Università degli Studi di Sassari Dipartimento di Scienze giuridiche
Università degli Studi di Sassari Dipartimento di Scienze giuridiche
Scuola di Dottorato in Diritto ed Economia dei sistemi produttivi Indirizzo giuridico
Ciclo XXIV
I contratti derivati sottoscritti dagli Enti
territoriali
Direttore della Scuola di dottorato: Illustre Prof. Xxxxxxx X. Xxxxxxxx Pinto
Tutor: Illustre Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxx-Xxxxx
Tesi di dottorato di: Xxxxxxxx Xxxxxxx
ANNO ACCADEMICO 2010 - 2011
Indice Capitolo I: I CONTRATTI DERIVATI – IN PATICOLARE: LO SWAP SU TASSO DI INTERESSI (INTEREST RATE SWAP) | ||
1.1 | Profili introduttivi.……………………………………..... | p. 6 |
1.2 | Contratti derivati: ontologia e funzionalità. . . . . . . . . . . . . . . . . . | p. 10 |
1.2.1. | Contratti derivati –schemi negoziali di base: futures e options. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | |
p. 11 | ||
1.2.2. | Lo swap: in particolare lo swap su tasso di interessi o interest rate swap. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | |
p. 22 | ||
1.3. | Il contratto di interest rate swap - profili civilistici. . . . . . . . . | p. 33 |
1.4. | L’interest rate swap come contratto aleatorio. . . . . . . . . . . . . | p. 39 |
1.5. | L’Interest rate swap e l’applicabilità dell’eccezione di gioco e scommessa ex art. 1933 c.c.: un finto problema. . . . . . . . . . | |
p. 48 | ||
1.6. | La normativa tecnica di settore: Il T.U.F. . . . . . . . . . . . . . . . | p. 55 |
1.7. | La normativa secondaria connessa al Tuf - le specie di | p. 62 |
obblighi informativi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | ||
1.7.1. | Segue: la regola dell’adeguatezza o suitability rule. . . . . . . . . | p. 72 |
1.8. | La divisione in classi degli investitori. . . . . . . . . . . . . . . . . . . | p. 76 |
CAPITOLO 2: LA RICOSTRUZIONE DEL PANORAMA NORMATIVO IN MATERIA DI DERIVATI PUBBLICI | ||
2.1. | 2.1 Enti territoriali (e quindi pubbliche amministrazioni) ed attività contrattuale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | |
p. 82 | ||
2.2. | Autonomia privata ed enti pubblici: l’evidenza pubblica. . . . . . | p. 87 |
2.3. | Enti locali e contratti derivati: le ragioni di una scelta “drastica”. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | |
p. 101 | ||
2.4. | La normativa di settore - Il principio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | p. 105 |
2.5. | I successivi interventi correttivi-interpretativi-limitativi . . . | p. 110 |
2.6. | La normativa attuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | p. 120 |
CAPITOLO III: ALCUNE PROBLEMATICHE TIPICHE SOTTESE ALLA STIPULAZIONE DEI CONTRATI DERIVATI. |
3.1. | Prospettive di indagine. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | p. 125 |
3.2. | La “diatriba” sul rilascio della dichiarazione di operatore qualificato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | p. 126 |
3.3. | La violazione delle norme di condotta da parte degli intermediari finanziari – un esempio di distorsione nell’applicazione del diritto derivante da urgenza di tutela nei confronti della controparte debole. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | p. 137 |
3.3.1. | Prima fase: la giurisprudenza di merito. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | p. 137 |
3.3.2. | Seconda fase: la giurisprudenza di legittimità . . . . . . . . . . . . . . | p. 142 |
3.3.3. | Segue: l’apparato rimediale conseguente alla violazione dei precetti comportamentali – la fase immediatamente successiva del contenzioso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | p. 146 |
3.4. | La rimodulazione – rectius - rinegoziazione dei contratti derivati. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | p. 151 |
3.5. | L’up-front payment. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | p. 161 |
3.6. | La fase patologica del rapporto contrattuale: annullamento in autotutela degli atti pubblici che compongono la procedura contrattuale e conseguenze sul rapporto negoziale. . . . . . . . . . . | p. 167 |
3.6.1 | Segue - la soluzione giurisprudenziale – lo specifico caso dei derivati pubblici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | p. 174 |
Bibliografia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | p. 181 |
Indice delle pronunce giurisprudenziali citate . . . . | p. 194 |
CAPITOLO I: I CONTRATTI DERIVATI – IN PATICOLARE: LO SWAP SU TASSO DI INTERESSI (INTEREST RATE SWAP)
1.1. Profili introduttivi.
Il presente lavoro nasce con l‟intento di affrontare lo studio delle problematiche civilistiche sottese alle operazioni in derivati compiute dagli enti pubblici territoriali, come regioni, province e comuni, attraverso la sottoscrizione di contratti di interest rate swap, a copertura del debito accumulato a monte dall‟ente stesso mediante accensione di mutui o emissioni di prestiti obbligazionari.
Negli ultimi anni l‟attenzione degli operatori e degli interpreti, oltre che degli organi di controllo1 e perfino dei media,2 si è rivolta con sempre maggiore attenzione alle operazioni contrattuali in analisi, mettendo in luce più che altro quelli che sono stati gli aspetti patologici delle stesse, sicuramente in ragione delle ingenti perdite economiche per le casse degli enti di cui sono state causa.
La dottrina ha stigmatizzato l‟utilizzo dei derivati, definendo i contratti derivati sottoscritti dagli enti territoriali con termini abbastanza pesanti3 e individuando i prodromi di quello che potrebbe essere il nuovo “scandalo finanziario”4.
Il clima di attenzione e di sfiducia attuale è in parte giustificato, soprattutto se si pensa ai recenti casi dei dissesti finanziari di alcuni emittenti, conseguenti
1 Cfr. X. XXXXXXX, Indagine sull’uso degli strumenti derivati: i referti della Corte dei Conti, in Fin loc., 2006, p. 96 e ss.
2 Si veda a riguardo Report, puntata del 14 ottobre 2007, in xxx.xxxxxx.xxx.xx.
3 Cfr per esempio X. XXXXX, Il conflitto epidemico, Adelphi 2003, in cui si parla di “strumenti finanziari di distruzione di massa” e “bombe ad orologeria”.
4 In questo senso X. XXXXXXX, La diffusione dei contratti di swap nella prassi commerciale italiana: un nuovo scandalo finanziario, in Nuova giur. civ. comm., 2010, p. 116 e ss.
all‟immissione sul mercato di titoli ad alto rischio e alla infinita serie di contenziosi che ne è derivata.5
In effetti, è difficile non nutrire qualche perplessità sull‟opportunità delle operazioni in derivati effettuate da enti pubblici, soprattutto se si considerano i disastrosi risultati economici, ma tali perplessità non devono nascere, a parere di chi scrive, solamente dalla natura delle operazioni contrattuali in sé o dalla struttura delle stesse, o da una ormai endemica sfiducia nei confronti del sistema bancario e finanziario, ma anche dall‟utilizzo distorto che in certi casi se ne è fatto.
A questo proposito, non si può non evidenziare la complessità, la polimorfia e la consistente varietà che contraddistingue operazioni negoziali come i contratti derivati, gli swaps, futures, options, schemi contrattuali nati nella prassi
5 Il riferimento è ai noti casi Cirio, Parmalat, Tango Bond. In argomento si rimanda a X. XXXXXXX, Violazione dei doveri di informazione da parte degli intermediari finanziari, tra culpa in contrahendo e responsabilità professionale, in Contratto e Impresa, 2007, p. 982 e ss.; X. XXXXXXX, Violazione di obblighi informativi e sanzioni: un problema non solo degli intermediari finanziari, in Xxxxxxxxx, 2007, pagg. 363 e ss.; F. S. XXXXXXXXXX, L’attuazione della direttiva MIFID in Italia: note minime sulla trasparenza e sulla correttezza di comportamento delle imprese di investimento, in Foro it., 2008, p. 56 e ss.; X. XXXXX, La disciplina dell’informazione nei contratti di investimento tra responsabilità (pre)contrattuale e vizi del consenso, in Giur. Comm., 2007, I, p. 102 e ss.; X. XXXXXXXXX, Regole di comportamento nelle trattative e nullità del contratto: la criticabile ordinanza di rimessione alle S.U: >>, in Corr. Xxxx., 2007, p. 365 e ss.; X. XXXXXXX, Il contratto di intermediazione finanziaria davanti alle S.U. della Cassazione, in Contratto e Impresa, 2008, p. 1 e ss.; X. XXXXX, La tutela del risparmiatore tra nullità, risoluzione e risarcimento, in Contratto e Impresa, 2005, p. 896 e ss.; X. XXXXXX, Doveri di comportamento degli intermediari finanziari, suitability rule, conflitto di interessi e nullità virtuale dei contratti di investimento in bond argentini, in Giur. it., 2004, p. 2128 e ss.; X. XXXXXXXX, La buona fede oltre l’autonomia contrattuale, verso un nuovo concetto di nullità , in Contratto e Impresa, 2008, p. 285 e ss.; ID, Contratti di intermediazione finanziaria: forma, nullità virtuale e dintorni, alcuni punti fermi, in Contratto e Impresa, 2005, pagg. 000 x xx.; XX, Xx xxxxxxx difesa dell’investitore: scandali finanziari, e pretese nullità virtuali dei contratti di vendita di titoli obbligazionari, in Contratto e Impresa, 2005, pagg. 495 e ss.; X. XXXXX-XXXXX, Gli interessi diffusi degli investitori, quale tutela? Prime riflessioni sulla gabbia ove le associazioni dei consumatori hanno rinchiuso i propri associati, in Analisi giuridica dell’economia, 2006, p. 143 e ss.; X. XXXXXXXXXXX, Il nuovo diritto dell’intermediazione finanziaria, in Contratti, 2008, p. 177 e ss.; X. XXXXXXX, Disinformazione e invalidità: i contratti di intermediazione dopo le Sezioni Unite, in Contratti, 2008, p. 393 e ss.; X. XXXXXXX, Discipline preventive nei servizi di investimento: le Sezioni unite e la notte ( degli investitori ) in cui tutte le vacche sono nere , in Contratti, 2008, p. 403 e ss.; X. XXXXXXXXXXX, Inosservanza delle norme di comportamento: la Cassazione esclude la nullità, in Contratti, 2008, p. 221 e ss.;
dei mercati finanziari di paesi ed ordinamenti differenti dal nostro che richiedono, da parte degli operatori, un elevato livello di competenza non solamente giuridica, ma anche economica, che spesso gli enti territoriali non possedevano e non possiedono.
Molti contratti derivati infatti sono stati sottoscritti “al buio” e gli enti, in parte giustificati dall‟assenza di un substrato normativo da seguire che fosse chiaro, compatto e sistematicamente ordinato, hanno fatto un ricorso indiscriminato a tali contratti, con lo scopo di ristrutturare il debito, ma con un malcelato intento speculativo, spinti forse dal desiderio di recuperare risorse in breve tempo, ma di fatto finendo per accumulare debiti, che ricadranno sulle amministrazioni e sulle generazioni future.
A ciò si aggiunga che molte delle operazioni contrattuali in essere tra enti territoriali ed intermediari, sono state oggetto di quella che, in senso forse atecnico, viene definita rimodulazione, operazione che consiste in una rinegoziazione del contratto, ma che porta come conseguenza fisiologica il sommarsi delle perdite derivanti dalla operazione pregressa con quelle della “nuova” operazione.
Molti enti hanno scelto questa via anziché optare per una risoluzione consensuale del rapporto, auspicando, in modo forse troppo ottimistico, di poter risanare operazioni già in perdita.
Il recente passato ci insegna inoltre che operazioni contrattuali e finanziarie fortemente aleatorie effettuate con denaro pubblico possono essere foriere di gravi perdite, tanto da portare al dissesto dell‟ente stesso.6 7
6 Si veda a riguardo X. XX XXXXX, Il quadro normativo, in Gli strumenti derivati degli enti locali, Atelli (a cura di), Milano, 2004, p. 1 e ss.: “In argomento fece molto discutere il caso Xxxxxxxxxxx. A cavallo tra il 1987 e il 1989 un London Borough Concil aveva stipulato diversi contratti derivati scommettendo su un ribasso dei tassi di interesse; l’avversa evoluzione dei tassi comportò, tuttavia, una perdita per l’amministrazione locale. Il caso giudiziario che ne scaturì, su iniziativa dell’Auditor, si concluse il 24 gennaio 1991 (dopo tre gradi di giudizio) con al severa affermazione della House of Lords secondo cui la Local Authority londinese non aveva, nella fattispecie, alcun potere di stipulare swap su tassi di interesse (ciò anche alla luce del London Governament Act del 19963, del London Governament Act del 1972 e del Local Governament Finance Act del 1982), trattandosi di atti eccedenti la capacità dell’ente. A nulla valsero le difese delle controparti bancarie volte a dimostrare la natura non speculativa delle operazioni, finalizzate alla gestione attiva del debito. Altrettanto clamore suscitò il caso Orange County. Il 6 dicembre 1994 il distretto
L‟analisi si concentrerà in primo luogo sugli aspetti puramente contrattuali e civilistici dei contratti derivati ed in particolare sullo schema swap (interst rate) essendo il tipo di contratto utilizzato ed utilizzabile dagli enti locali con funzione di copertura e ristrutturazione del debito, facendo anche un breve cenno alla recente riforma della materia dell‟intermediazione finanziaria voluta dal legislatore comunitario, per tutta quella parte che interessa i contratti derivati.
Si passerà quindi alla ricostruzione dello stratificato e complesso panorama normativo di riferimento, per concludere con l‟esame di alcune problematiche tipiche relative alle operazioni in derivati e ai contratti di intermediazione finanziaria recentemente al vaglio di giurisprudenza e dottrina.
californiano dichiarò uno dei più rilevanti dissesti finanziari nella storia dei Local Governament statunitensi, allorché nel giro di pochi mesi le perdite di un investiment pool (una sorta di fondo monetario finalizzato a ottimizzare le giacenze di liquidità di circa 250 amministrazioni locali) superarono il miliardo e mezzo di dollari (circa il 20% del valore del fondo stesso) Si appurò in seguito che il fondo, anche a causa di un notevole effetto leva (erano stati investiti circa 20 miliardi di dollari, pur a fronte di una liquidità di circa 7,5 miliardi) aveva assunto una forte esposizione (e vulnerabilità) ai rischi di tasso e di liquidità, sicché non resse ai ripetuti rialzi di tasso decisi dalla Fed in corso d’anno. Il responsabile del fondo scontò circa un anno agli arresti domiciliari e fu multato di centomila dollari. Sia l’esperienza britannica che quella statunitense – entrambe maturate in Paesi all’avanguardia per quanto riguarda, in generale, il tea dell’innovazione finanziaria – hanno indotto a meditare non solo sulla opportunità, per un ente locale, di effettuare operazioni in derivati, ma anche sui limiti o comunque sule cautele da osservare ne caso in cui dette operazioni siano ammesse.”
7 Per una interessante ricostruzione delle principali e più significative tappe della storia degli strumenti derivati si rimanda a P. TENUTA, Gli strumenti finanziari derivati. Origine, tipologie e possibili effetti sul future management degli enti locali, in Fin. loc., 2008, p. 36: “le origini di tali strumenti si fanno risalire al Medioevo e nel corso dei secoli sono divenuti sempre più complessi. Si sono prestati a manipolazioni che hanno rasentato il limite della legalità, tanto da portare alla predisposizione di una legge che proibì in Inghilterra nel 1733, alla borsa londinese, la contrattazione di opzioni e future. Tale mercato si è poi ampliato dopo la seconda guerra mondiale negli Stati Uniti, dopo le incertezze portate dalla soppressione del sistema dei cambi fissi di Bretton Woods ed in coincidenza con la crisi petrolifera del 1973.”
1.2. Contratti derivati: ontologia e funzionalità
Un primo spunto per la ricostruzione delle variegate e complesse operazioni denominate come contratti derivati, è sicuramente offerto dal d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 – Testo Unico della finanza (di seguito semplicemente Tuf).
Tale testo normativo sarà oggetto di analisi nel corso della trattazione, (infra § 6), limitatamente alle disposizioni applicabili alle operazioni in derivati.
Come si evince già da una prima lettura, allo stato, nel nostro ordinamento, non esiste una vera e propria definizione, quanto piuttosto un‟elencazione8, ricostruibile attraverso le disposizioni iniziali del Tuf9, di tutte quelle operazioni
8 L’elencazione contenuta nel Tuf è stata ritenuta sufficiente da una parte della giurisprudenza per poter parlare di “contatti nominati”. In questo senso Trib. Torino, 27 gennaio 2000, in Giur. it., 2001, II, p. 549.
9 Vedi art. 1, commi 2 e 3, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, T.U.F. : “2. Per "strumenti finanziari" si
intendono: a) valori mobiliari; b) strumenti del mercato monetario; c) quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio; d) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti; e) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto; f) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap» e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di negoziazione; g) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine («forward») e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f), che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini;
h) strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito; i) contratti finanziari differenziali; j) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine sui tassi d' interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a
negoziali definibili come contratti derivati che rientrano nell‟alveo degli strumenti finanziari.
La culla delle operazioni negoziali in analisi è stata la prassi degli scambi che prendono vita e si perfezionano in seno ai mercati finanziari.10 Un primo evidente rilievo consiste nel fatto che i contratti derivati sono stati creati dalla pratica finanziaria e che solo in un secondo momento sono stati recepiti al livello ordinamentale.11
Si tratta di schemi negoziali chiaramente “mutuati”12 dagli ordinamenti anglosassoni.
Con il lemma contratto derivato si intende uno schema negoziale che consiste in una negoziazione a termine avente ad oggetto un‟entità economica13; si tratta di un‟operazione giuridico-finanziaria basata “sull‟evoluzione di elementi variabili”14 sottostanti, che possono essere di natura finanziaria, quali l‟oscillazione di un tasso di interesse, la quotazione di una valuta, il corso di un titolo, o anche reale, come il prezzo di una merce15, con lo scopo di ottenere un
regolari richiami di margini.
2-bis. Il Ministro dell‟economia e delle finanze, con il regolamento di cui all‟articolo 18, comma 5, individua: a) gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera g), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine; b) gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera j), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine.
3. Per "strumenti finanziari derivati" si intendono gli strumenti finanziari previsti dal comma 2, lettere d), e), f), g), h), i) e j), nonché gli strumenti finanziari previsti dal comma 1-bis, lettera d).
10 Cfr. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, Milano, 2007, p. 21: “L’innovazione finanziaria comporta continuamente la modificazione dei contratti esistenti nonché la creazione di nuovi tipi contrattuali. Trattasi quasi di un moto perpetuo con il quale la dottrina a fatica – e comunque, sempre con un certo (fisiologico) ritardo – riesce a tenere il passo.
11 In questo senso X. XXXXXXXXXXX, I contratti derivati tra normativa e giurisprudenza, in Nuova giur. civ. comm., 2010, p. 40.
12 In questo senso X. XXXXXX, I contratti derivati, Milano, 2010, p. 7: “Derivato è espressione sintetica della nozione contratto derivato, come tale mutuata dagli ordinamenti finanziari e giuridici anglosassoni, nei quali tale tipologia di (per or limitiamoci a definirli) accordi ebbe modo di svilupparsi e di affermarsi con un autonomo profilo.”
13 Così X. XXXXXX, I contratti derivati, cit., p. 7.
14 Così X. XXXXXXXX, I contratti derivati degli enti territoriali, in I contratti dello Stati e degli enti pubblici, 2009, p.149 e ss.
15 A riguardo anche la giurisprudenza mantiene la distinzione tra financial derivatives, indicando con tale locuzione contratti derivati relativi a entità finanziarie (tasso di interesse) e commodities derivatives, relativi invece a merci o materie prime. Così, Trib. Brindisi, 29
risultato economico positivo tramite il c.d. differenziale, ovvero tramite lo scarto esistente tra il valore di quella variabile (da cui il contratto dipende) al momento della stipulazione del contratto e quello esistente al momento in cui il contratto deve essere eseguito.
La variabile di riferimento come per esempio, nel caso dell‟interest rate swap, un tasso di interesse con le sue caratteristiche oscillazioni, viene assunto, come vedremo, come parametro di riferimento, con lo scopo di determinare, proprio con le sue variazioni, l‟entità delle prestazioni dovute dalle parti al momento dell‟esecuzione del contratto derivato, che sono, da una parte, un investitore e dall‟altra, di solito, un intermediario finanziario.
Nel caso degli enti territoriali controparte necessaria dell‟ente stesso è un intermediario finanziario o un istituto di credito.
In ragione di questa stretta dipendenza, di questo collegamento tra lo schema contrattuale e la variabile economica sottostante, in dottrina si è parlato di “combinazione di uno strumento finanziario e di una serie di accordi (clausole) contrattuali.”16
Si utilizza, infatti, il termine derivato17, direttamente traslato dall‟inglese
derivative, in quanto il contratto stipulato, o meglio le prestazioni che esso
dicembre 2004, in Banca, borsa, tit. cred., 2006, II, p. 356 e ss. Secondo X. XXXXXXXXXX, Gli strumenti derivati: i controlli sulle patologie del capitalismo finanziario, in Contratto e impresa, 2009, p. 307: “Gli strumenti finanziari sono forme finanziarie collegate a valute, tassi, indici ed anche merci, possono essere sia di copertura, di altre e speculari posizioni del cliente sia meramente speculativi.”
16 Così X. XXXXX, La rinegoziazione dei contratti derivati: brevi note sulle problematiche civilistiche e fallimentari, in Dir. fall., 2005, p. 354.
