Contract
N. 33 - dicembre 2018 |
A.S. n. 897: PREVENZIONE E CONTRASTO DI CONDOTTE DI MALTRATTAMENTO O DI ABUSO SU MINORI, ANZIANI E PERSONE CON DISABILITÀ |
Il disegno di legge - approvato dalla Camera dei deputati in prima lettura il 23 ottobre 2018 - introduce alcune disposizioni finalizzate a prevenire e a contrastare, in ambito pubblico e privato, le condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno:
⮚ dei minori nei servizi educativi per l'infanzia e nelle scuole d'infanzia;
⮚ delle persone ospitate in strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e per
persone con disabilità.
Le misure previste attengono ai seguenti profili:
✓ la valutazione psico-attitudinale e la formazione del personale;
✓ le modalità di visita nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali;
✓ l'installazione di sistemi di videosorveglianza.
Il disegno di legge si compone di sette articoli.
Articolo 1
(Finalità)
L'articolo 1 enuncia la finalità del provvedimento: prevenire e contrastare, in ambito pubblico e privato, condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori nei servizi educativi per l'infanzia e nelle scuole dell'infanzia e delle persone ospitate nei diversi tipi di strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e per persone con disabilità.
A tal fine, il provvedimento disciplina altresì la raccolta di dati utilizzabili a fini probatori in sede di accertamento di tali condotte.
In relazione ai diversi tipi di "strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali", si ricorda che il complesso integrato di interventi e servizi erogati a soggetti bisognosi di cura ed assistenza, che non possono essere assistiti a domicilio, può essere reso all'interno di strutture pubbliche o private accreditate a carattere residenziale, semiresidenziale o diurno.
Tali prestazioni non si configurano come un singolo atto assistenziale, ma come il complesso di prestazioni di carattere sanitario, tutelare, assistenziale e alberghiero erogate nell'arco delle 24 ore.
La disposizione specifica che restano fermi il patto di corresponsabilità educativa e la presa in carico degli anziani e delle persone con disabilità.
Il patto di corresponsabilità educativa è finora previsto, a livello normativo, solo con riferimento alla scuola secondaria. Ne è stata tuttavia prevista una prossima estensione alla scuola primaria.
L'articolo 5-bis del d.P.R. n. 249 del 1998 recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria (aggiunto dall'articolo 3 del d.P.R. n. 235 del 2007) prevede che, contestualmente all'iscrizione alla singola istituzione scolastica, sia richiesta la sottoscrizione da parte dei genitori e degli studenti di un patto educativo di corresponsabilità, finalizzato a definire in maniera dettagliata e condivisa diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie.
Il 1° marzo 2018 il MIUR ha comunicato che la proposta di revisione del patto di corresponsabilità educativa sottoscritta all'unanimità dal FONAGS (Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola) destinata ad essere oggetto di confronto con tutti gli attori a vario titolo coinvolti nonché con il Forum delle studentesse e degli studenti, prevede, fra l'altro, l'estensione dello stesso anche alla scuola primaria.
Scopo del disegno di legge è dunque quello di predisporre una particolare tutela dei soggetti particolarmente deboli e vulnerabili, quali i minori che frequentino servizi educativi per l'infanzia o scuole dell'infanzia, le persone con disabilità e gli anziani ospitati in apposite strutture.
In merito a queste ultime categorie di soggetti, si ricorda che il Capo IV (articoli 21-35) del d.P.C.m. 12 gennaio 2017 che ha ridefinito e aggiornato i livelli essenziali di assistenza di cui al decreto legislativo n. 502 del 1992 (c.d. Nuovi Xxx), individua e descrive le tipologie di assistenza caratterizzate da diversi livelli di complessità ed impegno assistenziale, cui corrispondono diversi percorsi assistenziali confermando quanto già previsto precedentemente dal d.P.C.m. sui LEA del 2001, se non per l'introduzione delle cure palliative domiciliari e del servizio di neuropsichiatria infantile e l'estensione dell'area delle dipendenze a tutte quelle di tipo patologico e ai comportamenti di abuso (fra le quali la dipendenza da gioco d'azzardo).
