cui è cittadino, a scelta di quest’ultimo, purché si tratti di una lingua ufficiale della Unione europea.
SOMMARIO: 1) L’obbligo di consegna del formulario informativo e la sua funzione;
2) La forma del formulario informativo;
3) La lingua del formulario informativo;
4) Il contenuto del formulario informativo;
5) Violazione dell’obbligo di consegna del formulario informativo e mancato rispetto dei requisiti di contenuto;
6) Il divieto di apportare modifiche al formulario informativo. L’informazione ingannevole;
7) Il codice dei beni culturali e del paesaggio.
1) L’obbligo di consegna del formulario informativo e la sua funzione.
A seguito delle recenti modifiche di cui all’art. 2 del D.lgs 23 maggio 2011, n. 79 la disposizione in commento non si occupa più dei requisiti del contratto di multiproprietà, ma reca la disciplina delle informazioni precontrattuali, prevedendo in capo all’operatore l’obbligo di fornire al consuma- tore, in tempo utile prima che quest’ultimo si vincoli contrattualmente, informazioni accurate e suf- ficienti, predisposte in maniera chiara e comprensibile su di un “formulario” informativo standard
(caterBi La nuova normativa in tema di turismo, in Resp. civ. e prev., 2011, 2393, che sottolinea l’im- portanza della novità). Per ogni tipologia di contratto, infatti, il legislatore ha previsto uno specifico formulario che risulta allegato al Codice del Consumo: allegato II bis per il contratto di multipro- prietà; allegato II ter per il contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine; allegato II quater per il contratto di rivendita; allegato II quinquies per il contratto di scambio.
La funzione del formulario informativo è quella di tutelare il procedimento di formazione della volontà dell’acquirente, fornendo allo stesso l’informazione necessaria affinché il consenso sia con- sapevole (malaGoli, il nuovo codice del turismo: contenuti e garanzie, in contratto e impresa. eu- ropa, 2011, P. 813; relatiVamente a quello che Precedentemente era denominato “documento inFormatiVo”
X. xxxxx xxxxxx, Il diritto all’informazione: dalla conoscibilità al documento informativo, in Riv. dir. priv., 2004, 363). Sotto questo profilo, la disposizione in commento si ricollega al diritto fondamen- tale del consumatore ad un’adeguata informazione e ad una corretta pubblicità sancito dall’art. 2, comma 2°, lett. c) del presente codice. La disposizione in esame, inoltre, si ricollega al dovere di buona fede nella fase di formazione del contratto (art. 1337 c.c.), dal momento che tipizza gli obblighi informativi già ricavabili dalla clausola generale (lo rilevano molti autori, tra cui Xxxxxxxxx, Obblighi di informazione, contenuto e forma negoziale, Napoli, 1999, 245; Xxxxxxxx, Le obbligazioni in generale, in Le obbligazioni, a cura di Xxxxxxxx, Torino, 2004, tomo 1, 86).
Il formulario informativo, quale strumento della trasparenza contrattuale, si ritiene sia funziona- le anche all’efficienza del mercato: si reputa di ingenerare fiducia nel consumatore informandolo correttamente sulle caratteristiche del bene, sulla qualità e sicurezza dello stesso, sugli elementi identificativi del venditore (alPa e chinè, voce «Consumatore (protezione del) nel diritto civile», in Digesto civ., vol. XV - Appendice, Torino, 1997, 549; seniGaGlia, Informazione contrattuale nella net economy e trasparenza del mercato, in Europa e dir. priv., 2002, 229).
Nonostante la richiamata funzione del formulario informativo, la disposizione in esame non prevede una tempistica da rispettare tra la consegna del documento informativo e la stipulazione del contratto: nulla impedisce perciò al venditore di consegnare il formulario informativo imme- diatamente prima della stipulazione (de cristoFaro, Contratto di Timesharing: attuata la direttiva comunitaria, in Studium Iuris, 1999, 607). Si ritiene, peraltro, che il formulario informativo vada consegnato fin dal primo contatto (munari, Problemi giuridici della nuova disciplina della multi- proprietà, Padova, 1999, 61) e pertanto a prescindere dall’inizio di eventuali trattative (xxxxxxx, Multiproprietà, in Contratto e impresa, 2000, 1063; lascialFari, in I contratti di multiproprietà, a cura di xxXXxxx, Milano, 2003, 316; contra xxxxxxx, Diritti di godimento a tempo parziale su immobili: le linee di una nuova disciplina, in Contratti, 1999, 57, 63).