17 Il lemma “derivato” non era comunque sconosciuto alla dottrina tradizionale, che con esso
faceva riferimento ad un‟operazione contrattuale connessa e dipendente da un‟altra (c.d. contratto principale, contratto base o contratto padre), ma conclusa separatamente. Esempi di tali fattispecie sarebbero tutti i c.d. subcontratti (es. sub-locazione, subappalto). Si veda per tutti X. XXXXXXXX, Contratto derivato – Sub-contratto, in Enc. dir., X, Milano, 1989, p. 80: “Si ha contratto derivato quando, da un contratto già perfezionato (detto, anche, contratto-base, o contratto principale, o contratto-padre), discende e dipende da un altro, concluso separatamente e che si individua e contrappone, di fronte al primo. Esso si caratterizza per avere il medesimo (o analogo) contenuto economico e per essere informato al medesimo tipo di causa del contratto-padre, o sub-contratto.” ID, Il contratto in genere, Milano, 1973. Si veda a riguardo anche X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, cit., p. 3: “La dottrina tradizionale già conosce il termine contratto derivato, il quale consiste nel contratto che discende e dipende da un altro contratto concluso separatamente (contratto principale). I due contratti hanno in comune una parte. Il contratto derivato è accessorio rispetto al primo, ma l‟accessorietà opera a senso unico: il contratto principale ha riflessi sull‟accessorio e non viceversa. Il contratto derivato fa sorgere un diritto
incorpora e che sono a carico delle parti, a volte anche l‟esistenza stessa delle stesse deriva, cioè dipende, dal prezzo di un‟attività finanziaria sottostante, ovvero dal valore di un parametro finanziario di riferimento.18
Secondo la Banca d‟Italia i contratti derivati “insistono su elementi di altri schemi negoziali, quali titoli, valute, tassi di interesse tassi di cambio, indici di borsa.”19 20
nuovo, prima non esistente, sebbene di contenuto identico o analogo a quello di un diritto già esistente. I vizi, i limiti all‟efficacia, la risoluzione del contratto principale si comunicano al contratto derivato. Esempi di contratto derivato sono il sub-appalto, il sub-mandato, la sub- locazione, il sub-affitto, il sub-trasporto, il sub-noleggio. L‟uso dell‟espressione contratti derivati descritto in apertura non sembra avere nulla a che fare con la terminologia giuridica tradizionale e con le fattispecie testé descritte. Bisogna, quindi innanzitutto sgombrare il campo da ogni confusione in merito e porsi il quesito se l‟espressione in esame abbia un duplice significato giuridico: uno tradizionale, ora sommariamente descritto, ed uno <<nuovo>> atto ad identificare una categoria di contratti particolari. O se piuttosto il termine abbia soltanto una valenza finanziaria e stia ad identificare una categoria di negozi giuridici tra loro diversi, non accomunabili in in genus giuridico. La risposta non può che emergere dall‟analisi delle singole operazioni. Per l‟ansioso lettore si può anticipare che essa è negativa. L‟approccio che consente di rispondere in maniera convincente al quesito è basato sull‟analisi delle diverse fattispecie annoverate nella prassi con il termine contratti derivati. Emergerà, infatti, che alcuni contratti sono riconducibili a fattispecie tipiche utilizzate nella prassi finanziaria (ad es. le opzioni su titoli, divise, swaps, financial futures ed indici, che rientrano nell‟art. 1331 c.c.), altri sono contratti differenziali nei quali è prevista una sola obbligazione di pagamento dovuta dal soccombente e nei quali, al momento della stipula, sia chi deve eseguirla sia il quantum della prestazione, che viene a determinarsi al momento del calcolo del differenziale (ad esempio il contratto denominato domestic currency swap o il forward rate agreement, contratti che rimangono distinti pur avendo il medesimo schema, in quanto soddisfano uno scopo tipico diverso tra loro: il primo mira ad evitare il rischio di consegna ed il secondo il rischio di credito pieno) ed altri ancora appaiono contratti atipici (ad es. interest rate swap, la cui causa si basa sulo scambio di pagamenti, e le opzioni sul tasso di interesse, , la cui causa si basa sulla promessa di pagamento condizionato. Si deve evitare il contrario, e cioè cercare a tutti i costi di offrire una definizione di un tipo di contratto derivato che possa comprendere realtà tra loro diverse.”
18 Così, X. XXXXXXXXX, I derivati finanziari tra vendita a termine e contratti differenziali, in I derivati finanzari, Riolo (a cura di), Milano, 1993.
19 Così, Banca d’Italia, Circolare 29 marzo 1988, aggiornamento 23 giugno 1994, n. 112, art. 3.
20 Secondo X. XXXXXX, I contratti derivati, cit., p. 9: “Contrariamente al senso istintivamente suggerito dal termine i contratti in parola non derivano da, bensì insistono su elementi di altri negozi. Il primo significato di derivazione è dunque improprio, e per così dire, rovesciato. Il contratto sarebbe derivato, in quanto il suo valore dipenderebbe, dunque deriverebbe, dall’attività fondamentale sottostante. Siffatte definizioni appaiono tuttavia protese ad evidenziare l’aspetto (economico) della valorizzazione e comunque inidonee ad esprimere il più complesso meccanismo (giuridico) che presiede alla formazione di questi strumenti. Esse si rivano, in ultima analisi, financo generiche, in quanto tali da poter abbracciare anche fenomenologie finanziarie molto distanti dal tema che ci occupa. Di questo passo, infatti, anche la quota di un fondo comune di investimento finirebbe con il potersi qualificare alla stregua di un derivato, atteso che il suo valore certamente deriva dagli strumenti di cui si compone la massa patrimoniale di cui la quota esprime una frazione partecipativa. [...] Il secondo e più pregante significato del termine ‘derivato’ starebbe dunque ad indicare il processo genetico grazie al quale dalla base negoziale origina (appunto
Il differenziale, ovvero quella differenza tra il valore che la variabile di riferimento ha al momento della stipulazione e quello al momento dell‟esecuzione del contratto che, per forza di cose, è differita, acquista un‟importanza fondamentale, tanto che alcune pronunce giurisprudenziali, così come molti autori, lo indicano come l‟oggetto stesso del contratto derivato 21 22.
Un‟attenta dottrina, ha ravvisato in tale peculiare caratterizzazione dell‟oggetto del contratto una delle sostanziali differenze tra contratti derivati e contratti a termine, che avrebbero invece ad oggetto l‟acquisto di un valore, di un bene23.
Un tale assunto è sicuramente accettabile per alcuni schemi negoziali. Nel caso dell‟Interest rate swap (di seguito anche Irs), risulterebbe fuorviante, a
deriva) lo strumento finanziario corrispondente. In definitiva, dunque, l’espressione derivati mal si accompagna a quella di contratti. Derivato è piuttosto lo strumenti finanziario “che deriva” dal contratto. La conciliazione dei due termini potrebbe ave luogo utilizzando una più ampia perifrasi quale: contratto dal quale deriva uno strumento finanziario. L’uso terminologicamemte improprio del’espressione ‘contratti derivati’ si deve oltre che alla difficoltà di distinguere, nell’ambito di una definizione sintetica, il sottile confine tra la componente negoziale (genesi) e il suo risultato (strumento finanziario).”
21 In giurisprudenza di veda Trib. Milano, 27 marzo 2000, in Contratti, 2000, p. 777: “il pagamento delle differenze costituisce l’oggetto immediato e unico del contratto stipulato inter partes, sia all’atto della stipulazione, sia alla scadenza.” Trib. Macerata, 3 settembre 1998, in Banca, borsa, tit. cred., 1999, p. 265: “Il c.s. differenziale pagato dalla parte privata o dalla banca, secondo l’andamento delle valuta assunta come parametro, non costituisce il corrispettivo di un servizio, ma l’oggetto setsso della prestazione contrattuale.”
22 In dottrina, propende per la considerazione del differenziale come oggetto del contratto X. XXXXXX, I contratti derivati, cit.; X. XXXXXXXX, Domestic currency swap a fini speculativi e scommessa, in Xxxxxxxxx, 2000, p. 258 e ss.; X. XXXXX, Problematiche connesse all’uso dei contratti su strumenti finanziari derivati da parte degli enti locali, in Fin. loc., 2008, p. 27 e ss.;
X. XXXXX, La rinegoziazione dei contratti derivati, cit.
23 Vedi X. XXXXXX, I contratti derivati, cit., p. 16: “limitandosi all’esteriorità della pattuizione e ad un suo superficiale esame, si potrebbe concludere che , in definitiva, il contratto a termine, (o ad esecuzione differita ce dir si voglia) e il derivato sostanzialmente coincidano. In entrambi l’essenza economica regolata dall’accordo mira a creare un differenziale dato dal raffronto fra il valore dell’entità negoziata al momento della stipulazione e il valore che quella stessa entità avrà al momento dell’esecuzione. La funzione tipica del derivato si sostanzia propriamente in questo peculiare effetto. Ora, se tale caratteristica accomuna le due fattispecie, essa non vale tuttavia a d assorbire l’una nell’altra. Il differenziale, infatti, mentre nel contratto a termine costituisce effetto dell’accordo, nel derivato ne costituisce invece l’oggetto. L’oggetto di un contratto a termine resta pur sempre la compravendita di un bene. L’oggetto di un derivato è invece il differenziale prodotto dalla comparazione tra i due prezzi (alla stipula e alla scadenza). Ciò che le parti di un contratto derivato “comprano” non è il bene, bensì la “differenza di valore”. In assenza di questa specifica componente, desumibile dal tenore della stipulazione, il derivato non è più tale, bensì diviene o meglio rimane un semplice contratto a termine. Fra le due tipologie esiste una coincidenza solo parziale.”
parere di chi scrive, accettare sic et simpliciter l‟idea del differenziale come oggetto del contratto, in quanto si rischierebbe di perdere di vista quello che effettivamente è la funzione del contratto e lo scopo che hanno i contraenti attraverso la conclusione dello stesso: uno scambio di flussi di denaro e di pagamenti. Il differenziale è effettivamente il risultato economico dell‟operazione e riveste un‟importanza centrale, ma è comunque l‟effetto dell‟applicazione, ai pagamenti dovuti, della clausola netting, che può operare in quanto inserita dalle parti nella pattuizione, qualora le date stesse dei pagamenti coincidano, per ragioni di economicità e semplificazione dell‟operazione.
Come avremo modo di approfondire (vedi § punto 1.2.2), con il contratto di Irs, l‟operatore che si è obbligato in base al tasso di interessi, che alla scadenza concordata risulterà più alto, dovrà liquidare la differenza all‟altro operatore, che invece si è obbligato in base al tasso risultato più basso.
In questo senso è utile parlare di differenziale: le parti, per risparmiare tempo e soprattutto per evitare di porre in essere più adempimenti incrociati, effettuano il solo pagamento della differenza tra i tassi di interesse, attraverso il meccanismo della compensazione24, inserito nel contratto per mezzo della clausola c.d. di netting.
L‟Irs prevede infatti uno scambio di debiti, di flussi di denaro, di pagamenti che le parti intendono “eseguire materialmente”25.
Il meccanismo della compensazione entra in gioco nel caso in cui ovviamente sia previsto dal contratto, ma anche e soprattutto nel caso in cui i pagamenti debbano essere eseguiti alla stessa scadenza dalle parti.
Come si potrebbe quindi considerare il differenziale come oggetto del contratto di swap nel caso in cui i pagamenti dovessero essere effettuati in date differenti, oppure in parte in date coincidenti e in parte differenti? Oppure nel caso in cui la clausola netting non sia inserita nel contratto?
E‟ evidente che i pagamenti andrebbero eseguiti entrambi e senza possibilità di compensazione. La clausola netting è quindi un quid pluris, che
24 Vedi art. 1241, c.c.: “Quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme degli articoli che seguono.”
25 Così X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, cit., p. 83.
potrebbe anche non essere presente e che ha lo scopo di facilitare l‟operazione dal punto di vista contabile e non potrebbe assolutamente per questo essere valida a modificare la struttura del contratto.26
In generale le clausole di compensazione (netting), aggiunte al contratto non hanno il potere di snaturare lo stesso fino a modificarne l‟oggetto, che è e resta sempre, per quanto riguarda lo swap, uno scambio di flussi di denaro.27
Come già accennato, l‟origine dei contratti derivati è situabile nella prassi dei mercati finanziari. Si può dire che tali schemi negoziali siano venuti alla luce per venire incontro alle variegate esigenze di investitori e speculatori.
Tale origine, se da un lato, come vedremo, rende difficile una catalogazione tipologica esauriente dei derivati, ha avuto il dubbio vantaggio di consentire agli operatori di creare contratti differenti a seconda degli scopi che si volevano raggiungere con una data operazione.
Con la stipulazione del contratto derivato si punta, attraverso una necessaria precedente fase in cui si compie una “stima previsionale”28, a tenere
26 Vedi X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, cit., p. 82: “Può, comunque, accadere che le obbligazioni di pagamento denominate della stessa divisa, siano eseguibili alla stessa data. In tal caso trovano applicazione le norme della compensazione legale e le parti liquidano la sola differenza, senza peraltro alterare l’oggetto del negozio. E’ il contratto stesso che prevede l’applicazione a) delle dette convenzioni finanziarie di mercato (le quali possono fare sì che, quand’anche i pagamenti fossero dovuti alla stessa scadenza, vadano effettuati a date diverse e b) della disciplina della compensazione (che consente di liquidare le sole differenze qualora le obbligazioni debbano essere eseguite alla stessa data, anche se originariamente pattuite per scadenze diverse). Può accadere che, sebbene le parti abbiano scelto scadenze diverse per i reciproci pagamenti (ad esempio una parte paga ogni fine mese, mentre l’altra ogni primo del mese) – escludendo ab origine ogni intento di liquidar soltanto le differenze - , i pagamenti siano dovuti alla stessa data in applicazione delle convenzioni finanziarie dedotte in contratto, comportando la compensazione tra le prestazioni (ad esempio se il tasso fisso è calcolato in base alla convenzione bond basis e l’ultimo giorno del mese è festivo, il pagamento del tasso fisso va eseguito il primo giorno lavorativo del mese successivo, che verrebbe a coincidere, nella esemplificazione ora fatta, con il giorno di esecuzione del pagamento del tasso variabile). Non potrà certamente considerarsi contratto differenziale quel contratto che prevede simili convenzioni, in quanto le stesse presuppongono necessariamente la volontà di eseguire i reciproci pagamenti. Il solo fatto che in contratto sia prevista l’operatività della compensazione presuppone necessariamente che ci siano pagamenti da compensare! Non potrà considerarsi contratto differenziale quello swap nel quale alcune prestazioni sono state compensate ed altre no.”
27 Cfr. X. XXXXXXX, Profili civilistici del rischio finanziario, cit., p. 176 e ss. Secondo l’A. La corresponsione del differenziale nell’ambito di un contratto di swap costituisce un fatto meramente contabile e non costituisce oggetto del contratto. In questo senso anche X. XXXXXXX, In tema di interest rate swap, cit., p. 143 e X. XXXXXXXXXXX, Le operazioni di swap, cit.
28 Così X. XXXXXX, I contratti derivati, cit., p. 23.
sotto controllo le fluttuazioni endemiche dell‟entità economica di riferimento (es. tasso di interesse) cui il contratto è collegato, con lo scopo di proteggere il proprio investimento di fronte alle oscillazioni, tentando di controllarle, oppure di trarre dalle stesse un risultato economico positivo, un profitto.
Nel primo caso si avrà una finalità protettiva (di copertura); nel secondo una finalità speculativa.
Ovviamente, il carattere puramente previsionale della stima di mercato, espone l‟investitore a considerevoli rischi di mercato, nel caso in cui la realtà dei fatti non rispecchi la previsione eseguita a monte.
Si pensi ad un operatore che desidera acquistare un titolo che ha attualmente valore 100.
Se l‟operatore riterrà che il titolo desiderato sarà soggetto a rialzo nei prossimi tre mesi, potrà, attraverso un contratto derivato denominato future, perfezionarne l‟acquisto, per 100, da eseguirsi nei prossimi tre mesi. Ha così ottenuto di bloccare il prezzo di acquisto al valore che il titolo aveva nel momento in cui ha optato per l‟acquisto. In questo caso la funzione è di copertura (o hedging).29
Anche se il titolo subirà un rialzo, l‟operatore lo acquisterà comunque per
100. Ovviamente, qualora il titolo dovesse subire un ribasso (es. 90), l‟operatore lo acquisterà per 100, ma perderà 10, che dovrà corrispondere alla sua controparte nel contratto di future.
Riprendendo l‟esempio di cui sopra, si pensi alla finalità speculativa: l‟operatore acquista, con lo stesso contratto di future, un titolo a 100, che nel frattempo, secondo le previsioni, ha subito un rialzo di valore fino a 120. L‟operatore può rivendere immediatamente il titolo per 120, ottenendo così un profitto di 20.
29 Vedi X. XXXXXX, I contratti derivati, cit., p. 24: “ il concetto di copertura esprime intuitivamente l’attività volta al controllo dell’evento futuro e incerto, nella specie la fluttuazione di valore di un bene o di una grandezza economica.”
Il contratto stipulato con finalità di copertura presenta qualche affinità con l‟assicurazione, anche se il meccanismo sembra essere distorto ed estremizzato30.
Il danno è rappresentato dalla eventuale perdita economica che l‟investitore potrebbe subire come, nell‟esempio corrente, dal ribasso del titolo.
La distorsione risiede nel fatto che nessun premio viene pagato e che l‟investitore, in caso di rialzo del titolo ha fatto in modo di assicurarsi la copertura totale del rischio, con evidenti possibilità di speculazione, mentre, in caso di ribasso, sopporta integralmente il danno e la perdita economica. Sembra quasi che l‟investitore sia al tempo stesso assicurato e assicuratore.
Le funzioni di copertura e speculativa possono coesistere tranquillamente nell‟ambito della stessa operazione, senza che ciò abbia la benché minima rilevanza ai fini della qualificazione giuridica del contratto.
La funzione speculativa o di copertura rientra nell‟alveo di quelli che sono i motivi soggettivi che spingono le parti alla contrattazione, di conseguenza, in base i principi generali del nostro ordinamento, essi sono per lo più irrilevanti.31
Andremo ora ad analizzare brevemente alcuni esempi di contratti derivati, tenendo presente che l‟analisi si concentrerà prevalentemente sull‟interest rate swap, in quanto trattasi dello schema negoziale utilizzato dagli enti locali per la ristrutturazione del debito.
1.2.1. Contratti derivati –schemi negoziali di base: futures e options.
Non è agevole procedere ad una catalogazione dei contratti derivati, così come non è agevole neppure ricostruire una definizione che si adatti a tutti gli schemi, che sia, per così dire, onnicomprensiva.
Xxxxxxx tentato di individuare, nel precedente paragrafo, delle direttive, delle caratteristiche comuni a tutti i contratti, che possiamo riepilogare brevemente: si tratta in primo luogo di contratti consensuali, necessariamente
30 X. XXXXXX, I contratti derivati, cit. p. 25 parla di “modello di tutela finanziaria ispirato a quello assicurativo, ma viepiù evoluto e, per così dire, totalizzante ed estremo.”
31 Sul punto, infra § 6.
bilaterali (addirittura in certi casi soggettivamente qualificati in quanto una delle parti deve necessariamente essere un intermediario finanziario), ad esecuzione differita (in quanto prevedono una negoziazione, un acquisto a termine di beni) e sempre collegati ad un‟entità economica di riferimento, soggetta a variazioni, non prevedibili in origine, che incorporano una endemica componente di rischio e quindi, come vedremo in particolare nel caso dell‟Interest rate swap, aleatori.
Si tratta inoltre di contratti atipici, creati dalla prassi di ordinamenti differenti dal nostro.
Osservando gli schemi contrattuali di base, anche attraverso l‟elencazione contenuta nelle disposizioni del Tuf,32 vediamo che essi possono essere ridotti fondamentalmente a tre: le options, i futures e gli swaps.
Ma come, seppur brevemente vedremo, non esiste un solo swap, una sola option o un solo future; i c.d. schemi base si sono, negli ultimi decenni, moltiplicati, dando così vita ad operazioni sempre più complesse e variegate, frutto anche di combinazioni tra i diversi schemi base.
L‟interprete si trova quindi di fronte ad una variegata categoria contrattuale caratterizzata forse più di ogni altra da un‟accentuata polimorfia.
Come visto nell‟esemplificazione di cui al precedente paragrafo, Il future33 è quel contratto per mezzo del quale una parte (compratore) si impegna ad acquistare un certo bene ad un prezzo stabilito.
L‟esecuzione del contratto è differita, in quanto il pagamento del prezzo avviene di solito a distanza di mesi dalla conclusione.
Il compratore auspica un rialzo del prezzo di mercato del bene, avendo bloccato il prezzo in sede di conclusione del contratto. Si tratta quindi di una compravendita a termine di beni o titoli.
Se effettivamente il valore del bene sale, il compratore avrà così risparmiato sul prezzo e si sarà protetto dalle oscillazioni di valore (finalità di copertura) oppure potrà lucrare la differenza rivendendo il bene al prezzo maggiore (finalità speculativa).
32 Si rimanda a d.lgs. n. 58/98, art. 1.
33 Per una ricostruzione della figura del future, anche sotto un profilo storico si rimanda a X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, cit.
In questo caso a rimetterci sarà il venditore, in quanto sarà costretto a vendere il bene al prezzo inferiore, cioè quello pattuito alla stipulazione.
Se viceversa il valore di mercato cala al di sotto del prezzo pattuito, il compratore dovrà comunque pagarlo a tale prezzo, e sarà, in questo caso il venditore che avrà ottenuto un profitto intascando un prezzo maggiore di quello del valore che il bene ha al momento della esecuzione del contratto.
Questo è essenzialmente il future nel suo schema base, che nel tempo, si è notevolmente arricchito.34 35
34 Un esempio di contratto di evoluzione del future è il financial future. A riguardo si rimanda a X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, cit., p. 258: “la funzione del financial future è analoga a quella del future: stabilire in anticipo il prezzo di un bene compravenduto a termine. Esso può essere utilizzato come strumento di copertura del rischio di oscillazione del prezzo del titolo, della divisa, o più in generale, dello strumento finanziario oggetto del contratto o come strumento di speculazione, a cui si presta in particolare. La grande diffusione di questa fattispecie deve ricondursi alle caratteristiche operative del contratto. Il financial future si distingue da una normale compravendita a termine per i seguenti principali aspetti: - i contratti vengono conclusi in borsa; - sono altamente standardizzati per quantità, date di esecuzione, norme regolatrici del rapporto tra le parti (le quali sostanzialmente possono determinare soltanto il prezzo e scegliere una delle scadenze fissate dalla borsa); - qualora l’esecuzione abbia per oggetto titoli o divise, essa avviene attraverso una stanza di compensazione o simili organismi; - l’esecuzione dei contratti è di norma garantita dalla borsa, che si pone come controparte diretta degli operatori ammessi alle negoziazioni, oppure ne garantisce la solvenza; - è prevista la costituzione di depositi – noti come margini – che si adeguano giornalmente al valore del contratto.”
