Alessandro di Majo
Xxxxxxxxxx xx Xxxx
I GRUPPI DI IMPRESE NEL CONCORDATO PREVENTIVO E NELL’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLE GRANDI IMPRESE INSOLVENTI
A) I GRUPPI DI IMPRESE NEL CONCORDATO PREVENTIVO
Sommario: 1. Il concordato di gruppo nella legge fallimentare; 2. Il concordato preventivo di gruppo. Il punto della giurisprudenza di merito; 3) Conclusioni.
1. Il concordato di gruppo nella legge fallimentare
La disciplina di diritto positivo in tema di “concordato preventivo di gruppo” è decisamente lacunosa. Nessuna norma della legge fallimentare prevede una gestione unitaria della “crisi” o “insolvenza” di più soggetti facenti parte di un gruppo.
Il legislatore della riforma fallimentare “non si è preso cura di affrontare e regolare l’insolvenza dei gruppi di impresa, neanche tenendo conto che l’istituto, sia pure limitatamente alla responsabilità, era stato regolato dalla riforma societaria” attraverso l’art. 2497 c.c. (1).
Il gruppo di imprese costituisce un fenomeno della realtà economica e giuridica dei tempi moderni e tale realtà “deve essere opportunamente valorizzata e custodita nella sua unitarietà” (2).
All’epoca in cui entrò in vigore la legge fallimentare (1942) il fenomeno del gruppo di imprese era poco conosciuto. Invero, lo stesso fenomeno della impresa collettiva non era/è
1 Così v. Lo Xxxxxx, Lineamenti generali della riforma societaria e fallimentare: luci ed ombre, in Fall., 2009, 1028. Sull’art. 2497 c.c. cfr. Al. di Majo, La responsabilità per l’attività di direzione e coordinamento nei gruppi di società, in Giur. comm., n.3, 2009, 537 ss., cui si rinvia anche per l’ampia bibliografia.
2 Cfr. Trib. Roma, decr. 7 giugno 2007, in Fall., 2008, 218, con nota di Al. di Majo. Il principio
dell’unitarietà dell’impresa di gruppi è stato evidenziato anche dal T.A.R. Lazio, Sez. III, 2 febbraio 2007, n.777, in Red. Amm. TAR, 2007, 2, 547. Contra Consiglio Stato, sez. V, 26 gennaio 2007, n. 278, in Foro Amm. CDS, 2007, 1, 137. La Corte di Cassazione sembra orientata nel senso di assegnare alla direzione unitaria una posizione centrale nella ricostruzione dei gruppi. Premesso, infatti, che il “controllo societario non esaurisce il fenomeno del gruppo, ma (…) è alla base del modello strutturale del gruppo di società” – al fine di affermare l’autonomia e il carattere imprenditoriale della funzione svolta dalla capogruppo – “il fatto caratterizzante il gruppo si sostanzia propriamente nella direzione e nel coordinamento unitario espletato dalla holding”: Cass. 26 febbraio 1990, n. 1439. La Suprema Corte, in sostanza, individua tra gruppo e controllo una diversificazione qualitativa ed aggiunge che, da un punto di vista organizzativo, la direzione unitaria comporta che il centro decisionale delle strategie venga posto al di fuori delle singole società operative (cfr.: Cass. 26 febbraio 1990, n. 1439. Sull’argomento v. anche: Xxxx. 21 gennaio 1999, n. 521;
Cass. 5 dicembre 0000, x. 00000; Trib. Biella, 17 novembre 2006, in xxx.xxxxxx.xx; Trib. Milano, 22 gennaio
2001, in Fall., 2001, 1143, con nota di Xxxxxxxxxx; Trib. Roma, 10 gennaio 2001, in Soc., 2001, 1256, con nota di Al. di Majo, in Banca, borsa tit. cred., 2002, 176, con nota di Daccò).
considerato rilevante, come si evince dalla parte (esigua) della legge dedicata alla disciplina del fallimento delle società (artt. 146-154). Nonostante vi sia stata in Italia, negli anni successivi al 1942, una evoluzione dal punto di vista economico, solamente nel 1979 troviamo il primo intervento legislativo teso a disciplinare il fenomeno patologico (ossia l'insolvenza) di un gruppo di imprese e precisamente la legge n. 95 del 3 aprile 1979 c.d. legge Prodi (art. 3), che ha istituito la procedura di amministrazione straordinaria per le grandi imprese in crisi, poi riformata dal d.lgs. n. 270/1999 c.d. legge Prodi bis (artt. 80-91), cui ha fatto seguito il d.l. n. 347/2003 convertito, con modifiche, nella legge n. 39/2004 c.d. Xxxxx Xxxxxxx (artt. 1, 3, 4, 4 bis, 5), con successive modificazioni (3).
Nella legislazione speciale vi sono altri casi di trattamento unitario del gruppo insolvente o in crisi, in forza del quale le società del gruppo, la cui insolvenza è stata accertata giudizialmente, sono assoggettate alla medesima disciplina prevista per la capogruppo insolvente: sono i casi di liquidazione coatta amministrativa delle società fiduciarie o di revisione (art. 2 d.lgs.,
n. 233/1986 convertito con la L. n. 430 del 1986) e di crisi dei gruppi creditizi (artt. 100-105 d.lgs. n. 385 del 1993).
In tema di concordato, sono da segnalare alcuni riferimenti che la riforma fallimentare di cui al d.lgs n. 5/06 riserva alle società controllanti o controllate o sottoposte a comune controllo (artt. 124, comma 1° e 127, comma 6°, L.F., nonché in un certo senso l’art. 160 L.F, comma 1°, lett. b).
Pur non trattandosi di concordato preventivo, è da segnalare, in tema di concordato fallimentare, l’art. 124 L.F., il quale dispone che la proposta di concordato non può essere presentata dal fallito, da società cui egli partecipi o da società sottoposte a comune controllo, se non dopo il decorso di un anno dalla dichiarazione di fallimento e purchè non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo.
Dal tenore della norma non si comprende che definizione debba essere attribuita al verbo “partecipare”. Sembra che, sul punto, si possa dare una interpretazione estensiva e che, quindi, il fallito partecipi, anche fittiziamente o fiduciariamente, alla società che presenta la proposta di concordato (4). E’ stato sostenuto che sarebbero da includere anche le società che diventano “partecipate” in un momento successivo ossia in virtù del concordato (5).
3 Cfr. Al. di Majo, in questa Opera, “ I gruppi di imprese nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza”; Id., Impresa di gruppo e attrazione nell’amministrazione straordinaria, in Fall., 2008, 222 ss., nota a Trib. Roma 7 giugno 2007, cui si rinvia anche per i riferimenti bibliografici; Id., Impresa di gruppo e attrazione nell’amministrazione straordinaria, in AA.VV., Il trattamento giuridico della crisi d’impresa. Profili di diritto concorsuale italiano e spagnolo a confronto, Atti del convegno di Napoli 2008, a cura di Xxxxxxx e Crucis, Bari, 2008, 303 ss.
4 Cfr. Xxxxxxxxxxxx, in AA.VV. Codice commentato del fallimento, a cura di Xx Xxxxxx, Milano, 2008, 1208.
5 Cfr. Xxxxxxxxxxxx, in AA.VV., Il nuovo diritto fallimentare, comm. diretto da Xxxxx e coord. da Xxxxxxx, Torino, 2007, 1953.
Anche il riferimento al “comune controllo” si espone a più di un dubbio. Attenendoci alla norma, sembra che si debba riferire alle forme indicate nell’art. 2359 c.c. e non (anche) a quello di direzione e coordinamento di cui all’art. 2497 c.c. che “presuppone” talvolta anche il controllo ai sensi dell’art. 2497 sexies c.c. (6). Non vengono però indicate le società controllanti alle quali si dovrebbe estendere analogicamente la norma in questione.
L’art. 127, 6° comma, L.F., sempre in tema di concordato fallimentare, prevede la esclusione dal voto e dal computo delle maggioranze dei crediti delle società controllanti o controllate o sottoposte a comune controllo (7).
In primo luogo, è stato affermato che detta norma ha carattere eccezionale e tale disposizione non è, quindi, applicabile al voto espresso nel procedimento di concordato preventivo (8).
E’ da evidenziare sul punto il diverso atteggiamento assunto dal legislatore, che riconosce alle società del gruppo la legittimazione alla presentazione della proposta di concordato fallimentare mentre, in sede di legittimazione al voto, ne prevede la totale esclusione (peraltro estesa alle società controllanti).
Ultimo riferimento potrebbe essere l’art. 160 lett. b) L.F., in tema di concordato preventivo. Difatti, il “piano” che propone l’imprenditore “in crisi” può prevedere anche “l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; possono costituirsi come assuntori anche i creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso della procedura…”.
A tal riguardo, è stato sostenuto che la proposta di concordato può anche essere avanzata congiuntamente da più soggetti in stato di crisi e, quindi, in particolare da più imprese facenti parte del medesimo gruppo, ferma restando l’autonomia e la separazione dei patrimoni delle singole società (9).
E’ da ritenere che il testo vigente dell’art. 160 L.F., non prevedendo requisiti particolari per l’ammissione al concordato preventivo, dovrebbe permettere l’ammissione alla procedura di società facenti parte di un gruppo in quanto ogni società del gruppo costituisce un soggetto di diritto a se stante.
2. Il concordato preventivo di gruppo. Il punto della giurisprudenza di merito
6 Per il riferimento all’art. 2497 c.c. cfr. Xxxxxxxxxxx, in AA.VV., La riforma della legge fallimentare, a cura di Xxxxx e Sandulli, Torino, 2006, 769. Sulll’art. 2497 v. anche Al. di Majo, La responsabilità., cit., 537 ss.
8 Cfr. Trib. Reggio Xxxxxx, 1 marzo 2007, in xxx.xxxxxx.xx. V. sul punto: Scognamiglio G., Gruppi di imprese e procedure concorsuali, in Giur. comm., 2008, 1100; Xxxxxxxxxxxx, op.cit., 2010-2111.
9 Cfr. Xxxxxxxx, in AA.VV., La riforma della legge fallimentare, a cura di Xxxxx e Sandulli, Torino, 2006, 985.
Prima della riforma fallimentare del 2005-2007 e precisamente negli anni ’90 e nel 2004, presso alcuni tribunali italiani (Crotone, Firenze, Ivrea, Messina, Perugia, Roma, Terni e Pavia) si è affermata la necessità di realizzare procedure di concordato preventivo di “gruppo”. E’ stato sostenuto che le soluzioni adottate, pur interessanti dal punto di vista operativo, non sembrano rappresentare qualcosa di veramente nuovo rispetto al panorama giurisprudenziale precedente. Infatti, posto che non è possibile confondere le masse attive e passive delle varie società del gruppo, un concreto contemperamento degli interessi dei creditori delle diverse società può esprimersi attraverso una trattazione sostanzialmente unitaria delle procedure ed una distribuzione temporale degli incombenti delle procedure (adunanza dei creditori, giudizio di omologazione, ecc.), in modo che la sorte di un concordato possa ragionevolmente dipendere dall’esito del procedimento collegato (10).
Vediamo brevemente alcune pronunce della giurisprudenza di merito.
Un orientamento ha ritenuto ammissibile la procedura unitaria di concordato preventivo a condizione che siano favorevoli le maggioranze dei creditori di ciascuna impresa (11). Un altro orientamento ha ammesso una procedura unitaria “attesi gli indissolubili collegamenti tra le diverse società. L’addivenire a separate procedure sarebbe dannoso sia per le società istanti che per i loro creditori”. Per cui, dovrà essere il tribunale della controllante a valutare la proposta di concordato nella sua complessità, pur nel rispetto delle rispettive autonomie societarie (12). Un’ulteriore tesi ha ammesso un concordato preventivo di gruppo per società aventi sede legale ed amministrativa nello stesso luogo e che rientrino, dunque, nella circoscrizione dello stesso tribunale, purchè le domande siano contestuali e ricorrano, per tutte le società, le condizioni di ammissibilità (13). E’ stato altresì ammesso (14) che, con un unico provvedimento, si provvedesse alla nomina di un unico giudice delegato e commissario xxxxxxxxxx, seguito da un solo giudizio di omologazione, anche se è necessario predisporre stati passivi distinti per le singole società. Sono da segnalare altre pronunce:
1) è stato sostenuto che, quando vi sono più società di persone in cui vi è totale identità dei soci illimitatamente responsabili, le procedure di concordato preventivo richieste da ciascuna possono essere organizzate in modo da consentire una risoluzione unitaria dell’insolvenza (15); 2) è stata sostenuta la impossibilità di una procedura concorsuale del “gruppo”, in quanto le società
10 Così Xxxxxxx, Il gruppo di imprese nella sentenza di omologazione del concordato preventivo, in Fall.,
1998, 293. ,
11 Cfr. Trib. Terni, 19 maggio 1997, in Fall., 1998, 290, con nota di Xxxxxxx.
12 Cfr. Trib.Roma, 16 dicembre 1997, in Giur. merito, 1998, 643 e in Dir. fall., 1998, II, 778, con nota di Xx Xxxxxx.
13 Cfr. Trib. Ivrea, 21 febbraio 1995, in Fall., 1995, 969, con oss. di Xxxxxxx. V., nello stesso senso, Trib. Firenze, 13 luglio 1992, in Dir. fall., 1993, II, 180, con nota di Xxxxxxx, e in Fall., 1994, II, 563.
14 Cfr. Trib. Ivrea, 21 febbraio 1995, cit.
15 Trib. Messina, 30 novembre 1998, in Dir. fall., 2000, II, 202, con nota di Latella, e in Foro it., 2000, I, 1327.
appartenenti al “gruppo” mantengono la propria autonomia. Ma ciò non esclude che, se per tutte le società sono presenti i presupposti di ammissione al concordato preventivo, nella valutazione del tribunale un ruolo rilevante sia rappresentato dal riscontro dell’esistenza di una aggregazione societaria cui fanno capo distinti interessi (16).