Stante l’importanza basilare del formulario informativo, il venditore, nella pubblicità commer- ciale, ha l’obbligo di fare riferimento al diritto di ottenere tale documento, indicando anche le
modalità di consegna (v. sub art. 70).
2) La forma del formulario informativo.
La disposizione in esame impone che il formulario informativo sia «redatto» e «consegnato» a titolo gratuito al consumatore, su carta o altro supporto durevole facilmente accessibile al consuma- tore. Si segnala peraltro che i formulari informativi allegati al presente codice (sub II-bis, ter-quater-- quinquies) prevedono l’apposizione della firma del consumatore. Va qui precisato che non si tratta di un requisito formale paragonabile a quello previsto dall’art. 1350 c.c., da cui si discosta sia dal punto di vista strutturale che funzionale (morelato, Nuovi requisiti di forma nel contratto, Padova, 2006, 41). In questo caso la sottoscrizione non è mezzo di espressione del consenso negoziale, ma richiamo del consumatore alla consapevolezza di aver ricevuto una informativa oltre che quietanza in ordine all’adempimento dell’obbligo di consegna del formulario da parte dell’operatore.
Per evitare il rischio che le informazioni vengano divulgate su supporti effimeri e deperibili, è fatto obbligo al professionista di fornire al consumatore tali informazioni su supporto cartaceo o comunque durevole (v. anche sub art. 53 relativo ai contratti a distanza). Il requisito dello scritto, inoltre, permette il confronto tra il contenuto del contratto ed il contenuto dell’informazione pre- contrattuale (FeBBrajo, L’informazione ingannevole nei contratti del consumatore, Napoli, 2006, 33).
20
Aspetto, quest’ultimo, che rileva in funzione dell’applicabilità dei rimedi volti a contrastare l’inganno del consumatore ( jannarelli, La disciplina dell’atto e dell’attività: i contratti tra imprese e tra imprese e consumatori, in Trattato di diritto privato europeo, a cura di liPari, Padova, 2003, vol. III., 50 e 80; roPPo, I contratti del turismo organizzato, in Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, a cura di Xxxxxxx, Padova, 1999, 364; Valentino, Obblighi di informazione, contenuto e forma negozia- le, Napoli, 1999, 250; FeBBrajo, cit., 34; con riferimento specifico al contratto di multiproprietà rossi xxxxxx, Il contratto di multiproprietà nella prospettiva dell’atto notarile, in Notariato, 2001, 628).
Nel caso di specie, peraltro, l’obbligo di utilizzare un “formulario” di per sé esclude la possibilità di consegnare al consumatore un documento contenente un filmato idoneo a far percepire tutte le informazioni obbligatorie, seppur memorizzato su un supporto duraturo (rossi xxxxxx, Il contratto di multiproprietà nella prospettiva dell’atto notarile, cit., 630).
3) La lingua del formulario informativo.
L’operatore deve consegnare al consumatore un formulario informativo redatto nella lingua italia- na e in una delle lingue dello Stato dell’Unione europea in cui il consumatore risiede oppure di cui è cittadino, a scelta di quest’ultimo, purché si tratti di una lingua ufficiale della Unione europea.
La finalità di questa disposizione è quella di consentire che le informazioni necessarie alla con- clusione del contratto possano essere intese anche da chi non comprende la lingua dell’operatore. Il legislatore si fa perciò carico di distribuire il cosiddetto «rischio linguistico», cioè il rischio dovuto alla mancata comprensione del contratto a causa della diversità linguistica dei contraenti (memmo, Dichiarazione contrattuale e comunicazione linguistica, Padova, 1990, 29; cicala, Uso della lingua straniera nel testo contrattuale, in Contratto e impresa, 1999, 187 e 188). Tale rischio viene addos- sato al venditore, il quale, per l’organizzazione di cui dispone e per le economie di scala delle quali può beneficiare appare in grado di approntarlo (tassoni, I diritti a tempo parziale su beni immobili, Padova, 1999, 216) (relativamente alla lingua utilizzata per la redazione del contratto v. il commento sub art. 71).
4) Il contenuto del formulario informativo.
Il formulario informativo deve contenere una serie di minuziose informazioni riguardanti gli aspetti più significativi della complessa operazione di acquisto dei vari diritti previsti dalle disposi- zioni in commento.
