Contract
02. Obbligazioni
e contratti
Il contratto simulato permette alle parti di porre in essere un complesso quadro negoziale in cui vi è una divergenza tra quanto le parti desiderano appaia verso l’esterno e quanto invece vogliono che venga in concreto prodotto tra loro. La simulazione fa sì che l’apparenza prevalga sulla realtà, creando una distorsione capace di produrre un pregiudizio nei confronti dei terzi estranei all’accordo simulato. L’ordinamento non può tollerare tale distorsione e sanziona il contratto simulato disciplinandone gli effetti e imponendo un regime probatorio stringente. L’istituto, noto fin dal diritto classico (i romani lo chiamavano contractus imaginarius), è stato nel tempo raffinato e tenuto aggiornato dall’intervento della Giurisprudenza.
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LA NOZIONE DI SIMULAZIONE
Tradizionalmente, la simulazione è definita come una divergenza tra volontà e dichiara-
46 zione. Ossia, le parti vogliono che si produca un determinato effetto, ma dichiarano una cosa diversa. In giurisprudenza, si parla di dissocia- zione concordata tra volontà e dichiarazione1. In altri termini, la simulazione è una apparenza negoziale creata intenzionalmente dalle parti al fine di mostrare una realtà non corrispon- dente, in tutto o in parte, all’effettivo assetto d’interessi. Le parti, quindi, realizzano una di- vergenza, consapevole e concordata, tra la vo- lontà effettiva ma tenuta segreta, e la dichia- razione fittizia ma esternata (c.d. ostensibile).
Vi sarebbe, quindi, una contrapposizione tra due dichiarazioni, una con efficacia interna tra le parti e una con efficacia esterna e opponibi- le ai terzi. In questo modo, le parti non voglio- no produrre alcun effetto o vogliono produrre effetti diversi rispetto a quelli che, per contro, derivano da quanto è stato dichiarato.
Si potrebbe anche affermare, però, che non vi è una vera e propria divergenza tra voluto e dichiarato, in quanto le parti vogliono ef- fettivamente l’intero congegno simulatorio. Ci sarebbero, quindi, due volontà distinte ma collegate all’unico scopo di creare un com- plesso meccanismo in cui l’efficacia esterna e interna, ancorché divergenti, convivono nel medesimo negozio.
* Avvocato in Verona – Unistudio Legal & Tax
1 Da ultimo, App. Napoli 3.4.2019 n. 1889, in Sistema Integrato Eutekne. Più risalenti, Cass. 19.10.2007 n. 21995, Nuova Giur. civ., 2008, p. 601; Cass. 17.1.2003 n. 614, Mass. giur. it., 2003 e Cass. 9.4.1987 n. 3501, Mass. giur. it., 1987.
La simulazione è comunemente sorretta dalla
c.d. causa simulandi ossia dal motivo concreto per cui le parti, allo scopo di creare una mera apparenza, hanno posto in essere una fattispe- cie negoziale diversa da quella in realtà voluta. L’accertamento della causa simulandi, però, non è indispensabile per l’accoglimento dell’a- zione di simulazione, ma può fornire indizi ri- velatori dell’accordo simulatorio2.
La simulazione, quindi, è spesso caratteriz- zata da una controdichiarazione avente per oggetto l’accordo che le parti hanno voluto tenere segreto, il c.d. negozio dissimulato. Non va confusa con la simulazione la c.d. riserva mentale che, tradizionalmente, è an- noverata come caso di divergenza tra volontà e dichiarazione nell’ambito del negozio giuridi- co. In particolare, si realizza la riserva mentale quando un soggetto dichiara intenzionalmente una cosa diversa da quella che in realtà vuole, senza, però, alcuna intesa con il destinatario della dichiarazione e senza che quest’ultimo sia in grado di accorgersi della divergenza. A differenza della simulazione, la riserva men- tale rimane nella sfera interna di una delle par-
ti e, quindi, non produce alcun effetto sul ne- gozio che, pertanto, rimane valido ed efficace3. In concreto, la simulazione è disciplinata dagli artt. 1414-1417 c.c. e, quindi, trattandosi di un istituto generale, dovrebbe accedere a tutti i tipi di negozio giuridico. In realtà, non è così. Di fatto, possono essere simulati:
• tutti i contratti bilaterali e plurilaterali;
• l’atto costitutivo della società di persone ma non quello di società di capitali4;
• i negozi di diritto privato della pubblica am- ministrazione;
• i negozi unilaterali recettizi (i negozi non recettizi, non potendosi configurare per definizione un accordo simulatorio, rientre- rebbero nello schema della riserva mentale).
Sono, invece, esclusi dalla simulazione:
• gli atti giuridici non negoziali (perché sot- tratti, in quanto tali, all’autonomia privata);
• le dichiarazioni di scienza miranti ad attesta- re l’esistenza o la verità di un fatto (poten- do essere oggetto solo di falso ideologico);
• la confessione (sottratta tra l’altro ex art. 2732 c.c. a ogni rimedio non fondato sull’errore o sulla violenza);
2 Cass. 11.4.2006 n. 8428, in Sistema Integrato Eutekne, ha chiarito che l’individuazione della causa simulandi, ossia del motivo concreto per il quale le parti abbiano posto in essere un contratto in realtà non voluto, dando vita ad una mera apparenza, resta rilevante solo per fornire indizi rivelatori dell’accordo simulatorio, ma non è indispensabile ai fini della pronuncia di accertamento della simulazione medesima.
3 Per esempio, Cass. n. 614/2013, cit., ha stabilito che in materia di locazioni di immobili urbani disciplinate dalla L. 392/78, 47
affinché la non corrispondenza tra la realtà effettiva, costituita dalla utilizzazione dell’immobile per esigenze abitative stabili e primarie, e la realtà apparente, consistente nella stipulazione di una locazione per uso diverso da quello abitativo (nella specie per uso ufficio), possa assumere rilevanza giuridica è necessario che sussistano gli estremi della simula- zione relativa, configurabile nel caso in cui risulti solo formale la volontà delle parti di concludere una locazione per uso ufficio e sia dimostrata la volontà di entrambe di concludere il contratto dissimulato, potendo la relativa prova essere of- ferta anche per testimoni e per presunzioni, data l’illiceità della clausola simulata. Pertanto, l’intento del solo conduttore di adibire l’immobile ad uso abitativo, in contrasto con la destinazione stabilita dal contratto, resta circoscritto entro i confini di una irrilevante riserva mentale; l’eventuale dimostrazione che il locatore era a conoscenza della finalità locativa con- cretamente perseguita dal conduttore non può sostituire il consenso del medesimo alla stipula del negozio dissimulato, ma costituisce soltanto un elemento utilizzabile dal giudice di merito allo scopo di accertare, in relazione alle circostanze del caso concreto, la simulazione del contratto di locazione apparente e la conclusione del contratto dissimulato.
4 In tema di società di capitali, alla luce dell’art. 2332 c.c. che disciplina le ipotesi tassative di nullità societaria, l’orienta- mento della Suprema Corte propende per la non configurabilità della simulazione. Da ultimo, Cass. 14.11.2019 n. 29700, CED Cassazione 2019, ha chiarito che non è configurabile la simulazione del contratto sociale di società di capitali, sia in ragione delle inderogabili formalità che assistono la creazione e la stessa organizzazione dell’ente, sia in relazione alla tassatività delle cause di nullità previste dall’art. 2332 c.c. (nel testo modificato in attuazione della Direttiva 68/151/CE), la cui clausola di chiusura esclude, al di fuori dei casi previsti, l’assoggettamento della società a cause di nullità assoluta o relativa, d’inesistenza o d’annullabilità; conseguentemente la reale volontà dei contraenti, dopo la nascita dell’ente, non può più influire su atti e iniziative tipiche di tale nuovo autonomo soggetto giuridico che, una volta iscritto nel Registro delle imprese, agisce coinvolgendo terzi a prescindere dalla volontà effettiva, vive di vita propria e opera compiendo la propria attività per realizzare lo scopo sociale, a prescindere dall’intento preordinato dei suoi fondatori. L’atto di costi- tuzione dell’ente non può perciò essere interpretato secondo la comune intenzione dei contraenti, restando consacrato secondo la volontà che risulta iscritta e in tal modo portata a conoscenza dei terzi.
• l’apposizione di data (per la sua natura di dichiarazione di scienza eventualmente suscettibile di falso ideologico);
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• la quietanza (in quanto mera dichiarazione di scienza espressa in forma scritta, rila- sciata dal creditore al debitore, che forni- sce la prova dell’avvenuto adempimento dell’obbligazione, essendo una dichiara- zione confessoria stragiudiziale attestan- te l’esistenza di un fatto, non è simulabile salvo in caso in cui la quietanza venga ri- lasciata nella concorde intesa, contestuale e/o precedente, del debitore e del creditore di dichiarare avvenuto il pagamento non eseguito e al quale il creditore non ha ri- nunciato; in questo caso vi è un accordo simulatorio diretto alla creazione di un negozio simulato di remissione del debito);
• il bilancio di esercizio (qualificato come di- chiarazione di scienza, diretta ai soci e ai terzi interessati, analoga ma non identica alla confessione stragiudiziale);
• il testamento (in quanto atto non recettizio);
• la rinuncia (in quanto atto giuridico in senso stretto).
si affronterà nel proseguo dell’articolo) riser- vata dal Codice civile alle due fattispecie.
Non solo, secondo la Suprema Corte l’azione intesa a far dichiarare la simulazione relativa è diversa da quella diretta a ottenere la de- claratoria di simulazione assoluta, con rife- rimento sia al petitum sia alla causa petendi, comportando le due domande l’accertamento di fatti differenti e tendendo, soprattutto, al conseguimento di effetti diversi, secondo la differenziazione generale prevista nei primi due commi dell’art. 1414 c.c.5.
Per esempio, nel giudizio di simulazione assolu- ta volto a far dichiarare l’inefficacia del negozio fra le parti, il litisconsorzio è necessario nei con- fronti di tutti i soggetti dell’atto impugnato6. L’accertamento della simulazione assoluta o relativa, poi, è questione di mero fatto, la cui soluzione compete al giudice del merito e non è soggetta a sindacato di legittimità, quando sia sorretta da motivazione adeguata ed im- mune da vizi logici7.
Proseguendo la tassonomia, nell’ambito della simulazione relativa, si distingue tra simula- zione relativa oggettiva e relativa soggettiva.
Nella simulazione oggettiva, come è intuibile,
l’accordo simulatorio investe l’oggetto stesso
I TIPI DI SIMULAZIONE
Vi è una distinzione tradizionale tra simula- zione assoluta, se le parti fingono di porre in
48 essere un determinato negozio mentre in re- altà non ne vogliono nessuno, e simulazione relativa, quando le parti vogliono un negozio diverso, per natura, oggetto, o soggetti, da quello ostensibile.
