SOMMARIO: 1. Considerazioni preliminari: la vaghezza lessicale dell’art. 62 cc. 1 e 2. – 2. – Il (confuso) ambito applicativo del secondo comma: una dipendenza economica presunta? – 3. Obblighi di comportamento, condotta scorretta e prezzo iniquo: una...
IL “PASTICCIO” DELL’ART. 62 L. 221/2012: INTEGRAZIONE EQUITATIVA DI UN CONTRATTO PARZIALMENTE NULLO OVVERO RESPONSABILITÀ PRECONTRATTUALE DA CONTRATTO SCONVENIENTE?
Di Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx
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SOMMARIO: 1. Considerazioni preliminari: la vaghezza lessicale dell’art. 62 cc. 1 e 2. – 2. – Il (confuso) ambito applicativo del secondo comma: una dipendenza economica presunta? – 3. Obblighi di comportamento, condotta scorretta e prezzo iniquo: una mappatura dei possibili ri- medi ad un problema di hold-up. Spunti da Xxxx. 21255/2013?– 4. Segue: le aporie della nullità di protezione e la parzialità dell’effetto ablativo. - 5. Art. 62, c. 2, pratiche commerciali scorrette e lesione della buona fede in contrahendo ? Luci ed ombre di una norma ambigua. – 6. Epilogo (con un interrogativo).
1. Considerazioni preliminari: la va- ghezza dell’art. 62 cc 1 e 2.
Da poco la galleria dei casi di lotta all’abuso della libertà contrattuale si è arricchita di una nuova fattispecie: l’art. 62 della l. 221/2012, transtipicamente disciplinante le relazioni commerciali tra i soggetti della filiera agroali- mentare, prescrive infatti –comma 1- che i con- tratti aventi ad oggetto la cessione di prodotti agricoli e alimentari, eccetto quelli conclusi con il consumatore finale ovvero tra imprenditori agricoli1, vanno redatti per iscritto e devono informarsi a principi di «trasparenza, correttez- za, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni». Segue poi, al secondo com- ma, un catalogo di condotte vietate, dall’imposizione di condizioni contrattuali in- giustificatamente gravose o discriminatorie (ll.
1 Quest’ultimo caso è stato introdotto dall’art. 36, c. 6-bis del d.l. 179/2012.
a e b) al pretendere «indebite prestazioni unila- terali» (l. d), passando per tutta una serie di casi integranti forme di estorsione pre o post con- trattuale (l. c), fino all’indeterminata formula di chiusura, ergo trattasi di una tipizzazione nor- mativa avente carattere puramente esemplifica- tivo, ove il divieto involge «ogni ulteriore con- dotta commerciale sleale» (l. e).
Si tratta della consueta norma a struttura ela- stica, carente di una puntuale configurazione della fattispecie o di un tipo contrattuale di rife- rimento, foggiata secondo una tecnica che vede l’alternarsi di esemplificazioni (le forme, ad ampio spettro, di abuso contenute nelle ll. a-d), clausole generali (il trittico trasparenza, corret- tezza e proporzionalità del primo comma), e concetti indeterminati (v. lo pseudo abbozzo definitorio di condotta commerciale sleale di cui alla l. e), con un amplissimo spazio valuta- tivo rimesso per conseguenza al giudice. Nean- che la ratio, nel contempo, è nuova: l’art. 62 non è infatti una disposizione dirigistica che at-
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tenti alla libertà di determinare il contenuto del contratto, epperò neppure la si può catalogare tra le previsioni vocate a realizzare una giusti- zia contrattuale ovvero un’equità dello scambio nei rapporti d’impresa2. Più semplicemente, la filiera agroalimentare è dominata da una strut- turale asimmetria di potere contrattuale tra chi produce e chi commercializza: di conseguenza, onde evitare che abusando del proprio potere l’impresa di intermediazione commerciale si appropri di una quota parte dei profitti spettanti ai produttori, si vietano quelle condotte oppor- tunistiche causa, per riverbero, di effetti negati- vi sul mercato3. Quindi, lungi dal voler innalza- re il tasso di socialità del diritto contrattuale, si tratta di una normativa che, in seno ad un mer- cato concorrenziale, mira a rimuovere il pro- dursi di «condizioni concretamente non concor- renziali del singolo scambio»4. Nulla di più e, soprattutto, niente che addirittura scardini la cornice globale dei rapporti commerciali del settore agricolo5. Anche l’elencazione degli e- lementi che qualsiasi contratto di cessione one- rosa deve riportare, durata – prezzo – quantità e caratteristiche del prodotto venduto6 – modalità
2 Come, per più di un verso parrebbero credere che sia, A. ARGENTATI, La disciplina speciale delle relazioni commerciali nel settore agroalimentare. Riflessioni sull’art. 62 l. n. 27 del 2012, in Giust. civ., 2012, II, p. 441 ss. ed X. XXXXX, Discipli- na delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodot- ti agricoli e agroalimentari, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2012, p. 4 s. Per una più meditata riflessione v. X. XXXXXXXXX –
A.M. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti di cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari, in Xxx. xxx. xxx., 0000, XX,
x. 000 xx.
0 Nella convinzione, sottesa alla quale si intravede una precisa opzione ideologica, di un benessere collettivo che il «mercato concorrenziale deve o dovrebbe garantire»: così X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti per i prodotti agricoli e ali- mentari, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2012, p. 5. Echi di questo dibattito, insieme a molti altri spunti preziosi per la di- samina dell’argomento, già si incontrano, per altro, nello scritto di X. XXXXXXX, Contratto e concorrenza, in Concorrenza e mercato, a cura di Xxxxxxx, Padova, 2005, p. 2 ss.
4 Così M. BARCELLONA, I nuovi controlli sul contenuto del con- tratto e le forme della sua eterointegrazione: Stato e mercato nell'orizzonte europeo, in Europa dir. priv., 2008, p. 41.
5 È questa, viceversa, l’opinione di X. XXXXXXXXX, I contratti funzionali alla circolazione e alla gestione di beni e servizi, in I contratti per l’impresa, a cura di Gitti – Xxxxxxx – Notari, Bo- logna, 2012, I, p. 120, secondo il quale l’art. 62 fisserebbe
«principi ostativi come mai prima d’ora all’esercizio dell’autonomia privata».
6 Giova per altro evidenziare che l’abbinamento, all’apparenza curioso, tra vendita e durata, sta invece a testimoniare che og- getto dell’art. 62 sono essenzialmente i contratti di alienazione a consegne periodiche e quelli di somministrazione: quindi ces- sioni di «produzioni future od in itinere … [iscritte nell’area] dell’agricoltura sotto contratto ovvero del conventional far-
di consegna e di pagamento, è partecipe di que- sta logica: il neoformalismo che, in un’ottica di trasparenza affidante circa la convenienza eco- nomica dell’affare, impronta l’operazione non sminuisce infatti la circostanza che la determi- nazione del contenuto contrattuale risulta pur sempre rimessa all’autonomia delle parti. Un’autonomia legittimata, questo sì, a muoversi entro il perimetro di una minima tipizzazione dello scambio formalizzato ex iure7. Xxxxx è poi dire che, quando così non sia a cagione del pro- dursi di un abuso del potere di mercato, l’apparato rimediale predisposto, complice l’accavallarsi di modifiche al testo di legge condotte in maniera ondivaga, risulti carente e, per certi versi, inadeguato8.
2. Il (confuso) ambito applicativo del se- condo comma: una dipendenza eco- nomica presunta?
Per altro, se si volesse stare al tenore lettera- le del secondo comma, l’art. 62 sarebbe tutto fuorché una norma settoriale, l’elenco delle condotte abusive vietate involgendo, in realtà, tutte le relazioni commerciali tra operatori eco- nomici, «ivi compresi i contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari»: anche se, melius re perpensa, parrebbe senz’altro da preferirsi l’idea di una disposizione che travalica sì il segmento dei contratti di fornitura dei prodotti
ming»: così, con la consueta chiarezza, X. XXXXXXXXXX, I con- tratti del mercato agroalimentare: alcune considerazioni di sintesi, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2013, p. 59. Non è un caso se dall’ambito di operatività del primo comma sono esclu- si i contratti a esecuzione istantanea (art. 1, c. 4, del d. m. 199/2012): una fattispecie, per inciso, nella quale neanche è da supporre residui il problema, vista «l’immediatezza dell’esecuzione dello scambio tra il prodotto e il corrispettivo» (così X. XXXXXXXXX – A.M. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti di cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari, cit.
p. 645), di una tutela della parte più debole.
7 Di un «minimo di omogeneità, sia pure sul piano formale, del modello negoziale» discorre X. XXXXXXXXXX, I contratti del mercato agroalimentare: alcune considerazioni di sintesi, cit.
p. 61. E in questo senso viene facile notare che l’art. 62 c. 1 ha in realtà una doppia anima: un modello negoziale tipizzato, seppur in senso debole, riguarda invero tutte le imprese del set- tore, anche quelle che non sono reciprocamente «né deboli né forti, bensì neutr[e] rispetto a tali qualifiche»: v. X. XXXXX, Be- havioural Law and Economics, regolazione del mercato e si- stema dei contratti, in Riv. dir. priv., 2013, p. 168.
8 Un’inadeguatezza che forse, più in generale, è da imputare ad una «carente metabolizzazione del corretto significato giuridico del “mercato”»: così X. XXXXXXXXXX, I contratti del mercato agroalimentare: alcune considerazioni di sintesi, cit. p. 57.
agricoli epperò sempre rinserrata è nell’area dei rapporti tra operatori che agiscono all’interno delle filiere agroalimentari. Dopo di che potrà evidentemente trattarsi di slealtà aventi una forma contrattuale oppure materialmente desti- nate a manifestarsi sia prima che al di fuori di un contratto. Ma, pure a voler sorvolare sul modo in cui l’articolo è stato rubricato9, non parrebbe che il dato normativo avalli una gene- ralizzazione extra ordinem, cioè estesa a ri- comprendere qualsiasi rapporto commerciale purché sia di filiera10. Già, come si è fatto pun- tualmente notare, stona che sia stato previsto un identico trattamento normativo per contratti di scambio che si perfezionano in ambiti diversi della filiera. L’alterità dei soggetti, perché i
«protagonisti delle cessioni dei prodotti agricoli non corrispondono a quelli delle altre cessioni che lungo la filiera si riferiscono ai prodotti a- limentari»11, andava preservata: ergo estendere la norma a segmenti di mercati diversi da quelli agroalimentari, facendo del 62 una disposizione quadro che taglia trasversalmente le relazioni B2b, avrebbe il significato di moltiplicare il numero delle contraddizioni e delle incoerenze
9Pur sempre infatti si fa questione di Disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroa- limentari. L’argomento, insieme ad altre considerazioni, torna in X. XXXXXXXXX – A.M. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti di cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari, cit. p.