Si conclude con due pronunce di merito, che assumono indubbi profili di novità, soprattutto la seconda.
Una giurisprudenza di merito, la più recente (17), ha confermato la necessità di una “valutazione unitaria della proposta di concordato che dovrà essere valutata in una sola procedura” e “la necessità di considerare separatamente le masse attive e passive di ogni società e quindi di procedere a distinte adunanze di creditori”. E’ stato sostenuto altresì che “la legislazione vigente, come dimostrato ancora dalla recente legge n. 39/2004, non permette di considerare in modo unitario le rispettive masse attive e passive ritenendo che l’esistenza dei singoli enti e conseguentemente dei singoli patrimoni non può in alcun modo essere superata dall’esistenza del “gruppo” neppure per far prevalere la reale situazione economica ed imprenditoriale rispetto all’assetto giuridico dello stesso”. Si era, infatti, valutata separatamente la situazione patrimoniale delle singole società nell’ambito di quattro distinte adunanze dei creditori facenti parte delle stesse.
Altra giurisprudenza (Tribunale di Crotone) ha invece sostenuto che, in caso di richiesta di un gruppo di imprese di essere ammesso a un’unica pronuncia di concordato preventivo, sussistendone i requisiti, può essere omologato il concordato preventivo di gruppo anche nel caso di mancato raggiungimento delle maggioranze previste dalla legge per una delle imprese facenti parte del gruppo, dovendosi privilegiare, in ogni caso, l’ottica del gruppo quando la soluzione concordata non si traduce in un pregiudizio per i creditori dissenzienti (18).
Il caso in questione riguardava l’omologazione di un concordato preventivo richiesto con un unico ricorso da un gruppo di imprese facenti capo ad un unico soggetto titolare di una ditta individuale nonché amministratore delle altre società. Il gruppo di imprese proponeva il pagamento integrale dei creditori privilegiati entro trenta giorni dall’omologazione del concordato, il pagamento nella percentuale del 45%, dei crediti chirografari in cinque rate semestrali a partire dal centottantesimo giorno dalla data di omologazione, oltre interessi; tutti i predetti pagamenti erano assistiti dalla costituzione di garanzie reali e personali. Tenuta l’unica adunanza dei creditori, venivano raggiunte le prescritte maggioranze di legge ed il concordato veniva approvato; iniziava la fase dell’omologazione del medesimo.
16 Trib. Perugia, 3 marzo 1995, in Foro it., 1995, I, 1995.
17 Trib. Pavia, 1 giugno 2004, in merito al Gruppo Yomo (inedita).
18 Cfr. Trib. Crotone, 28 maggio 1999, in Giust. civ., 2000, I, 1533, con nota di Colognesi.
Il Tribunale di Crotone ha inquadrato il fenomeno secondo una definizione che vedeva l’impresa di gruppo come quella esercitata attraverso più soggetti imprenditori tra di loro strettamente interconnessi, assoggettati a una direzione unitaria, seppur giuridicamente distinti l’uno dall’altro.
La prima peculiarità ribadita nella sentenza in questione riguarda l’apertura, con unico decreto del tribunale, di un’unica procedura per tutte le società con un’unica adunanza dei creditori.
Ma è sulla presenza delle condizioni relative al raggiungimento delle maggioranze che la pronuncia del Tribunale di Crotone riveste quel carattere d’innovatività cui si è fatto cenno all’inizio.
Raggiunta facilmente la maggioranza numerica dei creditori, i quali avevano votato in maniera compatta per l’approvazione del concordato, differente è stato, invece, il risultato delle votazioni riguardo alla maggioranza dei crediti. La predetta maggioranza veniva raggiunta per ciò che atteneva l’importo dei crediti relativi alle imprese pluripersonali, ma non in riferimento alla ditta individuale.
Alla luce di quanto sopra, il tribunale si è trovato a dover effettuare la propria scelta dovendo reperirla tra tre possibilità, ovvero: 1.– valorizzare il mancato raggiungimento della maggioranza dei crediti in capo ad una delle imprese e dichiarare quindi il fallimento dell’intero gruppo d’imprese; 2.- dichiarare il fallimento dell’impresa per la quale non era stata raggiunta la maggioranza dei crediti e omologare il concordato per le restanti; 3.- valorizzare il raggiungimento delle maggioranze dei crediti per l’intero gruppo e omologare il concordato per l’intero raggruppamento d’imprese.
Il Tribunale di Crotone, in riferimento al ventaglio di possibilità come evidenziato, ha ritenuto di privilegiare l’ottica del raggruppamento e di omologare il concordato di gruppo. La motivazione, in base alla quale si è giunti alla decisione evidenziata, è di carattere formale e sostanziale. Si è tenuto in considerazione il ricorso ad un’unica domanda di ammissione alla procedura, seguita dall’apertura di un’unica procedura e dalla convocazione di una adunanza dei creditori chiamata ad esprimersi su una proposta complessiva, accompagnata da un solo “stato passivo” costituito dalla somma delle singole masse debitorie.
Il Tribunale ha tratto lo spunto decisivo, per superare il nodo del mancato raggiungimento della maggioranza dei creditori, dall’assenza di opposizioni dei creditori.
Del resto, quanto agli interessi dei creditori dissenzienti, è stata rilevata la mancanza nella legislazione di una compiuta disciplina del gruppo di imprese e quindi è stato ritenuto che il criterio cardine fosse quello della “convenienza”.
Nel caso specifico, il titolare della ditta individuale si era obbligato, in forza di prestazione di garanzie personali e reali, per tutte le obbligazioni delle società. Un eventuale fallimento della ditta individuale e delle altre società avrebbe aperto il concorso di tutti i creditori sul patrimonio personale dell’imprenditore persona fisica con possibile pregiudizio delle stesse ragioni creditorie dei creditori personali.
In definitiva, viene ad estendersi il concetto di gruppo e la conseguente ammissibilità del concordato preventivo anche ai casi in cui una trattazione sostanzialmente disgiunta dei crediti e delle maggioranze non avrebbe portato all’omologazione, evidenziando i vantaggi di una valutazione unitaria del gruppo sia per il soddisfacimento delle ragioni dei singoli creditori sia per l’entità economiche in crisi, al fine di un recupero produttivo delle stesse (19).
3. Conclusioni.
Si è visto che la giurisprudenza di merito ha ritenuto ammissibile la realizzazione di procedure di concordato preventivo di gruppo. Sarebbe, quindi, opportuno un intervento del Legislatore anche in merito alla nuova legge fallimentare, che preveda la disciplina della crisi e dell’insolvenza nei gruppi di imprese volta a garantire il coordinamento delle singole procedure ed a tendere all’uniformità del trattamento dei creditori nell’ambito del gruppo. Intervento che preveda, inoltre, una regolamentazione della responsabilità degli organi amministrativi e di controllo e della stessa capogruppo (o meglio del soggetto cui fa capo l’attività di direzione e coordinamento) sia in ordine all’abuso della direzione unitaria, sia avuto riguardo all’abuso della personalità giuridica delle società facenti parte del gruppo. L’obiettivo da perseguire dovrebbe, quindi, essere quello di ampliare i rigidi schemi dell’irrilevanza giuridica del gruppo di imprese e del riconoscimento di un interesse generale che non è più della singola impresa ma dell’intero gruppo.
E’ da tener conto che, in ambito internazionale cui può ispirarsi il Legislatore italiano, cresce il consenso per l’applicazione di un’unica procedura con un vero e proprio consolidamento dei patrimoni come, ad esempio, in USA dove appunto le singole società del gruppo possono essere sottoposte ad una procedura unitaria. Viene formato un unico patrimonio rispetto al quale concorrono indistintamente tutti i creditori delle diverse società del gruppo (substantive
19 In tal senso Colognesi, Ancora in tema di concordato preventivo di gruppo, in Giust. civ., 2000, I, 1533.
consolidation). A tal riguardo, è opportuno dimostrare, da parte di chi propone tale procedura, che i terzi facevano affidamento sull’unicità del centro di interessi dell’impresa e che, data l’estrema confusione tra i patrimoni, la consolidation risulta vantaggiosa per tutti i creditori (20).
B) I GRUPPI DI IMPRESE NELL’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLE GRANDI IMPRESE IN STATO DI INSOLVENZA
Sommario: 1. Definizione di gruppo; 2. Il procedimento di estensione. La conversione del fallimento in corso; 3. Il programma e la conversione in fallimento; 4. La responsabilità nei casi di direzione unitaria, 5. La revocatoria aggravata; 6. Cenni sulla amministrazione straordinaria delle imprese “grandissime”; 7. Disciplina comunitaria; 8. Conclusioni
1. Definizione di gruppo
La nuova legge fallimentare italiana ha preferito non affrontare il tema dei gruppi di imprese (v. d.lgs. n. 5/2006 e d.lgs. n. 169/2007). Pertanto, sul tema dei gruppi insolventi non può che farsi riferimento alla disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza: il d.lgs. dell’8 luglio 1999, n. 270 c.d. Prodi bis e il d.l. del 23 dicembre 2003, n.347, recante misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza, decreto poi convertito, con modifiche, nella legge del 18 febbraio 2004, n. 39 c.d. Xxxxx Xxxxxxx (21).
La c.d. Legge Prodi bis, a differenza di altre procedure concorsuali, prende in considerazione i gruppi di imprese, dedicando loro una particolare attenzione.
20 V. anche i recenti lavori svolti dall’UNCITRAL (United Nations Commission on Internazional Trade Law) in xxx.xxxxxxxx.xxx sotto la voce Uncitral texts & status, sottovoce Insolvency. La UNCITRAL si sta, infatti, occupando della disciplina del fallimento dei gruppi di imprese. Si segnala altresì la “Comunicazione” del 20 ottobre 2009 della Commissione C.E. al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Econ. e Soc. Eur., alla Corte di Giustizia C.E. ed alla Banca Centrale Europea. In detta “Comunicazione”, relativa a un quadro europeo per la gestione transfrontaliera delle crisi nel settore bancario, si fa anche riferimento al Gruppo di lavoro V della Uncitral (cfr. xxx.xxxxxxxxxx.xx).
21 Successivamente sono state effettuate altre modifiche a seguito del d.l. 3 maggio 2004, n. 119, recante disposizioni correttive ed integrative della normativa sulle grandi imprese in stato di insolvenza, a sua volta convertito con ulteriori modificazioni nella l. 5 luglio 2004, n. 166, nonché del d.l. 29 novembre 2004, n. 281, recante modifiche alla disciplina della ristrutturazione delle grandi imprese in stato di insolvenza, convertito nella l. 28 gennaio 2005, n. 6 e del d.l. 28 febbraio 2005, n. 22, recanti interventi urgenti nel settore agroalimentare, convertito con modifiche nella l. 29 aprile 2005, n. 71. Per ultimo v. il d.l. 28 agosto 2008, n., 134, convertito in l. 27 ottobre 2008, n. 166, recante disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi. Secondo i dati comparsi sulla rivista “Economy”, n.20, del 19 maggio 2005, pag. 37- 38, le aziende in amministrazione straordinaria dal 2000 a tutto il 2004 erano trentanove, di cui cinque ex quotate (Cirio, Parmalat, Xxxxxxxxxx, Arquati, Olcese-Finpart).
Difatti, il d.lgs. n. 270/1999 (artt. 80-91) disciplina il fenomeno dell' amministrazione straordinaria di un'impresa facente parte di un "gruppo" e ne prevede 1'estensibilità ad altre imprese del medesimo "gruppo", che si trovino in stato di insolvenza, pure nei casi in cui dette imprese non posseggano i requisiti prescritti per essere ammesse alla procedura.
E’ da sottolineare, quindi, che l'accento posto dal d. lgs. n. 270/1999 sull'impresa conduce ad una particolare rilevanza nella sua applicazione del fenomeno di gruppo: la considerazione in definitiva della unitarietà economica della impresa di gruppo anche se articolata in strutture giuridiche autonome e distinte.
La disposizione ora in esame ha fornito una definizione della “procedura madre” (c.d. “impresa madre”), ossia la posizione dell’impresa che riveste i requisiti per essere assoggettabile, per prima, alla procedura di amministrazione straordinaria e che costituisce il presupposto per avviare l’estensione della procedura conservativa anche alle altre imprese del gruppo, indipendentemente dal possesso, da parte di queste, dei requisiti previsti dall’art. 2 della stessa normativa (22). Pertanto, dalla sottoposizione della “impresa madre” alla procedura di amministrazione straordinaria scaturisce la idoneità delle imprese collegate ad essere sottoposte ad una procedura sostanzialmente unitaria.
Per imprese del gruppo devono intendersi, secondo l’art. 80, comma 1°, lett. b), quelle (anche individuali) che controllano, direttamente od indirettamente, la società sottoposta alla procedura madre (n.1) (23), le società, direttamente o indirettamente, controllate dall’impresa sottoposta alla procedura madre o dall’impresa che la controlla (n.2)(24), le imprese che, per la composizione degli organi amministrativi o sulla base di altri concordanti elementi, risultano soggette ad una direzione comune a quella dell’impresa sottoposta alla procedura madre (n.3) (25).
È stato, infine, precisato che il rapporto di controllo, agli effetti del predetto comma 1°, lettera b), numeri 1) e 2), sussiste anche con riferimento a soggetti diversi dalle società, nei casi previsti dall’art. 2359, comma 1° e 2°, c.c. (art. 80, comma 2°).
22 La c.d . “impresa madre” è quella che viene sottoposta per prima alla procedura. Del resto, il sostantivo “madre” si riferisce alla procedura e non alla impresa, che nel gruppo può essere anche “figlia”.
23 Secondo il Tribunale di Parma “La società che controlla per il 100% la società ammessa alla cd. “procedura madre” di amministrazione straordinaria ex d.lg. n.270 del 1999 va ammessa all’amministrazione straordinaria ai sensi dell’art. 80, lett. b) n. 1 del decreto suddetto”. Così Trib. Parma, 8 gennaio 2004, in questa Fall., 2004, 453.