X. XXXXXX, I contratti derivati, cit., p. 68 e ss. individua ulteriori esempi di “filiazioni” del future, in particolare: L’interest rate future: “Gli operatori ricorrono alla stipulazione di un future su tassi di interesse, essenzialmente al fine di cautelarsi contro a perdita di valore di titoli detenuti in portafoglio. Per tale ragione una costante di questa tipologia è di assumere a fondamentale gi stessi titoli (o titoli di caratteristiche uguali) in funzione dei quali l’operazione di hedging viene disposta. Essa inoltre costituisce uno dei più classici esempi di derivato, nel quale la logica del differenziale emerge con una chiarezza elementare. Si supponga che l’operatore X detenga nel suo portafoglio titoli di Stato a scadenza semestrale per un nominale di un milione di Euro e con un certo tasso di interesse, poniamo il 5%. Si immagini che l’operatore tema una svalutazione del titolo, prevedendo un rialzo dei tassi di mercato. Tale evento avrebbe un effetto sulla valorizzazione dei suoi titoli che, remunerati ad un tasso prospetticamente inferiore a quello di mercato, finirebbero con il deprezzarsi. Per prevenire questo rischio, l’operatore X stipula con l’operatore Y che nutre previsioni uguali e contrarie (preconizza cioè una discesa dei tassi e dunque un incremento di valore dei titoli di riferimento) un contratto future a scadenza quadrimestrale, aventi ad oggetto quegli stessi titoli, ad un prezzo di 950 mila euro. L’operazione andrà valorizzata in funzione del differenziale, da calcolarsi quale margine di variazione fra il valore di mercato dei titoli e il prezzo di cessione stabilito nel contratto. Dunque, ove la previsione si sia avverata, i tassi siano saliti e conseguentemente i titoli, dopo quattro mesi, abbiano registrato una perdita di valore deprezzandosi a 930, la vendita a 950 garantirà all’operatore un differenziale pari a 20 rispetto al prezzo di mercato. Nel caso opposto, nel caso cioè in cui i tassi rimangano inalterati o un loro ribasso determini un incremento del valore dei titoli, il relativo differenziale costituirà una perdita per l’operatore X. Il punto di differenza si colloca
L’option è quell‟operazione negoziale che attribuisce ad una delle parti, dietro pagamento di un corrispettivo, rectius, di un premio, la facoltà di ritirare (to call) o di consegnare (to put), entro la data di scadenza o alla precisa data di scadenza, un certo quantitativo di valori mobiliari ad un prezzo stabilito, definibile come prezzo di esercizio.
Per esemplificare, proviamo ad immaginare l‟operatore A, che vuole acquisire il titolo X, credendo in un suo rialzo nel trimestre a venire. Il titolo è detenuto dall‟operatore B, il quale, viceversa ne teme un ribasso. Attraverso il meccanismo dell‟opzione, A può formulare una proposta di acquisto che diviene irrevocabile, a prezzo fisso e, nel frattempo, può monitorare l‟andamento del titolo verso cui dimostra interesse. B concede il termine ad A e la facoltà di acquistare alla scadenza del trimestre a fronte di un prezzo, un vero e proprio corrispettivo.
Supponiamo che B conceda ad A la facoltà di acquistare il titolo per 105 (100 valore al momento della conclusione del contratto + 5 come prezzo per la concessione).
ovviamente là dove i tassi siano scesi in una misura tale da provocare un deprezzamento ad un valore identico al prezzo future preconcordato. Currency future. [...] potrebbe, in via di approssimazione, definIrsi come un acquisto a termine di divise estere. [...] lo strumento si fonda su una previsione dei corsi dei cambi e consente di predeterminare l’importo che, a una certa scadenza, un operatore dovrà corrispondere alla controparte. Qualora, alla scadenza, la previsione si sia rivelata corretta, l’operatore potrà procurarsi il quantitativo di valuta pattuito a un prezzo pari o inferiore a quello spot. In caso contrario l’operazione sarà di segno negativo per l’operatore acquirente, mentre si risolverà positivamente per la controparte, il vantaggio e lo svantaggio rimanendo determinato dallo scarto fra tasso di cambio preconcordato e tasso di cambio corrente alla scadenza. Stock index financial futures ( o future su indici finanziari). [...] Si discosta infatti sensibilmente dagli altri contratti analoghi in quanto gli impegni dei contraenti riguardano la liquidazione dei differenziali calcolati su un acquisto convenzionale e ipotetico e commisurati alle variazioni dell’indice borsistico (o di un paniere, solitamente di blue chips). [...] In altri termini, due operatori che nutrano opposte aspettative sull’andamento della Borsa, si accordano nel senso di assumere l’uno la posizione di acquirente (long position), l’altro quella di venditore (short position).
L’acquirente compra un certo numero di future alla data x e il venditore si impegna a vendere gli stessi future alla data x + 1. L’acquisto e la vendita sono atti puramente virtuali in quanto l’oggetto dell’ipotetica compravendita è, secondo i parametri radi zonali, inesistente e gli obblighi degli operatori si limitano alla definzione monetaria delle differenze degli importi (ricavati convenzionalmente) determinate dall’oscillazione dell’indice.”
35 In materia di future si rimanda inoltre a X. XXXXXXX, I mercati mobiliari, Milano, 2002; X. XXXXXXX, Options e contratti derivati, in Contratto e impresa, 1999, p. 1278 e ss.; X. XXXXXX, C. VECCHIO, Futures, options, swaps, commercial papers, Milano, 1988.
A questo punto, alla scadenza del termine, se il valore del titolo, come A auspicava, sarà salito, l‟esercizio dell‟opzione sarà conveniente e, nell‟esercitarla, A otterrà un profitto.
Supponendo che il titolo abbia incrementato il suo valore fino a 150, A otterrà un profitto netto di 45, cioè 150 (valore del titolo alla scadenza dell‟opzione – 100 (prezzo concordato) – 5 (prezzo da pagare a B per la concessione).
Nel caso in cui il valore del titolo abbia subito un ribasso, la situazione sarà speculare e per A non sarà conveniente esercitare l‟opzione.
Se A decide di non esercitare l‟opzione (ricordiamo che egli ha facoltà e non obbligo di esercitarla), ci rimetterà la somma pattuita come premio, che dovrà versare a B.
Se invece il valore del titolo non è cambiato, l‟operazione sarà in un certo senso neutra, ma A dovrà comunque versare a B il corrispettivo pattuito per la concessione dell‟opzione.
Sostanzialmente, a fronte del pagamento del premio, la parte rimane vincolata alla propria dichiarazione, che acquista a tutti gli effetti il valore di proposta irrevocabile36 .
L‟altra parte, il promissario, ha la facoltà, rectius, il potere (inteso come diritto potestativo) di accettare o meno la proposta irrevocabile formulata dal promittente.
Come è facilmente intuibile, l‟affinità tra i contratti derivati definibile options e il patto di opzione37 disciplinato dal nostro ordinamento, non è solamente terminologica.38
36 Vedi art. 1329 c.c.: “Se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo la revoca è senza effetto. Nell’ipotesi prevista dal comma precedente, la morte o la sopravvenuta incapacità del proponente non toglie efficacia alla proposta, salvo che la natura dell’affare o altre circostanze escludano tale efficacia.
37 Vedi art. 1331, c.c.: “Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall’art. 1329. Se per l’accettazione non è stato fissato un termine può essere stabilito dal giudice.”
38 In questo senso, X. XXXXXXX, Options e contratti derivati, in Contratto e impresa, 1999.
In entrambi i casi, il contratto si perfeziona attraverso un meccanismo progressivo39, che prevede diverse fasi: la fase della dichiarazione formulata dal promittente che ha valore di proposta irrevocabile ed il diritto potestativo di accettare (o non accettare) in capo al promissario. 40
L’option è lo schema base di derivato che si è arricchito maggiormente nel corso degli anni e che ha dato vita alle tipologie negoziali più variegate.41
1.2.2. Lo swap: in particolare lo swap su tasso di interessi o interest rate swap.
Come si è cercato di evidenziare nei precedenti paragrafi, non ha molto senso parlare di swap al singolare, quanto piuttosto di swaps. Come nel caso di futrures e options, si ritrova uno schema base, successivamente arricchitosi e divenuto più complesso, così da poter soddisfare più o meno tutte le esigenze degli operatori.
L‟origine del contratto in analisi si situa nel corso degli ultimi vent‟anni dello scorso secolo e il suo primo utilizzo risale ad un‟operazione finanziaria intercorsa tra IBM e World Bank.42
39 Si rimanda a X. XXXXXXXX, Formazione progressiva del consenso, cit.
40 In materia di opzione si rimanda a X. XXXXXXXXX, I contratti preparatori di trasferimenti immobiliari, in Obbligazioni e Contratti, 2007, p. 585 e ss.; S. DELLE MONACHE, Xxxxx figura del patto di opzione a favore di terzo, in Rivista del Notariato, 2005, p. 765.
41 Per l’analisi delle numerose differenti figure di option, si rimanda a X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, cit. e a X. XXXXXX, I contratti derivati, cit.
42 Xxxx X. XXXXXXX, Lo swap, in Banca, borsa e tit. cred., 2010, p. 40: “Questi i passaggi salienti della dinamica contrattuale secondo la ricostruzione desumibile dalla letteratura economico- finanziaria. L’IBM, che aveva emesso un prestito obbligazionario da 1 miliardo di dollari e nel contempo aveva proceduto a finanziarsi in marchi e franchi svizzeri, nell’anno 1981, di fronte ad una costante rivalutazione del dollaro nei confronti di queste divise, stipulava un accodo con World Bank in forza del quale, in una prima fase, questa si indebitava sul mercato dell’eurodollaro (dove aveva facilità di accesso a costi contenuti) emettendo obbligazioni a cedola fissa in dollari, aventi una durata corrispondente a quella delle obbligazioni IBM ; in una seconda fase , IBM e World Bank si scambiavano le posizioni debitorie: World Bank assumendosi l’obbligo di soddisfare per conto di IBM i crediti in marchi e franchi svizzeri; IBM di ripagare i creditori in eurodollari, procurandosi un consistente vantaggio intermini di differenza di cambio.”
Si tratta, come è facilmente intuibile, di uno schema contrattuale molto giovane, che ha da subito trovato grande fortuna tra gli operatori per la sua indubbia flessibilità e per la semplicità che contraddistingue il suo schema base. 43 Il Tuf parla testualmente di “accordi per scambi futuri di tassi di interesse
e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto.”44
Il termine swap può essere pacificamente tradotto come “scambio”, “baratto” cioè il dare qualcosa in cambio di qualcos‟altro.
L‟oggetto di questo scambio, come dimostrano le prime e più frequenti utilizzazioni riscontrate, può essere un tasso di interesse (interest rate swap), oppure delle valute (domestic currency swap).45 46
43 Così, X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, cit., p. 27.
44 Vedi art. 1, comma 2, lett. e) d.lg.s. 58/98.
45 X. X. XXXXXXX, Lo swap, cit., p. 42: “nel currency swap il contratto ha la funzione di tenere indenne l’operatore (il cliente) dal rischio di oscillazione di cambio fra diverse valute ne periodo intercorrente fra il momento in cui ha maturato un credito in valuta estera e il momento della scadenza. L’intermediario finanziario si impegna a pagare alla scadenza del credito una somma pari alla differenza di cambio rispetto al tempo della stipula del contratto, con conseguente guadagno dell’operatore se la moneta nazionale si sarà nel frattempo rivalutata.”
46 Per un’efficace esemplificazione si veda X. XXXXXX, I contratti derivati, cit., p. 104: “applicando la logica del differenziale allo scambio valutario, si può pervenire ad un risultato analogo a quello di un interest rate swap. Lo swap su valute si caratterizza propriamente per il fatto di presupporre esposizioni debitorie denominate in valuta diversa da quella del paese di residenza del debitore con ovvie conseguenze dal punto di vista delle oscillazioni dei corsi. Si supponga che la società italiana A sia indebitata per 10.000 dollari e che la società americana B sia a sua volta esposta per 15.000 euro (supponendo un tasso di cambio pari a 1
$ = 1,5 €). Si supponga ancora che i debiti abbiano uguale scadenza e che entrambe le parti siano tenute versare ai rispettivi creditori gli importi sopra menzionati entro un anno. Con un accordo di swap le due società possono impegnarsi a scambiarsi alla scadenza i rispettivi importi. In altri termini la società A verserà dopo un anno alla società B 15.000 euro, ricevedone in cambio 10.000 dollari. L’operazioni manterrà un rilievo puramente interno, esaurendosi nel rapporto fra le due società controparti dell’accordo, mentre al’esterno A continuerà a rimanere formalmente indebitata con il proprio creditore, verso il quale essa sola sarà esclusivamente responsabile. Altrettanto accadrà alla società B nel rapporto con il suo creditore. Ovviamente l’operazione non si giustifica in funzione del puro incrocio e del mero reciproco trasferimento (sostanziale) dell’onere finanziario. Essa trova la sua convenienza nel fatto che le parti predeterminano le condizioni dello scambio. Nel nostro esempio le parti converranno che il trasferimento delle rispettive valute abbia luogo sulla base di un dato rapporto di cambio, in ipotesi 1 $ = 1,6 €. Alla scadenza quindi B verserà ad A
10.000 dollari, ricevendone 16.000 euro. La convenienza dipenderà dall’andamento del
All‟analisi del contratto di swap, delle sue filiazioni, in particolare dell‟ interest rate swap si sono interessate, in momenti differenti, dottrina47e giurisprudenza. L‟opera della giurisprudenza è stata preziosa per la ricostruzione della definizione del contratto di swap.
Lo swap è stato infatti definito come “quel contratto aleatorio con cui le parti si obbligano reciprocamente all‟esecuzione, l‟una nei confronti dell‟altra, alla scadenza di un termine, prestabilito di una prestazione pecuniaria il cui ammontare è determinato da un evento incerto.”48
In un‟altra importante pronuncia viene definito come il contrato “in cui due parti convengono di scambiarsi, in una o più date prefissate, somme di denaro calcolate applicando due diversi parametri (in termini di tassi d‟interesse o di cambio) a un identico ammontare di riferimento, con il pagamento alla scadenza concordata di un importo di base netto, in forza di compensazione.”49
Il domestic currency swap è stato il primo tipo di swap utilizzabile dagli enti locali che, avendo contratto prestiti in valuta estera, dovevano proteggersi dalle oscillazioni dei cambi.
Come vedremo infra50 si trattava di un vero e proprio obbligo a contrarre posto dalla legge, che richiedeva la stipulazione di tale contratto proprio in caso di prestito contratto dall‟ente in valuta estera.
corso del dollaro alla scadenza convenuta, a seconda cioè che il dollaro quoti sotto o sopra il tasso convenuto dalle parti. L’operazione sarà neutrale nel caso (puramente scolastico) in cui il tasso a pronti alla scadenza e il tasso a termine preconcordato coincidano.”
47 In materia di swap e di interest rate swap si rimanda ai contributi di X. XXXXXXXX, Swap
(contratto di), in Contratto e impresa, 1988, p. 598 e ss; X. XXXXXXXXXXX, Le operazioni di swap, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, p. 112 e ss.; C. M. XX XXXXXX, Lo swap d’interessi, in Banca, borsa, tit. cred., 2004, p. 391 e ss.; X. XXXXXX NASSETTI, Profili legali degli interest rate swaps e degli interest rate and currency swaps, in Riv. dir. comm. int., 1992, p. 69 e ss.; ID, Considerazioni in tema di swaps, in Diritto del commercio internazionale, 1993, p. 321 e ss.; ID, I contratti derivati finanziari, cit.; X. XXXXXX, I contratti derivati, cit.; X. XXXXXX, Swaps, in Dig. discipl. priv. sez. comm., Torino, 1989; X. Xxxxxxx, profili civilistici del rischio finanziario e contratto di swap, Milano, 1999; X. XXXXXXX, Lo swap, cit.; X. XXXXXXX , In tema di interest rate swap, in Giurisprudenza commerciale, 2007, p. 134 e ss.; X. XXXXXX, X. VECCHIO, Futures, options, swaps, commercial papers, cit.; X. XXXXX, Profili giuridici del mercato degli swaps di interessi e di divise in Italia, in Banca, borsa, tit. cred., 1993, I, p. 602 e ss.; X. XXXXXXXXXXX , I contratti di swap, in Xxxxxxxxx, 2009, p. 1133 e ss.; X. XXXXXXX, Contratti di swap, in Tratt. contratti, Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Torino, 2006, p. 1077 e ss.
48 Così, Cass., 19 maggio 2005, n. 10958, in CED, Cassazione, 2005.
49 Così Cass., 6 aprile 2001, n. 5114, in Corr. giur. 2001, p. 1062 e ss.
50 Cfr. cap. II, § 4.
Ritornando ai profili dell‟analisi che maggiormente rilevano ai fini della trattazione, pare utile provare a dare una definizione dell‟interest rate swap per poi mettere in luce quelli che sono gli aspetti puramente civilistici ad esso connessi.
Abbiamo visto che, con il termine swap, si indica uno scambio, un baratto51, avente ad oggetto, a date prefissate, “somme di denaro, calcolate secondo determinati parametri”.52 53
La Banca d‟Italia fa invece riferimento allo swap come “il contratto derivato con il quale le parti si scambiano due flussi finanziari relativi ad attività o passività specifiche espresse rispettivamente in valute o tassi di interesse diversi.”54
L‟Irs nasce dal desiderio degli operatori commerciali di tutelarsi di fronte alle oscillazioni dei tassi di interessi ed ai rischi connessi.55
Ha quindi, di solito, funzione di copertura, unica finalità che, in base alla normativa di riferimento, possono perseguire gli enti locali con l‟utilizzo di tale schema contrattuale.56
Attraverso l‟Interest rate swap si perfeziona lo scambio, a scadenze prefissate e concordate, di somme di denaro, che vengono calcolate applicando due diversi parametri, rappresentati da differenti tassi di interesse (normalmente tasso fisso e tasso variabile), ad una somma di riferimento, che non rientra nello scambio, ma che serve solo per il calcolo delle somme oggetto dello scambio. 57
Le parti dello swap invertono le rispettive posizioni debitorie, si scambiano l‟indebitamento. La parte indebitata a tasso variabile, attraverso l‟operazione contrattuale, si ritrova a dover pagare il tasso fisso e viceversa.
51 Cfr. X. XXXXXXXX, Swap (contratto di), cit.
52 Così, C. M. DE IULIIS, Lo swap d’interessi, cit., p. 392.
53 X. XXXXXX XXXXXXXX, Profili legali degli interest rate swaps cit, p. 80, afferma: “Una definizione che sembra comprendere tutte le fattispecie di swap esaminate è la seguente: lo swap è il contratto in forza del quale le parti si obbligano ad eseguire reciprocamente dei pagamenti il cui ammontare è determinato sulla base di parametri di riferimento diversi.”
54 Cfr. Reg. 2 luglio 1991, art. 49, lett. b).
55 Cfr. X. XXXXXX, Swaps, cit.
56 Vedi infra cap. II
57 Xxxx X. XXXXXXXXXXX, Le operazioni di swap, cit.
Osserviamo come si configura l‟operazione contrattuale nel caso degli enti territoriali: Immaginiamo che il Comune X abbia contratto un mutuo con un tasso di interesse variabile e che abbia interesse a modificare la propria posizione debitoria, indebitandosi a tasso fisso, soprattutto per avere una esatta proiezione di quelli che saranno i futuri pagamenti per esigenze di contabilità, bilancio o tesoreria, fattore non trascurabile, posto che nel caso di pubbliche amministrazioni, è bene ricordarlo, si lavora con risorse pubbliche.
Il Comune X vuole quindi proteggersi dalle variazioni del tasso di interesse connesse alla somma ottenuta come finanziamento.
Appare ovvio che, se si prevede un rialzo dei tassi di interesse, la soluzione migliore sarà, a monte, contrarre un indebitamento a tasso fisso.
L‟ente potrà così concludere un contratto di Interest rate swap con un altro soggetto che deve essere, in base alla normativa vigente, un intermediario finanziario, per mezzo del quale il Comune X si obbligherà, alla scadenza, a pagare all‟intermediario una somma determinata dall‟applicazione del tasso fisso sulla somma ottenuta in finanziamento, che sarà sempre il capitale nozionale di riferimento e che non rientrerà nel meccanismo di scambio, mentre l‟intermediario si obbligherà invece a pagare al Comune X una somma determinata dall‟applicazione del tasso variabile. In questo caso lo swap nasce da una posizione debitoria e viene definito liability swap.58
Alla scadenza, se le date dei pagamenti andranno a coincidere, non ci saranno adempimenti incrociati tra Comune X e intermediario, ma verranno
58 Cfr X. XXXXXXXXXXX, Le operazioni di swap, cit., p. 115.: “Tuttavia, come si è detto lo swap può ben sovrapporsi a posizioni creditorie (asset swap): non è infrequente che chi percepisce un determinato flusso abbia interesse a modificare lo stesso, trasformandolo da fisso a variabile, o viceversa. Va anzi tutto tenuto presente che lo swap di interessi, avente ad oggetto posizioni attive, lungi dall’essere una figura marginale, rappresenta lo strumento chiave per la creazione dei c.d. titoli sintetici, ossia titoli le cui caratteristiche vengono modificate attraverso l’utilizzo di uno swap. Un titolo a tasso fisso (poniamo un Btp) può, ad esempio, essere trasformato in un titolo sintetico con cedola a tasso variabile, pari (in ipotesi) al Libor più un certo margine (spread): secondo questo schema, il possessore del titolo scambia cedole fisse contro pagamenti variabili, trovandosi nella stessa situazione di chi abbia acquistato un titolo emesso alla pari e con cedola a tasso variabile. Come si è osservato, lo swap di interessi, oltre che per finalità di gestione di tesoreria, può anche essere utilizzato per finalità di trading: ciò accade quando si fa ricorso allo swap, prescindendo da qualsiasi posizione (debitoria o creditoria) sottostante, in prospettiva di una variazione favorevole dei tassi tra la data di conclusione dell’operazione e la data per la liquidazione dei pagamenti.”
liquidate solamente le differenze; opererà quindi una compensazione tra i pagamenti59.