10 Precisazione, di qui l’enfasi del corsivo, non inutile in quanto non è mancato, in dottrina (v., per tutta una serie di indicazioni,
X. XXXX, Il controllo del potere di mercato nella filiera agroa- limentare: profili concorrenziali e ruolo dell’AGCM, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2013, p. 35 ss. ed attentamente
X. XXXXXXX, Liberalizzazioni, “terzo contratto” e tecnica legi- slativa, in Contr. impr., 2013, p. 91 ss.), chi ha voluto suggerire un’interpretazione estensiva dell’art. 62, c. 2 facendone una clausola generale nei rapporti tra professionisti: quand’è di tut- ta evidenza che, pure a voler forzare un dato normativo aperta- mente a favore di una lettura minimalista, non si hanno i pre- supposti minimi per sostenere che la disposizione in oggetto abbia un perimetro applicativo trascendente i rapporti di inte- grale verticale. Comunque, a dirimere finalmente la questione si spera che abbia provveduto il Regolamento sulle procedure i- struttorie in materia di disciplina delle relazioni commerciali concernenti la cessione di prodotti agricoli e alimentari varato dall’AGCM, sul quale infra, § 4, testo e note: un regolamento totalmente intessuto in una visione rigorosamente parcellizzata della novella legislativa. Dopo di che, implicherebbe tutto un altro tipo di discorso, ed infatti è questione che esula dalla stretta economia di questo scritto, interrogarsi sulla razionalità
–e forse prima ancora sulla legittimità- di un intervento norma- tivo limitante la lotta all’abuso ad un (seppur ampio) settore, quasi che delle forti asimmetrie di potere non esistessero in altri filiere.
11 Così X. XXXXXXXXXX, I contratti del mercato agroalimentare: alcune considerazioni di sintesi, cit. p. 57.
di trattamento. Insomma, può anche sostenersi che l’art. 62 costituisce un’epifania della teorica sulla contrattazione d’impresa asimmetrica12, secondo una logica che vede i rapporti tra pro- fessionisti soggetti a regolazione protettiva se e nella misura in cui sono causa di un fallimento del mercato, ma col sottinteso stringente che trattasi di una rappresentazione del c.d. terzo contratto circoscritta ad un settore merceologi- co ben definito13.
Per inciso una siffatta lettura avrebbe anche l’aggio di rendere meno vischiosa un’actio fi- nium regundorum col disposto di quell’art. 9 della l. 192/1998, in tema di abuso di dipenden- za economica, che l’art. 62 scopertamente a- rieggia in più luoghi. Recentemente, per quanto lo abbiano statuito in un obiter, le Sezioni Unite hanno invero riconosciuto la generalità di que- sta norma nei rapporti tra imprese14, escludendo così che la stessa trovi applicazione nel solo comparto della subfornitura industriale. In ogni caso, fermo restando il dubbio sul rilevare dell’art. 9 quale specificazione di un principio implicito nel sistema, rimane incontroverso che l’impresa vessata può domandarne l’applicazione soltanto se riesce a dare la (non
12 V., per tutti i riferimenti, X. XXXXX, Xx xxxxxxxxx xxx xxxxxxx, Xxxxxx, 00000, p. 65 ss. ed il volume collettaneo, a cura di X. Xxxxx e G. Villa, Il terzo contratto, Bologna, 2008. Una recente messa a punto del tema è in A. M. XXXXXXXXX, Contratto asim- metrico, in Enc. Dir., Xxxxxx XX, Milano, 2011, 370 ss.
13 È di tutt’altro avviso X. XXXXXXX BEDOGNI, Il controllo del potere di mercato nella filiera di consumo, in www. xxxx.xx: ma, come si diceva, non sembra che l’argomento letterale di un divieto sprovvisto di qualificativi che ne circoscrivano l’ambito applicativo possa supportare l’idea di un’estensione della nor- ma a «tutte le ipotesi in cui … un soggetto tenti di far leva abu- sivamente sul proprio superiore potere di mercato imponendo un sacrificio indebito alla propria controparte contrattuale». L’ammonimento a procedere ad una «ricostruzione tipologica delle situazioni di asimmetria di potere contrattuale fra impren- ditori» si incontra, da ultimo, nella pagina di X. XXXXXXXXX, Au- tonomia individuale e autonomia d’impresa, cit. I, p. 59.
14 X. Xxxx. 00 novembre 2011, n. 24906, in Foro it., 2012, I, c. 805 ss. ed anche in Nuova giur. civ. comm., 2012, I, p. 298. Come si sa una cospicua parte della giurisprudenza di merito, nonostante l’art. 9 faccia riferimento alla vendita in luogo del richiamo alla sola subfornitura, era diversamente orientata. V., inizialmente, Trib. Taranto, 17 settembre 2003, in Danno e resp., 2004, I, p. 65 e, tra le più recenti, Trib. Roma, 17 marzo 2010, in Foro it., 2011, I, 1, c. 255 e Trib. Roma, 19 febbraio 2010, ibid., c. 256, ambedue propense a trascurare (discutibil- mente) la circostanza che l’art. 9, lungi dall’essere circoscritto alla dipendenza in danno del subfornitore, involge anche la c. d. dipendenza da assortimento. Per una rilevanza dell’art. 9 quale norma a valenza generale x. Xxxx. Xxxxxx, 00 marzo 2010, in Giur. comm., 2011, II, p. 1471 ss. In dottrina, per una messa a punto del problema, v. X. XXXXXXX, La subfornitura, in I con- tratti per l’impresa, cit., I, pp. 225 – 228.
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semplice) prova di non essere riuscita a reperire sul mercato alternative soddisfacenti. E qui probabilmente, l’insidia che si tratti di un’aggiunta superflua è sennò pericolosamente in agguato15, si radica il tratto di differentia specifica.
Prima facie, infatti, l’art. 62 sanziona l’abuso senza contemplare, come co-elemento di applicabilità, la dipendenza economica dell’impresa prevaricata: quindi la rilevanza del puro abuso, sempre che si sostanzi in un signi- ficativo squilibrio eletto questo sì ad indiscusso pre –requisito tipologico di azionabilità (v. art. 1, c. 1 d. m. 199/2012 ed art. 4 Regolamento istruttorio AGCM), si mostra provvista di un perimetro più allargato. Non meno plausibil- mente si potrebbe però – è vero- replicare che la dipendenza economica è da supporsi, in real- tà, come uno stato implicito per l’impresa agri- cola o agroalimentare inserita in un rapporto di filiera: già c’è, d’altra parte, il testo recente- mente novellato dell’art. 9 che, per l’ipotesi di una violazione diffusa e reiterata della discipli- na sui ritardi di pagamento, ipotizza un abuso, in danno delle imprese piccole e medie, «a pre- scindere dall’accertamento della dipendenza economica»16. Ma se anche così fosse un di- stinguo continuerebbe a correre nitidamente tra le due disposizioni in quanto, ove un coltivatore diretto o un’impresa agroalimentare volessero eccepire un abuso causa, oltre che di danni, di una nullità (parziale) del contratto17, dovrebbe allora immaginarsi un’applicazione concorrente dell’art. 9: il quale, fuori per l’appunto dell’ipotesi che non a caso si è dovuto testual- mente affidare all’ultimo periodo del comma 3- bis18, non sembra conoscere od ammettere una
15 Di un art. 62 che corre il rischio di essere o di presentarsi come «un’inutile superfetazione» discorre X. XXXXXXXXX, Nuovi abusi contrattuali: percorsi di una clausola generale, in Danno e resp., 2012, p. 1165 ss.
16 V. art. 10, c. 2, l. 180/2011. Chi ragiona di tutela per l’impresa vessata o prigioniera del proprio contratto si iscrive in questo ordine di idee.
17 Sulla premessa, naturalmente, che una nullità non sia già pro- spettabile ai sensi dell’art. 62. V. infra nei §§ che seguono. Pare difficile, come viceversa si è pure prospettato, che l’art. 9 possa invece venire invocato per denunziare un abuso atipico, nel senso di non ricompreso nelle fattispecie tipizzate di cui al se- condo comma dell’art. 62. La formula finale, sul divieto di «o- gni ulteriore condotta commerciale sleale», non sembra infatti lasciare spazio ad interpretazioni diverse.
18 Il rilevare legislativamente funge così da indice qualificato di eccezionalità della previsione. Ergo nessuna tutela in difetto di prova della dipendenza. In dottrina si fa notare, seppur critica-
dipendenza in re ipsa. Che l’art. 62 voglia allo- ra restituire l’immagine di una tutela dell’impresa agricola come professionista de- bole, nell’ottica di una minorità seu di un’asimmetria protetta a prescindere dalla veri- fica dell’impatto complessivo che gli illeciti avvenuti possano poi produrre sul mercato ? Se così fosse, il parallelismo col consumatore, nel senso di garantire un soggetto sì professionista ma la cui subalternità è presunta ex iure, non sarebbe per nulla bizzarro o fuorviante. Con una precisazione però: l’art. 62, come si è cer- cato di evidenziare, si applica a tutti i rapporti di filiera nei quali si abbia la cessione di pro- dotti agricoli ed alimentari. Di conseguenza, la rappresentazione nello specifico del contraente protetto muta in ragione del contesto di filiera coinvolto. Se, in prima battuta, il contraente debole sarà il produttore, successivamente non è affatto escluso che un analogo appellativo competa al cessionario, per es. il distributore rispetto alla grande impresa agro-alimentare o agro-industriale. Si pensi, ma gli esempi po- trebbero essere più d’uno, alle clausole che im- putino al fornitore tutti i costi di distribuzione dei prodotti ceduti dall’azienda produttrice ov- vero alle pattuizioni che subordinino la fornitu- ra all’inclusione, nel listino di vendita, di tutta una certa gamma o linea di prodotti.
Si materializza così quella che davvero do- vrebbe poi costituire la vexata quaestio: di là da quelli che possano essere gli elementi identifi- cativi della fattispecie, il problema invero è ca- pire se la differenza tra le due previsioni sia tale da involgere le stesse tecniche di tutela, come adombrato da chi19, per la verità in una maniera non sempre lineare, ha prospettato un ricorso all’art. 9 allorché il produttore agricolo vessato intenda domandare, accanto o in luogo del ri- sarcimento dei danni, la declaratoria di nullità della clausola abusiva. Il che, come si anticipa- va, lascerebbe intendere un caratterizzarsi dell’art. 62 a guisa di una disposizione com- plementare, il qualificativo stando ad indicare
mente, che l’art. 3-bis potrebbe sempre leggersi nel senso che
«nei rapporti intersoggettivi sarebbe comunque necessario pro- vare la dipendenza economica» (così X. XXXXXXX, La subforni- tura, cit. p. ).
19 Il riferimento è a X. XXXXX, I contratti di cessione dei prodot- ti agricoli e alimentari (e quelli di cessione del latte crudo): nuovi tipi contrattuali per il mercato agroalimentare?, in Nuo- ve leggi civ. comm., 2013, I, p. 226.
che il suo spazio di operatività si ritaglia tra i due estremi della disciplina in materia di su- bfornitura e di quella codicistica.
3. Obblighi di comportamento, condotta scorretta e prezzo iniquo: una map- patura dei possibili rimedi ad un pro- blema di hold-up. Spunti da Xxxx. 21255/2013?