In rapporto agli obiettivi di cura sono state individuate cinque principali tipologie di utenti, che qualificano diverse tipologie prestazionali: anziani non autosufficienti; persone disabili giovani e adulte; persone con dipendenze patologiche; persone con patologie psichiatriche; persone con patologie terminali.
Le strutture che offrono prestazioni semiresidenziali si differenziano per le modalità funzionali ed organizzative prescelte dalle regioni, tuttavia possono essere ricondotte alle seguenti tipologie: servizi semiresidenziali per terapia riabilitativa delle dipendenze; centri diurni per anziani non autosufficienti; centri diurni per persone con disabilità; centri diurni per malati psichiatrici.
Le singole Regioni, responsabili dell'organizzazione socio-sanitaria, hanno adottato diverse modalità di classificazione di queste strutture.
La denominazione corrente di RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) ha assunto nelle singole Regioni significati diversi, ma nella pluralità dei casi indica strutture di ricovero temporaneo in regime di lungodegenza rivolte a persone non autosufficienti, affette da patologie cronico-degenerative o da patologie invalidanti, non assistibili a domicilio e bisognose di una riabilitazione di tipo globale.
Le RSA forniscono ospitalità, prestazioni sanitarie, di recupero funzionale e di inserimento sociale. In ragione della duplice rilevanza, sanitaria prima che sociale, il legislatore ha previsto che il pagamento delle rette di permanenza nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA) sia ripartito fra in quote, in parte a carico del Servizio sanitario nazionale e per la parte restante a carico dell'utente (o dei Comuni in caso di indigenza).
L'hospice garantisce invece l'assistenza a livello residenziale con équipe specialistiche multiprofessionali per i pazienti che richiedono cure specialistiche palliative continue per il trattamento di sintomi e fasi critiche della malattia non gestibili nella propria abitazione e con impossibilità dei familiari a rispondere alle necessità dell'assistenza.
A partire dal 2010, l'Istat cura l'indagine sui Presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari. La rilevazione censisce esclusivamente le strutture residenziali pubbliche o private che forniscono ospitalità assistita con pernottamento ed erogano servizi di tipo socioassistenziale e/o socio-sanitario a persone in stato di bisogno.
Secondo il rapporto pubblicato nel maggio 2018, i presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari attivi in Italia al 31 dicembre 2015 sono quasi 13 mila e dispongono complessivamente di 390.689 posti letto (6,4 ogni
1.000 persone residenti). L'offerta è costituita prevalentemente da unità di servizio che erogano prestazioni di tipo socio-sanitario. Rilevanti sono gli squilibri territoriali: i livelli più alti d'offerta sono raggiunti nelle regioni del Nord, dove si concentra il 64% dei posti letto, mentre i valori minimi si toccano nel Mezzogiorno, con il 10,4% del totale.
Nei presidi socio-assistenziali e socio-sanitari sono assistite 382.634 persone: quasi 288 mila (75,2%) hanno almeno 65 anni, oltre 73 mila (19,3%) un'età compresa tra i 18 e i 64 anni, e poco più di 21 mila (5,5%) sono giovani con meno di 18 anni. La gestione dei presidi residenziali è affidata prevalentemente a organismi di natura privata (70% dei casi), soprattutto di tipo non profit (48%); il 13% delle residenze è gestita da enti di natura religiosa; al settore pubblico spetta la gestione di circa il 16% dei presidi.
Il Servizio sanitario nazionale garantisce la qualità delle residenze sanitarie, vincolandole alla concessione dell'autorizzazione all'esercizio (articolo 8-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992) e in seguito, all'accreditamento (articolo 8-quater del medesimo decreto legislativo n. 502).
Infatti, le strutture sanitarie e private, per poter esercitare la propria attività, devono, in prima istanza, ottenere la concessione dell'autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio, atto con cui il Comune e la Regione verificano che la struttura risponda ai richiesti requisiti strutturali (metri quadrati, sale e spazi, assenza di barriere architettoniche depositi, magazzini e spogliatoi ecc) e organizzativi (figure professionali abilitate ed in numero idoneo all'attività sanitaria da svolgere in piena sicurezza per i pazienti). Solo dopo il conseguimento dell'autorizzazione, può essere richiesto l'accreditamento istituzionale, atto con cui si verifica che la struttura privata possieda gli stessi standard qualitativi delle strutture pubbliche e, pertanto, viene a queste ultime equiparata. Infatti, solo con l'accreditamento (che ha sostituito le precedenti convenzioni) possono essere erogate prestazioni sanitarie in favore del servizio sanitario pubblico.