La distinzione tra simulazione assoluta e rela- tiva è dirimente per la diversa disciplina (che
del negozio o uno dei suoi elementi (siano essi essenziali o meno), ossia può riguardare la prestazione, la misura della controprestazione, la durata, il luogo di esecuzione o stipulazione, la condizione, il termine e via discorrendo.
La simulazione soggettiva, invece, riguarda i soggetti del negozio, ossia le parti8. In que- sto caso, si parla di interposizione di persona che, a sua volta, può essere fittizia o reale, al cui paragrafo dedicato si rinvia.
Vi è, poi, una ulteriore distinzione, nota come
5 Cass. 19.12.2019 n. 34024, CED Cassazione 2019.
6 Cass. 26.5.2004 n. 10151, CED Cassazione 2004, ha stabilito che nel giudizio di simulazione assoluta volto a far dichiarare l’inefficacia del negozio fra le parti, il litisconsorzio è necessario nei confronti di tutti i soggetti dell’atto impugnato.
7 Cass. 7.10.2004 n. 20020, Impresa, 2005, p. 114, ha chiarito che l’accertamento della simulazione costituisce oggetto dell’indagine di fatto riservata al giudice di merito e come tale non è censurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione.
8 Sono considerate parti della simulazione anche gli eredi non beneficiati dei contraenti (in quanto subentrano nella mede- sima posizione giuridica del loro dante causa) e il rappresentato, secondo i principi generali, rispetto ai negozi stipulati in suo nome e per suo conto del rappresentante.
simulazione relativa parziale, ove l’accordo simulatorio delle parti si riferisce solo parzial- mente a uno o più elementi determinati che, ai sensi dell’art. 1414 comma 2 c.c., verrebbe- ro sostituiti da quelli dissimulati, mentre gli altri aspetti non toccati dall’intenzionale ap- parenza negoziale, resterebbero inalterati. Per esempio, le parti si accordano per pagare una parte del prezzo con consegna brevi manu, di- chiarando nel negozio ostensibile solo la dif- ferenza9. La simulazione, quindi, investirebbe solo una parte del prezzo10.
INTERPOSIZIONE FITTIZIA E REALE DI PERSONA
Come anticipato, quando la simulazione in- veste uno dei soggetti del negozio, si parla di interposizione.
In particolare, nell’interposizione fittizia di
persona si ha una vera e propria simulazione poiché vi è un soggetto (interponente) che na- sconde il vero contraente (interposto) nel cui patrimonio si producono gli effetti del negozio. L’interposizione fittizia di persona, quindi, pre- vede la necessaria partecipazione all’accordo simulatorio sia del soggetto interponente sia del soggetto interposto, ma anche del terzo contraente, chiamato a esprimere la propria adesione all’intesa raggiunta dai primi due (contestualmente o anche successivamente alla formazione dell’accordo simulatorio), così da manifestare la volontà di assumere diritti e obblighi contrattuali direttamente nei con- fronti dell’interponente.
Si tratta della classica “intestazione a pre- stanome”, ove un soggetto che non può (o non vuole) figurare come parte del nego-
zio (es. una compravendita) fa partecipare all’atto un soggetto diverso (es. un parente stretto), con l’accordo, al quale partecipa anche il terzo, che l’atto produca effetti nei confronti dell’interposto.
Per contro, nell’interposizione reale di
persona non esiste una vera e propria simu- lazione, in quanto l’interposto, in accordo con l’interponente, contratta con il terzo in nome proprio e acquista effettivamente i diritti na- scenti dal contratto, salvo l’obbligo, derivante dai rapporti interni, di ritrasferire i diritti, in tal modo acquistati, all’interponente.
In altri termini, nell’interposizione reale, il terzo contraente è estraneo all’accordo tra interposto e interponente.
L’interposizione fittizia e l’interposizione rea- le, quindi, configurano due fattispecie giuri- diche distinte: nella prima, l’interposto figura soltanto come parte del contratto, mentre gli effetti del negozio si producono in capo all’interponente (simulazione soggettiva), nella seconda, per contro, non vi è alcuna simula- zione perché l’interposto acquista effettiva- mente i diritti nascenti dal contratto (salvo poi ritrasferirli all’interponente).
L’esempio classico dell’interposizione reale è il patto fiduciario, ossia il negozio attraverso il quale la proprietà di un bene viene trasfe- xxxx da un soggetto all’altro, con l’intesa (c.d. pactum fiduciae) che il secondo, dopo esser-
sene servito per un dato scopo, lo ritrasferisca 49
al fiduciante. Allo stesso modo, nel patto fi- duciario rientra il negozio con cui un deter- minato bene viene acquistato dal fiduciario con denaro del fiduciante, al quale, in base al patto, il bene dovrà essere, in un secondo
9 Trib. Milano 5.5.2010, Obbl. contr., 2010, p. 708, ha chiarito che l’indicazione nel contratto definitivo di un prezzo inferiore a quello dedotto nel contratto preliminare può integrare un’ipotesi di simulazione parziale, in cui l’accordo simulatorio e il prezzo realmente voluto si deducono dallo stesso contratto preliminare.
10 Cass. 2.3.2007 n. 4901, CED Cassazione 2007, ha chiarito che nell’ipotesi di simulazione relativa parziale, il contratto con- serva inalterati i suoi elementi, a eccezione di quello interessato dalla simulazione, con la conseguenza che, non essendo il contratto nullo né annullabile, ma soltanto inefficace tra le parti, gli elementi negoziali interessati dalla simulazione possono essere sostituiti o integrati con quelli effettivamente voluti dai contraenti. Pertanto, la prova per testimoni della pattuizione di celare una parte del canone di un contratto di locazione non incontra fra le parti i limiti dettati dall’art. 1417 x.x., xx xxxxxxxxx xxx xxxxxxx xxxxx dall’art. 2722 c.c., in quanto una tale pattuizione non può essere equiparata, per mancanza di una propria autonomia strutturale o funzionale, all’ipotesi di dissimulazione del contratto, sicché la prova relativa ha scopo e natura semplicemente integrativa e può a tale stregua risultare anche da deposizioni testimoniali o presunzioni.
momento, ritrasferito. Anche in questo caso ci sarà un’interposizione reale11.
Mentre nell’interposizione reale, il ter- zo contraente può anche essere del tutto ignaro dell’esistenza del pactum fiduciae, nell’interposizione fittizia, invece, vi è sem- pre un accordo simulatorio tra contraente apparente (interposto), contraente effetti- vo (interponente), e controparte (terzo). La differenza tra interposizione reale, tipica del patto fiduciario, e interposizione fittizia, ti- pica della simulazione, quindi, risiede nella volontà delle parti: nella prima fattispe- cie, il negozio giuridico voluto dalle parti è proprio quello posto in essere, mentre nella seconda, le parti vogliono un negozio diverso (dissimulato) da quello apparente12.
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Il negozio fiduciario, poi, si distingue dal
negozio simulato in quanto nel primo il fidu- ciante aliena un diritto per uno scopo ulterio- re che il fiduciario si obbliga a realizzare, im- pegnandosi al successivo ritrasferimento del diritto in favore del fiduciante o di un terzo. Si pensi, per esempio, alla nota e diffusa at- tività delle società fiduciarie che, a determi- nate condizioni, acquistano e diventano ti- tolari di partecipazioni per conto di soggetti che, per i più diversi motivi, preferiscono non figurare nella compagine sociale del- la società delle cui partecipazioni si tratta. Infatti, l’intestazione fiduciaria di azioni o
50 di quote di partecipazione societaria inte-
gra gli estremi dell’interposizione reale di persona, per effetto della quale l’interposto
acquista realmente (a differenza di quanto accade nella interposizione fittizia o simula- ta) la titolarità delle azioni o delle quote, pur essendo, in virtù di un rapporto interno con l’interponente di natura obbligatoria, tenuto a osservare un certo comportamento, con- venuto in precedenza con il fiduciante, non- ché a ritrasferire i titoli a quest’ultimo a una scadenza convenuta, ovvero al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario.
Quindi, mentre la simulazione si realizza nella divergenza tra volontà e manifesta- zione, la fiducia consiste nell’effettività del contratto, valido ed efficace, che costituisce a carico del fiduciario l’obbligo di provvedere al ritrasferimento al fiduciante.
Se, poi, con il negozio fiduciario, le parti si propongano di realizzare interessi illeciti, il contratto non sarà comunque simulato ma nullo ex art. 1418 c.c.
È possibile, inoltre, che nello stesso negozio coesistano sia la causa fiduciaria sia quella simulandi. Per esempio, il negozio dissimu- lato può consistere in un negozio fiduciario coperto dall’apparenza di un negozio con causa giuridica differente, come nel caso dell’acquisto di un immobile con denaro altrui, nell’intesa che l’acquirente intesti il bene a soggetti predeterminati. In questo caso, vi sono sia la simulazione relativa di persona (interposizione fittizia) sia quella del negozio fiduciario.
Come accennato, secondo la Giurispruden-
11 Per esempio, si veda Cass. 13.9.2019 n. 22903, in Sistema Integrato Eutekne, secondo cui l’intestazione fiduciaria di par- tecipazioni societarie, pur prevedendo l’obbligo del fiduciario di trasferirle successivamente al fiduciante, non riguarda il rapporto sociale, originando un’ipotesi di interposizione reale di persona, in virtù della quale l’interposto acquista la titolarità delle azioni o delle quote e, sebbene sia tenuto ad osservare un determinato comportamento convenuto in pre- cedenza con il fiduciante nei rapporti interni con lui, tale obbligo, pur potendo incidere sulle concrete modalità di esercizio dei diritti sociali e di adempimento dei correlati doveri, non comporta alcun effetto nei rapporti con la società o gli altri soci, nei confronti dei quali viene in considerazione esclusivamente la titolarità formale della partecipazione.
12 Cass. 26.5.2014 n. 11757, CED Cassazione 2014, ha chiarito che il pactum fiduciae con il quale il fiduciario si obbliga a xxxx- ficare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante o di altro soggetto da costui designato, richiede, qua- lora riguardi beni immobili, la forma scritta ad substantiam e la prova per testimoni di tale patto è sottratta alle preclusioni stabilite dagli artt. 2721 ss. c.c. - sempre che non comporti, il trasferimento, sia pure indiretto, di beni immobili - soltanto nel caso in cui detto patto sia volto a creare obblighi connessi e collaterali rispetto al regolamento contrattuale, al fine di realizzare uno scopo ulteriore rispetto a quello naturalmente inerente al tipo di accordo, senza direttamente contraddire il contenuto espresso di tale regolamento. Qualora, invece, il patto si ponga in antitesi con quanto risulta altrimenti dal contratto, la mera qualificazione dello stesso come fiduciario non è sufficiente ad impedire l’applicabilità delle disposizioni che vietano la prova testimoniale dei patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento.
za, l’interposizione fittizia di persona ha come presupposto ineliminabile la trila- teralità dell’accordo simulatorio tra in- terponente, interposto e terzo contraente e per far valere la simulazione di un negozio occorre, pertanto, provare l’adesione scritta del terzo contraente13.