24 Per esempio, è stata ritenuta ammissibile all’amministrazione straordinaria la società controllata per il 95% dalla società ammessa alla procedura madre, e per il 5% dalla società controllata integralmente dalla holding del gruppo (cfr. Trib. Parma 8 gennaio 2004, in Fall., 2004, 453).
25 Tuttavia, se la società sottoposta alla procedura madre e le altre società del gruppo hanno un centro decisionale, è stato ritenuto ininfluente, ai fini dell’estensione della procedura, la composizione dei rispettivi organi amministrativi (cfr. Trib. Parma 21 gennaio 2004, in Fall., 2004, 453).
La dizione dell’articolo 80 amplia in maniera innovativa il concetto di gruppo che l’interprete si raffigurava esaminando l’art. 3 della precedente legge n. 95/1979 (c.d. Legge Prodi).
Per la prima volta il concetto di “controllo” può fare riferimento non solo a compagini societarie ma anche a imprese individuali.
Non solo, infatti, l’art. 80 lett. b) parla di “imprese” (e non di società) ai nn. 1 e 3, ma il comma 2° espressamente menziona che il rapporto di controllo sussiste “anche con riferimento a soggetti diversi dalle società”, nei casi previsti dall’art. 2359, primo e secondo comma , c.c.
Tenuto conto che le imprese individuali non possono essere partecipate, è palese che potranno esercitare solo la funzione di capogruppo e operare il controllo diretto o indiretto interno o il controllo diretto esterno (26). L’estensione all’interno del gruppo può operare sia in
26 Cfr. Xxxxxx Xxxxxxx, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2000, 1084 e Alessi G., L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, Milano, 2000, 115. E’ da rilevare che la configurabilità della c.d. holding individuale viene accolta dalla nostra giurisprudenza. Cfr. sul punto: Cass., 29 novembre 2006, n. 25275; Cass. 13 marzo 2003, n.3724; Cass. 9 agosto 2002, n.12113; Cass. 26 febbraio 1990, n. 1439; App. Bologna, 23 marzo 2005, in Guida al diritto, 2007, n. 46, 80; App. Ancona, 21 settembre 2004, in Corti marchigiane (Le), 2006, 1, 213; App. Catania 18 gennaio 1997, in Giur. it., 1997, I, 2,345 e in Fall., 1997, 625, con nota di Lo Sinno; App. Roma, 4 febbraio 1981, in Banca Borsa Tit. Cred., 1981, II, 166; Trib. Roma, 28 novembre 2006, in Fall., 2007, 414, con nota di Xxxxxxx; Trib. Vicenza, 23 novembre 2006, ivi, 2007, 415, con nota di Xxxxxxx; Trib. Ancona, 26 settembre 2005, ivi, 2006, 97; Trib. Brescia, 4 febbraio, 2004, in Dir. Prat. Soc., 2004, f. 14/15, 76, con nota di Xxxxxxxxxx-Xxxxxxxxx; Trib. Padova 2 novembre 2001, ivi,2002, f.8,62, con nota di Xxxxxxxxxx, in Soc., 2002, 583, con nota di Porcari e in questa Rivista, 2002, 1218, con nota di Xxxxxxxx; Trib. Modena 25 giugno 1998, in Giur. comm., 1999, II, 322, con nota di Xxxxxxxx; Trib. Aosta, 13 maggio 1998, in Dir. Prat. Soc., 2004, n. 21, 77, con nota di Bocciola. La soluzione, secondo cui la capogruppo può essere anche una impresa individuale mentre le imprese controllate devono avere forma societaria, è stata già accolta dall’ordinamento tedesco (cfr. i paragrafi 291, 292, 311 dell’Aktiengesetz del 1937 poi riformata nel 1965). Sul tema cfr. in dottrina: Xxxxxx-Xxxxxxxx, Holding personale e fallimento tra nuovo diritto societario e riforma fallimentare, Fall., 2006, 428; Xxxxxxxx, Direzione e coordinamento di società e responsabilità: spunti interpretativi iniziali per una riflessione generale, in Riv. Soc., 2004, 1259; Xxxxxxx, Società IV) Gruppi di società- Dir. comp. e stran., in Enc. Giur. Treccani, XXIX, Roma, 1993, 2 ss.; di Majo Al., I gruppi di imprese nelle procedure concorsuali, Torino, Ed. prov., 2005, 42 ss.; Dal Soglio, in AA.VV., Il nuovo diritto delel società, a cura di Xxxxxx Xxxxxxx, Padova, 2005, sub art. 2497, 2329 ss.; Ehriche, Das abhängige Konzernunternehmen in der Insolvenz, Tübingen, 1998, 435 ss.; Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Xxxxxx-xxx XxxX-Xxxxxxxxxxxx, Xxxxxxxxx, 0.xx., Xxxxxxx, 0000; Xxxxxxxx, Sonnenschein, Habersack, Konzernrecht, 7. ed., Xxxxxxx, 0000; Fava, I gruppi di società e la responsabilità da direzione unitaria, in Soc., 2003, 1197; Xxxxxxx, Dal socio tiranno al dominus abusivo, in Fall., 2007, 419; Xxxxxxx, I gruppi di società, Torino, 2001, 53; Guizzi, Eterodirezione dell’attività sociale e responsabilità per mala gestio nel nuovo diritto dei gruppi, in Riv. dir. comm., 2003, 439 e 449; Hommelhoff-Lutter, Il diritto delle imprese e delle società nella R.F.T. (1980-84), in Rev. des. Soc., 1986, 112; Hopt, Le droit des groupes de sociètès: expèriences allemandes, perspectives europèennes, in Rev. des Soc., 1987, 371; Xxxxx, in AA.VV., La riforma delle società, a cura di Xxxxxxx e Sandulli, Torino, 2003, sub art. 2497 ss., 316; Jorio, I gruppi, in AA.VV., La riforma delle Società, a cura di Ambrosini, Torino, 2003, 196; Lo Xxxxxx, Il Commentario alla legge sull’amministrazione straordinaria, Milano, 2000, 425 ss.; Lutter, Lo sviluppo del diritto dei gruppi in Europa, in Rev. des Società, 1981, 654; Id., Stand und Entwicklung des Konzernrechts in Europa, in ZGR, 1987, 324; Xxxxxx Xxxxxxx, op.cit., 1084-1085; Montalenti, L’abuso della personalità giuridica, in Persona giuridica, gruppi di società, corporate governance. Studi in tema di società per azioni, Padova, 1999, 35 ss. e 50 ss.; Patti, in AA.VV., La riforma del diritto societario, a cura di Lo Xxxxxx, Milano, 2003, sub 2497, 244-245; Portale, Riforma delle società e limiti di effettività del
senso ascendente, verso le controllanti, sia in senso discendente, verso le controllate, sia in senso c.d. orizzontale, fra società sorelle, ovvero fra società tutte sottoposte al controllo della medesima, sottoposta ad amministrazione straordinaria.
Quando tra le società del gruppo vi è una impresa individuale, che non ha i requisiti autonomi per la sottoposizione alla procedura, l’estensione può operare solo in senso verticale ascendente, per giungere dalle controllate alla controllante (27). E’ ammessa la presenza di una impresa individuale capogruppo ma anche la sottoposizione a procedura del c.d. gruppo paritetico, cioè il gruppo all’interno del quale non vi sia rapporto di dominio tra le varie società sottoposte alla direzione unitaria (“direzione comune” nell’art. 80, comma 1°, n.3) (28).
E’ da rilevare, sempre in riferimento all’art. 80, comma 1°, n.3, l’ampliamento del criterio che aveva caratterizzato la precedente disciplina della “direzione unitaria”, basato non soltanto sulla composizione degli organi amministrativi, ma anche su altre circostanze idonee a comprovare la direzione comune a quella dell’impresa sottoposta alla procedura madre. Sotto tale profilo è stato sostenuto che la mancata indicazione del criterio di cui alla lettera d) della precedente legge n.95/1979, relativo alla concessione di crediti e garanzie alla società in amministrazione straordinaria ed alle altre società ivi menzionate, più che essere stato eliminato, risulta assorbito dalla concreta possibilità di basare l’individuazione del rapporto di gruppo anche su altri elementi (29).
Al riguardo, è da osservare che la precedente disciplina prevedeva la totale o parziale coincidenza degli organi amministrativi o di controllo della società. Ora, la nuova disciplina (la
diritto nazionale, in Corr. giur., 2003, 145; Id, La riforma delle società di capitali tra diritto comunitario e diritto internazionale privato, in Europa e diritto privato, 2005, n.1, 141; Pulsoni, I gruppi di imprese nazionali e multinazionali, Milano, 2000, 33 ss.; Rordorf, I gruppi nella recente riforma del diritto societario, in Soc., 2004, 544; Sacchi, Sulla responsabilità da direzione e coordinamento nella riforma delle società di capitali, in Giur. comm., 2003, I, 661; Scognamiglio G., Autonomia e coordinamento nella disciplina dei gruppi, Torino, 1996, 5, nota 8; Spolidoro, Tutela dei soci della capogruppo in Germania (con uno sguardo all’Italia), in Riv. Soc., 1986, 1299 ss.; Terranova, Le procedure concorsuali. Problemi di una riforma, Milano, 2004, 81-82 e 84 ss.; Xxxxxxx, Disciplina del gruppo di imprese e riflessi sulle procedure concorsuali,in Fall., 2004, 1164.
27 Cfr.: Daccò, in AA.VV., La nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza, a cura di Xxxxxxxxxx e Sacchi, Torino, 2000, 426; Xxxxxx Xxxxxxx, op.cit., 1085; Pavone La Rosa, Il gruppo di imprese nell’amministrazione straordinaria delle imprese in stato d’insolvenza, in Contratto e Impresa, 2000, I, 484. Anche negli ordinamenti stranieri il fenomeno più diffuso è costituito dal gruppo societario “verticale” (a “direzione unitaria”). Cfr., per la Spagna, Girgado Perandones, La impresa xx xxxxx x xx xxxxxxx xx xxxxxxxxxx, Xxxxxxx, 0000, 139 ss.
28 Cfr.: Macchia, Il gruppo nella legge sulla amministrazione straordinaria, in AA.VV., Il fallimento e le altre procedure concorsuali, a cura di Xxxxxxx, VI, 2002, 473 ss.; Xxxxxx Xxxxxxx, op.cit., 1085.
29 Così v. Lo Xxxxxx, op. ult. cit.,430. Risulta con ciò superata la giurisprudenza che, sul fondamento della vecchia legge Prodi, aveva correttamente ritenuto non riconducibile alle previsioni di cui all’art. b) dell’art.3 (controllo) il fatto in sé di concessione di finanziamenti e garanzie, in quanto specificatamente contemplato e delimitato sotto il profilo quantitativo alla lett. d) dello stesso articolo (cfr. Trib. Catania, 4 aprile 1997, in Dir. fall., 1997, 595).
Prodi bis) astrae concettualmente dalla presenza della totalità o della maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di controllo, per assumere la connotazione di un altro tipo di controllo, quello svolto attraverso la c.d. influenza dominante. Come è stato puntualmente sostenuto in dottrina, la coincidenza delle persone è un significativo indizio ma non l’unico. Difatti, questo tipo di influenza si può propagare anche attraverso altri canali che possono integrare il criterio di collegamento, pur se le persone non coincidono in prevalenza (30). Il riferimento a tale ricostruzione giuridica è l’art. 23, comma 2°, Testo unico in materia bancaria e creditizia (31), pur se in quest’ultimo l’influenza dominante presuppone il controllo, mentre nell’art. 80 del d.lgs. n. 270/1999 è stato affiancato al controllo l’influenza dominante, prescindendo dalla sussistenza del primo, creando equivoci applicativi (32).
La difficoltà sorge quando non c’è una coincidenza preponderante degli organi e si devono ricercare e valutare gli altri concordanti elementi di cui la norma fa cenno (art. 80, comma 1°, n. 3). L’espressione “altri concordanti elementi”, che troviamo anche nel già citato art. 23 del Testo unico in materia bancaria e creditizia, ma al comma 4°, è alquanto generica ed imprecisa, lasciandosi a molteplici interpretazioni estensive. Come accennato poc’anzi, gli “altri concordanti elementi” possono essere rapporti di finanziamento o di garanzia, la erogazione di servizi comuni, nell’utilizzo di marchi comuni, nella esistenza di un unico centro decisionale che coordini o pianifichi le attività della società, nella sussistenza di patti parasociali che vincolano il comportamento amministrativo dell’ente o altri comportamenti convergenti di natura negoziale (33).
Il legislatore del 1999 ha utilizzato per definire il criterio di collegamento l’espressione “direzione comune” (art. 80, comma 1°, n.3), espressione che ha modificato in “direzione unitaria” nel successivo art. 90, in tema di responsabilità degli amministratori. Una parte della dottrina sostiene che le due espressioni si equivalgano e non vi sia quella differenza che è rimarcabile nella precedente legge n. 95/1979 (34). Altra dottrina afferma invece che l’attuale dizione “direzione comune” si differenzia dalla “direzione unitaria”, in quanto quest’ultima
30 La tesi è di Bonfatti, in AA.VV., La riforma dell’amministrazione straordinaria, cit., 280 e 281 e Daccò,
op.cit., 426 e 427.
31 L’art. 23 del d.lgs. n. 385 del 1°settembre 1993 è stato in parte modificato dall’art. 9.9. del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, dal d.lgs. 6 febbraio 2004, n.37 e dall’art. 40 del d.lgs. n. 310 del 28 dicembre 2004. L’art. 2359 c.c. è uscito immutato dalla riforma del diritto societario, di conseguenza anche l’art. 23 del T.U.B. poteva essere poco ritoccato e precisamente al comma 2°, nn. 1) e 2). E’ rimasta la locuzione “ Il controllo si considera esistente nella forma dell’influenza dominante, salvo prova contraria, allorché ricorra una delle seguenti situazioni:…”.