Il riconoscimento dell'accreditamento alle strutture sanitarie private è comunque subordinato all'esito di attività quali la ricognizione del fabbisogno assistenziale e la programmazione sanitaria regionale (Consiglio di Stato, III, n. 2117 del 15 aprile 2013). Infatti, ai sensi articolo 8-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, la realizzazione di strutture per l'esercizio di attività sanitarie e socio sanitarie è condizionata ad una verifica di compatibilità da parte della Regione che rilascia l'autorizzazione all'esercizio in "rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l'accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture".
La misura quantitativa delle prestazioni sanitarie erogabili e la loro remunerazione è poi oggetto degli accordi contrattuali che le strutture private sottoscrivono con le Aziende sanitarie ai sensi dell'articolo 8-quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992.
Articolo 2
(Delega al Governo in materia di formazione del personale)
L'articolo 2 conferisce delega al Governo in materia di formazione del personale dei servizi educativi per l'infanzia, delle scuole dell'infanzia e delle strutture socio-sanitarie e socio- assistenziali per anziani e per persone con disabilità.
La delega mantiene in ogni caso ferma la disciplina del nuovo sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino al termine della scuola dell'infanzia, la cui istituzione, prevista dalle deleghe di cui all'articolo 1, commi 180 e 181, lettera e), della legge n. 107 del 2015, è stata attuata dal decreto legislativo n. 65 del 2017.
Il decreto legislativo n. 65 del 2017 ha previsto la progressiva istituzione del Sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita ai 6 anni di età, costituito dai servizi educativi per l'infanzia e dalle scuole dell'infanzia statali e paritarie, alla cui realizzazione compartecipano finanziariamente Stato, Regioni, Province autonome di Trento e di Bolzano ed enti locali.
Tra i servizi educativi per l'infanzia sono compresi nidi e micronidi che accolgono bambini fra 3 e 36 mesi, nonché le sezioni primavera (introdotte dall'articolo 1, commi 630 e 634 della legge n. 296 del 2006 e destinate ai bambini fra 24 e 36 mesi).
Per quanto concerne la scuola dell'infanzia, l'articolo 2, comma 5, del decreto legislativo n. 65 del 2017 richiama l'articolo 1 del decreto legislativo n. 59 del 2004 (in base alla quale la stessa, non obbligatoria e di durata triennale, è destinata ai bambini da 3 a 6 anni) e l'articolo 2 del d.P.R. n. 89 del 2009 (secondo cui la stessa è destinata ai bambini fra i 3 e i 5 anni compiuti entro il 31 dicembre dell'anno scolastico di riferimento). Su richiesta delle famiglie sono iscritti alla scuola dell'infanzia i bambini che compiono 3 anni entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento (c.d. anticipo), a determinate condizioni.
Al riguardo, il decreto legislativo n. 65 del 2017 (articolo 14, comma 1) prevede che, a seguito della progressiva estensione del Sistema integrato di educazione e di istruzione su tutto il territorio nazionale, a decorrere dall'anno scolastico 2018/2019 siano gradualmente superati gli anticipi di iscrizione alla scuola dell'infanzia di cui all'articolo 2 del d.P.R. n. 89 del 2009.
Al contempo, prevede (articolo 8) il superamento della fase sperimentale delle sezioni primavera, mediante la loro graduale stabilizzazione e il loro progressivo potenziamento.