Ai sensi dei commi 5, 6 e 7, la violazione dei divieti di abuso determina l’irrogazione di san- zioni amministrative pecuniarie disposte dall’AGCM20, con un comma 10 prima parte preposto poi a garantire il diritto del contraente vessato a domandare il risarcimento dei danni21. Una procedura di inibitoria della pratica com- merciale sleale, a parziale imitazione di quanto si legge nell’art. 37 c. cons22., è attivabile anche dalle associazioni di categoria, sempre ai sensi dell’art. 62, c. 10, seconda parte. Quindi, prima facie, nessuna tutela invalidante o di caduca- zione del contratto23.
Difficilmente potrà però sfuggire la notazio- ne che il disposto de quo ha natura di norma imperativa. Di qui l’interrogativo più stringente ed in pari tempo più intrigante: quid iuris quan- do l’effetto dell’abuso si sostanzia nella pratica
di un prezzo squilibrato ovvero, volendo ri- prendere la formula che si legge nell’art. 4, c. 2 del d. m. 199/2012, in prezzi «palesemente al di sotto dei costi di produzione medi dei pro- dotti oggetto delle relazioni commerciali e delle cessioni da parte degli imprenditori agricoli »?
La norma si presta, per la verità, ad almeno tre interpretazioni: e molto, se non tutto, dipen- de in realtà da quale vestimentum si vuol riser- vare, in un rapporto obbligatorio di durata ove le parti hanno solitamente predeterminato la quantità delle rispettive prestazioni24, al potere rideterminativo del giudice.
Nel dettaglio, quando si fa questione di un abuso da sfruttamento allo scopo di ricavarne un sovraprofitto25, la prima ricostruzione si do- vrebbe così sintetizzare.
La nullità, è vero, non è testualmente com- minata: ma l’art. 62, c. 2 è quasi un calco dell’art. 102 TFUE, il quale a sua volta è ripro- dotto quasi alla lettera dall’art. 3 della legge an- xxxxxxx00. L’unico distinguo, certo non margina- le, risiede nel fatto che l’abuso, nell’ordito dell’art. 62, rileva ex se senza che debba sussi- stere una posizione di dominanza sul mercato. Orbene, la giurisprudenza è stabile nel ricono- scere che la violazione dell’art. 3 l. 287/1990, in quanto trattasi di una norma cogente, genera nullità27: ai sensi perciò dell’art. 1418, c. 1, ve-
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20 Il loro importo –una somma compresa fra 516,00 e 3.000,00 Euro- è inferiore a quello comminato per la violazione degli obblighi formali di cui al comma 1. Il che non può non fare du- bitare, se manca un ragguaglio tra misura della sanzione e l’utilità tratta dall’infrazione difetta evidentemente un’autentica carica dissuasiva, dell’effettività dell’apparato punitivo predi- sposto. Convince poco, perciò, il rilievo di X. XXXXXXX, Libe- ralizzazioni, “terzo contratto” e tecnica legislativa, cit. p. 98 che dalla previsione di una sanzione amministrativa deduce un vantaggio per chi abusa e correlativamente un’esclusione della nullità perché, in caso contrario, «nessun beneficio l’operatore potrebbe aver tratto». Delle utilità infatti potrebbero ben esservi giacché, per quanto nulla, la clausola abusiva in fatto consolida degli effetti.
21 La tutela risarcitoria può venire domandata anche dalle asso- ciazioni dei consumatori e dalle categorie imprenditoriali.
22 Parziale perché l’art. 37 ha per oggetto l’utilizzo di c.g.c. del- le quali sia accertata la vessatorietà, laddove l’inibitoria dell’art. 62 concerne tutti «i comportamenti in violazione» dei commi uno e due della disposizione in oggetto. Quindi il suo perimetro di azione è estremamente più ampio.
23 Nell’art. 6 c. 2 del d.m. 199/2012, contenente il regolamento attuativo dell’art. 62, si legge infatti che può configurare una condotta sleale il rifiutare «il pagamento dell’intero importo pattuito per la fornitura a fronte di contestazioni solo parziali relative all’adempimento della medesima». Ma si tratta, com’è di tutta evidenza, di un’applicazione del principio contenuto nell’art. 1460, x. 0, x.x.
00 Xx xxxxxxxxxxxxxxxxx, xx dice bene X. XXXXXXXXXX, I contrat- ti del mercato agroalimentare: alcune considerazioni di sintesi, cit. p. 59, ha per l’acquirente il vantaggio di sapere quanto e che cosa potrà commercializzare, programmando così anticipa- tamente la propria attività strategica di mercato. Il produttore, a sua volta, se da un lato sa dove allocare un prodotto –facilmente deperibile- per quantità definite ex ante, dall’altro si cautela, visto che il corrispettivo è già stato convenuto, dalle successive oscillazioni del prezzo nelle diverse piazze di mercato. Ecco perché si parla, nella logica di un mercato globalizzato, di una
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«contrattazione preventiva dei prodotti agricoli [avente] due facce».
25 Per questa formula, che differenzia la suddetta figura da quel- la contigua di un abuso di impedimento, v., in luogo di tanti, X. XXXXXXX, Invalidità del contratto e disciplina imperativa del mercato, in Contratto e antitrust, a cura di X. Xxxxxxxx – X. Xxxxxxx, Bari, 2008, p. 185 ss.
26 Lo fa notare X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti per i prodotti agricoli e alimentari, cit. p. 24.
27 V. App. Roma, 16 gennaio 2001, in Giur. comm., 2002, II, p.
362; App. Milano, 19 aprile 2005, in Foro it., 2005, c. 2155 ss. e Trib. Salerno, 29 giugno 2009, inedita. Con riguardo poi al disposto dell’art. 33, c. 2 legge antitrust, x. Xxxx. 00 xxxxxxxx 0000, x. 0000, xx Xxxx xx., 2012, I, c. 2764. Di un art. 62 come
«tipizzazione normativa dei principi guida delle relazioni nego- ziali, introducendo[si] norme imperative non derogabili dalle parti» discorre A. ARGENTATI, La disciplina speciale delle rela- zioni commerciali nel settore agroalimentare. Riflessioni sull’art. 62 l. n. 27 del 2012, cit. p. 446.
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nendo qui in gioco una disposizione imperativa imperfetta. Ma nullità assoluta, in via immedia- ta si vuole infatti tutelare la migliore funzionali- tà possibile del mercato agroalimentare, rileva- bile per ciò stesso officiosamente, col solo tratto peculiare di essere unilateralmente direzionata in quanto, se l’espunzione della clausola si tra- slasse all’intero contratto, verrebbe vanificato il fine protettivo mediato: qui quell’interesse sin- golare dell’impresa prevaricata che, almeno di norma, è da supporre sarà al contratto.
Quindi, volendo ricapitolare, una nullità che non decampa dalla disciplina di diritto comune, se non per l’eccezione incistata nel disposto dell’art. 1419, c. 1, col risultato che, caduta la clausola sul prezzo anticoncorrenziale e ridotto- si teleologicamente l’effetto ablativo28, si vedrà un giudice «sostituire il prezzo abusivo interro- gando il mercato o simulandone il funziona- mento»29. Per es., in un contratto di sommini- strazione o di fornitura per x annate agrarie ove si lamenti la nullità della clausola sul prezzo, una rideterminazione condotta tramite il com- binato disposto degli artt. 1474 e 1561 c.c30.
Qui –è vero- le opinioni potranno -lo sono state da subito già a margine dell’art. 9- mo- strarsi divergenti: è ipotizzabile, previa una ri- duzione teleologica della regola di cui all’art. 1419, c. 1, una nullità correttiva che fa da sponda ad una equità integrativa secondo le
28 V., sub art. 9 l. 192/1998, ANT. ALBANESE, Abuso di dipen- denza economica: nullità del contratto e riequilibrio del rap- porto, in Europa dir. priv., 1999, p. 1183 ss.
29 Così M. BARCELLONA, I nuovi controlli sul contenuto del contratto e le forme della sua eterointegrazione: Stato e mer- cato nell'orizzonte europeo, cit. p. 54. Ad una nullità correttiva, ma che non sostituisce, pensa X. XXXXXXXXXX, Antitrust e abu- so di responsabilità civile, in Danno e resp. 2004, p. 473 s., con una formula che ben si presta ad agglutinare i casi nei quali si abbia un prezzo iniquo per eccesso, perché allora sorgerà conte- stualmente un diritto a ripetere ex art. 2033 quanto in più è stato indebitamente pagato, ma non le ipotesi di prezzo abusivo per difetto. In quest’ultimo caso, se non si ritiene che la legislazio- ne sull’abuso sia andata ad impattare sul disposto dell’art. 1374, si dovrebbe avere, con tutta probabilità, una nullità dell’intero contratto. Trattandosi di un essentiale negotii, il prezzo chiama infatti in causa l’art. 1419, c. 1 c.c., nell’ottica perciò di un’inseparabilità della clausola. V., comunque, infra nel testo. 30 Salvo ritenere che, a cagione dell’essenzialità della clausola, si abbia una nullità dell’intero contratto accompagnata da una tutela dell’impresa vessata a titolo di ingiustificato arricchimen- to. Prospetta l’alternativa, senza pronunziarsi nel merito circa l’operatività dell’art. 1657 c.c. perché doveva statuire limita- mento ad una questione di competenza della Corte d’appello ex art. 33 l. antitrust, Cass. 21 dicembre 2010, n. 25880 (est. Ror- dorf), in Riv. dir. ind., 2011, II, p. 220, in un caso relativo ad un contratto di appalto.
modalità di cui all’art. 1374 c.c.; in alternativa si può pensare, ma con qualche perplessità in più31, ad un art. 62 annoverabile, per il medio di un art. 1339 chiamato in causa dall’art. 1419, c. 2, tra le disposizioni provviste di una vis sosti- tutiva, quale norma cioè che conforma il rap- porto secondo una certa misura. E la misura di prezzo –almeno tendenzialmente32- sarà pari a quella praticata in filiere, territorialmente diver- se, ma concorrenziali ovvero a dei produttori non in uno stato di monocommittenza. Quindi una misura di controvalore espressa per rela- tionem.
Trattasi di due congegni dogmatici senza dubbio diversi, ma non lo è troppo di più la ci- fra del ragionamento: una nullità che cassa ed integra, vuoi per il tramite dell’art. 1374 o dell’art. 1339, attiva infatti un’eterointegrazione che avrà come fine di ri- condurre ad uno scambio mercantilmente giu- stificato ciò che l’abuso ha reso ingiustificato33. L’art. 62, in ambedue le versioni, è come se re- citasse nel senso che è fatto divieto, in caso di cessione di prodotti agricoli od agroalimentari, di fornire merci ad un prezzo inferiore a quello di mercato.