La normativa prescrive di evidenziare il diritto oggetto del contratto. Può trattarsi di un diritto
reale o di un diritto di godimento (v. sub art. 69), valutazione, questa, che va effettuata con riferi- mento all’ordinamento giuridico dello Stato in cui è situato il bene. Sotto questo profilo si è dimostra- ta particolarmente categorica la giurisprudenza di merito che in varie pronunce ha sanzionato con la nullità la vendita del “certificato di associazione”, apparentemente adombrante la partecipazione ad una multiproprietà immobiliare, sia per indeterminatezza dell’oggetto (art. 1346 c.c.), non essendo in alcun modo definiti i termini di tale partecipazione, sia per violazione degli art. 70, 71 e 81 del d.lg. 6 settembre 2005, n. 206 (ora artt. 71 e 72 così come modificati dall’art. 2 del D.lgs 23 maggio 2011, n. 79), per mancata puntuale indicazione degli elementi descritti con le lettere a) e b) dell’art. 70 in base alla previgente formulazione (Documento informativo concernente, in particolare, lett. A), il diritto oggetto del contratto con specificazione della natura e delle condizioni di esercizio di tale diritto nello Stato in cui è situato l’immobile). Nel senso della nullità si è pronunciato il Tribunale di Verona con sentenza del 29 gennaio 2007 n. 314, inedita, secondo il quale “al di là dell’evidente vizio del consenso…, il contratto di associazione deve essere ritenuto nullo a causa dell’indeterminatezza dell’oggetto e della sua indeterminabilità”; x. xxxxxxx xx xxxxxxxxx xxx Xxxxxxxxx Xxxxxx, 00 marzo 2011, n. 26, inedita, secondo la quale “il bene viene qualificato come “certificato di associazione”: sembrerebbe, dunque, trattarsi di un diritto alla partecipazione in una associazione, incorporato in un titolo trasferibile; tuttavia non ne è specificata la natura, le regole di circolazione, né, se di quota as- sociativa si tratta, è individuata la associazione, la sua natura (persona giuridica, ente di fatto, fondo, patrimonio separato o una società commerciale) e regolamentazione giuridica.
Non è neppure possibile capire quale sia il collegamento tra il godimento settimanale e la ti- tolarità del certificato di associazione; non è individuato il periodo temporale nel quale sarebbe possibile usufruire delle strutture alberghiere (definito come flottante); non è chiaro il rapporto intercorrente tra l’associazione de qua e la società […] asseritamente deputata all’amministrazione e gestione del complesso turistico […] la quale - sembra di capire - ha l’esclusiva facoltà di gestione del complesso residenziale si da non consentire al titolare del certificato di associazione alcuna pos- sibilità di amministrazione o gestione del complesso o di scambio della settimana di godimento. Altro aspetto alquanto peculiare è che il contratto è strutturato come una vendita ad effetti reali e tuttavia viene subordinato il trasferimento del predetto certificato al pagamento integrale del prezzo pattuito” (relativamente alla medesima fattispecie x. Xxxxxxx Xxxxxx, 00 marzo 2011, in Foro it., 2011, I, 3151; Tribunale Roma, 2 febbraio 2012, n. 22, inedita).
Elemento altrettanto fondamentale del formulario informativo è il periodo di godimento, posto che “un contratto di vendita di certificato di associazione a complesso turistico, avente per oggetto la fruizione in multiproprietà di un immobile, che non consenta di decifrare la durata e la collocazione temporale del periodo di godimento, è nullo per indeterminatezza dell’oggetto (nella specie, vi era un semplice riferimento ad una settimana di vacanza in un periodo fluttuante)” (così T. Trieste, 27 settembre 2009, in Foro it. 2008, 1342).
Le condizioni relative all’esercizio di tale diritto sono sia quelle fissate da norme di legge (es.
residenza, cittadinanza, autorizzazioni) sia quelle individuate nel regolamento contrattuale (effet- tuazione di pagamenti, prenotazioni, assicurazioni) (morello, cit., 63). La posizione giuridica del titolare del diritto va chiarita evidenziando anche gli eventuali obblighi derivanti da regolamenti di comunione o di condominio (munari, cit., 54), nonché gli eventuali pregiudizi derivanti da pesi e gravami, quali, ad esempio, ipoteche (Vincenti, Attuazione della direttiva comunitaria sui contratti relativi alla c.d. multiproprietà, in Nuove leggi civ. comm., 1999, 59).