Quello oggetto dell‟esemplificazione è lo schema più semplice di Irs, definibile come plain vanilla, l‟unico schema utilizzabile dagli enti territoriali, posto che, come vedremo, la normativa di riferimento vieta l‟utilizzo di schemi contrattuali complessi, che rischiano di essere avulsi dal debito sottostante.
Con l‟espressione plain vanilla60, si fa riferimento al contratto base, senza barriere o limitazioni: in uno swap, per esempio, le due controparti si scambiano i flussi di interessi così come rilevati sul mercato, senza alcuna limitazione.
Lo schema plain vanilla presenta le seguenti caratteristiche: la durata dello swap è un numero intero di anni; uno dei due flussi di pagamento è basato su un tasso di interesse fisso, mentre l'altro è indicizzato a un tasso di interesse variabile; il capitale nozionale resta costante per tutta la vita del contratto.
Gli elementi fondamentali di un plain vanilla swap, da indicare nel contratto, sono: la data di stipula del contratto (trade date); il capitale nozionale di riferimento (notional principal amount), che non viene scambiato tra le parti e serve unicamente per calcolare gli interessi; la data di inizio (effective date), ossia da quando cominciano a maturare gli interessi (normalmente due giorni lavorativi dopo la stipula); la data di scadenza (maturity date o termination date) del contratto; le date di pagamento (payment dates), ossia le date in cui vengono scambiati i flussi di interessi; il livello del tasso fisso; il tasso variabile di riferimento (molto spesso sono usati il Libor o altri tassi interbancari, oppure i tassi di interesse pagati sui titoli di stato) e la relativa data di rilevazione (c.d.
59 Vedi X. XXXXXX, I contratti derivati, cit., p. 65: “[...] lo scambio non avverrà per effetto del materiale incrocio dei due flussi, bensì attraverso la liquidazione, alle singole scadenze, del saldo fra i due tassi dalla parte deficitaria all’altra.”
60 Questa espressione ha a che fare con i gelati: «solamente vaniglia», come dire «niente di più semplice!...» E infatti nel mondo ormai fantasioso delle opzioni, ma anche in quello delle obbligazioni o di altri strumenti, specie quelli derivati, la plain vanilla rappresenta un esempio di tradizione e semplicità. Quando ci si riferisce a una plain vanilla obbligazionaria si parlerà di un titolo con una struttura facilmente comprensibile, assimilabile a un BTP a tasso fisso o un CCT a tasso variabile. La plain vanilla, insomma, si riferisce al contratto base, senza barriere o limitazioni: in uno swap, per esempio, le due controparti si scambiano i flussi di interessi così come rilevati sul mercato, senza alcuna limitazione. Cfr. xxxx://xxx.xxxxxx00xxx.xxx/xxx/XxxxXxXxxx0/000-xxxxxx/Xxxxxxxx/X/Xxxxx- vanilla.shtml?uuid=113db1a6-5809-11dd-93cb-a54c5cfcd900&DocRulesView=Libero
fixing date).
Per gli enti l‟Irs ha solo la funzione di ristrutturazione di debiti e sono quindi precluse finalità speculative.
Sempre prendendo come base un‟operazione di Irs conclusa da un ente pubblico, potrebbe essere utile costruire un‟esemplificazione con cifre simboliche. Si pensi sempre al Comune X che, attraverso l‟accensione di un mutuo, ottiene un finanziamento, da cui deriva, generalmente, il pagamento di un
interesse a tasso fisso.
La maggior parte dell‟indebitamento contratto dagli enti locali con la Cassa Depositi e Prestiti, che era la controparte di tutti i contratti di mutuo con gli enti locali, prevedeva infatti un tasso fisso.61
“In un contesto di indebitamento l‟obiettivo del debitore è chiaramente quello di risparmiare, per la durata del mutuo, sul prezzo (l‟interesse dovuto) del debito contratto.”62
Attraverso il contratto di Irs l‟intermediario finanziario garantirà il pagamento del tasso fisso, contro il tasso variabile. Le posizioni delle parti si invertono, rectius si scambiano: l‟ente, che prima avrebbe dovuto corrispondere il tasso fisso, ora corrisponde il tasso variabile; l‟esatto contrario accade per l‟intermediario.
Ovviamente l‟ente spera in un ribasso del tasso variabile, che porterebbe un profitto dato dalla differenza con il tasso fisso dovuto dall‟intermediario. In caso invece di rialzo del tasso variabile, sarebbe l‟intermediario ad ottenere un profitto.
61 CFR. X. XXXXX, Problematiche connesse all’uso dei contratti su strumenti finanziari derivati da parte degli enti locali, in Fin. loc., 2008, p. 27: “Fino a pochi anni fa era divenuta quasi una moda per tantissimi enti locali italiani intervenire con operazioni di Irs sul debito contratto con la Cassa depositi e prestiti, controparte, quest’ultima, nella maggior parte dei contratti di mutuo degli enti. Quasi tutto questo debito era contratto a tasso fisso, per cui giocoforza, quasi tutti gli interventi di rimodulazione di quel debito mediante l’uso di strumenti derivati, vennero effettuati spostando l’indebitamento degli enti su tassi variabili. Nei primi anni 2000 il passaggio da indebitamento fisso a indebitamento variabile era effettivamente conveniente e le motivazioni (almeno teoriche ) che spingevano gli enti a stipulare i contratti di swap si allineavano perfettamente a quella che in termini giuridici è definita la causa del contratto di swap di tassi di interesse: la protezione contro i rischi di tasso.”
62 Così G. DE CANDIA, Lo swap e l’attività contrattuale pubblica, in I contratti dello Stato e degli enti pubblici, 2005, p. 197 e ss.
Immaginiamo che l‟ente abbia contratto un finanziamento di 100, indebitandosi ad un tasso fisso pari al 4%.
Per effetto dello scambio generato dal contratto, l‟intermediario garantirà il pagamento del tasso fisso 4% mentre l‟ente pagherà il variabile, normalmente il Libor 63 64 .
Immaginiamo che alla scadenza concordata, il Libor sia pari al 2%; l‟ente dovrebbe pagare il 2% di 100, che rappresenta il capitale di riferimento cui applicare i tassi di interesse, mentre l‟intermediario dovrebbe pagare il 4%, sempre di 100.
Anziché effettuare due adempimenti consistenti in due versamenti di somme incrociati, si procede per compensazione attraverso il meccanismo del netting, per cui l‟intermediario verserà all‟ente, avendo “scommesso” sul tasso rivelatosi più alto, la differenza e quindi il 2% (4% - 2%) di 100.
In questo caso, l‟ente consegue un vantaggio economico pari a 20. Qualora invece, come spesso è successo nella pratica, il tasso variabile dell‟ente si rivelasse più alto di quello dell‟intermediario, sarebbe l‟ente a dover corrispondere la differenza attraverso un meccanismo speculare a quello sopra illustrato e subirebbe una perdita.
La descrizione e l‟esemplificazione hanno puro valore scolastico; in realtà, per il calcolo del differenziale di un contratto di Irs, occorrono complessi calcoli matematici, senza dimenticare che è impossibile prevedere in anticipo se vi sarà un rialzo o un ribasso del tasso di interesse variabile.
63 Libor è l‟acronimo di London Interbank Offered Rate e rappresenta un tasso di riferimento per le transazioni sul mercato interbancario, cioè sul mercato dove le banche si scambiano fondi a breve. Il Libor è da molto tempo il tasso standard cui sono agganciati molti altri tassi – per esempio, i mutui a tasso variabile e molti prodotti derivati, come i Forward rate agreement e gli Interest rate swap – e viene calcolato dalla British Bankers' Association e reso disponibile ogni giorno intorno alle 11.45 ora di Londra. Viene calcolato come media degli otto valori centrali forniti da sedici grandi banche. Vi sono molti Libor, per varie scadenze (dall'overnight a 12 mesi) e per molte valute (dollaro Usa, canadese, australiano e neozelandese – euro (sostituito dall'Euribor) – Yen – sterlina – franco svizzero – corona danese e svedese).
64Cfr.xxxx://xxx.xxxxxx00xxx.xxx/xxx/XxxxXxXxxx0/000-
parole/Economia/L/libor.shtml?uuid=f7ae4d8a-5809-11dd-93cb- a54c5cfcd900&DocRulesView=Libero.
L‟Irs rappresenta per gli enti pubblici uno strumento abbastanza rapido per la gestione e la ristrutturazione dell‟indebitamento contratto a monte, per tutta quelle serie di ragioni che cercheremo di analizzare nel corso della trattazione65 66. Esiste, o meglio, deve esistere un nesso di base tra indebitamento (contratto di mutuo) e contratto di swap, ma, di solito, tale collegamento67 non si trasforma in un nesso di natura giuridica, ma resta sempre confinato nell‟ambito
puramente economico.
L‟Irs, pur presentandosi come strumento “ancillare” rispetto a precedenti o contestuali operazioni finanziarie di indebitamento, mantiene la sua indipendenza giuridica, spesso per ragioni di praticità e per ottenere una semplificazione di tutta l‟operazione.68
65 Vedi infra, cap. II.
66 Xxxx X. XX XXXXXX, Lo swap e l’attività contrattuale pubblica, cit.: “Nel contesto della prassi contrattuale innanzi succintamente descritta si deve registrare il crescente utilizzo, da parte della pubblica amministrazione, e degli enti pubblici territoriali in particolare, della figura contrattuale dello swap nell’ambito della propria attività finanziaria. Il suo crescente impiego nasce da talune, innegabili premesse. Il ricorso a forme alternative di reperimento del capitale, rispetto alle tradizionali forme (si pensi, ad esempio, al ricorso ai mutui della cassa Depositi e Prestiti, oppure ai finanziamenti di derivazione bancaria), rappresenta, all’attualità, per gli enti pubblici territoriali, un imperativo, oltre che un’autentica sfida, tesa alla ricerca ed utilizzo di soluzioni anche innovative, per finanziare lo sviluppo locale.”
67 Per una compiuta analisi della teoria del collegamento negoziale Cfr. X. XXXXXXXXXXXX, Collegamento negoziale, in Enc. Dir., VII, Milano, 1989. Da ultimo si veda X. XXXXXXX, Operazioni economiche e collegamento negoziale, Xxxxxx, 0000.
68 In questo senso X. XXXXXXX, In tema di Interest rate swap, cit., p. 138: “[...] la relazione tra contratto di swap e sottostante operazioni di indebitamento richiama inevitabilmente la figura del collegamento negoziale, quale possibile generale modello esplicativo delle relazioni intercorrenti appunto tra swap e contratto padre di finanziamento; in realtà, come emerge anche dall’analisi dei modelli contrattuali più diffusi ed utilizzati nella prassi finanziaria italiana ed internazionale, tale collegamento non sussiste: o meglio, da economico qual è, non si trasforma mai in giuridico. In primo luogo, come appena accennato, nella generalità dei casi è la volontà delle parti (tacitamente o esplicitamente espressa) ad escludere la relazione del collegamento: la ragione di tale scelta in favore della piena autonomia del contratto di swap è intuitiva e risiede da un lato nella maggiore sicurezza ed agilità giuridica (in sede di successiva, eventuale circolazione) di un negozio che, proprio in quanto autonomo, non subisce il contagio di eventuali patologie, genetiche o funzionali, che affliggono il negozio di finanziamento sottostante , dall’altro, nell’esigenza, particolarmente sentita dall’intermediario che si fa controparte dell’impresa, di non sommare rischi ulteriori all’ineliminabile rischio di insolvenza, gravando così l’operazione di costi aggiuntivi. In secondo luogo, e soprattutto, è la stessa struttura del contratto di swap che impedisce di poter ravvisare nella complessiva vicenda negoziale un’obiettiva, e come tale rimuovibile, relazione di collegamento; più in particolare, è da escludersi che il rilevato carattere ancillare dello swap rispetto all’operazione di finanziamento possa declinarsi come accessorietà del primo rispetto alla seconda: referente dello swap non è infatti, necessariamente, lo specifico contrato di finanziamento da cui origina l’obbligazione al pagamento di interessi a sua volta
Pare difficile invece affermare l‟assenza di un nesso teleologico e funzionale e finanche giuridico tra il debito degli enti territoriali ed il contratto di Irs concluso in particolari casi per la gestione e la ristrutturazione del debito stesso.
Come vedremo nel corso della trattazione69, in caso di debito contratto in valuta estera e di emissione, da parte dell‟ente, di un prestito obbligazionario a determinate condizioni o di accensione di un mutuo, la conclusione del contratto di swap collegato era per gli enti obbligatoria.
La norma (la finanziaria per il 200270, testo normativo che per primo consentiva agli enti territoriali la conclusione di contratti derivati ad ampio raggio) poneva in capo agli enti un chiaro obbligo a contrarre.71
produttiva del rischio che lo strumento in esame è chiamato a rimuovere, ma la generale struttura debitoria dell’impresa, la quale viene in rilievo, come appena sottolineato, nella sua dimensione squisitamente contabile; parimenti, come emergerà più chiaramente in seguito, referente funzionale dello swap è la situazione di rischio d’interesse correlata e parametrata alla struttura dell’esposizione debitoria dell’impresa: elemento che, per quanto in ultima analisi generato dai contratti, con questi non si identifica né agli stessi è riducibile, appartenendo ad una dimensione estranea e trasversale rispetto al piano giuridico- negoziale.”
69 Vedi infra Cap. II.
70 Ci si riferisce all‟art. 41, comma 2, l. 448 del 2001 (Finanziaria per il 2002) che testualmente recita: “Gli enti di cui al comma 1 possono emettere titoli obbligazionari e contrarre mutui con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza, previa costituzione, al momento dell‟emissione o dell‟accensione, di un fondo di ammortamento del debito, o previa conclusione di swap per l‟ammortamento del debito. Fermo restando quanto previsto nelle relative pattuizioni contrattuali, gli enti possono provvedere alla conversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996, anche mediante il collocamento di titoli obbligazionari di nuova emissione o rinegoziazioni, anche con altri istituti, dei mutui, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi, al netto delle commissioni e dell‟eventuale retrocessione del gettito dell‟imposta sostitutiva di cui all‟articolo 2 del decreto legislativo 1º aprile 1996, n. 239, e successive modificazioni.”
71 Vedi X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, cit. p. 59: “[...] Lo swap è utilizzato al fine di proteggersi ds una variazione dei tassi di intersse e-o di cambio oppure lo swap è utilizzato per speculare su tali variazioni. Entrambe le parti possono usarlo come copertura dei rischi suddetti o per speculare avendo vedute opposte sull’andamento dei tassi, oppure un parte specula e l’altra contemporaneamente cerca protezione. Il motivo, sia esso di copertura, speculazione, arbitraggio, ecc..., non incide sul tipo contrattuale né sulla sua causa, rimanendo indifferente rispetto alla struttura negoziale. Diverso è il caso previsto dall’art. 41, secondo comma della legge finanziaria 2002, con il quale si prescrive agli enti pubblici che vogliano emettere titoli obbligazionari e contrarre mutui con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza la previa conclusione di un contratto di swap per l’ammortamento del debito. In tale specifico caso la validità del contratto di swap dipende dall’esistenza del collegamento negoziale con l’emissione obbligazionaria o il mutuo, il cui profilo di ammortamento rimane invariato. La ratio della norma risiede nel fatto che si vuole evitare il rischio derivante dall’emissione di debito con pagamento in unica soluzione alla
Dall‟analisi emerge comunque un ulteriore elemento che caratterizza i contratti derivati ed in particolare, lo swap, ovvero, la componente endemica di rischio che esso racchiude, data dalla fisiologica imprevedibilità dell‟andamento della variabile economica di riferimento (nell‟Irs tasso di interesse) nel periodo successivo alla conclusione del contratto.
1.3. Il contratto di interest rate swap - profili civilistici.
Come abbiamo avuto modo di verificare, non esiste, nel nostro ordinamento, un testo normativo che contenga una definizione precisa del contratto di swap o degli altri contratti derivati.
La normativa tecnica di settore, rappresentata dal Tuf, si limita ad un‟elencazione delle fattispecie di contratti derivati, solamente con lo scopo di includerle nel novero degli strumenti finanziari.
Una definizione dello schema contrattuale definibile come swap si rinviene solamente nella letteratura giuridica72 e nella giurisprudenza73, che hanno cominciato ad interessarsi dello schema contrattuale sopra menzionato in tempi differenti.
scadenza, in quanto l’amministrazione pubblica locale potrebbe avere difficoltà a rifinanziarsi a tale data. In altre parole, si vuole evitare il moral hazard di emettere debito lasciando ad altri il futuro problema di come pagarlo, imponendo un cosiddetto amortizing swap, cioè uno swap che impone all’ente pubblico di effettuare pagamenti alla controparte dello swap in misura tale da equivalere ad un ipotetico piano di ammortamento del debito contratto dall’ente pubblico.”
72 In dottrina si vedano X. XXXXXX, Contratti derivati, cit.; X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, cit.; ID, Profili legali degli interest rate swaps e degli interest rate and currency swaps, cit.; X. XXXXXXXXXXX, Le operazioni di swap, cit., X. XXXXXX, swaps, cit.; X. XXXXXXXX, swap (contratto di), cit.; ID, Il contratto di swap, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, Xxxxxxx, Torino, 1995, p. 2441 e ss. X. XXXXXXX, Profili civilistici del rischio finanziario cit.; X. XXXXXXXXXXX, I contratti di swap, cit.
73 Cfr. note 48 e 49.
Tale assunto non può che far propendere l‟interprete verso una considerazione dello swap come contratto innominato o atipico.
Il contratto tipico è pacificamente quel contratto che trova la sua disciplina in un testo normativo, come è nel caso degli schemi negoziali disciplinati dal codice civile.
Così, a contrario, possiamo affermare che il contratto atipico, o innominato, deve intendersi come contratto che non trova una sua disciplina in un testo normativo.
Nel caso dello swap il Tuf, testo normativo di riferimento (art. 1 più volte citato), si limita semplicemente a nominare e ad elencare le fattispecie di contratti derivati, circostanza che non basta a far guadagnare a tali contratti una tipicità legale.74
In generale tutti contratti derivati, negli schemi base che abbiamo, seppur brevemente, analizzato costituiscono degli esempi di operazioni negoziali atipiche, e non potrebbe essere altrimenti posta la loro origine puramente pratica e la loro provenienza da ordinamenti stranieri.
Inoltre, si evidenzia come non esista neppure uno schema contrattuale tipico che possa essere perfettamente ed interamente assimilabile allo swap, contrariamente a quanto avviene invece per futures e options, tanto che un conseguente tentativo di tipizzazione, anche teorico e scolastico dello swap stesso, apparirebbe più arduo.
Il future è infatti assimilabile ad una compravendita a termine di beni o titoli, l’option è molto simile al patto di opzione disciplinato dal codice civile.
74 In questo senso X. XXXXX, G. DE NOVA, Il contratto, in Tratt. dir. civ., Sacco, Torino, 1993, p. 432 e ss. Secondo gli AA il contratto atipico è quello che “nasce dalla pratica degli affari, convalidata e rispettata dai tribunali” che si trovano così a decidere “su diritti e obblighi che il contratto crea per le parti, secondo regole che consolidandosi danno luogo danno luogo alla disciplina (giurisprudenziale).” Il contratto acquista così un embrione di tipicità, non legale, ma sociale e giurisprudenziale. La tipicità legale giungerà nel momento in cui “il legislatore dovesse intervenire a regolare il contratto con sue norme.”; Secondo X. XXXXX, Il Contratto, in Il contratto, in Tratt. dir. priv. Iudica, Zatti, Milano, 2001, p. 422: “il contratto tipico è il contratto che rientra in una figura che ha una disciplina legale particolare.” Si rimanda anche a G. ALPA, Causa e tipo, in Tratt. dei contr., Xxxxxxxx, Torino, 1999, p. 64; G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, Padova, 1974; G. B. FERRI, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966.
Gli studi più recenti parlano dello swap come di un‟operazione atipica, complessa e riconducibile a due contratti di accollo interni che si incrociano, in base al quale un parte assume l‟obbligo di pagare il debito dell‟altra mediante l‟inversione delle posizioni debitorie.
L‟accordo a base dell‟Irs, come abbiamo visto, ha ad oggetto l‟inversione dei tassi di interesse. 75 76
La dottrina77 è comunque compatta nel ritenere lo swap un‟operazione contrattuale atipica.
Anche la giurisprudenza dimostra una certa continuità e compattezza nella qualificazione degli swap come contratti atipici.78
75 In base al dettato del codice civile, art. 1273: “ Se il debitore e un terzo convengono che questi assuma il debito dell’altro, il creditore può aderire alla convenzione, rendendo irrevocabile la stipulazione a suo favore. L’adesione del creditore importa liberazione del debitore originario solo se ciò costituisce condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo. Se non vi è liberazione del debitore, questi rimane obbligato in solido col terzo. In ogni caso il terzo è obbligato verso il creditore cha ha aderito alla stipulazione nei limiti in cui ha assunto il debitore, e può opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in base al quale l’assunzione è avvenuta.”
76 X. XXXXXX, I contratti derivati, cit., p. 69 lo assimila invece alla figura dell’accollo interno: “Giuridicamente lo strumento collima appieno con la fattispecie dell’accollo interno, ossia dell’accordo (notoriamente diffuso, ma altrettanto notoriamente non codificato, per il quale le arti debitrici convengono che una di esse si accolli il debito dell’altra, senza che il creditore di quest’ultima venga coinvolto nell’intesa, e talora, anche a sua insaputa. La peculiarità dell’interest rate swap risiede propriamente nell’incrocio di due contratti di accollo con i quali ciascuna parte assume il debito di interesse dell’altra, con l’idea di procedere alla liquidazione del solo differenziale.” In questo senso anche X. XXXXXXX, Contratti di swap, cit., p. 1079;
77 Propendono per la atipicità, tra gli altri, X. XXXXXX, Swaps, cit.; X. XXXXX, Profili giuridici del mercato degli swaps di interessi e di divise in Italia, cit.; X. XXXXXX XXXXXXXX, Considerazioni in tema di swaps, cit, p. 326 configura la fattispecie contrato di swap come atipico e “[...] assai vicina ad un contratto a termine caratterizzato dalla liquidazione in compensazione ed in lire della differenza tra il valore delle due prestazioni allo scadere del termine. In altre parole, a differenza di un normale contratto a termine che presuppone la consegna a data futura prestabilita di una somma in divisa contro il pagamento di una somma in un’altra divisa, le parti concordano di effettuare un solo pagamento pari alla differenza (espressa il lire tra il valore futuro delle due divise.”; ID, I contratti derivati finanziari; Secondo X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, cit. il risultato che si ottiene con la stipulazione di un IRS sarebbe raggiungibile anche con l’incrocio di due contratti di mutuo. Contra C. M. DE IULIIS, Lo swap di interessi, cit., il quale si basa su una serie di indici normativi, tra cui l’art. 23 t.u.f. per considerare lo swap come legalmente tipico. X. XXXXXXXXX, Cambi di divise a termine, in Riv. dir. comm. 1987, p. 45 e ss.
