Contract
IL LAVORO AGRICOLO
Aspetti legali contrattuali previdenziali
per la corretta gestione del rapporto
VADEMECUM 2012
Aggiornato al mese di Marzo 2012
a cura dell’avv. Xxxxxxx Xxxxxxxx
INDICE
1. IL CONTRATTO COLLETTIVO DI LAVORO pag. 3
2. LO SCENARIO NORMATIVO
La legge Biagi; le collaborazioni occasionali agricole e gli altri rapporti atipici pag. 8
3. L’ORARIO DI LAVORO pag. 25
4. VOUCHER pag. 26
5. LAVORO E PREVIDENZA pag. 34
6. LIBRO UNICO DEL LAVORO pag. 42
7. ALIQUOTE CONTRIBUITVE I.N.P.S. PER L’ANNO 2011 pag. 47
8. TABELLE SALARIALI IN VIGORE E CONTRIBUTI CIMAAV ANNO 2012 pag. 50
9. IL LAVORO DELLO STRANIERO pag. 52
10. VIGILANZA E ISPEZIONI pag. 54
10 bis. ISPEZIONI E I RIFLESSI SULLA SICUREZZA DEL LAVORO pag. 57
10 ter. R.S.P.P. – Ulteriori aggiornamenti in tema formativo pag. 59
11. COMUNICAZIONE UNICA PER L’AVVIO DELL’IMPRESA pag. 62
12. FAC SIMILI VARI pag. 63
a. Il fac simile contratto xx.xx.xx. a progetto pag. 64
b. Il fac simile contratto occasionale agricolo pag. 66
c. Il fac simile contratto occasionale non agricolo pag. 67
d. Il fac simile dello scambio di manodopera pag. 68
e. Il fac simile della lettera di assunzione impiegato/operaio
agricolo tempo pieno ed indeterminato pag. 69
f. Il fac simile di assunzione operaio agricolo OTD tempo parziale pag. 70
g. Il fac simile assunzione operaio agricolo avventizio tempo pieno pag. 71
h. Il fac simile assunzione operaio agricolo avventizio tempo pieno
art. 21 lett. C pag. 72
i. Il fac simile assunzione impiegato a termine pag. 73
j. Il fac simile assunzione impiegato a termine per sostituzione pag. 74
k. Il fac simile della dichiarazione liberatoria pag. 75
13. PROCEDURE DISCIPLINARI e FAC SIMILI pag. 76
14. FAC SIMILI RISOLUZIONI RAPPORTI DI LAVORO pag. 79
a. Il fac simile risoluzione rapporto di lavoro per giustificato motivo
con preavviso pag. 79
b. Il fac simile risoluzione rapporto di lavoro per giustificato motivo
senza preavviso pag. 80
c. Il fac simile risoluzione consensuale pag. 81
CAPITOLO 1 – IL CONTRATTO DI LAVORO
La prospettiva delle tematiche sindacali è chiaramente filtrata dalle esperienze sociali, economiche e politiche e reciproche sono le influenze ed i riverberi. Una chiave di lettura sempre dirimente è data dall’analisi della contrattualistica collettiva.
L’agricoltura italiana è da sempre ricca di momenti contrattuali, di vario ordine e livello, e rilevantissimi sono stati, nel recente passato, le ripercussioni della contrattualistica sul tessuto produttivo aziendale italiano.
È un settore complesso ed articolato con una pluralità di fonti e di livelli contrattuali.
Il coacervo agricolo compendia, dal punto di vista contrattuale, numerosi contratti collettivi, per gli operai agricoli (sono
800.000 circa), per gli impiegati agricoli (sono circa 33.000, di cui circa 15.000 delle aziende non cooperative), per i dirigenti (sono 1.500 circa); c’è poi il contratto per i forestali, quello dei dipendenti delle bonifiche, degli allevatori, dei contoterzisti e del tabacco; in forza della legge di orientamento (X.X.xx 228/2001) già si ipotizzano contratti collettivi di settore per il comparto della piscicoltura e per le aziende dedite alla manutenzione del verde, per tacere delle aziende agrituristiche.
La contrattualistica collettiva agraria
Certamente tra tutti i contratti collettivi vigenti il più rilevante è quello che disciplina il rapporto di lavoro degli operai agricoli. Un contratto sempre importante oggi riguarda circa 800.000 lavoratori, e storicamente di assoluto rilievo.
Con la caduta dell'ordinamento corporativo, lo scioglimento delle organizzazioni sindacali corporative, si determinarono, nell’immediato secondo dopoguerra, le condizioni per la rifondazione delle organizzazioni sindacali di categoria dei datori di lavoro e dei lavoratori, liberamente costituite; le organizzazioni sindacali ritornarono nell'ambito del diritto privato (art. 36 e ss. c.c.), tra le associazioni di fatto o non riconosciute (e tali sono oggi in ragione della mancata attuazione dell'art. 39 della Costituzione), venendo meno il connotato pubblicistico del sindacalismo fascista.
Gli atti posti in essere da tali organizzazioni sindacali "private" - a partire dai contratti collettivi di lavoro – hanno perciò connotati privatistici, in quanto destinati a regolamentare interessi di soggetti di diritto privato: i contratti collettivi di lavoro "post- corporativi" o di diritto comune persero quindi l'efficacia erga omnes (e dunque la validità nei confronti di tutti i datori di lavoro ed i lavoratori appartenenti alla categoria interessata), rimanendo (salvo le pattuizioni regolate dalla legge 741/59) vincolanti solo ed esclusivamente per i soggetti associati alle rispettive organizzazioni stipulanti e per coloro che, pur senza essere iscritti a dette associazioni, abbiano aderito liberamente, anche tacitamente, alla disciplina prevista dai contratti stessi.
Accordi preliminari al contratto collettivo nazionale (1944-49)
Anche in agricoltura il ripristino delle libertà sindacali portò ben presto alla rinascita delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori agricoli: la Confederazione Generale dell'Agricoltura Italiana (Confagricoltura) e la Confederazione Nazionale dei Coltivatori Diretti (Coldiretti), per la parte datoriale, e le Federazioni nazionali di
categoria di CGIL, CISL e UIL, per la parte sindacale (dopo la breve esperienza unitaria della Confederazione Nazionale dei Lavoratori della Terra). Solo successivamente, a partire dalla fine degli anni settanta, si aggiunse, per la parte datoriale, la Confederazione Italiana Coltivatori, oggi C.I.A..
Il primo contratto collettivo nazionale di lavoro del dopoguerra venne stipulato dopo circa 6 anni dalla caduta dell'ordinamento corporativo.
Occorre tenere presente al riguardo che l'abrogazione del sistema corporativo non lasciò il rapporto di lavoro agricolo privo di tutela e regolamentazione collettiva. Il decreto legislativo luogotenenziale del 1944 (n. 369) si preoccupò infatti di disporre la sopravvivenza degli effetti dei contratti collettivi stipulati dalle disciolte organizzazioni corporative fino alle eventuali successive modifiche da parte della nuova contrattazione collettiva post-corporativa.
Dopo alcune turbolenze avvenute nell'annata agraria 1946-47, un prolungato sciopero delle maestranze agricole indetto nel 1949 dalle organizzazioni sindacali nazionali in un periodo caldo per le lavorazioni agricole (l'inizio dell'estate) indusse le associazioni dei datori di lavoro, evidentemente e comprensibilmente preoccupate per la sorte delle proprie produzioni aziendali, a scendere a patti con la controparte. Con la decisiva mediazione governativa, il 23 giugno 1949 venne raggiunto un accordo nazionale "preliminare".
Con tale patto le parti si impegnavano "a riunirsi dopo la stipulazione dei patti provinciali o comunque non oltre la fine del novembre 1949, per acquisire in un patto nazionale norme essenziali generalmente contenute nei vari patti provinciali. Le norme del patto nazionale saranno trasferite nei patti provinciali se occorre, proporzionandone l'intensità alle condizioni locali, salvo le preesistenti condizioni di miglior favore dei lavoratori ".
Venivano così gettate le basi per la stipula del primo contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operai agricoli. Ma già dall'accordo preliminare appariva evidente - a partire dal nomen iuris attribuito dalle parti allo stipulando contratto (chiamato "patto" e non "contratto") - la "marginalità" che le parti intendevano riservare al momento contrattuale nazionale, e la volontà di lasciare il vero fulcro della negoziazione collettiva agricola al livello territoriale (di regola provinciale).
Lo stipulando "patto nazionale" non doveva infatti creare nuove norme contrattuali destinate a disciplinare, in modo originale, il rapporto di lavoro agricolo, ma limitarsi a recepire "le norme essenziali generalmente contenute nei vari patti provinciali", realizzando così una sorta di testo unico delle principali e più diffuse disposizioni della contrattazione provinciale. Una volta definite, coi predetti criteri, le norme contrattuali del "patto nazionale" queste dovevano essere trasferite (o meglio ritrasferite) nei patti provinciali non in modo diretto ed incondizionato (salvo le condizioni di miglior favore del lavoratore), ma "proporzionandone l'intensità alle condizioni locali", tenendo cioè conto delle caratteristiche (economiche, sociali, pattizie, consuetudinarie, etc.) della realtà agricola territoriale.
Il primo patto collettivo nazionale di lavoro (1950-59)
Insomma, sin dall'origine, appare evidente la volontà degli attori sindacali di lasciare il fulcro dell'attività negoziale agricola a livello decentrato, anche nel momento in cui si avverte l'esigenza di creare un livello contrattuale nazionale.
Livello contrattuale nazionale che venne creato, in attuazione del citato accordo del 23 giugno 1949, con la stipula di due distinti Xxxxx xxxxxxxxxx nazionali di lavoro: uno per i braccianti agricoli avventizi, siglato l’11 maggio 1950, ed uno per i salariati fissi dell'agricoltura, siglato il 31 luglio 1951.
Già, perché fino al 1970 - ed esattamente fino alla stipula del Patto collettivo nazionale per i salariati fissi ed i braccianti avventizi dell'agricoltura (29 gennaio 1970) - le due categorie di operai agricoli (i salariati fissi ed i braccianti agricoli) ebbero una regolamentazione collettiva (parzialmente) diversa e contenuta in due distinti contratti collettivi nazionali, con durate, scadenze e rinnovi non coincidenti.
Si trattava peraltro di contratti collettivi che, coerentemente con le premesse, si limitavano a disciplinare gli aspetti essenziali del rapporto di lavoro, con poche scarne norme che spesso rinviavano, a loro volta, alla legge o ai contratti collettivi provinciali.
Basti pensare che il primo patto nazionale dei braccianti del 1950 era composto solo di 19 articoli e che le materie trattate riguardavano esclusivamente l'orario di lavoro, le maggiorazioni per lavoro straordinario, festivo e notturno, l'individuazione dei giorni festivi, il componimento delle controversie individuali e collettive, e poco altro. La retribuzione e la classificazione erano demandate alla determinazione della contrattazione provinciale, che su tale delicatissima materia aveva la più ampia libertà d'azione.
L'unico aspetto in materia retributiva che veniva regolamentato a livello nazionale era la possibilità - senz'altro singolare ai nostri occhi - di corrispondere ai ragazzi ed alle donne retribuzioni proporzionalmente inferiori rispetto a quella piena spettante agli uomini adulti; singolarità ancor più evidente se si considera che le riduzioni proporzionali della paga, in ragione del sesso e dell'età, potevano arrivare fino al 50 per cento.
Sempre in materia retributiva è opportuno segnalare che nel PNCL braccianti del 1950 era già presente, sia pure in nuce, una indennità sostitutiva di quegli istituti (quali le festività, la gratifica natalizia, le ferie, etc.) riconosciuti ai salariati fissi ma che non potevano essere goduti dai braccianti avventizi a causa delle particolari modalità di svolgimento del relativo rapporto di lavoro ("a giornata"). Tale indennità, pari allora (solo) al 6% di paga base e contingenza, crescerà e diverrà, attraverso l'individuazione di sofisticati meccanismi di equipollenza rispetto agli istituti non fruibili, l'attuale "terzo elemento".
I successivi contratti che si susseguirono nel corso degli anni '50 - per la verità solo uno, quello dei braccianti avventizi del 1957 - non introdussero novità di rilievo al quadro tracciato.
Il patto nazionale collettivo negli anni sessanta (1960-69)
Con l'avvento degli anni '60 la contrattazione collettiva nazionale cominciò lentamente ad acquisire una maggiore organicità ed ampiezza, soprattutto con riferimento alle norme che riguardavano, direttamente o indirettamente, i trattamenti economici dei lavoratori.
Proprio in quegli anni, infatti - ed in particolare col PCNL del 26.03.1960 - venne introdotta la gratifica natalizia per i salariati fissi; gratifica commisurata a 22 giorni di paga "globale" e che poi diventerà l'attuale tredicesima mensilità.
Ma le più rilevanti novità vennero previste nella successiva tornata di rinnovi nazionali del '62-'63. In quella occasione, infatti, sia il PCNL braccianti avventizi del 23.06.1962, che quello dei salariati fissi dell'8.03.1963, introdussero per la prima volta delle retribuzioni minime nazionali, sia pure differenziate per raggruppamenti territoriali, inderogabili a livello provinciale.
La contrattazione collettiva provinciale restava dunque competente a determinare le retribuzioni contrattuali dei lavoratori, ma con il limite (non trascurabile) di non poter fissare trattamenti economici inferiori a quelli minimi individuati nei patti nazionali. L'introduzione di tali minimi fu però di carattere "sperimentale", forse destinata a sopperire ad una situazione contingente e di emergenza, giacché nei successivi rinnovi -PCNL braccianti del 24.10.1966 e PNCL salariati fissi 5.07.1967 - non vi è più traccia di retribuzioni minime nazionali fino al PNCL del 26 aprile 1973.
Sempre in materia retributiva i citati patti nazionali del 1962 e 1963 recepirono, nell'articolato contrattuale, il principio della rivalutazione automatica delle retribuzioni definite a livello provinciale sulla base dell'accordo nazionale di scala mobile per i salari agricoli. I successivi rinnovi del 1966, per i braccianti, e del 1967, per i fissi, non modificarono sostanzialmente il quadro tracciato.
Altra importante novità introdotta dai citati patti nazionali del 1962 e del 1963 fu quella concernente la classificazione dei lavoratori che vennero suddivisi in specializzati, qualificati e comuni, a seconda delle loro caratteristiche professionali.
Venne infine eliminata ogni differenziazione retributiva tra gli operai agricoli in ragione del sesso di appartenenza in attuazione dell'accordo nazionale per l'applicazione della parità salariale in agricoltura tra uomini e donne del 21 luglio 1961 (rimase però legittima la disparità di trattamento retributivo, a parità di prestazione, tra adulti e ragazzi).
Il patto nazionale e lo statuto dei lavoratori (1970- 75)
Lo statuto dei lavoratori (legge 300/1970) - con le sue rilevanti disposizioni a tutela del lavoratore e delle relative libertà sindacali dentro e fuori i luoghi di lavoro – influenzò
notevolmente, e non poteva essere che così, la contrattazione collettiva nazionale (e non solo) agricola.
L'influenza fu tale che il PNCL unificato per i braccianti e i salariati fissi del 29 gennaio 1970 recepì alcuni contenuti dello statuto dei lavoratori quando questo era ancora un disegno di legge, sia pure in avanzata fase di discussione in Parlamento (rapprovazione definitiva avvenne solo il 20 maggio 1970).
Nel citato PNCL del 1970, infatti, venne previsto un apposito titolo, il settimo, dedicato esclusivamente ai diritti sindacali (ed alle controversie), con l'istituzione della figura del delegato di azienda, l'introduzione di permessi sindacali retribuiti e la regolamentazione del diritto dei lavoratori di riunirsi in azienda.
Sensibile alle problematiche connesse alla tutela del lavoratore fu anche il successivo PNCL del 26.04.1973 che, tra le altre cose, si preoccupò di regolamentare, con apposite procedure e limitazioni, il potere di recesso dei datori di lavoro non soggetti alla disciplina dei licenziamenti individuali dettata dalle leggi 604/1966 e 300/1970.
Tale PNCL, inoltre, introdusse la definizione di operaio agricolo - in luogo di quelle, ormai obsolete, di braccianti avventizi e salariati fissi - distinguendo nell'ambito di tale nuova ed unificata categoria di lavoratori agricoli quelli a tempo indeterminato (OTI) da quelli a tempo determinato (OTD): tra i primi rientravano i lavoratori assunti senza prefissione di termine e quelli che svolgevano almeno 181 giornate di lavoro presso la stessa azienda nell'arco di 12 mesi (oltre a tipologie residuali individuate dai contratti provinciali e dalla legge 533/49); tra i secondi rientravano i lavoratori a termine assunti per l'esecuzione di lavori di breve durata, stagionali o di carattere saltuario ovvero assunti in sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto.
Ma la contrattazione collettiva nazionale degli anni '70, che proseguì col PNCL operai agricoli dell'I 1.10.1974, si preoccupò di tutelare il lavoratore anche sotto il profilo economico, mediante incentivi di produttività, scatti di anzianità e una speciale indennità economica aggiuntiva corrisposta in occasione delle festività pasquali;
indennità, quest'ultima, che al successivo rinnovo del 1977 funzionò, probabilmente, da apripista per la introduzione di un ulteriore mensilità aggiuntiva: la quattordicesima.
L'istituzione della quattordicesima, tutto sommato, avvenne in epoca piuttosto precoce rispetto a quanto accaduto nella contrattazione collettiva di altri settori. Nell'industria, ad esempio, le mensilità aggiuntive sono tuttora ferme alla tredicesima (come vedremo meglio nel capitolo destinato alla comparazione del costo del lavoro). Difficile trovare una spiegazione a questo fenomeno indubbiamente anomalo. Probabilmente, in agricoltura, ci fu la tendenza a "compensare" i minori aumenti retributivi che potevano essere concessi alla paga diretta, attraverso l'introduzione di sempre maggiori trattamenti economici indiretti.
Il patto diventa contratto(1977-94)
La fine degli anni *70, ed esattamente il 1977, rappresentò un spartiacque nella storia della contrattazione collettiva agricola. In quell'anno, infatti, il patto collettivo nazionale di lavoro divenne contratto collettivo nazionale di lavoro. La novità non fu solo terminologica, ma sostanziale.
Per rendersene conto basta leggere l'art. 1 del CCNL 20.01.1977: "La contrattazione collettiva a livello provinciale è integrativa, sia sotto il profilo normativo che salariale, del presente contratto nazionale e si può sviluppare nell'ambito delle materie indicate dalle norme di rinvio contenute nello stesso contratto nazionale ".
In virtù di tale previsione, la determinazione delle retribuzioni e l'individuazione delle norme destinate a disciplinare direttamente (senza cioè la necessità di essere recepite nel contratto provinciale) i rapporti di lavoro agricolo, veniva attribuita al livello nazionale (ma sarebbe meglio dire che veniva trasferita a livello nazionale). I contratti provinciali potevano solo "integrare" le previsioni economico- normative nazionali e nemmeno
liberamente, potendo trattare esclusivamente le materie espressamente demandate al livello decentrato dallo stesso contratto nazionale.
Il sistema di contrattazione che si veniva così configurando acquisiva un alto grado di centralizzazione, imperniato, com'era, quasi esclusivamente nella contrattazione a livello nazionale di categoria: divennero, di conseguenza, piuttosto ristretti i margini per la contrattazione a livello provinciale.
Questo sistema centralizzato di contrattazione costituiva il punto di equilibrio di precise esigenze delle opposte parti: da un lato quella delle organizzazioni sindacali di veder garantiti a tutti i lavoratori uniformi trattamenti salariali e normativi e dall'altro quella delle associazioni datoriali di veder "sollevate" le proprie articolazioni provinciali dall'onere, sempre più pesante, di trovarsi in prima linea nella "lotta" sindacale.
L'impoverimento di funzioni della contrattazione provinciale portò ad una progressiva atrofizzazione della negoziazione sindacale decentrata: a partire dal 1977, infatti, un numero sempre crescente di province cominciò a non rinnovare, alle successive scadenze, i contratti integrativi, proprio in considerazione del fatto che a livello nazionale venivano comunque garantiti certi trattamenti retributivi e normativi.
Ma un altro dirompente elemento contribuì in modo determinante a ridurre considerevolmente i margini di operatività della contrattazione provinciale (e di quella nazionale): la introduzione di stringenti meccanismi automatici di rivalutazione delle retribuzioni in relazione all'andamento (in quegli anni disastroso) dell'indice della vita.
Fu proprio di quegli anni, infatti, l'accordo nazionale per la unificazione del punto di contingenza (1975) e la relativa intesa applicativa (1976) che innescarono - attraverso
rigidi e (per le imprese) onerosi automatismi - una dinamica dei salari del tutto svincolata dalla produttività e redditività delle imprese agricole.
Sicché all'atto dei rinnovi contrattuali (provinciali e nazionali) ben poche risorse economiche residuavano nelle casse degli agricoltori per riconoscere aumenti negoziati della retribuzione; per questo le istanze sindacali venivano frequentemente tacitate, dopo lunghe ed estenuanti trattative che spesso e volentieri si chiudevano davanti al Ministro del lavoro, col riconoscimento di istituti indiretti: abbiamo già parlato della quattordicesima, ma non si può trascurare, ad esempio, il crescente numero di permessi retribuiti e la riduzione a 39 ore dell'orario settimanale di lavoro (contro le 40 di quasi tutti gli altri contratti).
Questo andamento continuò a caratterizzare le successive tornate contrattuali fino ai primi anni '90 (contratti collettivi nazionali del 25.06.1979, del 29.06.1983, del 5.03.1987 e del 27.11.1991). Di rinnovo in rinnovo, inoltre, la disciplina contrattuale nazionale - che a partire dal CCNL operai del 1979 inglobò anche quella relativa agli operai florovivaisti - si andò facendo sempre più corposa e sofisticata. In particolare, si assistette alla sviluppo, nel testo contrattuale, di quella parte (ed. "obbligatoria") non preordinata a disciplinare direttamente il rapporto di lavoro, ma ad instaurare rapporti obbligatoli tra le parti stipulanti, e cioè tra le organizzazioni sindacali e datoriali: si pensi ad esempio alla istituzione e regolamentazione dei cosiddetti enti bilaterali, quali gli osservatori, le commissioni, gli organismi di formazione professionale, i fondi sanitari integrativi e così via.
Verso un nuovo assetto contrattuale (anni '90)
Con gli anni '90 si assistette ad importanti eventi di carattere generale in materia di contrattazione e politica dei redditi che indubbiamente influirono, eccome, anche sulle vicende della contrattazione collettiva di settore. Ci si riferisce, in particolare, ai Protocolli del luglio 1992 e del luglio 1993, sottoscritti dal Governo e da tutte le parti sociali, coi quali, al fine di contenere l'inflazione, vennero eliminati gli automatismi di
rivalutazione delle retribuzioni (scala mobile) e venne concordata una nuova regolamentazione dei livelli di negoziazione, dei tempi e delle modalità di contrattazione collettiva.
Probabilmente anche questi eventi contribuirono ad influenzare la seconda rivoluzione copernicana, o meglio controrivoluzione, realizzata col CCNL operai agricoli e florovivaisti del 19 luglio 1995.
Tale contratto, infatti, cogliendo l'esigenza di un maggior decentramento della contrattazione collettiva, superò le rigidità previgenti tra livello nazionale e provinciale, attribuendo al contratto periferico un più ampio spazio in sede di definizione e negoziazione della classificazione e del salario.
In sostanza rassetto contrattuale definito dal CCNL del 1995 attribuì al livello provinciale un potere notevolmente più ampio che in precedenza, di incidere nella definizione della retribuzione da corrispondere agli operai: potere che poteva esplicitarsi sia direttamente che indirettamente mediante la classificazione dei lavoratori.
In particolare in materia di classificazione, al livello nazionale restava solo la individuazione di alcune (macro) aree professionali (inizialmente due, poi divenute tre col contratto del 1998), con le rispettive declaratorie, mentre al livello provinciale era riconosciuto il potere di individuare, all'interno di ciascuna area, i vari profili professionali e le rispettive retribuzioni col solo limite di non fissare salari inferiori ai minimi di area stabiliti dal contratto nazionale.
Nell'ambito di questa nuova impostazione il massimo della devolution fu rappresentata dalla possibilità, riconosciuta ai contratti provinciali, di derogare addirittura ai minimi di area, mediante gli accordi di riallineamento retributivo.
L'esigenza di prevedere tale possibilità nacque, principalmente, dalla constatazione che in alcune aree del Paese ed in alcuni comparti produttivi, la redditività delle imprese agricole, o di certi tipi di imprese, non era riuscita a mantenere il passo con la dinamica dei salari, legata - fino ai primi anni '90 - a rigidi automatismi del tutto svincolati dalla produttività delle imprese.
Ad accentuare il divario tra retribuzione reale e contrattuale aveva inoltre contribuito, in maniera rilevante, l'eccessiva centralizzazione della contrattazione collettiva soprattutto per quanto concerne la delicata materia dei livelli salariali. L'accentramento aveva infatti
portato, e non poteva essere altrimenti, ad una mediazione delle variegate esigenze territoriali e compartimentali e ad un conseguente scostamento, per eccesso o per difetto, delle possibilità retributive delle singole, specifiche realtà.
Di qui la necessità, soddisfatta col contratto nazionale del 1995, di individuare assetti contrattuali idonei - attraverso un maggior decentramento e mediante gli accordi di riallineamento - a colmare, gradualmente il divario creatosi nel tempo tra retribuzione reale e retribuzione contrattuale.
Da segnalare infine che il contratto nazionale del 1995 previde anche il non trascurabile impegno delle parti a costituire un fondo di previdenza complementare per i lavoratori dell'agricoltura. Impegno ribadito e perfezionato con la previsione di un ulteriore fondo di accantonamento del TFR degli operai a tempo determinato contenuta nel CCNL del 1998 ed in quello (attualmente vigente) del 2002, che sarà oggetto di disamina al prossimo capitolo.
Conclusioni
Nel nostro Paese la contrattazione collettiva del settore agricolo ha conosciuto una evoluzione profonda segnata da una rilevante successione tra vari sistemi contrattuali diversi tra loro, potendosi individuare, al riguardo, tre distinte fasi, con riferimento ai rapporti tra livello provinciale e nazionale.
La prima - che va dagli anni immediatamente successivi all'abrogazione dell'ordinamento corporativo fino alla metà degli anni '70 - caratterizzata da un sistema di contrattazione agricola fortemente decentrato il cui fulcro era rappresentato dal livello provinciale, mentre al patto nazionale era affidato solo il compito di generalizzare i livelli di tutela raggiunti nelle realtà territoriali maggiormente sindacalizzate.
La seconda - che va dalla metà degli anni '70 alla metà degli anni '90 - caratterizzata, da un sistema centralizzato, imperniato quasi esclusivamente sul livello nazionale, e con una contrattazione provinciale relegata ad un ruolo marginale ed integrativo (cioè col solo potere di integrare le tutele economiche e normative, uguali per tutti, accordate centralmente).
La terza - che va dalla metà degli anni ‘90 ad oggi – fortemente connotata dalla riscoperta della contrattazione provinciale cui non viene più attribuito un ruolo meramente marginale ed integrativo, bensì pari dignità rispetto al livello nazionale che si concretizza, soprattutto, con un più ampio spazio in materia di definizione e negoziazione della classificazione e del salario.
Il contratto collettivo nazionale di lavoro oggi
Alla data odierna, risultano vigenti i seguenti contratti collettivi di lavoro:
- CCNL operai agricoli 25 maggio 2010;
- CCNL impiegati e quadri dell’agricoltura del 4 giugno 2008, con scadenza il 31 dicembre 2011;
- CCNL per i dirigenti dell’agricoltura del 26 gennaio 2009, con scadenza il 31 dicembre 2012. In particolare sono vigenti in Provincia di Bologna i seguenti integrativi:
- C.P.L. operai agricoli del 18 luglio 2008, con scadenza al 31 dicembre 2011;
- C.P.L. impiegati e quadri agricoli del 23 marzo 2010.
ACCORDO SUGLI ASSETTI CONTRATTUALI.
Il 22 gennaio 2009, a Palazzo Chigi, è stato sottoscritto dal Governo e dalle Parti sociali di tutti i settori produttivi l’Accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali, accordo che la C.G.I.L. non ha sottoscritto.
L’Accordo fissa solamente i principi generali per la riforma degli assetti contrattuali, delegando ad ulteriori accordi di settore “di definire specifiche modalità, criteri, tempi e condizioni con cui dare attuazione ai principi“ ivi contenuti.
Si pubblica un ampio stralcio della stessa intesa che di fatto supera l’intesa del 1993, il c.d. Lodo Ciampi.
“Il Governo e le parti sociali firmatarie del presente accordo, con l’obiettivo dello sviluppo economico e della crescita occupazionale fondata sull’aumento della produttività, l’efficiente dinamica retributiva e il miglioramento di prodotti e servizi resi dalle pubbliche amministrazioni, convengono realizzare - con carattere sperimentale e per la durata di quattro anni - un accordo sulle regole e le procedure della negoziazione e della gestione della contrattazione collettiva, in sostituzione del regime vigente.
Le parti fanno espresso rinvio agli accordi interconfederali, sottoscritti al fine di definire specifiche modalità, criteri, tempi e condizioni con cui dare attuazione a tali principi, per un modello contrattuale nel settore pubblico e privato:
- l’assetto della contrattazione collettiva è confermato su due livelli: il contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria e la contrattazione di secondo livello come definita dalle specifiche intese;
- il contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria: avrà durata triennale tanto per la parte economica che normativa; avrà funzione di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore; per la dinamica degli effetti economici si individuerà un indicatore della crescita dei prezzi al consumo assumendo per il triennio - in sostituzione del tasso di inflazione programmata - un nuovo indice previsionale costruito sulla base dell’IPCA (indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l’Italia), depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati; si procederà alla verifica circa eventuali scostamenti tra l’inflazione prevista e quella reale effettivamente osservata, considerando i due indici sempre al netto dei prodotti energetici importati; la veirifca circa la significatività degli eventuali scostamenti registratisi sarà effettuata in sede paritetica a lilvello interconfederale, sede che opera con finalità di monitoraggio, analisi e raccordo sistematico della funzionalità del nuovo accordo; il recupero degli eventuali scostamenti sarà effettuato entro la vigenza di ciascun contratto nazionale; il nuovo indice previsionale sarà applicato ad un valore retributivo individuato dalle specifiche intese;
- per il secondo livello di contrattazione, come definito dalle specifiche intese, parimenti a vigenza triennale, le parti confermano la necessità che vengano incrementate, rese strutturali, certe e facilmente accessibili tutte le misure volte ad incentivare, in termini di riduzione di tasse e contributi, la contrattazione di secondo livello che collega incentivi economici al raggiungimento di obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza, efficacia ed altri elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitività nonché ai risultati legati all’andamento economico delle imrpese, concrodati fra le parti.
Le parti confermano che obiettivo dell’intesa è il rilancio della crescita economica, lo sviluppo occupazionale e l’aumento della produttività, anche attraverso il rafforzamento dell’indicazione condivisa da Governo, imprese e sindacati per una politica di riduzione della pressione fiscale sul lavoro e sulle imprese, nell’ambito degli obiettivi e dei vincoli di finanza pubblica.”
Per quanto riguarda la contrattazione inerenti gli operai agricoli in data 22 settembre 2009 è stato siglato ( anche dalla Flai CGIL il protocollo nazionale d’intesa relativo alla contrattazione collettiva del settore sostanzialmente confermativo degli assetti previsti dal vigente CCNL.
Come noto (cfr. circ. conf. n. 13821 del 19/09/2011), sulla Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16.09.2011 è stata pubblicata la legge 14 settembre 2011, n. 148 che ha convertito, con modifiche, il decreto legge n. 138/2011, recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”.
Si tratta della cosiddetta Manovra di Ferragosto (o Manovra bis), con la quale sono state adottate ulteriori misure per la stabilizzazione finanziaria, dopo quelle adottate con la cosiddetta Manovra di luglio (d.l. 6.07.2011, n.98 convertito in legge 15.07.2011, n.111).
Si forniscono qui di seguito alcune prime indicazioni sulle misure che attengono alle materie del lavoro e della previdenza, con riserva di tornare sui singoli argomenti anche alla luce dei chiarimenti che saranno forniti dalle Amministrazioni competenti.
Contrattazione collettiva aziendale e territoriale (art. 8)
La norma interviene in modo incisivo e diretto sull’efficacia e sui contenuti della contrattazione collettiva di lavoro di secondo livello, aziendale o territoriale, sino ad oggi definiti quasi esclusivamente nell’ambito dell’autonomia negoziale delle Parti contrattuali.
In particolare il provvedimento legislativo in commento prevede che i contratti collettivi di lavoro aziendali o territoriali sottoscritti da associazioni di lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle rappresentanze sindacali aziendali, possono contenere specifiche intese per la maggiore occupazione, la qualità dei rapporti di lavoro, l’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, l’emersione del lavoro irregolare, gli incrementi di competitività e di salario, la gestione delle crisi aziendali ed occupazionali, gli investimenti e l’avvio di nuove attività.
Per realizzare tali finalità, le citate intese possono regolare le materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione, con riferimento a:
a. impianti audiovisivi e nuove tecnologie;
b. mansioni, classificazione e inquadramento del personale;
c. contratti a termine, contratti a orario ridotto (part-time), modulare o flessibile, somministrazione di lavoro e solidarietà negli appalti;
x. xxxxxx di lavoro;
e. modalità di assunzione, trasformazione e conversione dei contratti di lavoro, nonché disciplina del rapporto di lavoro (comprese le collaborazioni coordinate e continuative e i contratti d’opera con soggetti titolari di partita IVA);
f. conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro (fatta eccezione per i licenziamenti discriminatori, in concomitanza di matrimonio, nel periodo di gravidanza e fino ad un anno di età del bambino, in caso di adozione o affidamento, ovvero causati dalla domanda o dalla fruizione di congedi parentali o per la malattia del bambino).
È importante sottolineare che tali intese potranno operare anche in deroga ai contratti collettivi nazionali e persino alle disposizioni di legge che disciplinano le materie sopra elencate, fatte salve le norme di rango costituzionale nonché i vincoli derivanti dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro.
La norma si preoccupa anche di definire l’efficacia delle intese aziendali in questione, precisando che esse producono effetti nei confronti di tutti i lavoratori dell’azienda purché sottoscritti “sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali”.
In altre parole le intese aziendali trovano applicazione nei confronti di eventuali lavoratori dissenzienti, sempre che, come detto, le rappresentanze sindacali aziendali che le abbiano sottoscritte rappresentino la maggioranza dei lavoratori.
Si sottolinea inoltre che il legislatore si è preoccupato di attribuire efficacia erga omnes anche agli accordi aziendali già esistenti al 28 giugno 2011 (data dell’accordo interconfederale tra CONFINDUSTRIA, CGIL, CISL, UIL, UGL) prevedendo che gli stessi abbiano effetto nei confronti di tutti i dipendenti delle unità produttive cui il contratto si riferisce, a condizione che sia stato approvato dalla maggioranza dei lavoratori.
Tale norma ha l’evidente finalità di “salvaguardare” l’efficacia erga omnes dei contratti collettivi aziendali sottoscritti da alcuni grossi gruppi industriali (FIAT, etc.) in epoca precedente al citato accordo interconfederale con il quale le Parti sociali del settore industriale hanno riscritto le regole sulla contrattazione collettiva e sull’efficacia dei contratti aziendali.
Tale accordo è stato peraltro confermato da Confindustria e dai Sindacati dei lavoratori in data 21 settembre 2011 – e quindi dopo l’entrata in vigore della norma in commento – con un’importante precisazione finalizzata a rivendicare l’autonomia delle Parti sociali nella determinazione delle relazioni industriali e della contrattazione e con l’impegno ad attenersi alle regole contenute nell’accordo del 28 giugno 2011.
Dalla sintetica illustrazione dell’articolo 8 emerge chiaramente la portata innovativa della disposizione legislativa sotto diversi profili:
• valorizza e attribuisce un ruolo di maggior rilevo alla cosiddetta contrattazione collettiva di prossimità, ossia ai contratti territoriali o aziendali;
• definisce le finalità che possono essere perseguite e le materie che possono essere trattate dalle intese contenute nei contratti aziendali o territoriali;
• riconosce a tali intese efficacia derogatoria del contratto collettivo nazionale e delle disposizioni di legge, fatta la salva la costituzione, le norme comunitarie e le norme internazionali sul lavoro;
• riconosce efficacia erga omnes ai contratti aziendali sottoscritti dalle rappresentanze sindacali aziendali che rappresentano la maggioranza dei lavoratori.
Si tratta dunque di una norma che si propone di innovare profondamente l’attuale assetto della contrattazione collettiva, disciplinando per legge una materia che era tradizionalmente rimessa all’autonomia delle Parti sociali.
In particolare la norma è finalizzata a fornire uno strumento a livello aziendale o territoriale per “arginare” l’eccesso di regolamentazione da parte della legislazione sul lavoro e dei contratti collettivi nazionali che, nel tempo, hanno coperto anche quegli spazi che attengono all’organizzazione del lavoro e ai sistemi produttivi, lasciando pochissima libertà negoziale al secondo livello di contrattazione.
Vengono infatti riconosciuti ampi poteri alla contrattazione decentrata (territoriale e aziendale) che può persino prevedere deroghe alla disciplina del contratto collettivo nazionale di riferimento o alle norme di legge sul presupposto che possa meglio rispondere alle esigenze organizzative e produttive dell’azienda.
Si interviene inoltre sulla vexata quaestio dell’efficacia dei contratti collettivi di diritto privato – superando la disciplina costituzionale contenuta nell’art. 39 della costituzione rimasta di fatto inapplicata – ai quali viene riconosciuta valenza erga omnes sulla base del principio della maggioranza dei lavoratori che li sottoscrivono. Sebbene tale previsione si riferisca esclusivamente ai contratti aziendali non v’è dubbio che essa potrebbe costituire un principio di portata generale.
La norma in commento avrà naturalmente riflessi anche sulla contrattazione collettiva agricola, ancorché questa sia già caratterizzata da un marcato decentramento del sistema negoziale che vede nel contratto territoriale il vero centro regolatore degli aspetti principali del contratto collettivo (ad esempio classificazione e retribuzione).
Non può essere trascurato inoltre che gli ampi poteri riconosciuti dalla nuova legge al contratto aziendale potrebbero indurre anche le imprese del nostro settore – soprattutto quelle di medie-grandi dimensioni – a prendere in considerazione tale strumento negoziale.
CAPITOLO 2 - LO SCENARIO NORMATIVO
La legge Biagi; in particolare, le collaborazioni occasionali agricole e gli altri rapporti atipici
La contrattualistica agraria si colloca oggi in un momento di assoluto rilievo e ciò per i riverberi della nuova politica del lavoro, la c.d. legge Biagi, e le visuali prospettiche del libro bianco.
Il 3 ottobre 2001 il Ministro del Xxxxxx Xxxxxx presentò il “Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia, proposte per una società attiva e per un lavoro di qualità”. Il “libro bianco” è il frutto di un ottimo lavoro, di più soggetti, appartenenti ad aree culturali diverse, con una forte componente accademica ma improntato alla massima disponibilità dialettica e propositiva: è un rapporto sullo stato dell’arte ed è un supporto per un work in progress. Meritano perciò un plauso i curatori del lavoro Xxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxx , poi ucciso dalle B.R. ed ispiratore del documento, Xxxxx Xxxx’Xxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxx. Non meno attivo il contributo del ministro del lavoro e delle Politiche sociali, Xxxxxxx Xxxxxx.
Il libro bianco è suddiviso in due parti, Analisi e Proposte, e obbiettivamente segna l’archiviazione della politica di relazione definita come “concertazione”, oramai rituale e inefficace, a vantaggio di un nuovo modello di rapporto denominato “dialogo sociale”: può sembrare lana caprina, ma il passaggio non è privo di significato, il Governo pur nel dialogo con le parti imprenditoriali e sindacali, si riappropria del potere decisionale finale. E questa non è una novità, essendo questo il metodo praticato generalmente a livello europeo.
L’Italia è il paese europeo con il più basso tasso di occupazione generale (53,5%) e femminile in particolare, il più alto livello di disoccupazione di lungo periodo, il più marcato divario territoriale. Le raccomandazioni rivolte all’Italia, dall’Unione europea, hanno sottolineato, dal 1998, l’insufficienza delle politiche fin qui attuate e la mancanza di interventi in grado di migliorare sostanzialmente le caratteristiche del suo mercato del lavoro. Partendo proprio dagli orientamenti europei, il Governo intende procedere ad un programma di legislatura, orientato alla promozione di una società attiva, ove maggiori siano le possibilità di occupazione per tutti, migliore sia la qualità complessiva dei lavori, più moderne le regole che presiedono all’organizzazione dei rapporti e dei mercati del lavoro.
Per centrare l’obiettivo europeo di un tasso di occupazione attorno al 70% nel 2010, devono concorrere vari fattori: dalla più intensa partecipazione dei giovani, delle donne e degli anziani al mercato del lavoro, ad una migliore integrazione dei disabili, all’ulteriore diffusione del lavoro autonomo e di ogni forma di autoimpiego, all’emersione di tutte le forme di lavoro irregolare, con particolare attenzione alla situazione del Mezzogiorno.
Sempre secondo il Ministro, l’obiettivo da perseguire è quello di una progressiva riduzione degli oneri fiscali e contributivi che gravano sul lavoro, leva non secondaria per l’incremento dell’occupazione e per migliorare le condizioni dei lavoratori meno retribuiti, in coerenza con le linee di riforma del sistema previdenziale. L’innalzamento del tasso di occupazione determina un ampliamento della base dei contribuenti, concorrendo così a ridurre l’impatto negativo derivante dalle tendenze demografiche in atto. Le politiche del lavoro, contenute nel libro bianco, hanno lo specifico compito di rimuovere gli ostacoli economici o normativi che riducono l’intensità occupazionale della crescita economica. Tali politiche, ispirate ai valori dell’economica sociale di mercato, tengono conto delle caratteristiche dei vari territori del Paese e delle differenze, valorizzando le specificità (e qualcuno ha evocato le "gabbie salariali”), in una parola, per Xxxxxx occorre affermare il federalismo anche in materia di mercati e rapporto di lavoro.
L’analisi del libro bianco è puntuale e non certo emendabile, si parte dai problemi dell’occupazione, dal Mezzogiorno e dall’economia sommersa per finire al fabbisogno formativo nuovo e dell’invecchiamento della popolazione.
Molto più interessanti le proposte concrete prospettate dal documento ministeriale. Il Governo Xxxxxxxxxx, attraverso la attuazione delle deleghe in Parlamento, intende riformare il mercato del lavoro italiano con la riforma del collocamento, consentendo ad esempio la apertura di agenzie di intermediazione privata; alle Regioni verrà attribuito una potestà legislativa in materia di lavoro (potestà legislativa concorrente). Il Governo intende poi promuovere un sistema contrattuale più decentrato che riconosca il livello nazionale solo la individuazione delle linee guida della regolamentazione, attribuendo al livello territoriale o aziendale aspetti importanti della negoziazione (ad esempio la parte economica).
Il documento propone poi la semplificazione ed il coordinamento del complesso di norme e regole che disciplinano l’intera materia, mediante la predisposizione di un Testo Unico sul lavoro. Non meno di rilievo le proposte che tendono alla eliminazione dei vincoli e degli ostacoli che hanno impedito lo sviluppo di alcune tipologie contrattuali flessibili, quali il lavoro interinale ed il part-time.
Assoluta novità le proposte inerenti l’introduzione di nuove tipologie contrattuali più flessibili, quali il lavoro a progetto ed il lavoro intermittente. Confermate poi le recenti disposizioni sul lavoro a termine.
Di particolare pregio sembrano le proposte in ordine al sistema delle regole: il documento ipotizza un sistema più flessibile e decentrato, più morbido e rispettoso delle contrattazioni private. Si prospetta un livello normativo nazionale limitato alla definizione dei diritto fondamentali del lavoratore (parità uomo-donna, disabili, divieto di discriminare), l’introduzione di un
livello normativo regionale concorrente col livello nazionale e comunitario per rendere coerenti le politiche del lavoro rispetto al mercato del lavoro locale.
Per quanto concerne l’aspetto normativo si favorisce l’introduzione di norme di orientamento non vincolanti per i destinatari (c.d. soft laws) ma tendenti a favorire comportamenti virtuosi. Esaltata la funzione sussidiaria della contrattazione collettiva come fonte regolatrice primaria del rapporto di lavoro, con evidente accentuazione del livello territoriale o secondario (aziendale); di nuovo conio la ridefinizione del rapporto tra il contratto collettivo di lavoro ed il contratto individuale che può, in determinati casi, derogare dal livello di normativa stabilito dal contratto collettivo.
Il libro bianco intende poi perseguire la stesura di un Testo unico del lavoro e la completa riforma del sistema della giustizia del lavoro (oggi in stato preagonico). Non meno ambiziosa è la volontà di definire uno Statuto dei lavori, concepito come la carta dei diritti unificante tutti i tipi di lavoro subordinato, autonomo, nella grande o nella piccola impresa.
Veramente nuovo è poi il documento ministeriale nella parte concernente la disciplina del rapporto di lavoro. pochi ma significativi accenni: cade il pregiudizio favorevole al lavoro a tempo indeterminato che è visto come obiettivo da perseguire non come garanzia legale vincolistica, ma attraverso un adeguato sistema di incentivi.
Il libro bianco è stato attuato in molte parti.
Attuata la normativa sugli extracomunitari, con la c.d. legge Bossi-Fini, che oramai rappresentano il 15% di tutto il lavoro agricolo.
Attuata con la legge Biagi la riforma del mercato del lavoro è stata in parte modificata dall’Esecutivo Prodi e nuovamente modificata sulla base delle normative introdotte dal Governo Xxxxxxxxxx ed in particolare con i provvedimentii del Ministro Xxxxxxx.
Vediamo le principali questioni poste dal decreto legislativo “Biagi” (n. 276/2003 e s. m. i.), con particolare riferimento alle nuove forme di lavoro e alle relative tipologie contrattuali.
Lavoro intermittente o job on call
Secondo il decreto “Biagi” è lavoro intermittente la prestazione resa da un lavoratore dipendente il quale si pone a disposizione di un datore di lavoro, a tempo indeterminato o a tempo determinato, che può utilizzarne la prestazione “a chiamata”, secondo i limiti della nuova disciplina.
La norma prevede che il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi o, in via provvisoriamente sostitutiva, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con apposito decreto da emanarsi trascorsi sei mesi.
La legge prevede, in via sperimentale, che il contratto di lavoro intermittente possa essere altresì stipulato anche per prestazioni rese da soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di età, ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età che siano stati espulsi dal ciclo produttivo e siano iscritti alle liste di mobilità e di collocamento.
È vietato il ricorso al lavoro intermittente:
a) Per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
b) Salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a chiamata, ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a chiamata;
c) Da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’art. 4 del D.L.vo 19/9/1994 n. 626, e successive modificazioni.
Il contratto di lavoro intermittente è stipulato in forma scritta, deve recepire i contenuti dei CCNL ed è prova per i seguenti elementi:
a) Indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto;
b) Luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
c) Il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità;
d) Indicazione delle forme e modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della prestazione;
e) I tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;
f) Le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto. Caratteristica dell’istituto è l’indennità di disponibilità:
▪ Nel contratto di lavoro intermittente è stabilità la misura della indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali il lavoratore stesso garantisce la disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione. La misura di detta indennità è stabilita dai contratti collettivi e comunque non dovrà essere inferiore alla misura prevista con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
▪ Sulla indennità di disponibilità i contributi sono versati per il loro effettivo ammontare, anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo.
▪ L’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo.
▪ In caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore è tenuto a informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento. Nel periodo di temporanea indisponibilità non matura il diritto alla indennità di disponibilità.
▪ Ove il lavoratore non comunichi l’impedimento, questi perde il diritto alla indennità di disponibilità per un periodo di 15 giorni, salva diversa previsione del contratto individuale.
▪ Le norme di cui sopra si applicano soltanto nei casi in cui il lavoratore si obbliga contrattualmente a rispondere alla chiamata del datore di lavoro. In tal caso, il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può comportare la risoluzione del contratto, la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all’ingiustificato rifiuto, nonché un congruo risarcimento del danno nella misura fissata dai contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto di lavoro.