Il formulario prevede altresì l’identificazione del venditore e del proprietario. Tale indicazione deve ricomprendere anche la forma giuridica del venditore (se persona fisico o giuridica), nonché del proprietario (lascialFari, cit., 329).
Tra le indicazioni necessarie relativamente alle descrizione dell’immobile si segnalano: l’ubica- zione, il piano, la scala, la presenza di terrazze; la descrizione degli interni, evidenziando il numero di posti letto, gli arredi; le pertinenze, come box auto o posti macchina, cantine, giardino (lascialFa- ri, cit., 330). Devono inoltre essere fornite informazioni circa i provvedimenti amministrativi neces- sari alla realizzazione dell’immobile, nonché, se l’immobile è situato all’estero, gli estremi degli atti che ne garantiscono la conformità alle norme vigenti in materia. Lo stesso vale per gli immobili da costruire o non ancora ultimati, per i quali si aggiungono le informazioni sullo stato di avanza- mento dei lavori relativi all’immobile ed ai servizi (gas; elettricità, acqua, ecc.) e la data entro la qua- le tali lavori verranno completati. Xxxxx evidenziate nel documento informativo anche le garanzie relative al rimborso dei pagamenti già effettuati e le modalità di applicazione di queste garanzie.
Qualora si tratti di immobile da costruire va tenuta presente anche la disciplina prevista dal D.lgs 20 giugno 2005, n 122, di attuazione della L. 2 agosto 2004, n. 210, avente ad oggetto la tutela degli acquirenti di immobili da costruire. Tale disciplina prevede elementi aggiuntivi che però vanno inseriti più che altro nel contatto, a pena di nullità. Essa inoltre dispone un obbligo di garanzia fideiussoria in capo al costruttore-venditore (v. sub art. 72-bis), della cui esistenza si deve dar atto anche nel formulario informativo.
Nel formulario informativo vanno poi individuati i servizi ai quali l’acquirente ha accesso, quali luce, acqua, manutenzione, raccolta rifiuti, nonché le strutture comuni quali piscina, sauna, e così via, e le relative condizioni di utilizzazione. In particolare, vanno specificati i servizi a pagamento e quelli gratuiti (morello, cit., 64), i servizi per i quali l’accesso è vietato o limitato ai bambini e mi- nori, agli animali domestici, ed in generale tutte le circostanze che precludono l’accesso ai servizi e strutture (lascialFari, cit., 333). Vanno altresì indicate le norme applicabili in caso di manutenzione e riparazione dell’immobile, nonché le norme che regolano l’amministrazione e gestione dello stesso, il regolamento di condominio, le modalità per ottenerne copia (lascialFari, cit., 333), le modalità di voto in assemblea (morello, cit., 64).
Per quanto riguarda il prezzo e tutte le altre spese si ritiene che il formulario informativo ne debba riportare una stima analitica e completa o perlomeno che debba riportare l’indicazione di parametri atti ad individuarne correttamente l’ammontare (morello, cit., 64). Per quanto riguarda gli oneri con- nessi all’occupazione, si ritiene debbano intendersi quelli necessari alla semplice disponibilità del ser- vizio o della struttura, a prescindere dalla effettiva utilizzazione, la quale potrà esser calcolata solamente dopo l’acquisto del bene. Va segnalata, quindi, nel documento informativo l’eventualità di oneri aggiun- tivi connessi ad un utilizzo del bene superiore a quello preventivamente calcolato (munari, cit., 60).
La stessa norma impone poi l’inserimento nel formulario di una clausola in cui si afferma che
l’acquisto non comporta per l’acquirente altri oneri, obblighi o spese diversi da quelli stabiliti nel con- tratto. Tale clausola va messa in relazione con quella che prevede che nel documento informativo si dia puntuale indicazione del prezzo, dei costi e delle spese. Eventuali oneri aggiuntivi sono considerati nulli, compresi quelli eventualmente previsti da disposizioni normative non richiamate nel contratto, che restano a carico dell’operatore (ermini, in I contratti di multiproprietà, a cura di xxXXxxx, Milano, 2003, 380). In caso di mancata inserzione nel contratto della clausola in oggetto trova applicazione, secondo la dottrina, l’art. 1339 c.c. che prevede l’inserimento automatico (munari, Problemi giuridici della nuova disciplina della multiproprietà, Padova, 1999, 89; Xxxxxxxx, Attuazione della direttiva co- munitaria sui contratti relativi alla cd. multiproprietà, in Nuove leggi civ. comm., 1999, 65).