Va chiarito, però, che l’accordo simulatorio tra interposto, interponente e terzo non deve necessariamente preesistere alla stipulazio- ne del contratto che si assume stipulato, potendo attuarsi anche contestualmente all’atto ovvero per formazione progressiva. Ci si chiede se la partecipazione del ter- zo all’accordo simulatorio sussista anche quando egli, pur senza avervi effettivamen- te partecipato, sia stato informato dell’inte- sa raggiunta tra interponente e prestanome e abbia manifestato ugualmente la volontà di contrarre.
Sul punto, secondo la Suprema Corte, non è sufficiente che il terzo sia stato informato dell’esistenza dell’accordo simulatorio, ma deve necessariamente avervi preso parte14. Diversamente, se il terzo non conosce l’e- sistenza dell’accordo tra interponente e interposto, o se pur conoscendolo, non vi
aderisce, si realizza la fattispecie della inter- posizione reale.
Ancora diversa è l’ipotesi in cui il terzo con- traente stipula con l’interposto (e soltanto con questi), con il preciso intento di assicu- rarsi una garanzia che l’interponente non è in grado di fornire direttamente (es. una ga- ranzia immobiliare).
In questo caso, il terzo non è partecipe dell’ac- cordo fra interponente e interposto, perché la volontà di considerare reale l’interposizione e di non assumere obblighi diretti verso l’in- terponente risulta dallo scopo di garanzia che le parti perseguono e che non è logicamente compatibile con l’intento simulatorio15.
Si tratta, per esempio, del caso in cui un fa- miliare, per finanziare l’attività di un altro familiare, stipula un mutuo ipotecario. An- che se la banca, terzo contraente, è a co- noscenza del patto interno, non vi partecipa e, quindi, l’accordo rimane nell’ambito della interposizione reale.
In alcuni casi, l’interposizione fittizia è presunta
dalla legge. Per esempio, secondo l’art. 599 c.c., le disposizioni testamentarie a vantaggio di per- sona incapace a ricevere sono nulle anche se fat- te per interposta persona e si presumono (iuris et
13 Cass. 13.4.2007 n. 8843, in Sistema Integrato Eutekne, ha chiarito che l’interposizione fittizia di persona postula la parteci- pazione all’accordo simulatorio non solo del soggetto interponente e di quello interposto, ma anche del terzo contraente,
chiamato ad esprimere la propria adesione all’intesa raggiunta dai primi due (contestualmente od anche successiva- 51
mente alla formazione dell’accordo simulatorio), onde manifestare la volontà di assumere diritti ed obblighi contrattuali
direttamente nei confronti dell’interponente, secondo un meccanismo effettuale analogo a quello previsto per la rappre- sentanza diretta. Si veda anche Xxxx. 7.11.2002 n. 15633, Società, 2003, p. 572, secondo cui il giudizio avente ad oggetto l’interposizione fittizia di persona, che costituisce una ipotesi di simulazione relativa, deve svolgersi, a pena di nullità, nel contraddittorio dell’interposto, dell’interponente e del terzo, in quanto oggetto del giudizio è l’accertamento dell’accordo simulatorio tra i tre soggetti (che può tradursi anche nell’adesione successiva da parte del terzo all’intesa già raggiunta dai primi due), contenente la manifestazione di volontà di assumere diritti ed obblighi discendenti dal contratto, diretta- mente nei confronti dell’interponente.
14 Cass. 18.5.2000 n. 6451, Contratti, 2000, p. 890, ha stabilito che l’interposizione fittizia di persona prevede la imprescin- dibile partecipazione all’accordo simulatorio dell’interponente, dell’interposto, ma anche del terzo contraente, onde manifestare la volontà di assumere diritti e obblighi contrattuali direttamente nei confronti dell’interponente, mentre la mancata conoscenza, da parte di detto terzo, degli accordi intercorsi tra interponente e interposto ovvero la mancata adesione a essi, pur se da lui conosciuti, integra gli estremi della diversa fattispecie dell’interposizione reale di persona. Ne consegue che, dedotta in giudizio la simulazione relativa soggettiva di un contratto di compravendita immobiliare, la prova dell’accordo simulatorio deve, necessariamente consistere nella dimostrazione della partecipazione ad esso anche del terzo contraente.
15 Cass. 19.10.1987 n. 7711, Corr. giur., 1988, p. 45, ha chiarito che qualora si deduca che un atto pubblico, dal quale risulti che una parte contraente abbia ricevuto dall’altra parte una somma di danaro a titolo di mutuo con garanzia ipotecaria, sia stato preordinato allo scopo di sostituire i reali soggetti del rapporto obbligatorio con quelli indicati nell’atto, ricorre la figura dell’interposizione reale e non quella dell’interposizione fittizia di persona, giacché la costituzione di un credito ipotecariamente garantito (ossia di un negozio a pubblicità costitutiva) non può che avere luogo, rispettivamente, a favore di colui che dall’atto risulta creditore e contro colui che vi figura come debitore; la prova dei negozi fiduciari sottostanti all’asserita interposizione deve essere documentale; in mancanza di questa, l’interposizione non è opponibile al creditore.
de iure)16 interposti il padre, la madre, i discen- denti e il coniuge della persona incapace, anche se chiamati congiuntamente con l’incapace.
Parimenti, secondo l’art. 779 c.c. è nulla per in- terposizione fittizia la donazione a favore di chi è stato tutore o protutore del donante, se fatta pri- ma che sia stato approvato il conto o sia estinta l’azione per il rendimento del conto medesimo. Vi sono, poi, alcune ipotesi i cui confini con la simulazione soggettiva sono molto labili.
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Tra queste, si può ricordare l’intestazione di beni sotto nome altrui, che si realizza quando il prezzo della compravendita non viene pa- gato dall’acquirente ma da un’altra persona. In questo caso, quindi, se manca un accordo simulatorio tra il terzo alienante, l’intestante e l’intestatario, si rientra nella fattispecie di interposizione reale (o della donazione indi- retta in caso di animus donandi).
L’interposizione fittizia si distingue anche dalla stipulazione sotto falso nome, che rilevereb- be quando una parte compie un negozio assu- mendo una falsa identità giuridica. In questo caso, gli effetti del negozio ricadono sull’au- tore della dichiarazione anche quando il nome abusivamente utilizzato corrisponda a una determinata persona e non sia, come spesso accade, immaginario.
tutti i compartecipi del rapporto che, con lo stesso atto fittizio, fingono di costituire, rego- lare o estinguere.
Nella simulazione assoluta, quindi, le parti dell’accordo simulatorio sono solo due, poi- ché pongono in essere un negozio giuridico del quale, però, non vogliono la produzione di alcun effetto.
Nella simulazione relativa soggettiva, inve- ce, le parti dell’accordo sono tre, l’interposto, l’interponente e il terzo contraente effettivo il quale, pur non intervenendo nel negozio fitti- zio, partecipa all’intesa simulatoria.
L’accordo simulatorio, quindi, è un vero e
proprio negozio giuridico, con conseguen- te applicabilità di massima della disciplina contrattuale, e in particolare la possibile inva- lidità dell’accordo per vizi del consenso.
L’intesa simulatoria, poi, non deve essere con- fusa con il negozio dissimulato, che si ha solo nella simulazione relativa, anche quando en- trambi hanno in concreto origine dalla mede- sima controdichiarazione.
Il negozio dissimulato, infatti, è l’oggetto dell’intesa simulatoria. In altri termini, con l’accordo simulatorio le parti di tale intesa convengono di stipulare un negozio ostensibi- le (del quale non vogliono la produzione degli
effetti) e un negozio dissimulato (che vogliono
produca effetti tra loro).
ACCORDO SIMULATORIO,
52 CONTRODICHIARAZIONE E NEGOZIO DISSIMULATO
Si è fatto cenno all’esistenza di un patto in- terno tra le parti che raccoglie la reale volontà perseguita. Tale patto è noto come accordo si- mulatorio, ossia la reciproca intesa delle parti sulla divergenza tra il negozio apparente e il loro effettivo rapporto.
L’intesa simulatoria, però, intercorre non tanto tra gli autori del negozio simulato, quanto tra
Ci si chiede quale sia il grado di partecipazione del contraente all’intesa simulatoria, ossia se tale partecipazione debba essere piena e attiva ovve- ro se sia sufficiente una mera conoscenza.
Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che la semplice conoscenza della riserva mentale, da parte del destinatario della dichiarazione, non è sufficiente a perfezionare l’accordo simula- torio, ma è necessaria una certa consapevo- lezza della riserva mentale del soggetto che fa la dichiarazione17.
Per esempio, se le parti si accordano per conclu-
16 In tali casi, non è necessario fornire la prova dell’interposizione, trattandosi di una presunzione iuris et de iure, contro la quale non è data prova contraria.
17 Per esempio, Cass. 7.7.1997 n. 6145, Foro It., 1997, I, ha stabilito che ricorre la fattispecie normativa della simulazione relativa in relazione a un contratto di locazione a uso abitativo meramente transitorio (art. 26 della L. 392/78) qualora
dere una locazione transitoria al fine di eludere l’applicazione del regime legale delle locazioni, l’assoggettamento di tale rapporto alla disci- plina locatizia dipende dalla prova dell’accordo simulatorio posto in essere dalle parti. Se, però, tale concorde volontà non esiste, l’intento elu- sivo del conduttore rimane inevitabilmente circoscritto entro i confini di una irrilevante riserva mentale e preclude l’applicazione al rapporto instaurato del regime legale. Secon- do la Giurisprudenza, però, per dimostrare la conoscibilità o l’effettiva conoscenza, da parte del locatore, della reale intenzione del condut- tore, sarà sufficiente la prova, anche a livello indiziario, di una ragionevole apprezzabilità, da parte del locatore, della inesistenza delle esigenze transitorie formalmente rappresenta- te dal conduttore e della consapevolezza delle sue effettive necessità18.
Parimenti, si esclude che la mera conoscenza da parte del terzo dell’intesa raggiunta tra in- terposto e interponente dia luogo a simulazio- ne soggettiva19.
Secondo la Giurisprudenza, perché l’accordo simulatorio possa essere fatto valere, per ac-
certare l’effettiva realtà negoziale, è necessa- rio che il terzo sia titolare di una situazione giuridica connessa o dipendente o che in qual- che modo possa essere influenzata dall’accor- do simulatorio, nel senso che essa venga meno o diminuisca nella sua consistenza e divenga difficilmente attuabile in concreto, in conse- guenza del permanere dell’accordo simulato- rio, o del discoprimento della simulazione con la conseguente manifestazione esteriore della effettiva realtà giuridica esistente tra le parti dell’accordo simulatorio20.