La legge prevede anche il lavoro intermittente per periodi particolari (fine settimana, ferie estive, natalizie).
Ricordiamo che il CCNL 10 luglio 2002, per gli operai agricoli, aveva già disciplinato una particolare forma di lavoro “intermittente” senza diritto alla indennità di disponibilità (vedi art. 19, ottavo comma, lettera b). Con recente decreto (Decreto Ministero del Lavoro 23/10/2004, in G.U. n. 259 4/11/04) sono state individuate le attività di carattere discontinuo per le quali è ammesso il lavoro a chiamata.
Lavoro ripartito o job sharing
Il contratto di lavoro ripartito è uno speciale contratto di lavoro mediante il quale due o più lavoratori assumono in solido l’adempimento di una unica e identica obbligazione lavorativa.
Fermo restando il vincolo di solidarietà, e fatta salva una diversa intesa tra le parti contraenti, ogni lavoratore resta personalmente e direttamente responsabile dell’adempimento della intera obbligazione lavorativa.
Fatte salve diverse intese tra le parti contraenti o previsioni dei contratti o accordi collettivi, i lavoratori hanno la facoltà di determinare discrezionalmente e in qualsiasi momento sostituzioni tra di loro, nonché di modificare consensualmente la collocazione temporale dell’orario di lavoro, nel qual caso il rischio della impossibilità della prestazione per fatti attinenti a uno degli coobbligati è posta in capo all’altro obbligato. Eventuali sostituzioni da parte di terzi, nel caso di impossibilità di uno o entrambi i lavoratori coobbligati, sono vietate e possono essere ammesse solo previo consenso del datore di lavoro.
Salvo diversa intesa tra le parti, le dimissioni o il licenziamento di uno dei lavoratori coobbligati comportano l’estinzione dell’intero vincolo contrattuale. Tale disposizione non trova applicazione se, su richiesta del datore di lavoro, l’altro prestatore di lavoro si renda disponibile ad adempiere l’obbligazione lavorativa, integralmente o parzialmente, nel qual caso il contratto di lavoro ripartito si trasforma in un normale contratto di lavoro subordinato.
Il contratto di lavoro ripartito è in forma scritta e deve contenere:
a) La misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuale che si prevede venga svolto da ciascuno dei lavoratori coobbligati, secondo le intese tra loro intercorse, ferma restando la possibilità per gli stessi lavoratori di determinare discrezionalmente, in qualsiasi momento, la sostituzione tra di loro ovvero la modificazione consensuale della distribuzione dell’orario di lavoro;
b) Il luogo di lavoro, nonché il trattamento economico e normativo spettante a ciascun lavoratore;
c) Le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
I lavoratori sono tenuti a informare preventivamente il datore di lavoro, con cadenza almeno settimanale, in merito all’orario di ciascuno dei soggetti coobbligati.
Dal punto di vista previdenziale i lavoratori sono assimilati ai lavoratori con contratti part.time. La regolamentazione del lavoro ripartito è demandata alla contrattazione collettiva.
Lavoro a tempo parziale o part-time
Il decreto Biagi modifica i previgenti X.X.xx n. 61/2000 e n. 100/2001. Importante è sottolineare la possibilità nuovamente introdotta dal decreto Xxxxxxx, delle clausole flessibili od elastiche .
Le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono concordare con l’assistenza sindacale, sulla base dei contratti collettivi, clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione stessa. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto possono essere stabilite anche clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa.
Lavoro a progetto ex xx.xx.xx.
Abolite di fatto le figure dei xx.xx.xx. collaboratori coordinati e continuativi.
È questa una delle più eclatanti smentite alla propaganda anti decreto “Biagi”. Il Governo aumenta le tutele ed elimina figure di precariato legalizzato introdotte dai governi della “sinistra” (il c.d. pacchetto Treu) con l’appoggio sostanziale del sindacalismo confederale.
Il Ministero del Lavoro ha diramato la circolare esplicativa concernente le note figure dei xx.xx.xx. (collaboratori coordinati e continuativi, oggi “a progetto”). Parimenti ha chiarito le tipologie relative al lavoro occasionale.
Come si ricorderà l’art. 61 (e seguenti) del decreto legislativo 10/9/2003 n. 276 (c.d. legge Biagi) ha disciplinato in modo nuovo le figure dei collaboratori “autonomi” o “parasubordinati” già previsti dall’art. 409 c.p.c., dalla legge 335/1995 e dall’art. 47 del Tuir.
Secondo la nuova norma tali rapporti (prevalentemente personali e senza vincolo di subordinazione) devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa.
Da tale disposizione sono escluse le prestazioni occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivo per lo svolgimento della prestazione sia superiore a 5 mila euro.
Il contratto di lavoro a progetto è stipulato in forma scritta e deve contenere i seguenti elementi:
a) Indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro;
b) Indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuato nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto;
c) Il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
d) Le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sull’esecuzione della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicare l’autonomia nella esecuzione dell’obbligazione lavorativa;
e) Le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto.
Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto, il lavoratore ha diritto ai compensi previsti per legge per le invenzioni fatte durante il rapporto.
Salvo diverso accordo tra le parti il collaboratore a progetto può svolgere la sua attività a favore di più committenti.
Il collaboratore a progetto non deve svolgere attività in concorrenza con i committenti né, in ogni caso, diffondere notizie e apprezzamenti attinenti ai programmi e alla organizzazione di essi, né compiere, in qualsiasi modo, atti in pregiudizio della attività dei committenti medesimi.
La legge estende ai vecchi xx.xx.xx. numerosi diritti dei dipendenti: la gravidanza, la malattia e l’infortunio del collaboratore a progetto non comportano l’estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo.
Salva diversa previsione del contratto individuale, in caso di malattia e infortunio la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza. Il contratto si intende comunque risolto se la sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto della durata stabilita nel contratto, quando essa sia determinata, ovvero superiore a trenta giorni per i contratti di durata determinabile.
In caso di gravidanza, la durata del rapporto è prorogata per un periodo di 180 giorni, salva più favorevole disposizione del contratto individuale.
Ai xx.xx.xx. si applicano le norme sul processo del lavoro, e sulla maternità le norme sulla sicurezza e igiene del lavoro di cui al decreto legislativo n. 626/1994 quando la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente, nonché le norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
I contratti di lavoro a progetti, ex xx.xx.xx., si risolvono al momento della realizzazione del progetto o del programma o della fase di esso che ne costituisce l’oggetto.
Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa, ovvero secondo le diverse causali e modalità stabilite dalle parti nel contratto di lavoro individuale.
I diritti derivanti da tali rapporti possono essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro, anche in deroga alle disposizioni di cui all’art. 2113 c.c.
La norma prevede che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.
Qualora venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato configuri o sia venuto a configurare un rapporto di lavoro subordinato, esso si converte in un rapporto di lavoro subordinato. Rimangono applicabili le vecchie regole per gli amministratori di enti e società, per gli iscritti agli albi professionali, pensionati di vecchiaia e altre figure che non interessano il settore agricolo (sportivi, agenti e rappresentanti).
Con la circolare n. 1/2004 dell’8 gennaio 2004 il Ministero chiarisce alcuni dei dubbi interpretativi sorti al momento della pubblicazione in G.U. del decreto Biagi.
La circolare ministeriale chiarisce che il lavoro “a progetto” è una forma particolare di collaborazione coordinata e continuativa che non assorbe tutte le ipotesi di lavoro parasubordinato. Sono perciò ipotizzabili anche collaborazioni coordinate e continuative non riconducibili a progetto, sia pure nei limiti circoscritti dal X.X.xx 276/2003; in sostanza, come già si accennava, possono continuare ad essere instaurati rapporti di collaborazione coordinata e continuativa come in precedenza
– e cioè senza la necessità di individuare un progetto – in tutte quelle ipotesi di esclusione dall’ambito di applicazione della nuova normativa (rapporti con la pubblica amministrazione, prestazioni occasionali, professionisti iscritti ad albi, agenti e rappresentanti di commercio, componenti di organi di amministrazione e controllo, pensionati di vecchiaia).
Secondo il Ministero del Lavoro, il progetto consiste in “un’attività produttiva ben identificabile e funzionalmente collegata ad un determinato risultato finale cui il collaboratore partecipa direttamene con la sua prestazione”. Il progetto può riguardare anche l’attività principale o accessoria dell’impresa e l’identificazione del progetto compete esclusivamente al committente, così come le valutazioni e le scelte sottese al progetto. Il programma (o una sua fase) si differenzia dal progetto per il fatto che il risultato, che comunque deve sussistere, non sia finale bensì parziale, destinato cioè ad essere integrato da altre attività e risultati parziali.
Il lavoro a progetto, rappresentando una particolare fattispecie della più ampia tipologia delle collaborazioni coordinate e continuative, deve essere svolto dal collaboratore in modo autonomo, anche se coordinato con le esigenze dell’organizzazione del committente. Il coordinamento può comportare la necessità che il lavoratore operi all’interno del ciclo produttivo del committente, così come può comportare l’esigenza di forme di coordinamento temporale.
La circolare chiarisce un dubbio della prima ora: il contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto può essere rinnovato con lo stesso committente anche per l’esecuzione di identifico o analogo progetto. Da rimarcare che la ripetitività dei rapporti non abbia finalità elusive della disciplina in materia di lavoro dipendente e ciascun rapporto abbia i requisiti previsti dalla legge (forma scritta, progetto, ecc.). Il corrispettivo deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e la sua determinazione deve tenere conto del risultato finale che il collaboratore deve raggiungere; il contratto di collaborazione potrà prevedere criteri per escludere o ridurre il compenso nel caso di mancato o parziale raggiungimento del risultato finale. La circolare chiarisce che per stabilire la proporzionalità del corrispettivo alla qualità e quantità del lavoro prestato non si può fare in nessun caso riferimento alle retribuzioni stabilite dalla contrattazione collettiva di lavoro per i lavoratori subordinati, si dovrà viceversa fare riferimento ai compensi corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo. La durata del contratto deve essere determinata (ad es. mediante l’apposizione di un termine finale) o determinabile (legata cioè alla conclusione del progetto ed al raggiungimento del risultato). Nell’ipotesi in cui sia stata espressamente indicata nel contratto una data finale ed il progetto venga esaurito prima di tale data, il rapporto si estingue anticipatamente, fermo restando il diritto del collaboratore a percepire il compenso pieno originariamente pattuito per il raggiungimento del risultato.
La circolare ministeriale chiarisce molto opportunamente un altro istituto della legge Biagi e cioè l’istituto del lavoro “occasionale”, soprattutto relativamente ai problemi della committenza.
Le prestazioni occasionali non debbono avere durata complessiva superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente e non debbono comportare un compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare, con il medesimo committente, superiore a 5 mila euro. Nel caso in cui la prestazione occasionale rispetti tali limiti viene svolta in maniera coordinata e continuativa, il rapporto non è assoggettato alle norme di cui al X.X.xx 276/2003 (forma scritta, riconduzione a progetto, ecc.), ma i relativi compensi sono comunque assoggettati all’imposizione fiscale e previdenziale (gestione parasubordinati) prevista per le collaborazioni coordinate e continuative. Qualora invece la prestazione occasionale non abbia carattere di continuità e coordinamento (ad es. sia episodica e sporadica), l’assoggettamento alla contribuzione
prevista per i lavoratori parasubordinati non sussiste, salvo che il compenso sia complessivamente percepito nell’anno solare, anche da più committenti, superi i 5 mila euro (art. 44, co. 2, D.L. 269/2003).
La circolare chiarisce da ultimo che con l’introduzione della nuova figura di collaboratore a progetto e di quelle occasionali non è venuta meno la possibilità di stipulare contratti d’opera ai sensi dell’art. 2222 e ss. del codice civile. Con la conseguenza, ad esempio, che qualora una prestazione occasionale superi uno dei parametri previsti (30 giorni e 5 mila euro), non necessariamente il relativo rapporto deve essere ricondotto nell’ambito delle collaborazioni coordinate e continuative a progetto, ben potendo lo stesso qualificarsi come contratto d’opera ai sensi dell’art. 2222 del c.c.
Si allega bozza di contratto “a progetto” da eventualmente adattare alle varie fattispecie. Si allega altresì bozza di contratto “occasionale” ex art. 2222 c.c.
Collaborazioni occasionali agricole
Come si ricorderà l’art. 122 della finanziaria 2001 prevedeva che “in sede di sperimentazione e per un periodo non superiore a due anni, i coltivatori diretti iscritti agli elenchi provinciali possono avvalersi per la raccolta di prodotti agricoli, in deroga alla normativa vigente, di collaborazioni occasionali di parenti e affini entro il quinto grado per un periodo complessivo nel corso dell’anno non superiore ai tre mesi”.
Secondo l’art. 74 del codice civile la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite. Sono parenti in linea retta le persone di cui l’una discende dall’altra., in linea collaterale quelle che pur avendo uno stipite comune, non discendono l’una dall’altra. Nella linea retta si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escludendo lo stipite. Nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti fino allo stipite comune e da questo discendono all’altro parente, sempre restando escluso lo stipite.
Secondo l’art. 78 del c.c. l’affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge. Nella linea e nel grado in cui taluno è parente d’uno dei coniugi, egli è affine dell’altro coniuge.
Brevemente riportiamo un sunto delle principali parentele e affinità.
Con la legge finanziaria 2003 (all’art. 45) si erano individuate modifiche all’istituto.
Il nuovo testo prevedeva infatti che per il solo anno 2003 i coltivatori diretti iscritti negli elenchi provinciali, ai fini della raccolta di prodotti agricoli, potevano avvalersi, in deroga alla normativa previdenziale vigente, di collaborazioni occasionali di parenti entro il secondo grado aventi anche il titolo di studente, per un periodo complessivo nel corso dell’anno non superiore a novanta giorni.
La norma comunque prevedeva l’obbligo dell’iscrizione all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Con successivo decreto dovevano essere poi precisate le modalità di comunicazione di tale opzione agli enti previdenziali. Per scrupolo ricordiamo i principali gradi di parentela e affinità.
Parenti in linea diretta: rispetto all’interessato sono parenti di primo grado il genitore e il figlio, di secondo il nipote e il nonno, il terzo il figlio del nipote e il bisnonno, di quarto grado il nipote del nipote e il nonno del nonno, di quinto grado il figlio del nipote del nipote e il nonno del xxxxxxxx (sono di sesto grado il nipote del nipote e il padre del nonno del bisnonno).
Parenti in linea collaterale: il rispetto all’interessato il fratello è parente di secondo grado, di terzo grado è il nipote e lo zio, di quarto grado è parente collaterale il figlio del nipote, il cugino, il figlio del xxxxxxxx, è parente di quinto grado collaterale il nipote del nipote, il figlio del cugino, il nipote del xxxxxxxx, il figlio del trisnonno(è parente di sesto grado collaterale il figlio del nipote del nipote, il nipote del cugino, il figlio del nipote del xxxxxxxx e il nipote del xxxxxxxxx).
Affini: come prima si accennava, l’affinità è il vincolo che lega un coniuge ai parenti dell’altro coniuge, nella linea e nel grado in cui l’interessato è parente di uno dei due coniugi, questi è affine dell’altro coniuge; ad esempio, tra marito e suocero vi è affinità, in linea retta di secondo grado, ecc.
In linea collaterale la cognata è affine di secondo grado, il figlio della cognata così come lo zio del coniuge sono di terzo grado, il nipote della cognata di quarto grado, così come il cugino del coniuge, infine è di quinto grado il figlio del cugino del coniuge. Il recente decreto legislativo, emanato in ossequio alla legge delega n. 30/2003, muta nuovamente lo scenario in senso molto favorevole alle aziende agricole.
L’art. 74 del decreto Biagi (n. 276 del 2003) infatti prevede “con specifico riguardo alle attività agricole, che non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti ed affini sino al terzo grado, in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori”. Tale norma è stata modificata con recente provvedimento ( art. 7 ter DL 5/2009 convertito in legge n. 33/2009) che ha ampliato l’istituto al quarto grado.
Non si può non sottolineare l’impatto di tale norma che agevola grandemente tutte le aziende agricole per i casi di apporti lavorativi occasionali, o comunque, se ricorrenti, di breve periodo.
Xxxxxx, al riguardo, ed evita la qualificazione di “lavoro” dipendente ed autonomo, il vincolo finalistico della prestazione che è resa per mero vincolo di affectio familiaris, per aiuto, anche di mutuo scambio, ovvero per motivi morali.
Non vi dovrà perciò essere alcuna corresponsione di compensi o salari fatte salve le eventuali spese di mantenimento o spese sostenute dal parente per la esecuzione dei lavori.
Si sottolinea in particolare che la nuova norma non limita tale apporto alle sole operazioni di raccolta prodotti, come la vecchia previsione della finanziaria 2001, ma le prestazioni occasionali svolte da parenti ed affini entro il 4° grado potranno essere riferite a qualsivoglia necessità aziendali.
La norma non qualifica temporalmente la prestazione, né pone limiti particolari.
Ricordiamo che la giurisprudenza ritiene occasionali e non “strutturali” le prestazioni lavorative non continuative, limitate ad un singolo incarico, non programmate nel tempo, di durata non ampia ancorchè questa non abbia carattere di indeterminatezza. Il decreto legislativo definisce oggi (nell’ambito della norma sui xx.xx.xx ad altri fini peraltro) come “occasionali” i rapporti di lavoro quando non superiori ai 30 giorni.
Per le varie attività agricole saranno quindi utili i parenti e gli affini entro il quarto grado, e cioè:
▪ Parenti in linea diretta: rispetto all’interessato sono parenti di primo grado il genitore e il figlio, di secondo il nipote e il nonno, il terzo il figlio del nipote e il bisnonno, di quarto il trisnonno e il nipote del nipote.
▪ Parenti in linea collaterale: rispetto all’interessato il fratello è parente di secondo grado, di terzo grado è il nipote e lo zio, di quarto grado il figlio del nipote e il cugino, il figlio del xxxxxxxx,.
▪ Affini: l’affinità è il vincolo che lega un coniuge ai parenti dell’altro coniuge, nella linea e nel grado in cui l’interessato è parente di uno dei due coniugi, questi è affine dell’altro coniuge; ad esempio, tra marito e suocero vi è affinità, in linea retta di secondo grado, ecc. In linea collaterale la cognata è affine di secondo grado, il figlio della cognata così come lo zio del coniuge sono di terzo grado, sono di quarto grado il cugino del coniuge,il nipote della cognata.
Con lettera 25/2/2005 il Ministero del Lavoro ha chiarito, contrariamente a quanto sostenuto dall’Inps (circ. n. 22/2005) che il lavoro occasionale agricolo è applicabile a tutti gli imprenditori (coldiretti, IAP, agricoltori in genere).
Prestazioni occasionali accessorie
La norma prevede poi una nuova figura di prestazioni lavorative.
Le prestazioni di lavoro accessorio originariamente erano quelle attività lavorative di natura meramente occasionale, rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne. Di rilievo nel settore agricolo il Vaucher al quale si rimanda.
Certificazione dei rapporti di lavoro
È questo un capitolo fondamentale per rendere certezza nei rapporti di lavoro in ordine alla natura degli stessi (se di tipo subordinato ovvero autonomo). La legge prevede infatti che, al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro intermittente ripartito, a tempo parziale e a progetto (ex xx.xx.xx.), nonché dei contratti di associazione in partecipazione (art. 2549 e ss. c.c.), le parti possono ottenere la certificazione del contratto secondo la procedura prevista dal decreto Biagi.
Sono organi abilitati alla certificazione dei contratti di lavoro le Commissioni di certificazione istituite presso:
- Gli enti bilaterali di emanazione contrattuale;
- Le Direzioni provinciali del Lavoro;
- Le Università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie per casistiche particolari. La procedura è volontaria e consegue a una istanza scritta comune alle parti.
Le certificazioni dell’accertamento sul tipo di rapporto fanno fede verso terzi. Avverso la certificazione sono possibili rimedi in sede giurisdizionale.
L’art. 80 del Decreto Biagi prevede infatti che nei confronti dell’atto di certificazione, le parti e i terzi (es. Inail, Inps) nella cui sfera giuridica l’atto stesso è destinato a produrre effetti, possono proporre ricorso, presso l’autorità giudiziaria (Giudice del Lavoro) per erronea qualificazione del contratto oppure difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione. Sempre presso la medesima autorità giudiziaria, le parti del contratto certificato potranno impugnare l’atto di certificazione anche per vizi del consenso.
L’accertamento giurisdizionale dell’erroneità della qualificazione ha effetto fin dal momento della conclusione dell’accordo contrattuale. L’accertamento giurisdizionale della difformità tra il programma negoziale e quello effettivamente realizzato, ha effetto a partire dal momento in cui la sentenza accerta che ha avuto inizio la difformità stessa. Sono certificabili tutti i rapporti di lavoro (art. 18 DLgs 251/04).
Chiunque presenti ricorso giurisdizionale contro la certificazione deve previamente rivolgersi obbligatoriamente alla Commissione di certificazione che ha adottato l’atto di certificazione per espletare un tentativo di conciliazione; si veda quanto più avanti specificato nel capitolo “Collegato lavoro”.
Somministrazione lavoro
Per somministrazione di lavoro si intende la fornitura (o affitto) professionale di manodopera. I soggetti somministratori (agenzie o intermediari specializzati) debbono rispondere a particolari requisiti legali stabiliti dagli artt. 4 e 5 dello schema di decreto. A garanzia del corretto assetto di legge sono previste importanti sanzioni penali (art. 18).
Il contratto di somministrazione di lavoro può essere concluso a termine o a tempo indeterminato.
Cessione ramo d’azienda, appalti e distacchi
La riforma Biagi prevede che il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’art. 1655 del c.c., si distingue dalla somministrazione di lavoro (vista più sopra) per l’esercizio da parte dell’appaltatore del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto e il possesso da parte sua, o di suo personale utilizzato nell’appalto, della professionalità specifica corrispondente alle esigenze tecniche del servizio dedotto in contratto.
In caso di appalto di servizi il committente imprenditore è obbligato in solido con l’appaltatore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali.
L’ipotesi del distacco viceversa si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa. In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore.
Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato. Quando comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito, il distacco può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
Resta ferma la disciplina prevista dall’art. 8, terzo comma, della legge 19/7/93 n. 236, di conversione del decreto legge 20/5/93
n. 148, nei casi temporanei di comandi o distacchi, regolati con accordo sindacale, per ovviare al licenziamento del lavoratore.
Mercato del lavoro
L’insieme delle norme ha lo scopo di realizzare un sistema di nuovi strumenti intesi ad aumentare, nella sostanza, le capacità di inserimento professionale dei disoccupati e di chi è in cerca di una prima occupazione, ovvero delle fasce deboli del mercato del lavoro.
Formazione
La delega Biagi ridisegna l’intero assetto dei contratti a natura mista di tipo formativo.
Associazione in partecipazione
Qualche ulteriore informazione merita il rapporto di “associazione in partecipazione”.
Come è a molti noto il contratto di “associazione in partecipazione” è previsto e regolamentato dal codice civile (articoli da 2549 a 2554).
Con tale contratto un soggetto (l’associante) attribuisce ad un altro soggetto (l’associato) una partecipazione agli utili della sua impresa, o di uno o più affari, verso il corrispettivo di un determinato apporto che può consistere in una prestazione di lavoro (art. 2549 c.c.).
Si ricorda che l’associato può partecipare all’impresa anche mediante capitale, beni e immobili.
Tale rapporto è stato, nel tempo, oggetto di numerosi interventi legislativi e ciò anche in virtù dei fenomeni elusivi spesso accompagnati all’istituto.
L’obbligo previdenziale dall’1/1/2004 è regolamentato dall’art. 43 del D.L. 269/2003, mentre quello assicurativo Inail è regolamentato, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 332/1992, dal DPR 1124/1965. la tassazione dei compensi è regolamentata dal DPR 917/1986 e dagli artt. 25 e 26 del DPR 600/1973.
Da ultimo si veda quanto previsto dall’art. 86, comma 2, del X.X.xx. 10 settembre 2003 n. 276; secondo tale normativa occorre, per la liceità del rapporto, che all’associato che apporta prestazioni di lavoro deve essere riconosciuta un’effettiva partecipazione (cioè un effettivo potere di controllo sulla gestione dell’impresa) ed un’adeguata erogazione (evidentemente di eventuali utili).
In assenza di tali elementi il rapporto viene ricondotto dal giudice nell’ambito dei rapporti di lavoro subordinato, salvo che l’utilizzatore della prestazione non comprovi con adeguate attestazioni e documentazioni che il rapporto ricada in una delle tipologie di lavoro subordinato o autonomo previste e regolamentate dal decreto c.d. “Biagi”, si ha cioè la “conversione del rapporto”.
In ragione delle finalità antielusive l’associazione in partecipazione rientra tra i contratti certificabili.
Salvo gli aspetti contributivi e fiscali, non è prevista una forma particolare per la validità del contratto. Gli elementi essenziali del contratto di associazione sono:
- L’attività imprenditoriale dell’associante a scopo di lucro (non può quindi essere utilizzato per le attività non a scopo di lucro né dai professionisti);
- La natura aleatoria del compenso dell’associato;
- L’assenza di un rapporto societario tra associante e associato.
Non è prevista una durata particolare (che può essere legata alla realizzazione dell’affare), questa è perciò definita pattiziamente tra le parti.
In generale dal contratto non origina un rapporto associativo.
Il rapporto di associazione si perfeziona di norma con la firma del contratto tra associato e associante. La direzione così come la gestione dell’impresa spetta all’associante. Il contratto può stabilire i poteri di verifica in capo all’associato sull’impresa o sullo svolgimento dell’affare per cui l’associazione è stata contratta. L’associato ha diritto di ricevere il rendiconto (art. 2552). L’associato partecipa di norma alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili (le perdite a cui partecipa l’associato non possono in ogni caso superare il valore del suo apporto; art. 2553); è ammesso il patto contrario.
Le parti possono stabilire la partecipazione alle perdite in misura diversa da quella degli utili, ovvero escludere del tutto la partecipazione alle perdite (Cass. N. 507/1996).
Come prima si accennava il comma 2 dell’art. 86 del X.X.xx. 276/2003 ha previsto, al fine di evitare fenomeni elusivi dalla disciplina di legge e contratto collettivo, in caso di rapporto di associazione in partecipazione resi senza una effettiva partecipazione e adeguate erogazioni a chi lavora, che il lavoratore ha diritto ai trattamenti contributivi, economici e normativi stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi per il lavoro subordinato svolto in analoghe posizioni, o in mancanza di contratto collettivo, di una corrispondente omologa posizione, a meno che il datore di lavoro, o committente, o altrimenti utilizzatore non comprovi, con idonee attestazioni o documentazioni, che la prestazione rientra in una delle tipologie di lavoro flessibile disciplinate dal medesimo X.X.xx. 276/2003, ovvero in un contratto di lavoro subordinato speciale o con particolare disciplina, o in un contratto nominato di lavoro autonomo, o in un altro contratto espressamente previsto nell’ordinamento.
La giurisprudenza ha chiarito che non è possibile la partecipazione ai ricavi in quanto questi ultimi non rappresentano un dato significativo circa l’effettivo risultato economico dell’impresa (Cass. N. 1420/2002).
La Cass. 19/12/2003 n. 19475 ha affermato, avuto riguardo alla distinzione tra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione legata agli utili dell’impresa, che l’elemento differenziale tra le due fattispecie risiede nel contesto regolamentare patrizio in cui si inserisce l’apporto della prestazione lavorativa, dovendosi verificare l’autenticità del rapporto di associazione, che ha come elemento essenziale, connotante la causa, la partecipazione dell’associato al rischio di impresa, dovendo egli partecipare sia agli utili che alle perdite.
Ai sensi dell’art. 43 della legge 326/2003 i soggetti che nell’ambito dell’associazione in partecipazione conferiscono prestazioni lavorative i cui compensi sono qualificati come redditi di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 49, comma 2 lett. C, del DPR 917/1986, sono tenuti all’iscrizione, con decorrenza 1 gennaio 2004, in un’apposita gestione previdenziale istituita presso l’Inps ai fini dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (I.V.S.), con esclusione dei soggetti iscritti ad albi professionali.
Pertanto con effetto dal 1/1/2004 gli associati in partecipazione devono iscriversi a un’apposita gestione previdenziale istituita presso l’Inps dall’art. 43 del D.L. 269/2003 (legge 326/2003). L’iscrizione deve avvenire, a cura dell’associato, entro 30 giorni dall’inizio dell’attività lavorativa. La base di calcolo è pari ai redditi derivanti dall’attività di associato. Il versamento è effettuato dall’associante con il mod. F24. L’associante è tenuto ad assicurare l’associato presso l’Inail e a tenere i libri paga e matricola con le modalità semplificate previste per i collaboratori coordinati e continuativi.
Per maggiori approfondimenti si vedano le circolari Inps n. 57 del 29/3/2004 e Min. Lav. N. 33/2003.
Ovviamente tali rapporto non sono applicabili al settore agricolo per le conduzioni di fondi rustici, essendo a tali fattispecie applicabili le norme di cui alla speciale legge n. 203/82. Per quanto riguarda i rapporti di lavoro subordinato, viceversa si segnala che in molte province sono previste forme usuali assimilabili c.d. “compartecipazioni”, regolate sotto il profilo civilistico e fiscale-contributivo come veri e propri rapporti di lavoro subordinato agricolo a tempo determinato.
Il collegato lavoro (legge 183/2010)..
Sul Supplemento Ordinario n. 243 alla Gazzetta Ufficiale n. 262 del 9.11.2010 è stata pubblicata la legge 4.11.2010 n.183, cd “collegato lavoro”.
Con la presente nota si intendono esaminare le importanti innovazioni contenute nel “collegato lavoro”, alla luce di alcune circolari ministeriali emanate in queste ultime settimane.
I- ACCERTAMENTI ISPETTIVI E REGIME SANZIONATORIO
Accesso ispettivo, potere di xxxxxxx, e verbalizzazione unica (art. 33)
L’art. 33 del “collegato lavoro” modifica l’art.13 del d.lgs. n.124/2004 (“Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro”), disciplinando la procedura delle ispezioni in materia di lavoro che venne innovata nel 2008 con le “Linee guida” impartite dal Ministero del lavoro al personale di vigilanza (Direttiva Ministero del lavoro 18 settembre 2008).
In particolare il nuovo procedimento previsto dalla norma in commento si caratterizza per l’esistenza di due distinte fasi dell’attività ispettiva (accertamento; contestazione) che si concludono entrambe con la redazione e la notifica di un verbale (rispettivamente “di primo accesso” e di “accertamento e notificazione”).
La prima fase è finalizzata alla verifica dell’esistenza di elementi di fatto o comunque aventi carattere istruttorio da cui è possibile rilevare violazioni sanzionabili. Alla conclusione delle attività compiute nel corso del primo accesso ispettivo, il funzionario incaricato dovrà rilasciare al datore di lavoro o alla persona presente all’ispezione (con obbligo di tempestiva consegna al datore di lavoro), il verbale di primo accesso.
Tale verbale deve contenere una serie di elementi essenziali per la legittimità dell’ atto:
✓ identificazione dei lavoratori, descrizione delle modalità e del loro impiego;
✓ specificazione delle attività compiute dal personale ispettivo;
✓ eventuali dichiarazioni rese dal datore di lavoro, da chi lo assiste o da chi è presente durante l’ispezione in sua vece;
✓ ogni richiesta, anche documentale, utile al proseguimento dell’istruttoria finalizzata all’accertamento degli illeciti.
La seconda fase è finalizzata alla contestazione delle eventuali violazioni riscontrate nel corso dell’attività ispettiva e deve concludersi con un unico verbale di accertamento e di notifica.
Tale verbale deve contenere i seguenti elementi:
✓ gli esiti dettagliati dell’accertamento, con le fonti di prova degli illeciti rilevati;
✓ la diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili entro 30 giorni dalla notificazione del verbale unico di conclusione dell’indagine ispettiva;
✓ la possibilità di estinguere gli illeciti ottemperando alla diffida e provvedendo al pagamento della sanzione in misura ridotta entro 15 giorni dalla scadenza dei 30 giorni fissati come termine legale dalla diffida (la sanzione in misura ridotta è pari al minimo della pena edittale previsto dalla legge ovvero, in caso di sanzione stabilita in misura fissa, ad 1/4 della sanzione stessa);
✓ l’indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso con specificazione dei termini di impugnazione.
Una volta ricevuta la notifica del verbale conclusivo, il datore di lavoro che intenda beneficiare delle sanzioni in misura ridotta è tenuto ad ottemperare alla diffida (entro 30 giorni) e al pagamento delle relative somme (entro i successivi 15 giorni), fornendo la prova al personale ispettivo dell’avvenuta regolarizzazione. Nel caso in cui il datore di lavoro non adempia nei termini ricordati, verranno applicate le sanzioni in misura piena.
La nuova procedura ispettiva presenta pertanto importanti aspetti:
• la previsione che il verbale di accertamento e notificazione debba essere necessariamente unitario impedisce che gli organi di vigilanza possano continuare ad effettuare una pluralità di contestazioni a fronte di un’unica attività di accertamento;
• l’indicazione nel verbale di accertamento e notificazione degli esisti dettagliati dell’accertamento, con indicazione delle fonti di prova degli illeciti rilevati, consente al presunto trasgressore di porre in essere una più puntuale azione difensiva e
impedisce (o dovrebbe impedire) che gli ispettori possano basare le loro conclusioni solo sulle dichiarazioni dei lavoratori interessati;
• il potere di xxxxxxx diventa, rispetto alla previgente normativa una condizione di procedibilità e viene esteso a tutti gli organi che svolgono attività ispettiva (ispettori e funzionari amministrativi degli enti previdenziali, ufficiali e agenti di polizia giudiziaria).
Maxisanzione per lavoro sommerso (art. 4)
La disciplina relativa alla cosiddetta maxisanzione per il lavoro sommerso di cui all’art. 3 della legge 73/2002 è stata rivista dall’art. 4 della legge in commento.
Le modifiche apportate –entrate in vigore il 24 novembre 2010 – riguardano diversi aspetti dell’illecito amministrativo (i presupposti, l’ambito di applicazione, le procedure, il regime sanzionatorio) e sono finalizzate a mitigare, almeno in parte, l’eccessivo rigore della precedente disciplina, poco incline a modulare l’entità della sanzione in relazione all’effettiva condotta del trasgressore. Vediamo le principali novità.
1) Condotta – presupposto.
Il collegato lavoro prevede che la maxisanzione sia applicabile “in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato”, la vecchia formulazione si riferiva invece alla presenza di lavoratori “non risultanti dalle scritture obbligatorie”.
Pertanto, non rileva la presenza regolare del lavoratore “sommerso” su altra documentazione (Libro Unico del Lavoro, scrittura INPS/INAIL, ecc.); l’omessa comunicazione di assunzione preventiva è, nel nuovo quadro normativo, l’elemento fondamentale in base al quale vengono individuati i lavoratori “in nero”; in sostanza, se è carente la comunicazione preventiva di assunzione, il lavoratore deve comunque considerarsi come “sommerso”, anche se registrato su altri documenti obbligatori e scatta, quindi, la sanzione.
La nuova formulazione appare francamente penalizzante per i casi di assoluta buona fede (chi, infatti, assume in nero un lavoratore e poi lo iscrive sul L.U.L.?; solamente un errore può giustificare tale omissione) e sarebbe opportuna una migliore descrizione della condotta punita con la maxisanzione: diversamente siamo alla presunzione dell’errore e non dell’elusore o evasore! Di questi elementi il legislatore tiene però conto per le causali esimenti di cui si dirà poi.
In ogni caso, si trascurano i casi nei quali non vi è la comunicazione preventiva di assunzione come:
• assunzione di lavoratori in somministrazione da parte delle Agenzie di somministrazione (la comunicazione va effettuata entro il ventesimo giorno del mese successivo);
• assunzione di lavoratori da parte di istituzioni scolastiche private (la comunicazione va effettuata entro i dieci giorni successivi);
• assunzione di lavoratori per cause di forza maggiore o eventi straordinari (vedi note del Ministero del Lavoro n. 440 del 04/01/2007 e n. 4746 del 14/02/2007).
2) Sfera di applicazione
Rivisto, poi, l’alveo di applicazione della maxisanzione, la nuova norma si riferisce infatti all’ipotesi di “impiego di lavoratori subordinati … da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico”.
La legge n. 183/2010 circoscrive perciò l’ambito di applicazione della maxisanzione per il lavoro sommerso ai soli casi di impiego (in nero) di “lavoratori subordinati” alle dipendenze di datori di lavoro privati.
In questo senso si segnale come la circolare ministeriale n. 38/2010 sottolinei come l’ambito di applicazione della maxisanzione si differenzia da quello relativo all’applicazione del provvedimento cautelare di sospensione dell’attività imprenditoriale ex art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, che prescinde dalla qualificazione giuridica del rapporto di lavoro (subordinato, autonomo, parasubordinato).
La maxisanzione da 24 novembre 2010 non sarà più applicabile nei casi di collaboratori coordinati e continuativi a progetto, associati in partecipazione, lavoratori autonomi, soci lavoratori, prestatori occasionali di lavoro accessorio (voucher), familiari (il tutto ovviamente se tali rapporti siano corretti e rispettosi delle normative relative).
Secondo il Ministero la maxisanzione non si applica nelle ipotesi di collaborazioni coordinate e continuative o di lavoro autonomo instaurate correttamente sul piano formale (comunicazione al centro per l’impiego, ecc.) ma qualificate dalle parti come ipotesi di lavoro subordinato dagli ispettori in sede di accertamento.
Sono esclusi dall’ambito di applicazione della norma i datori di lavoro domestico ed i datori di lavoro pubblico, compresi gli enti pubblici economici.
3) Cause di esclusione della maxisanzione
La maxisanzione non si applica in alcuni particolari ipotesi esimenti:
a. Regolarizzazione spontanea ed integrale. Nel caso in cui il datore di comunichi tardivamente la instaurazione del rapporto di lavoro, se spontanea ed antecedente alla visita ispettiva, è idonea a dimostrare la volontà di non occultare il rapporto lavorativo ed esclude quindi l’applicazione della maxisanzione. La comunicazione di assunzione da cui risulti la data di effettiva instaurazione del rapporto deve però essere effettuata entro 12 mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi e che questi ultimi – maggiorati delle sanzioni civili – siano stati integralmente pagati entro 30 giorni dalla denuncia;
b. Assolvimento degli obblighi contributivi. Qualora “da adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi comunque una volontà di non occultare il rapporto”, non si darà luogo alla maxisanzione. Come prova per l’esimente il datore dovrà esibire la documentazione comprovante l’assolvimento degli obblighi di natura contributiva, quali i modelli DM10, EMENS, UNIEMENS, DMAG; non sono, invece, esimenti, l’esibizione del contratto individuale di lavoro o l’iscrizione nel Libro Unico del Lavoro. La circolare ministeriale precisa che la maxisanzione non si applica, qualora vi sia stato il pronto pagamento di contributi I.N.P.S. alla gestione separata, anche quando un lavoratore inquadrato come lavoratore parasubordinato, sia stato successivamente qualificato come subordinato a seguito di visita ispettiva.
Molto opportunamente, poi, il Ministero del Lavoro chiarisce che la maxisanzione non opera quando il datore di lavoro si sia affidato a professionisti o associazioni di categoria e non sia stato possibile effettuare la comunicazione di assunzione in via telematica, a causa di ferie o chiusura dei soggetti abilitati; in tal caso, deve aver comunque provveduto ad inviare la comunicazione a mezzo fax o modello UniUrg e deve poter documentare l’affidamento della pratica a soggetti abilitati e la chiusura degli stessi, dovendo comunque provvedere all’invio della comunicazione ordinaria il primo giorno utile successivo alla riapertura degli uffici.
4) Sanzioni – misura della maxisanzione e misura ridotta
La maxisanzione rimane invariata ed ammonta ad una somma compresa tra i 1.500,00 ed i 2.000,00 euro, per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di 150 euro per ogni giornata di lavoro effettivo.
Alla sanzione amministrativa ordinaria viene affiancata, con il collegato lavoro, una sanzione in misura ridotta, da 1.000,00 a 800,00 euro, oltre a 30 euro giornalieri, da pagare entro 45 giorni dalla notifica delle violazioni, “nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo”.
Tale ipotesi si ha quando un lavoratore viene utilizzato “in nero” per un certo periodo di tempo e, poi, regolarizzato ed assunto con le prescritte comunicazioni di assunzione, ma da una data posteriore a quella di effettivo inizio del rapporto (è una sorta di ravvedimento operoso).
5) Maxi sanzione e altre sanzioni amministrative
La disciplina in materia di maxisanzione per il lavoro sommerso prevede che resta ferma “l’applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore …”, trattando quindi la maxisanzione come sanzione “aggiuntiva”. Nel caso di lavoro “nero” quindi restano applicabili tutte le misure sanzionatorie previste in merito ad altri adempimenti obbligatori in caso di assunzione di lavoratori dipendenti, quali mancata consegna al lavoratore del documento contenente le informazioni relative all’instaurazione del rapporto di lavoro, omessa registrazione sul Libro Unico del Lavoro.
Cade, invece, la sanzione prevista per la mancata comunicazione di assunzione; nel nuovo quadro normativo, dal 24/11/2010, tale omissione è, infatti, l’elemento costitutivo della condotta punita con la maxisanzione per il lavoro sommerso; il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 38 del 14/11/2010, ha chiarito che la mancata comunicazione preventiva al Centro per l’Impiego comporta esclusivamente l’applicazione di tale maxisanzione e non anche della specifica sanzione amministrativa per omessa comunicazione preventiva ex art. 19, c. 3, del D.Lgs. n. 276/2003 (da 100,00 a 500,00 euro).
La specifica sanzione per omessa comunicazione preventiva al Centro per l’Impiego è ritenuta applicabile nei casi di lavoro sommerso esclusi dall’ambito di applicazione della maxisanzione, quali il lavoro domestico, le collaborazioni coordinate e continuative, l’associazione in partecipazione, i tirocini, il lavoro subordinato nei casi in cui ricorrano le esimenti previste dalla legge (assolvimento degli obblighi contributivi).
6) Maxisanzione e sanzioni civili
In caso di ispezione qualora siano già scaduti i termini per il pagamento dei contributi e premi per il periodo di lavoro irregolare, alla maxisanzione sono da aggiungere le sanzioni civili per l’omessa contribuzione, maggiorate dal 50 per cento; in sostanza, la sanzione è elevata al 45 per cento all’anno fino ad un massimo del 0 per cento; abrogato il tetto minimo di 3.000,00 euro di sanzioni civili fissato dalla previgente normativa.
7) Soggetti competenti ad irrogare la maxisanzione
Con il nuovo “collegato lavoro” l’adozione del provvedimento – prima riservato al personale ispettivo delle Direzioni Provinciali del Lavoro – può essere propria di tutti “gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza”; sono competenti ad irrogare la maxisanzione perciò non solo gli organi di vigilanza delle Direzioni Provinciali del Lavoro, ma anche quelli dell’I.N.P.S., dell’I.N.A.I.L., dell’Agenzia delle Entrate, della Guardia di Finanza.
8) Diffida a regolarizzare (art. 13, D.Lgs. n. 124/2004
Alla maxisanzione si può applicare l’istituto della diffida di cui all’art. 13, D.lgs. n. 124/2004: gli organi di vigilanza devono perciò diffidare i trasgressori a regolare sotto il profilo lavori stico, retributivo e contributivo la posizione dei lavoratori interessati; in caso di ottemperanza alla diffida la sanzione è fissata in € 1.500,00 per ciascun lavoratore e di € 37,50 per ogni giornata di lavoro irregolare, ridotta rispettivamente a € 1.000,00 ed € 7,50 nell’ipotesi di periodi di lavoro in nero seguiti da periodi di lavoro regolare.
Modifiche alla disciplina sanzionatoria in materia di orario di lavoro (Art. 7)
L’art. 7 del “collegato lavoro” ha apportato rilevanti modifiche al regime sanzionatorio in materia di orario di lavoro (art. 18 bis del d.lgs. n. 66/2003) per le violazioni relative alla durata media settimanale dell’orario di lavoro, al riposo giornaliero e settimanale, alle ferie annuali.
Viene, infatti, rivisto e corretto il precedente meccanismo sanzionatorio che, com’è noto, era basato sull’applicazione di una sanzione per ciascun lavoratore coinvolto nell’illecito e per ciascuna violazione commessa nel periodo di riferimento; questo sistema, in presenza di una pluralità di lavoratori e di una continuazione delle violazioni, generava un importo complessivo della sanzione dovuta assolutamente sproporzionato rispetto alla gravità dell’illecito commesso.
La norma in commento cerca quindi di porre rimedio a tale sistema, attenuando gli sproporzionati effetti negativi che la precedente formulazione aveva determinato nell’applicazione pratica. Essa prevede infatti una graduazione delle sanzioni in base al numero complessivo dei lavoratori coinvolti nell’illecito o, in alternativa, in relazione alla reiterazione delle violazioni in determinati intervalli di tempo.
In particolare la sanzione non viene più calcolata in misura unitaria per ciascun lavoratore e/o per ciascuna violazione, come previsto nella normativa previgente, ma in misura fissa per “fasce di violazione”, all’interno delle quali la sanzione più elevata scatta al superamento anche di uno solo dei parametri previsti (numero dei lavoratori coinvolti o periodo temporale di riferimento. Nel corso di un apposito Forum dedicato al “collegato lavoro” i rappresentanti del Ministero del lavoro hanno avuto modo di precisare che il computo dei lavoratori interessati da violazioni della normativa sull’orario di lavoro va effettuato “per teste”, senza alcun riproporzionamento per i dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale).
Sul piano pratico, per una corretta valutazione di ogni fattispecie violata, sarà necessario verificare in maniera disgiunta quale tra il parametro relativo ai dipendenti e quello relativo ai periodi di riferimento rientri nella fascia più alta ai fini della determinazione della sanzione amministrativa.
Sulla base dei predetti parametri la sanzione viene quindi erogata entro limiti minimi e massimi per ciascuna delle seguenti fattispecie:
• Violazione delle norme sulla durata settimanale dell’orario di lavoro
Come noto la durata massima settimanale dell’orario di lavoro è stabilita in linea di principio dai contratti collettivi di lavoro.
Tuttavia, l’art. 4 del d.lgs. n. 66/2003 stabilisce che la durata media dell’orario di lavoro settimanale non può in ogni caso superare le 48 ore, comprese le ore di straordinario, e che tale durata media deve essere calcolata con riferimento ad un periodo non superiore a 4 mesi o ad un eventuale periodo maggiore stabilito dalla contrattazione collettiva (fino a 12 mesi).
La disposizione normativa in commento prevede che, in caso di superamento del limite previsto per la durata settimanale dell’orario di lavoro, venga applicata a carico del datore di lavoro trasgressore, una sanzione pecuniaria da 100 a 750 euro (in precedenza da 130 a 780 euro).
Se la violazione è riferibile a più di 5 lavoratori ovvero se si è verificata in almeno 3 periodi di riferimento (di legge o contrattuali), la sanzione amministrativa prevista va da 400 a 1.500 euro.
La sanzione viene ulteriormente elevata (da un minimo di 1.000 ad un massimo di 5.000 euro) se la violazione è riferibile a più di 10 lavoratori ovvero se si è verificata in almeno 5 periodi di riferimento. In tale ultima e più grave ipotesi, inoltre, “non è ammesso il pagamento in misura ridotta” ai sensi dell’ art. 16, della legge n. 689/81 (è ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari a 1/3 del massimo o al doppio del minimo, se più favorevole).
• Violazione della normativa sui riposi settimanali
Come noto l’art. 9 del d.lgs. n. 66/2003 prevede il diritto del lavoratore al riposo settimanale, di regola coincidente con la
domenica, di almeno 24 ore consecutive ogni 7 giorni. Tale periodo di riposo deve essere calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni.
La disposizione normativa in commento prevede che in caso di violazione delle norme in materia di riposo settimanale, si applica lo stesso regime sanzionatorio previsto per la violazione delle norme sulla durata settimanale dell’orario di lavoro di cui al punto precedente (in verità, ad un’attenta lettura della norma in questione - art. 7, comma 1 - il parametro occupazionale per l’applicazione delle sanzioni in caso di violazione plurima è sicuramente riferibile ad entrambe le fattispecie (orario di lavoro settimanale e riposi settimanali); mentre quello relativo ai periodi di riferimento riguarda – letteralmente – solo la normativa in materia di orario di lavoro settimanale (art.4, c. 3 e 4, del d.lgs. 66/2003).