Nel formulario informativo deve inoltre essere indicata obbligatoriamente la possibilità o meno per l’acquirente di partecipare ad un sistema di scambio ovvero di vendita del diritto oggetto del contratto e gli eventuali costi di tale servizio, se organizzato dal venditore o da un terzo da questi designato nel contratto. La possibilità di partecipare a questi sistemi di scambio e vendita può rap- presentare un elemento importante ai fini della decisione dell’acquisto. Per questo, la mancanza di tale indicazione comporta un allegamento dei termini per l’esercizio del c.d. diritto di pentimento (v. sub art. 73). Stessa sanzione si ritiene debba essere applicata per la mancata indicazione dei costi. Gli eventuali costi indicati, tuttavia, sono ritenuti non vincolanti per il venditore (ermini, cit., 381).
Devono essere date nel formulario informativo puntuali indicazioni relative all’esistenza del diritto di recesso e alle modalità per esercitare tale diritto (v. sub artt. 73-74). Devono inoltre es- sere individuate le modalità per risolvere il contatto di concessione di credito (v. sub art. 77). L’obiettivo piuttosto evidente di questa prescrizione è quello di fare in modo che l’acquirente venga a conoscenza dell’esistenza del diritto al ripensamento, all’esercizio del quale è connessa anche la risoluzione di diritto del contratto di concessione di credito.
Tutte le suddette informazioni devono essere «accurate e sufficienti». Tale prescrizione va coordinata con quella più generale relativa alla trasparenza delle clausole nei contratti del consumatore prevista dall’art. 00 xxx xxxxxxxx xxxxxx x xx xxxxxxxxxxxx xxxx xxxxxx xxxx (x. sub art. 35). Sarebbe infatti irragio- nevole interpretare il concetto di chiarezza e comprensibilità da contratto a contratto a seconda della terminologia utilizzata dal legislatore, attribuendo all’obbligo di «precisione», di cui alla disposizione in commento, una portata minore o maggiore rispetto all’obbligo di formulare le clausole «in modo chiaro e comprensibile» prevista dall’art. 35, comma 1°, del presente Codice (morelato, cit., 124).
Non sono invece applicabili ai contratti di multiproprietà le disposizioni normative di cui alla Di- rettiva 2011/83/CE del 25/10/2011, sui diritti dei consumatori, che all’art. 3 esclude espressamente detta applicazione (mazzamuto, La nuova direttiva sui diritti del consumatore, in Europa e dir. priv., 2011, 861). Non vi è obbligo per il professionista, pertanto, di fornire all’acquirente le specifiche in- formazioni ivi previste, né, parrebbe, è esercitabile il diritto di recesso (alias di ripensamento) previ- sto dalla predetta direttiva per i casi di contratti stipulati a distanza e per i contratti stipulati fuori dai locali commerciali, ancorché con detta modalità siano stati stipulati contratti di multiproprietà.
5) Violazione dell’obbligo di consegna del formulario informativo e mancato rispetto dei requisiti di contenuto.
La violazione della disposizione in esame comporta l’applicazione delle sanzioni amministrati- ve pecuniarie previste dall’art. 81 del presente codice (v. sub art. 81).
L’applicabilità di tali sanzioni, peraltro, non esclude che trovino applicazione anche i rimedi generali contrattuali previsti dal codice civile.
A tal proposito, la dottrina esclude che la mancata consegna del formulario informativo o la violazione del suo contenuto obbligatorio possa inficiare la validità del contratto (de xxxxxxXxxx, cit., 607). Si ammette, invece, l’annullabilità del contratto, in tutti i casi in cui la violazione dei suddetti obblighi abbia avuto delle ripercussioni sulla formazione del consenso dell’acquirente dell’acqui- rente (lascialFari, cit., 340 ss., spec. 427; di rosa, Proprietà e contratto. Saggio sulla multiproprietà, Milano, 2002, 217, nota 39; nanna, Obblighi di informazione e tutela dell’acquirente nella multipro- prietà immobiliare, in Annali della Facoltà di Taranto, 2008, 253 ss.). In particolare, se l’omissione dei contenuti informativi minimi previsti dalla legge è stata intenzionale e preordinata ad indurre l’acquirente a concludere il contratto, si ritiene che il contratto sia annullabile per dolo (artt. 1439 ss. c.c.) (de cristoFaro, cit., 607; morelato, cit., 188; XxXXxxxx, cit., 246). Si tratterebbe, in particolare, di un ipotesi di dolo omissivo in quanto generato dalla reticenza del contraente che, durante la formazione del contratto, tace nonostante l’obbligo legislativo di fornire all’acquirente determinate informazioni (XxxXxxx, Diritto civile e commerciale, Padova, 2004, vol. II, tomo 1, 398). A tal fine, ha rilevanza lo stato di intenzionale approfittamento, da parte del venditore, della condizione di ignoranza e di inconsapevolezza in cui versa l’acquirente, e la possibilità per il suddetto contraente di trarre un vantaggio che altrimenti non gli sarebbe dato conseguire.