In particolare, il comma 1 delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo per la definizione delle modalità relative alla valutazione "attitudinale" per l'accesso alle professioni educative e di cura, nonché delle modalità della formazione obbligatoria iniziale e permanente del personale, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
✓ previsione che gli operatori socio-sanitari, gli infermieri e gli altri soggetti che operino con mansioni di assistenza diretta presso strutture socio-sanitarie o socio-assistenziali, a carattere residenziale, semiresidenziale o diurno, nonché gli educatori e il personale, docente e non docente, dei servizi educativi per l'infanzia e delle scuole dell'infanzia, in aggiunta all'idoneità professionale, siano in possesso di adeguati requisiti di carattere "psicoattitudinale", da individuare con decreto interministeriale, con cui sono anche stabiliti i criteri e le modalità per lo svolgimento della valutazione psicologica e attitudinale (lettera a));
✓ previsione che la verifica dei requisiti psicoattitudinali sia effettuata al momento dell'assunzione e, successivamente, con cadenza periodica, anche in relazione al progressivo logoramento psico-fisico derivante dall'espletamento di mansioni che richiedono la prestazione di assistenza continuativa a soggetti in condizioni di vulnerabilità (lettera b));
✓ previsione - nel rispetto delle competenze regionali - di percorsi di formazione professionale continua dei lavoratori di cui alla lettera a), aventi come obiettivo l'apprendimento delle pratiche e delle tecniche della relazione empatica, che valorizzino le migliori pratiche sviluppate nelle diverse realtà operanti nel territorio nazionale, assicurando il coinvolgimento delle famiglie, degli operatori e degli enti territoriali. Tali percorsi - che possono essere svolti anche con modalità telematica e in collaborazione con le università - devono, ove si renda necessario, coordinarsi con la disciplina vigente in materia di educazione continua in medicina (ECM) del personale sanitario (lettera c));
✓ previsione di incontri periodici e regolari di équipe di operatori, al fine di verificare tempestivamente l'eventuale insorgenza di criticità e di individuare le possibili soluzioni, innanzitutto all'interno della medesima équipe, favorendo la condivisione e la crescita professionale del personale (lettera d));
✓ previsione di colloqui individuali o incontri collettivi tra famiglie e operatori o educatori, intesi a potenziare il patto di corresponsabilità educativa e la presa in carico di anziani e persone con disabilità, quali principali strumenti per migliorare il benessere delle persone destinatarie di interventi educativi o di cura, oltre che a rafforzare il coinvolgimento e la fiducia dei familiari nelle relazioni con il personale educativo e di cura (lettera e));
✓ previsione di adeguati percorsi di sostegno e ricollocamento del personale dichiarato non idoneo allo svolgimento delle mansioni (nelle strutture oggetto della delega), contemplando in particolare, con riferimento all'àmbito educativo, un'azione preventiva attuata da équipe psico-pedagogiche territoriali. I percorsi in questione hanno, tra l'altro lo scopo di sostenere i docenti e gli educatori nell'acquisizione degli strumenti utili alla gestione delle situazioni educative difficili (lettera f));
✓ previsione di misure di rilevamento precoce dei casi di stress da lavoro per il personale addetto ai servizi educativi dell'infanzia e alle scuole dell'infanzia, nonché di misure per il recupero di uno stato di benessere, anche mediante specifiche attività di assistenza e consulenza (lettera g)).
Il comma 2 disciplina la procedura di adozione del decreto legislativo.
Si prevede che esso sia adottato su proposta del Ministro dell'istruzione, di concerto con i Ministri della salute, del lavoro, per la pubblica amministrazione e dell'economia, sentito il Ministro per la famiglia e le disabilità, previo parere della Conferenza unificata.
Sullo schema di decreto è previsto il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, alle quali il testo deve essere trasmesso 60 giorni prima del termine di scadenza della delega.
Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente il testo alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni. Le Commissioni competenti possono esprimersi entro il termine di 15 giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può essere comunque adottato.
Il comma 3 prevede che dall'attuazione della delega non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni coinvolte provvedano agli adempimenti di propria competenza nell'àmbito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. In caso di previsioni di nuovi o maggiori oneri, il decreto legislativo è adottato solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
Articolo 3
(Linee guida sulle modalità di visita
nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali)
L'articolo 3 demanda ad un decreto interministeriale di definire linee guida sulle modalità di visita nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, che assicurino, ove possibile, le visite agli ospiti durante l'intero arco della giornata, con l'obiettivo, tra l'altro, di favorire la prevenzione di condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica.
Il decreto è adottato - entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge - dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente e previa consultazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonché sentite le associazioni dei familiari degli utenti delle strutture, come individuate dai Ministeri della salute e del lavoro e politiche sociali.