• Violazione della normativa sul riposo giornaliero
Ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 66/2003, al lavoratore spettano, ogni 24 ore, almeno 11 ore di riposo consecutivo, fatte salve le
attività caratterizzate da lavoro frazionato.
La nuova disposizione sanzionatoria, introdotta dal collegato lavoro, prevede per la violazione delle norme in materia di riposo giornaliero una sanzione da 50 a 150 euro (in precedenza da 25 a 100 euro). Se la violazione è riferibile a più di 5 lavoratori o se si verifica in almeno 3 periodi di 24 ore, la sanzione si innalza da 300 a 1.000 euro. Qualora infine riguardi più di 10 lavoratori o almeno 5 periodi di 24 ore la sanzione va da un minimo di 900 ad un massimo di 1.500 euro e non è ammesso il pagamento in misura ridotta.
• Violazione della normativa sulle ferie annuali
Ai sensi dell’art. 10, c. 1, del d.lgs. n. 66/2003, il lavoratore ha diritto a un periodo di ferie di almeno 4 settimane all’anno.
La violazione di tale previsione comporta una sanzione da 100 a 600 euro (in precedenza da 130 a 780) aumentata, se riferibile a più di 5 lavoratori o verificata in almeno 2 anni da 400 a 1.500 euro. Se poi è riferibile a più di 10 lavoratori o si è verificata in almeno 4 anni la sanzione va da un minimo di 800 ad un massimo di 4.500 euro, senza possibilità di pagamento in misura ridotta.
Obbligo di versamento delle ritenute previdenziali (art. 39)
L’articolo in commento equipara la disciplina sanzionatoria per omesso versamento delle ritenute previdenziali dei collaboratori coordinati e continuativi a quella prevista con riferimento ai rapporti di lavoro subordinato.
Esso prevede infatti che l’omesso versamento, nelle forme e nei termini di legge, delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal committente sui compensi dei lavoratori a progetto e dei titolari di collaborazioni coordinate e continuative iscritti alla gestione separata INPS, configura un’ipotesi di reato punita nei modi previsti dai commi 1-bis, 1-ter e 1-quater dell’art. 2 della legge n. 638/1983.
II- CONCILIAZIONE E ARBITRATO
L’art. 31 del “collegato lavoro” riscrive completamente la disciplina della composizione extragiudiziale delle controversie in materia di lavoro, sostituendo gli articoli 410, 411, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile, con l’obiettivo di valorizzare i sistemi alternativi alla giurisdizione ordinaria, ed in particolare l’arbitrato irrituale.
Tentativo di conciliazione (art. 31)
Una delle principali novità della riforma in commento è rappresentata dal fatto che il tentativo preventivo di conciliazione non è più obbligatorio, come in precedenza, ma facoltativo (rimane invece, obbligatorio, per espressa indicazione del comma 2 dell’art. 31 del collegato lavoro, il tentativo di conciliazione previsto dall’art. 80 del d.lgs. 276/2003 per le controversie aventi ad oggetto contratti certificati). Il nuovo testo dell’art. 410 c.p.c. prevede infatti che “chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall’articolo 409 può promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, un previo tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione”.
In controtendenza con quanto sta avvenendo nel sistema delle controversie civili diverse da quelle in materia di lavoro (si veda la cd. “mediazione obbligatoria” ex d.lgs. n.28/2010), il legislatore ritorna dunque alla originaria versione del tentativo di conciliazione (previsto nel 1973 come facoltativo e diventato obbligatorio solo con il d.lgs. n.80/1998) che non incide sulla procedibilità dell’azione giudiziaria.
Il nuovo tentativo facoltativo di conciliazione si caratterizza per l’introduzione di una stringente serie di regole procedurali, motivata probabilmente anche dal fatto che, in caso di mancata conciliazione, il rito può sfociare in un arbitrato irrituale.
La domanda di conciliazione, sottoscritta dal richiedente, deve essere consegnata o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento alla commissione ed alla controparte. La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i 20 giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.. Essa deve contenere:
1. le generalità dell’istante e del convenuto;
2. il luogo dove è sorto il rapporto ovvero dove si trova l’azienda o sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto;
3. il luogo eletto dalla parte istante per le comunicazioni inerenti alla procedura;
4. l’esposizione dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della pretesa.
5. Qualora intenda accettare la procedura di conciliazione, la controparte deposita presso la commissione, entro 20 giorni dal ricevimento della copia della richiesta, una memoria contenente le difese, le eccezioni e le eventuali domande riconvenzionali. Entro i 10 giorni successivi al deposito, la commissione fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione, che deve essere tenuto entro i successivi 30 giorni.
Dinanzi alla commissione il lavoratore può farsi assistere anche da un’organizzazione cui aderisce o conferisce mandato. Qualora invece la controparte non accetti la procedura, omettendo di depositare la sopra citata memoria, ciascuna delle parti è libera di ricorrere all’autorità giudiziaria.
Con riferimento agli effetti della conciliazione, il nuovo testo dell’art. 411 del codice di procedura civile, come modificato dalla normativa in commento, prevede che l’esito positivo (anche parziale) del procedimento viene sancito da un processo verbale, sottoscritto dalle parti e dalla commissione, che può essere dichiarato “esecutivo” (con decreto) dal giudice, su istanza della parte interessata.
Qualora invece non si raggiunga l’accordo tra le parti, la commissione di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non viene accettata, il verbale conclusivo riporterà le valutazioni espresse in merito dalle parti. In caso di successivo giudizio, il giudice dovrà tenere conto della proposta formulata dalla commissione e non accettata senza adeguata motivazione.
È opportuno sottolineare che dall’ambito di applicazione della nuova procedura di conciliazione, di cui all’articolo 410 c.p.c., viene espressamente escluso il tentativo di conciliazione in sede sindacale.
Resta quindi libera, come in passato, la procedura da seguire per addivenire ad una conciliazione in sede sindacale. Resta altresì confermato che il processo verbale di avvenuta conciliazione in sede sindacale è depositato presso la Direzione provinciale del lavoro (DPL) a cura di una delle parti o per il tramite di un’associazione sindacale. Il direttore della DPL, accertatane l’autenticità, lo deposita nella cancelleria del tribunale che, su istanza della parte interessata, verificata la regolarità formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.
Da ultimo si segnala che anche dopo la riforma in commento è rimasto obbligatorio il tentativo di conciliazione in sede giudiziale. L’art. 420 c.p.c., come modificato dal comma 5 dell’art. 31 del collegato lavoro, prescrive infatti la formulazione da parte del giudice, nell’udienza di discussione della causa, di una proposta transattiva alle parti. L’eventuale rifiuto della proposta, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio.
Commissione di conciliazione presso la DPL (art. 31)
Il nuovo testo dell’art. 410 c.p.c., come modificato dalla normativa in commento, ha rivisto anche i criteri per la composizione della commissione di conciliazione istituita presso la Direzione provinciale del lavoro, la cui componente datoriale e sindacale (4 rappresentanti dei datori di lavoro e 4 rappresentanti dei lavoratori) deve essere designata dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello territoriale (in precedenza la maggiore rappresentatività era quella nazionale).
Verbale di conciliazione monocratica (art.38)
L’articolo 38 del “collegato lavoro” – al fine di coordinare e rendere coerente la normativa in materia di conciliazione – prevede che anche al verbale di conciliazione monocratica presso la Direzione Provinciale del Lavoro, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. n.124/2004, possa essere riconosciuta efficacia esecutiva, su istanza della parte interessata, con decreto del giudice competente.
Risoluzione arbitrale della controversia (art.31)
Come già detto, una delle principali novità del “collegato lavoro” è la forte promozione dell’arbitrato, del quale vengono previste quattro diverse forme.
Arbitrato dinanzi alle commissioni di conciliazione
Una prima forma riconosce alle commissioni di conciliazione sopra descritte il ruolo di collegi arbitrali irrituali. Il nuovo testo dell’art. 412 c.p.c., come modificato dal “collegato lavoro”, prevede infatti che in qualsiasi fase del tentativo di conciliazione, o al suo termine in caso di mancata riuscita, le parti possono affidare alla commissione di conciliazione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia (anche laddove sia stata raggiunta una conciliazione parziale della vertenza).
Nel conferire il mandato per la risoluzione arbitrale della controversia, le parti devono indicare:
1. il termine per l’emanazione del lodo, che non può comunque superare i 60 giorni dal conferimento del mandato, spirato il quale l’incarico deve intendersi revocato;
2. le norme invocate dalle parti a sostegno delle loro pretese e l’eventuale richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento e dei princìpi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari.
Il lodo emanato a conclusione dell’arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, ha l’efficacia del contratto giacché produce tra le parti gli effetti di cui all’articolo 1372 e all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile. La parte interessata può inoltre far dichiarare esecutivo il lodo con decreto del giudice.
Il lodo è impugnabile con ricorso ai sensi dell’articolo 808-ter del c.p.c. davanti al giudice del lavoro territorialmente competente in ragione della sede dell’arbitrato. Il ricorso è depositato entro il termine di 30 giorni dalla notificazione del lodo. Decorso tale termine, o se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovvero se il ricorso è stato respinto dal tribunale, il lodo è depositato nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato (art. 412 c.p.c., comma 4).
Arbitrato dinanzi un collegio arbitrale
Una seconda ipotesi di arbitrato viene introdotta con il nuovo articolo 412-quater del c.p.c. che prevede la risoluzione della controversia davanti ad un apposito collegio di conciliazione e arbitrato irrituale composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro, in funzione di presidente, scelto di comune accordo dagli arbitri di parte tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati ammessi al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione.
La parte che intenda avvalersi di questa procedura deve notificare alla controparte un ricorso, sottoscritto personalmente o da un suo rappresentante, contenente la nomina dell’arbitro di parte e l’indicazione dell’oggetto della domanda, delle ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda la domanda stessa, dei mezzi di prova, del valore della controversia entro il quale si intende limitare la domanda.
Il ricorso deve contenere altresì il riferimento alle norme invocate dal ricorrente a sostegno della sua pretesa e l’eventuale richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento e dei princìpi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari.
La parte convenuta, qualora accetti, nomina il proprio arbitro di parte, il quale entro 30 giorni dalla notifica del ricorso procede, ove possibile, concordemente con l’altro arbitro, alla scelta del presidente e della sede del collegio. Ove ciò non riesca, la parte che ha presentato ricorso può chiedere che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l’arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato la sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui
è sorto il rapporto di lavoro o ove si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto (art. 412-quater, c. 4, c.p.c.). La parte convenuta ha quindi 30 giorni per depositare presso la sede del collegio una memoria difensiva. Dal deposito di tale memoria decorrono i termini per entrambe le parti (10 giorni) per la presentazione di memorie di replica e controreplica che non modifichino il contenuto del ricorso.
All’udienza, fissata entro 30 giorni dalla scadenza del termine per la controreplica del convenuto, il collegio esperisce un tentativo di conciliazione. Se la conciliazione riesce, potrà essere resa esecutiva con decreto del giudice su istanza della parte interessata, ai sensi dell’articolo 411, c. 1 e 3, c.p.c. Se la conciliazione non riesce, si procede all’arbitrato vero e proprio con interrogatorio delle parti e assunzione di prove, ove necessari, o con la discussione orale.
Entro 20 giorni dall’udienza di discussione, il collegio decide mediante un lodo, sottoscritto dagli arbitri e autenticato. Esso ha l’efficacia di un contratto tra le parti (ai sensi degli articoli 1372 e 2113, c. 4, del codice civile) e, analogamente al lodo emanato dalle commissioni di conciliazione istituite presso le DPL, può essere impugnato secondo le regole dell’arbitrato irrituale (ai sensi dell’articolo 808-ter c.p.c.) e, su istanza di parte, può essere dichiarato esecutivo.
Il nuovo testo dell’art. 412-quater disciplina infine il compenso del presidente del collegio (pari al 2 per cento del valore della controversia) ed i criteri di ripartizione delle spese tra le parti. Si prevede inoltre che i contratti collettivi nazionali di categoria possano istituire un fondo di rimborso al lavoratore delle spese per il compenso del presidente del collegio e del proprio arbitro di parte.
Arbitrato dinanzi alle commissioni di certificazione
La terza forma di arbitrato è quello delineato dai commi 12, 13 e 14 dell’art. 31 del “collegato lavoro” che attribuiscono agli organi di certificazione ex art. 76 del d.lgs. 276/2003 (cd. legge Xxxxx) la facoltà di costituire camere arbitrali per la definizione delle controversie in materia di lavoro. È anche prevista l’istituzione di camere arbitrali unitarie ad opera di apposite convenzioni tra diverse commissioni di certificazione. A tali commissioni è riconosciuta inoltre la competenza di esperire presso le loro sedi il tentativo di conciliazione di cui all’art. 410 c.p.c. (vedi sopra) nonché di effettuare la certificazione di rinunce e transazioni ex art. 2113 c.c. In precedenza la competenza di tali commissioni a certificare rinunce e transazioni ai sensi dell’art. 2113 del codice civile era già prevista, ma limitatamente alle commissioni istituite presso gli enti bilaterali. Con la modifica apportata dall’art. 31, c.14, del “collegato lavoro” all’art. 82 del d.lgs. 276/2003, tale potere viene esteso a tutti gli organi di certificazione.
Arbitrato previsto dai contratti collettivi
Infine il nuovo testo dell’art. 412-ter del c.p.c., come modificato dal comma 6 dell’art. 31 del “collegato lavoro” in commento, demanda ai contratti collettivi sottoscritti dalle “associazioni sindacali maggiormente rappresentative” l’individuazione delle sedi e delle modalità con le quali svolgere specifiche forme di conciliazione ed arbitrato. Pertanto anche a livello contrattuale potrà essere definita una forma di arbitrato delle controversie in materia di lavoro.
Clausola compromissoria
Come noto, le parti stipulanti un contratto possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri (cd. clausola compromissoria), ai sensi dell’articolo 808 del codice di procedura civile.
La normativa in commento (art. 31, commi 10 e 11), nel disciplinare le clausole compromissorie per il rinvio delle controversie in materia di lavoro (art. 409 c.p.c.) ai collegi arbitrali ai sensi degli articoli 412 e 412-ter del c.p.c., attribuisce un importante ruolo alle parti sociali.
Viene infatti previsto che l’inserimento di clausole compromissorie in un contratto individuale è subordinato ad un’apposita previsione da parte di accordi interconfederali o di contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (in assenza di accordi collettivi il Ministro del lavoro può dare attuazione, in via sperimentale, a tale previsione con decreto).
La clausola compromissoria, a pena di nullità, deve inoltre essere certificata dagli organi di certificazione di cui all’art.76 del d.lgs. n.276/2003, i quali devono accertare l’effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri le eventuali controversie nascenti dal rapporto di lavoro.
La legge prevede in ogni caso due limiti alla stipula di clausole compromissorie che:
• non possono essere pattuite e sottoscritte prima della conclusione del periodo di prova ovvero – in assenza del periodo di prova – prima che siano trascorsi almeno 30 giorni dalla stipula del contratto di lavoro (limite temporale);
• non possono riguardare controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro (limite oggettivo).
Davanti alle commissioni di certificazione le parti possono farsi assistere da un legale di loro fiducia o da un rappresentante
dell’organizzazione sindacale o professionale a cui abbiano conferito mandato.
III- LICENZIAMENTO
Limiti al potere di accertamento in sede giudiziaria (art.30, c.3)
L’art. 30 del “collegato lavoro” detta alcune norme che mirano a limitare i poteri discrezionali del giudice del lavoro in materia di licenziamento, sia per quanto attiene la valutazione delle motivazioni poste a base del recesso e sia nel definire l’indennità spettante in caso di licenziamento illegittimo.
Ed infatti il comma 3 dell’articolo citato prevede che il giudice:
• nel valutare le motivazioni a base del licenziamento, debba tenere conto delle ipotesi di giusta causa e di giustificato motivo individuate dalla contrattazione collettiva di riferimento (ovvero dai contratti di lavoro individuali validati dalle apposite commissioni di certificazione);
• nel definire e liquidare l’indennità spettante in caso di licenziamento illegittimo, debba tenere conto di elementi e parametri fissati dai contratti collettivi (o dai contratti di lavoro individuali certificati) nonché delle dimensioni e delle condizioni
dell’attività esercitata dal datore di lavoro, della situazione del mercato del lavoro locale, dell’anzianità e delle condizioni del lavoratore, del comportamento delle parti anteriore al licenziamento.
Nuovi termini per contestare il licenziamento (art.32)
L’articolo 32 del “collegato lavoro” modifica la disciplina in materia di licenziamento individuale di cui all’art. 6 della legge n.604/1966, con l’obiettivo di rendere più certe le posizioni giuridiche soggettive che potrebbero essere oggetto di controversia giudiziaria.
Viene infatti introdotto, oltre al già esistente termine di 60 giorni per l’impugnazione (anche stragiudiziale) del licenziamento, un ulteriore termine decadenziale di 270 giorni entro il quale il lavoratore deve – a pena di inefficacia dell’impugnazione stessa
– depositare il ricorso nella cancelleria del tribunale o comunicare alla controparte la richiesta di tentativo di conciliazione o di arbitrato. Viene fatta salva la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.
In sostanza il lavoratore per contestare il licenziamento deve:
• entro 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento (o dalla notificazione dei motivi se non contestuale) impugnarlo con qualunque atto scritto;
• entro i successivi 270 giorni promuovere l’azione giurisdizionale ovvero il tentativo di conciliazione o arbitrato, pena la sua incontestabilità successiva (in precedenza l’azione poteva essere promossa entro il limite prescrizionale quinquennale previsto dall’art. 1442 del codice civile nelle ipotesi di annullabilità o, addirittura, senza limiti di tempo nelle ipotesi di nullità
o inefficacia del recesso).
Non è chiaro dalla formulazione della norma se il termine di 270 giorni per promuovere l’azione giudiziaria (o la conciliazione o l’arbitrato) decorra dal 60° giorno dal licenziamento (termine ultimo per l’impugnazione stragiudiziale), ovvero dalla data eventualmente precedente in cui il lavoratore ha effettivamente impugnato con atto scritto il licenziamento.
Estensione dei termini di impugnazione (art.32, c.3)
Il meccanismo del doppio termine (60 e 270 giorni), oltre che in tutte le ipotesi di invalidità del licenziamento (mentre è esclusa dal termine di decadenza l’ipotesi di licenziamento inefficace per vizio di forma in quanto intimato verbalmente, essendo stato eliminato in sede di rilettura parlamentare il riferimento, prima previsto espressamente, ai casi di inefficaci). si applica anche alle ipotesi di:
a) licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto;
b) recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto;
c) trasferimento del lavoratore ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile;
d) azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro a tempo determinato, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del d.lgs. n. 368/2001;
e) cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile;
f) costituzione o accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto, compresa l’ipotesi della somministrazione illecita ai sensi dell’art. 27 del d.lgs. n.276/2003.
Anche la formulazione della norma in commento (art. 32) solleva dubbi interpretativi soprattutto con riferimento alla sua applicabilità ai rapporti di lavoro a termine instaurati con operai agricoli (OTD) ai quali, come noto, non si applicano gli articoli 1, 2 e 4 del d.lgs. 368/2001, ai sensi di quanto previsto dall’art. 10 del medesimo decreto.
In altre parole, essendo “libera” l’apposizione del termine nei rapporti di lavoro con gli operai agricoli (e dunque non soggetta alla forma scritta, all’individuazione della causale, ai limiti di proroga, etc.) non è ipotizzabile l’illegittimità del termine apposto ai sensi dell’art.1 (forma scritta e causale), 2 (trasporto aereo e marittimo) e 4 (proroga) del d.lgs. 368/2001.
Tuttavia la disposizione in questione pare avere una vocazione generale, soprattutto se si fa riferimento alle ipotesi di cui alla lettera a) che attengono a cessazioni del rapporto che presuppongono, genericamente, la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro stesso ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto.
Si consideri peraltro che la valenza generale della normativa in commento sembra essere confermata anche dall’estensione della nuova disciplina dei termini in materia di licenziamento addirittura a rapporti di lavoro di carattere non subordinato, quali le collaborazioni coordinate e continuative, nonché ai rapporti a tempo determinato instaurati ai sensi di disposizioni legislative antecedenti al d.lgs. 368/2001; sembrerebbe, quindi, ragionevole ritenere che le disposizioni in questione possano trovare applicazione anche con riferimento ai rapporti di lavoro a termine instaurati con operai agricoli. Pertanto – se tale interpretazione dovesse essere confermata – l’operaio agricolo a tempo determinato che intendesse contestare la qualificazione del rapporto di lavoro ovvero la legittimità del termine apposto al contratto, dovrebbe rispettare il doppio termine sopra indicato, effettuando l’impugnazione con atto scritto entro 60 giorni dalla cessazione del rapporto e promuovendo l’azione giudiziaria (o il tentativo di conciliazione o di arbitrato) nei successivi 270 giorni.
Da sottolineare infine che le nuove regole in materia di termini per l’impugnazione del licenziamento si applicano anche ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del d.lgs. n. 368/2001, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del “collegato lavoro” ovvero stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al d.lgs. n. 368/2001, e già conclusi alla data di entrata in vigore del “collegato lavoro”.
A tal proposito si segnala che il cd. mille proroghe (art. 2, c. 54, legge n.10/2011) ha introdotto un correttivo alla previsione originaria del “collegato lavoro”, prevedendo che in sede di prima applicazione, le disposizioni relative al termine di 60 giorni per l’impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011.
Indennità in caso di conversione del contratto a termine (art.32)
L’art. 32 contiene inoltre alcune previsioni in materia di indennità riconosciute dal giudice in caso di accertamento dell’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro e quindi di conversione di un contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato.
Al criterio giurisprudenziale del risarcimento del danno pari alle retribuzioni non percepite, il comma 5 dell’articolo in commento sostituisce infatti la regola che fissa il risarcimento a favore del lavoratore in una misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo per la quantificazione ai criteri indicati dall’ art. 8 della legge n.604/1966 (numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’impresa, anzianità di servizio del prestatore di
lavoro, comportamento e condizioni delle parti). Si noti che l’indennità (da 2,5 a 12 mensilità) è più favorevole di quella prevista ordinariamente dall’art. 8 della legge n. 604/1966 per il caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo (da 2,5 a 6 mensilità; anche se la misura massima è elevabile fino a 10 mesi in caso di anzianità superiore a 10 anni e fino a 14 mesi in caso di anzianità superiore a 20 anni. In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità di conversione è ridotto alla metà.
Tale indennità è omnicomprensiva ed assorbe dunque qualsiasi altra tipologia di danno che sia eventualmente scaturita dall’apposizione del termine.
Le norme sulle conseguenze dell’illegittimità del termine trovano applicazione anche per le controversie pendenti alla data di entrata in vigore del “collegato lavoro”.
IV_- MERCATO DEL LAVORO
Agenzie per il lavoro (art. 48, c.1-3)
L’art. 48 del “collegato lavoro” apporta rilevanti modifiche alla disciplina dell’attività di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro svolta da soggetti privati, con particolare riferimento alle associazioni di rappresentanza dei datori e dei prestatori di lavoro e agli enti bilaterali.
Per comprendere appieno la portata di tale innovazione, occorre ricordare che la cosiddetta legge Biagi (d.lgs. 276/2003) – al fine di ampliare al massimo le occasioni di collocamento – aveva introdotto nel nostro ordinamento le “Agenzie per il lavoro”, ossia degli operatori privati che possono svolgere attività di servizi per l’impiego in precedenza riservate al monopolio pubblico, quali l’intermediazione, la ricerca e selezione, il supporto alla ricollocazione e la somministrazione di lavoro.
Per l’esercizio di tali attività la legge richiedeva rigorosi requisiti giuridici e finanziari, nonché il rilascio di un’apposita autorizzazione amministrativa da parte del Ministero del lavoro (o della regione territorialmente competente qualora l’ambito di attività sia regionale con conseguente iscrizione all’Albo unico nazionale delle Agenzie per il lavoro (Sezione 6 – Regimi particolari di autorizzazioni) presso il Ministero del lavoro.
La legge Xxxxx aveva previsto tuttavia un particolare regime di autorizzazione con requisiti ridotti e semplificati per gli enti bilaterali e per le associazioni datoriali o quelle sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che intendano svolgere l’attività di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro (che si concretizza nelle seguenti attività: raccolta curricula; preselezione e costituzione banca dati; incontro tra domanda e offerta di lavoro; effettuazione comunicazioni d’assunzione; orientamento professionale e formazione per l’orientamento al lavoro).
Con l’obiettivo di facilitare e semplificare ulteriormente l’esercizio dell’attività di intermediazione da parte dei soggetti sindacali, il “collegato” stabilisce ora che le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché gli enti bilaterali, possono espletare l’attività di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro “anche per il tramite delle associazioni territoriali e delle società di servizi controllate”.
Al riguardo il Ministero del lavoro, con circolare del 13 gennaio 2011, ha chiarito che in tale accezione vanno ricompresi anche i Patronati e i Centri di assistenza fiscale, quali articolazioni territoriali delle organizzazioni sindacali.
Viene inoltre introdotta la possibilità di svolgere attività di intermediazione anche per:
• le associazioni in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o regionale e aventi come oggetto la tutela, l’assistenza e la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro, della formazione o delle disabilità;
• i gestori di siti internet, a condizione che svolgano la predetta attività senza finalità di lucro.
Tutti i predetti soggetti (associazioni datoriali, associazioni sindacali, enti bilaterali, associazioni di assistenza e promozione,
gestori di siti internet) sono autorizzati allo svolgimento della attività di intermediazione a condizione che comunichino preventivamente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali l’avvio dello svolgimento dell’attività di intermediazione, autocertificando, ai sensi del T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (d.P.R. n. 445/2000), il possesso dei requisiti richiesti.
Per l’esercizio dell’attività di intermediazione, gli enti bilaterali e le associazioni datoriali o sindacali che intendono svolgere le predette attività di intermediazione sono assoggettati ad un regime particolare con requisiti ridotti e semplificati rispetto alla generalità degli altri soggetti.
In particolare i requisiti “semplificati” richiesti sono i seguenti:
• assenza di condanne penali, anche non definitive, in capo agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti muniti di rappresentanza;
• nel caso di soggetti polifunzionali, non caratterizzati da un oggetto sociale esclusivo, presenza di distinte divisioni operative, gestite con strumenti di contabilità analitica, tali da consentire di conoscere tutti i dati economico-gestionali specifici;
• l'interconnessione con la Borsa continua nazionale del lavoro attraverso il raccordo con uno o più nodi regionali, nonché l'invio alla autorità concedente di ogni informazione strategica per un efficace funzionamento del mercato del lavoro.
Somministrazione di lavoro (art. 48, c.4-5)
Il comma 4 dell’art. 48 del “collegato lavoro” apporta modifiche alla disciplina in materia di formazione e sostegno al reddito dei lavoratori assunti con contratto di somministrazione. In particolare viene previsto che:
• le risorse gestite dai fondi bilaterali per i lavoratori in somministrazione possono essere utilizzate non solo per iniziative di formazione e riqualificazione professionale ma anche per misure di carattere previdenziale e di sostegno al reddito rivolte a lavoratori assunti con contratto di somministrazione a tempo determinato, lavoratori precedentemente assunti con contratto
di somministrazione, soggetti non ancora assunti ma potenziali candidati all’assunzione (limitatamente agli interventi formativi);
• gli interventi realizzati dai fondi bilaterali per i lavoratori in somministrazione, in mancanza di indicazioni da parte del contratto collettivo nazionale di lavoro delle imprese di somministrazione possono essere stabiliti direttamente dai fondi stessi (in precedenza: dal Ministero del lavoro con apposito decreto);
• il Ministero del lavoro approva un apposito documento contenente le regole stabilite da ciascun fondo bilaterale per i lavoratori in somministrazione per il versamento dei contributi e per la gestione, il controllo, la rendicontazione e il finanziamento degli interventi;
• in caso di omissione, anche parziale, dell’apposito contributo del 4% (della retribuzione corrisposta) al fondo bilaterale per i lavoratori in somministrazione, il datore di lavoro dovrà corrispondere – oltre al contributo omesso e alla sanzione amministrativa – gli interessi maggiorati del 5%;
• in caso di mancato rispetto, da parte dei beneficiari delle misure finanziate dal fondo bilaterale per i lavoratori in somministrazione, del regolamento del fondo stesso, il finanziamento richiesto/ottenuto verrà negato, revocato o ridotto e riutilizzato per ulteriori iniziative;
• le agenzie di somministrazione possono derogare alle norme sul trattamento economico e normativo previste dalla legge Biagi per i lavoratori in somministrazione, esclusivamente in presenza di apposita convenzione con comuni, province, regioni, agenzie tecniche del Ministero del lavoro nell’ambito di specifici programmi di formazione, inserimento e
riqualificazione professionale di lavoratori svantaggiati.
Collaborazioni occasionali rese per servizi di cura e assistenza alla persona (art. 48, c7)
Il comma 7 dell’art. 48 del “collegato”, novellando l’art. 61, c.2, del d.lgs. 276/2003, inserisce tra le cosiddette “mini collaborazioni” le prestazioni occasionali rese, nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, per una durata non superiore a 240 ore, con lo stesso committente nel medesimo anno solare.
Resta fermo che anche tale tipologia di collaborazione occasionale non deve superare i 5.000 euro di compenso.
Apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione (art. 48, c.8)
Come noto la legge finanziaria per il 2007 (art. 1, c. 622, legge n. 296/2006) ha stabilito che l'istruzione impartita per almeno 10 anni è obbligatoria ed è finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età.
Il comma 8 dell’art. 48 del “collegato lavoro” prevede la possibilità che il predetto obbligo di istruzione si assolva anche nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione di cui all’art. 48 del d.lgs. 276/2003, previa intesa tra i Ministeri del lavoro e dell’istruzione e le regioni, sentite le parti sociali.
Clausole generali e certificazione del contratto di lavoro (art. 30)
L’art. 30 del “collegato lavoro” detta alcune norme che mirano a definire e limitare i poteri discrezionali dei giudici del lavoro e a promuovere e rilanciare la cd. certificazione dei contratti introdotta dalla legge Biagi (d.lgs. 276/2003).
Il comma 1 dell’art. 30, recependo un consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di poteri di accertamento in sede giudiziaria, precisa che il giudice del lavoro non può effettuare valutazioni di merito e/o di opportunità riguardo alle scelte organizzative del datore di lavoro. Viene infatti previsto che l’interpretazione del giudice delle clausole generali contenute nelle disposizioni di legge in materia di diritto del lavoro – ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, di esercizio dei poteri datoriali, di trasferimento d’azienda e di recesso – deve limitarsi “all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente”.
Il comma 2 dell’art. 30 prevede inoltre che qualora un contratto di lavoro sia “certificato” da un’apposita commissione ai sensi del titolo VIII del d.lgs. n.276/2003, il giudice – nella qualificazione del rapporto e nell’interpretazione delle relative clausole – non può discostarsi dalle valutazioni delle parti, salvo il caso di erronea qualificazione dello stesso, di vizi del consenso o di difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione.
Sempre in tema di certificazione il comma 4 dell’art. 30 modifica l’art. 75 del d.lgs. 276/2003 e – recependo una precedente interpretazione estensiva del Ministero del lavoro (Cfr. Interpello Ministero del Lavoro n.81/2009) – definisce in termini più ampi l’ambito di applicazione della certificazione, prevedendo che essa può riguardare tutti i “contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro”.
V - MISCELLANEA
Deleghe al governo
Il “collegato lavoro” contiene alcune deleghe al Governo per la revisione di importanti norme in materia di:
• lavori usuranti (art.1): entro 3 mesi dall’entrata in vigore della legge il Governo è autorizzato ad emanare uno o più decreti legislativi di riassetto normativo per permettere ai lavoratori dipendenti che svolgono particolari attività e lavori considerati
usuranti, di conseguire, a domanda, il diritto a pensionamento anticipato con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti;
• enti vigilati dal Ministero del lavoro (art.2): entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge il Governo è autorizzato ad emanare uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione degli enti, istituti e società vigilati dal Ministero del lavoro e dal
Ministero della salute, e per ridefinizione del rapporto di vigilanza, ferma restando la loro autonomia di ricerca e le funzioni attribuite;
• congedi, aspettative e permessi (art.23): entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge il Governo è autorizzato ad emanare uno o più decreti legislativi per riordinare la normativa vigente in materia di congedi, aspettative e permessi comunque
denominati. L’intervento dovrà operare il coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti in materia nonché ispirarsi ai principi di semplificazione e razionalizzazione al fine di dare organicità e coerenza alla materia. Nella redazione dei decreti i Ministeri competenti dovranno sentire le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
• ammortizzatori sociali e occupazione (art.46): entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge il Governo è autorizzato ad emanare uno o più decreti legislativi per riformare la normativa in materia di ammortizzatori sociali, servizi per l’impiego, incentivi all’occupazione, apprendistato e occupazione femminile.
Le deleghe dovranno essere esercitate dal Governo, attraverso l’emanazione di appositi decreti legislativi delegati, nel rispetto di criteri e principi direttivi fissati per le diverse materie dal medesimo “collegato lavoro”.
Permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità (art. 24)
L’art. 24 del “collegato lavoro” detta una nuova disciplina dei permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazioni di gravità.
L’INPS con la circolare n. 45 del 1 marzo 2011 ha fornito alcuni chiarimenti e precisazioni (fornendo un quadro riepilogativo sulla disciplina) sull’articolo 33 della legge 104 del 1992 in seguito alla entrata in vigore della legge 183/2010. Con l’articolo 24 sopra citato sono state introdotte alcune nuove disposizioni circa i permessi retribuiti a favore dei dipendenti che assistono familiari con grave disabilità.
In base alla nuova normativa viene previsto che abbiano diritto ai permessi retribuiti per assistenza di un soggetto in situazione di grave disabilità:
- il coniuge, i parenti e gli affini entro il secondo grado( non più il terzo come nella disciplina previgente), ossia genitori, figli, nonni, fratelli, sorelle nipoti ecc. ecc.;
- solamente in caso di particolari condizioni le agevolazioni potranno essere estese ai parenti e affini di 3 grado;
- le eccezioni per cui il citato articolo 24 prevede l’estensione del diritto sono rappresentate dai casi in cui le categorie di soggetti (legittimati) sopra menzionati a) abbiano compiuto il 65esimo anno di età; b) siano affetti da patologie invalidanti; c) siano deceduti o mancanti (ad esempio situazioni di divorzio, separazione legale, abbandono, purchè certificate dall’autorità giudiziaria o altra pubblica autorità).
Per l’assistenza del figlio di età inferiore a 3 anni in situazione di grave disabilità, i genitori potranno scegliere di fruire, ad avvenuta fruizione del congedo di maternità e congedo parentale ordinario, alternativamente del prolungamento del congedo parentale retribuito fino al terzo anno di vita del bambino, oppure di due ore di permesso giornaliero, o di tre giorni interi di permesso al mese.
Ancora si precisa che la persona in condizioni di grave disabilità non potrà più essere assistita da più richiedenti i permessi; pertanto, nel caso in cui i permessi in argomento siano stati già accordati a più dipendenti per la stessa persona da assistere, quest’ultima dovrà dichiarare da quale fra tali soggetti voglia farsi assistere.
Ai fini del riconoscimento dei permessi retribuiti in questione, sarà necessario che la persona con grave disabilità non sia ricoverata a tempo pieno presso strutture ospedaliere o simili (pubbliche o private) che assicurano assistenza sanitaria continuativa.
Il lavoratore ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere in situazione di grave disabilità.
Viene prevista la decadenza dal diritto alle agevolazioni in caso di accertamento di insussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa in materia.
Ai dipendenti in regime di tempo parziale i permessi in argomento, se fruiti nella modalità oraria, spettano in misura corrispondente alla percentuale di riduzione dell’orario di lavoro nel caso di part- time orizzontale, mentre nel caso di part - time verticale spettano per intero (18 ore mensili).
Certificati di malattia (art. 25)
A decorrere dal 1° gennaio 2010 ai dipendenti da aziende private si applicano le seguenti disposizioni in materia di rilascio e trasmissione dell’attestazione di malattia vigenti nel pubblico impiego (art. 55-septies del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165):
• se la malattia si protrae per più di 10 giorni, l’assenza deve essere giustificata esclusivamente mediante certificato medico rilasciato da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale;
• dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare (a prescindere dalla durata della malattia stessa) l’assenza deve essere giustificata esclusivamente mediante certificato medico rilasciato da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale;
• il certificato medico è inviato in via telematica direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria che lo rilascia all’INPS che, a sua volta lo rende immediatamente disponibile per via informatica al datore di lavoro interessato ( circ. INPS n. 60 del 16.04.2010).
Con tali disposizioni è stato dunque uniformato il regime legale del rilascio e della trasmissione dei certificati in caso di assenza per malattia per i dipendenti pubblici e per quelli privati, ivi compresi gli aspetti sanzionatori.
Con la circolare congiunta n. 4 del 18.03.2011 la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero del lavoro hanno fornito le indicazioni operative per l’attuazione delle nuove disposizioni.
In tutti i casi di assenza per malattia la certificazione medica è inviata all’INPS per via telematica direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria, secondo le modalità stabilite per la trasmissione telematica dei dati delle certificazioni di malattia dal decreto congiunto (Ministeri della salute, del lavoro e dell’economia) del 26.02.2010. Le attestazioni di malattia ricevute sono immediatamente inoltrate per via telematica dal predetto Istituto al datore di lavoro interessato.
Il lavoratore può richiedere al medico il numero di protocollo del certificato nonché copia cartacea del certificato stesso.
L’invio telematico del certificato effettuato dal medico soddisfa l’obbligo del lavoratore di recapitare l’attestazione di malattia, ovvero di trasmetterla tramite raccomandata A/R, al proprio datore di lavoro entro 2 giorni lavorativi successivi all’inizio della malattia.
Resta fermo l’obbligo del lavoratore di segnalare tempestivamente al datore di lavoro la propria assenza e l’indirizzo di reperibilità, qualora diverso dalla residenza o domicilio abituale, per i successivi controlli medico-fiscali. Il lavoratore avrà l’obbligo, qualora espressamente richiesto dal datore di lavoro, di fornire il numero di protocollo identificativo del certificato di malattia comunicatogli dal medico.
Qualora il medico sia impossibilitato a trasmettere telematicamente il certificato e ne rilasci copia cartacea al lavoratore, questi presenta l’attestazione al datore di lavoro e, ove previsto, all’INPS secondo le modalità tradizionali.
L’INPS mette a disposizione del datore di lavoro il certificato di malattia mediante il portale internet dell’Istituto (accessibile anche per il tramite degli intermediari abilitati) ovvero tramite invio per posta elettronica.
La circolare prevede inoltre un periodo transitorio di tre mesi (a far data dalla pubblicazione della circolare stessa) nel quale è riconosciuta comunque la possibilità per il datore di lavoro privato di richiedere al proprio lavoratore l’invio, secondo le modalità attualmente vigenti, della copia cartacea dell’attestazione di malattia rilasciata dal medico al momento dell’invio telematico della certificazione di malattia ovvero scaricata dal sito internet dell’Istituto.
CAPITOLO 3 – L’ORARIO DI LAVORO
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 192 del 17 agosto 2004 è stato pubblicato il d.lgs 19 luglio 2004, n. 213, recante “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 in materia di apparato sanzionatorio dell’orario di lavoro”.
Vediamo in sintesi le principali novità, valevoli anche per il comparto agricolo.
Comunicazione in caso di superamento delle 48 ore: Il termine per effettuare la comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro – settore ispezione in caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale da parte di imprese che occupino più di dieci dipendenti, è stato portato a trenta giorni dalla scadenza del periodo di riferimento (di norma quattro mesi rivedibili a sei o a dodici dalla contrattazione collettiva).
Ferie: Nel confermare in quattro settimane il periodo minimo di ferie annuali riconosciute al lavoratore, il decreto legislativo precisa, a modifica delle norme precedenti, che almeno due settimane vanno godute nel corso dell’anno di maturazione, mentre le restanti due settimane possono essere fruire nel corso dell’anno di maturazione debbono essere consecutive nel caso in cui il lavoratore lo richieda. Nulla è modificato relativamente ai limiti alla monetizzazione delle ferie non godute (possibile solo per i giorni di supero delle quattro settimane).
Visite mediche ai lavoratori notturni: Il d.lgs. n. 66 del 2003 prevedeva una valutazione obbligatoria dello stato di salute del lavoratore in caso di adibizione al lavoro notturno.
Il decreto legislativo correttivo precisa che la valutazione dello stato di salute deve avvenire:
− a cura e spese del datore di lavoro;
− per il tramite delle competenti strutture sanitarie pubbliche o per il tramite del medico competente ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 626 del 1994;
− attraverso controlli preventivi e periodici almeno ogni due anni.
Il decreto legislativo ha introdotto una serie di sanzioni di carattere penale o amministrativo.
Divieto di adibire le lavoratrici madri al lavoro notturno: La violazione del divieto di adibire le donne in stato di gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino al lavoro notturno dalle ore 24,00 alle ore 06,00 è punita con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 516 euro a 2.582 euro.
La medesima sanzione si applica in caso di adibizione al lavoro notturno, nonostante esplicito dissenso scritto e comunicato al datore di lavoro almeno 24 ore prima dell’inizio della prestazione, delle lavoratrici madri con figli di età inferiore a tre anni (elevabili a dodici nel caso di genitore unico affidatario del minore), nonché dei lavoratori con a carico un soggetto disabile ai sensi della legge n. 104 del 1992.
Valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni: La violazione dell’obbligo di sottoporre i lavoratori notturni a preventivi e periodici controlli medici presso le competenti strutture sanitarie pubbliche o il medico competente ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 626 del 1994 è punita con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 1.549 euro a 4.131 euro.
Durata massima dell’orario di lavoro: La violazione del divieto di superare le 48 ore settimanali di lavoro orario inteso quale durata media calcolata con riferimento ad un periodo non superiore a quattro mesi (elevabile a sei o dodici mesi dalla contrattazione collettiva) è punita con la sanzione amministrativa da 130 euro a 780 euro per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisca la violazione.
L’infrazione si concretizza solo quando al termine del periodo di riferimento la media settimanale delle ore di lavoro eseguite superi le 48. Pertanto, il superamento delle 48 ore di lavoro settimanale per una o più settimane non comporta l’applicazione di alcuna sanzione qualora nelle altre settimane del periodo di riferimento il maggiore orario svolto venga compensato con un numero di ore inferiore al predetto limite, e tale da far rientrare la media complessiva del periodo in 48 ore settimanali.
Ferie: La violazione dell’obbligo di concedere al lavoratore un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane, di cui almeno due da godere nel corso dell’anno di maturazione e le restanti due nei diciotto mesi successivi al termine dell’anno di maturazione, è punita con la sanzione amministrativa da 130 euro a 780 euro per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisca la violazione.
Riposo giornaliero e settimanale: La violazione dell’obbligo di concedere al lavoratore undici ore di riposo giornaliero (consecutivo ogni 24 ore) e dell’obbligo di concedere al lavoratore un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive ogni sette giorni, di regola in coincidenza con la domenica (riposo settimanale), è punita con la sanzione amministrativa da 105 euro a 630 euro.
Comunicazione in caso di superamento delle 48 ore: La violazione dell’obbligo di effettuare la comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro – settore ispezione in caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale da parte di imprese che occupino più di dieci dipendenti, è punita con la sanzione amministrativa da 103 euro a 200 euro.
Orario normale di lavoro e straordinario: È soggetta alla sanzione amministrativa da 25 euro a 154 euro la violazione delle disposizioni concernenti:
− la durata dell’orario normale di lavoro, fissata dalla legge in 40 ore settimanali;
− la durata massima del lavoro straordinario fissata dalla legge in 250 ore annuali, in difetto di disciplina collettiva applicabile;
− le modalità di computo (a parte) e di pagamento (con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi) del lavoro straordinario.
Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata per più di 50 giornate lavorative nel corso dell’anno solare, la sanzione amministrativa va da 154 euro a 1.032 euro e non è ammesso il pagamento in misura ridotta.
Durata del lavoro notturno: Per la violazione delle disposizioni concernenti la durata massima del lavoro notturno – che, di norma, non può superare le otto ore in media nelle 24 ore – è prevista la sanzione amministrativa da 51 euro a 154 euro, per ogni giorno e per ogni lavoratore adibito al lavoro di notte oltre i limiti previsti. Dal 24 novembre 2010 sono entrate in vigore le sanzioni come precisate nel capitolo “Collegato lavoro”.
CAPITOLO 4 – VOUCHER
Lavoro occasionale di tipo accessorio (voucher).
Con circolare n.81 del 31 luglio 2008, l’INPS, con messaggio del 06/08/2008, aveva diramato le indicazioni operative per l’avvio della sperimentazione del lavoro occasionale di tipo accessorio (cosiddetto “voucher”) per la vendemmia dello scorso anno 2008, prodromica poi all’allargamento a tutte le attività stagionali agricole.
La circolare INPS al riguardo prevedeva in sintesi:
✓ Il ricorso a prestazioni occasionali di tipo accessorio è previsto in favore di tutte le imprese agricole.
✓ Le prestazioni occasionali di tipo accessorio si intendono valide solo si effettuate da studenti e pensionati, l’importo massimo dei buoni prepagati (voucher) che ogni singola azienda può utilizzare nell’anno non può superare i 10.000,00 euro; ogni prestatore, studente o pensionato, non può percepire dalla stessa azienda agricola committente buoni per un valore superiore a 5.000,00 euro annui.
Al riguardo della figura dello “studente”, con la legge di sperimentazione del lavoro occasionale di tipo accessorio in occasione delle vendemmie 2008, D.L. n. 112 del 25 giugno 2008, all’art. 22, comma 1, lettera f, si definiscono “studenti” i “… giovani con meno di 25 anni di età, regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso le università o un istituto scolastico di ogni ordina e grado”.
✓ Il valore di ciascun buono è di 10,00 euro, di cui 7,5 euro vanno al prestatore ed il resto agli enti previdenziali ed assicurativi, nonché al concessionario (il valore del buono non è orario e pertanto il compenso per la complessiva prestazione dovrà essere raggiunto direttamente tra le parti).
✓ Il buono prepagato può essere telematico oppure cartaceo; i buoni telematici possono essere utilizzati dalla data di pubblicazione della circolare; i buoni cartacei sono invece in distribuzione presso tutte le sedi provinciali INPS, in carnet da cinque voucher i buoni cartacei possono essere ritirati presso le sedi INPS direttamente dall’impresa interessata, o tramite la propria associazione di categoria, previo pagamento di un bollettino di conto corrente postale.
Per evitare le più complesse procedure telematiche (in primis il preventivo accredito anagrafico dei prestatori e le registrazioni dei committenti) si consiglia l’utilizzo dei buoni secondo le procedure del “voucher cartaceo”.
Le procedure previste dall’INPS sono in specie le seguenti:
1) Acquisto dei buoni cartacei da parte del committente.
I committenti interessati all’utilizzo del buono cartaceo possono ritirare i carnet di buoni (voucher),
a) su tutto il territorio nazionale, presso le sedi provinciali INPS, esibendo la ricevuta di avvenuto pagamento dell’importo relativo sul conto corrente postale 89778229 intestato ad INPS DG LAVORO OCCASIONALE ACC;
b) nelle sole regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia presso uffici postali selezionati, a fronte di pagamento del relativo importo presso lo stesso sportello postale.
Il ritiro dei buoni da parte dei committenti/datori di lavoro può avvenire, presso le sedi provinciali INPS - con le stesse modalità di pagamento indicate al punto a) - anche per il tramite delle Associazioni rappresentative dei datori di lavoro agricoli, firmatarie del CCNL di settore, fornite di delega da parte dei singoli datori di lavoro, onde consentire all’Istituto l’identificazione degli effettivi utilizzatori dei buoni.
All’uopo si acclude apposita delega (Allegato 1).
2) Comunicazione preventiva a cura del committente.