La Suprema Corte, poi, ha anche chiarito che l’accordo simulatorio, in quanto elemento co- stitutivo della simulazione, esige il concorso della volontà di tutti i partecipanti alla fat- tispecie simulatoria e, come si è già ricordato, può formarsi contestualmente o successiva- mente alla stipula del contratto21.
L’accordo simulatorio è, in linea di principio, un negozio a forma libera, ma se la simula- zione riguarda negozi per i quali la forma è prescritta ad substantiam, l’accordo simula- torio dovrà avere la medesima forma, pena la sua inopponibilità22.
sussista, e venga positivamente dimostrata, la consapevolezza condivisa di entrambi i contraenti in ordine alla effettiva destinazione dell’immobile a un uso diverso da quello indicato dal contratto, e cioè ad abitazione stabile e ordinaria, dovendosi riconoscere a tale condivisa consapevolezza la medesima natura e funzione dell’accordo simulatorio tacito, necessariamente richiesto per la predicabilità della esistenza di una fattispecie di simulazione, e non anche quella di doppia (irrilevante) riserva mentale. In sede processuale, la valutazione di una “ragionevole apprezzabilità” da parte del
locatore della inesistenza di esigenze transitorie formalmente rappresentate dal conduttore si risolve, quoad probationis, 53
in una indagine su base indiziaria, volta a stabilire che il locatore fosse, comunque, consapevole delle effettive esigenze del conduttore e che, quindi, il contratto così concluso integrava, al di là della formale apparenza, gli estremi di una loca- zione abitativa ordinaria.
18 Trib. Brescia 7.10.2003, Mass. Trib. Brescia, 2004, p. 148.
19 Si veda, per esempio, Cass. 29.5.1998 n. 5317, Mass. Giur. It., 1998, secondo cui l’interposizione fittizia di persona, costi- tuendo una dissimulazione non del negozio, ma di una delle parti contraenti, ha come necessario presupposto la parteci- pazione all’accordo simulatorio di tutti i soggetti interessati, intesa, quanto al terzo contraente, come consapevole (anche se non necessariamente contestuale) adesione all’accordo stesso attraverso la manifestazione di un intento negoziale volto inequivocabilmente all’assunzione di diritti ed obblighi direttamente nei confronti dell’interponente. Ne consegue che in nessun modo può ritenersi partecipe di un accordo simulatorio una società di capitali rappresentata da due ammi- nistratori a firma congiunta (e che congiuntamente abbiano partecipato alla stipula del contratto simulato) qualora uno soltanto di essi abbia partecipato all’accordo simulatorio.
20 Cass. 11.1.2001 n. 338, Contratti, 2001, p. 456.
21 Si veda Cass. n. 8843/2007, cit.
22 Cass. 6.11.2020 n. 24950, in Sistema Integrato Eutekne, ha ribadito che l’opponibilità alla curatela fallimentare della si- mulazione di un contratto va provata per mezzo di una controdichiarazione di data certa, ai sensi dell’art. 2704 c.c., che ne dimostri la formazione prima della dichiarazione di fallimento e il perfezionamento in epoca antecedente o coeva alla stipulazione dell’atto simulato. La semplice anteriorità della controdichiarazione al detto fallimento non prova ex se anche che il negozio al quale la scrittura accede sia simulato, ben potendo la data certa di tale controdichiarazione comunque essere successiva a quella di conclusione del menzionato atto simulato. In particolare, qualora il negozio simulato sia soggetto al requisito della forma ad substantiam, pure l’elemento dissimulato dovrà venire a esistenza nello stesso modo e al tempo della conclusione del medesimo negozio simulato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza d’appello
Inoltre, ai sensi dell’art. 2704 c.c., la contro- dichiarazione per essere opponibile ai terzi deve avere anche data certa anteriore o coeva all’atto simulato23.
In effetti, nella prassi, l’accordo simulatorio è contenuto in un vero e proprio documento scritto, noto come controdichiarazione.
Va chiarito che la controdichiarazione non co- stituisce un elemento essenziale della simula- zione, ma configura un mero atto di scienza, con funzione probatoria dell’accordo simu- latorio, in concreto predisposto dalle parti a garanzia delle loro rispettive posizioni giuri- diche sostanziali. Pertanto, la controdichia- razione non ha (necessariamente) contenuto negoziale, ma si limita a una dichiarazione di scienza con contenuto confessorio.
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Ne consegue che la controdichiarazione re- datta da una parte soltanto a proprio favore, è giuridicamente irrilevante. Per contro, è ri- levante se la controdichiarazione proviene da una sola delle parti e, in particolare, da quel- la contro il cui interesse è redatta, purché sia consegnata alle altre parti che hanno concluso l’atto simulato24. In sostanza, la controdichia- razione di una sola delle parti rileva se fatta valere dalle altre parti dell’intesa simulatoria
contro l’interesse della parte che l’ha redatta. Inoltre, stante la natura dichiarativa della controdichiarazione, la stessa non è risolu- bile per mutuo dissenso. In altri termini, un accordo successivo alla controdichiarazione non sortirebbe alcun effetto risolutorio nei confronti della controdichiarazione medesi- ma e gli effetti tipici del contratto simulato rimarrebbero inalterati25.
Ci si chiede se la stessa controdichiarazione possa essere in tutto o in parte simulata con conseguente paralisi, totale o parziale, della si- mulazione. In realtà, sul punto va chiarito che rispetto ai terzi acquirenti in buona fede, la simulazione della simulazione produrrebbe di fatto effetti identici a quelli di una simulazione realmente voluta e, quindi, sarebbe ininfluente. La Giurisprudenza configura la controdichiara- zione come atto di riconoscimento (dichiara- zione di scienza) dell’inesistenza del contratto apparentemente stipulato nell’ipotesi di simu- lazione assoluta, oppure dell’esistenza di un contratto diverso da quello realmente voluto nell’ipotesi di simulazione relativa e come tale non ricompreso nel novero dei contratti ex art. 1321 c.c.26.
Quanto alla forma, va chiarito che nell’ipotesi
54
che aveva ritenuto l’inesistenza dell’accordo simulatorio sul presupposto dell’inattitudine della controdichiarazione pro- dotta in giudizio a dimostrare che, al tempo della stipula dell’atto di compravendita immobiliare oggetto di causa, le parti avessero inteso concludere un accordo simulatorio in ordine al prezzo, atteso che il requisito di forma del relativo patto dissimulato non risultava sussistere all’epoca della conclusione della compravendita in esame.
23 In tema di fallimento si veda la nota che precede. In generale, si veda Cass. 4.2.1985 n. 768, Mass. Giur. It., 1985, che ha cristallizzato il principio in base al quale la simulazione totale o parziale del contratto per il quale è richiesta la forma scritta ad substantiam può essere provata dai contraenti contro i terzi soltanto per mezzo di controdichiarazione che deve essere anteriore o coeva all’atto e la cui data, quindi, deve essere certa ai sensi dell’art. 2704 c.c.
24 Cass. 4.5.1998 n. 4410, Mass. Giur. It., 1998, ha chiarito che la controdichiarazione costituisce atto di riconoscimento o di accertamento della simulazione, e non atto richiesto ad substantiam per l’esistenza dell’accordo simulatorio, di modo che, mentre è necessario, per l’esistenza della simulazione, che l’accordo simulatorio sia coevo all’atto simulato e vi partecipi- no tutte le parti contraenti, nulla impedisce, viceversa, che la controdichiarazione sia posteriore a tale atto e provenga da una sola delle parti, e cioè quella contro il cui interesse è redatta, purché sia consegnata alle altre parti che hanno redatto l’atto simulato.
25 Secondo Cass. 9.6.1992 n. 7084, Nuova giur. civ., 1993. p. 358, la controdichiarazione, che nei rapporti fra le parti costituisce il mezzo usualmente adoperato per documentare una simulazione, non rientra nel novero dei contratti, ma è un atto di riconoscimento dell’inesistenza del contratto apparentemente stipulato nel caso della simulazione assoluta (o dell’esi- stenza di un contratto diverso da quello realmente voluto dalle parti nel caso della simulazione relativa), proveniente non necessariamente da tutte le parti del contratto simulato ma anche da una sola, da quella cioè contro il cui interesse è redatta; ne deriva che la controdichiarazione non è risolubile per mutuo dissenso, sicché, ove sia intervenuto fra le parti un accordo successivamente alla controdichiarazione, che coeva ad un contratto ne abbia riconosciuta l’inesistenza, a tale accordo non può riconoscersi effetto risolutorio di detta controdichiarazione con la conseguente validità del contratto simulato, di cui resta ferma la nullità per simulazione assoluta.
26 Cass. 5.3.2019 n. 6357, CED Cassazione 2019, ha ribadito che la controdichiarazione costituisce un atto di riconoscimento o di accertamento scritto che, non avendo carattere negoziale e non facendo parte del procedimento simulatorio come
di simulazione relativa, la prova dell’accordo simulatorio si traduce, di fatto, nella dimo- strazione del negozio dissimulato e, quindi, deve essere fornita con la produzione in giu- dizio della scrittura contenente la controdi- chiarazione firmata dalle parti o comunque dalla parte contro la quale è esibita. La con- trodichiarazione, pertanto, rientra nella pre- visione dell’art. 2725 c.c., ed esige l’atto scrit- to, salvo si sia verificata la perdita incolpevole del documento, nel qual caso è consentito il ricorso alle testimonianze e alle presunzioni27. Tuttavia, la Giurisprudenza, sulla base della natura dichiarativa dell’atto, ha chiarito che la controdichiarazione relativa a un negozio simulato concluso nella forma dell’atto pub- blico non richiede, per la propria validità, tale forma solenne, potendo invece risultare da un semplice documento sottoscritto dalle me- desime parti ovvero da quella contro cui lo stesso è prodotto28.
Per esempio, se le parti intendono dissimulare una donazione, il negozio dissimulato dovrà avere la forma prevista dall’art. 792 c.c.
Quindi, la donazione occultata da una fittizia compravendita sarà valida solo se la compra- vendita è stipulata per atto pubblico ricevuto dal notaio alla presenza di due testimoni.
Diversamente, l’atto dissimulato è nullo e la si- mulazione da relativa si trasforma in assoluta. Oltre alla forma, il contratto dissimulato, per produrre effetti, deve presentare anche tutti i requisiti di sostanza richiesti: contenuto le- cito, possibile, determinato o determinabile, legittimazione a compiere l’atto.
Si pensi, per esempio all’ipotesi di vendita di beni futuri che dissimuli una donazione. La vendita sarebbe inefficace in quanto simulata e la donazione, anche se formalmente cor- retta, sarebbe irrimediabilmente nulla ex art. 771 c.c. che, per l’appunto, vieta la donazione di cosa futura.