78 Si veda da ultimo Trib. Bari, 15 luglio 2010, in xxx.xxxxxx.xx; Trib. Modena, 27 aprile 2010, in
xxx.xxxxxx.xx; Trib. Pescara, 12 aprile 2010, in xxx.xxxxxx.xx; Cass., 19 maggio 2005, n. 10598, cit.: “II contratto di swap è contratto innominato, anche se il legislatore, senza descriverlo ne ha tenuto conto nella disciplina degli strumenti finanziari entrata in vigore in tempi successivi alla L. 1/1991, che è invece applicabile alla fattispecie in esame. L'art. 1 comma 1, del D.Lgs. 415/96, ora
Una certa parte della dottrina79 tendeva invece a ricondurre lo swap
nell‟alveo dei contratti differenziali.
Per contratto differenziale deve intendersi quel contratto attraverso il quale le parti si impegnano, concludendo un negozio a termine, a trasferire non il bene oggetto dell‟accordo a fronte del pagamento del relativo prezzo, ma a liquidare solamente la differenza tra prezzo convenuto e prezzo di mercato.80
Abbiamo già avuto modo di specificare (§ 1.2) come nel caso dell‟Irs l‟oggetto del contratto non sia una differenza di valore, ma come lo stesso rappresenti il risultato di uno scambio di flussi di denaro, frutto della applicazione della clausola netting e della conseguente compensazione che opera nel caso di coincidenza temporale dei pagamenti, ammesso che coincidano e solo in quanto voluta dalle parti.
Un‟inclusione dello swap nell‟alveo dei contratti differenziali semplici, appare da escludere pensando a quella che è l‟ontologia del contratto stesso: con il contratto differenziale le parti pongono in essere un negozio assimilabile ad una compravendita a termine avente ad oggetto titoli, valori o entità economiche suscettibile di incrementi o decrementi di valore.
art. 1 comma 2, D.Lgs. n. 58/98, stabilisce alla lett. g) che sono strumenti finanziari i "contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (lequity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti”. Un giudice straniero l'ha definito come "il contratto attraverso il quale due parti convengono di scambiarsi, in una o più date prefissate, due somme di denaro calcolate applicando due diversi parametri (generalmente tassi di interesse e/o di cambio) ad un identico ammontare di riferimento.
79 Si veda a riguardo X. XXXXXXXX, I titoli sintetici tra operazioni differenziali e realità del riporto, in Giur. comm. 1992, p. 79 e ss.; X. XXXXXX, recenti sviluppi in tema di contratti differenziali semplici (in particolare caps, floors, swaps, index futures), in Dir. comm. intern., 1992, p. 171 e ss.; X. XXXXXXXXX, I derivati finanziari tra vendita a termine e contratto differenziale, in I derivati finanziari, Riolo (a cura di), Milano, 1933; C. M. DE IULIIS, Lo swap di interessi o di divise nell’ordinamento italiano, cit.; X. XXXXXXX, contratto differenziale, in Contratto e impresa, 1992, p. 475 e ss. L’A. distingue tra operazione differenziale semplice, “quando le parti convengono con una sola manifestazione di volontà al momento della stipulazione, di liquidare le reciproche obbligazioni con il pagamento delle differenze” e operazione differenziale complessa, “quando si ha al stipulazione di due contratti a termine successivi, in senso inverso, e a seconda che le parti di entrambi i contratti coincidano o meno, si parlerà poi di operazione differenziale complessa propria oppure di operazione differenziale complessa impropria.”
80 Per questa definizione cfr. X. XXXXXX, I contratti derivati, cit.
Oggetto della vendita a termine non è il titolo o la variabile economica in sé, quanto piuttosto la differenza tra il valore che la stessa presenta al momento dell‟esecuzione del contratto, che risulta ovviamente differita rispetto alla conclusione (si parla infatti di contratto a termine) e quella che presentava al momento della conclusione.
Con il differenziale le parti hanno in mente di pagare la sola e semplice differenza di valore, non hanno intenzione di effettuare nessuno scambio di pagamenti, puntano all‟acquisto di quella differenza di valore, sperando rappresenti un‟entità positiva, così da conseguire un vantaggio economico.
La compensazione tra le differenze di valore è endemica al contratto, in quanto ne costituisce l‟oggetto; non esiste differenziale senza differenza.
Il contratto di swap prevede invece uno scambio di pagamenti che le parti intendono eseguire materialmente e che solo in caso di coincidenza temporale vengono portati a compensazione.
La compensazione nello swap è quindi una clausola solamente accessoria.81
Si comprende così perché sia da escludere che oggetto dello swap possa essere il differenziale. L‟oggetto dello swap è sempre uno scambio di flussi di denaro, di pagamenti.
Lo swap è inoltre un contratto di scambio consensuale, necessariamente bilaterale82 ed in certi casi può atteggiarsi come soggettivamente qualificato o intuitu personae.
Si pensi proprio al caso degli enti territoriali, che devono concludere i contratti derivati avendo come controparte un intermediario finanziario qualificato.83
81 In questo senso, X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, cit., p. 85.
00 Xxx. X, XXXXXXXX, Il contratto in genere, in Tratt. dir. civ. comm., Xxxx, Messineo, Milano, 1973,
p. 615: “[...] scambio implica prestazioni (consistenti in un dare o in un facere, o non facere) o da un solo lato o reciproche; e la reciprocità si fa da fra due parti, non fra più parti.”
83 Vedi infra cap. II.
Si tratta inoltre di un contratto di durata, ad esecuzione differita, in quanto le prestazioni oggetto dello swap non si eseguono immediatamente, ma a scadenze prefissate, in date differenti da quella di conclusione.
Si tratta, in un certo senso, di un‟esecuzione differita fisiologica, in quanto, per stabilire l‟entità della prestazione dovuta, si deve monitorare l‟andamento del tasso di interesse durante un periodo di tempo successivo (tre mesi di solito) alla conclusione del contratto.
Non avrebbe senso neppure da un punto di vista logico parlare di swap ad esecuzione immediata.
Si tratta inoltre di un contratto a prestazioni corrispettive84,85 con tutto ciò che ne consegue in termini di applicabilità dei rimedi civilistici, fatta eccezione per la risoluzione dovuta ad eccessiva onerosità sopravvenuta e rescindibilità per lesione, data la natura aleatoria del contratto in questione (infra, § 1.4).
Sembra inoltre doversi accedere all‟opinione dottrinale che ritiene necessaria un‟equivalenza economica delle prestazioni,86 ovvero un‟equivalenza economica tra i due flussi di pagamento che sono oggetto del contratto di swap.
Ovviamente si parla di equivalenza economica che va calcolata al momento della conclusione del contratto, in quanto in seguito, per la natura stessa delle variabili economiche di riferimento, le stesse saranno soggette a variazioni a rialzo o al ribasso, del tutto indipendenti dalla volontà delle parti ed imprevedibili. Si potrebbe efficacemente obiettare che, in forza di quel principio di libertà contrattuale che permea pressoché tutta la materia del diritto dei contratti e che anzi ne costituisce un sicuro ed indiscutibile substrato, le parti del contratto di swap possano liberamente scegliere ciò che può, per loro e nel loro interesse,
essere considerato uno scambio vantaggioso o una prestazione equivalente.
84 Cfr. C. M. BIANCA, Xxxxxxx e la permuta, in Tratt. dir. civ., Xxxxxxxx, VII, Torino, 1972, p. 62 e ss.; X. XXXXXXXX, Il contratto in genere, in Tratt. dir. civ. comm. Xxxx, Messineo, Milano, 1973, p. 615 e ss. cit.; X. XXXX, Il contratto con prestazioni corrispettive, Xxxxxx, 0000.
85 X. XXXXXXXXXXX, Le operazioni di swap, cit., p. 121 parla di “accordo che genera prestazioni contrapposte fra loro interdipendenti ed omogenee: uno o più pagamenti incrociati, eventualmente su base netta, di somme di denaro.”
00 Xxx. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, cit., p. 60.
La stessa attenta dottrina fa notare che, fatta salva la libertà contrattuale delle parti, “la sproporzione tra il valore economico delle prestazioni trova il limite nella simbolicità e nella mera apparenza.”87
Si pensi alla sorte di una compravendita, anch‟esso contratto oneroso a prestazioni corrispettive, in cui le parti abbiano stabilito un prezzo irrisorio, meramente simbolico88 rapportato al valore del bene oggetto del contratto.
In un caso del genere, è pacifico, non si potrebbe parlare di vendita, in quanto sarebbe frustrato uno degli elementi essenziali del contratto, che prevede lo scambio di bene contro prezzo.89
Il contratto di swap è un contratto che ha ad oggetto uno scambio di flussi di pagamento; nel caso in cui una delle prestazioni, uno dei pagamenti, avesse valore irrisorio, o mancasse del tutto, verrebbe meno lo scambio stesso, cioè l‟essenza stessa dello swap; logicamente, lo scambio deve riguardare almeno due elementi.
L‟assunto vale in entrambi i casi, essendo vendita e swap, negozi patrimoniali onerosi.
1.4. L’interest rate swap come contratto aleatorio.
Volendo cercare un sinonimo di aleatorio, utilizzando un termine atecnico, mutuato dal linguaggio corrente, potremmo parlare di contratto “rischioso”90 .
L‟alea è in effetti, nella sua nozione “empirica”91, il rischio, la possibilità del verificarsi di una vicenda favorevole o sfavorevole ad un soggetto.
87 Vedi X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, cit., p. 62.
88 Cfr. L’importante pronuncia Cass. 24 novembre 1980, n. 6235, in Rep. Foro it., 1980, Vendita, n. 39. E’ ammessa la fissazione di un prezzo anche sproporzionato rispetto al valore del bene o del diritto che si vuole trasferire con la vendita, purché non sia irrisorio o meramente simbolico.
89 Si rimanda a C. M. XXXXXX, Xxxxxxx e la permuta, cit.; X. XXXXXX, la compravendita, in Tratt. dir. civ. comm., Xxxx, Messineo, Milano, 1962, p. 268
e ss.; X. XXXXXXXX, La compravendita, Xxxxxx, 0000.
90 Cfr. G. DI GIANDOMENICO, Il contratto e l’alea, Padova, 1987, p. 49.
91 Xxxx X. XXXXXX, Xxxx, in Enc. dir. I, Milano, 1958, p. 1024.
Di conseguenza il contratto aleatorio potrebbe, in prima battuta, essere definito come quel contratto connotato dal rischio che si verifichino eventi favorevoli o sfavorevoli alle parti, che sono a monte imprevedibili, in quanto derivano da eventi incerti, ma che incidono “sul risultato economico dell‟attuazione di un rapporto contrattuale”.92
Una certa dose di rischio è comunque sempre insita in operazioni commerciali; è necessario da subito precisare che il rischio che rende un contratto aleatorio, va molto al di là di quello che possiamo definire rischio fisiologico dell‟operazione contrattuale, visto che arriva a permeare il contratto stesso, divenendo parte inscindibile di esso.
Il rischio normale è così elemento estrinseco alla fattispecie negoziale, una sorta di alea esterna, che può condurre, a determinate condizioni, alla modifica delle originarie pattuizioni contrattuali e delle originarie condizioni del sinallagma e che magari può portare, se ne ricorrono i presupposti, alla risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, ma che “solo statisticamente”93 è connaturato al contratto.
92 Così, X. XXXXXX, Alea, cit., p. 1025.
93 Così, X. XXXXXX, Alea, cit., p. 1026: “In realtà, questa <<alea normale>> è qualitativamente diversa da quell’elemento intrinseco che definisce e individua i cosiddetti contratti aleatori, mentre si avvicina a quell’alea, estrinseca al contenuto contrattuale, che, verificandosi in un senso o nell’altro, può alterare, in una con le previsioni delle parti, il contenuto del sinallagma e quell’equilibrio contrattuale che aveva costituito l’oggetto dell’accordo delle parti. Una siffatta condizione che l’onerosità sopravvenuta esorbiti dall’alea normale del contratto non coincide col requisito quantitativo della onerosità sopravvenuta (che deve essere eccessiva), ma ha piuttosto riguardo a un profilo qualitativo: bisogna cioè esaminare se il tipo di contratto posto in essere, per il suo contenuto o per la sua funzione, non implichi di per sé che al momento del suo perfezionamento vi sia o vi debba essere la consapevolezza delle parti di affrontare necessariamente un certo margine di rischio, collegato appunto all’eventuale verificarsi di situazioni di fatto e di vicende, economiche o di altra natura, che normalmente, o per lo meno non eccezionalmente, incidono sullo svolgimento di quel singolo tipo di rapporto e influiscono sul risultato economico che le parti vogliono conseguire. Questa zona di rischio, che in ultima analisi non manca ami quando vi è una apprezzabile soluzione di continuità tra il sorgere del rapporto contrattuale e la sua attuazione finale, può essere modesta, nel qual caso la condizione in esame non assume autonoma rilevanza, perché assorbita dal sia pure diverso requisito quantitativo (eccessività) della onerosità sopravvenuta, ma può essere piuttosto rilevante in certi tipi contrattuali (ad esempio appalto, somministrazione, trasporto e in genere i contratti che risentano più direttamente della influenza esercitata dalle condizioni di mercato o dalla complessità dell’organizzazione di impresa di una delle parti o di pericoli esterni che il comportamento esecutivo di una delle parti deve affrontare), nei quali, l’autonomia di quella condizione appare, anche di fatto, innegabile. Si tratta cioè di un’alea che non si inserisce nel contenuto del contatto sì da
A riprova di tale assunto il Codice civile94 prevede che la risoluzione del contratto non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell‟alea normale del contratto.95
L‟alea normale è quindi quella connessa alle fisiologiche variazioni di mercato, cui le parti vanno incontro semplicemente per aver posto in essere una determinata operazione economica e giuridica.96
In dottrina si è parlato anche di normale “rischio di impresa.”97
Si distingue altresì tra alea economica e alea giuridica98; la prima si riscontra quando il vantaggio o il danno conseguibili dal verificarsi dell‟evento incerto sono valutabili da un punto di vista meramente economico, in termini di perdita e/o guadagno; la seconda quando l‟evento di cui sopra incide sull‟an stesso o sul quantum delle prestazioni dedotte in contratto o anche su una sola di esse.
In realtà l‟alea economica è presente, come fa notare un‟autorevolissima dottrina99, in una grande varietà di contratti, come per esempio nei contratti associativi e nei contratti di durata.
Il rischio economico connesso alle potenziali variazioni del valore dei beni oggetto del contratto è presente in tutte quelle fattispecie negoziali in cui il bene
qualificare la funzione del medesimo, ma rimane ad esso estrinseca, per quanto si fatto connessa con lo svolgimento esecutivo del rapporto contrattuale, dipendenti da fattori esterni, solo statisticamemte connaturale a questo o a quel meccanismo contrattuale.”
94 art. 1469, comma 2, c.c.
95 Si rimanda a X. XXXXXX, Corrispettività e alea nei contratti, Milano, 1960;
96 Si rimanda a X. XXXXXXXX, Il contratto aleatorio e l’alea normale.
97 In questo senso, X. XXXXXXX, Alea e contratto aleatorio, Milano, 2000
98 Cfr. G. DI GIANDOMENICO, Il contratto e l’alea, Padova, 1987, p. 57.; richiama la distinzione tra alea giuridica ed economica anche X. XXXXXXXXXXX, Le operazioni di swap, cit., p. 123: “la prima, infatti, ha a che fare con il rapporto tra prestazione e controprestazione: il contratto è aleatorio quando è a carico di una parte (o di entrambe) il rischio di un evento che incide sul contenuto del suo diritto o della sua prestazione contrattuale. Si tratta dunque di un rischio in senso oggettivo. Per alea economica, invece, si intende la probabilità di ottenere determinati valori con riferimento alle variabili prese in considerazione, allorché la distribuzione degli eventi futuri e dei risultati ad essi associabili sia stimabile, il rischio risulta qualitativamente misurabile (utilizzando parametri statistici) e può essere o meno coperto, a seconda dei mezzi di cui dispone il soggetto agente. In altri termini l’alea giuridica appartiene alla struttura del contratto di scambio.” X. XXXXXXX, Xxxxxxx, alea e alea normale del contratto, in Riv. trim dir. proc. civ., 1948, p. 785 e ss.; X. XXXXXX, Alea, cit.
99 la riflessione è di X. XXXXXXXXX, Aleatorietà e contratti di borsa, in Banca, borsa, tit. cred., 1958, p. 435 e ss.
stesso non è destinato al consumo o all‟utilizzo immediato, ma a finalità differenti, di speculazione, o investimento, come un appartamento, un terreno o un pacchetto di azioni.100
Da ciò ricaviamo che praticamente qualunque contratto può incorporare, e spesso incorpora, una fisiologica componente di rischio, che si può identificare prevalentemente con un rischio economico; l‟alea normale è perciò quasi sempre alea economica.
Si parla invece di alea convenzionale nel caso in cui la componente di rischio sia inserita nel meccanismo contrattuale dalla volontà delle parti.101
Con gli elementi raccolti, possiamo quindi provare a tracciare una definizione più precisa di contratto aleatorio, per poi verificare se il contratto di Irs, possa essere considerato tale.
Si parte dal presupposto che l‟alea normale, quella puramente economica, non è sufficiente per considerare aleatorio un contratto; occorre una connotazione più profonda del rischio che caratterizza l‟operazione.
Il rischio deve permeare la struttura stessa del contratto102, la sua causa, tanto da risultare determinante, influenzare le prestazioni dedotte in contratto, nell‟an e nel quantum.
Un‟attenta dottrina considera l‟alea come “funzione di rischio” e quindi il contratto aleatorio come “contratto con funzione di rischio”.103
Il tipo di alea che entra in gioco nella definizione di contratto aleatorio è quindi, in primis, quello giuridico e diventa un elemento essenziale del contratto stesso.104
100 Così, Trib. Milano, 27 febbraio 1992, in Giur. it., 1992, I, p.601 e ss.
101 Si rimanda a X. XXXXXX, Xxxx, cit., p. 1029.
102 Vedi X. XXXXXXXXXXXXXX, Il contratto e l’alea, cit., p. 58: “[...] Il rischio esterno non determina la aleatorietà del contratto, poiché non è sufficiente la semplice incidenza del rischi sulla situazione esterna ed iniziale contemplata dai contraenti affinché il contratto dagli stessi stipulato si qualifichi come aleatorio. In questi casi il rischio non assume maggior rilievo di quanto ne assuma lo stato di fatto precedente la conclusione del negozio. Il rischio interno, di contro, partecipa allo scambio e determina la aleatorietà sia nai contratti aleatori per natura che in quelli tali per volontà delle parti.”
103 Vedi X. XXXXXXXXXXXXXX, Il contratto e l’alea, cit., p. 211.
104 Così X. XXXXXXX, Xxxxxxx, alea, cit.
Il contratto aleatorio è quel contratto in cui la prestazione delle parti (anche di sola di esse) è determinata “nella sua misura fisica”105 in funzione di un evento futuro e incerto, al punto che la misura può esser anche pari allo zero.106 107
Nei contratti tipicamente aleatori l‟alea si deve configurare sempre come “un momento essenziale del sinallagma”108, che fin dal principio ne condiziona l‟operatività; la funzione dei contratti tipicamente aleatori, la causa può essere ricostruita come lo scambio tra “rischi equivalenti”109, nel senso che al rischio di un contraente deve fare da corrispettivo il rischio uguale e contrapposto dell‟altro.
L’archetipo di contatto aleatorio, in cui prende vita il meccanismo per mezzo del quale l’alea va a permeare il sinallagma, fino a divenire funzione dello stesso, viene individuato dalla dottrina nella emptio spei, fattispecie rientrante nell’alveo della vendita di cosa futura, disciplinata dall’art. 1472 c.c.110, “nella quale, quando le parti hanno veramente voluto considerare la cosa futura come una spes, suscettibile anche di rimanere tale, la configurazione dell’alea è indubbiamente così essenziale e così profondamente connaturale al sinallagma, da non potersi dubitare che qui si abbia un contratto aleatorio in senso tecnico, in cui la funzione dello scambio si determina, sin dalla sua genesi, in relazione all’incertezza di una delle prestazioni corrispettive. Non è solo che l’alea incida sull’oggetto del contratto (e particolarmente sulla prestazione del venditore), ma è che vi incide in modo essenziale e necessario nel senso che la prestazione del venditore è necessariamente incerta e voluta come tale dalle parti, le quali
105 Vedi X. XXXXXXXXXXXXXX, Il contratto e l’alea, cit., p. 61.
106 Così, X. XXXXXXXXX, Aleatorietà e contratti di borsa, cit.
107 X. XXXXXXXX, Il contratto in genere, cit., p. 774: “E’ contratto aleatorio, o di sorte, quello nel quale il rapporto fra l’entità del vantaggio e l’entità del rischio, al quale ciascuna parte, contraendo, si espone, non è noto, né certo, e quindi non valutabile all’atto della stipulazione.”
108 Così, X. XXXXXX, Xxxx, cit., p. 1029.
109 In questo senso X. XXXXXXXXXXXXXX, Il contratto e l’alea, cit., p. 1028; X. XXXXXXX, Xxxxxxx e alea, cit., p. 777.
110 Vedi art. 1472 c.c: “Nella vendita che ha per oggetto una cosa futura, l’acquisto della proprietà si verifica non appena la cosa viene ad esistenza. Se oggetto della vendita sono gli alberi o i frutti di un fondo, la proprietà si acquista quando gli alberi sono tagliati o i frutti sono separati. Qualora le parti non abbiano voluto concludere un contratto aleatorio la vendita è nulla, se la cosa non viene ad esistenza.”
sono consapevoli di far dipendere esclusivamente da un evento futuro la esistenza e la entità della prestazione.” 111
L’alea si pone quindi come un “momento originario ed essenziale, che colora e qualifica lo schema causale del contratto.” 112
L’alea caratterizza il contratto in modo strutturale,113 rappresentando un profilo genetico, riferibile al contratto fin dalla sua conclusione.