32 Cfr. Pavone La Rosa, op. cit., 485. Cfr. Trib. Parma, 8 e 21 gennaio 2004, cit.
33 L’esemplificazione è di Santoni, in AA.VV., La riforma dell’amministrazione straordinaria, Roma, 2000,
101. Cfr. anche Pavone La Rosa, Gruppi di imprese e procedure concorsuali, in AA.VV., Crisi dì impresa e procedure concorsuali in Italia e in Europa, a cura di Ragusa Maggiore e Xxxxxxxxx, Padova, 2002, 322.
34 Cfr.: Alessi, op. cit., 114; Xxxxxxxx, op. ult. cit., 279; Santoni, op.cit., 101.
implica un collegamento di tipo gerarchico, come si desume dalla previsione, nel testo dell’art. 90, di un “abuso” di tale direzione e di una responsabilità per le “direttive impartite”. Viceversa, l’espressione “direzione comune” di cui all’art. 80 ha una portata più ampia, comprendendo oltre al suddetto caso, in cui la direzione si forma all’interno di una delle due imprese e si proietta sull’altra, pure l’ipotesi in cui sia una terza impresa ad orchestrare la gestione coordinata delle due, le quali pertanto non hanno tra di loro scambi di istruzioni ma ne ricevono, in modo coordinato, dall’impresa terza, ad esse sovrastante. Si configura così, in tema di direzione comune, oltre al rapporto madre-figlia, il rapporto tra imprese sorelle, già visto in tema di controllo. Tale relazione collaterale non sarebbe altrimenti configurabile poiché, a differenza di quanto previsto alla lett. b), n. 2, dell’art. 80 per il controllo, il n. 3 non prevede espressamente, nella sua letterale dizione, una relazione indiretta di tipo ascendente- discendente, e più, in generale, non prevede un collegamento indiretto (35).
Xxxxxx, alla stregua di quanto sin qui affermato e riportato, si può ritenere con certezza che il concetto di “gruppo” nell’attuale legge sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi sia stato rafforzato ed ampliato. In alcuni casi, esso prescinde dal “controllo” e si realizza quando l’ingerenza assume forme addirittura più incisive.
2. Il procedimento di estensione. La conversione del fallimento in corso.
Il procedimento di estensione è il mezzo con il quale si attua la migliore gestione unitaria del dissesto economico nell’ambito del gruppo di imprese e si ottiene una migliore liquidazione delle imprese insolventi.
I presupposti sono i seguenti: che sussista una procedura madre, relativa ad una società o impresa avente le caratteristiche di cui all’art. 2 e 27 della presente disciplina d.lgs. n.270/1999 (36); che vi siano dei collegamenti tra la società o impresa-madre con altre società o imprese;
35 Così testualmente Macchia, op.cit. ,488. Mentre Xxxxxxx, La direzione unitaria nel gruppo di imprese nell’esperienza dell’amministrazione straordinaria, in Dir. fall., I, 1996, 534, sostiene che la fattispecie della direzione unitaria di cui all’ultimo comma dell’art. 3, l. n. 95/1979, ha contenuto più ampio e diverso da quello della direzione unica: si tratta infatti di un elemento eventuale, il quale non è indispensabile per individuare un collegamento tra imprese.
36 Per l’apertura della procedura madre, sebbene ai fini della determinazione del numero dei lavoratori subordinati (anche part time) deve farsi riferimento esclusivo alle singole imprese del gruppo (cfr. Trib. Lucca, 3 maggio 2001, in Dir. fall., 2002, II, 279), quando più società di capitali sono totalitariamente controllate da un’altra società e formano un gruppo unitariamente diretto, al cui interno si verificavo frequenti spostamenti di lavoratori mediante riassunzione o distacchi temporanei, il numero dei lavoratori subordinati, non inferiore a duecento da almeno un anno, può essere calcolato cumulativamente per tutte le società integrate nel processo produttivo, anche se nessuna impresa separatamente considerata raggiunga il predetto livello occupazionale richiesto dalla legge (cfr. Trib. Cuneo, 14 febbraio 2000, in Giur. it., 2000, 773; in Dir. fall., 2000, II, 618, con nota di Xxxxx; in Fall., 2000, 447, con nota di Lo Xxxxxx; in Foro it., 2000, I, 3233, con nota di Xxxxxxx). Cfr. sul punto anche: Trib. Rimini, 9 ottobre 2003, in Giur. merito, 2004, 1, con nota di Xxxxxxx; Trib. Roma, 7 agosto 2003, in Foro it., 2004, I, 1567, con nota di Xxxxxxx.
che le stesse siano insolventi, pur non possedendo autonomamente i requisiti di cui all’art. 2. La dottrina, non essendo allo stato riuscita a superare la soggettività di ogni singolo ente giuridico, non si riferisce ad una non meglio identificata insolvenza di gruppo, quale fenomeno unitario, ma richiede l’accertamento dell’insolvenza per ciascun soggetto cui estendere la procedura (37). Non esiste il gruppo come personalità giuridica, o super personalità giuridica, e pertanto non esiste neanche l’insolvenza di gruppo. Esiste sempre l’insolvenza di singole società (38).
Sul presupposto dell’insolvenza, la nuova legge Prodi non sembra fornire una nozione diversa da quella di cui all’art. 5 L.F. Di parere contrario è una parte della dottrina, secondo la quale vi è invece differenza rispetto all’articolo 5 L.F., in quanto la legge sull’amministrazione straordinaria riferisce l’insolvenza all’impresa anziché all’imprenditore e quest’ultima legge ha una funzione conservativa rispetto a quella liquidatoria del fallimento (39). Ora, sempre secondo quest’ultima dottrina, si dovrà valutare l’insolvenza non più con esclusivo riguardo alle difficoltà dei pagamenti, ma solo considerando la capacità dell’impresa di permanere utilmente nel contesto economico-produttivo. Non più, quindi, patologia nel rapporto tra debitori e creditori, ma patologia del funzionamento stesso dell’impresa: dunque “crisi dell’impresa”.
Non è questa la sede per approfondire la nozione di insolvenza (40) ma occorre rilevare sul punto che la sottoposizione alla procedura di amministrazione straordinaria dell’impresa del gruppo non necessariamente è rivolta al di lei risanamento aziendale, potendo avvenire al solo fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di altra impresa del gruppo sottoposta ad amministrazione straordinaria.
Viene, dunque, ad attenuarsi, a questo riguardo, l’enfatizzata contrapposizione tra finalità esclusivamente liquidatoria propria del fallimento e finalità esclusivamente conservativa dell’amministrazione straordinaria. Pertanto, non è altro che una semplice diversità terminologica, priva di conseguenze giuridiche, il diverso riferimento (all’impresa anziché all’imprenditore) della nozione di insolvenza contenuta nell’art. 81, comma 1°. Concordiamo
37 V.: Xxxxxx, op. cit., 129; Xxxxx, op.cit., 429.
38 Cfr.: Pazzaglia, Il gruppo di imprese e l’amministrazione straordinaria; profili generali, in Dir. fall., 1984, 22; Patti, Gruppi di imprese e procedure concorsuali minori, in Fall., 1988, 548. Sull’argomento cfr.: Censoni-Bonfatti, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2005, 398; Lo Xxxxxx, op.cit.,452; Proto C., Amministrazione straordinaria della impresa societaria insolvente e soci illimitatamente responsabili, in Fall., 2000, 944; Xxxxx R., L’amministrazione straordinaria tra Prodi bis, decreto Marzano e legge 18/2/04, n.39, in Dir. fall., I, 634 ss Xxxxx disamina, da parte del tribunale, ad accertare, oltre allo stato di insolvenza, la mera appartenenza o meno dell’impresa “figlia” al gruppo x. Xxxx. Xxxxxx, 00 febbraio 2006, in Dir. Prat. Fall., 2007, n.4, 69, con nota di Xx Xxxxx.
39 Così Xxxxxxxx, Insolvenza e risanamento dell’impresa nella nuova disciplina di amministrazione straordinaria, in Fall., 2000, 240.
40 Per un approfondimento sul concetto di insolvenza v.: Xxxxxxxxxx Xxxxx, Insolvenza e crisi dell’impresa, Xxxxxx, 0000; Piccininni, L’insolvenza, in Diritto fallimentare, collana diretta da I. Greco, Milano, 1994, I, 119; Terranova- Xxxxxxx, Lo stato di insolvenza, Torino, 1998.
con quanto sostenuto da altra dottrina, secondo cui la nozione di insolvenza è unitaria ed è quella definita dall’art. 5 L.F. Questa nozione costituisce il presupposto oggettivo comune a tutte le procedure concorsuali, ivi comprese l’amministrazione straordinaria e la abrogata amministrazione controllata (41).
Dalla equiparabilità della nozione di insolvenza della procedura di amministrazione straordinaria a quella di cui alla legge fallimentare viene consolidata la tesi, ormai prevalente in giurisprudenza ed in dottrina, secondo cui è insolvenza anche la temporanea difficoltà (legittimante il ricorso all’abrogata amministrazione controllata), con la sola esclusione della contingente carenza di liquidità (42). Posto, infatti, che la procedura di amministrazione straordinaria cui assoggettare l’impresa del gruppo può essere rivolta, anche per quest’ultima, al perseguimento dell’equilibrio gestionale (art. 81, comma 2°, in relazione all’art. 27), è evidente che l’insolvenza non può essere circoscritta ad uno stato di irreversibile decozione.
L’art. 81, comma 1°, prescinde invece dai requisiti di indebitamento di cui all’art. 2. Non viene pertanto in rilievo il rapporto tra indebitamento e attività patrimoniali, ivi previsto. L’estensione della procedura di amministrazione straordinaria è dunque rivolta anche alle imprese per le quali l’attivo ecceda il passivo oltre i limiti indicati nel predetto art. 2, purchè ricorra in concreto l’insolvenza a causa della non agevole liquidabilità dei cespiti immobilizzati e della impossibilità di procurarsi in tempi ragionevoli la necessaria liquidità (43).
Sono invece condizioni (art. 81, comma 2°), e possono sussistere alternativamente: 1) la presenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali nei modi indicati dall’art. 27 (ristrutturazione ovvero cessione dei complessi aziendali); 2) l’opportunità della gestione unitaria dell’insolvenza nell’ambito del gruppo, in quanto idonea ad agevolare il raggiungimento degli obiettivi della procedura.
41 Così Xx Xxxxxxx, Le nozioni di impresa e di insolvenza nella nuova legge n. 270 del 1999, in Fall., 2000,
276. Nello stesso senso cfr. Lo Xxxxxx, La prima applicazione della nuova legge sull’amministrazione straordinaria, in Fall., 2000, 453.
42 Cfr.: Xxxxx Xxxx. 00 gennaio 1997, n.12; Corte Cost., 1° giugno 1995, n. 224; Xxxxx Xxxx., 0 aprile 1995, n.
110; Cass. 16 aprile 2003, n. 6019; Cass. 24 luglio 2000, n. 9680; Cass., 16 novembre 1999, n. 12669; Cass.
29 settembre 1999, n. 10792; Cass., 14 dicembre 1998, n. 12536; Cass. 3 settembre 1998, n. 8752; Cass. 1°
ottobre 1997, n. 9581; Cass. 21 febbraio 1997, n. 1612; Cass. 18 febbraio 1997, n. 1493; Cass. 2 settembre
1996, n. 7994; Cass. 9 maggio 1996, n. 4347; App. Venezia, 4 dicembre 1998, in Foro it., 1999, I, 2681; App.
Milano, 27 maggio 1995, in Dir. fall., 996, II, 74; Trib. Pescara, 14 settembre 1999, in PQM., 2000, f. 1, 45; Trib. Roma, 22 maggio 1999, in Dir. Prat. Soc., 1999, n. 14/15, 95, Trib. Napoli, 14 febbraio 1997, in Fall., 1997, 637; Trib. Cagliari, 2 dicembre 1996, in Riv. Giur. sarda, 1998, 119. In dottrina v.: Lo Xxxxxx, op. ult. cit., 232, Tedeschi, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2001, 902.
43 In tal guisa, il d.lgs. n. 270/1999 ha previsto un meccanismo di estensione della procedura non automatico, come era previsto invece nella precedente legge n. 95/1979, ma facoltativo –discrezionale.
La possibilità di estendere la procedura è temporalmente connessa alla durata della procedura madre, e decorre dall’apertura dell’amministrazione straordinaria ex art. 30 sino alla sua chiusura.
Il meccanismo, secondo la relazione illustrativa alla disciplina in esame, attraverso il quale si procede alla estensione è lo stesso, bifasico, dell’amministrazione straordinaria. Si passa dalla dichiarazione d’insolvenza e poi all’ammissione alla procedura risanatoria o alla dichiarazione di fallimento.
Quanto alla legittimazione, essa, oltre a quella usuale, è attribuita al commissario della impresa madre ed al commissario, di regola il medesimo, della impresa che ha interesse all’estensione, in virtù della esistenza dei collegamenti economici e produttivi. Al fine di accertare l’esistenza dei rapporti indicati nell’art. 80, comma 1°, lett. b) e, quindi, sui legami di gruppo, l’art. 83 stabilisce che il Tribunale, il Ministero dell’industria ed il commissario straordinario possono chiedere informazioni alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) e ad ogni altro pubblico ufficio. Possono chiedere altresì alle società fiduciarie previste dalla l. 23 novembre 1939, n. 1966, le generalità degli effettivi titolari di diritti sulle azioni intestate a loro nome.
Il tribunale competente è il tribunale della sede effettiva e principale dell’impresa ex art. 82 L.F. (v. anche l’art. 9 L.F.) anziché, come sarebbe stato più giusto, l’ufficio giudiziario che ha disposto la procedura nei confronti della c.d. “impresa madre” (44). In tal guisa, può verificarsi che l’accertamento del passivo debba essere espletato davanti a tribunali diversi. Questa situazione comporterebbe notevoli disagi dal punto di vista tecnico e pratico, tenuto conto che devono essere nominati gli stessi organi preposti alla prima procedura salvo l’eventuale integrazione dei comitati di sorveglianza (art. 85, comma 1°). Sarebbe opportuno, quindi, trovare un opportuno coordinamento anche per evitare che vengano assunti indirizzi diversi nell’ambito di ogni procedura (45).