Articolo 4
(Regolamentazione dell'utilizzo dei sistemi di videosorveglianza)
L'articolo 4 prevede la possibilità di installare - nei servizi educativi per l'infanzia, nelle scuole dell'infanzia e nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità, a carattere residenziale, semi-residenziale o diurno - sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso.
Il comma 1 prevede che le immagini rilevate dai sistemi di videosorveglianza siano criptate e conservate, in un server dedicato appositamente installato nella struttura, per la durata di sei mesi dalla data della registrazione.
Le modalità di conservazione devono garantire che i dati trattati siano sicuri e protetti da accessi abusivi.
Il Garante per la protezione dei dati personali - con propri provvedimenti da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge - provvede a regolamentare: la tutela e il trattamento dei dati personali coinvolti dall'applicazione dei sistemi di videosorveglianza in questione; l'installazione dei sistemi di videosorveglianza, ai sensi del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, e dell'articolo 2- quinquiesdecies del codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196 del 2003), il quale reca disciplina dei trattamenti che presentano rischi elevati per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico.
Il Garante provvede inoltre, ai sensi del medesimo articolo 2-quinquiesdecies, a verificare preliminarmente l'idoneità tecnica dei dispositivi, comunicando l'esito della verifica al richiedente entro 90 giorni dalla richiesta. L'inutile decorrenza di tale termine equivale ad esito positivo della verifica.
In merito alla conservazione dei dati personali, il Regolamento UE 2016/679 - relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati - all'articolo 5, nell'individuare i principi in base ai quali stabilire se il trattamento dei dati è lecito, prescrive espressamente (comma 1, lettera e)) che i dati devono essere "conservati in una forma che consenta l'identificazione degli interessati per un arco di tempo non superiore al conseguimento delle finalità per le quali sono trattati; i dati personali possono essere conservati per periodi più lunghi a condizione che siano trattati esclusivamente a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, conformemente all'articolo 89, paragrafo 1, fatta salva l'attuazione di misure tecniche e organizzative adeguate richieste dal presente regolamento a tutela dei diritti e delle libertà dell'interessato («limitazione della conservazione»)".
La disposizione del disegno di legge relativa all'emanazione di un provvedimento del Garante ai sensi dell'articolo 2-quinquiedecies del codice per la protezione dei dati personali, è stata introdotta nel corso dell'esame in prima lettura presso la Camera dei deputati, anche in relazione a quanto suggerito dallo stesso Xxxxxxx, nell'audizione svolta presso le Commissioni riunite il 2 ottobre 2018.
In particolare il Garante ha sottolineato come nel nuovo quadro giuridico, determinato dall'entrata in vigore del Regolamento (UE) 2016/679 e del D.Lgs. n. 181 del 2018 che ha provveduto ad adeguare il Codice della protezione dei dati personali alle disposizioni del Regolamento, i trattamenti quali quelli oggetto dell'articolo in esame rientrino nella categoria di cui all'articolo 35 del Regolamento (che prescrive in tali casi la valutazione di impatto), in quanto, per natura, oggetto, contesto e finalità, possono ritenersi presentare un rischio elevato.
In sede di adeguamento dell'ordinamento interno al Regolamento, il legislatore nazionale ha quindi previsto che i trattamenti svolti per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico, suscettibili di presentare rischi elevati ai sensi dell'articolo 35 del Regolamento, debbano osservare le prescrizioni rese, "a garanzia dell'interessato", dal Garante, con provvedimento di carattere generale (da adottarsi ai sensi dell'articolo 36, paragrafo 5 (art. 2- quinquiesdecies del Codice, come novellato dal D.Lgs. 101).
Si ricorda, al riguardo, che nel Regolamento UE 2016/679 il rischio inerente al trattamento è da intendersi come rischio di impatti negativi sulle libertà e i diritti degli interessati (si vedano i considerando 75–77); tali impatti dovranno essere analizzati attraverso un apposito processo di valutazione (artt. 35–36), tenendo conto dei rischi noti o evidenziabili e delle misure tecniche e organizzative (anche di sicurezza) che il titolare ritiene di dover adottare per mitigare tali rischi. All'esito di questa valutazione di impatto il titolare potrà decidere in autonomia se iniziare il trattamento (avendo adottato le misure idonee a mitigare sufficientemente il rischio) ovvero consultare l'autorità di controllo competente per ottenere indicazioni su come gestire il rischio residuale; l'autorità non avrà il compito di "autorizzare" il trattamento, bensì di indicare le misure ulteriori eventualmente da implementare a cura del titolare e potrà, ove necessario, adottare tutte le misure correttive ai sensi dell'art. 58: dall'ammonimento del titolare fino alla limitazione o al divieto di procedere al trattamento.