Prima dell’inizio delle attività di vendemmia col voucher cartaceo, i committenti (aziende agricole) devono effettuare la comunicazione preventiva verso l’INAIL, attraverso
• il contact center Inps/Inail (numero gratuito 803.164),
• il numero di fax gratuito INAIL 800.657657,
indicando, oltre ai propri dati anagrafici e codici fiscali,
• l’anagrafica di ogni prestatore ed il relativo codice fiscale,
• il luogo dove si svolgerà la prestazione,
• la date presunte di inizio e di fine dell’attività lavorativa; in caso di spostamento delle suddette date, dovrà essere effettuata, con le stesse modalità, nuova comunicazione di variazione all’INAIL.
All’uopo si allega testo di Comunicazione (Allegato 2).
Nota Bene
E’ consigliabile, prima di utilizzare personale con il voucher, procedere alla acquisizione presso l’INPS dei carnet; successivamente prima della prestazione si dovrà effettuare la comunicazione al’INAIL (o a mezzo fax o a mezzo call center.)
3) Intestazione dei buoni utilizzati.
Il committente - prima di consegnare al prestatore i buoni cartacei che costituiscono il corrispettivo della prestazione resa (si ripete che il buono da 10,00 euro non è orario ma il compenso complessivo per ogni giornata sarà il frutto dell’accordo tra le parti) – deve provvedere ad intestarli, scrivendo su ciascun buono, negli appositi spazi, il proprio codice fiscale, il codice fiscale del prestatore destinatario, la data della relativa prestazione e convalidando il buono con la propria firma.
4) Riscossione del buono da parte del prestatore.
Il prestatore può riscuotere il corrispettivo dei buoni ricevuti presentandoli all’incasso – dopo averli convalidati con la propria firma - presso qualsiasi ufficio postale.
5) Accredito contributivo.
Le somme del Voucher sono valide per l’accredito dei contributi sulle posizioni assicurative individuali dei prestatori – lavoratori, il voucher è esente da imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato.
ALL. 1
Delega per il ritiro di voucher cartacei.
Spett.le INPS
sede di Bologna
Oggetto: Lavoro occasionale di tipo accessorio per (indicare lavorazione, es. vendemmia)
DELEGA ritiro carnet di buoni (voucher) – circ. INPS n. 81 del 31/07/2008.
Il sottoscritto …………………………………………………………………………………... titolare dell’azienda agricola
……………………………………………………………………., con sede in
………………………………………………………………………………………………… , C.F. / P.IVA
…………………………………… , in relazione alla …………………………………. (indicare lavorazione, es. vendemmia) da effettuarsi presso i fondi situati in delega al ritiro di n°
………… carnet di buoni / voucher la Associazione di appartenenza denominata Confagricoltura Bologna in persona del
…………………………………………………… funzionario / dipendente della medesima.
Si allega la copia della ricevuta di pagamento, c/c postale 8977829 intestato a INPS D.G. Lavoro occasionale accessorio. In fede
Azienda Agricola
Lì,
1) Allegato c/c pagamento
ALL. 2
Fac – simile comunicazione preventiva INAIL
Spett.le INAIL
N°fax 800.657657
Oggetto: Lavoro occasionale di tipo accessorio per …………………………………. (indicare lavorazione, es. vendemmia) Comunicazione INAIL – circ. INPS n. 81 del 31/07/08
Il sottoscritto …………………………………………………………………………………... titolare dell’azienda agricola
……………………………………………………………………., con sede in
………………………………………………………………………………………………… , C.F. / P.IVA
…………………………………… , in relazione alla …………………………………. (indicare lavorazione, es. vendemmia) da effettuarsi presso i fondi situati in Comunica ai sensi
del punto 6.3 della circolare INPS n. 81 del 31 luglio 2008 i seguenti dati:
A) DATORE DI LAVORO Dati Anagrafici
Azienda Agricola …………………………………………………………………………….., C.F / P.IVA ,
rappresentata da ………………………………………………….., nato a
…………………………….………………………………, il ………………, residente in ,
C.F ;
B) PRESTATORI
- | Signor/a | …………………………………………………………………, | nato/a | il | ………………, | a |
…………………………………………………………………………, | residente | in | ||||
…………………………………………………………………, C.F ; | ||||||
- Signor/a …………………………………………………………………, nato/a | il , | a | ||||
…………………………………………………………………………, | residente | in | ||||
…………………………………………………………………, C.F ; | ||||||
- Signor/a …………………………………………………………………, nato/a | il , | a | ||||
…………………………………………………………………………, | residente | in | ||||
…………………………………………………………………, C.F ; | ||||||
- Signor/a …………………………………………………………………, nato/a | il , | a | ||||
…………………………………………………………………………, | residente | in | ||||
…………………………………………………………………, C.F ; |
C) LUOGO DELLA PRESTAZIONE
La vendemmia 2008 è svolta sul fondo aziendale sito in
…………………………………………………………………………………………………………., via
…………………………………………………..…………………………………….…., località ……………………………………..
D) TEMPO DELLA PRESTAZIONE
La vendemmia 2008 presso il fondo di cui al precedente punto C) avrà inizio presumibilmente con la data del
…………………………. e terminerà presumibilmente al ………………………….
In fede
Azienda Agricola
Lì,
Successivamente l’INPS, con circolare n. 94 del 27 ottobre 2008, ha disciplinato con nuove modalità il lavoro occasionale di tipo accessorio in agricoltura.
La materia è disciplinata dall’art. 22 del Decreto Legge n. 112 del 25 giugno 2008, convertito in legge il 6 agosto 2008, n. 133, che ha modificato in modo sostanziale la previgente disciplina sul lavoro occasionale di tipo accessorio, di cui agli artt. 70 – 73 del D.Lgs. n. 276/2003, ampliandone il campo di applicazione (oggettivo e soggettivo) e semplificandone l’utilizzo.
Dopo la sperimentazione positiva in occasione delle vendemmie, l’INPS rende pienamente operativo il sistema di regolazione del lavoro occasionale di tipo accessorio a partire dal settore agricolo, estendendone l’applicabilità, oltre che alle vendemmie, anche alle altre attività previste dall’art. 22 del D.L. n. 112/08, convertito in legge il 6 agosto 2008, n. 133.
Pertanto, il sistema dei buoni lavoro (voucher) è pienamente operativo dal 27 ottobre 2008 con riferimento, da un lato, a tutte le attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di 25 anni di età regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso l’università o un istituto di ogni ordine e grado e, dall’altro, alle attività agricole svolte a favore dei soggetti di cui all’art. 34, comma 6, del decreto del Presidente delle Repubblica, del 26 ottobre 1972, n. 633, e cioè i produttori agricoli aventi un volume di affari annuo non superiore a € 7.000,00.
Questi i precisi confini delimitati all’applicazione del sistema del lavoro occasionale di tipo accessorio in agricoltura attraverso i buoni lavoro (voucher):
- prestazioni occasionali svolte da pensionati e giovani con meno di 25 anni di età, studenti, per le sole attività agricole stagionali in favore di aziende di qualunque dimensione;
- prestazioni occasionali svolte dalla generalità dei soggetti prestatori per la generalità delle attività agricole in favore di aziende aventi un volume di affari annuo inferiore a 7.000,00. Con riguardo al suddetto limite dei settemila euro di volume di affari, è opportuno sottolineare che trattasi di limite “dimensionale” dell’azienda, non avente quindi riferimento a regimi contabili o amministrativi diversi.
La circolare INPS introduce - al fine di semplificare sia le attività di acquisto che quelle di riscossione – un nuovo taglio di voucher con un carnet (o buono “multiplo”, equivalente a 5 voucher) del valore lordo di € 50,00 (valore netto all’incasso per il lavoratore € 37,50).
Il voucher da € 10,00 ed il buono “multiplo” da € 50,00 possono essere utilizzati anche in combinazione tra di loro per determinare l’esatto importo del corrispettivo di una prestazione di lavoro occasionale. Ad esempio: una prestazione di lavoro il cui corrispettivo ammonti ad € 70,00 potrà essere retribuita con un buono “multiplo” da € 50,00 più 2 voucher da € 10,00,oppure con 7 voucher da € 10,00.
L’INPS, in quanto concessionario, ha predisposto come già per la vendemmia due modalità di applicazione del sistema di regolazione del lavoro occasionale.
A. un processo che prevede l’accredito del corrispettivo della prestazione attraverso procedure telematiche (c.d voucher telematico). Il sistema è operativo su tutto il territorio nazionale ed utilizza una carta magnetica – tipo “bancomat” – per l’accredito del corrispettivo della prestazione.
B. un processo che prevede l’acquisto e la riscossione di buoni (voucher) cartacei. I buoni (voucher) sono disponibili per l’acquisto su tutto il territorio nazionale, presso le sedei provinciali INPS.
La riscossione dei buoni da parte dei prestatori / lavoratori può avvenire presso tutti gli uffici postali sul territorio nazionale.
Per la gestione dei buoni lavoro l’INPS ha definito numerosi canali informativi:
• Contact center INPS / INAIL (numero gratuito 803.164);
• Sedi INPS;
• Centri per l’Impiego (CIP);
• Associazioni di categoria dei datori di lavoro agricolo, firmatarie del CCNL di settore.
Si ricorda che sono previste anche le comunicazioni all’INAIL, da effettuarsi prima dell’inizio della prestazione, concernenti i
dati riferiti all’attività lavorativa affidata al prestatore. Tali comunicazioni devono intendersi riferite anche alle eventuali variazioni sopravvenute del periodo di lavoro (cessazione / nuova assunzione, con conseguente modifica del periodo di attività) che devono essere trasmesse all’INAIL sempre preventivamente rispetto all’inizio della medesima variazione.
Per tali comunicazioni l’INAIL mette a disposizione il fax. n. 800.657657.
Per il prestatore / lavoratore l’attività lavorativa di natura occasionale accessoria non può dare luogo nel corso di un anno solare a compensi superiori a € 5.000,00 da parte di ciascun singolo committente.
Si ricorda che il compenso del prestatore / lavoratore che ha svolto attività occasionale accessoria è esente da ogni imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato (D.Lgs. n. 276/03, art. 72, c. 3).
Le attività di lavoro occasionale di tipo accessorio non danno titolo a prestazioni di malattia, di maternità, di disoccupazione né ad assegno per il nucleo familiare.
Il valore nominale di ogni singolo buono o voucher è pari ad € 10,00, fermo restando che si provvederà a rendere disponibile anche un carnet, o buono “multiplo”, del valore di € 50,00 equivalente a cinque buoni non separabili.
Il valore nominale è comprensivo della contribuzione a favore della gestione separata INPS (convenzionalmente stabilita dall’art. 72, comma 4, del D.Lgs. n. 276/2003 e successive modifiche, per questa tipologia lavorativa, nell’aliquota del 13%), di quella in favore dell’INAIL (7%) e di una quota pari al 5% per la gestione del servizio.
Il valore netto del voucher da € 10,00 nominali, cioè il corrispettivo netto della prestazione, in favore del prestatore, è quindi pari ad € 7,50. Il valore netto del buono “multiplo” da € 50,00, cioè il corrispettivo netto della prestazione, in favore del prestatore, è quindi pari ad € 37,50.
Per le procedure telematiche e per il voucher cartaceo si rinvia alla circolare INPS molto didascalica sul punto.
Come si ricorderà, la Direzione Generale dell’I.N.P.S. ha emanato la circolare n. 94 del 27 ottobre 2008 con la quale ha fornito indicazioni e chiarimenti in merito all’utilizzo del lavoro occasionale di tipo accessorio (cosiddetto voucher) per tutte le attività stagionali agricole e non più solo per la vendemmia.
La legge n. 33/2009 ha radicalmente modificato la normativa della Legge Biagi in materia di lavoro occasionale di tipo accessorio.
Con la circolare n. 88 del 9 luglio 2010. la Direzione Generale dell’I.N.P.S. ha così chiarito:
- sono prestazioni di lavoro occasionale accessorio le “attività lavorative di natura meramente occasionale ed accessoria, non riconducibili a tipologie contrattuali tipiche di lavoro subordinato o autonomo”;
- il limite massimo dei compensi per tali tipologie di prestazioni (fissato a € 5.000,00 con riferimento al medesimo datore di lavoro) è considerato al netto; ciò significa che al prestatore di lavoro possono essere corrisposti voucher per un valore complessivo fino ad € 6.600,00;
- le prestazioni occasionali accessorie devono “essere svolte direttamente a favore dell’utilizzatore della prestazione, senza il tramite di intermediari”;
- per l’anno in corso, possono eseguire prestazioni occasionali di tipo accessorio i “lavoratori in cassa integrazione, anche in deroga o in mobilità nonché coloro che percepiscono trattamenti di disoccupazione ordinaria e di disoccupazione edile speciale” nel limite di € 3.000,00 ed in tutti i settori produttivi.
Per quanto riguarda le prestazioni rese nei confronti delle imprese agricole, la circolare I.N.P.S. specifica ulteriormente:
- le prestazioni occasionali di tipo accessorio possono essere rese dai pensionati, dagli studenti con meno di 25 anni di età e dalle casalinghe (soggetti che svolgono, senza vincolo di subordinazione, lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari e che non prestino attività lavorativa autonoma o dipendente in favore di terzi).
Questi soggetti non devono aver prestato lavoro subordinato in agricoltura nell’anno in corso ed in quello precedente.
E’ consigliabile, stante la mancanza di un sistema di certificazione per tale categoria di soggetti, farsi rilasciare una dichiarazione di responsabilità dal prestatore di lavoro che attesti lo status di casalinga/o, che garantisca che non si presta attività lavorativa autonoma o dipendente in favore di terzi e che non si è svolto alcun lavoro subordinato in agricoltura nell’anno in corso o in quello precedente. All’uopo, di seguito, si allega apposita dichiarazione.
- I giovani con meno di 25 anni di età regolarmente iscritti all’università o ad altro istituto scolastico possono rendere prestazioni occasionali di tipo accessorio nell’ambito di attività agricole stagionali il sabato e la domenica e durante i periodi di vacanza, compatibilmente con gli impegni scolastici.
La nuova normativa, però, non risulta chiara e di facile interpretazione: essa, infatti, prevede che gli studenti con meno di 25 anni di età ed i pensionati possano rendere prestazioni occasionali accessorie in tutti i settori produttivi, senza limiti legati alla stagionalità dell’attività, come invece stabilisce la norma speciale vigente per l’agricoltura.
Sul punto è ulteriormente intervenuto il legislatore, con la Legge Finanziaria 2010 che ha modificato l’art. 70 del X.Xxx. x. 000/0000 (x. art. 2, commi 148 e 149 della Legge n. 191/2009), al riguardo si veda la circolare INPS n. 17del 03/02/2010.
Lievi le modifiche apportate; l’attività è estesa ai maneggi e scuderie, nonché per le imprese familiari si ha un limite complessivo pari a € 10.000,00 per ogni anno fiscale; possono poi essere impiegati in via sperimentale, per il 2010, lavoratori part – time dipendenti di altri datori di lavoro e lavoratori percettori di prestazioni a sostegno del reddito (cassaintegrati e disoccupati con diritto alle indennità economica ordinaria, mobilità, trattamenti speciali, ecc…) e ciò nei limiti di € 3.000.
Come si ricorderà, l’introduzione dei voucher in agricoltura (in via sperimentale per la vendemmia 2008) era stata salutata positivamente da tutti gli operatori sia per la evidente semplificazione burocratica sia per l’opportunità di controllare il lavoro sommerso in specie nelle zone dove più eclatante è il lavoro irregolare.
Dalla sua introduzione (col D.Lgs. n° 276/2003) l’istituto del lavoro occasionale di tipo accessorio ha mutato più volte l’assetto normativo e via via ne è accresciuto l’utilizzo, ampliandosene l’ambito di applicazione ed i soggetti interessati, vedi da ultimi le norme introdotte dai commi 148 e 149 della legge n°191/2009.
Il voucher in sostanza è un buono prepagato (ticket) utilizzabile dai datori di lavoro per compensare le c.d. prestazioni occasionali di tipo accessorio; le attività sono limitate ad alcune tipologie: in particolare, le attività agricole stagionali, lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione, lavori domestici, consegne porta a porta, vendite ambulanti di stampa, insegnamento privato, parchi e monumenti, attività sportive e culturali, attività caritatevoli o solidarietà.
Nel settore agricolo possono essere occupati con i voucher collaboratori occasionali (cioè non continuativi) con rapporti accessori (e cioè non riconducibili ai normali contratti di lavoro subordinato o autonomo) per la vendemmia, potatura, raccolta di prodotti stagionali, manutenzioni di parchi e giardini, addetti alle vendite dirette e simili ecc. Il valore del “buono” è di € 10,00, può essere, di norma, incassato presso gli uffici postali, al collaboratore spettano € 7,50, mentre € 2,50 sono stornati in favore dell’I.N.P.S. (per il 13% alla gestione separata), all’I.N.A.I.L. (per il 7% per coprire gli oneri infortunistici) ed ancora all’I.N.P.S. (per il 5% a titolo di rimborso spese).
Stesse proporzioni per i voucher multipli (da 20 a 50 euro). Il valore del voucher è nominale e non corrisponde ad un’ora di lavoro; è l’accordo tra le parti a stabilire il costo orario nell’ambito del valore del voucher in rapporto alla pattuita prestazione. Il pagamento ricevuto dal collaboratore è esente da imposizione fiscale e non rileva in termini di cumulabilità reddituale.
Mentre i privati datori di lavoro possono impiegare i voucher per retribuire qualsiasi categoria di lavoratore, le aziende agricole subiscono alcune limitazioni:
- studenti: età inferiore ai 25 anni se regolarmente iscritti ad un istituto d’istruzione, in coerenza con i calendari e gli impegni scolasti;
- casalinghe: soggetti i quali svolgono normalmente lavori non retribuiti nell’ambito della famiglia e che non svolgono lavori autonomi o da dipendente in favore di terzi; il soggetto non deve aver contratto rapporti di lavoro in campo agricolo nell’anno in corso e in quello precedente; anche i soggetti di sesso maschile possono ricoprire incarichi casalinghi;
- pensionati: titolari di pensione o trattamento pensionistico in regime obbligatorio, pensione social, ecc.
Con interpello n° 16/2010 il Ministero ha, poi, chiarito come l’utilizzo dei voucher in agricoltura sia ammesso per due possibilità: da parte delle imprese agricole di qualsiasi dimensione per prestazioni svolte da pensionati, casalinghe e giovani studenti per attività stagionali; da parte dei produttori agricoli che nell’anno solare precedente hanno realizzato in volume di affari non superiore a 7 mila euro per prestazioni svolte da qualsiasi soggetto.
In queste due ipotesi, il lavoro accessorio è ammesso sino a 5 mila euro di compensi nell’anno solare con riferimento allo stesso committente.
A queste due ipotesi, secondo il Ministero, deve aggiungersene una terza, in via sperimentale per il 2009 e il 2010: quella che consente prestazioni di lavoro accessorio da parte di soggetti percettori di integrazioni salariali o di sostegno al reddito “in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, e nel limite di 3 mila euro per anno solare”.
La terza ipotesi di utilizzo dei voucher, in agricoltura, precisa il ministero, va interpretata in senso ampliativo rispetto al campo di applicazione del lavoro accessorio, poiché prevede in via transitoria (per gli anni 2008, 2009 e 2010) una disciplina di favore per i soggetti percettori di prestazioni integrative o di sostegno al reddito.
In pratica:
- i piccoli produttori agricoli (quelli con volume di affari fino a 7 mila euro) possono ricorrere ai voucher nel limite di 5 mila euro, anche da parte di lavoratori che stanno fruendo di integrazioni salariali o altri sostegni al reddito (in deroga al limite di 3 mila euro che è imposto in via generale);
- tutte le altre imprese agricole (quelle con volume di affari sopra i 7 mila euro) possono ricorrere ai voucher anche per impiegare lavoratori che stanno fruendo di integrazioni salariali o altri sostegni al reddito nel limite di 3 mila di compenso (in deroga, dunque, al vincolo della possibilità di ricorrere a prestazioni rese da pensionati, casalinghe e giovani studenti). Nessun vincolo dal part – time: il ministero ha ancora precisato che anche le imprese agricole possono fruire di prestazioni accessorie svolte da lavoratori titolari di contratto a tempo parziale, con l’unica limitazione del divieto di utilizzo da parte dello stesso datore di lavoro titolare del part – time.
L’I.N.P.S., recentemente, ha diffuso i dati di utilizzo dei voucher aggiornati al 3 settembre 2010; in pratica, a quella data i voucher hanno superato il numero degli ottomilioni. In particolare, sono stati venduti 8.102.579 buoni, di cui 7,4 milioni circa cartacei e 650mila circa per via telematica.
A fine luglio i voucher venduti erano oltre 7,3 milioni (+11 per cento). I collaboratori delle aziende che hanno usufruito dei buoni lavoro sono stati circa 150mila, il 10% stranieri.
Le vendite di voucher sono state, in senso relativo, maggiori in agricoltura (30% del totale).
Sul territorio, il maggior numero di voucher è stato venduto in Veneto (1.312.026), a ruota Xxxxxx – Romagna (1.014.804) e Lombardia (920.613).
Abbastanza deludenti i dati del sud, per il quale di fatto il voucher era stato introdotto per contrastare il lavoro irregolare: in Calabria, ad esempio, sono stati venduti 31mila voucher contro le 14mila unità di metà giugno. Analogamente in Puglia: da 74mila a 112mila buoni lavoro venduti; la Campania è passata da 62mila ad 88mila; numeri in progresso ma insufficienti se rapportati ai fabbisogni locali.
L’obiettivo, secondo il presidente dell’I.N.P.S. Xxxxxxx Xxxxxxxxxxxx, è “creare una coscienza previdenziale, soprattutto nei giovani, fondamentale dopo l’adozione del metodo contributivo”; quindi, rendere il sistema voucher “il più banale possibile”; così da indurre, sulla base “di un approccio amichevole al buon lavoro”, il maggior numero di committenti e lavoratori dei vantaggi di questa soluzione. L’attività della vendita dei buoni lavoro in tabaccheria – oggi, spiegano dall’I.N.P.S., gli esercizi che effettuano questo servizio sono 2.900; in un mese le vendite tramite questo canale sono passate da 59 a 29mila – va in questa direzione. Il prossimo passo potrebbe, secondo l’I.N.P.S., essere quello di coinvolgere nella vendita i 14mila uffici postali italiani, che per adesso effettuano la riscossione del buono lavoro cartaceo.
Per il futuro già si ipotizza la vendita di voucher anche in banca.
Come si è visto la gran parte dei voucher sono stati acquisiti con le procedure cartacee (più semplici di quelle telematiche). Recentemente è stato anche risolto il problema (proprio dei voucher cartacei) e cioè quello dei rimborsi di voucher non utilizzati. L’I.N.P.S. con messaggio n. 12082 del 04 maggio 2010 ha fornito indicazioni relative alle regolamentazione del sistema di lavoro occasionale di tipo accessorio, così come prevede l’art. 70 del decreto n. 276/2003 e successive modifiche, sulle modalità di rimborso dei voucher cartacei non utilizzati dai committenti anche in considerazione delle richieste di rimborso di buono lavoro cartacei già pervenute presso alcune sedi.
Già nella circolare n. 81/2008 era stato previsto che su tutto il territorio nazionale l’eventuale rimborso dei buoni cartacei acquistati dai datori di lavoro e non utilizzati potesse avvenire solo presso le Sedi dell’I.N.P.S.
Il datore di lavoro che abbia acquistato e non utilizzato dei buoni cartacei dovrà, infatti, consegnarli alla sede provinciale
I.N.P.S. competente, che rilascerà ricevuta e disporrà un bonifico, in favore dell’istante. Questo il controvalore rimborsabile:
• 9,50 € per il buono lavoro da 10 €;
• 19,00 € per il buono lavoro “multiplo” da 20 €;
• 47,50 € per il buono lavoro “multiplo da 50 €.
Il controvalore è determinato al netto della quota di gestione del 5% attribuita al concessionario a titolo di rimborso spese (art.
72, comma 4, D.lgs. n. 276/2003 e successive modifiche).
L’I.N.P.S., con opportuna specificazione, ha evidenziato, poi, le procedure da seguire in caso di smarrimento o furto di voucher cartacei. L’I.N.P.S. ricorda infine la contribuzione a favore di beneficiari di prestazioni integrative del salario o a sostegno del reddito: i lavoratori fruiscono all’uopo di contribuzione figurativa, legata alla prestazione di disoccupazione, mobilità o integrazione salariale che percepiscono; l’Istituto provvederà a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio. La quota di contribuzione propria del voucher (€ 1,30 per ogni buono da € 10,00) non verrà, perciò, accredita sulla posizione contributiva del lavoratore, ma andrà a ristoro del costo legato alla contribuzione figurativa. Recentemente, è stata stabilita la proroga a tutto il 2012, della possibilità – prevista in via sperimentale per gli anni 2009, 2010 e 2011 – per i titolari di rapporti di lavoro part-time e per i cassaintegrati, anche in deroga o in mobilità e disoccupati, di fornire prestazioni occasionali accessorie.
DICHIARAZIONE DI RESPONSABILITA’
Spett. le Azienda Agricola
_
_
Il/la sottoscritto/a _ , nato/a a , il
, e residente in _, Via
_ _ ,
consapevole delle responsabilità connesse alle false dichiarazioni, vista la legge del 9 aprile 2009, n° 33, vista la circolare I.N.P.S. n. 88/2009,
Attesta
a) di essere casalingo/a
b) di non prestare attività lavorativa autonoma o dipendente in favore di terzi;
c) di non aver svolto lavoro subordinato in agricoltura nell’anno in corso ed in quello precedente
_ .
Luogo, data _
In fede
MODALITA’ APPLICATIVE.
Distribuzione voucher tabaccai (punto PEA)
E' possibile acquistare e riscuotere i “buoni lavoro” presso i tabaccai aderenti all'iniziativa.
In fase di avvio, questo servizio interesserà circa tremila tabaccai in tutto il territorio nazionale, che via via aumenteranno. I rivenditori saranno individuabili tramite un’apposita vetrofania.
Attenzione: L'iniziativa è rivolta a tutti i committenti che gestiscono direttamente l'acquisto dei voucher, senza necessità di delega.
Notizie utili per l'utilizzo dei buoni lavoro acquistati in tabaccheria PEA (Punto Emissione Autorizzato). Acquisto dei Buoni Lavoro
Il committente acquista i voucher presentando al tabaccaio abilitato la propria Tessera Sanitaria definitiva oppure il tesserino del codice fiscale rilasciato dall'Agenzia delle Entrate. Per l'acquisto dei voucher (indipendentemente dal loro numero) è previsto il versamento della commissione di 1 euro al rivenditore autorizzato. E' possibile acquistare in una sola operazione fino a 1.500 € di buoni lavoro.
Modalità di comunicazione all'INPS
Prima dell'inizio della prestazione di lavoro il Committente deve comunicare il proprio codice fiscale, tipologia di committente/tipologia di attività, il dati del prestatore (nome, cognome, codice fiscale), il luogo di lavoro, la data d'inizio e fine della prestazione. Questa comunicazione vale ai fini della dichiarazione di inizio prestazione all'INAIL.
Devono essere indicati i giorni/periodi di effettiva prestazione e non l'arco temporale in cui le prestazioni si collocano. Attenzione: la mancata comunicazione all'INPS/INAIL prevede l'applicazione della maxisanzione', di cui all'art. 4, comma 1, lett. a), della Legge n.183/2010 (c.d. Collegato Xxxxxx'), come indicato nella Circolare INPS n. 157 del 7/12/2010.
I committenti e i prestatori per le comunicazioni con l' INPS possono utilizzare i seguenti canali:
1. Telefonare al Contact Center INPS-INAIL n. 803164
2. Collegarsi al sito xxx.xxxx.xx e attivare la connessione alla pagina Lavoro Occasionale.
3. Andare in una sede INPS.
Il Committente per accedere deve indicare il proprio Codice Fiscale e come password il codice di controllo indicato sulla matrice (destinata al committente) dei buoni lavoro acquistati. Il Prestatore per accedere deve indicare il proprio Codice Fiscale e come password il numero di un voucher che il Committente ha in precedenza consegnato (dopo aver comunicato i dati relativi alla prestazione).
N. B. L'operazione di comunicazione è necessaria per l'attivazione del buono lavoro, la riscossione da parte del prestatore e il corretto accredito dei contributi.
Il committente può comunicare all'INPS anche eventuali annullamenti o variazioni della prestazione relativamente ai prestatori, al periodo di inizio o fine prestazione o al luogo di svolgimento dell'attività.
I contatti con l'INPS consentono anche di:
a. Verificare se i propri dati sono registrati (da parte sia del Committente che del Prestatore)
b. Verificare il numero di voucher a disposizione (se Committente) oppure da incassare (se Prestatore)
c. Verificare quali prestazioni sono in corso, sia come Committente che come Prestatore
d. Annullare una precedente comunicazione di Inizio attività (da parte del Committente). Se l'annullamento è richiesto lo stesso giorno dell'inizio della prestazione, la comunicazione deve essere effettuata presso la sede INPS.
Riscossione dei Buoni Lavoro. E' possibile riscuotere i Buoni lavoro entro 1 anno dal giorno dell'emissione.
I Buoni Lavoro sono riscuotibili presso tutti i rivenditori autorizzati dal secondo giorno successivo alla fine della prestazione di lavoro occasionale, per un importo massimo di 500 € per operazione di riscossione. Il prestatore per riscuotere deve presentarsi con la propria Tessera Sanitaria definitiva o con il tesserino del codice fiscale rilasciato dall'Agenzia delle Entrate, per la verifica del Codice Fiscale. Effettuato il pagamento viene rilasciata un ricevuta riepilogativa di tutti i voucher che sono stati pagati al prestatore. Nei casi in cui il buono lavoro non risulti pagabile, il prestatore deve rivolgersi alla sede INPS. Se la modifica/annullamento viene richiesta prima del giorno comunicato quale inizio prestazione: può essere effettuata da Internet, Contact Center, Sede INPS. Se la modifica/annullamento viene richiesta il giorno in cui avrebbe dovuto iniziare la prestazione: può essere effettuata dal Contact Center, Sede INPS. Se la modifica/annullamento viene richiesta un giorno successivo a quello in cui avrebbe dovuto iniziare la
prestazione: può essere effettuata esclusivamente da una Sede INPS
Rimborso dei Buoni Lavoro
Se il Committente non utilizza i buoni lavoro acquistati, può chiedere il rimborso presso le sedi dell'INPS.
Furto o smarrimento
In caso di furto o smarrimento è necessario preliminarmente effettuare la denuncia alle autorità competenti. Recandosi in una sede INPS con la denuncia, il committente e il prestatore possono segnalare il furto o lo smarrimento
e ricevere assistenza.
Gli operatori del Contact Center o delle Sedi INPS assicureranno la necessaria assistenza.
Distribuzione voucher sportelli bancari (punto PEA).
E' possibile acquistare e riscuotere i “buoni lavoro” presso le Banche abilitate; il servizio di vendita e riscossione è attivo da luglio 2011 presso gli sportelli della Banca Popolare di Sondrio e dal 31 ottobre 2011 presso gli sportelli della Banca Popolare dell’Xxxxxx Xxxxxxx.
I buoni lavoro emessi dalle banche aderenti sono pagabili e rimborsabili esclusivamente all'interno del medesimo circuito bancario.
Attenzione: i committenti persone giuridiche che intendono acquistare i voucher tramite delegati devono presentare una richiesta alla sede INPS competente (compilando il modulo SC53 scaricabile dal sito xxx.xxxx.xx) che procederà all’acquisizione della delega e alla registrazione dell’abbinamento tra il delegato e il delegante. A seguito di ciò il delegato potrà acquistare i voucher per conto del delegante presso gli sportelli bancari. Compilando il modulo indicato (SC 53) è
possibile anche chiedere una delega da parte di un committente persona fisica (titolare, ad esempio, di una impresa individuale) per una persona fisica.
Acquisto dei Buoni Lavoro.
Il committente acquista i voucher presentando presso lo sportello bancario il proprio codice fiscale (mediante Tessera Sanitaria definitiva o tesserino del codice fiscale rilasciato dall'Agenzia delle Entrate). Per l'acquisto dei voucher (indipendentemente dal loro numero) è dovuta una commissione di 1 Euro da versare allo sportello bancario in fase di emissione. I buoni lavoro sono disponibili con il valore di 10 Euro o in formato ‘multiplo’ fino ad un valore di 500 Euro. E' possibile acquistare in una sola operazione fino a 5.000 Euro di buoni lavoro
Modalità di comunicazione con l'INPS.
I committenti ed i prestatori per tutte le comunicazioni con l' INPS possono: telefonare al Contact Center INPS al numero 803164; collegarsi al sito xxx.xxxx.xx attivando la connessione alla pagina Lavoro Occasionale / Accesso ai servizi; recarsi presso le sedi dell’INPS.
Dichiarazione di prestazione lavorativa all'INPS.
Prima dell'inizio della prestazione di lavoro il Committente, ovvero il delegato, deve comunicare all’INPS (contattando il numero verde 803164 o recandosi presso le sedi INPS o collegandosi al sito xxx.xxxx.xx): il proprio codice fiscale (riportato sul voucher buono lavoro), la tipologia di committente, la tipologia di attività, i dati del prestatore (nome, cognome, codice fiscale), il luogo di lavoro, la data d'inizio e fine della prestazione.
Tale comunicazione vale ai fini della dichiarazione di inizio prestazione all'INAIL.
L'operazione di dichiarazione di prestazione lavorativa è necessaria sia per la dichiarazione di inizio prestazione all'INAIL, sia per la riscossione dei buoni da parte del prestatore ed il corretto accredito dei contributi relativi.
Con riferimento alla durata della prestazione, devono essere indicati i giorni/periodi di effettiva prestazione e non l'arco temporale in cui le prestazioni si collocano. In particolare il committente deve effettuare la dichiarazione di inizio prestazione all’INPS, tenendo presente che: le prestazioni svolte dallo stesso prestatore, vanno inserite senza sovrapposizione di periodi; le prestazioni devono essere comunicate in ordine cronologico, sulla base della data di fine prestazione sia nel caso facciano riferimento ad un unico prestatore, sia nel caso in cui i prestatori coinvolti siano più d’uno. Nel caso di più acquisti di buoni lavoro presso gli sportelli bancari abilitati, la data di inizio della prestazione deve essere sempre successiva a quella dell’operazione con la quale sono stati acquistati i voucher per remunerarla.
Attenzione: la mancata comunicazione all’INPS/INAIL prevede l’applicazione della ‘maxisanzione’, di cui all’art. 4, comma 1, lett. a), della Legge n.183/2010 (c.d. ‘Collegato Xxxxxx’), come indicato nella Circolare INPS n. 157 del 7/12/2010. Qualora il Committente utilizzi il canale Internet, collegandosi al sito xxx.xxxx.xx, per accedere al Servizio deve indicare quale codice accesso il proprio Codice Fiscale e come password il codice di controllo indicato sulla matrice (destinata al committente) dei buoni lavoro acquistati. Qualora sia il Prestatore ad utilizzare il canale Internet collegandosi al sito xxx.xxxx.xx, per accedere deve indicare quale codice accesso il proprio Codice Fiscale e come password il numero di uno dei buoni lavoro ricevuti dal Committente a fine attività.
Il committente può comunicare all'INPS anche eventuali annullamenti o variazioni della prestazione relativamente ai prestatori, al periodo di inizio o fine prestazione o al luogo di svolgimento dell'attività. Le rettifiche possono essere comunicate come segue: la modifica/annullamento può essere effettuata prima del giorno comunicato quale inizio prestazione, tramite sito INPS, tramite Contact Center o presso una Sede INPS;
la modifica/annullamento può essere effettuata il giorno in cui avrebbe dovuto iniziare la prestazione tramite Contact Center o presso una Sede INPS; la modifica/annullamento può essere effettuata un giorno successivo a quello in cui avrebbe dovuto iniziare la prestazione esclusivamente presso una Sede INPS. I contatti con l'INPS consentono anche di verificare: la registrazione dei propri dati (da parte sia del Committente sia del Prestatore); il numero di buoni lavoro a disposizione (se Committente) oppure da incassare (se Prestatore); le prestazioni in corso, sia come Committente che come Prestatore.
Riscossione dei Buoni Lavoro. E' possibile riscuotere i Buoni lavoro entro un anno dal giorno dell'emissione.
I Buoni Lavoro sono riscuotibili presso gli sportelli delle banche abilitate dopo 24 ore dal termine della prestazione di lavoro occasionale. Il prestatore per riscuotere deve presentarsi con il proprio codice fiscale (Tessera Sanitaria definitiva o tesserino del codice fiscale rilasciato dall'Agenzia delle Entrate) ed un documento valido di riconoscimento.
Prima del pagamento, l’operatore di sportello controlla che i dati del prestatore corrispondano a quanto dichiarato dal Committente all’INPS.
A pagamento avvenuto viene rilasciata un ricevuta di pagamento a notifica dell’operazione svolta. Nei casi in cui il buono lavoro non risulti pagabile, il prestatore deve rivolgersi alle sedi INPS. Rimborso buoni lavoro
Il Committente può chiedere il rimborso dei buoni lavoro acquistati presso gli sportelli bancari e non utilizzati presso tutte le banche abilitate.
Furto o smarrimento dei buoni lavoro
In caso di furto o smarrimento dei buoni lavoro, è necessario che il Commitente o il Prestatore effettuino denuncia alle autorità competenti. La denuncia deve essere presentata presso le sedi INPS che provvedono a stampare ‘duplicati’ dei buoni lavoro riscuotibili presso gli sportelli delle Banche abilitate.
Gli operatori del Contact Center o delle Sedi INPS assicureranno la necessaria assistenza.
NOTIZIE UTILI PER L'UTILIZZO DEI BUONI LAVORO ACQUISTATI NEGLI UFFICI POSTALI.
Dal 27 febbraio 2012, proseguendo la fase sperimentale, è possibile acquistare i “buoni lavoro” presso tutti gli uffici postali del territorio nazionale.
Acquisto dei voucher
Presso tutti gli uffici postali sono in vendita buoni lavoro del valore nominale di 10 € , o buoni multipli del valore nominale di 20
€ e 50 €, disponibili in carnet di 25 buoni. Il committente / datore di lavoro acquista i buoni lavoro (in contanti o tramite Postamat) presentando la tessera sanitaria per la lettura del codice fiscale oppure comunicando la partita IVA della società.
E' previsto un limite giornaliero di acquisto di 5.000 € lordi. Per l’acquisto dei voucher è previsto il versamento all’ufficio postale della commissione di 2,50 € + IVA per la singola operazione di emissione dei buoni lavoro, fino ad un massimo di 25 voucher (equivalenti ad un carnet).
Modalità di comunicazione all'INPS.
Dal giorno successivo all'acquisto e prima dell'inizio della prestazione di lavoro il Committente deve comunicare all'INPS il proprio codice fiscale/partita IVA, tipologia di committente/tipologia di attività, i dati del prestatore (nome, cognome, codice fiscale), il luogo di lavoro, la data d'inizio e fine della prestazione.
I committenti possono effettuare la comunicazione esclusivamente attraverso i seguenti canali:
1. Telefonare al Contact Center INPS-INAIL n. 803164
2. Collegarsi al sito xxx.xxxx.xx e attivare la connessione alla pagina Lavoro Occasionale.
3. Recarsi presso una sede INPS.
Il Committente per accedere al sito deve indicare il proprio Codice Fiscale e come password il codice identificativo (16 caratteri) di uno dei buoni lavoro acquistati ovvero il PIN assegnato dall'INPS.
N. B. L'operazione di comunicazione è necessaria per l'attivazione del buono lavoro, la riscossione da parte del prestatore e il corretto accredito dei contributi e vale per l’assicurazione antiinfortunistica a fini INAIL.
Attenzione: la mancata comunicazione all’INPS/INAIL prevede l’applicazione della ‘maxisanzione’, di cui all’art. 4, comma 1, lett. a), della Legge n.183/2010 (c.d. ‘Collegato Lavoro’).
Il committente deve comunicare tramite i canali indicati anche eventuali variazioni relativamente ai prestatori, al periodo di inizio o fine prestazione o al luogo di svolgimento dell'attività.
I contatti con l'INPS consentono al Committente anche di:
a. Verificare se i propri dati sono registrati
b. Verificare quali prestazioni sono in corso (da parte del Committente in possesso di PIN)
c. Annullare o modificare una precedente comunicazione di Inizio attività (da parte del Committente in possesso di PIN). Se l'annullamento è richiesto lo stesso giorno dell'inizio della prestazione, la comunicazione deve essere effettuata tramite il Contact center o presso la sede INPS. Acquisto voucher Poste da parte di aziende e delegati
Xxxxx acquisisce al momento dell'acquisto dei voucher sia il codice fiscale. persona fisica che codice fiscale/ partita IVA dell'azienda.
Primo caso: acquisto con codice fiscale delegato. Se al momento dell'acquisto l'acquirente, in quanto delegato di azienda, presenta un documento in cui è riportato il c.f. persona fisica è necessario: presentare una richiesta da parte dell'azienda delegante, compilando il modulo SC53 (scaricabile dal sito xxx.xxxx.xx) alla sede INPS competente, che procederà all'acquisizione della delega; accedere al sito xxx.xxxx.xx nella sezione lavoro occasionale accessorio / procedure /servizi per consulenti associazioni e delegati – Gestione DNA (Voucher uffici postali), tramite il codice fiscale dell'acquirente /delegato e procedere alle operazioni richieste:
1) assegnazione voucher, operazione con la quale il delegato richiede l'assegnazione dei voucher al committente finale (azienda delegante),
2) dichiarazione di inizio prestazione con il codice fiscale dell'azienda. L'operazione di dichiarazione vale a fini assicurativi INAIL ed è necessaria per la riscossione dei voucher da parte del prestatore e il corretto accredito dei contributi.
Secondo caso: acquisto con codice fiscale /partita IVA azienda. Se al momento dell'acquisto il committente presenta un documento in cui è riportato il c.f. o la partita IVA dell'azienda, la richiesta di delega alla sede INPS non è necessaria e il committente accede alla procedura per l'attivazione dei voucher/acquisizione delle prestazioni tramite la partita IVA. Riscossione dei Buoni Lavoro.
I Buoni Lavoro sono riscuotibili presso tutti gli uffici postali dal secondo giorno successivo alla fine della prestazione di lavoro occasionale. Il prestatore per riscuotere deve presentarsi con la propria Tessera Sanitaria, per la verifica del Codice Fiscale, oltre che un documento di identità in corso di validità. Prima di effettuare il pagamento l'operatore dell'ufficio postale controlla che i dati del prestatore corrispondano a quanto dichiarato dal Committente.
Effettuato il pagamento viene rilasciata un ricevuta riepilogativa di tutti i voucher che sono stati pagati al prestatore. Nei casi in cui il buono lavoro non risulti pagabile, il prestatore deve rivolgersi alla sede INPS. E' possibile riscuotere i Buoni lavoro da parte dei prestatori entro 2 anni dal giorno dell'emissione.
Rimborso dei buoni lavoro Se il Committente non utilizza i buoni lavoro acquistati, può chiedere il rimborso presso le sedi dell'INPS.
Furto o smarrimento.
In caso di furto o smarrimento è necessario preliminarmente effettuare la denuncia alle autorità competenti. Recandosi in una sede INPS con la denuncia, il committente e il prestatore possono segnalare il furto o lo smarrimento e ricevere assistenza.
Gli operatori del Contact Center INPS e delle Sedi INPS assicurano ogni forma di assistenza per il corretto utilizzo dei buoni lavoro.
CAPITOLO 5 – LAVORO E PREVIDENZA
XXXXXXX XXXXX – SALVA ITALIA
In data 22/12/2011 il senato ha approvato la conversione il Legge del D.L 6/12/2011 n° 201 contenente “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità ed il consolidamento dei conti pubblici”.
Con la nuova manovra, legge n° 214 del 22/12/11, denominata “salva Italia” , all’ art.24, contenete “Disposizioni in materia dei trattamenti pensionistici “ viene riscritto l’intero sistema previdenziale con nuove regole di accesso e di calcolo alle prestazioni previdenziali valide dal 1°gennaio 2012.
In particolare, a partire dal nuovo anno, viene previsto:
- il superamento del sistema di calcolo retributivo – che trovava applicazione a favore dei soggetti con una anzianità contributiva di almeno 18 anni al 31.12.1995 – e l’estensione del sistema di calcolo contributivo per le anzianità contributive maturate dal 1°.1.2012;
- l’abolizione delle decorrenze o finestre, che imponevano un ulteriore tempo di attesa al reale pensionamento una volta maturato il diritto;
- l’introduzione di nuovi requisiti di età anagrafica e di contribuzione per accedere alle due nuove tipologie di prestazioni denominate: Pensione di Vecchiaia e Pensione Anticipata;
- la salvaguardia del diritto al pensionamento secondo le disposizioni vigenti al 31.12.2011 per quanti hanno maturato il diritto a pensione a tale data.
Sempre dal nuovo anno con la previsione contenuta nell’art. 12 “Riduzione del limite per la tracciabilità dei pagamenti a 1.000 euro e contrasto all’uso del contante”, l’Inps non potrà procedere ad erogare in maniera contante le pensioni di importo pari o superiore ad € 1.000 presso alcuno sportello. (A tale riguardo l’Inps ci ha informalmente comunicato che continuerà a pagare in contanti le pensioni da € 1.000 in su solo per i primi mesi del 2012, dopodiché il pensionato potrà ricevere la sua pensione solo attraverso sportello bancario o postale).
A tal riguardo è importante informare, precisa una circolare Inpdap riguardo al limite di pagamento in contante, che “….anche se il trattamento pensionistico mensile risulti inferiore a mille euro, lo stesso può superare tale importo in sede di pagamento di tredicesima mensilità, somme aggiuntive (cosiddetta quattordicesima) o competenze arretrate.
Assume altresì rilievo il contenuto dell’art. 21 “Soppressione enti ed organismi” , con il quale viene prevista la soppressione dell’Inpdap (ente di previdenza dei dipendenti dell’amministrazione pubblica) e dell’Enpals (ente di previdenza per i lavoratori dello spettacolo) ed il relativo passaggio di funzioni all’Inps. (A tale riguardo ci è stato informalmente comunicato dall’Inps che per il 2012 i pensionati Inpdap ed Enpals continueranno a ricevere l’Obis-M dai predetti Enti).
Ciò premesso, si fornisce una prima esposizione sulle novità previdenziali che entreranno in vigore dal nuovo anno.
Estensione del sistema contributivo
Dal 1° gennaio 2012, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere da tale data, la quota di pensione corrispondente a tali anzianità è calcolata, secondo il sistema contributivo.
Ne discende che il sistema di calcolo retributivo - riservato a quanti avevano almeno 18 anni di contributi al 31.12.1995 - produrrà i suoi effetti, ai fini del calcolo della pensione, solo sulle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 2011.
Salvaguardia delle prestazioni già maturate e certificazione del diritto
I lavoratori che al 31 dicembre 2011 hanno maturato i requisiti di età e di anzianità contributiva previsti dalla normativa vigente a tale data, conservano l’accesso alla pensione di vecchiaia, di anzianità o con 40 anni di contributi, con le precedenti decorrenze. È altresì riconosciuto ai lavoratori interessati la possibilità di fare richiesta di certificazione del diritto all’Ente di appartenenza. (A tale riguardo l’Inps, per far fronte alle innumerevoli richieste di certificazione, precisa che la certificazione ha una funzione dichiarativa e non costitutiva del diritto. Pertanto, il possesso o meno del documento certificativo Inps è ininfluente ai fini del diritto all’accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico con i previgenti requisiti per quanti li avessero già maturati al 31.12.2011).
La Pensione di vecchiaia
Ai lavoratori iscritti all’AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria facente capo all’Inps) e forme esclusive – sostitutive e Gestione Separata, la Pensione di vecchiaia è fissata a nuovi requisiti di età di cui al comma 6 ed il proseguimento dell’attività lavorativa è incentivato, attraverso il sistema dei coefficienti di trasformazione, fino all’età di 70 anni.
I requisiti di età per la pensione di vecchiaia dal 2013 si adegueranno agli incrementi derivanti dal sistema della speranza di vita.
Pertanto, per il triennio 2013-2015, il meccanismo in questione incrementa di 3 mesi l’età anagrafica.