44 E’stato sostenuto, in giurisprudenza, che, in caso di fallimento di una impresa facente parte di un gruppo, competente a disporre la eventuale conversione del fallimento in amministrazione straordinaria è il tribunale che ha dichiarato il fallimento e non invece il tribunale che ha dichiarato l’insolvenza della c.d. impresa madre”, già ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria. Così v. Trib. Roma, sez. fall., decr. 7 giungo 2007, in Fall., 2008, 218, con nota di di Majo, Impresa di gruppo e attrazione nell’amministrazione straordinaria, cit..
45 In questo senso v. Lo Xxxxxx, Commentario., cit., 434-435; conforme Alessi, op .cit., 119. Sui requisiti per l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi dell’art. 1 della Legge Marzano cfr. Daccò, in AA.VV., La Legge Marzano. Commentario, a cura di X. Xxxxxxxxxx e X. Xxxxxx, Torino, 2006, 88- 89 e nota 30. Su detti requisiti ma nella Prodi bis v. in giurisprudenza: Trib. Lucca, 3 maggio 2001, in Dir. fall., 2002, II, 279; Trib. Cuneo, 14 febbraio 2000, in Fall., 2000, 447, con nota di Xx Xxxxxx; in Giur. it., 2000, 773; in Dir. fall., 2000, II, 618, con nota di Xxxxx; in Foro it., 2000, I, 3233, con nota di Xxxxxxx. In
In merito alla possibile estensione ove non sussistesse già una procedura madre, ma si dovesse procedere contestualmente alla sua apertura, unitariamente alla procedura estesa, problematica già affrontata durante la vecchia legge Prodi, una parte della dottrina lo ha risolto in senso positivo, considerando possibile l’emissione contestuale di più sentenze dichiarative di insolvenza, con l’accortezza di procedere alla pubblicazione del successivo decreto di ammissione alla procedura per prima in favore della società madre (46).
La sentenza dichiarativa di insolvenza è autonomamente impugnabile come quella di cui all’art. 8 della disciplina in esame, ed ove nel suo ambito si verifichi che, pur sussistendo il dissesto irreversibile, si produca una fattispecie analoga all’art. 11, al passaggio in giudicato della sentenza il Tribunale dovrà procedere alla emissione del decreto di apertura del fallimento (art. 87).
Quanto alla conversione inversa dal fallimento alla amministrazione straordinaria, l’art. 84, comma 1°, collegato all’art. 35, dispone che, se la procedura madre viene aperta successivamente alla sentenza di fallimento di un’impresa del gruppo, il tribunale che ha dichiarato il fallimento ne dispone la conversione in amministrazione straordinaria, qualora sussistano i presupposti stabiliti dal già citato art. 81 e sempre che non sia già esaurita la liquidazione dell’attivo.
Al riguardo, xxxxxxxxxxx con quanto sostenuto dalla dottrina secondo la quale quest’ultimo presupposto (che non siano ultimate le operazioni di liquidazione dell’attivo) sia superfluo, in quanto sostanzialmente assorbito dal primo di cui all’art. 81. Difatti, essendo necessario che l’impresa presenti autonomamente concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico della attività imprenditoriali ovvero che sia opportuna la gestione unitaria dell’insolvenza all’interno del gruppo, né l’uno né l’altro presupposto possono sussistere quando sia ultimata la liquidazione dell’attivo (47).
relazione invece alla L. n. 95/1979 x. Xxxx. 26 febbraio 2000, n. 2188. In dottrina, cfr. sul tema: Farenga,
L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, Milano, 2005, 113.
46 Così Xxxxxx, op.ult.cit., 121.
47 Sono significative al riguardo due massime della giurisprudenza di merito. Secondo la Corte di Appello di Bari, decr., 17 novembre 2004, in Foro it., 2005, 234, con nota di Xxxxxxx, “la dichiarazione di fallimento di una società appartenente ad un gruppo può essere convertita in amministrazione straordinaria anche se interviene dopo l’apertura della procedura amministrativa della capogruppo”; viceversa, secondo il Tribunale di Bari, decr., 15 luglio 2004, in Foro it., 2005, 234, con nota di Fabiani, “La dichiarazione di fallimento di una società appartenente ad un gruppo può essere convertita in amministrazione straordinaria solo se interviene prima dell’apertura amministrativa della capogruppo posto che, se interviene dopo, gli effetti della sentenza possono essere rimossi solo con l’opposizione a fallimento”. Sul punto e sul rapporto con l’art. 35 sempre della Prodi bis v. Xxxxxxx, op.cit., 528. Cfr. anche Xxxxxx Xxxxxxx, op.cit., 1084.
Il fondamento giuridico dell’art. 84 sta nell’esigenza di potere attrarre nella gestione globale dell’amministrazione straordinaria del gruppo anche l’impresa che, all’epoca del suo fallimento, non risultava ancora collegata ad una procedura di risanamento dell’impresa madre.
La conversione avviene su invito che il Tribunale rivolge, previa istanza di chiunque vi abbia interesse o d’ufficio, al curatore dell’impresa collegata ed al commissario straordinario al fine di depositare entro trenta giorni nella cancelleria del tribunale e di trasmettere al Ministero dell’industria una relazione contenente una valutazione motivata circa la sussistenza dei presupposti per la conversione (48). Il Ministero deve dare un parere nei successivi dieci giorni. Qualunque interessato, quindi anche il debitore, può depositare osservazioni nel termine di dieci giorni dall’affissione dell’avviso di deposito della relazione. Il Tribunale, entro trenta giorni dal deposito della relazione, tenuto conto del parere e delle osservazioni depositati, nonché degli ulteriori accertamenti eventualmente disposti, decide se dichiarare con decreto motivato la prosecuzione della procedura di fallimento o aprire la procedura di amministrazione straordinaria, se sussistono le condizioni indicate nell’art. 27.
La disposizione in esame (art. 84) sancisce una sorta di prevalenza ontologica dell’amministrazione straordinaria sul fallimento, non conferma tale prevalenza sotto il profilo della competenza lasciando il potere al tribunale che ha dichiarato il fallimento. Si è accennato poc’anzi agli organi procedurali. Sul punto, l’art. 85 stabilisce la comunanza degli organi amministrativi e del commissario giudiziale con l’eventuale integrazione del comitato di sorveglianza, non di quelli giurisdizionali come il giudice delegato ed il Tribunale, che variano al variare del luogo ove ha la sede principale la società estesa. Pertanto, solo i primi danno unitarietà alla procedura.
In caso di conflitto di interessi del commissario, organo esecutivo di tutte le società, la regola generale vorrebbe la nomina di curatori speciali, ma l’intrecciarsi dei rapporti fra le società costringerebbe a continue nomine ed a rendere molto più complessa e costosa la procedura del gruppo. La dottrina sostiene al riguardo che la posizione ed i compiti che la legge affida ai commissari straordinari dovrebbero escludere qualsiasi assimilabilità delle situazioni rappresentate a quelle privatistiche nelle quali è esclusivamente delineabile l’ipotesi di un conflitto di interessi (49).
48 Il richiamo degli estremi di cui all’art. 81 non significa che debbano essere nuovamente valutati gli estremi della insolvenza e della qualità di imprenditore commerciale soggetto a fallimento, pure enunciati all’art. 81. Tali elementi sono stati già accertati nella sentenza di fallimento. Così v. Macchia, op.cit.,527.
49 In tal senso Lo Xxxxxx, op.ult.cit., 440.
Quanto alle spese generali della procedura, l’art. 85 statuisce che le stesse siano imputate alle singole imprese in proporzione delle rispettive masse attive. Si dovrà, quindi, tenere conto anche dell’esito delle eventuali azioni recuperatorie.
3. Il programma e la conversione in fallimento.
Xxxxxxx affermato precedentemente che, ai sensi dell’art. 81, comma 2°, le imprese del gruppo possono essere ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria qualora presentino concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali nei modi indicati nell’art. 27, ma anche quando risulti opportuna la gestione unitaria dell’insolvenza nell’ambito del gruppo.
Nel primo caso, la realizzazione del programma riguarda esclusivamente la stessa impresa alla quale si estende l’amministrazione straordinaria ed il risanamento va stabilito secondo una delle due alternative indicate nel predetto articolo 27, comma 2°, e quindi attraverso un programma di cessione dei complessi aziendali, oppure tramite un programma di ristrutturazione (v. al riguardo l’art. 86, comma 1°). Non vi è alcun collegamento con il programma che è già stato predisposto per l’impresa madre e la realizzazione del risanamento dell’impresa del gruppo sarà del tutto autonoma ed indipendente da quest’ultimo.
Potranno, ovviamente, aversi programmi non soltanto diversi, ma anche appartenenti ai due diversi indirizzi (potranno aversi, quindi, in alcune imprese programmi di cessione ed in altre programmi di ristrutturazione).
Nel secondo caso e, quindi, nell’ipotesi in cui l’impresa del gruppo sia stata ammessa all’amministrazione straordinaria, in assenza delle condizioni previste dalla legge per la realizzazione di un programma di risanamento secondo le due alternative indicate nell’art. 27 ed in considerazione della opportunità della gestione unitaria dell’insolvenza nell’ambito del gruppo, il commissario straordinario ai sensi dell’art. 86, comma 2°, predispone un programma integrativo di quello approvato a norma dell’art. 57 nell’ambito della procedura madre o in relazione ad altra impresa del gruppo ammessa alla procedura.
E’ stato ritenuto al riguardo che il programma integrativo possa riguardare soltanto l’integrazione di un programma di cessione, dato che l’autonomia delle masse attive e passive di ogni procedura non può consentire ad un’impresa di recuperare una condizione di solvibilità a discapito di un’altra, anche se appartenente allo stesso gruppo (50).
Sempre nel secondo caso (e non nel primo) la conversione in fallimento e la chiusura della procedura madre a norma degli artt. 11, 69, 70 e 74, comma 1°, determinano la
50 Così Xxxxxx Xxxxxxx, op.cit., 1085.
conversione in fallimento della procedura di amministrazione straordinaria delle imprese del gruppo in rapporto alle quali non sussistono le condizioni previste dall’art. 27. Pertanto, la conversione sarà possibile sul solo presupposto dell’opportunità della gestione unitaria dell’insolvenza.
Non sussiste, infatti, la necessità di prolungare l’amministrazione straordinaria per imprese che non hanno i requisiti per procedere alla conservazione o che non li hanno mai avuti, poiché sono state soggette a procedura solo in quanto legate da rapporti economici e finanziari particolari con l’impresa madre (51).
I casi di conversione in fallimento e di chiusura della procedura madre non sono soltanto quelli richiamati dalla norma in esame (art. 87) dell’accertamento della mancanza dei presupposti per far luogo alla dichiarazione dello stato di insolvenza, dell’impossibilità di proseguire la procedura di risanamento, della mancata realizzazione del programma alla scadenza del termine di legge e dell’insussistenza di passivo, ma anche tutti gli altri indicati dall’art. 74 (52).
4 La responsabilità nei casi di direzione unitaria
Con l’art. 90 del d.lgs. n. 270/1999 sono stati risolti alcuni dubbi sollevati dalla precedente disciplina (art. 3, ult. comma, d.lgs. n. 95/1979). È stato stabilito che, nei casi di direzione unitaria delle imprese del gruppo, gli amministratori delle società che hanno abusato di tale direzione rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente dei danni da questi cagionati alla società stessa in conseguenza delle direttive impartite.
Abbiamo visto nel paragrafo 1 del presente capitolo i criteri di collegamento delle espressioni “direzione comune” dell’art. 80, comma 1°, n. 3, del d.lgs. n. 270/1999 e “direzione unitaria” dell’art. 90 della medesima disciplina nonchè dell’art. 3 della vecchia legge Prodi n. 95/1979.
Il capo II del titolo IV della Probi bis del 1999 analizza la responsabilità ad essa connessa (53).
51 Conforme Bonfatti, Il gruppo di imprese, in Quad. Giur. Comm., n.193, Milano, 1999, 276. Contrario, se le stesse non avevano rapporti con la procedura madre, Xxxxxx, op.ult.cit., 124.
52 Sull’argomento cfr.: Bozza, Conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento, in Fall., 2000, 1102 ss.; Xxxxxxx, Conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento, Milano, 2004.
53 Per un approfondimento sulla definizione di “direzione unitaria” si rinvia al capitolo n.1, paragrafi 3 e 6. Cfr. sull’argomento anche: Xxxxxxxx, La disciplina della responsabilità “nei casi di direzione unitaria”straordinaria delle grandi imprese commerciali insolventi, in Dir. fall., 2000, 180 ss.; Borgioli, Direzione unitaria e responsabilità nell’amministrazione straordinaria, in Riv. Soc., 1982, 21; De Crescienzo, La responsabilità nei casi di direzione unitaria, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, diretto da Xxxxxxx, XX, Xxxxxx, 0000, 537 ss.; Xxxxxxx, Direttive della capogruppo e abuso della direzione
Gli elementi di novità rispetto alla vecchia legge Prodi del 1979 sono rappresentati: 1) dal riferimento al concetto di “abuso” della direzione unitaria. Pertanto, la nuova disciplina individua la fonte della responsabilità non nell’esercizio, in sé lecito, della direzione unitaria, ma nel suo abuso compiuto dagli amministratori della società che esercita la direzione unitaria inducendo le società controllate ad operazioni pregiudizievoli per le stesse a vantaggio della controllante o di altre società del gruppo; 2) dal rapporto di causalità che occorre sussista tra i danni subiti dalla società controllata e le “direttive impartite” dagli amministratori della società controllante.