Quanto ai requisiti del negozio dissimulato, va osservato che l’art. 1414 comma 2 c.c. non
precisa se i requisiti di forma e di sostanza debbano sussistere nell’accordo simulatorio, nel contratto dissimulato o nell’atto palese. Si ritiene, quindi, che tali requisiti debbano sussistere quanto meno nel negozio dissimu- lato perché tale atto potrebbe essere vinco- lante per le parti solo se fossero rispettati i requisiti di forma e di sostanza previsti dalla norma per la categoria in cui lo stesso rientra.
DIFFERENZE
CON ALTRE FATTISPECIE
La simulazione si avvicina ad altre fattispecie dalle quali, però, si distingue nettamente.
Una di queste è il c.d. negozio indiretto che
si configura quando, alla luce del principio dell’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., at-
traverso l’utilizzazione di uno schema tipico si 55
elemento essenziale, può non essere coeva all’atto simulato e può altresì provenire dalla sola parte contro il cui interesse è redatta e che voglia manifestare il riconoscimento della simulazione (nella specie, la S.C. ha escluso che la ricognizione del debito sottoscritta dagli acquirenti avesse valore di controdichiarazione in quanto il creditore ivi contemplato non corrispondeva al venditore indicato nel rogito, titolare, in quanto tale, del diritto al pagamento del corrispettivo).
27 Cass. 19.2.2008 n. 4071, CED Cassazione 2008, ha chiarito che nel caso di allegazione della simulazione relativa per interposizione fittizia di persona di un contratto necessitante la forma scritta ad substantiam, la dimostrazione della volontà delle parti di concludere un contratto diverso da quello apparente incontra non solo le normali limitazioni le- gali all’ammissibilità della prova testimoniale e per presunzioni, ma anche quella, più rigorosa, derivante dal disposto degli artt. 1414 co. 2 e 2725 c.c., di provare la sussistenza dei requisiti di sostanza e forma del contratto diverso da quello apparentemente voluto e l’esistenza, quindi, di una controdichiarazione, dalla quale risulti l’intento comune dei contraenti di dare vita a un contratto soggettivamente diverso da quello apparente. Di conseguenza, e con riferimento alla compravendita immobiliare, la controversia tra il preteso acquirente effettivo e l’apparente compratore non può essere risolta, fatta salva l’ipotesi di smarrimento incolpevole del relativo documento (art. 2724 n. 3 c.c.), con la prova per testimoni o per presunzioni di un accordo simulatorio cui abbia aderito il venditore, e neppure, in assenza della con- trodichiarazione, tale prova può essere data con il deferimento o il riferimento del giuramento (art. 2739 co. 1 c.c.), né tanto meno mediante l’interrogatorio formale, non potendo supplire la confessione, in cui si risolve la risposta positiva ai quesiti posti, alla mancanza dell’atto scritto.
28 Cass. 24.7.2017 n. 18204, in Sistema Integrato Eutekne.
persegue un interesse diverso (spesso ulterio- re) rispetto a quello tipico del tipo negoziale impiegato. La finalità ultronea che le parti intendono realizzare corrisponde alla causa di un diverso negozio oppure a uno scopo non realizzabile attraverso alcuno schema negoziale tipizzato. Un esempio classico di tale fattispecie sono le donazioni indirette, ossia quelle liberalità realizzate ponendo in essere un negozio tipico diverso da quello previsto dall’art. 782 c.c.29 come, per esem- pio, l’acquisto di un immobile da parte di un soggetto, con denaro fornito da un terzo per spirito di liberalità30.
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La differenza tra negozio simulato e negozio indiretto risiede nel fatto che, nel primo caso la volontà dichiarata o non esiste (simulazio- ne assoluta) o è diversa da quella effettiva (simulazione relativa), nel secondo caso il negozio è realmente voluto dalle parti per
raggiungere indirettamente lo scopo ulterio- re che si erano prefissate31.
Le parti possono perseguire un fine ultroneo anche mediante il c.d. collegamento con- trattuale (o contratto misto), ossia l’utiliz- zo di più schemi contrattuali (ciascuno con causa autonoma) coordinati per il persegui- mento di un unico fine32.
Le vicende incidenti su uno qualsiasi de- gli schemi contrattuali così combinati, si ripercuotono inevitabilmente su tutti gli altri. Il contratto misto è inteso come un contratto unico, essendo unica la causa o la prestazione, ma non costituisce un auto- nomo tipo negoziale33.
Un esempio classico, poi tipizzato, è la vendi- ta di un immobile, seguita da un contratto di locazione in favore del venditore con imputa- zione del canone a deconto del prezzo di ac- quisto, oggi noto come “sale and lease back”.
29 Secondo Cass. 25.10.2018 n. 27050, in Sistema Integrato Eutekne, per la validità delle donazioni indirette è sufficiente l’os- servanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità, dato che l’art. 809 c.c., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 c.c., non richiama l’art. 782 c.c., che prescrive l’atto pubblico per la donazione. In tali fattispecie, l’attribuzione gratuita viene attuata, quale effetto indiretto, con il negozio oneroso, che corrisponde alla reale intenzione delle parti ed alla quale, pertanto, non si applicano i limiti alla prova testimoniale - in materia di contratti e simulazione - che valgono, invece, per il negozio tipico utilizzato per realizzare tale scopo.
30 Cass. 2.2.2016 n. 1986, CED Cassazione 2016, ha chiarito che nel caso di acquisto di un immobile da parte di un soggetto, con denaro fornito da un terzo per spirito di liberalità, si configura una donazione indiretta, che si differenzia dalla simu- lazione giacché l’attribuzione gratuita viene attuata, quale effetto indiretto, con il negozio oneroso che corrisponde alla reale intenzione delle parti ed alla quale, pertanto, non si applicano i limiti alla prova testimoniale - in materia di contratti
56 e simulazione - che valgono, invece, per il negozio tipico utilizzato allo scopo.
31 Secondo Cass. 6.4.2006 n. 8098, in Sistema Integrato Eutekne, il negozio indiretto si distingue dalla simulazione relativa perché mentre in quest’ultima le parti vogliono porre in essere un atto reale, nascondendolo sotto le diverse e fittizie apparenze di un atto diverso, palese ma meramente illusorio, e rivolto a nascondere l’atto vero, con il primo (denominato anche procedimento indiretto), invece, le parti, proponendosi di realizzare una particolare finalità, ricorrono alla combi- nazione di più atti, tutti veri e reali e non illusori, collegandoli insieme, in modo da giungere al fine ultimo propostosi per via indiretta e attraverso il concorso e la reciproca reazione delle varie forme giuridiche collegate, tutte corrispondenti al vero e tutte conformi alla dichiarata volontà dei contraenti.
32 Cass. 28.6.2001 n. 8844, in Sistema Integrato Eutekne, ha chiarito che il criterio distintivo tra contratto unico e contratto collegato non è dato da elementi formali quali l’unità o la pluralità dei documenti contrattuali o la mera contestualità delle stipulazioni, ma da quello sostanziale dell’unicità o pluralità degli interessi perseguiti. Infatti il “contratto collegato” non è un tipo particolare di contratto, ma uno strumento di regolamento degli interessi economici delle parti, caratterizzato dal fatto che le vicende che investono un contratto (invalidità, inefficacia, risoluzione, ecc.) possono ripercuotersi sull’altro, seppure non in funzione di condizionamento reciproco (ben potendo accadere che uno soltanto dei contratti sia subordinato all’altro, e non anche viceversa) e non necessariamente in rapporto di principale ad accessorio. Accertare la natura, l’entità, le modalità e le conseguenze del collegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua e immune da vizi giuridici.
33 Secondo Cass. 18.7.2003 n. 11240, Contratti, 2004, p. 118, il collegamento negoziale non dà luogo a un nuovo e autonomo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conser- vano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi. Pertanto, il criterio distintivo tra contratto unico e contratto collegato non è dato da elementi formali, quali l’unità o pluralità dei documenti contrattuali, o dalla contestualità delle stipulazioni, bensì dall’elemento sostanziale dell’unicità o pluralità degli interessi perseguiti.
Pertanto, non godendo di una propria disci- plina tipica, si propende o per l’applicazione della disciplina del tipo contrattuale preva- lente (c.d. teoria dell’assorbimento) oppure per l’applicazione della disciplina propria del tipo negoziale di volta in volta richiamato (c.d. teoria della combinazione).
In generale più contratti si dicono collegati quando sussiste tra di essi un nesso di in- terdipendenza.
Il collegamento negoziale differisce dalla si- mulazione, poiché mentre il primo presuppo- ne la realtà dei negozi adottati alla luce di un intento pratico ulteriore, la simulazione inve- ste l’esistenza stessa dei negozi considerati.
le parti del negozio ostensibile, ci si chiede se questo sia inesistente, nullo o solo inefficace. Si potrebbe, infatti, ritenere che il contrat- to simulato sia del tutto inesistente, come il contratto stipulato per finzione scenica. Se- condo un orientamento giurisprudenziale, in- fatti, nel caso di simulazione assoluta, la con- trodichiarazione rappresenterebbe un atto di riconoscimento dell’inesistenza giuridica del contratto apparentemente stipulato34.
Una seconda teoria sostiene, invece, che il contratto simulato sarebbe valido ma ineffi- cace, perché:
• l’art. 1414 c.c. espressamente parla di non produzione degli effetti (e non di nullità);
• non si è in presenza di un vizio di un ele-
mento essenziale del negozio; e
GLI EFFETTI
DELLA SIMULAZIONE
Il negozio simulato produce (o non produ- ce) effetti diversi a seconda che tali effetti si producano (o non producano) in capo a soggetti diversi.
In particolare, si distinguono gli effetti tra le parti, per i terzi e, tra questi per i creditori del simulato acquirente e del simulato alienante.
EFFETTI TRA LE PARTI
L’art. 1414 c.c. stabilisce che il contratto si- mulato non produce effetto tra le parti e che se le parti hanno voluto concludere un con- tratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma. Tra le parti, quindi, produce effetto solo la realtà dissimulata sotto l’apparenza della si- mulazione. In particolare, nella simulazione assoluta le posizioni giuridiche che appaiono modificate dal negozio simulato rimangono in realtà immutate, mentre in quella relati- va si producono gli effetti dell’atto realmente voluto, ossia quello dissimulato.
Ferma la mancata produzione degli effetti tra
• uno stesso negozio non può essere nullo tra le parti ma efficace nei confronti dei terzi che non ne subiscano un pregiudizio (ex art. 1416 c.c.).
Infatti, il combinato disposto degli artt. 1415 e 1416 c.c. (l’inopponibilità della simulazione rispetto ai terzi che in buona fede vantano dei diritti nei confronti del titolare apparente) dimostrerebbe la validità del contratto simu- lato. Invero, se ai sensi dell’art. 1414 c.c. il negozio simulato non produce effetto tra le parti, in base al disposto di cui sopra, lo stesso risulta pienamente efficace nei confronti dei terzi. Per contro, se fosse nullo ex art. 1418
c.c., il contratto simulato sarebbe insuscet- 57
tibile di qualsiasi effetto, ivi inclusi i diritti vantati dai terzi in buona fede.