Viene altresì precisato, che nei confronti dei lavoratori dipendenti, , la tutela di cui all’art. 18, L. 300/1970 in materia di licenziamenti, opera fino al conseguimento del limite massimo di età per accedere alla pensione di vecchiaia (70 anni).
Abolizione delle decorrenze/ finestre
Ai lavoratori che matureranno i requisiti per accedere alle prestazioni pensionistiche dal 1° gennaio 2012 non verranno più applicate le disposizioni sulle decorrenze.
Analogamente, per il personale del comparto scuola che maturerà i requisiti dal 1° gennaio 2012, non troveranno più applicazione le disposizioni che spostavano l’accesso alla pensione nell’anno scolastico successivo a quello di maturazione del diritto.
Pensione di vecchiaia: nuovo requisito età
Dal 1° gennaio 2012 il requisito anagrafico per l’accesso alla pensione di vecchiaia viene ridefinito secondo la seguente progressione:
ANNI | LAVORATRICI DIPENDENTI (Settore Privato) | LAVORATRICI AUTONOME ed Iscritte alla Gestione Separata | LAVORATORI (Settori Privato e Pubblico) e LAVORATRICI DIPENDENTI (Settore Pubblico) | LAVORATORI AUTONOMI ed Iscritti alla Gestione Separata |
2012 | 62 anni | 63 + 6 mesi | 66 anni | 66 anni |
2014 | 63 + 6 mesi | 64 + 6 mesi | 66 anni | 66 anni |
2016 | 65 anni | 65 + 6 mesi | 66 anni | 66 anni |
2018 | 66 anni | 66 anni | 66 anni | 66 anni |
(Dal 2013 i requisiti anagrafici si adegueranno agli incrementi derivanti dal sistema della speranza di vita.)
Pensione di vecchiaia: requisito contributivo
Oltre all’età anagrafica per accedere alla Pensione di vecchiaia è richiesta una anzianità contributiva minima di 20 anni di contributi.
Per i soggetti con contribuzione accreditata dal 1° gennaio 1996 in poi (contributivi puri) per accedere al pensionamento è necessario, oltre ad essere in possesso di requisiti di età e di anzianità contributiva richiesti, che l’importo della pensione sia superiore ad 1,5 l’importo dell’Assegno Sociale (importo soglia).
Sempre per i contributivi puri, al compimento dei 70 anni la Pensione di vecchiaia è riconosciuta con 5 anni di contribuzione minima effettiva, indipendentemente dal suo importo.
Donne - opzione al contributivo
Viene confermata la possibilità per le lavoratrici dipendenti ed autonome, rientranti nel sistema misto, di optare al sistema di calcolo contributivo ed accedere alla pensione con 35 anni di anzianità e 57 anni di età se dipendente o 58 anni di età se autonome.
Assegno sociale
Dal 2018 il requisito anagrafico per richiedere l’Assegno sociale è elevato di un anno (da 65 a 66 anni).
Analogamente, la trasformazione in Assegno Sociale, dell’Assegno a favore dei Sordomuti e dell’Assegno o della Pensione di invalidità civile, dal 2018 avverrà al compimento del 66mo anno di età.
Dal 2013 al requisito anagrafico si applicheranno gli adeguamenti alla speranza di vita
Nel 2021 in Pensione di vecchiaia con almeno 67 anni
Nel 2021 l’età per la Pensione di vecchiaia non dovrà essere inferiore a 67 anni.
Qualora per effetto degli adeguamenti della speranza di vita ciò non avvenisse, il requisito anagrafico sarà elevato a 67 anni con decreto direttoriale, da emanarsi entro il 31 dicembre 2019.
La pensione anticipata – 1°ipotesi
Dal 1° gennaio 2012 viene introdotta la Pensione anticipata per i lavoratori iscritti all’AGO, forme sostitutive ed esclusive ed alla Gestione Separata.
Per andare in Pensione anticipata, l’anzianità contributiva richiesta è pari a:
ANNI | UOMINI | DONNE |
2012 | 42 anni + 1 mese | 41 anni + 1 mese |
2013 | 42 anni + 2 mesi | 41 anni + 2 mesi |
2014 | 42 anni + 3 mesi | 41 anni + 3 mesi |
Al requisito contributivo si applicheranno dal 2013 gli adeguamenti derivanti dalla speranza di vita.
I soggetti che accedono alla Pensione Anticipata prima del compimento dei 62 anni di età subiranno una penalità sulla quota di trattamento relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente il 1°gennaio 2012.
La riduzione sarà pari al 1% per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 anni e del 2% quando l’anticipo sia superiore ai due anni rispetto all’età di 62 anni.
La Pensione anticipata – 2°ipotesi
Per i soggetti con contribuzione accreditata dal 1° gennaio 1996 in poi (contributivi puri) la Pensione anticipata può essere richiesta con:
- 63 anni di età anagrafica (al requisito anagrafico dal 2013 si applicheranno gli adeguamenti alla speranza di vita );
- 20 anni di contribuzione effettiva;
- importo pensione non inferiore a 2,8 l’importo dell’Assegno Sociale.
Operatività del sistema della Speranza di vita
- Il sistema di incrementi legati alla “speranza di vita” si aggancerà e modificherà tutti i requisiti anagrafici previsti, per l’accesso al pensionamento, nonché il requisito contributivo previsto per la Pensione anticipata (1°ipotesi);
- La Speranza di vita opererà dal 2013 e si aggiornerà con frequenza triennale nel 2016 e nel 2019. Gli adeguamenti successivi a quello del 1°gennaio 2019 saranno biennali.
Applicazione delle disposizioni previgenti al 31.12.2011
Le disposizioni in materia di requisiti e decorrenze per l’accesso alle pensioni vigenti al 31.12.2011 continuano ad applicarsi a favore:
- dei lavoratori che maturano il diritto al 31.12.2011,
- delle lavoratrici dipendenti ed autonome che scelgono di optare al sistema contributivo
Nei limiti delle risorse predeterminate per gli anni dal 2013 al 2019 (240 milioni di euro nel 2013, 630 milioni di euro nel 2014,
1.040 milioni di euro nel 2015, 1.220 milioni di euro nel 2016, 1.030 milioni di euro nel 2017, 610 milioni di euro nel 2018, 300
milioni di euro nel 2019) i requisiti e le decorrenze vigenti al 31.12.2011 si continueranno a riconoscere ai lavoratori che risultano:
- collocati in mobilità ai sensi della L. 223/1991, artt. 4 e 24;
- collocati in mobilità lunga ai sensi della L. 223/1991, art. 7;
- al 31.10.2011 essere titolari di prestazione straordinaria a carico di fondi di solidarietà (personale delle XX.XX.);
- autorizzati ai Versamenti Volontari antecedentemente al 04/12/11;
- al 04/12/11 avere in corso l’esonero del servizio (personale Amm. dello Stato).
Il monitoraggio è affidato agli Enti gestori di previdenza obbligatoria secondo specifici criteri. Le modalità di attuazione verranno fissate con decreto da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.
Pensione di vecchiaia: deroga per i lavoratori dipendenti privati
In via eccezionale è riconosciuta la possibilità di andare in Pensione di Xxxxxxxxx a 64 anni di età:
- ai lavoratori dipendenti (uomini e donne) del settore privato se in possesso di :
• 35 anni di anzianità contributiva al 31.12.2012
• 96 di quota al 31.12.2012.
- alle lavoratrici dipendenti del settore privato se in possesso di:
• 20 anni di contributi al 31.12.2012;
• 60 anni di età al 31.12.2012.
Questa regola transitoria è stata prevista per attutire l’impatto della riforma sui nati nel 1952.
Beneficio lavori usuranti
A favore dei soggetti ai quali viene riconosciuto il beneficio per attività usuranti, è confermata la possibilità di accedere al pensionamento anticipato con il sistema delle “quote”.
Le modifiche rideterminano i requisiti – più favorevoli - per il 2012 e il 2013.
Al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento occorrerà aspettare la decorrenza della finestra secondo le modalità vigenti al 31.12.2011.
Chi è occupato in lavori usuranti andrà in pensione tre anni più tardi . La manovra Xxxxx ha anticipato l’entrata a regime della riforma, in vigore dal 2011(D. Lgs. 67/2011) , ma ne ha attenuato i benefici eliminando gli sconti sulle quote (tre anni ) e lasciando in vita la finestra mobile.
Pertanto dal 2012 i lavoratori usurati potranno andare in pensione con quota 96 (età minima 60 anni) mentre dal 2013 con quota 97 e tre mesi (età minima di 61 anni e tre mesi); nell’uno e nell’altro caso dovranno attendere la finestra mobile, ossia la decorrenza di altri 12 mesi.
Armonizzazione dei requisiti minimi
Viene annunciata la previsione di incremento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento per le gestioni che godono di requisiti diversi da quelli vigenti nell’AGO.
In particolare vengono indicati:
- I lavoratori di forze armate e di Polizia ed i rispettivi Dirigenti;
- I lavoratori iscritti al Fondo Speciale XX.XX. istituito presso l’INPS.
Le misure di armonizzazione devono essere adottate entro il 30 giugno 2012.
Contribuzione Artigiani e Commercianti
Incremento dell’aliquota contributiva dal 1°.1.2012 di +1,3, per arrivare al 24% nel 2018.
Contribuzione CD e IAP
Incremento dell’aliquota contributiva dal 1°.1.2012 secondo la tabella riportata e che porterà al raggiungimento nell’anno 2018 di un’unica aliquota pensionistica del 24% per tutti i soggetti ( adulti e minori di 21 anni ) operanti in qualsiasi territorio ( zone montane e svantaggiate) .
Contribuzione lavoratori autonomi agricoli (%) | ||||
anni | zona normale | zona svant./montana | ||
> di 21 anni | < di 21 anni | > di 21 anni | < di 21 anni | |
2011 | 20,3 | 17,8 | 17,3 | 12,8 |
2012 | 21,6 | 19,4 | 18,7 | 15 |
2013 | 22 | 20,2 | 19,6 | 16,5 |
2014 | 22,4 | 21 | 20,5 | 18 |
2015 | 22,8 | 21,8 | 21,4 | 19,5 |
2016 | 23,2 | 22,6 | 22,3 | 21 |
2017 | 23,6 | 23,4 | 23,2 | 22,5 |
dal 2018 | 24 | 24 | 24 | 24 |
Le percentuali sopra esposte si riferiscono unicamente alla contribuzione pensionistica alla quale va aggiunta la contribuzione per maternità ( euro 7,49 per l’anno 2011) e la contribuzione dovuta all’ Inail (per l’anno 2011 pari ad euro 768,50 per le zone normali ed euro 532,18 per i territori montani e zone svantaggiate) , nonché il premio per il danno biologico .
Rivalutazione automatica delle pensioni
La rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici per il biennio 2012 e 2013 è riconosciuta esclusivamente ai trattamenti di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo Inps, (euro 480,53 x3 ) pari per l’anno in corso ad euro 1.441.59 lordi
Estensione Tutela Malattia
Ai professionisti iscritti alla Gestione separata e non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali, sono estese le tutele per la malattia previste per i lavoratori parasubordinati.
Al momento mancano ancora le circolari applicative che gli Enti previdenziali stanno predisponendo.
Si comunica che il Patronato Enapa è a disposizione degli interessati per fornire tutte le necessarie ulteriori informazioni in merito al nuovo sistema previdenziale in vigore dal corrente anno e che, come si è già detto revisiona completamente per tutti il sistema pensionistico-contributivo.
Da un primo esame il recente decreto legge c.d. “Salva Italia”, (D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011) penalizza in modo rilevante e sensibile il settore agricolo, determinandosi l’ incremento degli oneri fiscali e previdenziali, ciò anche alla luce precedenti due provvedimenti portati dalla L. 148/201, la cd “Manovra di Ferragosto” e con L. 183/2011, la cd. “Legge di stabilità”. Tutte le manovre tendono al risanamento dei conti pubblici e all’obiettivo del pareggio di bilancio entro il 2013. Tutte le manovre drenano impietosamente le tasche del contribuente.
Vediamo in sintesi i principali elementi della manovra sotto il profilo della previdenza.
Aumento dei contributi lavoratori autonomi agricoli (art. 24, c. 23)
Dal 1° gennaio 2012 ( e sino al 2018) inizia un percorso di progressivo aumento delle aliquote contributive pensionistiche da applicarsi ai coltivatori diretti, coloni e mezzadri, IAP, sino al raggiungimento dell’aliquota del 22% (oggi 20,30%) nelle zone normali e del 20% (oggi 17,30%) nelle zone montane e svantaggiate. L’aumento annuale è dello 0,30% nelle zone normali e pari allo 0,40% nelle zone montane e svantaggiate.
Secondo le stime di Confagricoltura vi sarà un aumento annuo che potrà variare, in relazione alle singole fasce di contribuzione ( basate sul reddito agrario e cioè sugli ettari condotti) da € 24 a € 48 nelle zone normali, e da € 32 a € 64 nelle zone montane e svantaggiate; tale maggior importo contributivo verrà corrisposto per ogni unità attiva e comporterà un aggravio complessivo, per il settore, pari a circa 18 - 20 milioni di euro annui. La nuova normativa a regime cancella il differenziale di contribuzione tra gli adulti e i minori di 21 anni (oggi pari a 2,5 % nelle zone normali e a 4,5 % nelle zone montane e svantaggiate), riduce (a due punti) il differenziale contributivo tra coloro che si trovano in zona normale e i soggetti in zona montana o svantaggiata.
Super INPS (art. 21)
Con decorrenza praticamente immediata sono soppressi alcuni enti gestori la previdenza diversi dall’INPS e cioè l’INPDAP (previdenza per i dipendenti pubblici) e l’ENPALS ( previdenza per i lavoratori dello spettacolo), la norma prevede all’uopo che le relative funzioni sono assegnate all’INPS, il relativo personale in servizio in tali enti passa all’INPS. In relazione alle nuove competenze il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPS, verrà integrato, con apposito decreto ministeriale, con 6 rappresentanti delle categorie conglobate, la decretazione prevede poi, per favorire la integrazione dei tre enti unificati, il differimento, al 31 dicembre 2014 della durata in carica del Presidente dell’INPS.
Disposizioni in materia pensionistica (art. 24)
Modificato sostanzialmente, in ottemperanza agli assunti impegni internazionale e con l’Unione Europea, il sistema pensionistico.
Passaggio al sistema contributivo (comma 2)
Con decorrenza dal 1°gennaio 2012 il sistema di calcolo delle pensioni, secondo il metodo di tipo contributivo, è esteso a tutti gli iscritti alle gestioni, compresi i soggetti che al 31 dicembre 1995 avevano maturato un’anzianità contributiva di almeno 18 anni e per i quali l’art. 1, c. 13, della legge n. 335/1995 ( cd riforma Dini) , contemplava il mantenimento del sistema di calcolo retributivo; tale nuovo sistema di calcolo ha effetto pro-rata dal 1° gennaio 2012, in sostanza quindi gli anni di anzianità contributiva a tutto il 2011saranno liquidati col sistema di calcolo retributivo previdente.
Diritti acquisiti e certificazione (comma 3)
Onde evitare esodi “di massa” da parte dei lavoratori interessati per i soggetti che maturano, secondo le previgenti disposizioni legislative, entro il 31 dicembre 2011, i requisiti per il diritto all’accesso ed alla decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità, viene mantenuto il diritto alle prestazioni come maturate sino a quel momento, tali soggetti potranno chiedere all’ente previdenziale proprio la certificazione del diritto garantendo con ciò la certezza del diritto già acquisito.
Pensione di vecchiaia (commi 4, 5, 6, 7, 9)
Sempre dal 1° gennaio 2012 sono stati ridisegnati i requisiti per la pensione di vecchiaia; età anagrafica: nel 2012 il requisito anagrafico degli uomini viene elevato a 66 anni, sia per i lavoratori dipendenti che per gli autonomi; per le donne tale requisito è posto a 62 anni per le dipendenti e a 63 anni e 6 mesi per le autonome. La nuova norma prevede poi un percorso di allineamento ( sino al 2018) all’età prevista per gli uomini secondo tale scala e salve comunque modificazioni conseguenti agli incrementi della speranza di vita:
Anni | Lavoratrici dipendenti | Lavoratrici autonome |
2012 | 62 anni | 63 anni e 6 mesi |
2014 | 63 anni e 6 mesi | 64 anni e 6 mesi |
2016 | 65 anni | 65 anni e 6 mesi |
2018 | 66 anni | 66 anni |
Dal 2021 l’età minima per l’accesso alla pensione di vecchiaia non potrà essere comunque inferiore per tutti i soggetti interessati a 67 anni. Le nuove regole tendono poi ad incentivare i pensionandi a proseguire la propria attività lavorativa sino
ai 70 anni di età; con una norma che non far certo felici i datori di lavoro si prevede, in tali frangenti, l’estensione sino a 70 anni delle garanzie di stabilità occupazionali previste dalla legge n.300/1978, in buona sintesi i soggetti che optassero per rimanere in servizio fino all’età di 70 anni non potranno essere licenziati sempre salva la giusta causa o il giustificato motivo, anche nel caso avessero già maturato il diritto alla pensione di vecchiaia.
Con la elevazione del requisito anagrafico, sono abolite le cd. “finestre” di decorrenza delle pensioni già previste all’art. 12, c.1-2, del d.l.78/2010.
anzianità assicurativa: per aver il diritto alla pensione è prevista un’anzianità contributiva minima pari a 20 anni; Per i soggetti assunti dopo il 1° gennaio 1996 la pensione è condizionata dall’importo che non deve essere inferiore a 1,5 volte la somma dell’assegno sociale salvo che il pensionato abbia compiuto il 70° anno di età’ e possa vantare una anzianità contributiva minima di 5 anni.
Pensione anticipata (commi 10, 11, 12, 13)
Con una espressione di nuovo conio viene prevista una prestazione sostitutiva della pensione di anzianità che potrà consentire di conseguire il pensionamento pur in possesso di un’età inferiore rispetto al requisito di età obbligatorio per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Secondo tale nuova regola
si potrà andare in pensione anticipata se si totalizzi un’anzianità contributiva nel 2012 di 42 anni e 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne, nel 2013 di 42 anni e 2 mesi per gli uomini e 41 anni e 2 mesi per le donne, e nel 2014 di 42 anni e 3 mesi per gli uomini e 41 anni e 3 mesi per le donne; per i coloro i quali non avessero compiuto 62 anni di età, al momento di accesso al trattamento, sono previste penalizzazioni determinandosi un abbassamento della misura della prestazione, in sostanza ad esempio in caso di anzianità contributiva maturata prima del 1° gennaio 2012 verrà applicata una riduzione del trattamento di quiescenza pari a 2 punti percentuali per ogni anno di anticipo rispetto all’accesso ordinario (62 anni).
Regole particolari per i soggetti che abbiano maturato il primo versamento dal 1° gennaio 1996, e quindi legati al sistema di calcolo contributivo; in tale ipotesi il diritto alla pensione è conseguito a 63 anni e con 20 anni di versamenti, a condizione che l’importo del trattamento non sia inferiore a 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale; sono fatte salve le eventuali modifiche dovute agli incrementi della speranza di vita. Sono esclusi dalle nuove regole i soggetti che abbiano maturato i requisiti secondo le regole previgenti al 31.12.2011, e nel limite di 50.000 unità, per alcune tipologie di assicurati, in mobilità ovvero interessati ai versamenti volontari.
Per particolari categorie di lavoratori (addetti alle lavorazioni faticose e pesanti, cd. lavori usuranti) è confermata la riduzione di tre anni per l’accesso al trattamento pensionistico.
Enti previdenziali privatizzati (comma 24)
La manovra prevede poi norme atte a stabilizzare le gestioni degli Enti previdenziali privatizzati (d.lgs. n. 509/1994); tali enti sono obbligati a rivedere le norme previdenziali interne nella ottica di assicura l'equilibrio tra le entrate (contributi) e la spesa per prestazioni (pensioni) con regole contabili e di bilancio relazionate ad un arco temporale di 50 anni, le predette norme di stabilizzazione devono essere varate entro il 31 marzo 2012. Nel caso in cui tali enti privatizzati non si adeguino ovvero in caso di diniego da parte dei ministeri vigilanti, alle singole gestioni privatizzate si applicheranno, con decorrenza dal 1° gennaio 2012, le disposizioni relative al sistema di calcolo contributivo pro-rata unitamente ad un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, posto a carico dei pensionati degli enti predetti, pari allo 1 per cento.
Rivalutazione automatica delle pensioni (comma 25)
Allo stato, si vedrà il testo definitivo sul punto della manovra, attualmente alla approvazione del Parlamento, per il biennio 2012-2013 la rivalutazione automatica è riconosciuta unicamente alle pensioni di importo non superiore a 2 volte il trattamento minimo INPS.
Assegno sociale (comma 8)
E’ aumentato di 1 anno, con decorrenza dal 1°gennaio 2018, il requisito anagrafico per il conseguimento dell’assegno sociale (art. 3, c.6, legge n. 335/1995), si ricorda che oggi il predetto limite di età è fissato al 65°anno.
Professionisti senza cassa
Ai professionisti privi cassa previdenziale e iscritti alla gestione separata INPS (art. 2, c.26, legge n. 335/1995) sono estese le tutele per la malattia di cui all’art. 1, c.788 della legge n.296/2006.
Impiego temporaneo di extracomunitari in attesa di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno (art. 40, c. 3)
Onde facilitare l'impiego dei lavoratori extracomunitari, a condizione che il soggetto interessato abbia presentato nei termini la richiesta di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, e che questi sia in possesso della ricevuta attestante la presentazione, il nuovo decreto prevede che, nelle more di rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno, il lavoratore straniero possa soggiornare nel territorio dello Stato italiano e ivi svolgere attività lavorative. La norma consente al datore di lavoro l’impiego del lavoratore, fino a contraria comunicazione da parte della pubblica sicurezza, che ha l’onere di indicare, nel provvedimento notificato all’azienda, i motivi che sono di impedimento al rilascio od al rinnovo del permesso di soggiorno.
Tenuta del Libro Unico del Lavoro (art. 40, c. 4)
Cambia anche la regola per la registrazione dei dati occupazionali e retributivi sul LUL - Libro Unico del Lavoro; tale registrazione si dovrà effettuare entro la fine del mese successivo a quello cui le annotazioni si riferiscono (attualmente tale termine è fissato al giorno 16 del mese successivo).
Le modifiche al sistema pensionistico si inseriscono nella già avanzata ridefinizione dell’assetto pensionistico e contributivo previsto nel Decreto Legge n°112/ del 2008, del quale appresso se ne riassumono i principali contenuti.
Il decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 recante “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”; è stato convertito con la Legge 6 agosto 2008, n. 133 (supplemento ordinario n. 196 della G.U. n. 195 del 21/08/2008).
Xxxxxx tra pensione e redditi di lavoro – Art. 19
A decorrere dal 1° gennaio 2009 le pensioni dirette di anzianità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria sono totalmente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente.
Contratto di lavoro a tempo determinato – Art. 21
L’art. 21 del decreto legge n. 122/2008 ha rivisto la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, di fatto ampliando la possibilità di utilizzare l’istituto, recuperando gli interventi restrittivi della legge n. 247/2007, rafforzando l’intervento della contrattazione collettiva.
Oggi si prevede che le ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo per le quali possa essere legittimamente stipulato un contratto di lavoro a termine siano riferibili anche alla ordinaria attività del datore di lavoro. In sostanza non deve necessariamente trattarsi di ragioni “eccezionali”, ma anche di esigenze che attengano alla normale attività dell’impresa interessata.
La nuova norma prevede poi inoltre che i limiti alla reiterazione dei rapporti di lavoro a termine (36 mesi) e il diritto di precedenza nelle assunzioni introdotti dalla legge n. 247/2007 possano essere derogati da “diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
In sede di conversione, con molte polemiche da parte di alcuni commentatori, è stata introdotta una norma transitoria per i contenziosi in corso in materia di indennizzo per la violazione delle norme in materia di apposizione e di proroga del termine (fatte salve le sentenze passate in giudicato), in caso di violazione di alcune disposizioni del d.lgs. 368/2001 - e precisamente gli articoli 1 (Apposizione del termine), 2 (Disciplina del trasporto aereo) e 4 (Disciplina della proroga) - il datore di lavoro è tenuto unicamente ad indennizzare il lavoratore con un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
Contratto di apprendistato – Art. 23
Il nuovo articolato integra la vigente disciplina del contratto di apprendistato come stabilita dalla legge Biagi; eliminato il limite minimo di durata di 2 anni del contratto di apprendistato professionalizzante, fermo restando il limite massimo di 6; valorizzata la cd. “formazione aziendale” nel contratto di apprendistato professionalizzante, attraverso l’introduzione del comma 5-ter dell’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003 (cd. legge Biagi) che recita: “In caso di formazione esclusivamente aziendale non opera quanto previsto dal comma 5. In questa ipotesi i profili formativi dell'apprendistato professionalizzante sono rimessi integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale e determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo”.
Ancora la nuova normativa prevede, in materia di apprendistato di alta formazione, la possibilità di attivare tale istituto anche in assenza delle necessarie regolamentazioni regionali, attraverso apposite convenzioni stipulate dai datori di lavoro con le Università e le altre istituzioni formative.
Semplificate le procedure: abrogate alcune disposizioni in materia di comunicazioni da effettuare alle amministrazioni competenti, quali:
o la comunicazione dei dati dell’apprendista e del tutore aziendale entro 30 giorni dalla data di assunzione (art. 1, d.m. 7/10/1999);
o le informazioni periodiche alla famiglia dell’apprendista (art. 21 d.p.r. n. 1668/1956);
o la comunicazione al centro per l’impiego del conseguimento della qualifica da parte dell’apprendista (art. 24, c. 3 e 4, d.p.r. n. 1668/1956).
Viene abrogato inoltre l’art. 4 della legge n. 25/1955 che prevedeva la visita sanitaria preventiva per gli apprendisti (restano peraltro ferme le disposizioni generali in materia di visite sanitarie ai dipendenti).
Comunicazione all’INAIL per parenti e soci lavoratori – Art. 39
L’art.39, c.8, del d.l. 112/2008, come convertito dalla legge n. 133/2008 – modificando l’art. 23 del d.p.r. n. 1124/1965 (T.U. infortuni) – ha stabilito che il datore di lavoro, anche artigiano, che utilizzi le persone indicate dall’art. 4, primo comma, n. 6 e 7 del citato d.p.r. (cioè il coniuge, i figli, i parenti e gli affini che svolgano opera manuale o di sovraintendenza) deve denunciarli nominativamente all’INAIL prima dell’inizio dell’attività lavorativa, laddove non sia prevista la comunicazione obbligatoria preventiva tramite il modello UNILAV.
Lo stesso obbligo è previsto anche con riferimento ai soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società, anche di fatto, comunque denominata, costituita od esercitata.
Si precisa come tale obbligo non riguardi le imprese agricole che utilizzano il coniuge, i figli, i parenti e gli affini per lo svolgimento di opera manuale o di sovraintendenza, in quanto l’art.39, c.8., del d.l. 112/2008, convertito in legge n. 133/2008, va a modificare una disposizione del T.U. infortuni (l’art. 23 del d.p.r. n. 1124/1965) che rientra nel TITOLO I riguardante esclusivamente “L’assicurazione infortuni e malattie professionali nell’industria”, mentre le analoghe norme del TITOLO II riguardanti “L’assicurazione infortuni e malattie professionali nell’agricoltura ” non sono state modificate (cfr. ns. circ. 13190 del 23.09.2008).
Lavoro intermittente – Art. 39
Viene ripristinato il contratto di lavoro intermittente o “a chiamata” di cui agli art. 33-40 del d.lgs. n. 276/2003 (cd. legge Biagi) che la legge n. 247/2007 aveva abrogato.
Dimissioni – Art. 39
Confermata l’abrogazione della legge 17 ottobre 2008, n. 188,relativa alll’obbligo per il lavoratore di presentare le dimissioni su un apposito modulo rilasciato dal centro per l’impiego, dalla direzione provinciale del lavoro o dagli uffici comunali, nonché dai patronati e dai sindacati convenzionati.
Indici di congruità – Art. 39
Abrogate le disposizioni della finanziaria per il 2007 (art. 1, c. 1173 e 1174, della legge n. 296/2006) che prevedevano i c.d. indici di congruità per valutare l’adeguatezza del livello occupazionale di un’azienda in relazione all’attività prestata.
Modifiche alla disciplina dell’orario di lavoro – Art. 41
Lavoro notturno (c. 1 e 14)
Il comma 1 dell’art. 41 modifica la definizione legale di lavoratore notturno stabilendo che, qualora no sia diversamente sancito dal CCNL o dalla contrattazione collettiva, è lavoratore notturno il dipendente che svolga almeno tre ore durante il periodo notturno per un minimo di 80 giorni lavorativi all’anno.
L’art. 1, c. 2, lett. d) del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 (che disciplina l’orario di lavoro) definisce “periodo notturno” il periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino.
Sempre in materia di lavoro notturno, il comma 14 dell’art. 41 elimina l’obbligo per il datore di lavoro di comunicare annualmente ai servizi ispettivi della direzione provinciale del lavoro l’esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo o compreso in regolari turni periodici, già previsto dall’art. 12, c. 2, del citato d.lgs. n. 66/2003.
Lavoratore mobile (c. 2)
Il comma 2 dell’art. 41 modifica la definizione legale di lavoratore mobile (di cui all’art. 1, c. 2, lett. h) del citato d.lgs. n. 66/2003) precisando che si tratta del personale viaggiante di un’impresa che effettua trasporto passeggeri o merci, “sia per conto proprio che per conto di terzi”.
Riposo giornaliero (c. 4)
Il comma 4 dell’art. 41 – ferma restando la regola generale secondo la quale il lavoratore ha diritto ad un riposo giornaliero di almeno 11 ore consecutive ogni 24 ore – aggiunge un’ulteriore eccezione a tale regola, disponendo in sostanza che è possibile derogarvi (oltre che per le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati) anche per le attività caratterizzate da regimi di reperibilità.
Riposo settimanale (c. 5, 8 e 9)
Il comma 5 dell’art. 41 introduce maggiore flessibilità nella disciplina del riposo settimanale fissata dall’art. 9, c. 1, del citato d.lgs. n. 66/2003.
Tale norma, come si ricorderà, prevede che il lavoratore ha diritto a fruire di un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive ogni sette giorni, di regola coincidente con la domenica, da cumulare con le 11 ore di riposo giornaliero.
La novità introdotta è relativa alla possibile che tale periodo di riposo possa essere computato come media nell’arco di 14 giorni.
Cambia anche il sistema sanzionatorio conseguente alla violazione delle norme in materia di riposo settimanale, ma vengono apportate modifiche di difficile lettura.
Deroghe alla disciplina in materia di riposi, pause, lavoro notturno e durata massima settimanale (c. 7)
Il comma 7 dell’art. 41 modifica il potere attribuito alla contrattazione collettiva di prevedere deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno e durata massima settimanale. Con la nuova disciplina si precisa che il potere di deroga spetta di regola ai contratti collettivi di livello nazionale e che, solo in carenza dell’esercizio di tale potere da parte della contrattazione nazionale, le deroghe possono essere stabilite dai contratti collettivi di secondo livello (territoriali o aziendali).
Sospensione dell’attività imprenditoriale (c. 11, 12, 39)
L’art. 14, c. 1, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (T.U. sicurezza e igiene sul lavoro) dispone che il personale ispettivo del Ministero del lavoro, anche su segnalazione di altre amministrazioni pubbliche, può ordinare la sospensione dell’attività imprenditoriale qualora si verifichi:
1. l’impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro;
2. reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale;
3. gravi e reiterate violazione della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate con decreto ministeriale.
In merito a ciò il comma 11 dell’art. 41 del d.l. n. 112/2008 elimina dalle violazioni che possono dar luogo alla sospensione dell’attività imprenditoriale quelle relative alla la disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale; confermato il potere da parte del personale ispettivo di disporre la sospensione dell’attività imprenditoriale nei casi previsti di lavoro nero e di gravi e reiterate violazioni in materia di sicurezza.
Per quanto riguarda l’obbligo di munire i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento nel caso in cui siano impiegati nello svolgimento di attività in regime di appalto e subappalto, il comma 12 dell’art. 39 del d.l. n. 112/2008 elimina la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro, già prevista dall’art. 55, c. 4, lettera h) del d.lgs. n. 81/2008.
Lavoro straordinario (c. 14)
Introdotta una specificazione: il comma 14 dell’art. 41 elimina l’obbligo per i datori di lavoro che occupano più di 10 dipendenti di effettuare un’apposita comunicazione al Servizio ispezioni della Direzione provinciale del lavoro in caso di superamento delle 48 ore settimanali attraverso prestazioni di lavoro straordinario, obbligo previsto dall’art. 4, c. 5, del d.lgs. n. 66/2003.
Part-time – Art. 39, c. 10, lettera m
Come si ricorderà l’art. 1, c. 32, lettera d) della legge n. 247/2007, per la concessione di incentivi alla occupazione aveva compreso tra i criteri direttivi la previsione di “aumenti contributivi per i contratti di lavoro a tempo parziale con orario inferiore alle dodici ore settimanali al fine di promuovere, soprattutto nei settori dei servizi, la diffusione di contratti di lavoro con orario giornaliero più elevato”
Tale previsione è stata abrogata dall’art. 39, c. 10, lettera m) del d.l. n. 112/2008, convertito nella l. n. 133/2008.
Consegna della comunicazione di assunzione al lavoratore – Art 40, c. 2
Confermando regole già previgenti, l’’art. 40, comma 2 prevede che il datore di lavoro, prima dell’inizio dell’attività, debba consegnare al lavoratore copia della comunicazione di assunzione di cui all’art. 9-bis, c. 2, legge n. 608/1996 ovvero copia del contratto individuale di lavoro che contenga tutte le informazioni previste dal d.lgs. n. 152/1997; in sostanza i datori di lavoro sono obbligati a consegnare ai lavoratori, prima dell’inizio del lavoro, copia del modello UNILAV trasmesso telematicamente ai servizi informatici delle Regioni o del Ministero del lavoro oppure, in alternativa, copia del contratto individuale di lavoro.
Con la consegna di tali documenti al lavoratore nei termini suddetti (prima dell’inizio dell’attività), il datore di lavoro assolve anche agli obblighi di informazione previsti dal d.lgs. n. 152/1997.
Prospetto informativo normativa disabili – Art. 40, 4 e 5
I datori di lavoro sono soggetti agli obblighi di assunzione dei lavoratori disabili ai sensi della legge n. 68/1999 e, qualora ne ricorrano i termini, sono tenuti a trasmettere annualmente ai centri per l’impiego un prospetto riepilogativo dal quale risulti il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero e i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva, nonché i posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavoratori disabili. Sul punto il comma 4 dell’art. 40 del d.l. n.112/2008 ha introdotto due importanti novità, stabilendo che tali prospetti riepilogativi:
1. debbano essere trasmessi in via telematica secondo modalità che saranno definite con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie e previa intesa con la Conferenza Unificata;
2. non debbano essere ritrasmesse se rispetto all'ultimo prospetto inviato non risultino cambiamenti nella situazione occupazionale tali da modificare l'obbligo o da incidere sul computo della quota di riserva.
I predetti prospetti sono pubblici e che gli uffici competenti, al fine di rendere effettivo il diritto di accesso ai predetti documenti amministrativi, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, dispongono la loro consultazione nelle proprie sedi, negli spazi disponibili aperti al pubblico.
Il comma 5 dell’art. 40 prevede un’ulteriore novità in materia di certificazione di ottemperanza alle norme sul collocamento di lavoratori disabili necessaria per la partecipazione a bandi per appalti pubblici, stabilendo che, per dimostrare di essere in regola con gli obblighi derivanti dalla legge n. 68/1999, è sufficiente una dichiarazione di responsabilità del legale rappresentante dell’impresa interessata.
Riunificazione controversie in materia di previdenza e assistenza – Art. 20, c. 7-9
I commi da 7 a 9 dell’art. 20 del d.l. n. 112/2008, come modificati in sede di conversione, prevedono – con riferimento ai procedimenti relativi a controversie in materia di previdenza e assistenza sociale – la riunificazione d’ufficio da parte del giudice, laddove sussista una pluralità di domande o di azioni esecutive che frazionino un credito relativo al medesimo rapporto, comprensivo di interessi, competenze e onorari e ogni altro accessorio; conseguenza della mancanza della riunificazione, è l’improcedibilità delle domande successive alla prima.
Assegno sociale – Art. 20, c.10
Il comma 10 dell’art. 20 del decreto legge n. 122/2008, a modifica delle vecchie norme, in materia titolarità all’assegno sociale, ha stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2009, l’assegno sociale è corrisposto agli aventi diritto a condizione che abbiano soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale.
Comitati provinciali INPS –Art. 20, c. 11
Da ultimo si segnale come, con norma che ha sollevato critiche da parte sindacale, il comma 11 dell’art. 20 prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2009, i componenti dei comitati provinciali INPS non abbiano più diritto agli emolumenti per l’esercizio delle funzioni inerenti le rispettive cariche.
CAPITOLO 6 – LIBRO UNICO DEL LAVORO
Introduzione del Libro Unico del Lavoro
Adempimenti di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro (art. 39)
Molte le novità contenute in questo articolato.
Tutti i datori di lavoro privati, salvi di quelli domestici, debbono istituire il c.d. “libro unico del lavoro” (destinato a sostituire altri libri come, ad esempio, quello di matricola e di paga ed il registro d’impresa dell’agricoltura), nel quale vanno iscritti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo. Nel libro unico si dovranno indicare i dati anagrafici, codice fiscale, la qualifica, il livello, la retribuzione base, l’anzianità e le posizioni assicurative, le corresponsioni in denaro o in natura, i rimborsi spese, le trattenute a qualsiasi titolo, le detrazioni fiscali, i dati concernenti gli assegni familiari, le prestazioni previdenziali, le somme corrisposte a titolo di premio di produttività o di straordinario vano indicate in maniera specifica. Il libro unico comprende anche un calendario delle presenze, con le ore giornaliere effettuate, le assenze, le ferie ed i riposi.
Il libro dovrà essere compilato dal datore di lavoro per il mese di riferimento entro il giorno 16 del mese successivo: le modalità di tenuta del libro unico sono stabilite con decreto del Ministro del Lavoro, da emanare entro 30 giorni: con lo stesso provvedimento è stato disciplinato il periodo transitorio.
Il libro unico va conservato presso la sede legale dell’impresa (ovvero presso i professionisti individuati dalla legge n. 12/1979) e possono essere esibiti agli organi ispettivi, intervenuti sul posto di lavoro, anche via fax o per e-mail. L’obbligo di conservazione è quinquennale dall’ultima registrazione (per i libri paga e matricola era decennale). L’obbligo della consegna del prospetto paga (legge n. 4/1953) è assolto dal datore di lavoro con la consegna di copia delle scritturazioni effettuate sul libro unico del lavoro.
La nuova norma abroga una serie di compimenti:
• L’art. 134 del R.D. n- 1422/1924 che imponeva alle aziende il possesso di un libro paga e matricola;
• L’art. 7 della legge n. 1122/1955 che faceva obbligo alle imprese che avevano come dipendenti i giornalisti iscritti nei libri di paga e matricola;
• Gli artt. 39 e 41 del DPR n. 797/1955 che concernevano la registrazione di una serie di dati ed elementi sul libro paga e matricola;
• Il DPR n. 2053/1963 sul riordinamento del servizio di collocamento per i lavoratori dello spettacolo;
• Gli artt. 20, 21, 25 e 26 (che riguardavano le modalità di tenuta dei libri obbligatori) del DPR n. 1124/1965;
• L’art. 42 della legge n. 153/1969 che disciplinava i termini temporali della conservazione dei libri paga e matricola;
• La legge n. 8/1979 sull’impiego del personale artistico e tecnico nel settore dello spettacolo;
• Il DPR n. 179/1981;
• L’art. 9 – quater della legge n. 608/1996 che disciplinava il registro d’impresa agricolo;
• Il comma 1178 dell’art. 1 della legge n. 396/2006 sulla tenuta dei libri di matricola e di paga;
• Il DM 30 ottobre 2002 relativo alle modalità applicative circa la tenuta del libro matricola e paga;
• La legge n. 188/2007 che aveva introdotto la procedura telematica per le dimissioni volontarie attraverso un sistema che faceva capo al Ministero del Lavoro;
• I commi 32, lettera d (previsione di un aumento della contribuzione per i contratti a tempo parziale fino a 10 ore settimanali), 38 (che aveva cancellato l’art. 14 del D.Lvo. n. 279/2003 per l’inserimento al lavoro dei soggetti svantaggiati
attraverso convenzioni con le cooperative sociali), 45, 47, 48, 49 e 50 (che avevano abrogato il lavoro intermittente e, al contempo, lo avevano consentito nel settore del turismo ed in quello dello spettacolo), della legge n. 247/2007;
• I commi 1173 1174 (che prevedevano l’adozione attraverso decreti del Ministro del Lavoro, di indici di congruità, in rapporto ai lavori svolti ed alla manodopera impiegata in ogni settore), del’art. 1 della legge n. 296/2006:
• Le parole dell’art. 18, comma 1, lettera u) dell’art. 55, comma 4, lettera h), del D.Lvo. n. 81/2008 sono soppresse. Ancora il decreto legge cancella disposizioni “particolari”, relative al c.d. collocamento dello spettacolo.
Rinasce il lavoro intermittente, trovando immediatamente applicazione le norme sul lavoro a chiamata disciplinate dagli articoli da 33 a 40 del D.Lvo. n. 276/2003.
Tenuta dei documenti di lavoro ed altri adempimenti formali (art. 40)
Nuove regole anche in ordine alla conservazione dei documenti dei datori che possono essere tenuti presso i consulenti del lavoro o gli altri professionisti abilitati. All’uopo, il datore di lavoro deve dare comunicazione preventiva alla DPL competente per territorio, fornendo tutti gli elementi utili.
La norma prevede che qualora il depositario non ottemperi entro 15 giorni, senza giustificato motivo, alle richieste avanzate dagli organi di vigilanza è punito con la sanzione amministrativa compresa tra 100 e 1.000 €: in caso di recidiva l’organo di vigilanza ne dà comunicazione all’Ordine per i conseguenti provvedimenti disciplinari.
Nuove regole anche per il collocamento obbligatorio: tutti i datori di lavoro privati e pubblici, soggetti ai limiti dimensionali previsti dalla legge, debbono presentare il prospetto informativo da cui risultino sia il numero complessivo dei dipendenti, che il numero ed i nomi dei computabili nella quota di riserva che i posti di lavoro e le mansioni disponibili, ma questo non sarà inviato entro il 31 gennaio, ma solo qualora vi siano cambiamenti tali da giustificare l’obbligo od incidere sulla quota di riserva, il prospetto è pubblico e deve essere consultabile negli spazi dei servizi per l’impiego aperti al pubblico.
La legge di conversione ha reso definitivo il testo definitivo il testo del D.L. n. 112/2008 sopra commentato.
Istituito, perciò, definitivamente dal 1° gennaio 2009, per tutti i datori di lavoro privato, compresi quelli agricoli, e con la sola esclusione dei datori di lavoro domestico, il libro unico del lavoro.
In tale libro devono essere iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo.
Per ciascun lavoratore devono essere indicati:
o il nome e cognome, il codice fiscale e, xxx xxxxxxxxx, la qualifica e il livello, la retribuzione base, l’anzianità di servizio, le relative posizioni assicurative;
o tutte le dazioni in danaro o in natura corrisposte o gestite dal datore di lavoro (compresi i rimborsi spese, le detrazioni fiscali, gli assegni per il nucleo familiare, le prestazioni ricevute da enti e istituti previdenziali, i premi e gli straordinari);
o il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore subordinato, nonché l'indicazione delle ore di straordinario,
delle eventuali assenze dal lavoro, anche non retribuite, delle ferie e dei riposi. Nell’ipotesi in cui al lavoratore venga corrisposta una retribuzione fissa o a giornata intera o a periodi superiori è annotata solo la giornata di presenza al lavoro.
Il libro unico del lavoro deve essere compilato per ciascun mese di riferimento, entro il giorno 16 del mese successivo.
Con la consegna al lavoratore di copia delle scritturazioni effettuate nel libro unico del lavoro, il datore di lavoro adempie all’obbligo di consegna del prospetto paga.
Sul punto inerente le modalità e i tempi di tenuta e conservazione del libro unico del lavoro si veda dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, decreto 9 luglio 2008.
Il decreto Ministeriale prevede un regime transitorio: fino al periodo di paga relativo a dicembre 2008 – la generalità dei datori di lavoro può continuare a tenere il libro paga, nelle sue sezioni paga e presenze. Non deve invece più essere tenuto e compilato il libro matricola, che deve intendersi immediatamente abrogato a far data pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale 9 luglio 2008 (e ciò con valenza dal 18 agosto 2008).
Per quanto riguarda i datori di lavoro agricolo, deve ritenersi che nel periodo transitorio – analogamente a quanto previsto per la generalità dei datori di lavoro – possano continuare ad assolvere all’obbligo di registrazione dei dati retributivi mediante i cosiddetti cedolini paga elaborati meccanograficamente (e pre-vidimati) ovvero a stampa laser (con autorizzazione preventiva) ed alla registrazione delle presenze mediante la sezione presenze del registro d’impresa. Non deve pertanto più invece essere compilata la sezione matricola del registro d’impresa.
Libro Unico del lavoro - Sanzioni
La norma prevede a modifica delle precedenti disposizioni sanzionative, il seguente regime sanzionatorio a carico del datore di lavoro:
o mancata istituzione e tenuta: sanzione pecuniaria amministrativa da 500 a 2.500 euro;
o omessa esibizione agli organi di vigilanza: sanzione pecuniaria amministrativa da 200 a 2.000 euro;
o l'omessa o infedele registrazione dei dati obbligatori che determina differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali: sanzione pecuniaria amministrativa da 150 a 1500 euro (se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori la sanzione va da 500 a 3000 euro);
o ritardata registrazione dei dati obbligatori entro il 16 del mese successivo: sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro (se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori la sanzione va da 150 a 1500 euro);
o mancata conservazione per il tempo che sarà previsto dal decreto ministeriale: sanzione pecuniaria amministrativa
da 100 a 600 euro.
Si sottolinea che sono previste anche sanzioni amministrative per i consulenti del lavoro e gli altri soggetti abilitati (comprese le associazioni di categoria) che non ottemperino alla richiesta degli organi di vigilanza di esibire, entro 15 giorni, la documentazione in loro possesso (sanzione amministrativa da 250 a 2000 euro, che in caso di recidiva della violazione varia da 500 a 3000).
Importante è notare come a decorrere dal 25 giugno 2008 sia stata abrogata la maxi-sanzione (da 4.000 a 12.000 euro) per le violazioni relative all’istituzione, esibizione e tenuta dei libri obbligatori contemplata dall’art. 1, c. 1178, della legge n. 296/2006.
Data la prossima entrata in vigore delle nuove disposizioni, in materia di libro unico del lavoro, si forniscono le informazioni utili per gestire al meglio, anche alla luce delle istruzioni diramate dal Ministero del Lavoro attraverso il “vademecum”.
Entrata in vigore
Il Libro Unico del lavoro, che nasce da una esigenza di semplificazione in materia di tenuta dei documenti di lavoro, ha portato alla soppressione dei libri paga e matricola, è stato istituito ,ed è costruito sulla base di due principali elementi: le presenze del lavoratore e lo sviluppo del trattamento retributivo.
Con il periodo di paga relativo a dicembre 2008 termina il periodo transitorio; il Libro Unico pertanto entrerà pienamente in vigore a decorrere dal periodo di paga relativo al mese di gennaio 2009.
Come noto, il libro matricola venne abrogato fin dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale 9 luglio 2008, ovvero sin dal 18 agosto scorso.
Soggetti da registrare sul Libro Unico del lavoro
Dal 1 gennaio 2009 si dovranno registrare sul Libro Unico i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi a progetto ed occasionali, gli associati in partecipazione con apporto lavorativo. Sono inoltre da registrare gli amministratori, i sindaci ed i componenti di collegi, consigli di amministrazione e commissioni, quando i compensi non sono attratti nei redditi di natura professionale. Sono da registrare, a cura dell’utilizzatore, anche i lavoratori in somministrazione e i lavoratori distaccati, ma solamente per quanto attiene ai dati anagrafici, mentre i dati retributivi dovranno essere indicati dall’agenzia di somministrazione e dall’azienda distaccante.