La responsabilità solidale degli amministratori della (o delle) società che ha (o hanno) esercitato la direzione unitaria assume, secondo una parte della dottrina (54), la natura di responsabilità imputabile a mala gestio.
Orbene, nella disciplina in esame, solamente gli amministratori delle società dominanti e dominate sono dunque responsabili nei riguardi dei soci danneggiati e non anche le stesse società (55). Pertanto, la responsabilità viene individuata nelle persone fisiche (amministratori) che hanno realizzato materialmente le operazioni. Si è molto discusso sulla responsabilità degli amministratori per l’esercizio della direzione unitaria, se andasse inquadrata in una violazione dei doveri imposti dalla legge per assicurare una sana amministrazione e, quindi, da configurare come responsabilità contrattuale (56) oppure come una responsabilità extracontrattuale (avente
unitaria: responsabilità degli amministratori, in Fall., 2000, 1096,ss.; Xxxxxxxx, Il gruppo insolvente, cit., 116 ss., 129; Xxxxxxxxx, I gruppi di imprese tra diritto comune e diritto speciale, Milano, 2000, 468-473; Rovelli, Direzione unitaria e responsabilità del gruppo, in Soc., 1989, 11; Sardo, Abuso di direzione unitaria e responsabilità intragruppo, in Dir. Prat. Soc., 2000, n. 9, 40; Spada, Gruppi di società, in Riv. dir. civ., 1992, II; 9; Xxxxxxxxxx, La responsabilità di amministratori e capogruppo per “abuso di direzione unitaria”, in Fall., 2001, 1156.
54 Così Xxxxxx Xxxxxxx, op.cit., 1086.
55 Sul punto, ma in riferimento alla vecchia legge Prodi del 1979, cfr. Cass. 27 settembre 2001, n. 12094, in Giur. it., 2002, 1003. Viceversa, per la responsabilità della società, unitamente ai suoi amministratori, la giurisprudenza di merito ha addirittura parlato di concorso, con espressione di chiara matrice penalistica, adottata in materia civile, X. Xxxx. Xxxxxx, 00 gennaio 2001, cit. Anche in dottrina v’è chi sostiene che la responsabilità degli amministratori comporta anche la responsabilità della società controllante. In particolare, Xxxxxx, La responsabilità solidale degli amministratori della capogruppo nella legge sull’amministrazione straordinaria, cit., 419-421, considera detta responsabilità una propagazione ai sensi dell’art. 2049 c.c. Lo Xxxxxx, La responsabilità degli amministratori nei gruppi di imprese, in Soc., 1982, 274, vi ravvisa una ipotesi di responsabilità oggettiva.
56 Cfr.: Abbadessa, I gruppi di società nel diritto italiano, in AA.VV., I gruppi di società, a cura di Pavone La Rosa, Bologna, 1982, 144; Allegri, Responsabilità civile degli amministratori, Milano, 1979, 188; Angelici, Società per azioni, in Enc. Dir., Milano, 1990, 1009; Xxxxxxx, Gli amministratori di società per azioni, in Quaderni di Giur. comm., n. 135, Milano, 1999, 147-148; Ceccherini, La responsabilità degli amministratori delle società controllate, in Soc., 1987, 1121; di Majo Al., La responsabilità per l’attività di direzione e coordinamento nei gruppi di società, in Giur. comm., n.3, 2009, 537 ss.; Ferri, Manuale di diritto commerciale, XI ed. a cura di Xxxxxxxx e G.B. Xxxxx, Torino, 2001, 532; Xxxxxxx, Responsabilità amministrativa nei gruppi societari, in Giur. comm., 1993, I, 841 ss.; Gasperoni, Grandi imprese in crisi e amministrazione straordinaria, in Riv. dir. civ., 1981, I,12; Xxxxx, op.cit., 319-321; Xxxxxx Xxxxxxx, L’amministrazione straordinaria, in Nuove leggi civ. comm., 1979, 754; Xxxxxxxxx, Sul controllo e sui poteri
natura aquiliana) ricollegabile ad “un’induzione all’inadempimento degli amministratori della controllata” (57).
Secondo, quindi, la tesi della responsabilità extracontrattuale, è chi agisce in responsabilità a dover dimostrare arduamente sia la condotta “colposa” degli amministratori che hanno causato il danno sia la sussistenza di un nesso di causalità tra il danno subito dalla società controllata e l’esecuzione delle direttive impartite nell’esercizio della direzione unitaria. Al contrario, nel caso di responsabilità contrattuale, all’attore è sufficiente provare l’inadempimento ossia la violazione delle regole impartite; è il debitore che, se vuole andare esente da responsabilità, ha l’onere di dimostrare di non aver potuto adempiere per causa a lui non imputabile (58).
Il regime delle “responsabilità infragruppo” comprende anche una disciplina speciale dell’istituto della denuncia al tribunale di cui all’art. 2409 c.c. (59).
Difatti, l’art. 89 d.lgs. n. 270/1999 prevede che il commissario xxxxxxxxxx, il commissario straordinario e il curatore dell’impresa dichiarata insolvente possono proporre al Tribunale la denuncia necessaria per attivare il controllo dell’autorità giudiziaria sulla gestione della società (ai sensi dell’art. 2409 c.c.) contro gli amministratori e i sindaci della società del gruppo. Se le gravi irregolarità denunciate sono accertate, il commissario o il curatore denunciante può essere nominato amministratore giudiziario della società del gruppo (art. 2409, comma 3°, c.c., divenuto comma 4°, c.c., con il d.lgs. n. 6/2003). Per la stretta inerenza all’amministrazione straordinaria, che conferisce una specifica legittimazione attiva, la competenza a
della controllante, ivi, 1979, 1558; Pavone La Rosa, Controllo e gruppo nella fenomenologia dei collegamenti societari, in Dir. Fall, 1985, 10 ss.: Id., Il gruppo di imprese nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, in Giur. comm., 2000, 483; Xxxxxxx Xx Xxxx, Il gruppo di imprese, in Quaderni di Giur. comm., n.112, Milano, 1990, 77; X. Xxxxxxxxxxxx, La responsabilità della società capogruppo: problemi ed orientamenti, in Riv. dir. civ., 1988, I, 381 ss.
57 Cfr.: Abate, I gruppi di imprese nelle procedure concorsuali, in Fall., 1993, 997; Alessi, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, cit., 351; Bonfatti, La disciplina della responsabilità, in AA.VV., la riforma dell’amministrazione straordinaria, cit., 297; Borgioli, op.cit., 33 e 41 ss.; Xxxxxxxx, Gli amministratori e i sindaci, in Trattato diretto da Xxxxxxx, Torino, 2002, 663-664; Xxxxxxx, I gruppi di società, Torino, 2001, 135; Jaeger, op.ult. cit., 407 ss.; Xxxxxxxx, Il gruppo insolvente, cit., 120. Lo stesso Xxxxxxxx, Responsabilità del e nel gruppo, in AA.VV., I gruppi di società, Atti del convegno di Venezia, 16-17-18 novembre 1995, II, Milano, 1996, 1502-1506, rivede, però, questa opinione alla luce del già ricordato disposto dell’art. 61 del T.U. delle leggi in materia bancaria; Lo Xxxxxx, Il nuovo diritto societario nelle procedure concorsuali, in Fall., 2003, 594 ss.; Xxxxx, Le società per azioni nelle procedure concorsuali, in Trattato delle società per azioni, a cura di Colombo-Portale, vol. IX, tomo II, Torino, 1993, 386 e 394; Quatraro, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, Milano, 1985, 1190; Sacchi, Sui gruppi nel progetto Mirone, in Giur. comm., 2000, 368; Ragusa Maggiore, Istituzioni di diritto fallimentare, Padova, 1994, 780; Sandulli, La responsabilità patrimoniale nell’ambito del gruppo nell’amministrazione straordinaria, in Dir. fall., I, 1984, 44,45; Satta, Diritto fallimentare, Padova, 1990, 691; Sbisà, Il gruppo di società nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Giur. comm., 1980, I, 275.
58 Per quanto concerne la prescrizione, a seconda che si ritenga la responsabilità di natura contrattuale o extracontrattuale, l’azione si prescriverà in dieci o cinque anni.
59 E’ opportuno ricordare che l’art. 2409 x.x. x xxxxx xxxxxxxxxx xxx x.xxx. x. 0/0000.
decidere viene ritenuta del tribunale che ha dichiarato lo stato d’insolvenza (60), ma tale soluzione suscita perplessità, trattandosi pur sempre di un’azione di responsabilità riferibile sostanzialmente a quella ordinaria.
5. La revocatoria aggravata
La disciplina della c.d. responsabilità aggravata (art. 91) per gli atti intercorsi tra imprese appartenenti allo stesso gruppo ripete le previsioni della legge anteriore, la n. 95 del 1979. Fermo il fatto che, nel nuovo sistema, le azioni revocatorie possono essere promosse soltanto nel caso di programma di cessione dei complessi aziendali e soltanto dopo che questo sia stato autorizzato, l’aggravamento riguarda, come nella normativa anteriore, l’elevazione dei periodi di revocabilità previsti dall’art. 67 L.F., a tre anni quando l’art. 67 prevede un anno ed a cinque anni quando l’art. 67 prevede due anni. Ma tale “aggravamento” verrà sicuramente ridimensionato a causa delle nuove disposizioni in tema di revocatoria fallimentare (61).
Le azioni revocatorie possono essere promosse sia contro le imprese in bonis sia contro quelle assoggettate anch’esse ad amministrazione straordinaria. Nel primo caso assolvono pienamente alla loro funzione istituzionale di strumento di reintegrazione della garanzia patrimoniale, nel secondo caso, traducendosi per lo più nel recupero di una pretesa creditoria che può essere fatta valere in moneta concorsuale, assolve alla funzione di riequilibrio delle masse passive delle imprese assoggettate a procedura (62).
Se la revocatoria aggravata viene promossa contro un’impresa del gruppo in amministrazione straordinaria o fallita potrebbero sorgere dei problemi relativi al conflitto di interessi che esiste sempre nella amministrazione straordinaria per l’unicità del commissario straordinario e può
60 Cfr. Xxxxxx, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, cit., 212-213.
61 Difatti, con l’art. 2, comma 1°, lett. a), del decreto-legge del 14 marzo 2005, n. 35, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 marzo 2005, n. 62, convertito nella legge del 14 maggio 2005, n. 80, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 14 maggio 2005, n. 111, è stato modificato l’art. 67, legge fall., e precisamente è stato dimezzato il c.d. “periodo sospetto” indicato ai commi 1° e 2°, e sono state inserite alcune nuove esenzioni all’azione revocatoria fallimentare. Le modifiche apportate dal D.L. n. 35/2005 sanciscono, senza dubbio, il “decesso” dell’istituto della revocatoria fallimentare. Sul punto v.:Xxxxxxx, L’alfabeto della nuova revocatoria fallimentare, in Fall., 2005, 573; Lo Xxxxxx, La nuova legge fallimentare dal progetto di legge delega alla miniriforma per decreto legge, ivi, 2005, 361; Marinoni-Nivisoccia, Dal decreto sulla competitività al via una miniriforma fallimentare, in Dir. Prat. Soc., 2005, f. 8, 6; Xxxxx, Il decreto competitività riforma l’azione revocatoria fallimentare, ivi, 2005, f. n. 9, 20; Xxxxxx-Di Xxxxx-Xxxxxx, L’azione revocatoria nella nuova legge fallimentare, Milano, 2006, 284-285; Terranova, Le procedure concorsuali. Problemi d’una riforma, Milano, 2004, 143-144.
62 Secondo una parte della dottrina, l’azione revocatoria aggravata sarebbe esperibile solo in favore della società madre, per prima ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria (così Cavalaglio, La disciplina delle azioni revocatorie, in AA.VV., La riforma., cit., 199). In senso contrario, altra dottrina ammette azioni revocatorie aggravate incrociate (così Bonfatti, op.ult.cit., 286. Nello stesso senso v. Lo Xxxxxx, Commentario., op.cit., 467). Cfr. sul punto anche Xxxxx, “Relazione” al Convegno di Siena 15-16 ottobre 1999, Revocatorie fallimentari oggi.
sussistere se è unico il curatore per le varie imprese del gruppo. Tale conflitto dovrebbe risolversi con la nomina di un curatore speciale ex artt. 78-79 c.p.c.
Il c.d. periodo sospetto si computa a ritroso dalla sentenza dichiarativa di insolvenza (63). Il termine di prescrizione di tale revocatoria non decorre dalla dichiarazione dello stato di insolvenza, bensì solo dalla data del decreto di nomina del commissario governativo, ossia dal momento in cui, a norma dell’art. 2935 c.c., il “diritto” può essere fatto valere (64).
Per quanto riguarda la conoscenza dello stato di insolvenza si applica la disciplina della revocatoria fallimentare. La prova della conoscenza di un’impresa di gruppo che ha effettuato i pagamenti può essere desunta in via presuntiva dalla dimostrazione della conoscenza, da parte del creditore, della crisi del gruppo alla quale l’impresa debitrice appartiene, nonché della vita finanziaria di tutte le imprese del gruppo e degli effettivi rapporti tra le stesse sia sul programma decisionale, sia su quello operativo (65).
L’impresa in amministrazione straordinaria o fallita potrà ovviamente promuovere contro le altre imprese del gruppo l’azione ordinaria ex art. 66 L.F. e quella fallimentare ex art. 67 L.F. se non riesce a dimostrare il vincolo di collegamento.
Competente a giudicare sulle revocatorie aggravate è il Tribunale che ha dichiarato l’insolvenza, trattandosi di un’azione che deriva dalla procedura, ai sensi dell’art. 13 della presente disciplina.
Si è posto il problema se, nell’ipotesi in cui l’azione revocatoria sia promossa nei confronti di un’altra impresa in stato di insolvenza, la pronuncia debba arrestarsi alla mera declaratoria d’inefficacia oppure possa estendersi all’effetto restitutorio del bene oggetto dell’impugnazione.