Per inciso, e con una maggiore linearità se trattasi di una nullità che chiama in causa l’art. 1374, nel caso l’abuso si dovesse invece so- stanziare in uno squilibrio di tipo normativo, va da sé che dovrebbe trovare applicazione la di- sciplina generale o quella del tipo contrattuale
31 Ha ragione la dottrina –v., al termine di una diffusa analisi anche storica (pp. 113 – 128), X. XXXXXXX, Abuso di dipenden- za economica e autonomia privata, Milano, 2003, p. 194 quan- do dice che il giudice può avere «certi poteri». E di nuovo que- sta dottrina sembra cogliere nel segno quando fa notare che la giurisprudenza coeva alla promulgazione del nuovo codice era orientata nel segno di riconoscere al giudice un potere, ai sensi dell’art. 1339, quanto alla «determinazione dei parametri di mercato». Solo che questa sensibilità, tanto nelle applicazioni giurisprudenziali successive quanto nel linguaggio della dottri- na, è andata persa. Ergo, se si vuol ragionare in termini di nulli- tà parziale, parrebbe più appropriato pensare che questo potere il giudice lo abbia giusta il disposto dell’art. 1374. V. comun- que infra più diffusamente.
32 V., per misure sostitutive diversamente ispirate, sulla scorta di quella che poi è la giurisprudenza della Corte di giustizia, X. XXXXXXX, Invalidità del contratto e disciplina imperativa del mercato, cit. p. 189.
33 V., sintetizzandone al massimo il discorso, M. BARCELLONA, I nuoni controlli sul contenuto del contratto e le forme della sua eterointegrazione: Stato e mercato nell'orizzonte europeo, cit. p. 50 (c’è «una logica mercantile che coattivamente con- forma lo scambio che ad essa volesse sfuggire»). E v. anche X. XXXXXXX, La subfornitura, cit. p. 230.
di riferimento, secondo il canovaccio di un di- ritto dispositivo governante i casi di incomple- tezza per vessatorietà ogni qualvolta risultano travalicati i limiti entro i quali l’ordinamento riconosce giuridicità al potere di predisposizio- ne unilaterale del professionista. Si pensi, limi- tando l’esemplificazione a quelle che risultano ancora essere delle prassi standardizzate, a clausole penali sproporzionate rispetto all’entità del pregiudizio sofferto, a forme di ius variandi con efficacia retroattiva, all’imposizione di termini eccessivamente anticipati rispetto alla scadenza del contratto (al fine di comunicare la disdetta) o, ancora più nello specifico, alla pre- visione di somme forfettarie che il fornitore de- ve anticipare per compensare i minori profitti che potrebbero derivare dalla rivendita dei suoi prodotti. Tutte ipotesi che, l’accostamento vie- ne facile, riproducono omologhe situazioni già normate per la verità, nei rapporti b2c, dall’art. 33, c. 2 c. cons. alle ll. f, i ed m.: mentre, quan- do dovesse farsi questione di una facoltà di re- stituire i prodotti fuori dei termini previsti dall’art. 1495 c.c., sarà giust’appunto proprio questa disciplina a trovare compiuta applica- zione. Una predisposizione unilaterale abusiva deve infatti intendersi alla stregua di una non predisposizione, con annessa operatività dell’art. 1374 c.c.
Resta inteso che si tratterebbe, in ogni caso, di una nullità che non è assorbente. Ove doves- se risultare che la clausola nulla ha occasionato all’impresa vessata anche altre perdite, vi sa- rebbe comunque modo di domandare il risarci- mento dei danni: naturalmente ai sensi dell’art. 62, c. 10, nell’ottica di una responsabilità della parte che ha dato causa alla nullità34, e non, come invece si sarebbe dovuto pensare se fosse mancata una comminatoria specifica, in forza dell’art. 1338 c.c.
Il quadro, come si può notare, è piuttosto e- laborato: ma, in questa prima versione, segue una logica che vede l’abuso, nei contratti a- simmetrici tra imprese integrate verticalmente, retto da delle nullità le quali, contrariamente a quanto si registra nell’area dei rapporti b2c, è preferibile pensare si iscrivano nel disposto
34 Con una vessatorietà della clausola che elide, come si fa no- tare, «la prospettazione di un concorso della parte assoggettata, il quale possa servire ad escludere o limitare la responsabilità di chi ne sia autore» (così X. XXXXXXXXXX, Antitrust e abuso di responsabilità civile, cit. p. 474).
dell’art. 1421 c.c., appartenendo al genus delle invalidità di diritto comune35. In quanto tali soggette ad una rilevabilità officiosa che, per effetto di quanto sentenziato dalle S. U. nella notissima sentenza 14828/2012, è incondiziona- ta. Né il rilievo deve sorprendere: il fatto che l’impresa vessata abbia diritto ad una tutela non va per vero scambiato col diritto ad infirmare il contratto sulla scorta della stessa tutela prevista per lo scambio o la fornitura di consumo.
E tuttavia, come si diceva, si può leggere la norma anche con altre due modalità, una in par- ticolare provvista di un appeal che da tempo, nell’area che tematizza il c.d. terzo contratto, riscuote un discreto accreditamento tra gli in- terpreti.
Si potrebbe pensare, ad imitazione di quanto è stato suggerito per l’art. 9 l. 192/199836, ad un art. 62 rilevante come una disposizione che dà ingresso a due rimedi: la nullità –del contratto però- ove il produttore abbia interesse a liberar- si dal vincolo ovvero il risarcimento dei danni, se il riequilibrio del sinallagma, insieme alle al- tre utilità che il contratto pendente assicura, rie- sce a compensare il pregiudizio occasionatosi. Il sottinteso di questo ragionamento è che, al- meno sotto il profilo degli effetti economici ri- fratti, l’accoppiata validità del contratto – risar- cimento del danno sia equipollente al binomio nullità parziale - integrazione: col vantaggio, si chiosa, di non dover alambiccare su discussi (ed incerti) «poteri di rideterminazione accorda- ti al giudice»37.
Questa interpretazione perché regga postula, nell’ordine:
-una nullità a legittimazione relativa (sì da evitare il paradosso di un’azione promossa dall’artefice dell’abuso al deliberato scopo di
35 V., in special modo, X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti per i prodotti agricoli e alimentari, cit. pp. 19 – 22.
36 V., con ampia ed articolata disamina, G. VILLA, Abuso, buo- na fede ed asimmetria nei contratti tra imprese, in Annuario del contratto 2010, diretto da X. X’Xxxxxx e X. Xxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 71 ss.
37 Così G. VILLA, op. ult. cit. p. 72, al quale sembra aderire A. D’ADDA, La correzione del ‘contratto abusivo’: regole disposi- tive in funzione ‘conformativa’ ovvero una nuova stagione per l’equità giudiziale?, in Bellavista e Xxxxx (a cura di), Le invali- dità nel diritto privato, Milano, 2011, p. 394. Ma, per il (signi- ficativo) rilievo, che «neppure necessariamente vero [è] che le due strade -[cioè la rideterminazione del prezzo e la domanda di risarcimento del danno]- portino sempre al medesimo risultato economico» x. Xxxx. 00 dicembre 2010, n. 25880, cit. (in moti- vazione).
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sciogliersi da un vincolo del quale si è nel frat- tempo pentito),
-una nullità non rilevabile d’ufficio, in con- siderazione del fatto che, per la mancata previ- sione di una parzialità necessaria, l’agire offi- ciosamente si tradurrebbe in una caducazione integrale del contratto);
-una nullità surrettiziamente sanabile o ri- nunziabile, visto che è nella piena ed insinda- cabile disponibilità dell’impresa vessata valuta- re se agire in nullità, con annessa ripetizione dell’indebito, ovvero orientarsi per il mero rie- quilibrio delle prestazioni. Quindi una nullità virtuale di protezione ma totale, anomala per ciò stesso in quanto le nullità di protezione soli- tamente si caratterizzano ex positivo iure per- ché a parzialità necessaria. Può parlarsi, con una formula ad effetto, di un art. 62 valevole come una disposizione che rimette al soggetto danneggiato da una negoziazione imperfetta l’electio tra due rimedi, il secondo dei quali configura un’ipotesi testuale di responsabilità precontrattuale da contratto sconveniente38. Il catalogo dei casi testuali di culpa in contrahen- do da contratto valido passerebbe così dall’ipotesi marginale del dolo determinante del terzo (ignorato però dal contraente che ne abbia tratto vantaggio: art. 1439, c. 2 c.c.) ad una fat- tispecie provvista di un ben più ampio spettro, in significativa assonanza con quanto sentenzia- to, del resto, sia dalle Sezioni Unite nel leading
38 Devesi per altro precisare che, al fine di orientare in concreto questa electio, molto dipenderà dal modo in cui le parti hanno convenuto il pagamento del prezzo. Gli è infatti che una nullità di protezione del contratto potrebbe tornare utile al produttore ove la si potesse eccepire prima della consegna, a mo’ di ecce- zione neutralizzante l’intimazione –ad adempiere- della contro- parte. Xxxx, sulla premessa di una nullità del contratto in ogget- to, il produttore sarebbe anche nella condizione di disporre va- lidamente della merce con un terzo, da cui un obliquo effetto dissuasivo che potrebbe indurre l’impresa prevaricatrice a non persistere nell’abuso. Epperò, la situazione si capovolge nel caso il contratto non sia annoverabile tra le ipotesi di cessione preventiva della produzione ed il prezzo sia esigibile dopo la consegna. Qui infatti la nullità del contratto avrebbe come risul- tato, visto che la restituzione in natura sarà difficilmente conse- guibile, un diritto a ricevere il controvalore della merce non restituita, per un importo pari al prezzo di mercato che delle res integrae della stessa specie hanno al momento in cui
«l’obbligazione restitutoria si converte in quella risarcitoria» (così X. XXXXXXXXXX, I contratti del mercato agroalimentare: alcune considerazioni di sintesi, cit. p. 59). Ovvio poi che, se il prezzo corrente al tempo della restituzione dovesse risultare inferiore a quello che il prodotto fornito aveva al tempo della stipula, all’impresa abusata spetterà una differentiam specificam ai sensi dell’art. 1338 c.c.
case paradigmatico 26725/200739 che – funditus- dalla recentissima Cass. 21255/2013, resa dalla terza sezione civile, per la quale do- vrebbe ormai ritenersi generalmente ammessa la «proponibilità di un’azione di risarcimento del danno per violazione della regola di buona fede durante le trattative pur in presenza di un contratto valido, e, comunque, in assenza di una domanda di impugnativa del medesimo, perché della stessa non ricorrono (più) i presupposti»40. Stando infatti a questo decisum, dovrebbe esse- re pacifico che, chi condiziona scorrettamente la libertà contrattuale della controparte, debba risponderne in via risarcitoria ancorché la sleal- tà «non sia tale da integrare il paradigma nor- mativo di uno dei vizi del consenso come disci- plinati dal codice». Dopo di che però va anche detto, onde evitare di sviare il lettore, che il de- cisum 21255/2013 in realtà ammette una re- sponsabilità precontrattuale a maglie strette, se è vero che il ricorso ad una tutela risarcitoria andrebbe contemplato solo quando la vittima
«non possa esperire le impugnative contrattua- li», generali o del singolo tipo. Si discorre te- stualmente di «uno spazio residuo»41. Ebbene, riferito all’art. 62 per come letto da questa dot- trina, il discorso sarebbe assai diverso perché il contraente prevaricato potrebbe invece sceglie- re tra una tutela ablativa ed un risarcimento. Un surplus di tutela, quindi ?