L’alea dei contratti aleatori è inoltre voluta, cercata dalle parti, che intenzionalmente connotano con l’alea stessa il meccanismo negoziale prescelto; è quindi il “risultato di una consapevole rappresentazione e volizione delle parti.” 114, che scelgono di ancorare le loro prestazioni all’evento futuro ed incerto.
Contratti aleatori sono allora i contratti connotati da un‟alea interna, che consiste in uno scambio di rischi tra le parti e che per questo diventa funzione del contratto; giuridica, in quanto l‟evento futuro ed incerto, il rischio, va ad influenzare e a determinare l‟entità e l‟esistenza stessa delle prestazioni dedotte in contratto e consensuale, in quanto la funzione di rischio, lo scambio dei rischi è una scelta delle parti fin dall‟origine.
Per esclusione, attraverso la ricostruzione prospettata, possiamo distinguere un contratto aleatorio da un contratto semplicemente rischioso, caratterizzato invece da un‟alea esterna, economica che non diventa funzione del negozio e che deriva semplicemente dalle “circostanze concrete in cui il negozio viene posto in essere”115, valide ad influenzare il risultato economico del contratto, ma appunto esterne alla struttura del sinallagma.
Una volta tratteggiata una definizione generale di contratto aleatorio, sulla base della ricostruzione effettuata sopra, resta da vedere se effettivamente il contratto di swap, in particolare l‟Irs possa essere definito in questi termini.
111 Così, testualmente X. XXXXXX, Xxxx, cit., p. 1029.
112 Così, testualmente X. XXXXXX, Xxxx, cit., p. 1031.
113 Cfr. X. XXXXXXXXXXXXXX, Il contratto e l’alea, cit., p. 64. 114 Vedi X. XXXXXXXXXXXXXX, Il contratto e l’alea, cit., p. 77. 115 Vedi X. XXXXXXXXXXXXXX, Il contratto e l’alea, p. 210.
Come abbiamo evidenziato nell‟analisi dei profili civilistici dell‟Irs, siamo di fronte ad un contratto atipico, necessariamente bilaterale, ad esecuzione (necessariamente) differita, a prestazioni corrispettive ed oneroso, il cui oggetto è rappresentato da uno scambio di flussi di denaro.
Le prestazioni dedotte in contratto sono quindi dei pagamenti incrociati, che le parti si obbligano ad effettuare a scadenze predefinite, l‟entità dei quali è determinata dall‟andamento del tasso di interesse, che rappresenta la variabile economica di riferimento.
L‟Irs è infatti un contratto derivato, basato e connesso sulla variabile economica di cui sopra, che è soggetta a delle variazioni.
Il tasso di interesse con le sue variazioni, che sono impossibili da prevedere al momento della conclusione del contratto, rappresenta l‟evento futuro ed incerto dal quale le parti fanno volontariamente dipendere, fin dal momento genetico dell‟operazione contrattuale, l‟an e il quantum delle future prestazioni che si sono obbligate ad eseguire.
La parte che, alla scadenza, si sarà obbligata secondo il tasso di interessi risultato più alto, dovrà corrispondere la differenza (sempre calcolata sul capitale di riferimento), alla parte che invece si è obbligata secondo il tasso più basso.
Non c‟è modo, inizialmente, di prevedere come andranno le cose, né quale sarà l‟ammontare delle prestazioni, né quale sarà la parte che effettuerà la prestazione; ciascuna delle parti sopporta il rischio di dover effettuare un pagamento e di non ricevere nulla in cambio, subendo una perdita economica anche ingente.116
Abbiamo quindi uno scambio di rischi contrapposti che ciascun contraente sopporta, in base a quanto affermato sopra.
116 Xxxx X. XXXXXXXXXXX, I contratti derivati tra normativa e giurisprudenza, cit., p. 46: “Le parti non hanno controllo sulla variazione di valore delle attività sottostanti, valore che si può muovere in una direzione oppure in quella opposta. In questa incertezza sta il carattere aleatorio del contratto. Si tratta di una aleatorietà particolarmente forte, poiché dall’andamento del sottostante dipende non solo l’ammontare della prestazione, ma addirittura chi sia tenuto a effettuarla. Sul punto è utile ribadire che sussiste una differenza rispetto al contratto di assicurazione, in cui l’evento dedotto in contratto è sì futuro e incerto, ma il soggetto tenuto alla prestazione è certo (si tratta sempre dell’assicuratore).”
Il rischio, rectius, lo scambio di rischi, rappresentato dalle fluttuazioni della variabile economica di riferimento permea lo schema dell‟Irs, la sua funzione.
Possiamo allora concludere che l‟Irs è un contratto aleatorio, con funzione di rischio secondo la ricostruzione effettuata sopra.
La dottrina è compatta nel considerare l‟Irs come contratto aleatorio.117, così come la giurisprudenza118.
Classificare l‟Irs come aleatorio, porta ad escludere la possibilità di rescindere il contratto per lesione e di richiedere la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.119 120
Il contratto di Irs può essere definito inoltre, in base agli elementi raccolti, bilateralmente aleatorio. Il rischio infatti va a permeare la struttura del contratto e la variabile economica, il tasso di interesse che rappresenta l‟elemento futuro ed incerto, l‟elemento di rischio, influenza le prestazioni di entrambe le parti del contratto.
A riguardo si segnala un‟importante recente pronuncia giurisprudenziale in materia di intermediazione finanziaria, la quale ha stabilito la necessità dell‟alea
117 Secondo X. XXXXXXXX, Swap (contratto di), cit., p. 616: “Il contratto di swap è del resto contratto aleatorio tanto per sua natura quanto per volontà delle parti (art. 1469 c.c.). Infatti, nei modelli contrattuali più frequentemente utilizzati è costantemente ripetuta la clausola secondo cui le parti riconoscono e dichiarano che <<questo è un contratto aleatorio>>, oppure << le parti si danno reciprocamente atto della natura aleatoria del presente contratto>>.” Propende per la natura aleatoria dell’Irs X. XXXXXXXXXXX, Le operazioni di swap, cit.; X. XXXXXXXXXXX, I contratti di swap, cit.; X. XXXXXXX, Contratti di swap, cit.; X. XXXXXXX, In tema di Interst rate swap, cit.; X. XXXXXXXX, Il contratto aleatorio e l’alea normale, cit. Contra, X. XXXXXX XXXXXXXX, i contratti derivati finanziari, cit., p. 70, il quale propende per la natura commutativa del contratto: “il punto chiave risiede nel fatto che non è affatto incerta l’esistenza di una o entrambe le prestazioni, né il loro ammontare. Il rischio della variazione dei tassi non è l’oggetto dello scambio, né si pone come causa dello scambio. Il rapporto tra l’entità del vantaggio (= scambio in sé) e la qualità del rischio è noto in partenza ad entrambe le parti. La variazione dei tassi di cambio e di interesse, pur incidendo genericamente sulla reciproca posizione dei contraenti, non riesce tuttavia a penetrare nella struttura del contratto, ossia non partecipa allo scambio operato dalle parti. Le prestazioni delle parti sono determinate all’inizio del contratto ed ogni parte conosce quali vantaggi otterrà dalla stipula del contratto e quali sacrifici ciò comporti. Chiaramente non manca un fattore di incertezza economica e l’utile finale dipenderà da circostanze future, ma ciò è comune ad ogni altro contratto a termine.”
118 Cfr. Cass., 1 marzo 2001, n.3272, in Xxxxxxxxx, 2002, p. 28 e ss.; Trib. Lanciano, 6 dicembre 2005, in Giur. comm., 2007, II, p. 134 e ss.; Trib. Vicenza, 29 gennaio 2009, in xxx.xxxxxx.xx
119 In questo senso, Trib. Lanciano, cit.
120 Vedi art. 1469, c.c.
bilaterale, considerando il contratto atipico di intermediazione contraddistinto da un‟alea solamente unilaterale concentrata in capo al solo risparmiatore, non meritevole di tutela ai sensi dell‟art. 1322 c.c. e quindi di conseguenza radicalmente nullo per illiceità della causa.121
Il rischio è parzialmente assente, concentrato solamente su una delle posizioni contrattuali, elemento che, in base alla pronuncia in esame, costituisce un profilo di patologia per il sinallagma, tanto da renderlo invalido ai massimi livelli.
Può sorgere a questo punto un interrogativo: posto che il contratto di Irs, così come i contratti derivati in genere, è da considerarsi come aleatorio, o quantomeno, se non si accede alla tesi della dottrina e della giurisprudenza dominante, rischioso, è veramente opportuno considerare ammissibile l‟utilizzo di certe operazioni negoziali da parte di enti pubblici?
L‟interprete deve tenere presente che, se da un lato la finanza creativa e l‟utilizzo dei contratti derivati possono rappresentare un modo “facile” e rapido per l‟ottenimento di risorse a breve termine, almeno nel breve periodo, che sono necessarie per la vita dell‟ente stesso, ancora più necessarie vista la endemica situazione di indebitamento cronico degli stessi enti, dall‟altro, per la
121 Vedi Trib. Brindisi, 8 luglio 2008, n. 489, in Giur. merito, 2008, p. 113 e ss., con nota di X. XXXXXXXXXXX, Il caso <<my way>> e il contratto aleatorio unilaterale: “Per tali caratteristiche, il contratto atipico in esame realizza una figura finora ignota al panorama giuridico italiano, quella, cioè, del contratto aleatorio unilaterale. Invero, l’alea – quale elemento attinente alla causa del contratto – è tutta concentrata nella sfera giuridica del risparmiatore, ch paga un saggio di interesse fisso con il concreto rischio di perdite anche eccedenti l’esborso ordinario, nel mentre la banca si giova di tale saggio(nonché del primario beneficio dell’autofinanziamento) senza, di contro, obbligarsi – neppure in via ipotetica, secondo i dettami dell’alea – ad una corrispondente prestazione nei confronti della controparte. E’ evidente, allora, lo squilibrio contrattuale derivante da tale genere di operazione. Squilibrio di tipo soltanto unilaterale, e non anche, invece, bilaterale. Per tali ragioni, reputa il Collegio che tale contratto non è meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322 c.c.). Ciò in quanto l’ordinamento non può ammettere la validità di contratti atipici che, lungi da prevedere semplici modalità di differenziazione dei diversi profili di rischio, trasferisca piuttosto in capo a una sola parte tutta l’alea derivante dal contratto, attribuendo invece alla controparte profili certi quanto alla redditività futura del proprio investimento. L’insanabile squilibrio iniziale fra le prestazioni oggetto del sinallagma contrattuale rende allora l’intero contratto in esame radicalmente nullo, per sua contrarietà alle previsioni di cui agli artt. 1322-1343 c.c., non essendo detto negozio volto alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.”
sottoscrizione dei contratti e per la copertura delle perdite, si utilizza denaro pubblico.
1.5. L’Interest rate swap e l’applicabilità dell’eccezione di gioco e scommessa
ex art. 1933 c.c.: un finto problema.
Dalla constatazione della natura aleatoria dei contratti derivati e in particolare, per quanto concerne la presente trattazione, del contratto di Irs, e dalla difficoltà nella ricerca di uno schema contrattuale nominato al quale poter ricondurre tale contratto122, forse in ragione di un‟ingiustificata ed eccessiva esigenza di tipizzazione, è nato un interrogativo, successivamente tramutatosi in un vero e proprio problema interpretativo.
Ci si è domandati, se, data la natura dell‟operazione contrattuale in analisi, connotata da una forte aleatorietà in cui le parti, in un certo senso, “scommettono” sull‟andamento dei tassi di interesse, non fosse corretto propendere per l‟applicazione dell‟eccezione di cui all‟art. 1933 c.c.123, che, nel nostro ordinamento è prevista proprio con riguardo al gioco ed alla scommessa. 124
Parafrasando la norma, ricaviamo che il soggetto per il quale la scommessa dovesse avere esito infausto, non sarebbe tenuto a pagare alcunché al vincitore, verso il quale non avrebbe quindi alcun obbligo di carattere giuridico.
Il soggetto vincitore non potrebbe mai rivolgersi al un giudice per ottenere coattivamente il pagamento del corrispettivo.
122 In questo senso, X. XXXXXXXX, Swap (contratto di), cit., p. 619.
123 Vedi art. 1933, c.c.: “Non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti. Il perdente tuttavia non può ripetere quanto abbia spontaneamente pagato dopo l’esito di un giuoco o di una scommessa in cui non vi sia stata alcuna frode. La ripetizione è ammessa in ogni caso se il perdente è un incapace.”
124 X. XXXXXXXXXXX, Le operazioni di swap, cit., p. 128, parla di “timore” diffusosi nella prassi, relativo alla riconducibilità del contratto di swap nell’ambito della figura della scommessa, con conseguente applicabilità dell’eccezione di cui all’art. 1933 c.c.”
Unica valvola di sicurezza consiste nell‟impossibilità, per il “perdente”, che non sia incapace di intendere e di volere, di ripetere quanto spontaneamente versato in adempimento del debito di gioco.
Lo stesso principio si rinviene nella disciplina delle obbligazioni naturali.125 In entrambi i casi, il soggetto passivo del rapporto non ha alcun obbligo giuridico di pagamento nei confronti del creditore che si trova, come abbiamo visto, nell‟impossibilità di azionare le proprie pretese.
Immaginiamo per un momento che al contratto di Xxx si applichi l‟eccezione ex art. 1933 c.c.: la parte che, alla scadenza concordata risultasse debitrice nei confronti dell‟altra, potrebbe considerare il contatto concluso al pari di una qualunque scommessa, rifiutandosi di versare la somma dovuta.126
La parte creditrice non avrebbe, dal canto suo, alcuna azione per ottenere il pagamento coattivo, con effetti aberranti e “catastrofici”127 per la certezza del diritto, della circolazione dei beni, per il principio di buona fede nella esecuzione del contratto e per il sistema finanziario in generale.
La scommessa128 non è neppure lontanamente paragonabile ad un contratto, per quanto aleatorio esso possa essere: ne differisce per ontologia e per finalità.
La scommessa “verte su un gioco”,129 rappresenta un negozio attraverso il quale le parti assumono reciprocamente il rischio corrispondente all‟esito di un gioco, di un evento e addirittura di una semplice opinione.
125 Vedi art. 2034, comma 1, c.c.: “non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace.”
126 Cfr. X. XXXXXXX, Profili civilistici del rischio finanziario, cit., p. 15: “In un contratto di swap, in cui le parti sono obbligate a corrispondere le rispettive prestazioni secondo una diversa periodicità, si può immaginare il verificarsi di una ipotesi paradossale. Dopo che, ad una o più scadenze, uno dei contraenti abbia esattamente ottemperato alle obbligazioni assunte, può accadere che l’altra parte al momento di eseguire la propria prestazione, non la adempia e, dinanzi alla domanda giudiziale dell’adempiente, eccepisca che l’accordo sottoscritto ha natura di gioco. Ove il giudice decida di accogliere l’eccezione, si verificheranno due conseguenze negative. La prima, sul piano pratico, è che si permette allo speculatore di liberarsi indebitamente degli obblighi che si è assunto . [...] La seconda conseguenza negativa
– sul piano dell’ordinamento, consiste nel lasciare senza giustificazione, sia economica che giuridica, il sacrificio del contraente che ha adempiuto.”
127 Così, X. XXXXXX, I contratti derivati, cit., p. 245.
128 Per una definizione di scommessa si rimanda a X. XXXXXXXXX, Il giuoco e la scommessa. La transazione, in Tratt. Dir. civ. comm., Xxxx, Messineo, Milano, 1986, p. 41 e ss.
La parte che avrà scommesso sull‟avvenimento poi non verificatosi, o verificatosi in modo difforme dalle sue originarie previsioni, oppure sull‟opinione poi rivelatasi errata, risulterà perdente e dovrà corrispondere un pagamento, normalmente una somma di denaro, alla parte vincitrice, che aveva invece scommesso sull‟evento o sull‟opinione contraria e/o differente.
La scommessa viene conclusa sempre “a margine di un gioco”130; ha quindi sempre funzione e caratterizzazione ludica, attua un “trasferimento di ricchezza inutile e socialmente neutro”. 131
Attraverso il meccanismo della scommessa “le parti si limitano a porre in essere un mero trasferimento di ricchezza preesistente da un soggetto ad un altro, secondo un meccanismo assolutamente casuale che nulla ha a che fare con la loro capacità di creare o procurarsi la ricchezza trasferita”. 132
L‟unico elemento che la scommessa ha in comune con il contratto di Irs è rappresentato dal rischio che connota il meccanismo negoziale: anche nella scommessa infatti le parti si affidano, per la determinazione delle prestazioni future, ad un evento futuro ed incerto il cui andamento è impossibile da prevedere al momento della conclusione del negozio stesso.
Per il resto, la scommessa presenta un fine ed un carattere puramente ludici, addirittura futili, non produce ricchezza e rappresenta un negozio da cui discendono, per il perdente, unicamente obblighi di tipo morali, sociali o al massimo etici.
In sostanza, la scommessa rientra nel campo del puro e semplice “passatempo”.133
Nel contratto di Irs latita completamente il fine ludico; esso rappresenta uno strumento giuridico per la produzione e la creazione di ricchezza, e, proprio per questo suo fine, è da considerarsi meritevole di tutela, per quanto atipico ed aleatorio (art. 1322 c.c.) e questo a prescindere dai reconditi motivi che spingono
129 Così, X. XXXXXXXXXXX, Le operazioni di swap, cit., p. 128. 130 Così, X. XXXXXXXXXXX, Le operazioni di swap, cit., p. 128. 131 Così, X. XXXXXXXXXXX, Le operazioni di swap, cit., p. 128.
132 Così, X. XXXXXXXX, Il contratto aleatorio e l’alea normale, cit., p. 225.
133 Così, X. XXXXXXXXX, Il giuoco e la scommessa, cit., p. 5.
le parti ad usufruire di tale schema contrattuale, siano essi di copertura o puramente speculativi.
L‟idea dell‟applicabilità dell‟eccezione di gioco nasce probabilmente da un‟endemica sfiducia nei confronti del contratto atipico ed aleatorio, inizialmente considerato non meritevole di tutela e quindi assimilabile ad un gioco, e ad una scommessa.
Come abbiamo visto, la teoria dell‟applicazione o meno dell‟eccezione suddetta al contratto di Xxx non supera il vaglio del semplice ragionamento (più logico che) giuridico sopra riportato, semplicemente basato sulle differenze ontologiche tra contratto e scommessa, tra le finalità da essi perseguite, e sulla teoria generale del diritto e delle categorie civilistiche in materia di contratto.
Nonostante ciò, la dottrina e la giurisprudenza si sono impegnate per anni, spesso con acrobazie giuridiche ed interpretative, per giustificare l‟applicazione dell‟eccezione ex art. 1933 c.c. ai contratti derivati come l‟Irs, ingigantendo inutilmente, a parere di chi scrive, una problematica che sarebbe dovuta rimanere solamente allo stadio larvale della teoria.
In dottrina134 si è provato a costruire una distinzione tra i contratti derivati, sulla base della loro finalità: quella di copertura, volta alla tutela dei contraenti dal rischio di cambio (domestic currency swap) o dalle fluttuazioni dei tassi di interesse (interest rate swap), che veniva considerato come dotato di una causa meritevole di tutela e quindi sottratto all‟eccezione di gioco e scommessa; di puro
134 Si veda per esempio X. XXXXXXXX, Swap (contratto di), cit., p. 620: “I contratti contrassegnati dall’elemento aleatorio trovano, ritengo, completa protezione dall’ordinamento giuridico, se ed in quanto l’attribuzioni di vantaggi e svantaggi patrimoniali all’uno o all’altro contraente sia pur attuata in ossequio ad un elemento squisitamente aleatorio, trovi la sua giustificazione causale in ulteriori funzioni, esigenze e finalità che sul piano causale svolgono una funzione determinate per la giustificazione dell’intera operazione contrattuale, quale la copertura di un rischio, la soddisfazione di una esigenza di sicurezza nel conseguire periodicamente una somma di danaro nella rendita perpetua o vitalizia, oppure ancora la destinazione remunerativa del risparmio con le obbligazioni a premio o estraibili. La stessa protezione e tutela non è assicurata al contrario nei casi in cui, come appunto nel gioco e nella scommessa, nessuna di queste ulteriori finalità è perseguita o realizzata dalle parti, le quali al contrario si sono determinate entrambe alla conclusione del contratto unicamente al fine di perseguire un lucro nelle forme di una attribuzione patrimoniale di una somma di denaro o di una somma, quale effetto della sorte, senza percepire o dare nessun altro tipo di utilità, se non quella della soddisfazione personale di partecipare al gioco ed al rischio ad esso connesso, la quale è però relegata dall’ordinamento, almeno sinora insensibile alle emozioni dell’homo ludens, alla sfera dei motivi irrilevanti.”
guadagno, o speculativa, che rendeva il contratto del tutto assimilabile ad una scommessa e pertanto, soggetto alla relativa eccezione.
Una tale ricostruzione porta con sé, coma fa notare un‟attenta dottrina, un pericoloso “germe di equivocità”.135
Infatti, in questo modo si finirebbe per giudicare un‟operazione negoziale meritevole o immeritevole di tutela sulla base del “fine soggettivo alla stipulazione”136, che, in base ai principi generali del nostro ordinamento, rimane irrilevante salvo che non sia illecito e comune ad entrambi i contraenti.137
Abbiamo ampiamente verificato che un contratto derivato può essere concluso per finalità di copertura, ma anche per finalità meramente speculative, senza che ciò alteri minimamente la natura del contratto stesso.
Il contratto di Xxx resta comunque uno scambio tra posizioni debitorie, tra flussi di denaro, che sono parametrati ad una variabile economica, cui le parti fanno riferimento a prescindere dal fine puramente soggettivo per il quale è stato concluso. 138
Anche in alcune pronunce della giurisprudenza si ritrovano tracce di un‟adesione alla distinzione di cui sopra tra fini meramente speculativi e fini di copertura, con la conseguente applicazione, nel primo caso, dell‟eccezione ex art. 1933 c.c.