Ebbene, è stato sostenuto che la procedura dell’impresa attrice può chiedere la declaratoria d’inefficacia davanti al tribunale che ha disposto l’apertura, mentre deve rivolgersi a quello che ha dichiarato l’insolvenza dell’impresa convenuta ed insinuare l’ammontare della somma revocata oppure il credito inerente al valore del bene oggetto della domanda (66).
63 Cfr.: Cass. 14 giugno 1999, n. 5858; Trib. Torino, 19 gennaio 2005, in Giur. it., 2005, 510; Trib. Milano, 12
maggio 2000, in Dir. Prat. Soc., f. 6, 91.
64 Cfr. Cass., Sez. un., 15 giugno 2000, n. 437, in Corr. giur., 2000, 1489, con nota di Xxxxxx; in Nuova giur. civ. comm., 2001, I, 690, con nota di Xxxxx e Spadetto; in Fall., 2001, 565, con nota di Xxxxxxxx.
65 Cfr.: App. Bari, 31 dicembre 2001, in Fall., 2002, 1207, con oss. di Redeghieri Baroni.
66 Così Lo Xxxxxx, Commentario., op. cit., 468. Sulle revocatoria aggravata v.: Xx Xxxxx, Sull’azione revocatoria nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Studi in onore di Xxxxx, Padova, 1983, 585-596; Gallesio-Piuma, Le azioni revocatorie, in AA.VV., Il Fallimento e le altre procedure concorsuali, cit., Vol. VI, Torino, 2002, 561 ss.; Xxxxx, Le garanzie infragruppo, Torino, 1993, 216 ss.; Montanari, Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e revocatoria fallimentare, in Giur. comm., 1981, I, 85; Terranova, Le procedure concorsuali. Problemi d’una riforma, cit., 153 ss.; Id., Effetti
Al fine dell’esperimento dell’azione revocatoria, il commissario straordinario ed il curatore possono chiedere informazioni, ai sensi dell’art. 83 della presente disciplina, alla Consob e ad ogni altro pubblico ufficio. Gli stessi hanno inoltre il diritto di richiedere ed ottenere, dalle società fiduciarie, le generalità degli effettivi titolari di diritti sulle azioni intestate alle fiduciarie medesime.
E’ opportuno rilevare altresì che, ai sensi dell’art. 6 del decreto – legge n. 347 del 23 dicembre 2003, convertito nella legge n. 39 del 18 febbraio 2004, recante “Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza” (legge poi corretta ed integrata dalla legge del 5 luglio 2004, n. 166, che ha convertito il decreto-legge 3 maggio 2004,
n. 119, e concepita in funzione del “salvataggio” del Gruppo Parmalat), è stato introdotto il principio secondo cui il commissario straordinario può proporre le azioni revocatorie previste dagli artt. 49 e 91 del d.lgs. n. 270/1999 anche nel caso di autorizzazione all’esecuzione del programma di ristrutturazione, purchè si traducano in un vantaggio per i creditori (67). Ed ancora, nel caso in cui la soddisfazione dei creditori avvenga attraverso un concordato, si applica l’articolo 4-bis, comma 1, lett. c-bis).
I termini stabiliti dalle disposizioni della sezione III del capo III del titolo II della legge fallimentare (artt. 64-70) si computano a decorrere dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 2 dell’articolo 2 e, quindi, dall’ammissione immediata dell’impresa alla procedura di amministrazione straordinaria. Tale disposizione si applica anche in tutti i casi di conversione della procedura in fallimento.
6. Cenni sull’amministrazione straordinaria delle imprese “grandissime”
La c.d. Xxxxx Marzano, d.l. n. 347/2004 convertito nella l. n.39/2004, dedica alcuni articoli alla indicazione del “gruppo di imprese” (artt. 1, 3, 4, 4 bis e 5) (68).
La norma che rappresenta meglio il fenomeno del “gruppo” è l’art. 3 il quale statuisce che, quando ricorrono le condizioni di cui all’art. 81 del d.lgs. n. 270 del 1999, il commissario straordinario può richiedere al Ministro delle attività produttive l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di altre imprese del gruppo, presentando contestuale ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza al tribunale che ha dichiarato l’insolvenza dell’impresa (“madre”) di cui all’art. 2, comma 1°(69). Per “imprese del gruppo” devono intendersi anche le
del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, I, Parte generale, a cura di Xxxxxxx e Xxxxxxx,
Commentario Scialoja-Branca – Legge fallimentare, art. 00-00, Xxxxxxx-Xxxx, 1993, 254 ss, 258, 286.
67 Cfr. sul punto Xxxxx Xxxxxxxxxxxxxx, 00 aprile 2006, n.172.
68 V. nota 21.
69 Cfr. Trib. Roma, sez. fall., decr., 7 giugno 2008, in Fall, 2008, 218, con nota di di Majo, in cui è stato
sostenuto che, per il principio di unitarietà della procedura concorsuale, disposta la conversione del fallimento in amministrazione straordinaria di una impresa facente parte di un gruppo, le attività pertinenti alla gestione
imprese partecipate che intrattengono, in via sostanzialmente esclusiva, rapporti contrattuali con l’impresa sottoposta alle procedure previste dal decreto in questione, per la fornitura di servizi necessari allo svolgimento dell’attività. Alle imprese del gruppo si applica la stessa disciplina prevista per l’impresa soggetta alle procedure in questione.
Nell’art. 3, comma 3 bis, della c.d. legge Marzano, è prevista la possibilità di una attuazione unitaria delle procedure in alternativa alla attuazione autonoma mediante appositi programmi di ristrutturazione o di cessione, nel rispetto dei termini di cui all’art. 4, commi 2 e
3. Pertanto, è possibile predisporre un unico programma per più imprese del gruppo, sottoposte a diverse procedure. Dal tenore letterale della norma non si comprende se debba prescindersi dalla esistenza di determinate condizioni al momento dell’“ingresso” alla procedura (ad es.: la presenza di “concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico” o la presenza “dell’opportunità di una gestione unitaria dell’insolvenza” di cui all’art. 81, comma 2°, d.lgs n. 270/1999) (70). E’ da rilevare altresì che, nel corso del programma di ristrutturazione, il commissario straordinario può prevedere la soddisfazione dei creditori attraverso un concordato (art. 4 bis, comma 1°, Legge Marzano). La proposta di concordato può essere unica per più società del gruppo sottoposte alla procedura di amministrazione straordinaria, ferma restando l’autonomia delle rispettive masse attive e passive (art. 4 bis, comma 2°) (71).
7. Disciplina comunitaria
Dal punto di vista comunitario, l’insolvenza transnazionale dei gruppi non è disciplinata nel regolamento (CE) n. 1346 del 29 maggio 2000.
della amministrazione straordinaria, a cui afferisce l’impresa, devono ritenersi spettanti al tribunale che ha dichiarato l’insolvenza della c.d. “impresa madre”. Pertanto, la competenza del tribunale che ha dichiarato l’insolvenza della c.d. impresa madre, già ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, determina senza dubbio “un controllo giurisdizionale unitario” tale da evitare eventuali “decisioni contrastanti o comunque non convergenti su singole imprese del gruppo” nonchè da consentire “una più spedita gestione della procedura di gruppo” facilitando il rapporto tra gli organi amministrativi e l’ufficio giudiziario.
70 Sulla mancanza di determinate condizioni cfr. Daccò, n AA.VV., Legge Marzano. Commentario, cit., 96. Contra: Xxxxxxxxx, L’amministrazione straordinaria della impresa “grandissima”, Le nuove leggi civili commentate, Padova, 2004, 774. V. sul punto anche Gualandi, Il gruppo di imprese, Commentario sistematico al d.l. n. 347/2003, in AA.VV., Le nuove leggi civili commentate, Padova, 2006, 732; Xxxxxxxxxxx, in AA.VV., Codice del fallimento, a cura di Pajardi P., V ed., a cura di Colesanti, aggiornata da Bocchiola e Xxxxxxxxxxx, Milano, 2004, 1930; Sanasi d’Arpe, L’amministrazione straordinaria dei grandi gruppi in crisi. Lineamenti giuridici, Napoli, 2005, 121 ss.
71 Quanto statuito nell’art. 4 bis della Legge Xxxxxxx è stato applicato nel caso Parmalat ove, infatti, il Commissario straordinario ha predisposto nei confronti di alcune imprese del gruppo un unico programma con un concordato di gruppo. V., anche per un approfondimento, Daccò, op. ult. cit., 96 e Scognamiglio G., op.cit., 1096 (note 11 e 12).
La giurisprudenza italiana e comunitaria ha seguito due orientamenti non univoci. Secondo il primo indirizzo, è stato sostenuto che l’esigenza di una gestione coordinata delle procedure di insolvenza di società facenti parte di un gruppo deve essere perseguita attraverso la valorizzazione della “mind of management theory”, diretta ad individuare il centro degli interessi principali nel luogo in cui si svolge l’attività direzionale dell’impresa. Sussiste, infatti, la giurisdizione del giudice italiano per la dichiarazione di insolvenza di società (nella specie, la Eurofood del “Gruppo Parmalat”) con sede legale in Irlanda ma con centro degli interessi principali in Italia, in base alla disciplina della legge fallimentare, delle norme di diritto internazionale privato e del nuovo regolamento comunitario sulle procedure d’insolvenza. Difatti, la società Eurofood aveva in Italia il centro di direzione ed organizzazione dell’impresa (nella specie, la società era totalmente controllata ed amministrata da società italiana, quale la Parmalat S.p.A., e finalizzata unicamente ai suoi interessi) (72). Alla luce della suindicata giurisprudenza, si è ritenuto che il criterio di collegamento con l’ordinamento italiano, costituito dall’ubicazione in Italia del centro di direzione dell’attività, sia sufficiente ai sensi dell’art. 3 del Regolamento CE n. 1346/2000, il quale stabilisce che “Sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria”.
Sul medesimo caso, è intervenuta la Corte di Giustizia con un rilevante mutamento di tendenza che porrà non pochi problemi applicativi nell’ottica della “gestione unitaria” della crisi di gruppo. La Corte di Giustizia ha, infatti, sostenuto che, quando un debitore è una società controllata la cui sede statutaria è situata in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede la sua società madre, la presunzione contenuta nell’art. 3, n. 1, seconda fase del Regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo alle procedure di insolvenza, secondo la quale il centro degli interessi principali di detta controllata è collocato nello Stato membro in cui si trova la sede statutaria, può essere superata soltanto se elementi obiettivi e verificabili da parte di terzi consentono di determinare l’esistenza di una situazione reale diversa da quella che si ritiene corrispondere alla collocazione in detta sede statutaria. Ciò potrebbe, in particolare, valere per una società che non svolgesse alcuna
72 Cfr: Trib. Parma, 20 febbraio 2004, in Foro it., 2004, I, 1567, con nota di Xxxxxxx; in Giur. it., 2005, 1199, con nota di Xxxxxx e in Fall., 2004, 1265, con nota di Xxxxxxx. Cfr. nello stesso senso, in merito al Gruppo Cirio: Trib. Roma, 26 novembre 2003, in Foro it., 2004, I, 1567, con nota di Xxxxxxx; Trib. Roma, 14 agosto 2003, in Giur. merito, 2004, 2, con nota di Xx Xxxxxx e in Riv. dir.int.priv. e proc., 2004, 685; per la Francia cfr. Cour d’Appel de Versailles, 4 settembre 2003, in Riv. dir. inter. priv. proc., 2004, 785; per l’Inghilterra v. High Courts Leeds, 16 maggio 2003, in Riv. dir. int. priv. proc., 2004, 780.
attività sul territorio dello Stato membro in cui è collocata la sua sede sociale. Per contro, quando una società svolge la propria attività sui territorio dello Stato membro in cui ha sede, il fatto che le sue scelte gestionali siano o possano essere controllate da una società madre stabilita in un altro Stato membro non è sufficiente per superare la presunzione stabilita dal regolamento (73).
Pertanto, secondo l’indirizzo della Corte di Giustizia CE, la competenza ad aprire la procedura di insolvenza va valutata con riferimento a ciascuna delle società del gruppo, le quali, presentando separata identità giuridica, devono essere considerate individualmente.
8. Conclusioni
1. La c.d. Xxxxx Xxxxxxx ed una parte della recente giurisprudenza di merito hanno contribuito a rafforzare ed ampliare il concetto di “gruppo”, disciplina già prevista nella Prodi bis (art. 80-91), “attraendo” procedure (pur distinte) del medesimo gruppo sotto la competenza del medesimo tribunale, in sostanza della “impresa madre”.