Inoltre l'articolo 36, paragrafo 5, consente agli Stati membri, in relazione esclusiva al trattamento per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico, di prevedere l'obbligo per il titolare del trattamento di consultare l'autorità di controllo e di ottenere da questa una autorizzazione preliminare al trattamento.
Il comma 2 dispone che l'accesso alle registrazioni dei sistemi sia vietato, fatta salva la loro acquisizione, su iniziativa della polizia giudiziaria o del pubblico ministero, come prova documentale nel procedimento penale.
Il comma 3 prevede che l'installazione dei sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso sia subordinata ad uno dei seguenti vincoli procedurali:
✓ il raggiungimento del previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali, o, se non costituite, dalle rappresentanze sindacali territoriali:
✓ nel caso di strutture con sedi ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, l'accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
✓ in mancanza di accordo, i sistemi possono essere installati previa autorizzazione - con provvedimenti definitivi - della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro.
L'articolo 4 della legge n. 300 del 1970 (cd. Statuto dei lavoratori), come modificato dall'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del 2015, pone alcuni limiti all'utilizzo degli impianti audiovisivi e degli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Tali impianti e strumenti, in particolare, possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla R.S.U. o dalle R.S.A. (nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale).
In mancanza di accordo, i richiamati impianti e strumenti possono essere installati previa autorizzazione delle sedi territoriali dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa (nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali), della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti presi in mancanza di accordo sindacale sono da considerarsi definitivi.
Il comma 4 prevede che la presenza dei sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso sia adeguatamente segnalata a tutti i soggetti che accedono alla zona videosorvegliata.
In particolare, gli utenti e il personale delle strutture hanno diritto a una informativa sulla raccolta e conservazione delle registrazioni, nonché sulle modalità e condizioni che consentono di accedervi.
Il comma 5 demanda ad un decreto del Ministro dell'istruzione - da adottare previo parere della Conferenza unificata entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge - la definizione delle modalità per assicurare il coinvolgimento delle famiglie nelle decisioni di installazione e attivazione dei sistemi di videosorveglianza nei servizi educativi per l'infanzia e nelle scuole dell'infanzia.
Il comma 6 dispone che, nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, l'utilizzo dei sistemi di videosorveglianza sia consentito in conformità a quanto previsto dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (ratificata con legge 24 febbraio 2009, n. 18) e previo consenso degli interessati o, se minorenni o incapaci, dei loro tutori.
Il comma 7 pone il divieto di utilizzare webcam nei servizi educativi per l'infanzia, nelle scuole dell'infanzia e nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità, a carattere residenziale, semi-residenziale o diurno.
Il comma 8 dispone che, in caso di violazione delle disposizioni di cui all'articolo in esame o dei provvedimenti adottati dal Garante dei dati personali ai sensi del comma 1, si applichino le sanzioni previste dall'articolo 166 del codice in materia di protezione dei dati personali, e dall'articolo 83 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016.
Per la violazione del provvedimento del Garante in relazione ad un trattamento che comporti rischi elevati (quale quello dell'ipotesi in esame) l'articolo 166 del Codice prevede l'applicazione dell'articolo 83, paragrafo 4, del Regolamento UE 2016/679.
L'articolo 83 del Regolamento stabilisce che le autorità di controllo, a fronte di una violazione del Regolamento, possano applicare una delle misure correttive di cui all'articolo 58, par. 2, ovvero infliggere una sanzione amministrativa pecuniaria, fissandone l'ammontare nel rispetto dei massimi previsti dal Regolamento, ovvero fare entrambe le cose. Qualsiasi intervento dovrà assicurare che la sanzione sia effettiva, proporzionata e dissuasiva (par. 1).