Sono infine da registrare i soci delle cooperative che abbiano instaurato con la cooperativa un rapporto di lavoro.
Il vademecum del Ministero del Lavoro, recentemente diramato dal Ministro Xxxxxxx, ha previsto che, in ottica semplificatrice, gli amministratori e i sindaci vengano registrati sul Libro Unico soltanto con riferimento al mese in cui avviene la eventuale percezione di compensi o rimborsi spese. Secondo le fonti ministeriali la registrazione sul Libro Unico limitatamente al mese in cui avviene la percezione del compenso, riguarda anche quei lavoratori parasubordinati per i quali sia previsto il pagamento del compenso con cadenza non mensile (ad esempio, trimestrale, semestrale od annuale), ancora è stato chiarito che l’obbligo di iscrivere sul Libro Unico i dati anagrafici del lavoratore dipendente a tempo determinato che venga assunto, ad esempio, a fine mese ma non effettui, per qualsiasi ragione, prestazioni lavorative in quello stesso mese. In questo caso, coerentemente con quanto previsto dal vademecum, i datori di lavoro dovranno indicare sul Libro Unico i soli dati anagrafici relativi al soggetto neoassunto, rimandando al mese successivo i dati retributivi. Sul libro unico viceversa non devono essere registrati i tirocinanti e gli stagisti.
Modalità di tenuta del libro unico del lavoro
Il libro unico potrà essere tenuto mediante uno dei seguenti sistemi:
a)elaborazione e stampa meccanografica su fogli mobili a ciclo continuo, con numerazione e vidimazione di ogni pagina; b) stampa laser a seguito di autorizzazione preventiva; c) su supporti magnetici sui quali ogni scrittura costituisca documento informatico e sia collegata alle registrazioni in precedenza effettuate o a elaborazione automatica dei dati, garantendo la consultabilità, inalterabilità e la integrità dei dati, nonché la sequenzialità cronologica delle operazioni eseguite.
Pur tenendo conto del fatto che, secondo il Ministero, oltre il 90% delle aziende già utilizza il sistema della stampa laser, è evidente che il Libro unico equivale al cedolino paga tenuto con i sistemi attualmente previsti, completato dal dettaglio delle presenze del lavoratore.
Problemi notevoli quindi per le aziende agricole che gestiscono autonomamente l’elaborazione delle buste paga (e connessi adempimenti) dei propri dipendenti, è rappresentato dalla impossibilità di tenere il Libro Unico con modalità manuali, nonché dalla abrogazione dell’attuale registro presenza, in quanto la parte afferente alle presenze dovrà essere inserito nel Libro Unico con una delle modalità precisate nel paragrafo la parte presenze del Libro Unico.
Il Libro Unico deve essere costituito da un documento unitario quanto a vidimazione, numerazione, registrazioni, tenuta e conservazione.
Le nuove disposizioni obbligano quindi il datore di lavoro ad istituire e tenere un solo e unico libro, anche in presenza di più sedi di lavoro sebbene stabili ed organizzate.
Ciò nonostante il Ministero del Lavoro con il vademecum, ha affermato che pur ritenendo che un datore di lavoro non possa tenere sezioni separate del Libro Unico, in caso di situazioni particolari, legate ad esigenze specifiche tipizzate che potranno essere unicamente la pluralità di sedi e le diverse categorie di lavoratori, salvo che questi non effettui una preventiva comunicazione alla competente Direzione Prov.le del Lavoro, informando l’ente circa la effettuazione, con la medesima numerazione, la tenuta del Libro Unico in più sezioni distinte. Il soggetto autorizzato alla numerazione unica potrà, secondo il vademecum, ottenere più autorizzazioni e quindi tenere distinte numerazioni: pur non essendo questa la regola ciò potrà avvenire nel solo caso di un soggetto che gestisca più sedi distinte in modo autonomo l’una dall’altra, ovvero particolari categorie di lavoratori che richiedano modalità di tenuta diversificate.
In un’ottica di completa semplificazione inoltre, sarà possibile una tenuta da parte di soggetti diversi, della elaborazione dei dati retributivi e di quelli relativi al calendario delle presenze, a condizione che ciascuno dei due o più soggetti sia autorizzato separatamente alla tenuta, che il datore di lavoro provveda a comunicare a tutte le Direzioni Xxxx.xx del Lavoro interessate la tenuta separata del Libro Unico, specificando i nominativi dei vari soggetti e i contenuti di ciascuna sezione, che siano rispettate da ciascun soggetto le modalità e i contenuti della tenuta del Libro ( la parte presenza non potrà essere tenuta perciò con le attuali modalità manuali).
Dati da scrivere nel Libro unico
Sul libro unico vanno registrate tutte le corresponsioni in danaro o in natura, gestite dal datore di lavoro (compresi i rimborsi spese, le detrazioni fiscali, gli assegni per il nucleo familiare, le prestazioni corrisposte da enti e istituti previdenziali, i premi e gli straordinari).
La novità più saliente è rappresentata, rispetto agli obblighi di registrazione sul precedente libro paga, dalla necessità di indicare anche i rimborsi spese e le erogazioni liberali in natura esenti fiscalmente e contributivamente. Peraltro la mancata annotazione di importi marginali o non ricorrenti, potrà non essere sanzionata qualora siano esclusi riverberi ovvero incidenze di carattere contributivo o fiscale, purché il datore di lavoro fornisca analiticamente, su richiesta degli organi ispettivi, le informazioni relative a tali dazioni.
Vidimazione e numerazione unica
La normativa individua l’Inail quale unico ente preposto ad effettuare la vidimazione del Libro Unico, anche nel caso di quei datori di lavoro, come quelli agricoli, che provvedevano alla registrazione presso altri Istituti.
Indipendentemente dal sistema adottato, è obbligatorio:
• Attribuire, in fase di stampa, una numerazione sequenziale a ciascun foglio che compone il Libro unico del lavoro;
• conservare eventuali fogli deteriorati o annullati.
Nel caso in cui il cedolino riguardante un lavoratore sia composto da più pagine, dovrà essere apposto un numero per ogni
singolo foglio, così come nel caso di un cedolino predisposto fronte/retro.
L’indicazione del mantenimento di un ordine sequenziale, è finalizzata a garantire l’unicità documentale del Libro Unico, senza lasciare “buchi” di numerazione. Pertanto l’esposizione delle presenze e dei cedolini è libera. Ad esempio, nel caso di una azienda che intenda indicare le presenze dei lavoratori con riepilogo a parte, potranno essere effettuati prima tutti i cedolini dei dipendenti e successivamente i riepiloghi delle presenze, oppure prima i cedolini degli impiegati, poi le loro presenze, successivamente i cedolini degli operai ed i prospetti afferenti alle loro presenze.
Con Circolare del 9 dicembre 2008, l’Inail ha definito le modalità di iscrizione dei datori di lavoro nella banca dati dell’istituto. L’azienda non presente nella banca dati dell’Inail dovrà registrarsi sul sito attraverso il seguente percorso:
sull’home page del sito xxx.xxxxx.xx
entra in “Registrazione” “Registrazione utente generico”
Compila con i suoi dati la maschera “Registrazione utente generico” e, infine, clicca su “SALVA”.
L’utente che si è registrato riceverà all’indirizzo e-mail che ha indicato nella maschera “Registrazione utente generico” un messaggio con l’indicazione di una password. Con il proprio codice fiscale e la password, entrerà sul sito xxx.xxxxx.xx in “Punto cliente”, dove compilerà una maschera con tutti i dati anagrafici della ditta. A questo punto verrà attribuito alla Ditta il numero di “Codice Cliente “ ed il numero di Pin di 4 cifre.
Per poter utilizzare il sistema della stampa laser quale sistema di vidimazione del Libro Unico del Lavoro, è prevista un’autorizzazione preventiva da parte dell’Inail alla stampa e generazione della numerazione automatica. I datori di lavoro dovranno recarsi presso l’Inail competente per territorio con la richiesta di autorizzazione all’utilizzo della stampa laser, producendo il fac-simile di tracciato che deve contenere tutti i campi per effettuare le registrazioni obbligatorie previste
Per chi è già in possesso dell’autorizzazione alla stampa laser Inail, ai fini di una semplificazione degli adempimenti, l’Istituto ha previsto il rilascio di una autorizzazione preventiva direttamente alle case di software sui vari tracciati dalle stesse elaborati e posti in uso. Queste aziende dovranno riportare sul Libro Unico sia il numero di autorizzazione rilasciato alla software house, sia quello rilasciato a suo tempo all’azienda stessa. Secondale fonti pubbliche pertanto per le aziende aderenti ai Servizi Paghe delle varie organizzazioni sindacali, queste potranno provvedere, salvo determinazioni diverse, direttamente “d’Ufficio” ad effettuare l’iscrizione delle varie aziende presso l’Inail.
Luogo di conservazione del Libro Unico
Il Libro Unico del lavoro è conservato, di norma, presso la sede legale dell’impresa. L’impresa può comunque scegliere (si legge nel vademecum) di tenere il Libro Unico anche presso una sede diversa dalla sede legale. In ogni caso ciò che conta, sotto un profilo di rispetto sostanziale della normativa, è che il datore di lavoro sia in condizione di poter esibire le scritture e la documentazione senza poter opporre alcuna eccezione relativa alla sede liberamente prescelta. In caso di più sedi, il datore di lavoro può trasmettere il Libro Unico presso la sede in cui è avvenuta l’ispezione, in via telematica, per essere nello stesso luogo materializzato in forma cartacea. Di norma pertanto si suggerisce di detenere, per la prevista conservazione, il Libro Unico del lavoro delle aziende aderenti ai vari Servizi Paghe delle organizzazioni datoriali ( o di altri soggetti abilitati) presso la sede dei sunnominati soggetti e non presso la sede aziendale; in caso di ispezione sul lavoro, i documenti potranno essere esibiti agli Enti ispettivi entro il termine di 15 giorni dalla richiesta espressamente formulata a verbale dagli organi di vigilanza. Relativamente alle aziende che detengono direttamente il Libro Unico, queste dovranno esibirlo tempestivamente agli organi di vigilanza nel luogo di lavoro, quando trattasi di sede stabile di lavoro, anche a mezzo posta elettronica o fax. Nel caso di attività che comportino lo svolgimento delle prestazioni lavorative presso più luoghi di lavoro nell’ambito della stessa giornata (definite attività mobili od itineranti) o sono caratterizzate dalla mobilità dei lavoratori sul territorio, il Libro Unico dovrà essere esibito entro il termine assegnato nella richiesta formulata a verbale dagli ispettori. In sostanza nei confronti delle aziende agricole, gli ispettori si atterranno alle disposizioni previste in caso di attività mobili od itineranti (come avveniva peraltro anche in precedenza).
In caso di visita ispettiva, se richiesto dagli organi di vigilanza va esibito il Libro Unico elaborato il giorno 16 che precede immediatamente l’ispezione (ad esempio, per una visita ispettiva effettuata il 9 marzo, andrà esibito il Libro Unico elaborato entro il 16 febbraio).
Una importante semplificazione riguarda le aziende che hanno unità produttive dislocate su più province. L’accentramento retributivo, recita il vademecum del Ministero del Lavoro, rappresenta con la riforma, l’ordinaria modalità di tenuta del Libro Unico, che non deve essere conservato sul luogo di lavoro, pertanto le aziende che operano su più realtà territoriali distinte non dovranno più inoltrare alcuna richiesta di autorizzazione all’accentramento alle Direzioni Provinciali del Lavoro. Ne consegue che il luogo ordinario di tenuta del Libro Unico è, senza necessità di alcuna autorizzazione una delle sedi alternativamente previste dalla normativa, come sopra specificato. Salvo le eccezioni precisate al capitolo “Modalità di tenuta del Libro Unico del lavoro”, le aziende che hanno unità produttive su province diverse, dovranno richiedere l’autorizzazione alla vidimazione del Libro Unico ad una sola sede Inail (e non a tutte le sedi Inail di ogni provincia).
Restano in vigore invece le attuali norme per quanto attiene l’eventuale richiesta di accentramento contributivo.
La parte presenze del Libro Unico
Le presenze del lavoratore dovranno essere indicate nel Libro Unico con una delle seguenti modalità:
1) integrazione nel corpo del cedolino;
2) con riepilogo a parte. A tal proposito, è possibile inserire le presenze di più dipendenti in uno stesso foglio del Libro Unico. Non è obbligatoria la consegna al lavoratore della sezione presenze.
Dovranno essere indicate, per ogni giornata di lavoro eseguita, le ore di lavoro effettuate, suddivise tra ordinarie, straordinarie, eccetera. Per quanto riguarda il personale a tempo indeterminato ed impiegatizio, occorre inoltre dare conto delle eventuali assenze, specificando se trattasi di ferie, malattia, cassa integrazione ecc.- La tabella di decodificazione delle causali non necessariamente deve essere inserita o stampata sul Libro Unico, purché sia tenuta a disposizione degli organi di vigilanza. Essendo tale normativa in molti casi problematica, si segnala come la Confagricoltura abbia inviato al Ministero del Lavoro e, per conoscenza, ad Inps ed Inail, una nota con la quale si richiede che, tenuto conto delle peculiarità del settore e della previgente disciplina in materia di registro d’impresa, i datori di lavoro agricolo possano indicare esclusivamente la presenza al lavoro degli operai, apponendo una crocetta sul calendario della sezione presenze.
Con la stessa nota, Confagricoltura chiede di esonerare le aziende agricole dall’obbligo di registrazione dell’assenza gli intervalli tra una prestazione e l’altra nei rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato che in tali periodi il rapporto deve considerarsi quiescente e che quindi la mancata presenza del lavoratore in azienda non è riconducibile ad una delle fattispecie tipiche (ferie, permessi, malattia ecc.).
Attraverso il vademecum il Ministero ha precisato, a proposito dei lavoratori per i quali non è necessario registrare analiticamente le ore di lavoro (il Decreto prevede, nell’ipotesi in cui al lavoratore venga corrisposta una retribuzione fissa o a giornata intera o a periodi superiori, che venga annotata solo la giornata di presenza al lavoro), che trattasi del personale con mansioni direttive (dirigenti, quadri, direttori) non assoggettati ai limiti orari di cui al D.Lgs. 66/2003 e non invece, come si poteva astrattamente supporre, il personale retribuito con retribuzione mensilizzata.
Per la registrazione delle presenze sul Libro Unico per i datori di lavoro agricolo che occupano solamente operai a tempo determinato e per non più di 270 giornate, viene mantenuta l’esclusione dall’obbligo della registrazione delle presenze, in analogia con quanto previsto dalla precedente normativa in materia di registro d’impresa semplificato; al riguardo e tenendo conto che la norma non specifica da quale momento un’azienda non tenuta alla registrazione delle presenze che superi le
270 giornate di lavoro sia tenuta ad ottemperare a tale adempimento, e più precisamente se l’obbligo scatti fin dalla duecentosettantunesima giornata oppure dal 1° gennaio dell’anno successivo e stato chiarito che l’obbligo scatta dal 1° gennaio dell’anno successivo; tale criterio dovrà essere adottato anche nel caso in cui una azienda tenuta all’obbligo della segnalazione delle presenze opti per l’esonero, avendo denunciato meno di 270 giornate di lavoro nell’arco dell’anno solare. Si ritiene comunque che, in tutti i casi, l’azienda sia tenuta a ritrasmettere la denuncia aziendale per segnalare la modifica, nonché il piano colturale che ha determinato tale situazione.
Non è inutile segnalare come non sia previsto il mantenimento di un calendario presenze per i lavoratori parasubordinati.
Tempi di registrazione
Le scritturazioni obbligatorie sul Libro Unico devono avvenire, per ciascun mese di riferimento, entro il giorno 16 del mese successivo, termine portato alla fine del mese dal provvedimento del Governo Xxxxx, già innanzi commentato (cosiddetta Manovra Monti – Salva Italia). Ciò allo scopo di uniformare il termine ultimo per l’effettuazione delle scritturazioni a quello ordinariamente previsto per i versamenti contributivi da parte della generalità dei datori di lavoro. In caso di differimento degli obblighi contributivi, risulta conseguentemente differito anche il termine per la compilazione del Libro Unico.
La registrazione dei dati retributivi variabili (ad esempio lo straordinario) può essere differita anche di un mese, a condizione che vengano comunque registrate le presenze nel periodo di riferimento; in caso di differimento dei dati retributivi, deve essere fatta una annotazione (anche una sola volta) sul Libro Unico del mese, in modo chiaro e non a mano. Il differimento potrà riguardare anche solo alcuni lavoratori, purché vi sia una chiara annotazione sul Libro Unico dei soggetti interessati.
Sul Libro Unico non sono consentite annotazioni manuali.
Eventuali correttivi dovranno essere annotati nella sezione retributiva relativa al Libro Unico elaborato nel mese successivo; le correzioni effettuate spontaneamente non sono assoggettabili a sanzioni.
Tempi di conservazione
Il Libro Unico deve essere conservato per 5 anni dalla data dell’ultima registrazione. Tale termine vale anche per i libri obbligatori in materia di lavoro (libro paga, matricola, presenze, registro d’impresa), dismessi a seguito dell’entrata in vigore del Libro Unico.
Regime sanzionatorio
Il testo di legge prevede un diverso regime per l’inadempimento:
o mancata istituzione e tenuta: sanzione pecuniaria amministrativa da 500 a 2.500 euro;
o omessa esibizione agli organi di vigilanza: sanzione pecuniaria amministrativa da 200 a 2.000 euro;
o l'omessa o infedele registrazione dei dati obbligatori che determina differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali: sanzione pecuniaria amministrativa da 150 a 1500 euro (se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori la sanzione va da 500 a 3000 euro);
o ritardata registrazione dei dati obbligatori entro il 16 del mese successivo: sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro (se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori la sanzione va da 150 a 1500 euro);
o mancata conservazione per il tempo che sarà previsto dal decreto ministeriale: sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro.
CAPITOLO 7 – ALIQUOTE CONTRIBUTIVE INPS PER L’ANNO 2012
Pubblichiamo le tabelle contributive valevoli per il settore agricolo per l’anno 2012 ed utili per il calcolo delle somme dovuta all’I.N.P.S. a titolo di CAU, per i lavoratori dipendenti nonché dovute per i collaboratori coordinati e continuativi e figure similari.
Operai agricoli e florovivaisti di aziende agricole tradizionali
ALIQUOTE CONTRIBUTIVE IN VIGORE NEL 2012
OPERAI A TEMPO INDETERMINATO | OPERAI A TEMPO DETERMINATO | |||||
IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
TOTALE CONTRIBUTI | 44,7365 | 35,8965 | 8,84 | 44,5365 | 35,6965 | 8,84 |
Operai agricoli e florovivaisti
DI AZIENDE CON PROCESSI PRODUTTIVI DI TIPO INDUSTRIALE
OPERAI A TEMPO INDETERMINATO | OPERAI A TEMPO DETERMINATO | |||||
IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
TOTALE CONTRIBUTI | 49,3365 | 40,4965 | 8,84 | 49,1365 | 40,2965 | 8,84 |
Operai agricoli e florovivaisti di aziende diretto coltivatrici
ALIQUOTE CONTRIBUTIVE IN VIGORE NEL 2012
OPERAI A TEMPO INDETERMINATO | OPERAI A TEMPO DETERMINATO | |||||
IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
TOTALE CONTRIBUTI | 43,2065 | 34,3665 | 8,84 | 43,0065 | 34,1665 | 8,84 |
IMPIEGATI E DIRIGENTI XXXXXXXX
ALIQUOTE CONTRIBUTIVE IN VIGORE NEL 2012
CONTRIBUTI I.N.P.S
IMPIEGATI | DIRIGENTI | |||||
IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
TOTALE CONTRIBUTI I.N.P.S. | 34,47 | 25,63 | 8,84 | 32,97 | 24,13 | 8,84 |
CONTRIBUTI E.N.P.A.I.A.
IMPIEGATI | DIRIGENTI | |||||
IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
TOTALE CONTRIBUTI E.N.P.A.I.A. | 11,00 | 9,00 | 2,00 | 12,00 | 9,50 | 2,50 |
RIEPILOGO ALIQUOTE CONTRIBUTIVE NEL 2012
IMPRESE AGRICOLE TRADIZIONALI
TIPO DI CONTRIBUZIONE | Operai a tempo indeterminato | Operai a tempo determinato | Impiegati | |||
A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
Ordinaria | 35,8965 | 8,84 | 35,6965 | 8,84 | 25,63 | 8,84 |
Zone Montane | 9,1991 | 8,84 | 9,1491 | 8,84 | 6,6325 | 8,84 |
Zone SVANTAGGIATE | 11,6909 | 8,84 | 11,6269 | 8,84 | 8,4056 | 8,84 |
IMPRESE AGRICOLE CON PROCESSI PRODUTTIVI DI TIPO INDUSTRIALE
TIPO DI CONTRIBUZIONE | Operai a tempo indeterminato | Operai a tempo determinato | Impiegati | |||
A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
Ordinaria | 40,4965 | 8,84 | 40,2965 | 8,84 | 25,63 | 8,84 |
Zone Montane | 10,3491 | 8,84 | 10,2991 | 8,84 | 6,6325 | 8,84 |
Zone svantaggiate | 13,1629 | 8,84 | 13,0989 | 8,84 | 8,4056 | 8,84 |
IMPRESE AGRICOLE DIRETTO COLTIVATRICI
TIPO DI CONTRIBUZIONE | Operai a tempo indeterminato | Operai a tempo determinato | Impiegati | |||
A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
Ordinaria | 34,3665 | 8,84 | 34,1665 | 8,84 | 24,10 | 8,84 |
Zone Montane | 8,8166 | 8,84 | 8,7666 | 8,84 | 6,250 | 8,84 |
Zone svantaggiate | 11,2013 | 8,84 | 11,1373 | 8,84 | 7,916 | 8,84 |
COLLABORATORI COORDINATI E CONTINUATIVI
RIEPILOGO ALIQUOTE CONTRIBUTIVE NEL 2012
SOGGETTI PRIVI DI ALTRA TUTELA PREVIDENZIALE OBBLIGATORIA
VOCI CONTRIBUTIVE | IN COMPLESSO | A CARICO COMMITTENTE | A CARICO COLLABORATORE |
ASSICURAZIONE I.V.S. | 27,00 | 18,00 | 9,00 |
MATERNITÀ, A.N.F., MALATTIA | 0,72 | 0,48 | 0,24 |
ASSICURAZIONE INFORTUNI * | |||
TOTALE CONTRIBUTI | 27,72 | 18,48 | 9,24 |
SOGGETTI PENSIONATI O ISCRITTI AD ALTRA GESTIONE PREVIDENZIALE OBBLIGATORIA
VOCI CONTRIBUTIVE | IN COMPLESSO | A CARICO COMMITTENTE | A CARICO COLLABORATORE |
ASSICURAZIONE I.V.S. | 18,00 | 12,00 | 6,00 |
ASSICURAZIONE INFORTUNI * | |||
TOTALE CONTRIBUTI | 18,00 | 12,00 | 6,00 |
∗ Per i collaboratori occupati in attività per le quali è prevista l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (collaboratori che svolgano le attività previste dall’art. 1 del T.U. infortuni, ovvero si avvalgano, non occasionalmente, di veicoli a motore
personalmente condotti) i committenti sono obbligati a corrispondere all’INAIL il premio assicurativo, la cui misura è in relazione al rischio specifico. Il premio è, comunque, ripartito nella misura di 1/3 a carico del collaboratore e di 2/3 a carico del committente.
ASSOCIATI IN PARTECIPAZIONE
RIEPILOGO ALIQUOTE CONTRIBUTIVE NEL 2012
SOGGETTI PRIVI DI ALTRA TUTELA PREVIDENZIALE OBBLIGATORIA
VOCI CONTRIBUTIVE | IN COMPLESSO | A CARICO COMMITTENTE | A CARICO COLLABORATORE |
ASSICURAZIONE I.V.S. | 27,00 | 14,85 | 12,15 |
MATERNITÀ, A.N.F., MALATTIA | 0,72 | 0,396 | 0,324 |
ASSICURAZIONE INFORTUNI * | |||
TOTALE CONTRIBUTI | 27,72 | 15,246 | 12,474 |
SOGGETTI PENSIONATI O ISCRITTI AD ALTRA GESTIONE PREVIDENZIALE OBBLIGATORIA
VOCI CONTRIBUTIVE | IN COMPLESSO | A CARICO COMMITTENTE | A CARICO COLLABORATORE |
ASSICURAZIONE I.V.S. | 18,00 | 9,90 | 8,10 |
ASSICURAZIONE INFORTUNI * | |||
TOTALE CONTRIBUTI | 18,00 | 9,90 | 8,10 |
∗ I soggetti che nell’ambito dell’associazione in partecipazione conferiscono prestazioni lavorative devono essere coperti dall’assicurazione INAIL contro il rischio derivante dall’attività svolta. Il premio è a carico dell’associante.
Minimali contributivi e aliquote contributive in vigore nel 2012. Circolare INPS.
L’INPS con recente circolare (la n. 21 del 9.2.2012) ha rideterminato il limite minimo di retribuzione giornaliera per il calcolo di tutte le contribuzioni dovute in materia di previdenza ed assistenza per l’anno 2012.
Per il corrente anno il limite è fissato ad € 45,70 giornalieri, ricordiamo che tale importo è corrispondente al 9,5% dell’importo del trattamento minimo mensile delle pensioni liquidate dal Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti - FLDP - in vigore al 1°gennaio 2012 ammontante ad € 481,00.
L’INPS ha inoltre determinato, sulla base dell’aumento dell’indice medio del costo della vita, pari per l’anno 2011 allo 2,7 per cento, i minimi retributivi per singole categorie, ex legge n. 537/1981.
Per quanto riguarda il settore agricolo questi i minimi per l’anno 2012:
- Dirigenti € 101,14
- Impiegati € 53,34
- Operai € 40,65
Per gli impiegati agricoli al servizio presso più aziende il minimale è di € 35,66 per gli impiegati di concetto e di € 29,00 per quelli d’ordine; i predetti minimali in ogni caso dovranno essere ragguagliati al minimo dei minimi e cioè ad € 45,70..
Il datore di lavoro del settore agricolo, per il calcolo dei contributi previdenziali, dovrà rispettare tre minimali e cioè:
a) la retribuzione stabilita dai contratti collettivi;
b) i minimali retributivi di categoria ex lege n. 537/1981;
c) il minimale dei minimali fissato, per il 2012, in € 45,70 (art.7, L. 638/83).
Ricordiamo infine che agli operai agricoli non è applicabile il minimale dei minimali per i quali il minimale giornaliero da rispettare – salvo il solo minimale rappresentato dalle retribuzioni stabilite dai contratti collettivi – è unicamente quello ex lege n. 537/1981, e cioè pari ad € 40,65.
Part-Time
La retribuzione minima oraria per poter calcolare i contributi previdenziali si determina moltiplicando il minimale dei minimali (€ 45,70) giornaliero per le giornate di lavoro settimanali (6 gg.) poi dividendo l’importo risultante per il numero delle ore settimanali previste d’ordinario dalla contrattazione collettiva agricola (39 ore settimanali), sempre ovviamente salva la eventuale maggior retribuzione oraria minima fissata dalla contrattazione collettiva.
Limite di retribuzione per il contributo aggiuntivo dell’1%
Il contributo aggiuntivo sulla contribuzione FLDP, ex art. 3-ter della legge 14 novembre 1992 n. 438) e pari all’1%, si dovrà calcolare per il correnrte anno 2012 sulla quota di retribuzione eccedente € 44.204,00 annui (€ 3.684,00 mensili).
Massimale retributivo
Nella stessa circolare l’INPS comunica il valore, per il 2012, del massimale retributivo annuo sul quale si devono calcolare i contributi previdenziali ed assistenziali (esclusivamente per i nuovi iscritti alle gestioni inps, se assunti successivamente all’1/1/96 ovvero per i lavoratori che abbiano optano per il sistema contributivo) per il corrente anno il limite è portato) a € 96.149,00 ( € 93.622,00 nel 2011).
Importi che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente.
Questa la tavola riassuntiva emessa dall’INPS relativamente agli importi che non concorrono a formare il reddito imponibile di lavoro dipendente ( d.lgs. n.314/1997).
ANNO 2012 | Euro |
Prestazioni e indennità sostitutive mensa | 5,29 |
Fringe benefit (tetto) | 258,23 |
Indennità di trasferta intera Italia | 46,48 |
Indennità di trasferta 2/3 Italia | 30,99 |
Indennità di trasferta 1/3 Italia | 15,49 |
Indennità di trasferta intera estero | 77,47 |
Indennità di trasferta 2/3 estero | 51,65 |
Indennità di trasferta 1/3 estero | 25,82 |
Indennità di trasferimento Italia (tetto) | 1.549,37 |
Indennità di trasferimento estero (tetto) | 4.648,11 |
Azioni offerte ai dipendenti (tetto) | 2.065,83 |
La circolare INPS come di consueto precisa che gli interessati che dovranno adeguarsi ai nuovi minimali hanno tempo fino al giorno 16 del 3° mese successivo a quello di emanazione della circolare, in tal caso sarà applicata la maggiorazione degli interessi legali.
CAPITOLO 8 – TABELLE SALARIALI IN VIGORE E CONTRIBUTI C.I.M.A.A.V. ANNO 2012
Tabella O.T.D. Settore Tradizionale in vigore dal 1°/01/2012
TABELLA SALARIALE DEGLI OPERAI AGRICOLI A TEMPO DETERMINATO 1°GENNAIO 2011 Tradizionali | ||||||||
Livello e Qualifica | Salario Contrattuale 1/12/2007 | Aumento CPL 1/01/2009 (6,95%) | 3° Elelmento (30,44%) | Salario contrattuale al 1/01/2011 | Straordinari o Feriale 25% | Lavoro Festivo 40% | Straordinario Festivo 50% | Val. xxx.xx TFR 8,63% |
7 Liv. Spec. Sup. | 7,83 | 0,54 | 2,65 | 11,37 | 13,55 | 14,86 | 15,73 | 0,75 |
6 Liv. Spec. Interm. | 7,45 | 0,52 | 2,52 | 10,82 | 12,89 | 14,14 | 14,97 | 0,72 |
5 Liv. Specializz. | 7,42 | 0,52 | 2,51 | 10,78 | 12,84 | 14,08 | 14,91 | 0,71 |
4 Liv. Qual. Sup. | 6,86 | 0,48 | 2,32 | 9,96 | 11,87 | 13,02 | 13,78 | 0,66 |
3 Liv. Qualif. | 6,45 | 0,45 | 2,19 | 9,37 | 11,16 | 12,24 | 12,96 | 0,62 |
2 Liv. Comuni A | 5,90 | 0,41 | 2,00 | 8,57 | 10,21 | 11,20 | 11,85 | 0,57 |
1 Liv. Comui B | 4,50 | 0,31 | 1,53 | 6,54 | 7,79 | 8,54 | 9,04 | 0,43 |
Tabella O.T.I. Settore Tradizionale in vigore dal 1°/01/20112
TABELLA SALARIALE DEGLI OPERAI AGRICOLI A TEMPO INDETERMINATO 1° GENNAIO 2011 | |||
Livello e Qualifica | Salario Contrattuale 1/01/2008 | Aumento C.P.L. 1/01/2009 (2,78%) | Salario contrattuale con Aumento C.C.N.L. al 1/01/2011 (2,5%) |
7 Liv. Spec. Sup. | 1418,45 | 37,85 | 1516,01 |
6 Liv. Spec. Interm. | 1343,21 | 35,85 | 1435,60 |
5 Liv. Specializz. | 1336,54 | 35,67 | 1428,47 |
4 Liv. Qual. Sup. | 1230,64 | 32,84 | 1315,28 |
Tabella Scatti di Anzianità O.T.I. Settore Tradizionale
SCATTI DI ANZIANITA' O.T.I. Settore tradizionale | |||||
Livello e Qualifica | 1°Biennio | 2°Biennio | 3°Biennio | 4°Biennio | 5°Biennio |
7 Liv. Spec. Sup. | 12,78 | 25,56 | 38,34 | 51,12 | 63,90 |
6 Liv. Spec. Interm. | 12,50 | 25,00 | 37,50 | 50,00 | 62,50 |
5 Liv. Specializz. | 12,50 | 25,00 | 37,50 | 50,00 | 62,50 |
4 Liv. Qual. Sup. | 11,93 | 23,86 | 35,79 | 35,79 | 59,65 |
Tabella O.T.D. Settore Florovivaistico in vigore dal 1°/01/2012
TABELLA SALARIALE DEGLI OPERAI FLOROVIVAISTI A TEMPO DETERMINATO 1°GENNAIO 2011 | ||||||||
Livello e Qualifica | Salario Contrattuale 1/12/2007 | Aumento CPL 1/01/2009 (6,95%) | 3°Elelmento (30,44%) | Salario contrattuale al 1/01/2011 | Straordinario Feriale 29% | Lavoro Festivo 40% | Straordinario Festivo 50% | Val. xxx.xx TFR 8,63% |
7 Liv. Spec. Sup. | 7,97 | 0,55 | 2,70 | 11,57 | 14,15 | 15,12 | 16,01 | 0,77 |
6 Liv. Spec. Interm.Ex Op. Mot. | 7,69 | 0,53 | 2,61 | 11,17 | 13,65 | 14,59 | 15,45 | 0,74 |
5 Liv. Specializz. | 7,55 | 0,52 | 2,56 | 10,96 | 13,40 | 14,33 | 15,17 | 0,73 |
4 Liv. Spec. Qual. Sup. | 6,98 | 0,49 | 2,37 | 10,14 | 12,39 | 13,25 | 14,02 | 0,67 |
3 Liv. Qualificato | 6,79 | 0,48 | 2,30 | 9,87 | 12,07 | 12,90 | 13,66 | 0,65 |
2 Liv. Comuni | 6,05 | 0,42 | 2,05 | 8,79 | 10,74 | 11,48 | 12,15 | 0,58 |
Tabella O.T.I. Settore Florovivaistico in vigore dal 1°/01/2012
TABELLA SALARIALE DEGLI OPERAI FLOROVIVAISTI A TEMPO INDETERMINATO 1°GENNAIO 2011 | |||
Livello e Qualifica | Salario Contrattuale 1/01/2008 | Aumento C.P.L. 1/01/2009 (2,78%) | Salario contrattuale con Aumento C.C.N.L. al 1/01/2011 (4,1%) |
7 Liv. Spec. Sup. | 8,32 | 0,23 | 8,90 |
6 Liv. Spec. Interm.Ex Op. Mot. | 8,02 | 0,22 | 8,58 |
5 Liv. Specializz. | 7,90 | 0,22 | 8,45 |
4 Liv. Spec. Qual. Sup. | 7,29 | 0,20 | 7,80 |
3 Liv. Qualificato | 7,09 | 0,20 | 7,59 |
2 Liv. Comuni | 6,32 | 0,18 | 6,76 |
Tabella Scatti di Anzianità O.T.I Settore Florovivaistico.
Livello e Qualifica | 1°Biennio | 2°Biennio | 3°Biennio | 4°Biennio | 5°Biennio |
7 Liv. Spec. Sup. | 0,08 | 0,16 | 0,24 | 0,32 | 0,40 |
6 Liv. Spec. Interm.Ex Op. Mot. | 0,07 | 0,14 | 0,21 | 0,28 | 0,35 |
5 Liv. Specializz. | 0,07 | 0,14 | 0,21 | 0,28 | 0,35 |
4 Liv. Spec. Qual. Sup. | 0,07 | 0,14 | 0,21 | 0,28 | 0,35 |
3 Liv. Qualificato | 0,07 | 0,14 | 0,21 | 0,28 | 0,35 |
2 Liv. Comuni | 0,06 | 0,12 | 0,18 | 0,24 | 0,30 |
Tabella Impiegati Agricoli.
Qualifica | Stipendio mensile 1/01/2009 | Stipendio mensile arrotondato 1/01/2009 | Aumento C.P.L. 01/03/2010 (5%) | Stipendio mensile arrotondato 1/03/2010 | Mag. Tit. Studio (assegno ad personam) | Magg. Scatti anzianità | |||
Laurea | Diploma | ||||||||
Cat. Concetto | 1 | Direttore | 1.841,18 | 1.841,00 | 1.933,05 | 1.933,00 | 87,32 | 58,39 | 33,05 |
2 | Agente capocont . | 1.661,02 | 1.661,00 | 1.744,05 | 1.744,00 | 77,07 | 51,55 | 29,44 | |
3 | Sottoag. contab. | 1.526,05 | 1.526,00 | 1.602,30 | 1.602,00 | 72,86 | 48,75 | 26,86 | |
Cat. Ordine | 4 | Capor. Aiutocont . | 1.397,05 | 1.397,00 | 1.466,85 | 1.467,00 | 70,81 | 47,40 | 24,79 |
5 | Dattilogra fa | 1.236,10 | 1.236,00 | 1.297,80 | 1,298,00 | 0,00 | 40,04 | 23,76 | |
6 | Usciere comm. | 1.044,64 | 1.045,00 | 1.097,25 | 1.097,00 | 0,00 | 0,00 | 22,21 |
• Indennità di Funzione per il Quadro: € 185,00 mensili dal 1-06-2008
• Indennità di Cassa: € 65,00 mensili dal 1-03-2010 (C.P.L. 01/03/2010)
• Fondo Sanitario: € 420,00 annui a carico ditta, € 100,00 a carico del dipendente dal 1-01-2009
• Fondo Pensioni FIA, oggi Agrifondo: contribuzione dell’1,2% a carico del datore, contribuzione dell’1,2% a carico del lavoratore (trattenuta in dodici rate mensili)
• Premio di disponibilità e produttività: erogato in dicembre, o alla data di cessazione, è così stabilito: 1^ cat. € 510,00
2^ cat .€ 460,00
3^ cat. € 200,00
4^ cat. € 180,00
5^ cat. € 180,00
6^ cat. € 180,00
DIRIGENTI AGRICOLI
Il 25 febbraio 2009 è stato firmato, in Roma, presso la sede della Confagricoltura, il verbale di Accordo per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti dell’agricoltura.
Pertanto il nuovo stipendio base mensile spettante ai dirigenti dal 1°gennaio 2010 sarà pari a € 3.515,00.
Il F.I.A. integrativo sanitario è fissato in € 520,00 annui; AgriFondo ha una contribuzione pari a 1,2% a carico del datore, una contribuzione pari a 1,2% a carico del lavoratore.
CONTRIBUTO CIMAAV – Operai agricoli
Con decorrenza dal 1/01/2010 il contributo giornaliero CIMAAV ordinario è pari ad € 0,5010 di cui 0,2736 a carico del datore di lavoro ed 0,2274 a carico del lavoratore.
Il contributo CAC è fissato, dal 1/01/2010, pari ad € 0,2490 giornaliere, di cui € 0,1419 a carico del datore di lavoro ed € 0,1071 a carico del lavoratore.
Pertanto, il contributo CIMAAV totale, per tutte le contribuzioni in escussione, indipendentemente dalla competenza, dal 1/01/2010 è pari ad € 0, 75 giornalieri.
CAPITOLO 9 – IL LAVORO DELLO STRANIERO
L’art. 5 della L. 125/2008 (pubblicata in G.U. n. 173 del 25/07/2008), in sede di conversione del Decreto Legge n. 92/2008, ha modificato le regole previste per i datori di lavoro che occupano clandestini.
La nuova normativa in complesso prevede in particolare norme per contrastare l’immigrazione clandestina, con modifiche al codice penale che consentono in particolare:
· Espulsioni più facili in caso di condanna penale, pene più severe in caso di dichiarazioni o attestazioni false a pubblico ufficiale;
· La non sospensione della pena per chi commette atti osceni, violenza sessuale, furto e spaccio e per tutti i delitti aggravati dalla clandestinità.
Sono previste pene più severe per coloro che danno alloggio ad uno straniero privo di titolo di soggiorno (confisca dell’immobile ed applicazioni delle disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati).
Le somme di denaro ricavate dalla vendita dei beni confiscati, ove disposta, sono destinate al potenziamento dell’attività di prevenzione e repressione dei reati in tema di immigrazione clandestina.
Con la nuova disciplina si passa dalla contravvenzione, punita originariamente con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda di € 5.000,00 per ogni lavoratore impiegato, al delitto (muta perciò la natura del reato) punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di € 5.000,00 (sempre per ogni lavoratore impiegato).
Il predetto regime sanzionatorio trova applicazione quindi sia nel caso in cui un datore di lavoro instauri un rapporto di lavoro (illegale) con un cittadino extracomunitario privo di un valido e regolare titolo di soggiorno perché mai richiesto, ovvero perché non ottenuto data la presentazione della prevista pratica e sia qualora il datore di lavoro abbia alla proprie dipendenze un cittadino straniero con un permesso di soggiorno scaduto o comunque non rinnovato nei termini previsti dal T.U. sull’immigrazione.
Per la repressione ed il contrasto della clandestinità in relazione alla occupazione degli extracomunitari irregolari importante la normativa in ordine alla cessione dell’immobile (vendita o affitto) ad un cittadino straniero privo del permesso di soggiorno.
La nuova legge prevede al riguardo la reclusione da sei mesi a tre anni a chi a titolo oneroso, al fine di trarre un ingiusto profitto, dà alloggio ad uno straniero clandestino, di cui abbia la disponibilità, oppure lo cede allo stesso anche in locazione.
La fattispecie è quindi particolarmente applicabile anche alle aziende che, oltre ad occupare illegalmente lo straniero, gli forniscano anche un alloggio di proprietà.
La legge n. 125/2008 contempla al riguardo, per la punibilità, che chi ceda l’immobile allo straniero, ne tragga un ingiusto profitto, intendendosi come tale sia un onere economico (affitto in misura notevolmente superiore ai prezzi di mercato) sia prestazioni di lavoro.
Alla reclusione la legge aggiunge anche la confisca dell’immobile (la proprietà dell’immobile passa allo Stato) in caso di condanna con provvedimento irrevocabile oppure nel caso in cui in sede di giudizio le parti richiedano l’applicazione della pena in misura ridotta ai sensi dell’art. 444 c.p.p.
La confisca non trova applicazione se la proprietà appartiene ad un persona estranea al reato.
Lavoratori extracomunitari del settore domestico. Reddito del datore di lavoro derivante da attività agricola. Nota del Ministero del Lavoro.
Come si ricorderà, sulla base dell’art. 1-ter, c. 4, lett. d),. Del D.L. n. 78/2009, convertito in legge n. 102/2009, per l’assunzione di un lavoratore domestico era necessario attestare il “possesso di un reddito imponibile, risultante dalla dichiarazione dei redditi, non inferiore a € 20.000,00 annui in caso di nucleo familiare composto da più soggetti conviventi percettori di reddito”. Ciò di fatto escludeva i soggetti titolari di reddito agrario dalla possibilità di regolarizzare rapporti di lavoro domestico attraverso un’interpretazione restrittiva da parte delle Amministrazioni competenti, del requisito della capacità economica del datore di lavoro.
Infatti, il T.U.I.R. (art. 32 del d.p.r. n. 917/1986) prevede che l’imposizione dei redditi per gli imprenditori agricoli è effettuata sulla base del reddito agrario, che non è calcolato su base analitica (rapporto tra ricavi e costi), ma su base catastale, applicando tariffe d’estimo stabilite per ogni qualità e classe. Il reddito agrario, in sostanza, non è direttamente collegato alla misura effettiva del reddito prodotto dal fondo, ed è determinato forfettariamente in misure che raramente raggiungono i limiti richiesti dalla legge n. 102/2009.
Recentemente con nota del 15 febbraio 2011, la Direzione generale dell’Immigrazione del Ministero del Lavoro ha accolta la tesi del mondo agricolo in ordine alla determinazione del reddito derivante dall’attività agricola ai fini di cui sopra.
Il Ministero del Lavoro – previo il parere dell’Agenzia delle Entrate – con la citata lettera ha riconosciutola possibilità di ricondurre la capacità economica richiesta dalla citata legge n. 102/2009 non esclusivamente al reddito agrario, ma anche ad altri indici di ricchezza di tipo analitico risultanti da idonea certificazione, quali la dichiarazione IVA o IRAP ed i contributi comunitari riconosciuti dagli organismi pagatori.
Tali precisazioni valgono anche ai fini della richiesta di nulla osta al lavoro per colf e badanti a valere sulle quote di ingresso degli ordinari decreti – flussi presentata da soggetto (datori di lavoro) titolari di reddito agrario.
Di seguito si riproduce il testo ministeriale. Allegato 1
“Oggetto: Reddito del datore di lavoro titolare di azienda agricola ai fini dell’assunzione di un lavoratore subordinato nel settore domestico.
Per opportuna conoscenza, si rende noto che questa Amministrazione ha acquisito il parere dell’Agenzia delle Entrate in ordine alla possibilità per gli imprenditori agricoli di poter ricondurre la capacità economica, richiesta dall’art. 1-ter della legge
n. 102/2009, non esclusivamente al reddito agrario, ma anche ad altri indici di ricchezza.
L’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa, con nota prot. 201/22865 del 7/02/2011, ritiene possibile per l’imprenditore agricolo fare riferimento ad indici di capacità economica di tipo analitico con rinvio ad altri ambiti tributari. Tali elementi potrebbero essere ricavati dalla dichiarazione IVA, prendendo in considerazione il volume d’affari al netto degli acquisti o dalla dichiarazione IRAP, tenendo conto anche dei contributi comunitari eventualmente ricevuti dall’agricoltore e debitamente documentati dagli organismi erogatori.
Alla luce del suddetto parere la scrivente Direzione ha diramato opportune istruzioni ai propri uffici territoriali (nota prot. 32/II/549 dell’11/02/2011) uniformando l’applicazione del concetto di reddito, come sopra definito, anche ai fini dell’assunzione di un lavoratore del settore domestico all’interno delle quote previste dai decreti di programmazione dei flussi d’ingresso.
Analoga comunicazione è stata diretta al Ministero dell’Interno – Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione, che al riguardo aveva formulato apposito quesito a questa Amministrazione.”
CAPITOLO 10 – VIGILANZA E ISPEZIONI
Nel 2010 la vigilanza INPS sarà particolarmente indirizzata alla lotta al lavoro nero ed al contrasto ad evasione ed elusione contributiva.
L’INPS, con Circolare 25 febbraio 2009, n. 27, illustra le linee guida della propria attività di vigilanza attraverso le quali l’Istituto “dovrà qualificare la propria funzione sociale di garante dei diritti previdenziali dei lavoratori e della regolarità di concorrenza fra i soggetti economici”.
Queste le linee guida:
• Accessi brevi “finalizzati a rendere percepibile sul territorio la presenza dell’organo di vigilanza, nonché a promuovere la legalità e ad incoraggiare l’emersione”;
• Accessi mirati indirizzati sostanzialmente verso “fenomeni di rilevante impatto economico – sociale” quali la lotta al lavoro nero ed alla economia sommersa, la lotta alle prestazioni indebite conseguenti ad esempio alla denunci dei rapporti fittizi in agricoltura, la reale somministrazione fraudolenta di manodopera, la lotta all’utilizzo fraudolento di manodopera
straniera;
• Interventi di tipo “informativo - previdenziale” ad esempio per quelle situazioni dove una non perfetta conoscenza delle diverse opportunità contrattuali offerte dalla normativa vigente in generale e dalla legge “Biagi” in particolare, porta a ricorrere a forme contrattuali che male si attagliano alle specifiche esigenze lavorative.
La vigilanza nel 2009 sarà particolarmente caratterizzata da un maggior ricorso ad iniziative straordinarie direttamente coordinate dalla Direzione Generale dell’Istituto, anche alla luce delle proposte provenienti dalle strutture periferiche dell’INPS. Area di Intervento
Le principali aree di interesse su cui avviare l’azione 2009 degli interventi ispettivi sono data da:
1. Aziende Etniche
Nel 2009 saranno privilegiate le ispezioni nei confronti delle aziende gestite da minoranze etniche od organizzate con l’impiego di lavoratori appartenenti alle stesse minoranze, operanti secondo la circolare INPS, al di fuori di qualunque regolamentazione di carattere lavori stico, previdenziale e fiscale e che realizzano non di rado vere e proprie forme di sfruttamento della manodopera impegnata.