Se la violazione dell’obbligo informativo precontrattuale è stata intenzionale, ma non ha svolto un ruolo decisivo ai fini della conclusione del contratto, nel senso che il contraente debole avrebbe comunque concluso il contratto, benché a condizioni diverse, si ritiene trovi applicazione l’art. 1440
c.c. (xxxxxxxx, cit., 189; sull’ipotesi del dolo incidens come conseguenza della violazione dell’obbligo precontrattuale di informazione Grisi, L’obbligo precontrattuale di informazione, Napoli, 1990, 297).
Nel caso in cui la violazione degli obblighi di contenuto relativi all’informazione precontrattuale sia non intenzionale, ma dovuta a mera ignoranza, o non curanza, da parte del contraente che pre- dispone il contratto, si ritiene applicabile la disciplina dell’errore (artt. 1427 ss. c.c.) (morelato, cit., 189; con specifico riferimento alle informazioni sul prezzo, v. FeBBrajo, cit., 214). Il problema principa- le è, in questo caso, quello di valutare l’essenzialità dell’errore. A tal proposito, assume particolare rilevanza il fatto che il legislatore ha descritto in modo minuzioso il contenuto minimo dell’informa- zione precontrattuale, specificando per ogni contratto quali informazioni debbano o meno essere fornite all’acquirente. Da ciò si evince che tali informazioni, in base ad un giudizio ex ante, sono state considerate essenziali affinché il consenso del contraente debole sia un consenso informato. Per quanto riguarda, invece, il requisito della riconoscibilità dell’errore, viene osservato che l’operatore difficilmente potrà sostenere la non riconoscibilità dell’errore, dal momento che tale errore è stato generato proprio dalla violazione di vincoli di contenuto a lui imposti dalla legge. L’eventuale igno- ranza, da parte del venditore, di tali vincoli non è scusabile, dato che è la legge stessa a far carico a tale contraente di conoscere gli obblighi previsti a tutela dell’acquirente (morelato, cit., 189).
In mancanza dei suddetti presupposti, la dottrina ritiene applicabile l’art. 1337 c.c., ben poten-
dosi configurare la violazione dei vincoli di contenuto come comportamento contrario al dovere di buona fede e potendosi ammettere il risarcimento del danno ex art. 1337 c.c. anche in caso di con- tratto validamente concluso (in giurisprudenza Cass., 11 giugno 2010, n. 14056, in Guida al diritto, 2010, f. 29, 61; in dottrina de xxxxxxXxxx, cit., 607; xxxxxxx, cit., 1063; xxxxxxx, I diritti a tempo par- ziale su beni immobili, cit., 212).
6) Il divieto di apportare modifiche al formulario informativo. L’informazione ingannevole. Ai sensi del comma 4° dell’art. 72 del presente codice le informazioni di cui alla disposizione normativa in commento costituiscono parte integrante e sostanziale del contratto e non possono es- sere modificate salvo qualora vi sia l’accordo esplicito delle parti oppure qualora le modifiche siano causate da circostanze eccezionali e imprevedibili, indipendenti dalla volontà dell’operatore, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate neanche con la dovuta diligenza. Tali modifiche, indicate espressamente nel contratto, sono comunicate al consumatore su carta o altro supporto du- revole a lui facilmente accessibile, prima della conclusione del contratto. Al consumatore va dunque assicurato un rapporto regolato dalle stesse previsioni che lo hanno spinto a contrattare. Il legi- slatore, attraverso tale previsione, ha inteso liberare il contraente debole da qualsiasi suggestione o
abilità illustrativa e da qualsiasi onere probatorio circa la corrispondenza tra le informazioni ricevute prima della conclusione del contratto, e che l’hanno indotto a vincolarsi, ed il definitivo assetto del rapporto contrattuale (traPani, la nuova multiproprietà nel cd. “codice del turismo”, in i contratti, 2011, 941; Valentino, cit., 250).