Inoltre, se il contratto simulato fosse nullo, non si comprenderebbe perché l’art. 2652 c.c., dettato in materia di trascrizione delle domande giudiziali, avrebbe distinto l’azione di nullità da quella di simulazione, discipli- nando in modo diverso gli effetti delle relative trascrizioni rispetto ai terzi.
Invece, secondo la tradizionale e prevalen- te concezione volontaristica, sposata anche dalla Giurisprudenza, il negozio simulato è
34 Cass. n. 7084/92, cit.
radicalmente nullo e la sua nullità trova fon- damento nella mancanza di volontà del suo contenuto ossia nella divergenza assoluta tra volontà dichiarata e volontà effettiva35.
La nullità del negozio simulato, inoltre, se- condo un orientamento minoritario, potrebbe derivare dalla mancanza della causa, avendo l’accordo simulatorio la funzione di elimina- re la causa del contratto simulato e di de- terminare una situazione di apparenza36. La distinzione, però, non avrebbe alcun risvolto pratico, poiché il negozio simulato sarebbe comunque nullo.
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Dalla configurazione del contratto simulato come nullo, quindi, si desume l’inammissibi- lità della convalida ex art. 1423 c.c., nonché della conferma e dell’esecuzione volontaria. Deve, inoltre, escludersi l’applicabilità dell’i- stituto della conversione del negozio nullo ex art. 1424 c.c.37.
Alla luce della tesi della nullità del contratto simulato, poi, la Giurisprudenza nega la vali-
dità e l’efficacia vincolante di un preliminare di contratto simulato, sulla base del rilievo che, in caso contrario, si anticiperebbero gli effetti propri del contratto simulato rendendo molto più articolata e complessa la tutela dei terzi aventi causa38.
Come già chiarito, infine, nella simulazione relativa, mentre il negozio simulato rima- ne nullo, tra le parti produce effetti quello dissimulato, purché ne abbia i requisiti di sostanza e di forma.
EFFETTI PER I TERZI
Nella simulazione, non tutti i terzi sono uguali. Infatti, a norma dell’art. 1415 c.c., la simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal ti- tolare apparente, salvi gli effetti della trascri- zione della domanda di simulazione.
Per contro, i terzi possono far valere la simu-
58
35 Tra le sterminate pronunce in tal senso, si cita la recente Cass. SS.UU. 2.3.2020 n. 5682, in Sistema Integrato Eutekne, secondo cui in un giudizio promosso da una banca italiana contro due persone fisiche residenti in Italia, debitrici della prima, nonché contro una società lussemburghese da queste ultime interamente partecipata e un’altra società lussem- burghese interamente partecipata dalla prima società, volto a far accertare la nullità per simulazione ex art. 1418 c.c. o, in subordine, ad ottenere la revoca ex art. 2901 c.c. del verbale di assemblea straordinaria della prima società avente ad oggetto un aumento di capitale sottoscritto dalle predette persone fisiche mediante conferimento di beni immobili di loro proprietà, nonché del verbale di assemblea straordinaria della seconda società avente ad oggetto un aumento di capitale sottoscritto dalla prima società mediante conferimento dei medesimi beni immobili, la giurisdizione italiana non è esclusa dalla competenza esclusiva spettante ai giudici lussemburghesi in materia societaria ai sensi dell’art. 24 n. 2 del Reg. UE 1215/2012, poiché la domanda principale di nullità per simulazione, pur vertendo su atti documentati nei verbali di assemblea straordinaria delle società lussemburghesi, non richiede la verifica della validità di tali atti alla luce del diritto delle società applicabile o delle disposizioni statutarie attinenti al funzionamento degli organi di tali società, bensì soltanto la verifica della conformità delle volontà – collegiali e individuali – rappresentate nei verbali impugnati con la effettiva volontà dei soggetti che hanno compiuto gli atti documentati in tali verbali. Rispetto a tale azione, la giurisdizione italiana sussiste nei confronti delle persone fisiche residenti in Italia ai sensi dell’art. 4 del medesimo Regolamento e nei confronti delle due società lussemburghesi ai sensi dell’art. 8 n. 1, in considerazione dello stretto collegamento sussistente con le domande proposte nei confronti delle predette persone fisiche.
36 Secondo Cass. 26.3.2018 n. 7459, CED Cassazione, 2018, l’accertamento della simulazione assoluta determina la nullità del negozio o del contratto, per anomalia della causa rispetto allo schema tipico che ne giustifica il ricono- scimento normativo.
37 Cass. 18.10.2018 n. 26168, CED Cassazione, 2018, ha chiarito che, in tema di simulazione, perché le parti possano addi- venire a un nuovo assetto degli interessi, che non poterono aver vita mediante un contratto affetto da nullità assoluta, occorre che il negozio venga rinnovato, non nel senso di riprodurlo, ma nel senso di compierlo ex novo, in maniera da sottrarlo all’influenza della preesistente situazione antigiuridica: questo scopo non può essere conseguito, per il tassativo disposto dell’art. 1423 x.x., xxxxxxxx xxxxxxxxx xxx xxxxxxx xxxxx, né facendo riferimento per relationem al contenuto del negozio stesso, né con un atto di ricognizione documentale o di convalida, né, deve aggiungersi, mediante rinuncia della legittimazione all’azione di nullità ex art. 1421 c.c.
38 Per esempio, in Cass. 13.6.2019 n. 15879, CED Cassazione 2019, si legge che nel sistema tavolare, l’effetto prenotati- vo dell’annotazione del contratto preliminare di compravendita immobiliare viene meno in caso di accoglimento della domanda di simulazione assoluta del medesimo preliminare, anch’essa annotata agli effetti dell’art. 2645-bis c.c., con la conseguenza che le ipoteche “prenotate” dopo l’annotazione del preliminare, ma anteriormente all’intavolazione del contratto definitivo, risultano prevalenti rispetto a quest’ultimo.
lazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti.
Quindi, la posizione di terzo, per la sua con- naturata genericità, deve essere di volta in volta precisata con riguardo al caso di specie, poiché non è possibile determinarne la disci- plina senza prima individuare le parti dell’ac- cordo simulatorio.
Per esempio, vi sono terzi che hanno interesse a far valere la realtà sull’apparenza e terzi che, per contro, avendo fatto affidamento sull’ef- ficacia del negozio simulato, hanno interesse a far prevalere l’apparenza sulla realtà.
In concreto, gli eredi del simulato alienante (che vedono un bene simulatamente sottrat- to alla quota loro spettante) hanno un in- teresse diametralmente opposto a quelli del simulato acquirente che, per contro, hanno tutto l’interesse a mantenere nel patrimonio del loro dante causa il bene pervenuto me- diante l’atto simulato.
Diversa ancora è la posizione del terzo aven- te causa dal titolare apparente, che ritiene di avere comprato un immobile in modo legit- timo, e quella dei creditori del simulato alie- nante, che su quello stesso immobile, sottrat- to con l’atto simulato alla loro garanzia per i debiti del simulato venditore ex art. 2740 c.c., vorrebbero agire in esecuzione.
In generale, sono considerati terzi tutti i sog- getti che non hanno partecipato all’accordo simulatorio (per esempio, i successori a xxxx-
lo particolare, il cessionario del contratto, il cessionario dell’azienda in ordine ai contratti stipulati dal cedente, chi è divenuto parte del rapporto per atto inter vivos, come l’acquiren- te di un immobile che subentra nel contratto di locazione simulato tra il precedente pro- prietario e il conduttore ecc.).
I legittimari di una parte di un negozio si- mulato, poi, sono considerati terzi quando concretamente e contestualmente agiscono, oltre che per l’accertamento della simulazio- ne, per la reintegrazione della quota di riserva lesa dall’atto dissimulato.
Al contrario sono considerate parti, i legit- timari che in qualità di eredi propongono in via principale e autonoma la sola domanda di simulazione, strumentale al recupero del- la quota disponibile, anche se preordinata a consentire il successivo esercizio dell’azione di riduzione39.
Quindi, a norma dell’art. 1415 comma 1 c.c., il contratto simulato non può essere opposto, ossia produce i suoi effetti propri, nei con- fronti dei terzi che in buona fede abbiano fatto affidamento sulla situazione apparente. In generale, quindi, si può affermare che del regime di inopponibilità previsto dall’art. 1415 comma 1 c.c., possano giovarsi gli aventi causa dal simulato acquirente e tut- ti coloro che conseguano un effetto giu- ridico favorevole dal contratto simulato.
La buona fede del terzo, infatti, è presun- 59
39 Cass. 31.7.2020 n. 16535, in Sistema Integrato Eutekne, ha ribadito che in tema di successione necessaria, il legittimario che agisca per il recupero o la reintegrazione della quota di legittima lesa dall’atto simulato si pone come terzo – a diffe- renza dei successori mortis causa a titolo universale che subentrano nella condizione giuridica del defunto – rispetto al tale atto compiuto dal de cuius nel proprio patrimonio, giacché, per la realizzazione del suo diritto a conseguire la porzione di eredita attribuitagli ex lege, egli si oppone alla volontà negoziale manifestata dal suo dante causa, come un qualsiasi altro terzo. Inoltre, quando con gli atti simulati concorrano anche donazioni, dirette o indirette che rendano il relictum insufficiente a soddisfare i diritti dei legittimari alla quota di riserva, avendo in vita il de cuius compiuto atti di liberalità che eccedono la disponibile, si determina il concorso tra successione legittima e necessaria, in quanto la riduzione delle donazioni pronunciata su istanza del legittimario ha funzione integrativa del contenuto economico della quota ereditaria di cui il legittimario è già investito ex lege. Ne deriva che la richiesta dell’erede di accertamento della simulazione non significa che la parte abbia fatto valere i suoi diritti di erede piuttosto che quelli di legittimario, divenendo decisivo l’esame complessivo della domanda. Nel caso in cui con gli atti dispositivi si sia esaurito integralmente il patrimonio del de cuius non opera il principio secondo cui il legittimario ha l’onere di indicare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per sta- bilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della sua quota di riserva, non avendo altra possibilità se non quella di agire in riduzione contro i donatari, implicando la deduzione della manifesta insufficienza del relictum la denuncia della lesione (nel caso di specie, la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza della Corte di Appello che aveva ritenuto prescritta la domanda di simulazione per decorso del termine decennale dalla data di stipulazione, ritenendo che l’attrice, figlia riconosciuta del defunto, non aveva agito per la tutela della propria quota di riserva a lei spettante quale legittimaria, ma per far valere i propri diritti di erede ex lege sull’intero patrimonio del defunto ai fini della divisione).
ta iuris tantum e consiste nell’ignoranza dell’accordo simulatorio.