L’INPS motiva tale assunto anche sulla base della proposta di direttiva, in corso di recepimento da parte della Comunità europea, che all’art. 15, dedicato alle ispezioni, sancisce che gli Stati membri sono tenuti a garantire che ogni anno almeno il 10% delle imprese stabilite sul loro territorio siano oggetto di ispezione, al fine del controllo e della tutela dei cittadini di paesi terzi in posizione irregolare e basate su un’analisi di rischio che tenga conto di fattori quali i settori in cui operano le imprese ed eventuali precedenti violazioni; in particolare, secondo l’INPS, l'evoluzione multietnica della società italiana ha assunto negli ultimi anni aspetti rilevanti e modificativi del tessuto produttivo di molte realtà locali ed ha influito sulla caratterizzazione del “sommerso”, tenuto conto anche che alcune comunità sono state capaci di sviluppare un'attività produttiva estremamente competitiva e non di rado totalmente sommersa.
2. Soggetti titolari di Partita IVA senza versamenti contributivi INPS
Nella recente convenzione con l’agenzia delle Entrate è stato previsto che la stessa agenzia fornirà all’INPS le informazioni relative all’inizio e fine attività per i soggetti titolari di partita IVA e ciò onde effettuare controlli incrociati.
3. Associati in partecipazione
Secondo l’INPS il contratto di associazione in partecipazione molto spesso si presta a illecite operazioni volte a dissimulare la sussistenza di rapporti di lavoro subordinati ex art. 2094 c.c., al fine di evadere i correlati obblighi previdenziali. Alla luce delle disposizioni dettate con l’art. 86 del D. Lgs 276/2003 si dovrà verificare, su apposite liste fornite dalla Direzione Generale, la validità di tali contratti, verificando se sussistano un’effettiva partecipazione agli utili ed adeguate erogazioni a favore dell’associato che lavora.
Il recente accordo con l’Agenzia delle Entrate prevede un intenso e sistematico scambio di dati teso ad evidenziare il fenomeno e a fornire gli elementi per distinguere le fattispecie correttamente o fraudolentemente poste in essere.
4. Edilizia
Dall’esame dei dati residenti negli archivi costituiti sulla base delle denuncie E-Mens appare in forte crescita il fenomeno dell’impiego, nel settore dell’edilizia, della tipologia contrattuale del “part-time”, che mal si concilia con la normale attività di questo settore.
Dalle ispezioni finora effettuate dall’INPS, tale tipologia contrattuale appare utilizzata nella stragrande maggioranza dei casi per eludere la normativa sulla contribuzione.
5. Agricoltura
1 a) Secondo l’INPS si dovrà continuare la vigilanza anche per il 2009 finalizzata al contrasto sempre più incisivo del fenomeno illegale finalizzato alla percezione indebita di prestazioni attraverso la simulazione di fittizi rapporti di lavoro in agricoltura, fenomeno che si accompagna, praticamente sempre, alla contestuale omissione contributiva. L’attività di contrasto, rafforzata in questi ultimi anni, ha prodotto risultati estremamente positivi ma ha anche spinto gli attori del fenomeno a spostare i tentativi in Regioni in cui la vigilanza è meno intensa; da ciò la necessità di allargare il campo di intervento per contenere e contrastare il fenomeno.
1 b) Sarà inoltre effettuata una mirata campagna di controlli sulla regolarità dell’iscrizione e sulla relativa contribuzione dei lavoratori autonomi di tale settore, compresi quei soggetti che pur avendo beneficiato di aiuti regionali o comunitari per i quali è prevista l’obbligatorietà dell’iscrizione alle gestioni INPS, non risultino iscritti nella Gestione.
1 c) Nel 2007 e 2008 è stata avviata un'operazione che ha visto per la prima volta l’Istituto, attraverso gli ispettori, impegnato nella notifica degli addebiti delle ritenute sociali - effettuate a carico dei lavoratori dipendenti agricoli - nei confronti delle aziende che ne hanno omesso il consequenziale versamento.
Si rammenta che l’art. 1 co. 1172 della legge 296/2006 (Finanziaria 2007) prevede le fattispecie, penalmente sanzionata, per questo tipo di omissione contributiva.
6. Somministrazione fraudolenta di manodopera
Gli appalti e subappalti, sia nel settore privato che in quello pubblico, come è confermato dalle risultanze ispettive, sono talora caratterizzati da rilevanti fenomeni di somministrazione di manodopera illecita/fraudolenta, perpetrata da soggetti, solo in apparenza datori di lavoro, con il solo fine di eludere in tutto o in parte gli obblighi contributivi previdenziale ed assistenziali nei confronti dell’Istituto, e che coinvolgono in molti casi manodopera extracomunitaria, anche priva di permesso di soggiorno.
7. Società Cooperative
L'azione ispettiva per tali aziende sarà finalizzata alla verifica della corretta applicazione dei contratti collettivi da parte delle cooperative, nonché al contrasto di fenomeni elusivi degli obblighi contributivi e retributivi anche attraverso l'esame delle disposizioni di carattere lavoristico contenute nei regolamenti, in quanto la non osservanza della disciplina vigente determina una distorsione della concorrenza che compromette seriamente la capacità delle cooperative "sane" di rispondere alle sfide del mercato e di creare opportunità occupazionali.
8. Attività Stagionali
Nel 2009 dovrà proseguire l’attività di contrasto del lavoro nero, particolarmente diffuso nei pubblici esercizi in genere e, in particolare nelle aziende a carattere stagionale, che, per il fatto di svolgere in alcuni periodi picchi intensi di attività, sono spesso indotte a violare le norme in materia di assunzione e regolarizzazione dei dipendenti.
9. Scoperture Gestione Separata Ex L. 335/95
Il controllo sulla regolarità dei versamenti dei contributi assicurativi e previdenziali sui soggetti contribuenti che occupano lavoratori ai sensi dell’art. 2, comma 26 della legge n. 335/95 avrà valenza prioritaria per la sua portata sociale nonché economica.
E’ da tener presente che, infatti, in questa tipologia di evasione contributiva, il lavoratore si vede privato dell’unica tutela previdenziale in atto.
10. Cliniche private, centri fisioterapici e centri veterinari.
In tali settori dovrà essere verificata la vera natura dei rapporti di lavoro, che spesso vengono inquadrati nella fattispecie del “lavoro autonomo” o “parasubordinato”, verificando se presentino tutte le caratteristiche di quello subordinato.
Vigilanza I.N.P.S. in agricoltura: nuove regole
Con circolare n. 126 del 16 dicembre 2009 l’I.N.P.S. detta nuove indicazioni di carattere operativo in ordine alla attività di vigilanza in agricoltura per il “contrasto del lavoro nero”.
In particolare, la circolare si sofferma sui:
- eccedenza di manodopera occupata rispetto al fabbisogno aziendale;
- diverso inquadramento aziendale dal settore agricoltura ad altro settore;
- inquadramento nel settore agricolo di particolari categorie di operai dipendenti da imprese non agricole;
- scambio di manodopera.
Vediamo in particolare alcune specificazioni dell’I.N.P.S.
Eccedenza di manodopera occupata rispetto al fabbisogno aziendale.
L’articolo 9-ter, comma 3, della Legge n° 608/1996 ha abrogato l’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n°375/41993 che così recitava: “nel caso in cui a seguito della stima di cui al comma 2 si rilevi una evidente contraddizione tra le esigenze lavorative dell’azienda, secondo le diverse fasi temporali del ciclo produttivo agrario, ed i dati occupazionali del lavoratore, relativamente alle mansioni cui al medesimo è stato adibito, nonché al periodo ed ai giorni di lavoro prestati dal medesimo , gli uffici, laddove ravvisino l’impossibilità che la prestazione di lavoro sia stata effettuata in tutto o in parte, emettono pronuncia di disconoscimento di detta prestazione di lavoro ai fini della tutela previdenziale”.
Pertanto, alla luce di quanto appena rappresentato, il fabbisogno calcolato rimane uno strumento di accertamento, coma anche previsto dall’art. 1 della L. n°77/2004, nella misura in cui risulti conforme alle seguenti condizioni:
1) il calcolo deve essere effettuato secondo le previsioni dettate dall’art. 8, comma 2, del decreto legislativo n° 375/1993 e secondo la procedura in esso prevista, non potendo scaturire da una mera applicazione matematica fondata sui dati contenuti nelle tabelle ettaro – colturali, ovvero su altre valutazioni di tipo presuntivo;
2) deve esistere una stretta e non generica relazione tra l’incongruità accertata ed i lavoratori per i quali si disconoscono le prestazioni.
Finalmente pertanto l’I.N.P.S. riconosce che gli accertamenti di natura induttiva appaiono difficilmente sostenibili soprattutto con riferimento al singolo rapporto di lavoro il cui annullamento deve essere debitamente motivato, sia in fatto che in diritto, relativamente agli elementi essenziali ex art. 2094 c.c., che lo caratterizzano.
In relazione al fabbisogno di manodopera, qualunque criterio, anche se presuntivo o indiziario, deve in ogni caso essere suscettibile di applicazione rispetto alle singole aziende, considerate nella loro peculiare struttura ed organizzazione.
Inquadramento nel settore agricolo di particolari categorie di operai dipendenti da imprese non agricole.
La novella dell’art. 2135 c.c. non ha inciso sulla preesistente normativa introdotta dall’art. 6 della L. n° 92/1979, così come modificato dal D.Lgs. n°173/1998.
In particolare, tale norma dispone che:
“agli effetti delle norme di previdenza ed assistenza sociale, ivi comprese quelle relative all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, si considerano lavoratori agricoli dipendenti gli operai assunti a tempo indeterminato o determinato, da:
a) amministrazioni pubbliche per i lavori di forestazione, nonché consorzi di singole o associate appaltatrici o concessionarie dei lavori medesimi;
b) consorzi di irrigazione e di miglioramento fondiario, nonché consorzi di bonifica, di sistemazione montana e di rimboschimento, per le attività di manutenzione degli impianti irrigui, di scolo e di somministrazione delle acque ad uso irriguo o per lavori di forestazione;
c) imprese che, in forma singola o associata, si dedicano alla cura e protezione della fauna selvatica ed all’esercizio controllato della caccia;
d) imprese non agricole singole ed associate, se addetti ad attività di raccolta di prodotti agricoli, nonché ad attività di cernita, di pulitura e di imballaggio dei prodotti ortofrutticoli, purché connesse a quella di raccolta;
e) imprese che effettuano lavori e servizi di sistemazione e di manutenzione agraria e forestale, di imboschimento, di creazione, sistemazione e manutenzione di aree a verde, se addetti a tali attività”.
Ai fini dell’inquadramento previdenziale, contrariamente ai principi generali che privilegiano l’attività dell’impresa, pertanto va assunto il criterio della natura oggettiva dell’attività.
Appare chiaro che la norma in questione qualifica come agricoli i lavoratori (concetto rafforzato anche dalla lettera della norma, laddove alle lettere d) ed e) essa si esprime “… se addetti a tale attività …”), e non l’azienda che, invece, deve necessariamente trovare un settore di inquadramento previdenziale diverso dall’agricoltura.
Va innanzitutto precisato che il concetto di “impresa senza terra”, di cui la cooperativa senza terra è solo una specificazione, è privo di riscontro dal punto di vista tecnico – giuridico.
E’ un concetto coniato dalla prassi amministrativa, ancor prima dell’emanazione dei decreti legislativi nn° 000-000-000 del 2001,per individuare, tra le altre, le aziende di cui all’art. 6 della L. n° 92/79, non definibili agricole ai sensi del previgente art. 2135 c.c., al fine di assoggettarne i dipendenti alla contribuzione agricola unificata e distinguerle dalle aziende per la quali il possesso del fondo era considerato elemento indispensabile ai fini della relativa definizione come “agricola”.
La novità della non indispensabilità del possesso del fondo introdotta dal novellato art. 2135 c.c. non modifica il puto della questione.
Infatti, se prima della modifica dell’art. 2135 c.c. il riferimento, per le aziende era il fondo, dopo la modifica il riferimento è il ciclo biologico, p una fase dello stesso, la cui mancanza esclude la possibilità di definire l’azienda come agricola.
Occorre precisare che le singole fasi, come l’intero ciclo biologico, devono essere effettuate su organismi vegetali op animali (o semi o embrioni), comportando lo svolgimento di tali attività il “rischio biologico”, intre3nsicamente connesso alla coltivazione ed all’allevamento, in quanto sia l’una che l’altro si realizzano attraverso lo sfruttamento di forze biologiche naturali non completamente controllabili dall’uomo.
Per quanto sopra esposto, ai fini del giusto inquadramento di tali lavoratori, il principio guida è quello del core – business, con riferimento sia all’oggetto della prestazione, sia alla struttura dei ricavi conseguiti dall’azienda.
Pertanto:
- laddove l’oggetto principale p esclusivo dell’attività di un’impresa sia di natura diversa da quella agricola e la percentuale dei ricavi caratteristici (derivanti dal core - business), rappresenti la totalità o la gran parte dei ricavi totali, si integra la fattispecie di cui alla L. n°92/79, così come modificata dal D.Lgs. n°173/98.
Quindi, i lavoratori addetti alle attività del citato decreto legislativo n° 173/98, assunti da imprese con le caratteristiche suesposte, saranno considerati agricoli agli effetti delle norme di previdenza ed assistenza sociale, con la conseguente iscrizione negli elenchi nominativi dei braccianti agricoli e con il riconoscimento delle tutele proprie del settore , mentre le imprese dalla quali dipendono saranno assoggettate, solo per tali operai, alla contribuzione agricola unificata.
Esempio classico è quello del commerciante ortofrutticolo all’ingrosso che acquista la merce per la rivendita direttamente sulla pianta del produttore provvedendo anche alla raccolta del frutto: in tali ipotesi, l’attività principale dell’impresa è resa commerciale (compravendita di prodotti ortofrutticoli), ma assoggetta i lavoratori che assume per la raccolta, e soltanto questi, a contribuzione agricola unificata;
laddove l’impresa non agricola operi nell’ambito dei servizi all’agricoltura (da non intendersi quali attività connesse) e questo sia l’oggetto principale o esclusivo dell’attività e la percentuale dei ricavi caratteristici (derivanti dal core - business) rappresenti la totalità o la gran parte dei ricavi totali, va osservato quanto segue.
Generalmente, le imprese suddette operano mediante contratti di appalto configurandosi la fattispecie del contoterzismo o dell’attività agromeccanica così come definita dall’art. 5 del D.Lgs. n°99/2004.
In tutti e due i casi, quando l’attività è svolta al di fuori dei limiti posti dalla’rt. 2135 c.c., l’impresa è inquadrabile ai fini previdenziali in settori diversi dall’agricoltura (circolare n°212/98; circolare n°85/2004).
Appare evidente che tali imprese per la predisposizione di mezzi, risorse ed organizzazione devono essere connotate da un’effettiva struttura imprenditoriale, tanto da potersi configurare l’ipotesi del c.d. appalto “genuino”.
Circa la genuinità o meno dell’appalto è evidente che tale elemento non può prescindere da un esame dal caso concreto da cui la necessità che il personale ispettivo non ponga a fondamento delle proprie conclusioni solo indicazioni di carattere generale sulla applicazione della norma che potrebbero rivelarsi in sede di contenzioso non risolutive in tema di appalti illeciti, considerata la complessità e la casistica delle fattispecie relative all’utilizzo dell’istituto.
Quanto sopra risulta confermato dalla Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro della Salute e della Previdenza Sociale con risposta ad interpello n. 77 del 22 ottobre 2009.
Anche in tali casi l’impresa, pur non inquadrata nel settore previdenziale agricolo, ove ricorrano le condizioni della già citata Legge n° 92/79, così come modificata dal D.Lgs. n° 173/98, assicura gli operai addetti a tali attività nel settore della contribuzione agricola unificata con le tutele proprie del settore e la conseguente iscrizione negli elenchi nominativi trimestrali ed annuali.
Va da sé che, trattandosi di imprese non agricole non agricole, no si deve fare riferimento al ciclo biologico, o fase dello stesso, poiché anche il singolo atto (es.: raccolta, etc…), se rientrante nei limiti delle attività di cui alla Legge n° 92/79, così come modificata dal D.Lgs. n°173/98, deve essere considerato ai fini dell’inquadramento agricolo di questi lavoratori.
Resta inteso che i lavoratori non addetti alle attività suddette sono inquadrati nel settore proprio dell’impresa secondo la natura dell’attività da essa esercitata (generalmente terziario); parimenti, laddove previsto, vanno inquadrati nel settore proprio i titolari delle imprese (titolare di ditta individuale, socio di società, ecc…);
- invece, laddove l’impresa, pur formalmente titolare di codice di attività IVA e/o di iscrizione alla C.C.I.A.A., per effettuare servizi all’impresa agricola finalizzi le assunzioni esclusivamente ad un successivo distacco di proprio personale a favore di terzi (anche soci, qualora dovesse trattarsi di Cooperativa), prima ancora di integrarsi l’elusione della norma di cui alla L.n° 92/79, così come modificata dal D.Lgs. n° 173/98, la fattispecie verrebbe a configurarsi quale somministrazione irregolare di manodopera per conclamato difetto di interesse dell’impresa distaccante;
quanto sopra, risulta confermato dalla Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale con risposta ad interpello n. 15/2007;
- non riconducibile a quanto xxxxxxx detto è l’ipotesi della (impresa) cooperativa già inquadrata in agricoltura ex art. 1, comma 2, del D.Lgs. n° 228/2001 laddove l’eventuale fornitura di manodopera ai soci è effettuata non con lo scopo unico ed
esclusivo del distacco, ma in una dimensione di omnicomprensività di beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico. Resta inteso che tale ipotesi non riguarda il conferimento dei prodotti da parte dei soci alle cooperative di cui alla
L. n° 240/84, in quanto tale fattispecie non risulta riconducibile al concetto di “servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico”.
Pertanto, si considerano imprenditori agricoli le cooperative dagli stessi imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all’art. 2135 c.c., come sostituito dall’art. 1, comma 1, del citato decreto legislativo n° 228/01, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico.
Lo scambio di manodopera
Lo scambio di manodopera tra piccoli imprenditori agricoli è un istituto regolato dall’art. 2139 c.c. che così recita “Tra piccoli imprenditori agricoli è ammesso lo scambio di mano d’opera o di servizi secondo gli usi”.
Per piccoli imprenditori agricoli devono intendersi, ai sensi dell’art. 2083 c.c., i coltivatori diretti ovvero coloro i quali esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.
Per quanto attiene agli “usi” citati dal codice civile, è necessario fare riferimento alla raccolte degli usi depositate presso le locali C.C.I.A.A.
In questo senso, quindi, salve ulteriori specificazioni derivanti dagli usi, deve ritenersi configurabile uno scambio di manodopera qualora:
- intervenga tra soggetti aventi entrambi la qualifica di coltivatori diretti;
- i soggetti che rendono la prestazione (reciproca) siano: il coltivatore diretto e/o gli eventuali appartenenti al nucleo familiare, se iscritti alla relativa gestione previdenziale;
- non vi sia alcuna remunerazione o corrispettivo in denaro o in natura espressamente scambiato tra le parti a ristoro della prestazione resa;
- le prestazioni date e ricevute prescindano da un qualunque calcolo di stretta equivalenza quantitativa e qualitativa;
- la prestazione attenga esclusivamente ad attività rientranti nello specifico dell’attività agricola, principale o “connessa” che sia.
Verificata l’iscrizione nel nucleo coltivatore diretto, il personale ispettivo sarà nella condizione di identificare tra i soggetti trovati intenti al lavoro in azienda quelli che, ancorché non dipendenti, vi operino legittimamente in forza della disposizione di cui all’art. 2139 c.c.
Criteri di selezione
La circolare I.N.P.S. precisa poi i criteri idonei ad effettuare la scelta sia delle aziende agricole ex art. 2135 c.c., che dei soggetti di cui all’art. 6 della L. n° 92/79, che dovranno essere prioritariamente sottoposti a verifica ispettiva che, per la particolarità del settore, sono da ricondursi alle seguenti situazioni di irregolarità:
- Evasione totale dei contributi dovuti, attuata attraverso l’occultamento dell’esistenza dell’azienda all’Istituto (imprese o imprenditori sconosciuti al sistema I.N.P.S.) o attraverso l’utilizzo di mano d’opera in nero; in tal caso le aziende devono essere individuate a mezzo dell’incrocio con banche dati di altri Enti (Agenzia delle Entrata, Camera di Commercio, ecc…).
- Denuncia di rapporti fittizi di lavoro: occorre attivare accertamenti su tutti quei soggetto, operanti nel mondo agricolo che,. In passato, siano risultati coinvolti in simili truffe; in tali ipotesi è opportuno sottoporre le aziende presso le quali i suddetti lavoratori risultano occupati, ad immediata visita ispettiva. In modo analogo devono essere sottoposte a visita ispettiva le aziende i cui consulenti risultano già coinvolti in truffe.
- Verifica denunce aziendali in fase di iscrizione: occorre attivare accertamenti per le aziende che, al momento dell’iscrizione, dichiarano un fabbisogno di manodopera significativamente superiore rispetto al fabbisogno presunto; gli accertamenti devono, inoltre, essere attivati per le aziende che, in fase d’iscrizione, compilano esclusivamente il quadro P del modello di denuncia aziendale (imprese senza terra).
- Morosità: è necessario porre particolare attenzione verso le aziende che adottano tale comportamento in modo continuativo e non occasionale prioritariamente intervenendo su quelle i cui dipendenti risultino beneficiari di prestazioni in specie di disoccupazione.
Con riferimento a tale punto va, peraltro, evidenziato, che a partire dall’anno 2009 i controlli suddetti sono sistematicamente effettuati in via amministrativa, attraverso l’invio dell’avviso bonario e l’iscrizione a ruolo esattoriale in tempi brevi, secondo un calendario prestabilito a livello centrale.
CAPITOLO 10 bis– ISPEZIONI E I RIFLESSI SULLA SICUREZZA DEL LAVORO
Sicurezza sul lavoro: la sospensione della attività aziendale.
Con circolare n. 33/2009 il Ministero del Lavoro ha diramato le istruzioni operative in ordine al problema della sospensione dell’attività ex art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, come modificato dall’art. 11 del D.Lgs. n. 106/2009.
Come noto, con il D.lgs. n. 106/2009 (in vigore del 20 agosto 2009) “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”, è stata modificata significativamente la disciplina del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale già contenuta nell’art. 14 del c.d. T.U. sicurezza.
Il provvedimento di sospensione è finalizzato “a far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori” ed evidenzia profili di carattere sanzionatorio legati sia ad un “impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria” sia a condotte che reiterano gravi violazioni “in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro”.
Vediamo i principali profili chiariti dal ministero.
I soggetti affidatari del potere.
La competenza per l’adozione del provvedimento interdittivo, non è del personale ispettivo, ma degli organi di vigilanza del Ministero e delle A.A.S.S.L.L.
Titolare del potere è quindi non più il singolo ispettore ma la struttura e cioè “l’Ufficio” da cui dipendono i funzionari ispettivi.
Tale potere è previsto qualora il personale ispettivo del Ministero riscontri la presenza sul luogo di lavoro di lavoratori “in nero” nonché “in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro” (si ricorda che è stata abrogata dall’art. 41 del D.L. n. 112/2008, conv. Da L. n. 133/2008, l’ipotesi di sospensione legata alla reiterata violazione della disciplina sui tempi di lavoro).
La competenza residua del personale ispettivo del Ministero del Lavoro è relativa ai seguenti ambiti:
a) attività nel settore delle costruzioni edili o di genio civile e più in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura ed in cemento armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati; lavori in sotterraneo e galleria, anche comportanti l’impiego di esplosivi;
b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei;
c) ulteriori attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei ministri del Lavoro e della Previdenza sociale, e della salute in relazione alle quali il personale ispettivo il Ministero del lavoro e della previdenza sociale svolge attività di vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Per tali attività è pertanto ancora prevista la facoltà di sospensione in capo agli ispettori singoli.
Il personale ispettivo delle A.A.S.S.L.L., in virtù di una competenza di carattere generale in materia di salute e sicurezza, può adottare il provvedimento di sospensione anche in ogni altro ambito o settore merceologico.
“Discrezionalità” del provvedimento.
Il D.Lgs. n. 106/2009 mantiene la natura “discrezionale” del provvedimento.
Secondo il Ministero il provvedimento di sospensione deve essere “di norma” adottato ogni qual volta ne siano accertati i presupposti, salvo valutare circostanze particolari che suggeriscono, sotto il profilo dell’opportunità (ad esempio per la migliore tutela della salute dei lavoratori) di non adottarlo, come ad esempio qualora la sospensione dell’attività possa determinare a sua volta una situazione di maggior pericolo per l’incolumità dei lavoratori o di terzi è opportuno non emanare alcun provvedimento.
Ancora secondo il Ministero va valutata l’opportunità di adottare il provvedimento di sospensione in tutte quelle ipotesi in cui si venga a compromettere il regolare funzionamento di una attività di servizio pubblico, anche in concessione (ad es. attività di trasporto, di fornitura di energia elettrica, acqua, luce, gas, ecc…), così pregiudicando il godimento di diritti costituzionalmente garantiti.
Qualora si rilevi l’impiego di lavoratori “in nero”, la sospensione non sarà adottata qualora vi sia un unico lavoratore (in nero), ovvero quando si possa arrecare un grave danno agli impianti o alle attrezzature (ad es. attività a ciclo continuo) ovvero ai beni (ad es. frutti giunti a maturazione o allevamento animali per le aziende agricole).
I presupposti per l’adozione del provvedimento.
La circolare definisce poi i presupposti per il provvedimento di sospensione nei seguenti casi:
a) L’impiego di lavoratori “in nero”.
Per lavoratore “in nero” si deve intendere lavoratore “sconosciuto alla P.A.” e cioè quel lavoratore impiegato senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro al Centro per l’Impiego.
Pertanto, potranno considerarsi irregolari ancora:
- tutti i soggetti comunque riconducibili alla ampia nozione di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2008, rispetto ai quali non si sia provveduto a formalizzare il rapporto, comprendendovi anche i soggetti che pur risultando indicati nella visura della C.C.I.A.A. in quanto titolari di cariche societarie svolgono attività lavorative a qualsiasi titolo, i lavoratori autonomi occasionali (art. 2222 c.c.) non genuini per i quali dalla documentazione fiscale non di evinca che il versamento sia stato effettuato in loro favore; i tirocinanti anche degli studi professionali.
Per quanto, poi, concerne il sistema di calcolo della percentuale del 20% sufficiente a consentire l’adozione del provvedimento di sospensione, l’art. 14 ha previsto che detta percentuale vada individuata sul “totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro” al momento dell’accesso ispettivo (sia lavoratori “in nero” che lavoratori regolarmente assunti). Pertanto, a titolo esemplificativo, nell’ipotesi in cui si rilevi in un’azienda la presenza di 10 lavoratori di 3 “in nero”, la percentuale andrà calcolata su base 10 e non su base 7 (cioè i soli lavoratori regolari); ne risulterebbe pertanto che il numero di 3 lavoratori “in nero”, rappresentando il 30% del “totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro”, sarà sufficiente consentire l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale.
b) Le “gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro”.
L’adozione del provvedimento di sospensione è possibile poi per “gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro”.
“Si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione oggetto di prescrizione dell’organo di vigilanza ottemperata dal contravventore o di una violazione accertata con sentenza definitiva, lo stesso soggetto commette più violazioni della stessa indole”.
Revoca del provvedimento.
L’art. 14 del T.U. sicurezza, come modificato sul punto dal D.Lgs. n. 106/2009, prevede che il provvedimento di sospensione può essere revocato da parte dell’organo di vigilanza che lo ha adottato. La revoca del provvedimento compete all’Ufficio che lo ha adottato, anche mediante personale diverso da quello che ha emanato l’atto interdittivo previa verifica della relativa documentazione.
E’ condizione per la revoca del provvedimento da parte dell’organo di vigilanza del Ministero:
a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;
b) l’accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
c) il pagamento di una somma aggiuntiva rispetto a quelle di cui al comma 6 (secondo il quale è “comunque fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti”) pari ad € 1.500,00 nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare ed ad € 2.500,00 nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Ricorsi avverso il provvedimento di sospensione.
L’art. 14 del T.U. sicurezza prevede la possibilità di ricorrere, in via amministrativa, avverso provvedimenti di sospensione, “avverso i provvedimenti di sospensione è ammesso ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente alla Direzione Regionale del Lavoro” territorialmente competente ed al Presidente della Giunta Regionale, i quali si pronunciano nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia”.
Il Legislatore delegato non ha identificato espressamente i motivi che devono legittimare il ricorso, con ciò lasciando aperta la possibilità di impugnare il provvedimento sia per vizi di merito che di legittimità.
CAPITOLO 10 ter – R.S.P.P. – ulteriori aggiornamenti in tema formativo
Sicurezza sul lavoro: R.S.P.P., obblighi formativi e requisiti professionali.
Il Ministero del Lavoro, rispondendo ad un quesito del 30 novembre 2010, ha chiarito quali siano i requisiti professionali necessari alo svolgimento delle funzioni di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ai sensi dell’art. 32, c. 5, del D.Lgs. n. 81/2008.
In relazione ai corsi la cui frequenza è necessaria per svolgere il ruolo di responsabile del servizio di prevenzione e protezione (R.S.P.P.), il Ministero ricorda che il c. 5 dell’art. 32 del D.Lgs. del 9/04/2008, n. 81, “Testo unico di salute e sicurezza sul lavoro”, prevede che il possesso di lauree particolari esonera dalla frequenza ei corsi di formazione di cui al c. 2, primo periodo, dell’articolo citato.
Per inciso, le classi di laurea richiamate dal “Testo unico” e presenti nel decreto del 16 marzo 2007 (in G.U. n. 155 del 6/07/2007, S.O., n. 153) corrispondono a classi di laurea triennale. In particolare: L7 ingegneria civile e ambientale; L8 ingegneria dell’informazione; L9 ingegneria industriale; L17 scienze dell’architettura; L23 scienze e tecniche dell’edilizia.
Lo stesso decreto del 16/03/2007 individua poi le classi di laurea magistrale che non sono esplicitamente richiamate dal decreto n. 81/2008 il quale richiama, invece, le classi di laurea identificate dal decreto 4 agosto 2000, quali: classe 4 classe delle lauree in scienze dell’architettura e dell’ingegneria dell’informazione; classe 8 delle lauree in ingegneria civile ed ambientale; classe 9 classe delle lauree in ingegneria dell’informazione; classe 10 classe delle lauree in ingegneria industriale. Il possesso di una delle lauree sopra citate, quindi, consente l’esonero dai moduli “A” e “B” del corso per R.S.P.P. restando, pertanto, obbligatoria la frequenza del modulo “C” secondo quanto previsto dall’accordo, sancito il 26/01/2006, in sede di Conferenza permanente Stato/Regioni, pubblicato nella G.U. n. 37 del 14/02/2006.
Tale corso avrà ad oggetto la prevenzione e protezione dai rischi, anche di natura ergonomica e da stress lavoro – correlato (di cui all’art. 28, c. 1, Tu), di organizzazione in azienda e di relazioni sindacali. Occorre poi ricordare che i responsabili e gli addetti al servizio di prevenzione e protezione sono tenuti, ai sensi del c. 6 dello stesso art. 32, a frequentare, con cadenza quinquennale, corsi di aggiornamento secondo gli indirizzi definiti nell’accordo citato.
Lavori usuranti. Adempimenti per i datori di lavoro. X.Xxx. n. 67/2011 e circolare ministeriale.
Il c.d. “collegato lavoro” (Legge n. 183/2010) conteneva una serie di deleghe al Governo.
In particolare l’art. 1 delegava il Governo ad emanare norme per il riassetto normativo in favore dei lavoratori dipendenti che svolgono particolari attività e lavori considerati “usuranti”, per consentire il diritto al pensionamento anticipato con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti.
Con il D.Lgs. del 21/04/2011, n. 67, è stato disciplinato l’accesso anticipato al pensionamento in favore dei lavoratori addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, subordinando l’efficacia del provvedimento all’emanazione di un decreto interministeriale (Lavoro – Economia), che non risulta adottato.
Nelle more, il Ministero del Lavoro, con numerose circolari (n. 15 del 20/06/2011, n. 22 del 10/08/2011 e n. 37 del 14/09/2011) ha fornito indicazioni operative relativamente alle lavorazioni usuranti, precisando in particolare che alcuni obblighi di comunicazione, previsti dal D.lgs. n. 67/2011 a carico dei datori di lavoro, sono immediatamente applicabili.
Comunicazione dell’esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo o compreso in regolari turni periodici. L’art. 5, c. 1, del D.Lgs. n. 67/2011 prevede l’obbligo, per i datori di lavoro, di comunicare annualmente, per via telematica, alla Direzione Provinciale del Lavoro (D.P.L.) ed agli istituti previdenziali, l’esecuzione di lavoro notturno qualora svolto in modo continuativo o compreso in regolari turni periodici, qualora siano occupati lavoratori notturni come definiti dall’art. 1, c. 1, lettera b), del medesimo decreto legislativo.
Diversamente da quanto previsto dal D.Lgs. n. 66/2003, al nuova norma adotta una definizione di lavoratore notturno più ampia di quella ordinaria; infatti, mentre ai sensi del D.Lgs. n. 66/2003 si considerano “notturni” i lavoratori che svolgano almeno tre ore di lavoro nel periodo notturno (l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino) per almeno 80 notti all’anno (salva diversa previsione dei contratti collettivi), il decreto legislativo in esame considera sufficienti, ai fini della qualificazione di lavoro notturno “usurante”, un numero di giorni non inferiore a 64 nell’anno (78 per coloro che hanno maturato i requisiti per il trattamento pensionistico anticipato tra il 1°/07/2008 e il 30/06/2009).
L’obbligo di comunicare alla D.P.L. l’esecuzione di lavoro notturno è perciò previsto per i datori di lavoro che occupano le seguenti categorie di lavoratori definiti “notturni” ai soli fini della normativa in commento:
• lavoratori il cui orario sia inserito in un sistema di lavoro a turni che prestano la loro attività per almeno 6 ore consecutive l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, per un numero di giorni lavorativi non inferiore a 64 nell’anno (78 per coloro che hanno maturato i requisiti per il trattamento pensionistico anticipato tra il 1°/07/2008 e il 30/06/2009);
• lavoratori che prestano la loro attività per almeno 3 ore nell’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino per periodi di lavoro di durata pari all’intero anno lavorativo.
La circolare ministeriale n. 37 del 14/09/2011 ha rinviato a data da destinarsi l’incombente relativo alla comunicazione del lavoro notturno effettuato per l’anno 2010, obbligo di originariamente fissato al 30 settembre 2011; mentre il termine per la comunicazione per il lavoro notturno effettuato nell’anno 2011 è fissato al 31 marzo 2012 (Circ. Min. Lav. n. 15 del 20/06/2011).
La comunicazione in oggetto può essere effettuata annualmente, esclusivamente in via telematica, anche per il tramite dell’associazione di categoria o degli altri intermediari abilitati, attraverso la compilazione del modello (LAV-NOT), peraltro non ancora disponibile.
Comunicazione di svolgimento di un processo produttivo “in serie” caratterizzato dalla “linea catena”.
L’art. 5, c. 2, del D.Lgs. n. 67/2011 contempla un ulteriore obbligo.
I datori di lavoro che abbiano all’interno dei processi produttivi definiti “usuranti” (art. 1, c. 1, lettera c) dovranno effettuare comunicazione, entro 30 giorni dell’inizio delle lavorazioni, alla Direzione Provinciale del Lavoro (D.P.L.) ed agli enti previdenziali.
La circolare ministeriale si riferisce ai datori di lavoro che utilizzino “processi produttivi in serie caratterizzati dalla linea catena”, secondo quanto appresso specificato:
- applicazione delle voci di tariffa per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro di cui all’elenco n. 1 allegato al D.Lgs. n. 67 del 2011 (nessuna riguarda il settore agricolo);
- lavoratori a cottimo ex art. 2100 c.c.;
- utilizzo di un processo produttivo in serie contraddistinto da un ritmo determinato da misurazione di tempi di produzione con mansioni organizzative in sequenze di postazioni, che svolgono attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale , che si spostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall’organizzazione del lavoro o dalla tecnologia, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali, ad attività di regolazione o controllo computerizzato delle linee di produzione ed al controllo di qualità.
La comunicazione deve essere effettuata entro 30 giorni dall’inizio delle lavorazioni, esclusivamente attraverso il modello LAV
– US disponibile sul sito internet del Ministero del Lavoro (xxx.xxxxxx.xxx.xx).
La stesura della norma porta a valutare come insussistente tale obbligo per le imprese agricole, in quanto i datori agricoli – infatti – non sono soggetti alle voci di tariffa per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, dovendo corrispondere la contribuzione antinfortunistica, per il tramite dell’I.N.P.S., col sistema dei contributi agricoli unificati, mentre per le figure impiegatizie opera l’ENPAIA.
Lato senso tale obbligo potrebbe sussistere, eventualmente e salva la necessità della concorrenza dei tre requisiti, per le cooperative agricole di trasformazione, commercializzazione e manipolazione di cui alla legge n. 204/84 che assicurano i propri dipendenti all’I.N.A.I.L.
Sanzioni per omessa comunicazione.
L’omissione di ognuna delle due comunicazioni sopra indicate è punita con la sanzione amministrative da 500,00 a € 1.500,00. L’adempimento può essere oggetto di diffida ai sensi dell’art. 13, c. 2 e seguenti, del D.Lgs. n. 124/2004.
Da ultimo si suggerisce a tutti gli operatori di valutare, in particolare in relazione al lavoro “notturno”, la sussistenza di personale ascrivibile alla più allargata nozione innanzi illustrata.
Per ulteriori informazioni, ci si può rivolgere al proprio ufficio zona di riferimento.
Accesso dei lavoratori ai benefici di legge.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con Circolare n. 22 del 10/08/2011 ha fornito apposite istruzioni per l’accesso ai benefici per i lavoratori che hanno svolto attività usuranti.
Le prime indicazioni operative riguardano:
- la presentazione delle domande,
- l’istruttoria che devono svolgere gli Enti. In particolare:
− Viene confermata al 30 settembre 2011 la presentazione delle domande per richiedere il diritto all’accesso al trattamento pensionistico anticipato.
− Nel computo dei periodi utili per realizzare il requisito per l’esercizio del diritto sono esclusi quelli totalmente coperti da contribuzione figurativa.
− In riferimento al “lavoro a catena”, tra i richiamati criteri di cui all’art. 2100 c.c., non rientra il sistema di cottimo come metodo di retribuzione e pertanto non è utile a selezionare gli aventi diritto ai benefici introdotti dal d.lgs. n. 67/2011.
− In riferimento ai conducenti di veicoli, di capienza complessiva non inferiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo, nei 9 posti rientra anche il posto riservato al conducente.
− Ai fini della procedibilità della domanda è necessario allegare, in relazione alle diverse tipologia di attività lavorative usuranti, la documentazione minima necessaria riportata nella tabella A, allegata alla circolare.
− L’assenza della documentazione minima necessaria, rende la domanda non procedibile.
− Tutta la documentazione che si allega alla domanda deve risalire all’epoca in cui sono state svolte le attività usuranti.
− L’istruttoria della domanda verrà eseguita dalla sede territorialmente competente dell’Ente previdenziale.
− L’esito dell’istruttoria verrà comunicato al lavoratore ed al datore di lavoro.
− Le domande che sono state presentate prima della pubblicazione della Circolare ministeriale e che risultassero eventualmente non complete, riceveranno, da parte dell’Ente previdenziale, una specifica comunicazione con la richiesta
della documentazione mancante.
La documentazione, prodotta in copia, che il datore di lavoro è tenuto a rendere disponibile per il lavoratore, entro trenta giorni dalla richiesta, tenuto conto degli obblighi di conservazione della medesima, deve, riportare, salvo i casi di comprovata impossibilità, la dichiarazione di conformità all’originale rilasciata dal datore di lavoro o dal soggetto che detiene stabilmente la documentazione originale. Tale documentazione dovrà essere accompagnata da copia di un documento valido di identità del dichiarante.
AZIENDE AGRICOLE: Abilitazione all’utilizzo di carrelli elevatori, trattori.
Il decreto legislativo in materia di sicurezza sul lavoro (d.lgs. 81/08) prevede, all’art. 73, comma 5, l’individuazione, da parte della Conferenza Stato-Regioni, delle attrezzature in uso ai lavoratori per le quali sia richiesta una particolare formazione e abilitazione in capo agli operatori.
La Conferenza di cui si è detto, con accordo n. 53 siglato il 22.2.12, ha stabilito la disciplina applicabile anche nel settore agricolo, per l’utilizzo di carrelli elevatori, piattaforme e trattori; la disciplina si applica ad imprese e lavoratori autonomi, coltivatori diretti, componenti di imprese familiari e soci di società semplici.
Ai fini della prevista abilitazione è indispensabile la partecipazione ad appositi corsi di formazione; in concreto per l’utilizzo delle attrezzature di cui si è detto, occorre frequentare un corso di formazione (e poi di aggiornamento) organizzato e gestito da particolari soggetti formatori ( es. le associazioni di categoria e loro società di servizi, formatori esterni accreditati presso la Regione di appartenenza; i docenti dovranno in ogni caso aver maturato un’esperienza almeno triennale nel settore della formazione, della sicurezza o nella pratica professionale); la norma licenziata dalla conferenza stato regioni prevede che ad ogni iniziativa formativa non possano partecipare più di 24 lavoratori (rapporto un istruttore ogni sei allievi) .
La documentazione relativa al percorso formativo individuale, deve essere conservata per 10 anni; il corso di formazione in tema di sicurezza dovrà essere definito secondo moduli autonomi: a) moduli teorici a carattere giuridico-normativo e tecnici e
b) moduli con esercitazioni pratiche.
Si segnala come i corsi dovranno essere organizzati, a seconda delle tipologie, per le piattaforme mobili elevabili con un monte di 8, 10 o 12 ore, per i carrelli elevatori con un monte ore di 12, 16, 20, per i trattori agricoli e forestali, con monte ore di 8 ore per la conduzione di trattori a ruote oppure a cingoli, di 13 ore per la conduzione dei due tipi di mezzo; si rammenta che l’abilitazione per la conduzione dei trattori si estende all’uso degli attrezzi montati onde effettuare i lavori agricoli, sul trattore. Al termine dei moduli, tecnico-giuridico e pratico, previa una parziaria verifica, tramite questionario a risposta multipla, si dovrà tenere una prova pratica di verifica finale il cui superamento, unitamente a una presenza pari ad almeno il 90% del monte ore, consentirà il rilascio dell’attestato di abilitazione; il predetto attestato ha validità di 5 anni e per il rinnovo si è tenuti alla frequenza di un ulteriore corso di aggiornamento strutturato in almeno 4 ore di cui 3 di esercitazioni pratiche. La normativa entra in vigore 12 mesi dopo la pubblicazione in G.U., sono comunque riconosciuti i corsi già effettuati purché documentati e analoghi a quelli previsti dall’accordo. della medesima durata, originaria o per integrazione, di quelli previsti. I lavoratori del settore agricolo che alla data di entrata in vigore dell’accordo sono in possesso di esperienza documentata, almeno pari a 2 anni sono tenuti a frequentare il solo corso di aggiornamento da comunque effettuarsi entro 5 anni dalla data di pubblicazione dell’accordo medesimo .
Attrezzature e durata dei corsi | ||
Attrezzatura | modulo giuridico- normativo e teorico (ore) | modulo pratico (ore) |
Piattaforma di Lavoro mobili elevabili (PLE) | 4 | 4 (PLE con stabilizzatori) 4 (PLE senza stabilizzatori) 6 (PLE con e senza stabilizzatori) |
Gru caricatrici idrauliche | 4 | 8 |
Gru a Torre | 8 | 4 (gru a rotazione in basso) 4 (gru a rotazione in alto) 6 (gru a rotazione in basse e in alto) |
Carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo | 8 | 4 (carrelli industriali semoventi) 4 (carrelli semoventi a braccio telescopico) 4 (carrelli elevatori telescopici rotativi) 8 (carrelli elevatori industriali semoventi, semoventi a braccio telescopico, telescopici rotativi) |
Conduzione gru mobili (corso base) | 7 | 7 |
Conduzione gru mobili (modulo aggiuntivo per gru mobili su ruote con falcone telescopico o brandeggiabile) | 4 | 4 |
Trattori agricoli o forestali | 3 | 5 per trattori a ruote 5 per trattori a cingoli |
Escavatori, pale caricatrici, terne, autoribaltabili a cingoli | 4 | 6 per escavatori idraulici 6 per escavatori a fune 6 per caricatori frontali 6 per terne 6 per autoribaltabili a cingoli 12 per escavatori idraulici, caricatori frontali, terne |
Pompe per calcestruzzo | 7 | 7 |
Requisiti dei corsi di formazione per i trattoristi ( durata 8-13 ore) | |
Modulo giuridico-normativo | 1 ora |
Modulo tecnico | 2 ore |
Modulo pratico per trattori a ruote | 5 ore |
Modulo pratico per trattori a cingoli | 5 ore |
Riconoscimento della formazione pregressa alla data di entrata in vigore dell’accordo | ||
Tipologia dei corsi | Adempimenti | Aggiornamento |
Corsi con durata complessiva non inferiore a quella prevista dell’accordo (tab. 1) composti da modulo teorico, modulo pratico e verifica finale dell’apprendimento | nessuno | entro 5 anni dalla data di verifica. |
Corsi caratterizzati da una durata inferiore a quella prevista dalla tab. 1 | devono essere integrati dal modulo di aggiornamento entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore dell’accordo | entro 5 anni dalla data di aggiornamento |
Corsi non completati da verifica finale dell’apprendimento | oltre ad essere integrati dal modulo di aggiornamento entro 24 mesi occorre superare la verifica finale | entro 5 anni dalla data di attestazione di superamento della verifica finale di apprendimento |
Un accordo che ha luci ed ombre e che comunque affastella sulle aziende agricole nuove regole norme adempimenti non sempre comprensibili; non pare giusto ad esempio prevedere la partecipazione ai corsi in orario di lavoro e senza oneri per i lavoratori, con costi quindi tutti sulle spalle dell’azienda; in analogia con altre regole (patentino fitosanitario, patente di guida, porto d’armi) trattandosi di prerequisito abilitativo al lavoro (soggettivo quindi) i costi dovrebbero ricadere infatti sul soggetto titolare e non sull’azienda che impiega; la formazione per la abilitazione per l’uso delle attrezzature, non è sostitutiva ma aggiuntiva della formazione obbligatoria (art. 37 che disciplina i corsi di formazione di base -12 ore- e di aggiornamento - 6 ore - e di quella prevista dagli art. 71 per i rischi specifici, art. 73 del DLGS n. 81/2008).
L’Accordo applicandosi anche ai lavoratori autonomi ed i coadiuvanti familiari necessariamente si dovrà concretizzare con il rilascio, nei prossimi cinque anni, dell’abilitazione ad oltre 700.000 addetti, pare difficile pensare alla concreta applicabilità del nuovo ordinamento anche alla luce delle necessità sempre più pressanti di semplificare i non più tollerabili obblighi a carico dei datori di lavoro.
CAPITOLO 11 – COMUNICAZIONE UNICA PER L’AVVIO DELL’IMPRESA
Con decreto legge n. 7/07, convertito in legge n. 40/07, è stata introdotta con l’art. 9 una rilevante semplificazione amministrativa: nel prossimo futuro con una comunicazione unica sarà possibile acclarare la nascita dell’attività imprenditoriale e comunicare le successive variazioni.
Tale comunicazione assolve a tutti gli adempimenti previsti nei confronti di I.N.P.S., I.N.A.I.L., C.C.I.A.A., Agenzia delle Entrate.
La procedura è esclusivamente prevista in via telematica o su supporto informatico: infatti tale comunicazione unica andrà inviata, in formato e modalità elettronica, al registro delle imprese presso la locale camera di commercio. Il registro delle imprese fungerà quindi da sportello unico d’accesso al sistema e provvederà allo smistamento delle dichiarazioni tra le varie amministrazioni secondo le rispettive competenze.