Pur in assenza di una specifica sanzione, è da ritenere che in caso di difformità di contenuto tra il formulario informativo ed il contratto successivamente stipulato, siano vincolanti le informazioni precontrattuali consegnate al consumatore, così come prevedeva in modo espresso la dir. 94/47/ CE ora sostituita dalla dir. 2008/122/CE (de cristoFaro, cit., 608; xxxxxxx, I diritti a tempo parziale su beni immobili, cit., 212; osserva che la previsione della non modificabilità del contenuto del docu- mento informativo postula anche la vincolatività dello stesso XxXXxxxx, cit., 146).
Viene in ogni caso esclusa la nullità del contratto difforme dal documento informativo, così come viene esclusa l’ipotesi del recesso prolungato (xxxxxxx, cit., 1064). Viene invece prospettata la re- sponsabilità precontrattuale del «venditore» ex art. 1337 c.c., nonché l’annullamento del contratto per errore o per dolo (xxxxxxx, cit., 1064; GiuGGioli, Timesharing e multiproprietà, Milano, 2003, 162).
Allo stesso modo, ossia con la previsione della prevalenza delle informazioni contenute nel for- mulario informativo rispetto a quelle confluite nel contratto, viene risolto il problema dell’informa- zione falsa, ossia dell’informazione disattesa dal contenuto del contratto sottoscritto dall’acquirente (FeBBrajo, cit., 156).
Peraltro, posto che il documento informativo può in certi casi assolvere anche alla funzione di strumento di promozione commerciale, con la conseguenza che si applicano ad esso le disposizioni in tema di pubblicità ingannevole previste dall’art. 19 ss. del presente codice (sul punto v. tas- soni, I diritti a tempo parziale su beni immobili, cit., 210). Sotto questo profilo l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il mercato (AGCM) ha in più di un’occasione sanzionato l’operatore per aver fornito al consumatore informazioni ingannevoli e fuorvianti, come nel caso del provvedimento n. 20395 del 22 ottobre 2009 a mezzo del quale l’operatore è stato severamente sanzionato per aver fornito ai consumatori una modulistica composta da più documenti contrattuali che, nell’insieme, non fornivano un’adeguata informazione circa gli elementi essenziali di ciascuna offerta, né per quanto concerne le caratteristiche dei prodotti venduti, né in relazione al costo effettivo e globale delle operazioni commerciali oggetto di accertamento.
7) Il codice dei beni culturali e del paesaggio.
Va fatta salva, ancorché non più espressamente richiamata, l’applicazione delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al D.lgs 22 gennaio 2004, n. 42, il quale prevede limiti alla circolazione di detti beni. In particolare, l’art. 59 del suddetto codice, nel- l’individuare la tipologia di atti che danno luogo all’obbligo di denuncia, dispone che vi rientrano
«gli atti che trasferiscono, in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà o la detenzione» del bene culturale. La denuncia è prevista in caso di alienazione di bene culturale a chiunque appartenente ed ha lo scopo, da un lato di informare l’Autorità sulle vicende circolatorie del bene e, dall’altro lato, di porre la stessa Autorità in grado di esercitare la prelazione, se di questa sussistono le condizioni. Per quanto riguarda la nozione di bene culturale, piuttosto articolata e complessa, si rinvia alle di- sposizioni del D.lgs 22 gennaio 2004, n. 42.
Art. 72. Requisiti del contratto. – 1. Il contratto deve essere redatto per iscritto, a pena di nullità, su carta o altro supporto durevole, nella lingua italiana e in una delle lingue dello Stato dell’Unione europea in cui il consumatore risiede oppure di cui è cittadino, a sua scelta, purché si tratti di una lingua ufficiale della Unione europea.
2. Nel caso di un contratto di multiproprietà relativo a un bene immobile specifico, è fatto ob- bligo all’operatore di fornire al consumatore anche una traduzione conforme del contratto nella lingua dello Stato dell’Unione europea in cui è situato l’immobile.
3. In ogni caso, per qualsiasi tipo di contratto disciplinato dal presente Capo, all’operatore che svolge la propria attività di vendita nel territorio nazionale è fatto obbligo di fornire al consumatore il relativo contratto anche nella lingua italiana.