Nella pronuncia più datata si può leggere: “alla luce di un‟eccezione richiamante l‟art. 1933 c.c. non può essere concessa l‟istanza ex art. 186 c.p.c. d‟ingiunzione al pagamento di un credito derivante da contratti di domestic swap conclusi da entrambe le parti con finalità meramente speculative.”139
Non sono mancate pronunce dello stesso tenore e anche più esplicite.140
135 Così X. XXXXXX, I contratti derivati, cit., p. 248.
136 Così X. XXXXXX, I contratti derivati, cit., p. 249.
137 Cfr. art. 1345, c.c.: “Il contratto è illecito quando le parti si sono sterminate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe le parti.”
138 Per la completa ricostruzione e disamina del dibattito dottrinale successivo, definitivamente convinto della “irrilevanza del fine soggettivo” si rimanda a X. XXXXXX, I contratti derivati, cit., p. 249 e ss.
139 Così, Trib. Milano, 24 novembre 1993, in Giur. comm., 1994, II, p.455 e ss.
140 Trib. Milano, 26 aprile 1994, in Banca, borsa, tit. cred., 1995, II, p. 80 e ss.: “Le operazioni di swap non erano finalizzate a coprire i rischi dell’oscillazione dei cambi inerenti ad affari commerciali con soggetti stranieri, trattandosi di operazioni meramente speculative. [...] Il
L‟equivoco di fondo insito nella teoria che vuole distinguere tra intento speculativo e di copertura, facendo assurgere i motivi soggettivi sottesi alla contrattazione a parametro determinante, volto a stabilire in casi in cui le pretese derivanti da un contratto possano essere considerate azionabili e tutelabili, passava, attraverso le pronunce analizzate, “dallo stato potenziale a quello attuale”141, pratico.
I motivi soggettivi, normalmente irrilevanti, finiscono per diventare determinanti.
La teoria viene abbandonata in alcune successive pronunce.142; può attualmente dirsi superata, a seguito degli ultimi e più recenti interventi della Suprema Corte.143
contratto in esame non è collegato all’esistenza di obbligazioni della S.p.a. X nei confronti di xxxxx, come obbligazioni inerenti a mutui o più in generale a finanziamenti. Lo swap stipulato dalle parti, quindi, stabilisce il regolamento dell’incidenza delle variazioni dei tassi di interessi nella sfera patrimoniale del cliente, con fini meramente speculativi. Vale a dire, si deve escludere che lo swap n. 72/91 sia finalizzato all’esigenza di coprire concreti rischi di impresa dipendenti dalle variazioni nel tempo del tasso degli interessi, considerato che l’operatività del contratto prescinde dall’esistenza di obbligazioni (per mutui o finanziamenti) della X S.p.a. verso terzi. [...] Va sottolineato come in pari data le parti abbiano stipulato un analogo contratto, in base al quale la Y S.p.a. deve corrispondere alla X S.p.a. la differenza di interessi nell’ipotesi in cui il tasso variabile si superiore al tasso fisso del 13%, con un meccanismo opposto a quello previsto nel contratto n. 72/91 ( in forza del quale la Y
S.p.a. è tenuta al pagamento qualora il tasso variabile risulti inferiore al tasso fisso del 12,50%). Questo conferma che il regolamento negoziale posto in essere dalle parti soddisfa una finalità solo speculativa e non anche assicurativa. Da ciò discende che il contratto in esame non corrisponde obiettivamente ed in concreto ad una causa che giustifichi la piena tutela delle ragioni di credito, dovendosi piuttosto qualificare come ipotesi di scommessa non azionabile ex art. 1933 c.c. Invero, le parti si sono assoggettate all’alea delle variazioni del tasso degli interessi, non per la necessità di coprire effettivi rischi di impresa, ma solo per collegare l’attribuzione di un vantaggio patrimoniale (lucro) alla sorte (cioè appunto all’alea del corso degli interessi.” Da ultimo, si veda Trib. Lanciano, 6 dicembre 2005, cit., che afferma che se un contratto di Xxx viene stipulato al mero scopo speculativo, al di fuori di una funzione assicurativa, legata all’attività imprenditoriale, è assimilabile ad una scommessa.
141 Così, X. XXXXXX, I contratti derivati, cit. p. 247.
142 Trib. Milano, 20 febbraio 1997, in Gius., 1997, p. 1263 e ss.: “L’intento di speculazione sul corso dei cambi, nella convinzione di un apprezzamento della lira sul marco, appartiene alla sfera interna dei motivi che nulla hanno a che vedere con la causa del negozio in senso tecnico-giuridico. [...] il contratto di “swap” non ha natura di gioco o scommessa, con conseguente inapplicabilità della disciplina per gli stessi previsti e ciò anche quando lo stesso rivesta finalità meramente speculativa o comunque prescinda dalla sussistenza di un collegamento tra l’operazione finanziaria ed un rapporto sottostante.” Vedi anche Coll. Arb., 26 marzo 1996, in Banca, borsa, tit. cred., II, p. 669 e ss.: “Il nostro ordinamento conosce e disciplina il contratto di swap e tale riconoscimento risulta del tutto incompatibile con un regime che neghi l’azione per il pagamento dei debiti da esso derivanti. L’applicabilità dell’eccezione di gioco o di scommessa trova dei limiti non tanto nella misura più o meno
Il legislatore ha inoltre incorporato a chiare lettere il principio dell‟inapplicabilità dell‟eccezione di cui all‟art. 1933 c.c. ai contratti derivati in quanto strumenti finanziari nelle disposizioni del Tuf.144
L‟eccezione di gioco o scommessa verrebbe quindi, “anche alla luce del diritto vigente”145, giustamente rigettata.
L‟idea che l‟applicabilità dell‟eccezione di gioco e scommessa ai contratti derivati come l‟Irs fosse un finto problema, ingigantito dal dibattito dottrinale e trasferito sul piano pratico dalla giurisprudenza, è confermato, a parere di chi scrive, anche dalla lettura del contributo di una autorevolissima dottrina, che, già venti anni prima della codificazione, aveva, con un ragionamento logico-giuridico tanto efficace, quanto brillante, escluso a priori tale possibilità, mettendo anche in evidenza quali potrebbero essere le aberranti conseguenze derivanti dall‟applicazione dell‟eccezione suddetta:
accentuata della aleatorietà, quanto piuttosto nella complessa funzione causale realizzata dal contratto. Tale funzione, nel caso del contatto di swap, è diretta a realizzare una finalità ritenuta meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico (la soddisfazione di un’esigenza di garanzia). L’elemento aleatorio, infatti, non costituisce l’unica ragione che determina le parti alla conclusione del contratto, bensì, al contrario, costituisce lo strumento tecnico attraverso il quale si distribuisce il rischio dei cambi su una massa di soggetti. L’eccezione di gioco o di scommessa non è, quindi invocabile per quali contatti che, come lo swap, utilizzano l’alea per perseguire e realizzare funzioni ed esigenze economiche complesse ed articolate(quale la neutralizzazione del rischi valutario e finanziaro) ma sicuramente meritevoli di tutela.” Si veda anche Coll. Arb. 19 luglio 1996, in Riv. dir. priv. 1997, p. 585 e ss.: “Tra i contratti di domestic currency swap e i contratti di gioco e di scommessa esiste una differenza incolmabile: è ben diverso lo scopo di chi intende migliorare i risultati di operazioni sostanzialmente di scambio e concorrere alla formazione di nuova ricchezza per equilibrare le differenze da chi si affida alla mera alea per lucrare speculativamente e cioè rimettendosi alla mera sorte, partecipando a giochi d’azzardo di scommesse.”
143 Cass. 17 febbraio 2009, n. 3773, in Danno e resp., p. 503 e ss., che afferma il principio per cui l’attività degli intermediari finanziari non può in nessun caso essere assimilata a quella svolta in una casa da gioco autorizzata, viste anche le articolate disposizioni normative che impongono all’intermediario stesso precisi ed articolati obblighi di condotta improntati alla diligenza, correttezza e trasparenza, per servire un interesse che trascende quello dei singoli contraenti (l’integrità dei mercati). Vedi anche Xxxx. 19 dicembre 2007, n. 26724 e 26725, in Xxxxxxxxx, 2008, p. 221 e ss. secondo la quale la mera presenza di un intento speculativo o di un certo grado di alea non vale ad assimilarlo ad un gioco o una scommessa, con conseguente impossibilità di applicazione della relativa eccezione di cui all’art. 1933 c.c.
144 Vedi art. 23, comma 5, Tuf: “5. Nell'ambito della prestazione dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi
dell'articolo 18, comma 5, lettera a), non si applica l'articolo 1933 del codice civile.
145 Così, X. XXXXXXXXXXX, I contratti di swap, cit.
“[...] La legge nostra ha dovuto arrendersi alla constatazione che non sia possibile distinguere nella vita pratica il giuoco dalla speculazione. Conviene che la giurisprudenza si renda conto di questa direttiva della legislazione. E, rimanendo nell‟ambito di considerazioni morali, voglia riconoscere che l‟indagine dell‟intenzione non si risolve che nel fornire allo speculatore disonesto il modo di sottrarsi ai propri impegni con una eccezione di mala fede: la legge, con rendere efficaci gli obblighi assunti con ogni operazione a termine, anche allo scoperto, raggiungere meglio il fine di allontanare dalle contrattazioni di borsa quelle persone disoneste o imprudenti che volentieri invocherebbero la qualifica di giocatori per sottrarsi all‟adempimento di obbligazioni munite di azione.”146
1.6. La normativa tecnica di settore: Il T.U.F.
Tutti i contratti derivati sono catalogabili come “strumenti finanziari”147, fattore da cui discende la diretta applicazione agli stessi delle disposizioni contenute nel d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 o Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (di seguito anche solo Tuf), per quanto concerne gli aspetti contrattuali, quelli della trasparenza nelle operazioni in derivati e soprattutto quelli riguardanti le regole di condotta che gli intermediari finanziari sono tenuti a seguire.
Per normativa tecnica di settore dobbiamo così intendere il Tuf, unitamente ai regolamenti di attuazione dello stesso, emanati dalla Consob ed aggiornati a seguito del recente intervento normativo, operato dal legislatore comunitario.
L‟intera materia è stata infatti oggetto di riforma a seguito del recepimento della Direttiva 2004/39 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004
146 Così, X. XXXXXXXX, La pretesa nullità dei contratti differenziali e i contratti differenziali su divise, in La Corte di Cassazione, 1925, p. 1542, successivamente trasfuso in ID, Scritti giuridici, II, Milano, 1960, p. 143 e ss.
147 Vedi Cap. I, nota 7
e relativa ai mercati degli strumenti finanziari (Markets in Financial Instruments Directive), la direttiva MIFID, avvenuta per mezzo delle disposizioni del d.lgs. 17 settembre 2007 n. 164.148
Il testo normativo di recepimento ha apportato significative modifiche all‟articolato del T.U.F.
Successivamente all‟entrata in vigore della Direttiva MIFID inoltre, la Consob provvedeva ad emanare, tra gli altri, il nuovo regolamento intermediari, quello ovviamente più rilevante ai fini della trattazione, adottato con delibera 20 ottobre 2007 n° 16190, che andava ad abrogare e a sostituire completamente il precedente regolamento n. 11522/98.149
148 La Direttiva MIFID può essere inserita in un quadro normativo comunitario dedicato ai mercati finanziari, che ha sempre quale punto di partenza e di riferimento importante il piano d’azione per i servizi finanziari (Financial Service Policy Group, FSPG), elaborato dalla Commissione Europea con la comunicazione dell’11 maggio 1999 che a sua volta fa seguito a quella del 28 ottobre 1998, in ottemperanza alla richiesta del consiglio europeo ed in conformità con le risultanze delle discussioni in seno al gruppo per le politiche in materia di sevizi finanziari (Finacial Service Policy Group FSPG). Per un esaustivo commento circa le novità normative introdotte dalla MIfid si rimanda a F.S. XXXXXXXXXX, L’attuazione della direttiva Mifid in Italia: note minime sulla trasparenza e sulla correttezza dei comportamenti delle imprese di investimento nella normativa secondaria, in Foro it., 2008, V. p. 57 e ss. Cfr. anche X. XXXXXXX, Le regole di adeguatezza e i contratti di borsa: tecniche normative, tutele e prospettive MiFID, in Riv. dir. priv., 2008, p. 25 e ss.; X. XXXXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti di investimento dopo l’attuazione della MIFID, in Contratti, 2008, p. 173 e ss., X. XXXXXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), L’attuazione della direttiva MIFID, Milano, 2009, X. X. XXXXXXX, Il Decreto Mifid e i regolamenti attuativi: principali cambiamenti, in Soc. 2008, p. 12 e ss., F. DURANTE, Intermediari finanziari e tutela dei risparmiatori, Milano, 2009, X. XXXXXXX (a cura di), I soldi degli altri. Servizi di investimento e regole di comportamento degli intermediari finanziari, Milano, 2008. Cfr. anche il sito xxx.xxxxxxx.xx, alla voce dizionario – lettera M – XXXXX.
149 Vedi F. S. XXXXXXXXXX, L’attuazione della direttiva Mifid in Xxxxxx, xxx., x. 00: “la Direttiva Mifid in Italia è stata recepita con il d.lgs. 17 settembre 2007, n. 164 secondo i criteri fissati dall’art. 9 bis l. 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004), introdotto dalla l. 6 febbraio 2007 n. 13 (legge comunitaria 2006) ed in forza della delega contenuta nella l. 20 giugno 2007, n. 77. Il decreto di recepimento, entrato in vigore il 1° novembre 2007, ha modificato in più parti il t.u. della finanza, ampliando i poteri regolamentari della Consob e della Banca d’Italia e prevedendo che determinate materie siano oggetto di regolamento congiunto. E’ stato osservato che questo approccio, nel rafforzare “le intense e proficue prassi di cooperazione in atto, appare coerente con l’evoluzione del mercato, che vede una progressiva integrazione delle attività e delle modalità di prestazione delle singole tipologie dei servizi di investimento, e con la conseguente necessità di minimizzare l’impatto della regolamentazione e dei controlli sui soggetti vigilati e di evitare duplicazione dei costi per il mercato e per le autorità stesse.”. Nell’ambito della normativa secondaria, i primi provvedimenti di attuazione sono costituiti da: i) la delibera Consob 29 ottobre 2007, n. 16190 che ha adottato il regolamento intermediari in attuazione del t.u.f., così come modificato dal d.lgs. 17 settembre 2007, n. 164; ii) la delibera Consob 29 ottobre 2007, n. 16191, che ha adottato il regolamento mercati in attuazione del t.u.f., come modificato dal
Il quadro d‟insieme risulta così alquanto complesso, in quanto molto del contenzioso in materia di intermediazione finanziaria, e quindi di contratti derivati, ha avuto origine sotto il vigore della normativa precedente e del precedente regolamento intermediari.
Già da una prima lettura delle disposizioni normative in analisi si intuisce quali fossero le rationes sottese all‟intervento di riforma: la ricerca di un‟armonizzazione quanto più possibile profonda tra il diritto dell‟intermediazione e degli intermediari finanziari dei paesi membri, nonché la garanzia di una completa trasparenza nelle negoziazioni e nelle operazioni contrattuali tra intermediario e cliente, con gli intermediari in veste di destinatari di precetti contenenti specifiche ed esaurienti disposizioni comportamentali, che possiamo considerare un‟espansione oltre che una specificazione del principio di buona fede nell‟esecuzione del contratto, enucleato nell‟art. 1375 c.c.150
L‟analisi dell‟articolato del Tuf si limiterà alle disposizioni più rilevanti nell‟ottica del tema trattato.
La norma di riferimento è senza dubbio l‟art. 21 Tuf, disposizione che inaugura il capo secondo dell‟articolato, che si occupa di regolamentare lo svolgimento dei servizi e delle attività ed è rubricato “criteri generali”.151
La disposizione testualmente recita: “1. Nella prestazione dei servizi e
d.lgs. 17 settembre 2007, n. 164; iii) il regolamento congiunto della Consob e della Banca d’Italia adottato con provvedimento del 29 ottobre 2007, in materia di organizzazione procedure degli intermediari che prestano servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio; iv) il regolamento della Banca d’Italia del 29 ottobre 2007 in materia di capitale minimo e operatività all’estero delle Sim e di modalità di deposito e sub-deposito delle disponibilità liquide e degli strumenti finanziari della clientela.
150Cfr. X. XXXXXXXX, La buona fede oltre l’autonomia contrattuale: verso un nuovo concetto di nullità?, cit.
151 Il testo dell’art. 21 T.U.F., nella stesura precedente al recepimento della MIFID recitava: “1. Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; c) organizzarsi in modo da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse, e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento; d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi; e) svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati. 2. Nello svolgimento dei servizi le imprese di investimento, le banche e le società di gestione del risparmio possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto del cliente.”
delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono:
a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l‟interesse dei clienti e per l‟integrità dei mercati;
b) acquisire, le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;
c) utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti;
d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l‟efficiente svolgimento dei servizi e delle attività.
1-bis. Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e dei servizi accessori, le Sim, le imprese di investimento extracomunitarie, le Sgr, le società di gestione armonizzate, gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del Testo Unico bancario, le banche italiane e quelle extracomunitarie:
a) adottano ogni misura ragionevole per identificare i conflitti di interesse che potrebbero insorgere con il cliente o fra clienti, e li gestiscono, anche adottando idonee misure organizzative, in modo da evitare che incidano negativamente sugli interessi dei clienti;
b) informano chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura generale e/o delle fonti dei conflitti di interesse quando le misure adottate ai sensi della lettera a) non sono sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato;
c) svolgono una gestione indipendente, sana e prudente e adottano misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.
2. Nello svolgimento dei servizi le imprese di investimento, le banche e le società di gestione del risparmio possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto del cliente.”
La norma di per sé non pone significativi problemi al livello interpretativo. La stesura della stessa appare infatti sufficientemente chiara e comprensibile già ad una prima lettura.
Problemi potrebbero semmai sorgere nella fase pratica o in quella
patologica che degenera nel contenzioso, nel momento in cui il Giudice viene chiamato a verificare se il contegno tenuto nel concreto dall‟intermediario nel corso del rapporto contrattuale abbia o meno rispettato i crismi di cui all‟art. 21.
In questo senso si è rivelata determinante l‟opera della giurisprudenza .152 Il fine ultimo degli intermediari, nell‟attività di intermediazione operata
nel rispetto dei precetti comportamentali, è quello di servire al meglio l‟interesse dei clienti e l‟integrità dei mercati, locuzione da cui possiamo intuire la centralità della figura del cliente nell‟ambito delle disposizioni del Tuf e di tutta la materia dell‟intermediazione finanziaria.
La lettera b) del capo 1 contiene inoltre la declinazione di un importantissimo principio che si esplica nell‟obbligo posto in capo all‟intermediario di prendere conoscenza con il cliente, tracciarne un profilo completo in vista della fase operativa, garantendo così una prestazione che non sia spersonalizzata153, ma conforme alle esigenze dello stesso. (c.d. Know your costumer rule, letteralmente “conosci la regola del tuo cliente”). Si parla anche a
152 Si vedano per esempio alcune pronunce ante MIFID in materia di trasparenza, Trib. Firenze, 30 maggio 2004, in Banca, borsa, tit. cred., 2005, p. 537: “[...] Le clausole contrattuali dovrebbero essere redatte in modo chiaro e comprensibile, l’equivocità e la non trasparenza della clausola è essa stessa fonte di squilibrio tra le parti e di iniquità sostanziale, nella misura in cui contribuisce ad aggravare l’asimmetria informativa già presente nei contratti di adesione.”; Trib Firenze, 19 aprile 2005, in Contratti, 2005, p. 110: “Costituisce violazione del principio di trasparenza di cui all’art. 21 t.u.i.f. la predisposizione di un contratto finanziario per adesione nel quale ricorrano congiuntamente le seguenti caratteristiche: (a) il testo sia scritto in caratteri minuti e difficilmente leggibili; (b) le singole clausole non rechino una rubrica; (c) le clausole sono numerate in modo non progressivo, ma secondo una numerazione che ricomincia daccapo per ogni gruppo omogeneo di clausole; (d) la penale addebitata al cliente nel caso di recesso sia determinabile soltanto attraverso calcoli estremamente complessi.”; Trib. Trapani, 30 agosto 2007, n. 342, in xxx.xxxxxx.xx : “il canone della trasparenza cui si deve attenere l’intermediario nella prestazione dei servizi di investimento si specifica anche nella qualità del documento contrattuale, che deve essere tale da porre il cliente in condizione di trarre dalla sua semplice consultazione gli elementi necessari per esprimere un consenso consapevole. I moduli presentati al cliente devono quindi essere redatti con chiarezza e consentire una immediata rilevazione della portata e dei rischi dell’operazione.
153 In questo senso, Cass. 25 giugno 2008, n. 17340, in Foro it., 2009, I, p. 190: “Il duplice riferimento alle informazioni adeguate e necessarie e la direzione dell’obbligo nei confronti del cliente inducono a ritenere che le informazioni debbano essere modellate alla luce della particolarità del rapporto con l’investitore, in modo da soddisfare le specifiche esigenze proprie di quel singolo rapporto.”; Trib. Novara, 9-10 gennaio 2006, n. 14, in Giur. merito, 2006, p. 1399: “Pertanto le stesse prescrizioni di settore modulano gli obblighi informativi in relazione alle circostanze del caso concreto, vuoi con riguardo alla tipologia del cliente, vuoi con riferimento alle caratteristiche dell’operazione in questione.”
riguardo di obblighi di informazione passiva.
Specularmente, l‟informazione attiva (sempre lettera b) si estrinseca nel dovere di dare informazioni al cliente in merito alle operazioni in corso.
Gli obblighi informativi attivi e passivi non sono a sé stanti, ma sono ovviamente strettamente e funzionalmente connessi.
Altra norma molto importante ai fini della trattazione è senza dubbio l‟art. 23 del Tuf, disposizione modificata solamente in modo marginale dalla MIFID.154 Per tutti i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento, e
quindi anche i contratti derivati, il legislatore richiede improrogabilmente la forma scritta.