Le imprese agricole, con la comunicazione unica, potranno assolvere alla domanda d’iscrizione al registro delle imprese e al REA ( con esclusione del deposito bilancio), d’iscrizione all’INAIL e all’INPS nonché effettuare la DIA ai fini IVA e ottenere il
codice fiscale e partita IVA. Lo stesso dicasi per comunicare eventuali variazioni, modifiche e cessazioni d’attività (ai fini previdenziali ed assicurativi è però al momento possibile solo l’iscrizione). Non è prevista, con la comunicazione unica, l’iscrizione anche all’Enpaia, per i dipendenti con qualifica impiegatizia.
In particolare, tramite la Comunicazione Unica si possono assolvere i seguenti adempimenti:
- dichiarazione di inizio attività, variazione, modifica, cessazione attività ai fini IVA, ai sensi dell’art. 35 del D.p.r. n. 633/72;
- domanda di iscrizione di nuove imprese, modifica, cessazione nel Registro delle Imprese e nel REA, con esclusione dell’adempimento del deposito bilancio;
- domanda d’iscrizione, variazione, cessazione al registro delle imprese con effetto per l’INPS relativamente alle imprese artigiane ed esercenti attività commerciale, ai sensi dell’art. 44, comma 8, del D.L. n. 269/03;
- domanda d’iscrizione e cessazione di impresa con dipendenti ai fini INPS;
- variazione dei dati di impresa con dipendenti ai fini INPS in relazione all’attività esercitata, alla cessazione attività, alla modifica della denominazione dell’impresa individuale, alla modifica della ragione sociale, alla riattivazione dell’attività ed alla sospensione dell’attività, alla modifica della sede legale e della sede operativa;
- domanda di iscrizione, variazione e cessazione di impresa agricola ai fini INPS;
- domanda di iscrizione, variazione e cessazione di impresa artigiana nell’albo delle imprese artigiane.
Per poter utilizzare la procedura telematica prevista, le imprese dovranno essere abilitate al sistema Telemaco (sistema informatico delle CCIAA) e disporre della Pec (posta elettronica certifica) con relativa casella postale e firma digitale certificata. Ricordiamo che le imprese in forma societaria erano già obbligate a dotarsi di un proprio indirizzo di PEC, ancorché in via differita per le società già iscritte nel registro imprese (art. 16, D.L. n. 185/08).
Secondo quanto previsto all’art. 9 della legge del 2 aprile 2007, n. 40, i soggetti tenuti alla compilazione della Comunicazione Unica sono:
• le società di capitali (società a responsabilità limitata, società per azioni, società in accomandita per azioni);
• le società di persone (società semplice, società in accomandita semplice, società in nome collettivo);
• le società cooperative;
• i consorzi;
• le società consortili;
• gli imprenditori individuali.
Per le sole imprese, individuali e collettive, è prevista la possibilità di delegare altri soggetti, mediante procura, all’invio
telematico della comunicazione unica, includendosi tra i soggetti abilitati anche le associazioni imprenditoriali e di categoria. La ricevuta costituisce titolo legittimante l’immediato inizio dell’attività imprenditoriale.
L’I.N.P.S., con messaggio n. 21952/09, ha confermato l’operatività dell’iscrizione a fini previdenziali delle imprese che operano con il sistema DM (modello DM68) per gli impiegati, quadri e dirigenti e con il sistema DMAG (modella DMAG) per gli operai, mentre per le variazioni e cessazioni d’attività, così come per le iscrizioni, variazioni e cessazioni dei lavoratori autonomi agricoli (coltivatori diretti e IAP), le modalità per gli adempimenti saranno successivamente resi noti. Analogamente per l’I.N.A.I.L.: con circolare n. 52/09, l’Istituto ha comunicato l’odierna operatività della sola iscrizione sottolineando che in caso di delega, l’apposito riquadro della denuncia va firmato digitalmente da un soggetto abilitato ex lege n. 12/79 (consulente del lavoro).
Il nuovo sistema ha una fase di sperimentazione ed adattamento a decorrere dal 1°ottobre 2009 e della durata di sei mesi per diventare definitivo ed obbligatorio dal 1°aprile 2010.
Da quest’ultima data ogni impresa dovrà obbligatoriamente avere la PEC ed annessi strumenti telematici, non essendo più possibile presentare domande e documenti cartacei.
CAPITOLO 12 – FAC SIMILI CONTRATTI VARI
a. Il fac simile contratto xx.xx.xx. a progetto
CONTRATTO DI COLLABORAZIONE COORDINATA E CONTINUATIVA
(Lavoro a Progetto)
Con la seguente scrittura privata redatta in due esemplari TRA
• ……………………….., Codice Fiscale n°……………….., con sede legale in ………………, Via , di seguito
denominata “…………………”, in questo atto rappresentata da …………………………………………
e
• il Signor ……………………, nato il ………………….. a …………….. e residente in ……………….Via …. -
Codice Fiscale: ……………………… – di seguito denominato “Collaboratore”, che svolge abitualmente l’attività di
…………………………… PREMESSO
• che ………………….., nell’ambito della realizzazione di quanto previsto dal proprio statuto e in relazione alle esigenze derivanti dalle attività istituzionali ha elaborato un programma di azione organizzativa finalizzato all’incentivazione degli investimenti …………….. ed allo sviluppo della propria rappresentanza;
• che a tal fine …………… necessita della collaborazione di una persona per attuare detto programma nell’area
………………………., e conseguentemente garantire adeguata consulenza tecnica specializzata agli eventuali nuovi associati
acquisiti;
• che il Collaboratore è in possesso dei requisiti richiesti, e disponibile a fornire, nell’ambito del progetto di sviluppo organizzativo dell’area , la propria consulenza e collaborazione all’attività di cui sopra;
Tutto ciò premesso, ed a conferma delle intese raggiunte, SI CONVIENE E STIPULA
il presente Contratto di Collaborazione Coordinata e Continuativa (Lavoro a Progetto) ai sensi del Decreto Legislativo n° 276 del 10 Settembre 2003.
Il contratto è regolato dalle seguenti CONDIZIONI
1) La premessa fa parte integrante dell’accordo.
2) Il Collaboratore, a decorrere dal , in piena autonomia operativa ed organizzativa, quanto all’impiego delle
proprie energie lavorative, operando quindi senza alcun vincolo di subordinazione, gerarchia ed orario, svolgerà l’attività consulenziale volta alla realizzazione del Progetto così come definito nei contenuti in “premessa” e nel successivo Punto - 4) -, nel rispetto dei programmi e delle linee concordate con il Responsabile …………………..
Il rapporto ha natura professionale per la qualità della prestazione fornita ed inoltre è di tipo unitario e continuativo, senza impiego di mezzi propri organizzati da parte del Collaboratore, e con compenso prestabilito e quantificato al punto 5), senza alcun riferimento al tempo impiegato nella prestazione.
3) Il Collaboratore non avrà alcun obbligo di presenza presso gli Uffici della , ma viene sin d’ora stabilito quale luogo
base della prestazione del servizio l’Ufficio ………………………..
4) L’oggetto della prestazione, come anticipato in “premessa”, ha per contenuto l’apporto consulenziale del Collaboratore finalizzato al raggiungimento degli obiettivi del Progetto inerente lo sviluppo organizzativo di area, progetto che si concretizza nella analisi e ricerca del fabbisogno tecnico e colturale , onde fornire agli stessi adeguato apporto consulenziale
favorendo la loro adesione all’Associazione, elaborando altresì linee operative di intervento specialistico per il miglioramento delle potenzialità produttive dell’area. Il progetto, articolato inizialmente su base triennale, ha come obiettivo lo sviluppo dell’attività di rappresentanza e di assistenza tecnica specializzata ai Soci di …………………….
Il Collaboratore, pur nell’ambito della propria autonomia e professionalità, per rendere coerente la propria attività con quella di
…………….., sottoscrivendo il presente contratto, prende atto dei regolamenti, dei programmi e delle linee operative stabilite da ……………...
Il Collaboratore potrà accedere nei locali utilizzati per lavoro dalla per lo svolgimento delle operazioni sopra
descritte, per potere raccogliere informazioni e dati, effettuare rilevamenti e fornire la propria prestazione consulenziale.
5) Per tale collaborazione ………… corrisponderà al Collaboratore un compenso lordo omnicomprensivo pari al ……………..
del valore del prodotto conferito dai nuovi Soci, contattati dal Collaboratore stesso, con un minimo di €uro annui
xxxxx, ritenendosi così esaurita ogni obbligazione economica e giuridica inerente la prestazione stessa; il compenso fisso potrà essere erogato anche a rate su richiesta del Collaboratore, mentre il conguaglio, derivante dall’applicazione del parametro percentuale, sarà corrisposto entro il ……………….
Nessuna altra somma sarà dovuta ad alcun titolo. Sono quindi espressamente esclusi rimborsi spese, indennità per cessazione di incarico, ferie, lavoro straordinario e/o festivo, mensilità aggiuntive e ogni altra indennità non espressamente richiesta dalle Leggi vigenti.
6) Il rapporto di cui al presente contratto si sostanzia in una collaborazione coordinata e continuativa ai sensi del Decreto Legislativo n° 276 del 10 Settembre 2003 e pertanto i relativi compensi configurano redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
A tal fine il Collaboratore dichiara che il corrispettivo a Lui attribuito non deve essere assoggettato ad I.V.A., rientrando la collaborazione in oggetto nell’esercizio di attività per le quali non è richiesta l’iscrizione in albi professionali ed inquadrandosi il rapporto nella fattispecie prevista dall’art. 5, comma 2, D.P.R. n°633 del 26/10/1972.
7) La ………………. provvederà a trattenere dai compensi corrisposti le ritenute fiscali, previdenziali ed ogni altra ritenuta eventuale, con le modalità, le percentuali ed i termini previsti dalle Leggi vigenti; sarà cura del Collaboratore informare
tempestivamente la …………… in merito ad ogni elemento utile per determinare la corretta misura delle ritenute e delle detrazioni da applicare.
8) I compensi di cui al precedente punto 5) sono assoggettabili al contributo previdenziale I.N.P.S. (art. 2 comma 26 Legge 08/08/1995 n° 335) ed al contributo I.N.A.I.L. ex D.P.R. n° 38/2000, mediante ritenuta operata direttamente da ……………
all’atto del pagamento dei compensi stessi. I contributi sono per un terzo a carico del Collaboratore.
La ritenuta contributiva I.N.P.S. sarà applicata sul compenso lordo imponibile secondo le aliquote del a seconda che
il Collaboratore sia o non iscritto ad altre forme previdenziali obbligatorie o si trovi nella condizione di “Pensionato”. A tal fine il Collaboratore, per la corretta applicazione della suddetta ritenuta, dichiara di trovarsi nella condizione di “ ”,
assoggettabile quindi all’aliquota del e si impegna a comunicare tempestivamente eventuali variazioni aventi effetti
sulla propria posizione assicurativa e previdenziale.
9) Nell’esercizio della Sua attività il Collaboratore è tenuto alla esecuzione contrattuale secondo buona fede ai sensi dell’art. 1375 c.c.
Il Collaboratore a progetto non deve svolgere attività in concorrenza con i committenti né, in ogni caso, diffondere notizie e apprezzamenti attinenti ai programmi e alla organizzazione di essi, né compiere, in qualsiasi modo, atti in pregiudizio della attività dei committenti medesimi.
Il Collaboratore dichiara di non avere in corso, al momento della stipula del presente contratto, altri rapporti di Xxxxxx a Progetto. Per tutta la durata di questo contratto si impegna a non assumere altri incarichi analoghi.
10) Il Collaboratore ha diritto di essere riconosciuto autore delle eventuali invenzioni fatte nello svolgimento del rapporto.
11) Il Collaboratore dichiara di avere ricevuto dalla completa informativa sui rischi specifici dell’attività svolta nei
luoghi di lavoro in cui sarà chiamato ad operare e delle misure di prevenzione ed emergenza adottate.
Alla prestazione lavorativa svolta nei luoghi di lavoro della si applicheranno le norme vigenti sulla sicurezza ed
igiene sul lavoro, nonché le norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; il Collaboratore offre alla
………….. la Sua collaborazione per l’attuazione delle misure di prevenzione e tutela della salute e sicurezza.
12) Xxxxx salvo quanto disposto in tema di durata del progetto, le parti potranno recedere prima della scadenza del termine per giusta causa ovvero qualora il Collaboratore risultasse impedito allo svolgimento dell’incarico per un periodo superiore a giorni 30.
13) Il Collaboratore autorizza la a trattare ed a comunicare a terzi i Xxxx dati personali in relazione ad adempimenti
di Legge connessi con questo contratto (Legge 31/12/1996 n°675).
14) Il presente contratto si intende stipulato a tempo determinato e ha durata di anni 3 (tre), con decorrenza dal ………………..
e termine il Qualora a tale data gli obiettivi prestabiliti non siano stati realizzati, è facoltà delle parti procedere
alla proroga del presente contratto, previa rinegoziazione dei termini di durata e dei compensi. Le parti hanno facoltà di recesso con un preavviso scritto di mesi 3 (tre).
La malattia e l’infortunio non determinano l’estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso; tale sospensione non comporta però alcuna proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza; è facoltà di recedere dal
contratto se la sospensione dovesse protrarsi per un periodo superiore a trenta giorni.
15) Le parti si danno reciprocamente atto che con il presente contratto intendono liberamente e correttamente determinare la natura autonoma del rapporto così instaurato (nessun vincolo gerarchico, nessuna predisposizione di direttive disciplinari, nessun obbligo di orario di lavoro né di giustificazione delle assenze), e che tale manifesta volontà è prevalente su qualunque eventuale diversa interpretazione di terzi.
16) Le parti convengono di incontrarsi periodicamente con cadenza trimestrale per la valutazione circa l’andamento del progetto, nonché per la necessaria coordinazione dell’attività rispetto agli obiettivi aziendali.
17) Ogni modifica alle condizioni contenute nel presente contratto non avrà valore se non convenuta ed approvata dalle parti per iscritto.
18) Per qualsiasi eventualità non espressamente prevista da questo accordo, saranno applicate le norme di Xxxxx; per ogni eventuale controversia relativa all’interpretazione, esecuzione e risoluzione del presente contratto sarà esclusivamente competente il Foro di ……………...
19) In caso di eventuale registrazione, resasi necessaria a causa di terzi, le spese saranno divise al 50%. Xxxxx, approvato e sottoscritto.
……………………, lì
IL COLLABORATORE L’AZIENDA
b. Il fac simile contratto occasionale agricolo
Collaborazione occasionale tra parenti e affini
ai sensi dell’art. 74 Decreto Legislativo 10/9/2003 n. 276
Con la presente scrittura privata il sig. ……………………….. nato a …………….. il C.F.
………………………………………, titolare dell’azienda agricola ………………………………………., con sede a
………………………… in via …………………….
conferisce
in ragione dei rapporti familiari sottesi, al sig. ………………………… nato a …………….. il C.F.
………………………………………, che accetta l’incarico di collaboratore occasionalmente e gratuitamente, ai sensi e per gli effetti dell'art. 74 del X.X.xx 276/2003 nel periodo dal ………..…. al …………….. dandosi atto reciprocamente che tale prestazione è occasione, ovvero comunque di breve periodo e resa a titolo di aiuto per “affectio” familiare e con il carattere della gratuità.
Le parti dichiarano sotto la propria responsabilità che tra di loro esiste un vincolo di parentela/affinità entro il quarto grado, essendo rispettivamente (es. padre e figlio; ovvero nonno e nipote; cognati, ecc.).
Le parti dichiarano altresì che la collaborazione occasionale di cui alla presente scrittura viene resa in piena autonomia ed indipendenza, senza alcun vincolo di subordinazione, senza il rispetto di un orario di lavoro e senza alcuna forma di retribuzione e che la stessa non configura un rapporto di lavoro subordinato, né autonomo e che pertanto non dà luogo, a mente dell’art. 74 del X.X.xx 276/2003, ad obblighi contributivi.
Per le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori il sig. ……………….. riconosce al sig la
somma di € giornaliere.
Data, ………………….
Firma Firma
Titolare azienda Collaboratore familiare occasionale
Nota 1
In attesa di chiarimenti ministeriali al riguardo, pur in assenza di motivazioni specifiche, è opportuno limitare il periodo a 30 giorni
c. Il fac simile contratto occasionale non agricolo
Contratto d’opera
ai sensi degli artt. 2222 e seguenti del c.c.
Oggi ……………… in …………… tra lo Studio ……………………… con sede legale in Via
…………………………………………….., C.F. ……………………… P.IVA ………………………, più brevemente di seguito indicato come committente
e
Il sig. …………………. nato a ……………………….. il ……….. e residente in ………………. Via , C.F.
…………………, più brevemente di seguito indicato come collaboratore Xxxxxxxx
• che il committente svolge attività di consulenza nell’arredamento di interni e che necessita del collegamento in rete dei computer e dei software per l’arredamento di interni ora inseriti autonomamente nelle diverse postazioni di lavoro
• che il collaboratore ha una specifica conoscenza dell’installazione di nuovi software nonché delle modalità di organizzazione di computer in rete
• che è intenzione del committente di avvalersi dell’attività del collaboratore, in qualità di lavoratore autonomo, per l’approntamento dei propri computer in rete nonché per l’installazione di nuovi software per l’arredamento
• che è intenzione del collaboratore realizzare tale prestazione d’opera
• che è intendimento delle parti di collaborare tra loro in autonomia ed escludendo ogni vincolo di subordinazione si conviene
di costituire il seguente contratto, di seguito indicato contratto, conformemente a quanto previsto dall’art. 2222 e seguenti del codice civile, regolamentato dai seguenti patti e condizioni.
Art. 1 – Oggetto
Oggetto del presente contratto è costituito dalla creazione del collegamento in rete di tutte le postazioni di lavoro presso lo studio di arredamento di interni del committente sito in via …………………………………
In particolare, conformemente a quanto già indicato nella premessa del presente contratto, il collaboratore, per le sue conoscenze professionali, dovrà provvedere a:
• individuare e acquistare il server e il software di rete più adatto alle esigenze del committente
• effettuare, tramite un eventuale altro tecnico di sua fiducia che si occupa dell’impiantistica elettrica, i vari collegamenti tra le postazioni di lavoro e il server di rete
• installare i nuovi software di rete
• installare il programma outlook e/o programmi similari che permettano la condivisione tra gli operatori di appuntamenti, rubriche, e di comunicazioni interne.
Le prestazioni sopra elencate verranno effettuate dal collaboratore esclusivamente presso la sede del committente. Art. 2 – Durata del rapporto
Il rapporto avrà inizio a far data dal per concludersi al raggiungimento del risultato oggetto del presente contratto.
Art. 3 – Corrispettivo
A fronte delle prestazioni di cui all’art. 1 del presente contratto, viene fissato un corrispettivo lordo di Le spese
sostenute dal collaboratore per lo svolgimento del presente incarico sono a carico del collaboratore stesso. Art. 4 – Pagamento
Il corrispettivo di cui al precedente art. 3 sarà liquidato per il 50% entro 15 giorni dalla firma del presente contratto, il rimanente al completamento dei lavori.
Art. 5 – Modalità di svolgimento delle prestazioni
Il collaboratore non è inserito nell’organizzazione gerarchica dello studio del committente e svolgerà le prestazioni oggetto del presente contratto in piena indipendenza ed autonomia, senza quindi l’obbligo di seguire particolari direttive tecniche od organizzative.
Art. 6 – Diligenza qualificata
Nell’esecuzione del presente contratto, al collaboratore sarà richiesta la diligenza qualificata propria di un professionista.
La prestazione di tale diligenza qualificata non include la facoltà da parte del committente di richiedere al collaboratore eventuali danni diretti e/o indiretti, limitandosi la responsabilità del collaboratore al ripristino gratuito dell’opera.
Art. 7 – Forma scritta
Ogni accordo in deroga al presente contratto dovrà risultare in forma scritta, non essendo applicabili i patti verbali. Art. 8 – Foro competente
Per ogni controversia che dovesse sorgere tra le parti in merito alla interpretazione ed esecuzione del presente contratto, Foro competente è ……………
Letto, approvato, sottoscritto.
d. Il fac simile dello scambio di manodopera
Contratto ai sensi dell’art. 2139 c.c.
Tra i sigg. …………………………………………………………….. e …………………………………………………………….
………………………………………………………………………… e ……………………………………………………………..
- Visto l’art. 2139 del c.c.;
- Tenuto conto della facilità con cui si può accedere ai fondi dei sottoscritti gestiti singolarmente;
- Tenuto conto della qualifica posseduta di piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.) in quanto coltivatori diretti;
- Viste le necessità colturali per l’anno ;
- Valutata insufficiente la forza lavoro delle rispettive aziende;
- Ritenuta l’utilità dello scambio di prestazioni e servizi che riguarderà anche i mezzi meccanici e le attrezzature di proprietà, occorrenti al disbrigo dei lavori inerenti i prodotti ortofrutticoli, cerealicoli, bieticoli, ecc., di cui le aziende in questione, prese singolarmente, sono carenti, ma che in questo modo si integreranno,
si conviene
lo scambio di manodopera in occasione delle lavorazioni inerenti le produzioni di cui sopra previste nel piano colturale aziendale.
Lo scambio di cui si tratta, avverrà a far tempo dal …………………. al ed avrà carattere di reciprocità.
Potranno coadiuvare i sigg. ………………………………………… e ………………………………………………………………
Anche le unità familiari eventualmente od occasionalmente in forza alle aziende. In linea principale sono quindi interessati allo scambio di manodopera i sigg , appartenenti tutti al medesimo nucleo familiare di C.D.
Lo scambio di manodopera non dà diritto alla percezione di alcuna retribuzione. Tale contratto ha validità a tutti gli effetti di legge e previdenziali.
Luogo e data, ………………………
Firma Firma
Nota: per gli aspetti legati alle ispezioni sul lavoro, si veda la nota a pag. 44, inerente le procedure I.N.P.S. di controllo della congruità dello scambio di manodopera.
e. Il fac simile della lettera di assunzione impiegato/operaio agricolo tempo pieno ed indeterminato
IMPIEGATO/OPERAIO AGRICOLO A TEMPO INDETERMINATO A TEMPO PIENO
Lettera di assunzione con contratto a tempo indeterminato
Data, …………….
Egr. sig.
………………………
Oggetto: assunzione a tempo indeterminato
La presente per confermarle la sua assunzione alle dipendenze della scrivente società, con decorrenza dal , presso la
sede/filiale/stabilimento di …………..
Le mansioni a lei affidate saranno le seguenti: ………..
Nei suoi confronti troverà applicazione il CCNL e relativo CPL della provincia di Bologna per le aziende , ai fini del
quale lei verrà inquadrato nel …. livello., con qualifica di …………..
Il trattamento economico a lei spettante è stabilito come segue:
retribuzione base € …………
………………… € …………
………………… € …………
………………… € ………… retribuzione totale lorda mensile € ………… Tale retribuzione si intende per n. …. mensilità.
L’assunzione resta subordinata ad un periodo di prova di mesi/giorni ……, durante il quale il rapporto di lavoro potrà essere interrotto, sia da parte sua che da parte della scrivente società, senza alcun obbligo di preavviso. Tale periodo andrà a scadere il …….
Onde lei possa verificarne l’esattezza, precisiamo qui di seguito i dati oggetto di registrazione: ………………….
Per quanto non previsto dalla presente, si fa rinvio alle leggi in materia ed al citato CCNL e relativo CPL della provincia di Bologna.
La preghiamo di volerci restituire copia della presente debitamente firmata, apponendo sulla stessa la seguente dichiarazione “dichiaro di aver letto attentamente la presente lettera e di accettarne integralmente il contenuto”.
L’occasione ci è gradita per porgerle i nostri più distinti saluti.
Firma
f. Il fac simile di assunzione operaio agricolo OTD tempo parziale con clausole flessibili ed elastiche
OPERAIO AGRICOLO A TEMPO DETERMINATO A TEMPO PARZIALE
L’anno …….. il giorno …….. del mese di ………… in ………………
TRA
L’azienda agricola …………….. in qualità di titolare della ditta medesima con sede in ……………. VIA ,
codice fiscale ………………….
E
La sig.ra ………………, nata a ……………. il …………..residente in ……………. via ………………. codice fiscale
………………….. si è stipulato il presente contratto di lavoro a tempo determinato con prestazione a tempo parziale che è regolato dalle seguenti condizioni:
❑ La decorrenza del rapporto di lavoro a tempo determinato a tempo parziale è dal ……………. al ;
❑ L’assunzione definitiva è soggetta ad un periodo di prova di 2 giorni lavorativi durante tale periodo è reciproco il diritto delle parti di risolvere il rapporto senza obbligo di preavviso, prevedendo comunque la corresponsione al lavoratore delle spettanze maturate per il lavoro svolto;
❑ Il lavoratore, in base al vigente CCNL operai agricoli e florovivaisti è inquadrato nell’area , con profilo professionale
di operaio …… livello ………………. addetto mansioni ;
❑ Lo svolgimento dell’attività lavorativa a tempo parziale è così regolata: DAL LUNEDI’ AL GIOVEDI’ DALLE ORE …….. ALLE ……….
IL SABATO DALLE………. ALLE ………… E DALLE ………… ALLE ……….
LA DOMENICA DALLE ……….. ALLE ……….
Le parti si danno atto che stante la particolarità dell’attività agrituristica, l’orario di lavoro così descritto si intende in ogni caso ordinario, con rinuncia formale ed espressa del lavoratore all'applicazione degli art. 39 e 37 del vigente CCNL e relative norme del CPL della provincia di Bologna e relative maggiorazioni salariali.
Le parti si danno atto che il giorno di riposo settimanale è il VENERDI’.
L’orario di lavoro settimanale ordinario è perciò pari a 32 ore settimanali, con la facoltà di variare, all’occorrenza, la collocazione temporale della prestazione ovvero la durata della prestazione lavorativa ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 46 del D.Lgs 276/2003, portante modifiche al D.Lgs n. 6/2000 e come ulteriormente modificate dal D.L. n. 112/2008.
❑ Il trattamento per la prestazione di lavoro a tempo parziale è pari ad € Orarie.
❑ Al lavoratore sono riconosciuti gli istituti economici e contrattuali, quali festività nazionali ed infrasettimanali, ferie, 13esima mensilità, 14esima mensilità in misura proporzionale a quelli spettanti per il tempo pieno, essendo il rapporto di lavoro a tempo determinato tali istituti sono erogati al lavoratore con il terzo elemento.
Le comunichiamo infine, ai sensi dell’art. 4 bis, comma 2, DLgs 21/4/2000 n. 181, che il suo nominativo è stato iscritto al n…… del Libro Unico del lavoro.
Onde lei possa verificarne l’esattezza, precisiamo qui di seguito i dati oggetto di registrazione: …………………
Per quanto non previsto dalla presente, si fa rinvio alle leggi in materia ed al citato CCNL e relativo CPL della provincia di Bologna.
La preghiamo di volerci restituire copia della presente debitamente firmata, apponendo sulla stessa la seguente dichiarazione “dichiaro di aver letto attentamente la presente lettera e di accettarne integralmente il contenuto”.
Salvo quanto espressamente stabilito dal presente contratto per quant’altro si applica la disciplina prevista dal vigente CCNL operai agricoli e florovivaisti, dal Contratto Provinciale, nonché quella prevista dalle vigenti disposizioni di legge.
Letto approvato e sottoscritto.
Il lavoratore
Il sindacato del lavoratore Il datore di lavoro
g. Il fac simile assunzione operaio agricolo avventizio tempo pieno ex art. 21, lett. B) C.C.N.L. 25/05/2010
OPERAIO AGRICOLO AVVENTIZIO (MINIMO 100 GIORNATE/ANNO) CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO A TEMPO PIENO
L’anno …………, il giorno ……, del mese ….. Tra
L’azienda agricola …………….. in qualità di titolare della ditta medesima con sede in ……………. VIA ,
codice fiscale (datore di lavoro)
E
il sig. ………………, nato a ……………. il …………..residente in ……………. via codice fiscale (lavoratore)
Visto il CCNL 25/05/10, visto il CPL vigente in provincia di Bologna si conviene quanto segue.
Il sig. ……. assume alle proprie dipendenze il sig in qualità di operaio agricolo, con contratto di lavoro a tempo
determinato, ai sensi dell’art. 21 lettera B) del CCNL operai agricoli e florovivaistici del 25/05/2010, con livello/qualifica di
…………. e mansioni di ……………….
L’avviamento al lavoro ha inizio il …………… e termina il , senza necessità di alcuna disdetta o preavviso.
La prestazione lavorativa dovrà essere svolta presumibilmente, e priva dei requisiti di continuità, nei seguenti periodi (e/o fasi lavorative) dell’anno ……..:
- ………………..
- ………………..
- ………………..
Il datore di lavoro si impegna ad offrire al lavorator,e nell’arco di 12 mesi, chiamate al lavoro per un numero di giornate non inferiore a 100, salvo quanto espresso specificato.
Al lavoratore sono assicurate, conformemente alle norme contrattuali del settore previste in caso di avviamento al lavoro per fase lavorativa, chiamate al lavoro per tutta la durata della fase lavorativa programmata settimanalmente/mensilmente dell’azienda, secondo le opportune turnazioni, e per l’orario contrattualmente previsto, ad eccezione delle giornate nelle quali l’attività produttiva non è consentita da cause dipendenti da avversità atmosferiche e/o forza maggiore, e comunque motivate ragioni non imputabili all’azienda.
La retribuzione è fissata in €/ora ……, come previsto dal vigente CPL della provincia di Bologna.
L’assunzione resta subordinata ad un periodo di prova di giorni 2, durante il quale il rapporto di lavoro potrà essere risolto, da parte sua come da parte da parte della scrivente società, senza alcun obbligo di preavviso. Tale periodo andrà a scadere il
…….
Per quanto non previsto dalla presente, si fa rinvio alle leggi in materia ed al citato CCNL e relativo CPL della provincia di Bologna.
La preghiamo di volerci restituire copia della presente debitamente firmata, apponendo sulla stessa la seguente dichiarazione “dichiaro di aver letto attentamente la presente lettera e di accettarne integralmente il contenuto”.
L’occasione ci è gradita per porgerle i nostri più distinti saluti.
Il datore di lavoro il lavoratore
h. Il fac simile assunzione operaio agricolo avventizio tempo pieno art. 21 lett. C) C.C.N.L. 25/05/2010 (operaio agricolo avventizio – minimo 180 giornate/annue)
OPERAIO AGRICOLO AVVENTIZIO (MINIMO 180 GIORNATE/ANNO)
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO A TEMPO PIENO
L’anno ….. il giorno ….. del mese di……..
Tra
Il sig……., il titolare /legale rappresentante dell’azienda agricola …. con sede…., (datore di lavoro)
Ed
Il sig……, nato a……, e residente in ……, via…..
(lavoratore)
Visto il CCNL 25/05/10, visto il C.P.L. vigente in provincia di si conviene quanto segue.
Il sig…… assume alle proprie dipendenze il sig……,in qualità di operaio agricolo, con contratto di lavoro a tempo determinato, da svolgersi nell’ambito di un unico rapporto continuativo, ai sensi dell’art. 21, lett.C) del CCNL operai agricoli florovivaisti del 10 luglio 2002.
Il rapporto di lavoro ha inizio il…..e termina…… senza necessità di alcuna disdetta o preavviso e si svolge per un numero di giornate pari a ….(indicare un numero di giornate superiore a 180)
Il sig…..viene assunto con la qualifica/livello professionale …., per lo svolgimento delle mansioni di……. .
Al lavoratore sono assicurate , conformemente alle norme contrattuale di settore previste in caso di avviamento al lavoro per fase lavorativa, chiamate al lavoro per tutta la durata della fase e per l’orario contrattualmente previsto, ad eccezione delle giornate nelle quali l’attività produttiva non è consentita da cause dipendenti da avversità atmosferiche e/o forza maggiore e comunque altre motivate ragioni non imputabili all’Azienda.
i. Il fac simile assunzione impiegato a termine
IMPIEGATO A TERMINE
LETTERA DI ASSUNZIONE A TEMPO DETERMINATO PER MOTIVI DI CARATTERE TECNICO, PRODUTTIVO, ORGANIZZATIVO
Data, …………….
Egr. sig.
………………………
Oggetto: assunzione a tempo determinato
La presente per comunicarle la sua assunzione a tempo determinato alle dipendenze della scrivente società, ai sensi dell’art. 1, comma 1, del DLgs 368/01.
Il presente contratto di lavoro è stipulato per far fronte alle esigenze derivanti da: (precisare
dettagliatamente i motivi di carattere tecnico, produttivo, organizzativo che hanno determinato la stipulazione del contratto a termine).
Il contratto decorrerà dal ……… e andrà a scadere il , e dovrà pertanto considerarsi automaticamente risolto ad ogni
effetto, contrattuale e di legge, allo scadere del suddetto periodo.
Troverà applicazione nei suoi confronti il CCNL per i dipendenti da aziende , ai fini del quale lei verrà inquadrato
nel ….. livello, con qualifica di ………..
Le mansioni a lei affidate saranno le seguenti ; tali mansioni verranno da lei svolte presso la nostra
sede/filiale/stabilimento di …………………
Il trattamento economico a lei spettante è stabilito come segue:
retribuzione base € …………
………………… € …………
………………… € …………
………………… € ………… retribuzione totale lorda mensile € ………… Tale retribuzione si intende per n. …. mensilità.
L’assunzione resta subordinata ad un periodo di prova di mesi/giorni ……, durante il quale il rapporto di lavoro potrà essere interrotto, sia da parte sua che da parte della scrivente società, senza alcun obbligo di preavviso. Tale periodo andrà a scadere il …….
Per quanto non previsto dalla presente, si fa rinvio alle leggi in materia ed al citato CCNL e relativo CPL della provincia di Bologna.
La preghiamo di volerci restituire copia della presente debitamente firmata, apponendo sulla stessa la seguente dichiarazione “dichiaro di aver letto attentamente la presente lettera e di accettarne integralmente il contenuto”.
L’occasione ci è gradita per porgerle i nostri più distinti saluti.
Firma
j. Il fac simile assunzione impiegato a termine per sostituzione
IMPIEGATO A TERMINE
LETTERA DI ASSUNZIONE A TEMPO DETERMINATO PER SOSTITUZIONE
Data, …………….
Egr. sig.
………………………
Oggetto: assunzione a tempo determinato per sostituzione
Facendo seguito agli accordi intercorsi, le confermiamo la sua assunzione alle dipendenze della nostra società, con decorrenza dal …………..
L’assunzione deve intendersi a tempo determinato, in sostituzione del/la sig. …………. assente dal lavoro per (art. 1,
comma 1, del DLgs 368/01).
Resta inteso che il contratto di lavoro con lei stipulato dovrà considerarsi risolto ad ogni effetto, contrattuale e di legge, al rientro del/la sig. ………….
Le mansioni a lei affidate saranno le seguenti: …………………………
Il trattamento economico a lei spettante è stabilito come segue:
retribuzione base € …………
………………… € …………
………………… € …………
………………… € ………… retribuzione totale lorda mensile € ………… Tale retribuzione si intende per n. …. mensilità.
L’assunzione resta subordinata ad un periodo di prova di mesi/giorni ……, durante il quale il rapporto di lavoro potrà essere interrotto, sia da parte sua che da parte della scrivente società, senza alcun obbligo di preavviso. Tale periodo andrà a scadere il …….
Per quanto non previsto dalla presente, si fa rinvio alle leggi in materia ed al citato CCNL e relativo CPL della provincia di Bologna.
La preghiamo di volerci restituire copia della presente debitamente firmata, apponendo sulla stessa la seguente dichiarazione “dichiaro di aver letto attentamente la presente lettera e di accettarne integralmente il contenuto”.
L’occasione ci è gradita per porgerle i nostri più distinti saluti.
Firma
k. Il fac simile della dichiarazione liberatoria
QUIETANZA
Lettera
Prot. N. ……………
Data, ………………………….
Spett.le Ditta
………………………………….
………………………………….
Oggetto: dichiarazione liberatoria
Io sottoscritto dichiaro di aver ricevuto da codesta ditta la somma di € …………… ( ) in dipendenza del rapporto di
lavoro iniziato il …………… e cessato il ……………..
La somma predetta risulta dagli addendi seguenti:
……………………………………………………………………………………………………………………………………………. Mediante il pagamento di tale somma, della quale rilascio quietanza fiscale e liberatoria, dichiaro di essere tacitato da codesta ditta, anche in via di transazione, stralcio e rinuncia di qualsiasi altra somma mi dovesse spettare, per modo che null’altro ho da pretendere.
In fede
Il lavoratore
Per ricevuta e accettazione La ditta
CAPITOLO 13 – PROCEDURE DISCIPLINARI
In caso di violazione degli obblighi contrattuali è esperibile la procedura disciplinare:
1. In primo luogo occorre inviare al lavoratore la lettera per la contestazione disciplinare (doc. 1).
2. Successivamente il dipendente può essere sentito a sua discolpa.
1. Trascorsi i cinque giorni può essere applicata la sanzione disciplinare (doc. 2); in genere le sanzioni disciplinari – che devono essere comunicate per lettera raccomandata – sono:
▪ Richiamo verbale
▪ Richiamo scritto
▪ Multa non superiore a 4 ore della retribuzione base (l’importo va poi versato all’Inps)
▪ Sospensione dal lavoro, per non più di 10 giorni
Ricordiamo altresì che, per i casi di maggior gravità, è possibile la risoluzione del rapporto di lavoro.
Per essere valida la procedura sanzionatoria, deve contemplare la conoscenza del codice disciplinare aziendale e ciò, in genere, si assolve rendendo pubbliche, attraverso l’affissione all’albo aziendale o in locali di lavoro, delle norme contrattuali collettive, è poi opportuna l’adozione di norme aziendali secondo il fac – simile allegato (doc. 3) da adottare opportunamente. Le allegate bozze dovranno essere completate con la indicazione dei contratti collettivi di riferimento
Doc. 1
Lettera di contestazione disciplinare Su carta intestata ditta
RACC. A/R
Data
Egregio Signore
Oggetto: contestazione ex art. ……. CCNL operai impiegati agricoli e art CPL prov. di Bologna; art. 7 legge
300/70
Apprendiamo ora che (descrivere la mancanza imputata al lavoratore).
Le contestiamo quanto sopra ai sensi ed agli effetti delle vigenti disposizioni di legge e di contratto in materia e, nel contempo, Le ricordiamo che Xxxx potrà presentare le Sue eventuali giustificazioni entro e non oltre i cinque giorni successivi al ricevimento della presente, con facoltà d’essere sentito con l’assistenza di un suo rappresentante sindacale.
Distinti saluti.
Timbro e firma
Doc. 2
Applicazione sanzione Su carta intestata ditta RACC. A/R
Data
Egregio Signore
Oggetto: sanzione disciplinare
Facciamo seguito alla nostra del .
Dopo aver valutato quanto Ella ci ha comunicato, poiché le Sue giustificazioni sono risultate inadeguate (è preferibile spiegare succintamente il motivo relativo alla insufficienza delle giustificazioni, oppure non avendo Ella giustificato quanto addebitatoLe), Le comunichiamo che nei suoi confronti è applicata la sanzione disciplinare, prevista dall'art. …. del vigente CCNL ed art CPL del .
Distinti saluti.
Timbro e firma
A - CODICE DISCIPLINARE AZIENDA AGRICOLA
Visto l’art del vigente C.C.N.L. operai e impiegati agricoli;
visto l’art del vigente C.P.L. operai e impiegati agricoli della provincia di Bologna;
visto l’art. 7 della Legge n. 300/70;
visti gli artt. 2104, 2105, 2106 del Codice Civile
1. In applicazione del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni in relazione alla gravità della mancanza, il tipo e l’entità delle sanzioni sono determinati in relazione ai seguenti criteri generali:
a) Intenzionalità del comportamento, grado di negligenza, imprudenza o imperizia dimostrate, tenuto conto anche della prevedibilità dell’evento;
b) Rilevanza degli obblighi violati;
c) Responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente;
d) Rilevanza del danno o grado di pericolo arrecato all’azienda agricola datrice di lavoro o a terzi e del disservizio determinatosi;
e) Sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riguardo al comportamento del lavoratore nei confronti dell’azienda agricola datrice di lavoro, degli altri dipendenti, nonché ai precedenti disciplinari nell’ambito del biennio precedente;
f) Concorso nell’infrazione di più lavoratori in accordo tra di loro.
2. La recidiva nelle infrazioni previste ai commi 3 e 4, già sanzionate nel biennio precedente, comporta una sanzione di maggiore gravità tra quelle previste nell’ambito dei medesimi commi.
3. La sanzione disciplinare del richiamo viene comminata, nel rispetto della dignità personale del dipendente, per le infrazioni di cui al precedente comma, quando esse siano di lieve entità. La sanzione disciplinare della multa, fatto salvo il dettato di cui all’art del C.P.L. vigente, si applica, graduando l’entità delle sanzioni in relazione ai criteri di
cui ai commi 1 e 2, per le seguenti infrazioni:
a) Inosservanza delle disposizioni di servizio, dell’orario di lavoro e delle norme da osservare in caso di malattia;
b) Condotta non conforme a principi di correttezza verso l’azienda agricola datrice di lavoro, gli altri dipendenti, i terzi;
c) Negligenza nell’esecuzione dei compiti assegnati o nella cura dei beni affidati in ragione del servizio ed alla cui custodia e vigilanza il dipendente sia tenuto in relazione alle sue responsabilità;
d) Di inosservanza degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni o di sicurezza sul lavoro, con particolare riferimento all’obbligo di indossare i dispositivi di protezione;
e) Insufficiente rendimento nell’assolvimento dei compiti assegnati, tenuto conto dei carichi di lavoro, e previa diffida;
f) Altre violazioni dei doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti da cui sia derivato disservizio ovvero danno per l’azienda datrice di lavoro o per terzi;
g) Svolgimento, durante le assenze per malattia o infortunio, di attività che ritardano il recupero psico – fisico.
4. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di 10 giorni si applica, graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) Recidiva nelle mancanze previste dal comma 3, che abbiano comportato l’applicazione del massimo della multa;
b) Particolare gravità delle mancanze previste al comma 3;
c) Assenza ingiustificata dal servizio o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi, l’entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell’assenza o dell’abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione dei doveri del dipendente, agli eventuali danni causati all’azienda datrice di lavoro o a terzi;
d) Violazioni non ricomprese specificatamente nelle lettere precedenti da cui sia comunque derivato grave danno all’azienda agricola datrice di lavoro o a terzi.
B- REGOLAMENTO IN MATERIA DI RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO
Stante la natura del licenziamento per “colpa” del lavoratore (ontologicamente disciplinare), fatto salvo quanto sopra previsto all’art. ….. del vigente C.P.L., il licenziamento con preavviso per giustificato motivo soggettivo si applica per violazioni di gravità tale da compromettere gravemente il rapporto di fiducia con l’azienda datrice di lavoro e da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro. Tra queste sono da ricomprendersi in ogni caso le seguenti:
a) Recidiva plurima nella mancanze previste dal comma 4, anche se di diversa natura;
b) Occultamento di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell’azienda datrice di lavoro o ad essa affittati;
c) Xxxxxxx espresso e non giustificato del trasferimento disposto per motivate esigenze di servizio ad altra sede della stessa;
d) Assenze ingiustificate e ripetute con notevole frequenza;
e) Persistente insufficiente rendimento ovvero atti o comportamenti che dimostrino grave inefficienza del dipendente nell’adempimento degli obblighi di servizio, rispetto ai carichi di lavoro;
f) Responsabilità penale, risultante da condanna passata in giudicato, per delitti commessi fuori dal servizio e pur non attinenti in via diretta al rapporto di lavoro, ma che per la loro specifica gravità non siano compatibili con la prosecuzione del rapporto;
g) Insubordinazione verso il datore di lavoro o verso i diretti superiori;
h) Atti e comportamenti, comprese le molestie sessuali, lesivi della dignità della persona.
La sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso per giusta causa si applica per infrazioni dei doveri di comportamento, anche nei confronti di terzi, di gravità tale da compromettere irreparabilmente il rapporto di fiducia con l’azienda datrice di lavoro e da non consentire la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto di lavoro. In particolare, la sanzione si applica nelle seguenti fattispecie:
a) Recidiva nella responsabilità di alterchi negli ambienti di lavoro con ricorso a vie di fatto nei confronti di superiori o di altri dipendenti ovvero di terzi, anche per motivi non attinenti al servizio;
b) Grave insubordinazione verso il datore di lavoro o verso i diretti superiori;
c) Condanne penali per reati che comportino lo stato di detenzione;
d) I danneggiamenti dolosi ai macchinari, alle coltivazioni ed agli stabili;
e) Furto in azienda;
f) L’esecuzione senza permesso nell’azienda di lavori per conto proprio o di terzi con l’impiego di materiale dell’azienda;
g) Assenze ingiustificate per tre giorni consecutivi, senza notificazioni;
h) Comportamenti minacciosi, gravemente ingiuriosi, calunniosi o diffamatori neo confronti del datore di lavoro o di chi lo rappresenta, di altri dipendenti, di terzi.
CAPITOLO 14 – FAC SIMILI RISOLUZIONI RAPPORTO DI LAVORO
a. Il fac simile risoluzione rapporto di lavoro per giustificato motivo con preavviso
Doc. 1
CARTA DITTA
Data, ………………………
Xxxx.xx sig.
……………………………………
……………………………………
RISOLUZIONE RAPPORTO DI LAVORO PER GIUSTIFICATO MOTIVO CON PREAVVISO
Il sottoscritto, in rappresentanza dell’azienda agricola …………………….., con sede in via
…………………… comunica, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. …. del CCNL Operai Agricoli e Impiegati e successive modificazioni e integrazioni e relativo CPL provincia di Bologna, la risoluzione del rapporto di lavoro intercorrente con effetto dal , con decorrenza del preavviso contrattuale.
Ciò in ragione della ristrutturazione aziendale in essere, comportante la riduzione delle attività produttive e/o la chiusura dell’………………………...
Pertanto il rapporto di lavoro intercorrente andrà definitivamente a cessare, per giustificato motivo, con la data del
…………………... Il presente licenziamento per giustificato motivo è intimato ai sensi e per gli effetti di cui alla legge 604/66, legge 300/70, legge 108/90. Alla data sopra indicata saranno disponibili, presso l’ufficio dell’azienda, i documenti di lavoro e le competenze di fine rapporto.
Distinti saluti.
Azienda agricola Per ricevuta
Il Dipendente
N.B. Il preavviso può essere sostituito dalla indennità di mancato preavviso.
b. Il fac simile risoluzione rapporto di lavoro per giustificato motivo senza preavviso
Doc. 2
CARTA DITTA
Data
RACC. A/R
Xxxx.xx sig.
RISOLUZIONE RAPPORTO DI LAVORO PER GIUSTA CAUSA SENZA PREAVVISO
Il sottoscritto, in rappresentanza dell’azienda agricola , con sede in via
, comunica, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. …. del CCNL Operai Agricoli e relativo CPL provincia di Bologna, la risoluzione del rapporto di lavoro intercorrente con effetto immediato per giusta causa.
Ciò in ragione della Tale
comportamento viola in maniera irreparabile i principi sottesi al corretto svolgimento del rapporto di lavoro, e determina la impossibilità di proseguire, anche provvisoriamente, nel rapporto di lavoro, essendo fonte di gravi diseconomie, disfunzioni e ritardi nell’espletamento delle ordinarie attività, determinando gravi danni economici ed organizzativi nell’ambito aziendale, costituendo in ogni caso violazione delle norme di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c. e dell’art del CCNL e CPL vigente.
Pertanto il rapporto di lavoro intercorrente andrà definitivamente a cessare con la data del …………………………., e comunque al ricevimento della presente lettera raccomandata con ricevuta di ricevimento della presente. Il presente licenziamento per giusta causa è intimato ai sensi e per gli effetti di cui alla legge 604/66, legge 300/70, legge 108/90. Alla data sopra indicata saranno disponibili, presso l’ufficio dell’azienda, i documenti di lavoro e le competenze di fine rapporto.
Distinti saluti.
c. Il fac simile risoluzione consensuale
Doc. 3
Risoluzione consensuale
Con la presente tra ………………… e si conviene la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro ad oggi
intercorrente e ciò con effetto dal ………...
Le parti rinunciano reciprocamente al preavviso contrattuale. In fede.
Luogo …………………….
Data ………………………
Azienda agricola Operaio