4. Segue: le aporie della nullità di prote- zione e la parzialità dell’effetto abla- tivo.
Il problema –beninteso- non concerne tanto l’esattezza del fatto che l’art. 62 dia corpo ad una nullità assoluta o relativa, rilevabile offi- ciosamente oppure no: sta anzitutto nel doman- darsi se sia corretto far dipendere questi due
39 V., su questo punto specifico, X. XXXXX, La nullità virtuale del contratto dopo la sentenza Xxxxxxx, in Danno e resp., 2008,
p. 536 ss.
40 Così Cass. 17 settembre 2013, n. 21255, dove poi una fitta disamina degli argomenti critici addotti dalla dottrina che con- testa, non senza fondamento, la teoria dei vizi incompleti del contratto.
41 Alla lettera di una risarcibilità della fattispecie concreta che
«si caratterizzi per un quid pluris e per un quid alii rispetto ad una “semplice” violazione della norma di cui all’art. 1337 c.c.». In argomento v., inter alios, X. XXXXXXXX, Il contratto nel mer- cato globale, in Contr. impr. 2013, p. 69 ss.
connotati dalla circostanza che, introducendo una nullità parziale del contratto, si darebbe in- gresso a ciò che questo dottrina preliminarmen- te esclude, cioè un potere di rideterminazione accordato al giudice. Dopo di che, vero è che il richiamo, in via diretta o per analogia42, dell’art. 1339 c.c. incoccia nel limite di un art. 62 che non ne riproduce quell’automatismo del- la sostituzione, vera conditio sine qua non per- ché esso operi. Per quanto infatti la si snellisca, l’unità minima essenziale dell’art. 1339 c.c. sembra postulare una preesistente clausola so- stitutiva, se non si vuol perdere il distinguo che passa tra una forma di ortopedia di diritto ed una che si invera per il medio discrezionale del giudice43. È un distinguo che la Cassazione ha trovato modo, sia pure con un obiter rimasto misconosciuto, di ribadire anche recentemente, là dove ha escluso che l’inserzione successiva, in contratti di assicurazione, di premi diversi ridotti del 20%, possa avvenire ai sensi dell’art. 1339 c.c. in quanto le determinazioni dell’AGCM non sono equiparabili alle norme imperative in materia di prezzi44.
Quindi, per lo meno nelle applicazioni giuri- sprudenziali domestiche, allo stato non trova fortuna un’interpretazione evolutiva dell’art. 1339 associata a norme che prescrivano ai pro-
fessionisti di praticare un prezzo di mercato45. E tuttavia, proprio nella prospettiva di un’interpolazione giudiziale di clausole avente funzione correttiva, residua la variabile, tratteg- giante in realtà una vicenda «analoga al mecca- nismo dell’art. 133946» epperò diversa per una (ineliminabile) discrezionalità concretizzativa del giudice47, di una nullità parziale che attiva l’equità ex art. 1374 c.c.. Quell’equità che, va- lorizzando il singolo contesto circostanziale di riferimento, è in grado di addivenire ad un prezzo di giustezza, come parrebbe adombrare la stessa Cassazione a proposito del ricalcolo di premi assicurativi eccessivamente elevati da ri- portare alla misura correttamente dovuta48, nel- la prospettiva di un bilanciamento dei contrap- posti interessi. Tra l’altro, neanche è detto che un’integrazione si abbia poi sempre. Ove infatti il prezzo di vendita dovesse risultare iniquo perché eccessivamente alto, una nullità che si limita a correggere, nel senso che mutila il prezzo della quota parte costituente «il guada- gno dovuto allo sfruttamento»49, avrà per vero l’effetto di scansare ex ante, per l’impresa dan- neggiata si farà evidentemente soltanto questio- ne di ripetere quanto ha dovuto in più indebi- tamente pagare, qualsivoglia genere di vicenda integrativa. La differenza tra la sostituzione au- tomatica di clausole e questa nullità puramente
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42 L’utilizzo analogico dell’art. 1339, con riguardo ai casi di dipendenza economica, è suggerito da A. BARBA, L’abuso di dipendenza economica: profili generali, in La subfornitura nel- le attività produttive, a cura di Xxxxxxx, Napoli, 1998, p. 354.
43 E qui si ritiene che l’appellativo di giudiziale, donde il ri- mando all’art. 1374 in luogo dell’art. 1339, spetti in senso pro- prio anche alla sostituzione della misura oggettiva, «seppur non definita in termini aritmetici ma individuabile per relazione» di cui, con riguardo ai parametri di mercato, elegantemente discor- re X. XXXXXXX, Invalidità del contratto e disciplina imperativa del mercato, cit. p. 190. Della stessa v., xxxxxxx, sub art. 1339, in Dei contratti in generale, a cura di Xxxxxxxxxx ed Orestano, Torino, 2011, I, p. 518 s. Di recente si è sostenuto che l’art. 1339 trova applicazione, «secondo i più recenti indirizzi anche in mancanza di un’espressa statuizione, in ragione della rile- vanza degli interessi tutelati» (così X. XXXXXXXXX, Il rimedio della nullità parziale e la ricostruzione del sistema, in ID., Au- tonomia privata e rimedi in trasformazione, Torino, 2013, p. 59): il che è esatto ma tutto fuorché risolutivo. Nell’art. 62 manca infatti un’implicita clausola sostitutiva ed incontroverso rimane perciò il (vero) problema se l’art. 1339, assodato che una volontà difforme delle parti rispetto al conservarsi del con- tratto senza la clausola emendata difetta di un qualsiasi rilievo, contempla od esclude una specificazione «della disciplina “im- posta”» (così X. XXXXXXX, sub art. 1339, cit. p. 518) per via giudiziale.
44 Il riferimento è a Cass. 18 agosto 2011, n. 17351, in Giust. civ., 2011, I, p. 1960 ss.
45 Per quanto sia vero, come fa notare X. XXXXXXX, sub art. 1339, cit. p. 522, che l’applicare l’art. 1339 «non fa venir meno la possibilità per il soggetto cui la misura è imposta, di valutare ex ante la convenienza economica dell’affare».
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46 Così, puntualmente, X. XXXXXXXXX, Ancora sui rimedi civili conseguenti ad illecito antitrust, in Xxxxx e resp., 2005, p. 248.
47 Quella discrezionalità che, giust’appunto, l’art. 1339 non consente: cfr. X. XXXXXXX, sub art. 1339, cit. p. 518.
48 Perché, escluso l’operare dell’art. 1339, «verrebbe piuttosto da pensare ad azioni di riconduzione ad equità del corrispetti- vo, quale rimedio risarcitorio a fronte della responsabilità con- trattuale e/o precontrattuale»: così, seppure in una maniera non limpidissima, Cass. 18 agosto 2011, n. 17351, cit. (in motiva- zione: c. vo aggiunto). Non si riesce infatti esattamente a com- prendere se la correzione, nella parabola argomentativa della Corte, dovrebbe avvenire, nell’ottica del cd. quarto vizio della volontà, ai sensi dell’art. 1448 (così X. XXXXXX, Mercato con- correnziale e teoria del contratto, in Riv. dir comm., 1999, I, p.
116) ovvero in forza dell’art. 1374. Si intuisce che dovrebbe trattarsi di una correzione legata al contesto situazionale nel quale versa la singola impresa. Quindi, diversamente dalla pro- spettiva che imporrebbe l’utilizzo dell’art. 1339 (v. X. XXXXXXX, La subfornitura, cit. p. 230), non una correzione condotta su basi oggettive. Nel contempo, ragionare di premi aventi un importo corrispondente a quello che le imprese a- vrebbero potuto fissare in assenza di un’intesa illecita, chiara- mente non risolve.
49 Così X. XXXXXXXXXX, Antitrust e abuso di responsabilità civile, cit. p. 473.
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correttiva c’è e non è speciosa: una nullità che amputa limitatamente alla parte abusiva mima, in realtà, quella geltungserhaltende Reduktion la quale opera come se convertisse la clausola iniqua in una valida. Trattasi, insomma, di un rimedio che agisce alla stregua di una simil conversione (art. 1424 c.c.), qui non del con- tratto bensì di una clausola. Opporre d’altra parte, immaginando un’altra insidia della par- zialità, che l’art. 1474, c. 1 ultimo cpv. e c. 2 c.c., sull’utilizzo ove il prezzo non sia stato de- terminato di quello normalmente praticato dal venditore ovvero del prezzo desumibile dai li- stini o dalle mercuriali, non è più applicabile ai contratti dell’art. 62 visto che il primo comma prescrive che il prezzo sia puntualmente indica- to nel contratto50, varrebbe a poco. Vero infatti che l’art. 62, c. 1 sembra formalizzare una de- roga espressa al dettato codicistico: epperò, nel caso in cui sia iniquo, un prezzo all’origine c’è. Quindi, anche sotto questo profilo, nessuna contraddittorietà intrinseca di una nullità par- ziale.
Poi, per tornare alla veste da riservare alla suddetta nullità, non sarebbe granché persuasi- vo il legare il suo essere di protezione alla cir- costanza che trattasi di una comminatoria di- pendente dalla situazione complessiva che le fa da sfondo. È assodato infatti che pure un’invalidità assoluta può venire comandata non per un vizio della fattispecie o del suo con- tenuto ma per l’effetto che l’atto produce (es. art. 2, c. 2 legge antitrust). Nel contempo, iscri- vere l’art. 62 nella cornice di un ordine pubbli- co economico di direzione non ne vanifica certo un’obliqua (o per via riflessa) finalità protetti- va: la tutela di un interesse generale non esclu- de infatti che si abbia una coeva protezione dei soggetti «esposti alla sopraffazione di chi re- stringe la concorrenza»51. E poi, se davvero fosse esatto che l’art. 62 sottende assiologica- mente una nullità di protezione, allora si do- vrebbe riconoscere che si ha qui una curiosa nullità a legittimazione relativa bivalente in
50 L’osservazione si può leggere in X. XXXXXXXXXX, I contratti del mercato agroalimentare: alcune considerazioni di sintesi, cit. p. 60.