Per orientare la scelta dell'autorità di controllo, il paragrafo 2 introduce una serie di elementi da prendere in considerazione nella scelta della risposta sanzionatoria e nella fissazione del suo ammontare (si fa riferimento, tra l'altro, al carattere doloso o colposo della violazione, al grado di responsabile del titolare, all'eventuale adozione di precedenti provvedimenti correttivi, all'adesione ai codici di condotta). Quanto le violazioni siano molteplici l'importo totale della sanzione non può superare il tetto individuato per la violazione più grave (par. 3). Inoltre, L'articolo 83, par. 4-6, individua tre categorie di violazioni - e per ciascuna categoria elenca gli illeciti
- e le corrispondenti sanzioni amministrative pecuniarie, delle quali sono fissati solo i limiti massimi.
Con riferimento alle sanzioni penali, si ricorda invece che il Codice per la protezione dei dati personali prevede, all'art. 167 il reato di trattamento illecito dei dati. In particolare, il comma 2 dell'articolo 167 prevede che salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all'interessato, procedendo al trattamento dei dati personali di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 2-sexies e 2-octies, o delle misure di garanzia di cui all'articolo 2-septies ovvero operando in violazione delle misure adottate ai sensi dell'articolo 2-quinquiesdecies arreca nocumento all'interessato, è punito con la reclusione da uno a tre anni. Inoltre tale pena si applica altresì a chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all'interessato, procedendo al trasferimento dei dati personali verso un Paese terzo o un'organizzazione internazionale al di fuori dei casi consentiti dal Regolamento, arreca nocumento all'interessato.
Articolo 5
(Relazione alle Camere)
L'articolo 5 prevede che il Governo trasmetta alle Camere, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione sull'attuazione della legge, nella quale dia conto anche dei dati rilevati dal Ministero della giustizia e dal Ministero dell'interno, nell'àmbito delle rispettive competenze, in ordine all'andamento, nell'anno di riferimento, dei reati commessi in danno dei minori e delle persone ospitate nelle strutture in esame, nonché dei relativi procedimenti giudiziari (comma 1).
E prevede che il Governo, sulla base delle relazioni annuali, proceda, con cadenza biennale, a una verifica degli effetti derivanti dalle disposizioni della legge e dell'adeguatezza delle risorse finanziarie destinate alle sue finalità (comma 2).
Articolo 6
(Norme finanziarie)
L'articolo 6 ai commi 1-3 da un lato pone la clausola di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica e, dall'altro, istituisce (nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze) un Fondo con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, al fine di condurre una sperimentazione delle misure previste dalla legge, a partire dalla formazione del personale delle strutture, nelle more dell'attuazione della delega oggetto dell'articolo 2.
Con decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali (da adottarsi entro 90 giorni) sono determinate le modalità per lo svolgimento della sperimentazione. La priorità di copertura finanziaria è assicurata alla formazione continua del personale.
I criteri per l'assegnazione delle risorse del Fondo sono da stabilirsi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, con il Ministro della salute, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro per la famiglia e le disabilità e con il Ministro per la pubblica amministrazione.
Destinatari delle risorse del Fondo sono strutture pubbliche e paritarie che ne facciano richiesta. La destinazione prioritaria delle risorse è per iniziative di "formazione continua di carattere professionale, emotivo-relazionale e attitudinale del personale".
Il comma 4 provvede alla relativa copertura finanziaria, riducendo nelle medesime misure, per il 2019, l'accantonamento relativo al Fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e, per il 2020 e 2021, l'accantonamento relativo al Fondo per gli interventi strutturali di politica economica, nello stato di previsione del medesimo Ministero.
Il comma 5 pone la consueta clausola finale di autorizzazione al Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Articolo 7
Clausole di salvaguardia
L'articolo 7 specifica che le norme della legge si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
L’ultima nota breve: A.S. 729 - Disposizioni in materia di risarcimento del danno non patrimoniale (n. 32 - novembre 2018) |
nota breve sintesi di argomenti di attualità del Servizio Studi del Senato I testi sono disponibili alla pagina: xxxx://xxx.xxxxxx.xx – leggi e documenti – dossier di documentazione. Servizio studi – note brevi |