In sostanza, si tratta di buona fede in senso soggettivo, ossia l’ignoranza di ledere l’altrui diritto, tale per cui l’avente causa dal titolare apparente è in buona fede se ignora che il suo acquisto lede il diritto del titolare effettivo. Si deve, in linea di principio, fare riferimento all’art. 1147 c.c., che tali aspetti disciplina in relazione al possesso di buona fede40.
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In concreto, il terzo acquirente di buona fede dal titolare apparente non è pregiudicato dal- la simulazione. La norma, però, chiarisce che il terzo acquirente deve anche trascrivere il proprio diritto prima della trascrizione del- la domanda di simulazione. Diversamente, in base al noto principio della prevalenza, l’ac- quisto del terzo soccombe davanti alla tra- scrizione anteriore.
In particolare, ai sensi degli artt. 2652 n. 4 e 2690 n. 1 c.c., se il contratto simulato ha per oggetto beni immobili o mobili registrati, perché la simulazione risulti inopponibile al terzo, questi, oltre a essere in buona fede, deve aver trascritto o iscritto il suo titolo di sub-acquirente nei confronti del titolare apparente prima della trascrizione della do- manda di simulazione.
Se l’onere di pubblicità della domanda giu- diziale è rimasto inadempiuto, la simula- zione è inopponibile al terzo avente causa
60 che non abbia trascritto a propria volta il proprio acquisto.
Xxxx accade se oggetto del negozio simulato è un bene mobile non soggetto a trascrizione? In questi casi, trova applicazione l’art. 1155 c.c., a norma del quale tra l’avente causa del
simulato acquirente e l’avente causa del si- mulato alienante, è quest’ultimo a ricevere la tutela legale, nel caso in cui in buona fede abbia conseguito il possesso, salvi gli effetti dell’usucapione.
Vi sono, poi, i terzi pregiudicati dal negozio
simulato, i quali possono farne valere la nul- lità nei confronti delle parti. In particolare, i terzi pregiudicati dall’atto simulato sono, generalmente, gli aventi causa del simulato alienante, i coeredi aventi diritto alla colla- zione, i legittimari dell’apparente venditore defunto che agiscono per la reintegrazione o il recupero della quota di riserva lesa dalla donazione dissimulata41, il coniuge, in regi- me di comunione legale, estraneo all’accor- do simulatorio42.
Per contro dalla tutela di cui all’art. 1415 comma 2 c.c. si ritengono esclusi sia i cre- ditori di ciascuna parte, la cui posizione è disciplinata dagli artt. 1415 co.1 e 1416 c.c., sia gli aventi causa e i sub-acquirenti del ti- tolare apparente, i quali possono essere even- tualmente favoriti ma non certo pregiudicati dalla simulazione.
Il pregiudizio rilevante ai fini della norma in esame, infatti, si configura quando il contrat- to simulato impedisce o rende più difficile o incerto il conseguimento o l’esercizio del di- ritto da parte del terzo.
Il pregiudizio non deve necessariamente es- sere attuale essendo, invece, sufficiente la di- mostrazione del pericolo. Tuttavia, il pregiu- dizio deve incidere sui diritti propri dei terzi e non su mere aspettative o su diritti futuri43. Una posizione particolare assume il cura- tore fallimentare, il quale con riguardo ai
40 Cass. 4.3.2002 n. 3102, Xxxxxxxxx, 2002, p. 583, ha chiarito che quando le norme (nella specie, quelle relative agli effetti della simulazione) facciano riferimento alla buona fede senza nulla dire in ordine a ciò che vale a integrarla o a escluderla, ovvero a soggetto tenuto a provarne l’esistenza o ad altri profili di rilevanza della stessa, si deve, in linea di principio, fare riferimento all’art. 1147 c.c., che tali aspetti disciplina in relazione al possesso di buona fede.
41 Cass. 14.3.2008 n. 7048, CED Cassazione 2008.
42 Cass. 24.1.2013 n. 1737 secondo cui il coniuge in regime di comunione legale, estraneo all’accordo simulatorio, è terzo, legittimato a far valere la simulazione con libertà di prova, ai sensi degli artt. 1415 co. 2 e 1417 c.c., rispetto all’acquisto di un bene non personale, effettuato dall’altro coniuge durante il matrimonio con apparente intestazione a persona diversa, atteso che tale simulazione impoverisce il patrimonio della comunione legale, sottraendogli il diritto previsto dall’art. 177 lett. a) c.c.
43 Secondo Cass. 21.2.2007 n. 4023, CED Cassazione 2007, l’art. 1415 co. 2 c.c., legittimando i terzi a far valere la simulazione del contratto rispetto alle parti quando essa pregiudichi i loro diritti, non consente, peraltro, di ravvisare un interesse in-
rapporti contrattuali di cui sia stato parte il fallito, può essere parte o terzo, a secon- da della posizione processuale che lo stes- so intende rivestire.
Per esempio, in sede di opposizione allo stato passivo, il curatore che eccepisca la simu- lazione del titolo fatto valere dall’istante, al fine di ottenere l’esclusione del credito, assume la posizione di terzo, con la conse- guenza che la prova della simulazione non soggiace alle limitazioni di cui all’art. 1417
c.c. e può essere data con qualsiasi mezzo, anche per presunzioni44.
Per contro, se il curatore agisce in giudizio per ottenere l’adempimento di un contratto stipulato dall’imprenditore prima del falli- mento, non rappresenta la massa dei credi- tori, la quale pure si giova del risultato utile in tal modo perseguito, ma il fallito, spos- sessato, nella cui posizione giuridica egli su- bentra, e dei cui diritti si avvale. Ne deriva che, in tal caso, il curatore non è terzo e non può invocare l’inopponibilità a esso delle pattuizioni del contratto dissimulato inter- venuto tra le parti solo perché il documento, recante la prova della simulazione relativa, è privo di data certa ex art. 2704 c.c. anteriore al fallimento45.
EFFETTI PER I CREDITORI
A norma dell’art. 1416 c.c. la simulazione non può essere opposta dai contraenti ai creditori
del titolare apparente che in buona fede han- no compiuto atti di esecuzione sui beni che furono oggetto del contratto simulato.
Per contro, il comma 2 stabilisce che i credi- tori del simulato alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti, e, nel conflitto con i creditori chirografari del simulato acquirente, sono preferiti a questi, se il loro credito è anteriore all’atto simulato. In sostanza, le parti non possono far valere la simulazione nei confronti dei creditori del simulato acquirente che in buona fede abbiano dato inizio all’esecuzione forzata sui beni oggetto del negozio apparente. In altri termini, il simulato alienante deve subire l’e- secuzione sul bene che ha apparentemente ceduto, senza poter opporre la simulazione ai creditori del titolare apparente.
Anche in questo caso, però, sono applicabili
le norme sulla trascrizione e, quindi, ai sensi dell’art. 2915 comma 2 c.c., se l’esecuzione ri- guarda immobili o mobili registrati, i creditori del titolare apparente godono della protezio- ne prevista dall’art. 1416 comma 1 c.c. solo se il pignoramento viene eseguito in buona fede prima della trascrizione della domanda giudiziale di simulazione.
Inoltre, va chiarito che i creditori tutelati dall’art. 1416 comma 1 c.c. sono solo i chiro- grafari. Infatti, il conflitto tra creditori ipote- cari del titolare apparente da un lato, e simu-
lato alienante, suoi creditori o aventi causa 61
distinto e generalizzato di qualsiasi terzo ad ottenere il ripristino della situazione reale, essendo, per converso, la relativa legittimazione indissolubilmente legata al pregiudizio di un diritto conseguente alla simulazione. Non tutti i terzi, pertanto, sol perché in rapporto con i simulanti, possono instare per l’accertamento della simulazione, dovendosi invece ricono- scere il relativo potere di azione o di eccezione soltanto a coloro la cui posizione giuridica risulti negativamente incisa dall’apparenza dell’atto. (Nella specie, la S.C., in virtù dell’enunciato principio, ha accolto il ricorso, rigettando la domanda nel merito diretta all’accertamento della simulazione dell’acquisto di un appartamento proposta dagli eredi di un promis- xxxxx acquirente nei confronti di un successivo diverso acquirente, dal medesimo proprietario, dello stesso immobile che aveva agito nei loro riguardi in rivendicazione, sul presupposto che essi avrebbero potuto esercitare il loro diritto, quali subentrati al de cuius, soltanto verso il promittente venditore, con il quale era stato unicamente instaurato il rapporto, al fine dell’ottenimento del trasferimento dell’immobile o del risarcimento del danno conseguente all’inadempimento, così rimanendo irrilevante per gli stessi che la successiva vendita con l’attore agente in rivendicazione fosse o non avvenuta realmente, poiché nessun pregiudizio giuridicamente apprezzabile poteva esserne per loro derivato).
44 Cass. 4.5.2018 n. 10748, Fall., 2018, p. 1489.
45 Cass. 14.2.2019 n. 4312, in Sistema Integrato Eutekne. Nella specie, in applicazione del principio, la Suprema Corte ha ritenuto opponibile alla curatela la controscrittura, costituente la prova della simulazione relativa del contratto di appalto stipulato dall’imprenditore in bonis, di cui era stato chiesto l’adempimento, dissimulante in realtà una permuta, sul rilievo che, stante la posizione di non terzietà del curatore rispetto ai rapporti tra le parti contrattuali originarie, a nulla rilevasse la mancanza di data certa della detta controscrittura.
dall’altro è disciplinato e risolto dall’art. 1415 comma 1 c.c., a norma del quale la simula- zione non può essere opposta, né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai cre- ditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal tito- lare apparente, salvi gli effetti della trascri- zione della domanda di simulazione.
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Per contro, ai sensi dell’art. 1416 comma 2 c.c., i creditori del simulato alienante conservano la garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c. sul bene apparentemente alienato e possono agire per fare accertare la simula- zione dell’atto che pregiudichi i loro diritti. In questo caso, il pregiudizio sussiste quan- do l’eventuale efficacia del negozio simu- lato determinerebbe una modificazione, quantitativa o qualitativa, del patrimonio del debitore tale da rendere la soddisfa- zione del credito più incerta, più difficile e comunque più onerosa46.
Va, infine, osservato che il curatore fal- limentare gode della medesima situazione legittimante dei creditori del titolare ap- parente e, pertanto, allo stesso non può essere opposta una titolarità del bene di- versa da quella apparente, salvi gli effetti dell’anteriorità della trascrizione della do-
declaratoria di nullità, la seconda tende a ottenere la declaratoria di inefficacia di un contratto esistente e realmente voluto, pre- vio accertamento dell’eventus damni e, nei negozi a titolo oneroso, anche dell’esistenza del consilium fraudis. Tali elementi, invece, sono del tutto irrilevanti nella simulazione. Tuttavia, l’azione di simulazione (assoluta o relativa) e quella revocatoria, pur diverse per contenuto e finalità, possono essere propo- ste entrambe nello stesso giudizio in forma alternativa tra loro o, anche, eventualmente in via subordinata l’una all’altra, senza che la possibilità di esercizio dell’una precluda la proposizione dell’altra.