51 La notazione si legge in X. XXXXXXX, La ‘nullità di protezio- ne’, in Europa dir. priv., 2012, p. 79 (e v. anche p. 87, 89 e 91). Ma v., in modo ancor più stringente, X. XXXXX, Regolazione del mercato e interessi di riferimento: dalla protezione del consu- matore alla protezione del cliente?, in Riv. dir. priv., 2010, p. 19 s.
quanto a soggetto variabile. Xxxxxx, lo si evi- denziava poc’anzi, è senz’altro il produttore a- gricolo che ceda anticipatamente i suoi prodotti ad un prezzo incongruo, complice il rischio che il distributore orienti in caso contrario la do- manda di consumo verso beni di marche con- correnti, senza così patire una particolare fles- sione del volume del proprio fatturato perché i prodotti alimentari si sa scontano un alto tasso di sostituibilità52. In questa ipotesi sintomatica, effettivamente il rifiuto esporrebbe l’azienda produttrice al crollo del proprio fatturato in as- senza di canali distributivi parimenti efficienti. Sennonché, in seno a segmenti più avanzati del- la filiera, debole può ben diventarlo il cessiona- rio, per il quale assicurarsi la fornitura di un certo prodotto (materia prima o lavorato) must- stock per più annate sarà indispensabile tanto nell’ottica di una commercializzazione quanto in quella di una trasformazione del bene. Ma si può pensare anche al distributore che sia nuovo sul mercato e sconti quindi un sovraprezzo le- gato alla mancanza di una sperimentata affida- bilità. Ed allora che cosa si dovrebbe avere, il paradosso di una nullità a legittimazione mobi- le, non identificabile ex ante ma definibile a posteriori sulla scorta di un accertamento in fat- to connesso al segmento di filiera volta per vol- ta coinvolto ? Se così fosse, davvero si tratte- rebbe di una nullità protettiva in forma allotro- pica, inedita perché priva di equivalenti nel pa- norama normativo vigente. Per inciso, neanche varrebbe osservare che la parte artefice dell’abuso è sempre quella tenuta all’esecuzione della prestazione, neutra rispetto al tipo contrattuale53, del pagamento del prezzo, donde poi a contrario ricavarne l’altra protetta e legittimata, in quanto tale, ad agire: perché nel caso di abuso ai danni del fornitore, la con- dotta prevaricatrice proviene proprio dalla parte tenuta all’adempimento della prestazione indi- viduante il tipo.
In realtà, come si è ben scritto, l’art. 62 in- tende fissare «talune regole del gioco nei mer- cati agro-alimentari […] ciò nell’interesse ge-
52 Di una GDO che «esprime una domanda molto elastica nei confronti della quasi totalità dei prodotti alimentari» discorre X. XXXXXXXXX, Nuovi abusi contrattuali: percorsi di una clausola generale, cit. p. 1165 ss.
53 Si esprime così X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei con- tratti per i prodotti agricoli e alimentari, cit. p. 18.
nerale»54: e questo, per definizione, è compren- sivo anche di quello dei consumatori finali e degli operatori concorrenti. Quindi nullità, se la si vuole ammettere quale forma di private en- forcement, assoluta perché il risultato protettivo sta nella parzialità55, non nel tipo di legittima- zione.
Risultato, se l’inconveniente dogmatico di consentire una sostituzione di clausole per via giudiziale è, in realtà, all’origine di una confi- gurazione quale speciale o protettiva della nul- lità promanante dall’art. 6256, passare alla terza ipotesi ricostruttiva57, che di una nullità non te- stuale assoluta –per illegalità o financo per illi- ceità- esclude recisamente debba qui farsi que- stione, viene quasi istintivo.
54 Così, puntualmente, X. XXXXXXXXXX, I contratti del mercato agroalimentare: alcune considerazioni di sintesi, cit. p. 60.
55 V., inter alios, X. XXXXXXX, Contratto e regolamento nel piano d’azione delle nullità di protezione, in Riv. dir. civ., 2005, I, p. 462 s. ed X. XXXXXXX, Nullità, annullabilità inefficacia (nella prospettiva europea), in Contratti, 2003, p. 200 e 205.
56 Per inciso, un argomento che depone a favore della nullità assoluta alligna anche nell’abrogazione dei due enunciati che si leggevano nel testo originario dell’art. 62, c. 1 riguardo alla previsione, per i contratti aventi ad oggetto la cessione di pro- dotti agricoli e agroalimentari, di una forma scritta comandata a pena di nullità (primo periodo), rilevabile d’ufficio (ultimo pe- riodo). La soppressione di ambedue le prescrizioni era stata, dalla prevalente dottrina (v. X. XXXXXXX, Sul contratto di ces- sione di prodotti agricoli e alimentari, in Dir. giur. agr., 2012,
p. 385), raccomandata col rilievo che, non facendosi qui que- stione di una nullità di protezione, nell’ipotesi di contratto ver- bale o incompleto, l’eccepire o il rilevare il vizio avrebbe com- portato il venir meno dell’intero contratto, con gli annessi (ma anche ben poco protettivi) «obblighi restitutori per le prestazio- ni che fossero già state eventualmente svolte» (così X. XXXXX, I contratti di cessione dei prodotti agricoli e alimentari (e quelli di cessione del latte crudo): nuovi tipi contrattuali per il merca- to agroalimentare?, cit. p. 219). Nell’ordito dell’art. 62 non figura infatti una disposizione che ricalchi l’art. 2126 c.c. Orbe- ne visto che, procedendo alla novellazione del dato normativo, si è avuto conferma di un’intenzione storica del legislatore di comminare una nullità ordinaria (e non una formale di prote- zione), perché supporre allora che, come relativa, sia stata con- cepita quella non testuale riguardante i casi d’abuso? D’altra parte, pensare che la versione originaria dell’art. 62 conoscesse una nullità provvista di un doppio regime, mobile a seconda che
–comma 1- il contratto fosse amorfo (seu incompleto) ovvero – comma 2- squilibrato, pare francamente poco plausibile.
57 Per più di uno spunto utile, v. X. XXXXXXX, Liberalizzazioni, “terzo contratto” e tecnica legislativa, cit. p. 100.
5. Art. 62, c. 2, pratiche commerciali scorrette e lesione della buona fede in contrahendo ? Luci ed ombre di una norma ambigua.
Sulla premessa che difetta, nel sistema, una norma generale qualificante come illeciti i prezzi iniqui, giacché l’attributo dell’illecito non è tanto del prezzo ma concerne la condotta dell’impresa prevaricatrice, si potrebbe valoriz- zare il tratto di un art. 62 che bandisce, sia ana- liticamente (ll. a- d) che in via generale (lett. e)58, qualsiasi forma di condotta commerciale sleale, per tale poi dovendosi compendiosamen- te intendere ogni agire che si discosti da quella misura di correttezza che ragionevolmente ci si deve attendere da un professionista nel mercato di riferimento. Insomma, sono gli usi commer- ciali e le buone prassi che daranno contenuto e sostanza al divieto, mentre l’accertamento del ricorrere di condizioni contrattuali ingiustifica- tamente gravose è rimesso allo spoglio delle condizioni esistenti nella filiera di riferimento. Dopo di che però, com’è facile da intuire, se a fare da pendant al nuovo è pur sempre quel ca- none generale di correttezza di cui per es. all’art. 2598, n. 3 c.c., volendo così pensare che il singolo atto di ingiustizia contrattuale gemini una vicenda di concorrenza sleale59, si avrà che l’art. 62 molto banalmente rappresenta sub spe- cie contractus, null’altro che una concretizza- zione settoriale dell’art. 1440 c.c.: donde la previsione normativa di una validità del con- tratto unitamente all’obbligo di risarcimento del danno per le condizioni non eque imposte al produttore debole60. Per inciso, il fatto che,
58 Secondo la formula della lett. e), xxxxx ricordarlo, è bandita ogni slealtà la quale «risulti tale anche tenendo conto del com- plesso delle relazioni commerciali che caratterizzano le condi- zioni di approvigionamento». Quindi sia a monte che a valle della filiera. Ma v. anche art. 4, c. 1 del d. m. 199/2012, secon- do il quale «rientrano nella definizione di “condotta commer- ciale sleale” anche il mancato rispetto dei principi di buone prassi e le pratiche sleali identificate dalla Commissione euro- pea e dai rappresentanti della filiera agro-alimentare a livello comunitario nell’ambito del Forum di Alto livello per un mi- gliore funzionamento della filiera alimentare» (c. vo aggiunto). 59 Nell’accezione che di questa ne dà X. XXXXXXXXX, Autonomia individuale e autonomia d’impresa, cit. p. 64, cioè concorrenza sleale nel «senso allargato di divieto di alterazione delle regole di buon funzionamento dei mercati».
60 Sub art. 3 legge antitrust, la più organica esposizione di que- sta tesi si legge nelle pagine di X. XXXXXXXXX, Xxxxxx sui rimedi civili conseguenti ad illecito antitrust, cit. p. 246 ss. e di X. X’XXXXX, Regole di validità e regole di comportamento nella
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quando l’impresa prevaricatrice sia in posizione dominante, la pratica di imporre prezzi iniqui venga ad infrangere una specifica regola di comportamento (art. 3 l. 287/1990), comunque non deporrebbe a favore della nullità, del con- tratto o di una sua clausola, ai sensi dell’art. 1418, c. 1 c.c.: per la precisa ragione che la comminatoria di una nullità non testuale è vi- cenda dell’atto (o di una sua parte) mentre qui il divieto di prezzi iniqui, in quanto forma di con- dotta sleale, si sostanzia in una «regola di com- portamento riguardante l’attività complessiva dell’impresa», senza tramutarsi in un divieto oggettivo che investa «la formazione o il conte- nuto della clausola di prezzo»61. Razionaliz- zando al massimo il discorso, si potrebbe in- somma dire che l’art. 62 ha di mira, in realtà, la repressione di comportamenti sleali nelle rela- zioni verticali tra imprese della filiera agroali- mentare, comportamenti tenuti abusando della propria forza commerciale: quella disciplina consumeristica delle pratiche commerciali scor- rette che, per effetto di quanto disposto dall’art. 7, co. 1 e 2 del d. l. 1/2012, è stata estesa alle
c.d. microimprese, ma così come identificate dall’art. 18 lett. d) c. cons., troverebbe così una sua prima concretizzazione ad hoc tra dei pro- fessionisti62. Un appiglio formale, per suffraga- re un’assimilazione che già l’art. 62, c. 2 lett. c) in una qualche maniera sottintende col richiamo degli usi commerciali, lo offre l’art. 4 del de- creto ministeriale 199/2012: non a caso rubrica-
formazione del contratto, in Xxx. xxx. xxx., 0000, X, x. 00. Per la validità del patto si pronunciava, per altro, già X. XXXX, Costi- tuzione e diritto privato nella «tutela della concorrenza», in Xxx. xxx. xxx., 0000, XX, x. 000 xx. Xx xxxx, viceversa, di una nulli- tà si incontra in X. XXXXXXX, Le invalidità, in I contratti in gene- rale2, a cura di X. Xxxxxxxxx, Torino, 2006, II, p. 1528. Da ulti- mo, in termini di risarcimento dei danni, si esprime X. XXXXXXXX, Disciplina antitrust e illecito civile, Milano, 2012, p. 54.
61 Così X. XXXXXXXXX, op. ult. cit. p. 248. Xxxxxxx, ID., La causa nei patti limitativi della concorrenza tra imprese, in Contratto e antitrust, cit, p. 127 s.