L’utilità di una gestione unitaria dell’insolvenza dei gruppi di imprese appare evidente anche in ragione di esigenze, innanzitutto, ma non solo, di efficienza. Difatti, possono avere una certa rilevanza: il risparmio di costi che può ottenersi concentrando le pronunce di insolvenza innanzi al medesimo tribunale, la gestione nelle mani dei medesimi soggetti, con atti (relazioni e
73 Così Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 0 maggio 2006, Procedimento C-341/04, Eurofood IFSC Ltd, in Fall., 2006, 1249, con nota di Xxxxxxxxxx. Nello stesso senso v., in merito al Gruppo Giacomelli: Trib. Rimini, 6 aprile 2004, in Giur. it., 2005, 1199, con nota di Xxxxxx. V. anche: Xxxx Xxxxx Xxxxxxx, 00 marzo 2004 e Trib. comm. Pointose, 26 maggio 2003, in De Cesari- Montella, Le procedure di insolvenza nella nuova disciplina comunitaria, Milano, 2004, 378. La querelle continua con la sentenza del Consiglio di Stato n. 269 del 25 gennaio 2007, in Fall., 2007, 259, con nota di De Cesari-Montella, Il “giudice” nel Regolamento 1346/2000: una nuova nozione autonoma di diritto comunitario. Sull’argomento v. in dottrina: Xxxxxx, Direzione e coordinamento di società, società “strumentali”, sede legale, insolvenza e giurisdizione italiana alla luce del Regolamento CE n. 1346/2000, in Giur. it., 2005, 1199; Catallozzi, Il regolamento europeo e il criterio del COMI (centre of main interests): la parola alla Corte), in Fall., 2006, 1249; Cavalaglio, Spunti in tema di reg. comunitario sulle procedure di insolvenza e di riforma urgente della legge fallimentare, ivi, 2003, 000 x xx Xxx. xxxx, 0000, XX, 000; Xxxxxxx, Il regolamento n. 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza: spunti critici, ivi., 2004, I, 593 ss.; De Cristofaro, Nuovo coordinamento delle giurisdizioni in Europa, in Int’l Lis, 2002, f. 2, 87; Di Amato, Le procedure di insolvenza nell’UE: competenza, legge applicabile ed efficacia transfrontaliera, in Fall., 2004, 694; di Majo Al., Fallimento transfrontaliero e giurisdizione del giudice italiano, in Dir. Prat. Soc., 2004, n.21, 58, nota a Xxxx. Sez. un.civ., 23 gennaio 2004, n. 1244; Xxxxxxx, Dai pomodori ai latticini, ovvero dalla regola all’eccezione: un testo unico per l’amministrazione straordinaria e la gestione dei gruppi transnazionali ?, in Foro. it, 2004, 1567; Id., Gruppi di imprese ed insolvenza transfrontaliera: spazi residui di forum e law shopping nella disciplina comunitaria, in Int’l lis, 2004, f.2, 99; Xxxxxxxx, Il reg. comunitario sulle procedure di insolvenza, in xxx.xxxxxxxx.xx; Xxxxxxx, Conflitti di competenza dell’insolvenza transfrontaliera: il caso Eurofood, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx; Proto V., L’insolvenza transfrontaliera nell’ordinamento comunitario, in Dir. fall., 2003, II, 561; Xxxxx E.F., Il riconoscimento delle procedure concorsuali secondo il regolamento CE n. 1346/2000, in Riv. dir. proc., 2004, 394; Santosuosso D.U., L’insolvenza nei gruppi transfrontalieri tra diritto comunitario e diritto interno, in Dir. fall., 2003, II, 665; Sparano, Il regolamento comunitario sulle procedure d’insolvenza (CE 1346/2000), ivi, 2003, II, 662; Xxxxxxxx, Il reg. 1346 del 2000 relativo alle procedure di insolvenza, in Giust. Civ., 2002,
programmi) unificati e/o comunque coordinati, l’accertamento del passivo da espletarsi innanzi al medesimo ufficio giudiziario.
Dal punto di vista normativo, notevoli sono i progressi avuti nel tempo in tema di gruppi (v. prima la Legge Prodi n. 95/1979, poi la Prodi bis nonchè la Legge Marzano). Sarebbe comunque auspicabile una uniformazione e stabilizzazione delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi e/o in crisi. A diversi “modelli di procedura” previsti al giorno d'oggi dovrebbe corrispondere un unico modello, tale da assicurare l’uniformità del settore (inclusa la disciplina dei “gruppi”, tenendo in considerazione anche le modifiche introdotte dalla riforma societaria, in primis gli artt. 2497 ss. c.c.).
A uno, dieci …. cento modelli di procedura dovrebbe corrispondere un unico modello, tale da assicurare l’uniformità del settore.
Tale è l’ispirazione del disegno di legge presentato dal Governo il 2 ottobre 2008 per la “riforma della disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi” (74).
E’ da chiedersi se tale “unificazione” sia un bene o un male.
E’ considerato con favore da parte di chi ritiene che ormai il tema della crisi della grande impresa e/o della grande impresa in crisi sia un tema che è entrato a far parte delle nuove categorie ordinanti, accanto o in sostituzione a quella delle “grandi imprese in stato di insolvenza” (v. la c.d. Prodi bis nonché la Legge Marzano) e accanto alle procedure liquidative dell’impresa (v. fallimento e concordato preventivo).
Non è un caso che, nella Relazione al disegno di legge in cui nulla si dice in tema di gruppi (75), si evoca lo “statuto dell’imprenditore”, quello “statuto” che neanche il codice civile ha osato di definire tale, essendosi limitato a stabilire chi è imprenditore (art. 2082) e quale ne fosse il ruolo nell’impresa (art. 2086).
E’ considerato con disfavore chi scorge nel sotto-sistema “grandi imprese in crisi” nient’altro che il braccio della politica in un settore che è considerato appartenente allo “stato di diritto” e più precisamente alle procedure di tutela dei soggetti creditori, nella veste concorsuale.
74 E’ “in cantiere” un nuovo disegno di legge delega teso ad unificare le procedure previste dalla c.d. Legge Prodi bis e dalla c.d. Legge Marzano. In detto disegno di legge, che ripropone grosso modo i principi ed i criteri direttivi del “disegno” del 2 ottobre 2008, sembra che vi sia spazio anche per la disciplina del gruppo di imprese, disciplina totalmente assente nel “disegno “ del 2008. Si segnala, in tema di insolvenza di gruppi di imprese, anche la “Comunicazione” del 20 ottobre 2009 della Commissione C.E. al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Econ. e Soc., Eur., alla Corte di Giustizia C.E. ed alla Banca Centrale Europea. In detta “Comunicazione”, relativa a un quadro europeo per la gestione transfrontaliera delle crisi nel settore bancario, si fa riferimento altresì al Gruppo di lavoro V della Uncitral (United Nations Commission on International Trade Law) (cfr. xxx.xxxxxxxxxx.xx e xxx.xxxxxxxx.xxx sotto la voce Uncitral texts & status, sottovoce Insolvency). La Uncitral si sta, infatti, occupando della disciplina del fallimento dei gruppi di imprese.
75 Cfr. la nota 74.
La differenza quantitativa con la normale procedura concorsuale non dovrebbe essere tale da giustificare l’assurzione del settore a categoria autonoma.
Rimangono “scelte tragiche” (76): a quali dimensioni stabilire la qualità di “grande impresa”, in che termini e in base a quali elementi stabilire il concetto di “crisi della impresa”, senza coinvolgere la soglia dell’insolvenza?
Chi è contrario a rendere autonomo il settore rivendica i meriti della attuale procedura fallimentare “dopo la cura” di una riforma che si è trascinata fino al 2005- 2007.
Chi è favorevole vede bene la “messa in corner” della autorità giudiziaria ormai impacciata nella sua funzione e l’entrata in campo della autorità politico - amministrativa (persino della Presidenza del Consiglio (v. d.l. n. 134/2008, conv. nella l. n. 166/2008).
2. Ma il bello è ancora da venire: si tratta infatti di disegnare le linee del (futuro) modello.
Come a tutti noto, l’implosione del tema “crisi della grande impresa” ha segnato i seguenti passaggi ossia dalla fondamentale Prodi bis alla Legge Marzano ed ai due decreti recenti, c.d. decreti Alitalia, l’uno modificativo della Marzano (d.l. n. 80/2008, conv. nella l. n. 111/2008 ed il d.l. n. 134/2008, conv. nella l. n. 166/208):
a) la difficile mediazione tra poteri (giudiziario e amm.vo), cui era pervenuta la Prodi bis, pur caratterizzato da un alto tasso di amministrativizzazione, ove la dichiarazione di insolvenza precedeva l’apertura dall’ Amministrazione Straordinaria (A.S.) si era rotta a favore di un potere (todo amm.vo) con la Legge Marzano in favore della “ammissione immediata” alla procedura di A.S. (art. 2);
b) quanto agli organi, il superamento della mediazione ha visto il Commissario Straordinario prendere il posto di quello giudiziale della Prodi bis;
c) il nuovo modello della A.S., quale risultante dalla Legge Marzano ora riformata (d.l. n. 134/2008), riammette che, tra la finalità della A.S., possa esservi più semplicemente “la cessione dei complessi aziendali” finalità, questa, che figurava invece espunta dalla Legge Marzano del 2003, mandando dunque “a carte 48” quel principio “di continuità imprenditoriale” che sembrava essere la “colonna d’Xxxxxx” per poter bypassare la procedura giurisdizionale in favore di quella xxx.xx;
d) in deroga ai criteri della Prodi bis circa l’alienazione dei beni (art. 62), il Commissario Straordinario ha mano libera nella individuazione dell’acquirente dei cespiti, potendo fare ricorso alla trattativa privata. Con buona pace delle “procedure competitive” della legge fall. (art. 107) il “correttivo” è che
76 Il riferimento è a X. Xxxxxxxxx, Scelte tragiche, Milano, 2006.
l’acquirente assicuri la continuità del servizio nel medio periodo (art. 1, comma 10 d. n. 134/2008);
e) l’esecuzione dalle revocatorie figura già stabilita dalla l. n. 111/2008 (art. 1 vo. 3) attraverso una discutibile “equiparazione” degli atti e pagamenti a quelli effettuati in esecuzione di un piano di risanamento;
f) è garantita l’immunità degli amm.ri e dei sindaci rispetto a comportamenti atti e provvedimenti che abbiano preceduto il decreto di ammissione alla A.S. Il peso del danno del dissesto è posto a carico della società (primo decreto Alitalia). Il paradosso è nel fatto che il Commissario Alitalia dovrebbe agire contro se stesso!
g) si sono voluti tutelare gli obbligazionisti e i piccoli azionisti, loro consentendo di essere soddisfatti sul fondo delle vittime delle frodi finanziarie. Ma, in tal modo, si privilegiano i “piccoli azionisti” destinati a scavalcare i creditori chirografari normali.
3. Quali sono le conclusioni di codesto ribaltamento di indirizzi e di orientamenti? Si è parlato di “pensionamento” della vecchia Prodi bis (77), operativa solo per imprese con occupati tra i 200 e i 500.
Per consentire ad Alitalia di usufruire della Legge Xxxxxxx si è aperta quest’ultima a tutte le imprese più grandi, anche quando vogliono cedere attività.
L’Alitalia non avrebbe potuto “ristrutturarsi” ma solo alleggerirsi dei propri assets.
Il potere politico è vincente su tutti i fronti, specie su quello delle imprese che esercitano “servizi pubblici essenziali” (v. art. 1 comma 2 d.l. n. 134/2008) se viene tirato in ballo anche il Capo del Governo, il quale può dettare “le condizioni dell’incarico” al Commissario Straordinario oltre “che gli atti necessari al conseguimento della finalità della procedura”.
E’ da porsi una domanda: chi non conosce l’ambiguità del concetto di “servizio pubblico essenziale”?
4. Quali sono le linee della progettata “riunificazione” della disciplina della crisi della “grande impresa”?
a) la prospettiva dell’abbandono della finalità del risanamento (ancora ribadita nella c.d. Xxxxx Xxxxxxx) diventa quasi certezza, data la scorciatoia della “cessione immediata” dei beni della impresa. Vale la pena osservare: le “scorciatoie” hanno sempre successo rispetto a percorsi più complicati;
b) una migliore razionalità della procedura deve indurre a facilitare l’opera del Commissario, rendendo possibile che sia la stessa impresa a presentare un
77 Cfr. Xxxxxxx – Xxxxxxxxxxxx, La legge Marzano con le ali, ovvero della volatilità dell’amministrazione straordinaria, in Corr. Giur., 2008, 1337 ss. Sul punto cfr. anche Lo Xxxxxx, L’amministrazione straordinaria dell’Alitalia, in Fall., 2008, 1113 ss.
programma di risanamento, oggetto di integrazione e modifiche ad opera del Commissario;
c) si va verso un allargamento dei termini del biennio (art. 27 Prodi bis);
d) si confida nell’avvento di possibili “cavalieri bianchi”, dei quali tuttavia vanno indicati i requisiti soggettivi minimi e le procedure di selezione;
e) le azioni revocatorie sono consentite anche in caso di programma di ristrutturazione economica e finanziaria;
f) è il legislatore delegato incaricato di individuare forme di tutela dei creditori e dei terzi compatibilmente con le esigenze di celerità della procedura.
5. Occorre infine verificare in quale misura e termini la legge delegata (78) realizzerà i criteri così fissati.
Ciò che però già si può dire è che il progetto di razionalizzare, sul terreno delle fonti, la disciplina delle grandi imprese in crisi lascia irrisolti molti nodi problematici:
a) in primo luogo, il rapporto con la disciplina concorsuale “madre”, la quale, profondamente riformata, presenta oggi aspetti di notevole flessibilità e di innovazione, quanto alle sue numerose varianti [basta pensare al nuovo modello del concordato preventivo, del concordato fallimentare, ove anche un terzo può presentarlo in contrasto con il fallito (art. 124 L.F.) alla transazione fiscale, agli accordi di strutturazione, alla liquidazione dell’attivo];
b) la nozione di crisi dell’impresa è ormai un concetto trasversale e “misterioso” (v. per il concordato preventivo, l’art. 160), onde andrà meglio precisato perché tale da decidere se ricorrere alla procedura giudiziaria o a quella xxx.xx;
c) la circostanza che ormai anche il risanamento della impresa (tramite ristrutturazione o cessione) non sia più tra le finalità ispiratrici della procedura di A.S., cedendo ad ipotesi più traumatiche di cessione tout court di beni aziendali, rende ancora più problematica la legittimità di procedure che si pongono in competizione con quelle liquidatorie (quali il fallimento), consentendo che attività e patrimoni vengano acquisiti in forme privilegiate e sovente con sacrificio dei soggetti creditori del debitore in crisi (il caso Alitalia docet).
Se è la continuità imprenditoriale a dover giustificare la sostituzione della procedura xxx.xx a quella giudiziaria (era questo lo spirito della Legge Xxxxxxx prima della modifica) non si spiega come possa reggere una procedura xxx.xx ove questa “continuità” venga meno.
78 Cfr. la nota 74.
Sono tutte ragioni che pongono seri dubbi sulla uniformazione e stabilizzazione di un modello di procedura xxx.xx in concorrenza con quella giurisdizionale.