L’unica differenza tra la formulazione delle due domande in via alternativa, piuttosto che in via subordinata una all’altra, risiede esclusivamente nella circostanza che, nel primo caso, è l’attore a rimettere al pote- re discrezionale del giudice la valutazione delle pretese fatte valere sotto una species iuris piuttosto che l’altra, mentre nella se- conda ipotesi si richiede espressamente che il giudice prima valuti la possibilità di accogliere una domanda e, solo nell’even- tualità in cui questa risulti infondata, di accogliere la seconda47.
manda di simulazione rispetto alla dichia- razione di fallimento.
Un cenno, infine, merita il rapporto tra azio-
62 ne di simulazione e azione revocatoria che, in tema di tutela del patrimonio, appaiono spesso sovrapponibili, ma sono del tutto di- verse per contenuto e finalità.
Infatti, mentre la prima mira ad accertare l’esistenza di un negozio apparente in quan- to insussistente (simulazione assoluta) o la
LA PROVA DELLA SIMULAZIONE
Uno degli aspetti più complessi della simu- lazione è la sua prova in giudizio, poiché di fatto essa è disponibile per le parti, ma solo ove abbiano predisposto la controdichiara- zione, mentre per i terzi, la prova della si- mulazione è in concreto spesso impossibile,
46 Secondo Cass. n. 338/2001, cit., affinché l’accordo simulatorio possa essere fatto valere, per accertare l’effettiva realtà negoziale, da quei terzi i cui diritti ne siano pregiudicati (e, in particolare, dai creditori del simulato alienante) o affinché la simulazione non possa essere opposta ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente (e ai creditori del titolare apparente che in buona fede hanno compiuto atti di esecuzione sui beni oggetto del contratto simulato), è necessario che il terzo sia titolare di una situazione giuridica connessa o dipendente o che in qualche modo possa essere influenzata dall’accordo simulatorio, nel senso che essa venga meno o diminuisca nella sua consistenza e divenga difficilmente attuabile in concreto in conseguenza del permanere dell’accordo simulatorio, o del discopri- mento della simulazione con la conseguente manifestazione esteriore della effettiva realtà giuridica esistente tra le parti dell’accordo simulatorio.
47 Cass. 19.10.2016 n. 21083, CED Cassazione 2016.
poiché essi sono del tutto estranei all’accor- do simulatorio.
Per questo, l’art. 1417 c.c. detta una discipli- na specifica, secondo cui la prova per testi- moni della simulazione è ammissibile senza limiti, se la domanda è proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato, anche se è proposta dalle parti.
In sostanza, il regime della prova è diverso a seconda che la simulazione sia fatta valere dai terzi o tra le parti.
Se la domanda di simulazione è proposta
da creditori o da terzi che, in quanto estra- nei al contratto, non possono fornire la pro- va scritta, non esistono preclusioni di sorta alla prova per testi e/o per presunzioni.
Per contro, se la domanda è proposta da
una delle parti o dagli eredi, la dimostra- zione della simulazione incontra gli stessi limiti della prova testimoniale, perché le parti hanno la possibilità e l’onere di munirsi della controdichiarazione, salve le eccezioni espressamente previste dalla legge e salvo che la prova sia diretta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato48.
A norma degli artt. 1417 e 2697 c.c., secon- do il principio generale, l’onere di provare la
simulazione incombe su chi la allega, ossia se si vuole eccepire la simulazione di un ne- gozio, se ne deve fornire anche la prova49. Tuttavia, nelle ipotesi previste dall’art. 2724 c.c., le parti possono dare la prova della si- mulazione assoluta per testimoni o per pre- sunzioni, in quanto, non dovendosi provare il negozio formale ma la sua inesistenza, non troverebbe applicazione l’art. 2725 c.c.50.
In caso di simulazione relativa, invece, venen- do in considerazione l’esistenza e la validità dell’atto dissimulato, a norma degli artt. 2725 e 2724 n. 3 c.c., la prova testimoniale e quella presuntiva sono ammesse solo se il contraen- te abbia perso, senza colpa, il documento51. Va osservato che vi è una distinzione tra la prova della simulazione, avente per oggetto l’accordo simulatorio e la prova dell’avve- nuta stipulazione del contratto dissimula- to in forma solenne. In ordine alla prima è ammessa la confessione e nelle tre ipotesi previste dall’art. 2724 c.c., la prova per te- stimoni o per presunzioni. Riguardo all’atto solenne, invece, si prospetta l’ammissibilità di testimonianze e presunzioni solo nei limi- ti desumibili dal coordinamento tra gli artt. 2724 n. 3 e 2725 c.c., e salva l’applicazione
dell’art. 2720 c.c.
63
48 Cass. 13.10.2020 n. 22126, in Sistema Integrato Eutekne, ha ribadito che in tema di prova della simulazione nei rapporti tra parti, se il negozio è stato redatto per iscritto vale la regola generale della limitazione dell’ammissibilità delle prove testimoniali, onde la prova può essere data soltanto in base a controdichiarazioni scritte.
49 Cass. 14.6.2002 n. 8585, Mass. Giur. It., 2002, ha chiarito che è onere della parte che adduce la simulazione offrire, in linea col disposto dell’art. 2697 c.c., la prova del contratto dissimulato (nella specie, locazione ad uso abitativo, invece della simulata locazione ad uso foresteria) attraverso la dimostrazione della sussistenza degli elementi che positiva- mente lo connotano.
50 Secondo Cass. 4.5.2007 n. 10240, CED Cassazione 2007, in tema di simulazione di un contratto di compravendita immobi- liare, la prova per testi soggiace a limitazioni diverse a seconda che si tratti di simulazione assoluta o relativa. Nel primo caso, l’accordo simulatorio, pur essendo riconducibile tra i patti per i quali opera il divieto di cui all’art. 2722 c.c., non rientra tra gli atti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem, menzionati dall’art. 2725 c.c., avendo natura ricognitiva dell’inesistenza del contratto apparentemente stipulato, sicché la prova testimoniale è ammis- sibile in tutte e tre le ipotesi contemplate dal precedente art. 2724 c.c. Nel secondo caso, occorre distinguere, in quanto se la domanda è proposta da creditori o da terzi - che, essendo estranei al negozio, non sono in grado di procurarsi le controdichiarazioni scritte - la prova per testi o per presunzioni non può subire alcun limite; qualora, invece, la domanda venga proposta dalle parti o dagli eredi, la prova per testi, essendo diretta a dimostrare l’esistenza del negozio dissimu- lato, del quale quello apparente deve rivestire il necessario requisito di forma, è ammessa soltanto nell’ipotesi di cui al n. 3 dell’art. 2724 c.c., cioè quando il contraente ha senza colpa perduto il documento, ovvero quando la prova è diretta fare valere l’illiceità del negozio.
51 Cass. 18.2.2013 n. 3973, in Sistema Integrato Eutekne, ha chiarito che il divieto di prova testimoniale in relazione alla si- mulazione di cui all’art. 1417 c.c. trova deroga solo nelle ipotesi previste dall’art. 2724 c.c. Siffatto divieto è insuperabile laddove l’unica dichiarazione prodotta in giudizio non provenga dalla persona contro la quale è diretta la domanda di simulazione, giacché in tale ipotesi la dichiarazione in parola, provenendo da un soggetto terzo, non costituisce principio di prova per iscritto.
Da un punto di vista processuale, poi, si ri- corda che i limiti stabiliti dall’art. 1417 c.c. all’ammissibilità della prova testimoniale sono diretti alla tutela esclusiva degli in- teressi privati, e non possono, pertanto, es- sere rilevati d’ufficio da parte del giudice. La limitazione ai mezzi probatori per le parti non opera ove la prova sia diretta a far valere l’illiceità del negozio dissi- mulato. Ci si chiede, quindi, in cosa debba consistere tale illiceità.
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In linea di principio, per illiceità del nego- zio dissimulato deve intendersi una qua- lificazione del contenuto dello stesso che conduca alla sanzione della nullità. Quindi, è illecito il contratto con oggetto, causa e motivo illecito o in frode alla legge o in violazione di norme imperative (es. viola- zione della successione necessaria).
Parimenti, si considera illecito se il negozio dissimulato è vietato alla legge come, per esempio, nel caso del patto commissorio52. Non è, per contro, illecito, il contratto dis- simulato nullo per mancanza di forma53.
CONCLUSIONI
Alla luce di quanto sopra, la simulazione è quel fenomeno dell’apparenza negoziale creato intenzionalmente dalle parti al fine di mostrare una realtà non corrispondente, in tutto o in parte, all’effettivo assetto de- gli interessi: le parti pongono in essere una divergenza consapevole e concordata tra volontà (effettiva e celata) e dichiarazione (fittizia e ostensibile). L’orientamento pre- valente in Giurisprudenza configura la si- mulazione come un’ipotesi di dissociazione concordata tra volontà e dichiarazione e, pertanto, ne sancisce la nullità.
L’uso del negozio simulato, poi, è frequente nelle ipotesi di sottrazione del patrimonio alla garanzia dei creditori, ma il regime delle prove rende difficile, se non impos- sibile, far valere la simulazione. Per que- sto, nella prassi, l’azione di simulazione è spesso accompagnata (ma il più delle vol- te soppiantata) dalla più agile ed efficace azione revocatoria.
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52 Cass. 9.10.2017 n. 23617, CED Cassazione 2017, ha chiarito che il divieto di patto commissorio, sancito dall’art. 2744 c.c., si estende a qualsiasi negozio, quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore; sicché, anche un contratto preliminare di compravendita può dissimulare un mutuo con patto commissorio, ancorché non sia previsto il passaggio immediato del possesso del bene, qualora la promessa di vendita abbia la funzione di garantire la restituzione, entro un certo termine, della somma precedentemente o coevamente mutuata dal promittente compratore, purché sia dimostrato il nesso di strumentalità tra i due negozi: in detta ipotesi, peraltro, la prova della simulazione relativa del contratto preli- minare può essere data, ove diretta a far valere l’illiceità del negozio, anche per testimoni o per presunzioni, in conformità all’art. 1417 c.c.
53 Cass. n. 7048/2008, cit. ha chiarito che agli effetti dell’art. 1417 c.c., l’illiceità del negozio dissimulato è configurabile solamente se il negozio persegua interessi che l’ordinamento reprime per cui è soggetto alle limitazioni della prova per testi e per presunzioni il negozio dissimulato consistente nella donazione priva dei requisiti di forma, in quanto l’interesse perseguito dalle parti, cioè l’arricchimento di un soggetto per lo spirito di liberalità di un altro, non è contrario ai principi fondamentali dell’ordinamento.