62 Così parrebbero intendere la disposizione in esame anche X. XXXXXXXXX, I contratti di filiera nel mercato agroalimentare, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2012, p. 17 e, più nitidamente,
X. XXXXXXX, L’inibitoria e l’azione per danni in caso di viola- zione dell’art. 62 del d.l. 1/2012, ibid., 2012, p. 6. Il che impli- ca però, sfruttando un suggerimento che si legge nella pagina di
X. XXXXX, Behavioural Law and Economics, regolazione del mercato e sistema dei contratti, cit. p. 180 che, quando una vi- cenda di contrattazione imperfetta interessi una singola nego- ziazione tra imprese vicendevolmente forti, allora i rimedi espe- ribili contro il deceptor siano quelli del «dolo ex artt. 1439 - 1440».
to testualmente “pratiche commerciali sleali”. E queste notoriamente, già nell’area dei rapporti b2c, non costituiscono una causa autonoma di invalidità –totale o parziale- del contratto63, fa- cendo piuttosto da presupposto –come recita l’art. 19, c. 2 c. cons.- all’applicazione delle “disposizioni normative in materia contrattua- le”.
Quindi un art. 62 che semplicemente vale da norma documentante una tipizzazione di abusi, illeciti ex se perché rilevanti senza il concorso di altri presupposti ?64 Se così fosse, l’effetto prospettabile sarebbe che non si potrà più sen- tenziare che la disparità di trattamento contrat- tuale non è abusiva quando il contraente che la pratica non agisce in posizione dominante, sulla premessa che, in un contesto siffatto, la dispari- tà sia «frutto del lecito esercizio dell'autonomia negoziale delle parti e trov[i] nella controparte un soggetto altrettanto libero di determinare le proprie scelte contrattuali»65. Il tutto, beninte- so, entro però i limiti di perimetrazione di una norma, come il regolamento procedurale dell’AGCM ha prontamente chiarito (art. 2)66, circoscritta alla filiera agroalimentare. Fuori in- fatti di quest’ambito, e cioè
-per una qualsiasi relazione commerciale tra imprese sì di filiera ma che non abbia ad ogget- to prodotti agricoli od agroalimentari, e
63 Perché «sotto i riflettori … c'è l'attività e non singoli specifici atti o comportamenti»: così, da ultimo, X. XXXXX, Rapporto di consumo e pratiche commerciali, in Europa dir. priv., 2013, p. 1 ss. e, più analiticamente, G. DE CRISTOFARO, Pratiche com- merciali sleali, in Enc. dir., Xxxxxx, V, Milano, 2012, p. 1114. In giurisprudenza x. XXXX, 00 marzo 2012, Perenicova e Pe- renic, C-453/10.
64 Questo, per es. è l’avviso di X. XXXXXXXXX, Cessione di pro- dotti agricoli e agroalimentari (o alimentari?): ancora un inde- finito movimento, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2012, p. 11 e, seppur incidenter, di X. XXXXXXX, La protezione dei consu- matori tra diritto civile e regolazione del mercato. A proposito dei recenti interventi sul Codice del consumo, in xxx.xxxxxxxxx.xx, 2013, p. 320 s., nt. 30.
65 Così Cass. 13 febbraio 2009, n. 3638, in Riv. dir. ind., 2009, II, p. 585 ed anche in Foro it., 2010, I, c. 1902 ss.. V, in dottri- na, X. XXXXXXXXX, Cessione di prodotti agricoli e agroalimentari (o alimentari?): ancora un indefinito movimento, cit. 11, se- condo il quale l’art. 62 avrebbe il preciso effetto di assicurare
«una ben più agevole sindacabilità di siffatti comportamenti».
66 Rubricato “Ambito di applicazione”, l’art. 2 è stringente nel- lo statuire che «il presente regolamento, adottato ai sensi dell’art. 7 del decreto ministeriale di attuazione, si applica ai procedimenti dell’Autorità in materia di disciplina delle rela- zioni commerciali concernenti la cessione di prodotti agricoli ed alimentari, con riferimento alle relazioni economiche tra gli operatori della filiera connotate da un significativo squilibrio nelle rispettive posizioni di forza commerciale» (c. vo. aggiun- to).
-nei rapporti inter-imprenditoriali, sprovvisti di un’integrazione verticale, ove un’impresa abusi della propria posizione di mercato,
torna a trovare applicazione la disciplina di diritto comune. Disciplina che, fatta eccezione per il plesso normativo riservato alla microim- presa, non conosce un omologo della tutela consumeristica67. Da cui, nelle due fattispecie indicate, proprio sull’assunto che non vi sia sta- ta una violazione qualificata o rilevante della buona fede oggettiva, il mancato operare di una qualche tutela che implichi una ritraslazione dei costi (e dei profitti) da un contraente all’altro.
Xxxxxx, stabiliamo pure allora che il fine dell’art. 62, c. 2 sia il «ripristino delle condi- zioni che l'ambiente professionale apprezza come necessarie ad una sana competizione»68: l’area interessata è, dunque, quella prossima o nei dintorni della concorrenza sleale, dischiu- dendo così ampie prospettive di svolgimento per l’art. 1337 c.c., nel panorama di una «di- mensione dinamica della trattativa», non rinser- rata «nella logica dell’atto e rilevante in sé a prescindere dalla conclusione del contratto»69. Così ricostruito, l’art. 62 neanche decampa dall’ordito che le Sezioni Unite hanno tratteg- giato nel già citato grand arrêt 26725/2007. E poi, se le sanzioni amministrative sono ancillari ad una (seppur flebile) funzione punitiva, è il risarcimento dei danni che si fa carico di presi- diare alla reintegrazione dell’interesse leso da
«scelte distorte70». Una reintegrazione che, per il fatto di doversi qui tutelare il diritto ad un giusto prezzo, può ben materializzarsi nella ve- ste di una parziale conversione dell’originario
67 Donde poi decisioni come quella del Trib. Forlì, 27 ottobre 2010, in Foro it., 2011, I, c. 1578 ss.: in un caso nel quale la Corte, pur riconoscendo all’art. 9 valenza di norma generale, ha escluso che l’impresa di autotrasporto potesse vantare una tute- la per abuso visto che non trovandosi in relazione di integrazio- ne verticale con l’altra impresa (nella specie, produttrice di sa- lotti) autrice del recesso, potrà disporre, fuori del settore mer- ceologico ove opera la recedente, di alternative soddisfacenti. E la possibilità di reperire altri partners commerciali mette fuori gioco, in questo schema di ragionamento, il principio di buona fede con l’annesso approfittamento della controparte.
68 Il passo si legge in X. XXXXX, Xxxxx concorrenza sleale alle pratiche commerciali scorrette, in Dir. ind., 2011, p. 45 ss.
69 Così X. XXXXX, Rapporto di consumo e pratiche commerciali, cit. p. e, più diffusamente, X. XXXXXXX, Pratiche commerciali scorrette e disciplina dell’attività negoziale, Bari, 2012, p. 91 ss. e p. 119 s.
70 L’espressione si legge in X. XXXXXXX, Mercato, razionalità degli agenti e disciplina dei contratti, in I contratti per l'impre- sa, cit. I, p. 89.
credito al pagamento in una obbligazione ri- sarcitoria. Dunque un art. 62 che combatte l’abuso per mettere in condizione gli operatori della filiera agroalimentare di agire sul mercato compiendo scelte razionali o tendenzialmente qualificabili come tali.
Il problema però qual’è: come si fa a pensa- re, se la dipendenza economica si assume vice- versa che sia un presupposto implicito dell’abuso contrattuale perpetrato ai danni dell’impresa agricola, che quanto è causa di nullità ai sensi dell’art. 9 l. 192/1998 non lo sia più per i contratti di integrazione verticale tra imprese della filiera agroalimentare ? Pur sem- pre infatti si tratterà di un abuso sì legato ad una condotta ma riversatosi contemporanea- mente in una o più clausole del contratto71. Per una coerenza interna del discorso, a seguire la tesi sunteggiata, si dovrebbe allora ritenere che l’art. 62 rilevi settorialmente alla stregua di una norma speciale, nel senso che la situazione di squilibrio sinallagmatico è ivi sì sufficiente ad integrare la fattispecie vietata dalla legge, eppe- rò con la sola facoltà per la parte che si senta danneggiata di agire, entro un termine di pre- scrizione è da supporre decennale, per il risar- cimento dei danni: ovvero, ma nel caso ricorra- no dei presupposti che non saranno però di a- gevole verificazione in quanto la violenza (art. 1435) ed il dolo (art. 1439) sono due vizi prov- visti di una precisa cifra identificativa a voca- zione individuale e non standardizzata72, per un
71 Rilievo diffuso: lo si legge opportunamente anche in X. XXXXXXXXX – A.M. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti di cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari,cit. p. 657.
72 Come nota X. XXXXX, Behavioural Law and Economics, re- golazione del mercato e sistema dei contratti, cit. p. 169, i vizi della volontà si materializzano secondo una forma manifestati- va che ha «basi individuali», non «socialmente tipiche». Lo scarto tra una pratica commerciale scorretta ed il canovaccio codicistico dei vizi della volontà rischia, in altre parole, di esse- re troppo profondo per immaginare il concreto operare, ecce- zion fatta per casi rariores, di tutele ablative. V., in luogo di tanti, X. XXXXX, Rapporto di consumo e pratiche commercia- li,cit. p. 9. Soltanto in parte degli spunti in senso contrario pro- vengono da Xxxx. 5 ottobre 2010, n. 20666, in Foro pad., 2011, I, c. 228, quanto ad un caso di violenza morale che annulla l’accordo, nella specie delle pressioni insistenti della contropar- te al fine di rideterminare, a condizioni peggiorative, il contrat- to. Nella (esigua) motivazione, la Corte non offre infatti argo- menti per una riformulazione in senso debole della nozione di violenza, limitandosi a ragionare di una quaestio facti insinda- cabilmente apprezzata dalla Corte d’Appello. Dopo di che non c’è nulla che autorizzi a sostenere che questo decisum, per giunta isolato, avalli una lettura dell’art. 1435 c.c. nei termini di una violenza economica invalidante. Per quanto la massima – soprattutto- si presti a fraintendimenti, si è pur sempre al co-
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eventuale annullamento del contratto73. Quindi, proprio perché si è unicamente avuta la viola- zione di una buona fede in contrahendo, sem- pre e comunque un rimedio di stretta «iniziati- va» e, in pari tempo, ad insindacabile scelta «di parte»74.
A supporto di un siffatto ragionamento si potrebbe addurre l’argomento sistematico che la nullità virtuale è edittalmente esclusa quando
«la legge», reputando un diverso rimedio me- glio acconcio alla protezione dell’interesse vio- lato75, «disponga diversamente». Ebbene l’art. 62, c. 10 sarebbe esattamente uno dei casi che integrano la chiusa eccettuativa dell’art. 1418,
c. 1 c.c. Il risarcimento dei danni, d’altra parte, se da un lato non intacca la forza di legge del contratto (art. 1372), dall’altro neppure si può dire che lasci «sopravvivere» la clausola «con i suoi effetti pienamente dannosi»76: perché il danno liquidato, in questo nuovo e per quanto frastagliato esperimento di market regulation, vuol essere compensativo dello scambio iniquo. Ma –domanda- la nullità, anche in questa versione del ragionamento, non tornerebbe a spuntare nei casi di contratti stipulati da un im- presa distributrice o da un’industria alimentare che, per la situazione di dominanza relativa ri- coperta, abusi della dipendenza economica –in concreto- del produttore agricolo suo fornitore
?77 Una Nullità testuale, s’intende. E l’interrogativo, nell’ottica di quello che allora
sarebbe un concorso di discipline, è destinato a ripetersi per i casi nei quali sia il distributore a subire, ai sensi dell’art. 9 l. 192/98, un’indebita compressione della propria capacità a stare sul mercato. Che lo squilibrio sia poi, come per lo più accadrà78, di tipo economico o, come pure potrà capitare, di stampo normativo.
Ma non basta: la nullità, c’è da crederlo, è destinata a ripresentarsi allorché, come si ricava dall’art. 9, c. 3-bis della disciplina in materia di subfornitura79, l’abuso tra imprese agroalimen- tari si venga a materializzare in quello spicchio d’area nel quale è dato registrare un’interferenza tra posizione dominante e di- pendenza economica. Niente esclude infatti, com’è stato dimostrato80, che si profilino casi nei quali dominanza relativa ed assoluta si tro- vano a coesistere. Ecco allora che gli esempi di una nullità la quale torna a dominare la scena, non mancano: ma, per le ragioni di cui sopra, si tratterà pur sempre di una nullità assistita dai connotati propri di quella generale ed assoluta, e, per chi creda che la chiusa dell’art. 1423 c.c. richiede un’eccezione testuale, inconvalidabi- le81. Una nullità insomma, com’anche si usa di- re, che non è permesso condividere o sulla qua- le non si può consentire82: a differenza di quan- to accade nei contratti col consumatore ove, ec- co un altro significativo distinguo, l’opposizione al rilievo officioso è regolarmen- te ammessa. Una nullità, lo si ripete, però ne-
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cessariamente aggettivabile come parziale, con
spetto di un vizio episodico catalogabile, come osserva sugge- stivamente Roppo, tra i ‘fallimenti dell’autonomia privata’.
73 V., rispetto ai casi di abuso di posizione dominante, X. XXXXX, L’abuso della libertà contrattuale, in Diritto privato. III, Padova, 1997, p. 217.
74 Così X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti per i prodotti agricoli e alimentari, cit. p. 33. L’esperibilità dell’azione di rescissione per lesione (art. 1448 c.c.), in caso di condizioni ingiustificatamente gravose, quale rimedio alternati- vo all’annullamento, è suggerita da A. ARGENTATI, La discipli- na speciale delle relazioni commerciali nel settore agroalimen- tare. Riflessioni sull’art. 62 l. n. 27 del 2012, cit. p. 448. Il pro- blema, dato fin troppo noto per insistervi, è che la sproporzione dovrà però allora essere ultra dimidium.
75 V., in luogo di tanti, X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. dir. priv., a cura di X. Xxxxxx e X. Xxxxx, Xxxxxx, 00000, p. 701.
76 Così X. XXXXXXXXX – A.M. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti di cessione dei prodotti agricoli e agroalimenta- ri,cit. p. 660.
77 Per il rilievo che possa aversi un concorso di discipline –l’art. 3 della legge antitrust e la normativa sull’abuso di dipendenza economica- v. X. XXXXXXXXX, La causa nei patti limitativi della concorrenza tra imprese, cit. p. 128. Questo a. propende però per l’idea che l’art. 9 della l. 192/98 configuri una nullità spe- ciale di protezione. Adesivamente X. XXXXXXXX, Disciplina anti- trust e illecito civile, cit. p. 57.
una determinazione della clausola sostitutiva ex
78 Qui vale infatti il rilievo che la contrattazione tra imprese tende normalmente ad inverarsi «proprio sul terreno delle con- dizioni economiche del rapporto»: v. X. X’XXXXX, La forma- zione del contratto, in Il terzo contratto, cit. p. 75.
79 L’AGCM è tenuta infatti ad intervenire, come recita la nor- ma, ogni qual volta la fattispecie d’abuso prodottasi «abbia ri- levanza per la tutela della concorrenza e del mercato»
80 V., dettagliatamente, X. XXXXXXXXX, Posizione dominante in- dividuale e posizione dominante collettiva, in Riv. dir. comm., 2003, p. 556 ss.
81 In senso (parzialmente) difforme può vedersi, se si crede, X. XXXXXXXXXXX, Autonomia privata e divieto di convalida del con- tratto nullo, Torino, 2008.
82 Sono i vocaboli che ricorrono in X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti per i prodotti agricoli e alimentari, cit.
p. 20. Ma per l’idea di una preclusione alla rilevabilità officiosa sub art. 9 ove la parte danneggiata si opponga v. X. XXXXXXXXXX, L’esecuzione in outsourcing delle opere e servizi, in X. XXXXXXXXXX – X. XXXXXXXX, I contratti dell’impresa, Tori- no, 2013, p. 158. Sulla convalida endoprocessuale della nullità di protezione può vedersi, se si vuole, X. XXXXXXXXXXX, La tutela del consumatore nell’interpretazione delle Xxxxx, Xxxxxx, 0000,
p. 15 ss. e p. 80 ss.
art. 1374 c.c.: l’effetto manipolativo senza dub- bio c’è ma –cave- quest’integrazione giudiziale intacca il contratto –ed il discorso evidentemen- te non cambia in caso di applicazione dell’art. 1339 c.c.- assai meno di quanto stiano provve- dendo a farlo certi utilizzi spregiudicati della clausola di buona fede83, palesemente ancillari ad una riscrittura del regolamento contrattua- le84.
6. Epilogo (con un interrogativo)
L’art. 62 –evidentemente- non vieta la prati- ca di convenire prezzi di vendita più bassi a fronte di forniture di maggiore importo ovvero in presenza di un pagamento immediato in luo- go di uno differito. Dubbi85, in quanto si scorre pericolosamente nella politica dei prezzi preda- tori, si possono viceversa avere rispetto alla pratica dei prezzi sottocosto, indirizzata seletti- vamente verso alcuni distributori perché opera- no in un’area di mercato nella quale l’impresa fornitrice ha intenzione di affermarsi. Resta in- teso, che l’art. 62, com’è stato fatto notare, è un precetto «scritto nella lingua del terzo contrat- to»86, vero epicentro della riflessione non sol- tanto dottrinale nell’attuale stagione del contrat- to. Il problema sta però nel fatto che è il sistema
italiano a somigliare sempre più ad un puzzle incompleto le cui tessere, per farle combaciare, obbligano ad autentiche acrobazie interpretati- ve. Dedurre per esempio dall’art. 4. c. 2 del d.
m. 199/2012, nella parte in cui collega il divieto di abuso a “qualsiasi comportamento del con- traente”, che il legislatore, siccome utilizza in- determinatamente il vocabolo contraente, ha voluto coniare una norma transtipica reggente tutta la classe dei rapporti asimmetrici d’impresa87, di là dal nugolo di perplessità che dovrebbe suscitare il riconoscere ad un regola- mento la valenza di una fonte creativa, tradisce essenzialmente un (seppur lodevole) sovrappiù assiologico che sembra molto distante dalla (confusa) finalità liberalizzante di una c.d. mens legis… se non superficiale per lo meno distrat- ta. Certo, l’impressione di una normativa irra- gionevole o discriminatoria, nella misura in cui si prova ad imbrigliare il potere di mercato del- la GDO in un solo settore88, la si ha: ma non sembra che questo autorizzi a torsioni del dato normativo in vista di ovviare ad altri fallimenti del mercato. Ed allora, che tutto piuttosto si spieghi, più banalmente, col fatto che una terza via, tra il modello tedesco dei §§ 305 – 307 BGB e quello francese di un art. L. 442-6 code comm.89, facente da esatto pendant all’art. L. 132 – 1 c. consomm., in realtà non esiste?
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83 L’allusione, evidentemente, è al dictum di Xxxx. 18 settembre 2009, n. 20106, sul quale, in luogo di tanti, si rinvia all’originale messa a punto di X. XXXXXXXXXXXX, Abuso del di- ritto, buona fede, ragionevolezza (verso una riscoperta della pretesa funzione correttiva dell’interpretazione del contratto?, in Nuova giur civ. comm., 2010, II, p. 139 ss. Ma molte per- plessità suscita anche la meno nota Xxxx.,19 luglio 2012, n. 12454, in Contratti, 2012, p. 993. In più, come fa felicemente notare X. XXXXXXXXX, Autonomia individuale e autonomia d’impresa, cit. p. 65, questa correzione giudiziale evita «la dila- tazione applicativa, in senso correttivo, della regola generale dell’interpretazione del contratto secondo buona fede», otte- nendo il felice risultato di rinserrarla nel novero dei rapporti che non sono d’impresa.
84 Vero, insomma, che «l’integrazione del contratto e il sindaca- to sull’esercizio dei poteri privati non possono modificare i pat- ti e l’intento delle parti quale da esse espresso in modo univo- co» (così X. XXXXXXX, Norme aperte e limiti al potere del giudi- ce, in Europa dir. priv., 2013, p. 25). Ma non è che una corre- zione condotta per il tramite dell’art. 1374 o dell’art. 1339 sov- verta o stravolga il contenuto del contratto.
85 Xx adombra X. XXXXXXX, Liberalizzazioni. “terzo contratto” e tecnica legislativa, cit. p. 91 ss., in part. p.
86 Così X. XXXXXXXXX, I contratti funzionali alla circolazione e alla gestione di beni e servizi, cit. p. 120. Lo riconosce, sia pure all’interno di un itinerario di opposto segno, X. XXXXX, Beha- vioural Law and Economics, regolazione del mercato e sistema dei contratti, cit. p. 177.
I l p a s t i c c i o d e l l ’ a r t . 6 2 L . 2 2 1 / 2 0 1 2 : i n t e g r a z i o n e e q u i t a t i v a d i u n c o n t r a t t o p a r z i a l m e n t e
n u l l o o v v e r o r e s p o n s a b i l i t à p r e c o n t r a t t u a l e d a c o n t r a t t o s c o n v e n i e n t e ? ( S t e f a n o P a g l i a n t i n i )
87 Si mostra di questo avviso, osservando che «sarebbe ben strano» il contrario, X. XXXXXXX, Liberalizzazioni. “terzo con- tratto” e tecnica legislativa, cit. p. 91 ss. ed in part. p. 102. Più dubitativamente X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei con- tratti per i prodotti agricoli e alimentari, cit. p. 26 s. Ma, signi- ficativamente, per il rilievo che l’art. 62, c. 2 ha il preciso ob- biettivo «di proteggere l’imprenditore agricolo nei suoi difficili rapporti con il monopsonio della grande distribuzione organiz- zata, da cui dipende per trovare sbocchi alla sua produzione», v.
X. XXXXX, Behavioural Law and Economics, regolazione del mercato e sistema dei contratti, cit. p. 172 (c. vo. aggiunto).
88 È l’opinione di X. XXXXXXXXX, I contratti funzionali alla cir- colazione e alla gestione di beni e servizi, cit. p. 120.
89 Sul quale, se si crede, può vedersi, X. XXXXXXXXXXX, Per una lettura dell’abuso contrattuale: contratti del consumatore, dell’imprenditore debole e della microimpresa, in Riv. dir. comm., 2010, I, p. 409 ss.