Nel caso del contratto di intermediazione, la forma scritta assurge ad elemento essenziale, tanto che il mancato rispetto di tale prescrizione comporta la nullità del contratto.155
154 Vedi art. 23, T.U.F. nella stesura precedente al recepimento della MIFID: “ 1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo. 2. E’ nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tali casi nulla è dovuto. 3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente. 4. Le disposizioni del titolo VI, capo I del T.U. bancario non si applicano ai servizi di investimento né al servizio accessorio previsto dall’art. 1, comma 6, lettera f). 5. Nell’ambito della prestazione dei servizi di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell’art. 18, comma 5, lettera a), non si applica l’articolo 1933 del codice civile. 6. Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta.”
155 Vedi art. 23, T.U.F., come modificato dal recepimento della MIFID: “ 1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, escluso il servizio di cui all’art. 1, comma 5 lettera f, e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione di servizi accessori, sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo. 2. E’ nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tali casi nulla è dovuto. 3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente. 4. Le disposizioni del Titolo VI, Capo I del T.U. bancario non si applicano ai servizi e attività di investimento, al collocamento dei prodotti finanziari nonché alle operazioni e ai servizi che siano componenti di prodotti finanziari assoggettati alla disciplina dell’articolo 25-bis ovvero della parte IV, titolo II, capo I. In ogni caso, alla operazioni di credito al consumo si applicano le disposizioni del titolo VI del T.U bancario. 5. Nell’ambito dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari
Si tratta di una nullità relativa o di protezione, in quanto opera in favore del cliente, unico soggetto legittimato ad eccepirla, in base al dettato normativo.
Appare evidente la ratio sottesa alla disposizione in analisi: la tutela del cliente, individuato come parte debole del rapporto contrattuale e quindi portata al massimo grado.
La prescrizione formale ha, come vedremo nel corso della trattazione, posto qualche interrogativo, che la dottrina e la giurisprudenza più recente hanno tentato di risolvere, in relazione alla struttura particolare del contratto di intermediazione finanziaria.156
Ci si è infatti più volte domandato se l‟obbligo formale debba essere circoscritto al c.d. contratto quadro, ovvero quel contratto che intermediario e cliente stipulano dopo il primo contatto e che funge da base per le successive operazioni, o sia necessaria anche per i successivi atti esecutivi, ovvero gli atti con cui il cliente commissiona all‟intermediario il compimento delle successive singole operazioni contrattuali.
Inoltre, sempre nell‟ottica della ricerca della maggiore trasparenza e certezza possibile nell‟ambito delle operazioni contrattuali, è prescritto che un esemplare del contratto debba essere consegnato al cliente da parte dell‟intermediario.
La norma generale dell‟art. 21 e la prescrizione formale dell‟art. 23 contribuiscono quindi a tracciare una prima linea di tutela per il cliente che entra in rapporto con l‟intermediario.
Da un lato troviamo infatti una prescrizione volta ad improntare il rapporto alla buona fede ed alla trasparenza, dall‟altro una rigida prescrizione formale volta a dare certezza e, in un certo senso, solennità all‟operazione negoziale posta in essere, il cui mancato rispetto è sanzionato con il più alto grado di invalidità,
derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell’articolo 18, comma 5, lettera a, non si applica l’articolo 1933 del codice civile. 6. Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta.”
156 Vedi Cap. 3, § 1.
ovvero la nullità del sinallagma.157
1.7. La normativa secondaria connessa al Tuf - le specie di obblighi informativi.
Punto di riferimento per l‟analisi è il Regolamento Intermediari, (di seguito anche solo RI), adottato dalla Consob con Delibera del 29 ottobre 2007, n. 16190.
Si tratta evidentemente di una norma (di stampo regolamentare), adottata in attuazione del Tuf, che va a sostituire ed abrogare completamente il precedente Regolamento Intermediari, il n. 11522/98.
La parte più rilevante ai fini della trattazione, in riferimento ai precetti applicabili alla negoziazione di strumenti derivati, trova la sua collocazione nel capo II del Regolamento in analisi, rubricato appunto “Contratti”.
157 Nell’ambito del Capo II, rubricato “Svolgimento dei servizi e delle attività”, sono stati in parte modificati dal recepimento della MIFID anche l’art. 24 T.U.F. (gestione di portafogli): “
1. Al servizio gestione di portafogli si applicano le seguenti regole: a) il cliente può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere; b) il cliente può recedere in ogni momento dal contratto, fermo restando il diritto di recesso dell’impresa di investimento, della società di gestione del risparmio o della banca ai sensi dell’articolo 1727 del codice civile; c) la rappresentanza per l’esercizio dei diritti di voto inerenti agli strumenti finanziari in gestione può essere conferita all’impresa di investimento, alla banca o alla società di gestione del risparmio con procura da rilasciarsi per iscritto e per singola assemblea nel rispetto dei limiti e con le modalità stabiliti con regolamento dal Ministro dell’economia e delle finanze, sentite la Banca d’Italia e la Consob. 2. Sono nulli i patti contrari alle disposizioni del presente articolo; la nullità può essere fatta valere solo dal cliente.” E l’art.
25 (attività di negoziazione in mercati regolamentati): “1. Le Sim e le banche italiane autorizzate all’esercizio dei servizi e attività di negoziazione per conto proprio e di esecuzione di ordini per conto dei clienti possono operare nei mercati regolamentati italiani, nei mercati comunitari e nei mercati extracomunitari riconosciuti dalla Consob ai sensi dell’articolo 67. Le imprese di investimento comunitarie ed extracomunitarie e le banche comunitarie ed extracomunitarie autorizzate all’esercizio dei medesimi servizi e attività possono operare nei mercati regolamentati italiani. 2. Possono accedere ai mercati regolamentati, tenuto conto delle regole adottate dalla società di gestione ai sensi dell’articolo 62, comma 2, soggetti diversi da quelli di cui al comma 1 del presente articolo alle seguenti condizioni: a) soddisfano i requisiti di onorabilità e professionalità; b) dispongono di un livello sufficiente di competenza e capacità di negoziazione; c) dispongono di adeguati dispositivi organizzativi; d) dispongono di risorse sufficienti per il ruolo che evono svolgere. 3. I soggetti di cui al comma 2, ammessi alla negoziazione nei mercati regolamentati, si comportano con diligenza, correttezza e trasparenza al fine di assicurare l’integrità dei mercati.”
Come più volte ricordato, le disposizioni contenute nel RI sono state emanate allo scopo di dare attuazione al Tuf, e costituiscono in un certo senso una specificazione dello stesso.
La norma di riferimento, disposizione generale che trova sempre diretta applicazione, resta comunque l‟art. 21 Tuf, di cui si è detto sopra.
La norma del RI da cui partirà l‟analisi, l‟art. 37, contiene delle precise prescrizioni riguardo il contenuto minimo del contratto di intermediazione finanziaria:
“1. Gli intermediari forniscono a clienti al dettaglio i propri servizi di investimento, diversi dalla consulenza in materia di investimenti, sulla base di un apposito contratto scritto; una copia di tale contratto è consegnata al cliente.
2. Il contratto: a) specifica i servizi forniti e le loro caratteristiche, indicando il contenuto delle prestazioni dovute e delle tipologie di strumenti finanziari e di operazioni interessate;
b) stabilisce il periodo di efficacia e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le modificazioni del contratto stesso;
c) indica le modalità attraverso cui il cliente può impartire ordini e istruzioni;
d) prevede la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire al cliente a rendiconto dell‟attività svolta;
e) indica e disciplina, nei rapporti di esecuzione degli ordini dei clienti, di ricezione e trasmissione di ordini, nonché di gestione di portafogli, la soglia delle perdite, nel caso di posizioni aperte scoperte su operazioni che possano determinare passività effettive o potenziali superiori al costo di acquisto degli strumenti finanziari, oltre la quale è prevista la comunicazione al cliente;
f) indica le remunerazioni spettanti all‟intermediario o i criteri oggettivi per la loro determinazione, specificando le relative modalità di percezione e, ove non diversamente comunicati, gli incentivi ricevuti in conformità dell‟articolo 52;
g) indica se e con quali modalità e contenuti in connessione con il servizio di investimento può essere prestata la consulenza in materia di investimenti;
h) indica le altre condizioni contrattuali convenute con l‟investitore per la prestazione del servizio;
i) indica le eventuali procedure di conciliazione e arbitrato per la risoluzione stragiudiziale di controversie, definite ai sensi dell‟articolo 32-ter del Testo Unico.
3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano al servizio accessorio di concessione di finanziamenti agli investitori.”
Come si evince già ad una prima lettura, neppure un singolo aspetto del rapporto contrattuale che va ad instaurarsi tra intermediario e cliente è stato trascurato.
Con l‟obiettivo di ricercare la maggiore sicurezza e trasparenza possibile, anche a rischio di apparire fin troppo scontata, tautologica o pleonastica, la disposizione normativa in esame si occupa della formazione del contratto, ribadendo a chiare lettere l‟obbligo formale di cui all‟art. 23 Tuf; dell‟oggetto dello stesso, della durata e perfino dell‟eventuale fase del contenzioso e della risoluzione stragiudiziale delle controversie.
Alla “trasparenza e correttezza nella prestazione di servizi/attività di investimento e servizi accessori” è dedicato il capo II del RI che, come vedremo, contiene un‟elencazione esauriente dei doveri informativi dell‟intermediario, caratterizzati in modo da integrare e specificare la clausola generale di cui all‟art. 21 Tuf.
Rilevano in particolare le disposizioni dell‟art. 27, rubricato “requisiti generali delle informazioni”:
“1. Tutte le informazioni, comprese le comunicazioni pubblicitarie e promozionali, indirizzate dagli intermediari a clienti o potenziali clienti devono essere corrette, chiare e non fuorvianti. Le comunicazioni pubblicitarie e promozionali sono chiaramente identificabili come tali.
2. Gli intermediari forniscono ai clienti o potenziali clienti, in una forma comprensibile, informazioni appropriate affinché essi possano ragionevolmente comprendere la natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari interessati e i rischi ad essi connessi e, di conseguenza, possano prendere le decisioni in materia di investimenti in modo consapevole. Tali informazioni, che possono essere fornite in formato standardizzato, si riferiscono:
a) all‟impresa di investimento e ai relativi servizi;
b) agli strumenti finanziari e alle strategie di investimento proposte, inclusi opportuni orientamenti e avvertenze sui rischi associati agli investimenti relativi a tali strumenti o a determinate strategie di investimento;
c) alle sedi di esecuzione; e d) ai costi e oneri connessi.”
Una volta specificati i requisiti, è la volta delle “condizioni delle informazioni”, rubrica del successivo art. 28: “1. Ai fini di cui all‟articolo 27, comma 1, gli intermediari assicurano che tutte le informazioni, comprese le comunicazioni pubblicitarie e promozionali, rivolte a clienti al dettaglio o potenziali clienti al dettaglio, o probabilmente dagli stessi ricevute, soddisfino le condizioni di cui al presente articolo.
2. Le informazioni:
a) includono la denominazione dell‟intermediario;
b) non sottolineano gli eventuali vantaggi potenziali di un servizio di investimento o di uno strumento finanziario senza fornire anche un‟indicazione corretta ed evidente di eventuali rischi rilevanti;
c) hanno un contenuto e sono presentate in modo che siano con ogni probabilità comprensibili per l‟investitore medio del gruppo al quale sono dirette o dal quale saranno probabilmente ricevute;
d) non celano, minimizzano od occultano elementi o avvertenze importanti.
3. Quando le informazioni raffrontano servizi di investimento o accessori, strumenti finanziari o soggetti che prestano servizi di investimento o accessori, esse soddisfano le seguenti condizioni:
a) il raffronto è presentato in modo corretto ed equilibrato;
b) le fonti di informazione utilizzate per il raffronto sono specificate;
c) i fatti e le ipotesi principali utilizzati per il raffronto vengono indicati.
4. Quando le informazioni contengono un‟indicazione dei risultati passati di uno strumento finanziario, di un indice finanziario o di un servizio di investimento, esse soddisfano le condizioni seguenti:
a) tale indicazione non costituisce l‟elemento predominante della comunicazione;
b) le informazioni forniscono dati appropriati sui risultati riguardanti:
b1) i cinque anni immediatamente precedenti, ovvero
b2) l‟intero periodo durante il quale lo strumento finanziario è stato offerto, l‟indice finanziario è stato creato o il servizio di investimento è stato fornito se inferiore a cinque anni, oppure
b3) un periodo più lungo eventualmente deciso dall‟intermediario. In ogni caso tali dati sono basati su periodi completi di 12 mesi;
c) il periodo di riferimento e la fonte delle informazioni sono chiaramente indicati;
d) le informazioni contengono l‟avviso evidente che i dati si riferiscono al passato e che i risultati passati non sono indicativi di quelli futuri;
e) quando tale indicazione si basa su dati espressi in una valuta diversa da quella dello Stato comunitario nel quale il cliente al dettaglio o il potenziale cliente al dettaglio è residente, le informazioni indicano chiaramente tale valuta e avvertono che il rendimento può aumentare o diminuire a causa di oscillazioni del cambio;
f) quando l‟indicazione è basata sui risultati lordi, viene comunicato l‟importo delle commissioni, delle competenze o degli altri oneri.
5. Quando le informazioni includono o fanno riferimento a elaborazioni basate su dati storici, esse devono riguardare uno strumento finanziario o un indice finanziario e soddisfano le condizioni seguenti:
a) le elaborazioni basate su dati storici sono basate su dati reali di uno o più strumenti finanziari o indici finanziari che siano identici o soggiacenti allo strumento finanziario in questione;
b) per quanto riguarda i dati storici reali di cui alla lettera a), sono soddisfatte le condizioni di cui al comma 4, lettere a), b), c), e) e f);
c) le informazioni contengono l‟avviso in forma evidente che i dati si riferiscono a elaborazioni basate su dati storici e che i risultati passati non sono indicativi di quelli futuri.
6. Quando le informazioni contengono stime sui risultati futuri, esse soddisfano le condizioni seguenti:
a) non si basano né contengono riferimenti a proiezioni di risultati passati;
b) si basano su ipotesi ragionevoli supportate da dati obiettivi;
c) quando l‟informazione è basata sui risultati lordi, viene comunicato l‟importo
delle commissioni, delle competenze o degli altri oneri;
d) evidenziano che tali previsioni non costituiscono un indicatore affidabile dei risultati futuri.
7. Quando le informazioni fanno riferimento ad uno specifico trattamento fiscale esse indicano in modo evidente che il trattamento fiscale dipende dalla situazione individuale di ciascun cliente e può essere soggetto a modifiche in futuro.
8. Le informazioni non possono indicare o suggerire che l‟autorità competente avalla o approva i prodotti o i servizi oggetto dell‟informazione.”
Particolarmente rilevante in tema di contratti derivati è la disposizione del comma 6 riguardo le informazioni su stime di risultati futuri, posto che i contratti derivati sono contratti di durata, ad esecuzione differita, ma soprattutto aleatori, cosa che rende assai difficoltosa, se non impossibile, una previsione ex ante riguardo i risultati per le parti contraenti, che non possono a priori avere un‟idea precisa del rischio contrattuale.
E‟ richiesto quindi un supporto informativo quanto più possibile attendibile, che trascende da quelli che sono i risultati riscontrati nel passato e che si basa su dati obiettivi.
Le due disposizioni riportate rappresentano un‟importante novità nel corpo del RI, in quanto pongono le basi per la creazione di una corretta ed adeguata rete di informazioni, senza la quale è impossibile per qualsiasi cliente rapportarsi all‟intermediario e concludere proficuamente operazioni finanziarie e contrattuali.158
Il climax dei doveri informativi continua con l‟art. 29 -“informazioni sull‟intermediario e i suoi servizi”159, l‟art. 30 - “Informazioni concernenti la
158 In questo senso X. XXXXXXXXXX, La trasparenza nella distribuzione di strumenti finanziari derivati ed il problema dell’efficacia delle regole informative, in Contratto e impresa, 2010, p.
508. Secondo l’A. : “L’aggiunta di due articoli concernenti le caratteristiche ed i requisiti delle informazioni che l’intermediario deve fornire all’investitore, segnala e sottolinea l’evidente importanza che la comunicazione di informazioni complete, chiare e non ingannevoli, assume in tutta la complessa operazione di negoziazione, perché solo tramite una corretta ed adeguata disclosure il cliente può avere piena contezza dell’operazione, delle sue caratteristiche e dei rischi ad essa inerenti, e dunque scegliere nel modo più consapevole l’operazione meglio confacente alle proprie caratteristiche ed a i propri obiettivi.”
159 Art. 29 - (Informazioni sull‟intermediario e i suoi servizi). “1. Gli intermediari forniscono ai
clienti al dettaglio o potenziali clienti al dettaglio le seguenti informazioni generali, ove siano
salvaguardia degli strumenti finanziari e delle somme di denaro della clientela”,160
pertinenti: a) il nome e l‟indirizzo dell‟intermediario e i relativi recapiti; b) le lingue nelle quali il cliente può comunicare con l‟intermediario e ricevere da questo documenti e altre informazioni; c) i metodi di comunicazione che devono essere utilizzati tra l‟intermediario e il cliente, anche, se pertinente, per l‟invio e la ricezione di ordini; d) una dichiarazione che l‟intermediario è autorizzato e il nome e il recapito dell‟autorità competente che l‟ha autorizzato; e) quando l‟intermediario opera tramite un agente collegato in conformità dell‟articolo 23 della direttiva n. 2004/39/CE, una dichiarazione in tal senso in cui viene specificato lo Stato membro in cui tale agente è registrato; f) la natura, la frequenza e le date della documentazione da fornire all‟investitore a rendiconto dell‟attività svolta, di cui agli articoli da 53 a 56; g) se l‟intermediario detiene strumenti finanziari o somme di denaro di clienti, una descrizione sintetica delle misure adottate per assicurare la loro tutela; h) il sistema di indennizzo degli investitori o di garanzia dei depositi pertinente, con una descrizione sintetica delle modalità di copertura dello stesso; i) una descrizione, anche in forma sintetica, della politica seguita dall‟intermediario in materia di conflitti di interesse; l) ogniqualvolta il cliente lo richieda, maggiori dettagli circa la politica in materia di conflitti di interesse su un supporto duraturo o tramite il sito Internet dell‟intermediario purché le condizioni di cui all‟articolo 36, comma 2, siano soddisfatte. 2. Quando prestano il servizio di gestione di portafogli, gli intermediari adottano un metodo appropriato di valutazione e comparazione dei risultati della gestione, anche mediante indicazione di un parametro di riferimento significativo, che sia coerente con gli obiettivi di investimento del cliente e con i tipi di strumenti finanziari inclusi nel portafoglio del cliente, in modo da consentire al cliente la valutazione del servizio prestato. 3. Quando gli intermediari propongono di fornire il servizio di gestione di portafogli ad un cliente al dettaglio o ad un potenziale cliente al dettaglio, forniscono, in aggiunta alle informazioni di cui al comma 1, le informazioni seguenti, ove pertinenti: a) informazioni sul metodo e sulla frequenza di valutazione degli strumenti finanziari contenuti nel portafoglio del cliente; b) i dettagli di eventuali deleghe della gestione con specificazione dell‟ampiezza della delega; c) la descrizione del parametro di riferimento al quale verrà raffrontato il rendimento del portafoglio del cliente; d) i tipi di strumenti finanziari che possono essere inclusi nel portafoglio del cliente e i tipi di operazioni che possono essere realizzate su tali strumenti, inclusi eventuali limiti; e) gli obiettivi di gestione, il livello del rischio entro il quale il gestore può esercitare la sua discrezionalità ed eventuali specifiche restrizioni a tale discrezionalità.”
160 Art. 30 - (Informazioni concernenti la salvaguardia degli strumenti finanziari e delle somme di denaro della clientela): “1. Gli intermediari che detengono strumenti finanziari o somme di denaro appartenenti a clienti al dettaglio forniscono a tali clienti le informazioni di cui ai commi seguenti, ove pertinenti, anche ai sensi del regolamento della Banca d‟Italia adottato in conformità all‟articolo 6, comma 1, del Testo Unico. 2. Gli intermediari informano il cliente al dettaglio o potenziale cliente al dettaglio della eventuale possibilità che gli strumenti finanziari o le somme di denaro di tale cliente siano detenuti da un terzo per conto dell‟intermediario, nonché della responsabilità che essi si assumono, conformemente al diritto nazionale applicabile, per qualsiasi atto od omissione del terzo medesimo e delle conseguenze che l‟eventuale insolvenza di quest‟ultimo determinerebbe per il cliente. 3. Quando gli strumenti finanziari del cliente al dettaglio o potenziale cliente al dettaglio possono essere detenuti in un «conto omnibus» da un terzo, gli intermediari informano il cliente di questo fatto e gli forniscono un avviso evidente circa i rischi che ne derivano.
4. Quando i conti che contengono strumenti finanziari o somme di denaro appartenenti al cliente o potenziale cliente possono o potranno essere soggetti ad un ordinamento giuridico extracomunitario, gli intermediari forniscono informativa di tale circostanza ed indicano in che misura i diritti del cliente o potenziale cliente relativi a tali strumenti finanziari o somme di denaro possano esserne influenzati.
5. Gli intermediari informano il cliente circa l‟esistenza e i termini di eventuali diritti di garanzia o privilegi che l‟intermediario medesimo, o il subdepositario, vanta o può vantare sugli strumenti finanziari o sulle somme di denaro del cliente, o di eventuali diritti di compensazione esistenti in relazione ad essi.”
ed art. 31 - “informazioni sugli strumenti finanziari”161 e si conclude con gli articoli 32 - “informazioni sui costi e sugli oneri”162, 33 - “informazioni sui OICR aperti”163, 34 - “modalità e termini delle informazioni”164, 35 - “informazioni
6. Gli intermediari prima di utilizzare, per proprio conto o per conto di un altro cliente, strumenti finanziari detenuti per conto di un cliente al dettaglio, forniscono allo stesso in tempo utile, su un supporto duraturo, informazioni chiare, complete ed accurate sugli obblighi e sulle responsabilità che l‟utilizzo di tali strumenti finanziari comporta per l‟intermediario, comprese le condizioni di restituzione degli strumenti, e sui rischi che ne derivano.
161 Art. 31 - (Informazioni sugli strumenti finanziari): “1. Gli intermediari forniscono ai clienti o potenziali clienti una descrizione generale della natura e dei rischi degli strumenti finanziari trattati, tenendo conto in particolare della classificazione del cliente come cliente al dettaglio o cliente professionale. La descrizione illustra le caratteristiche del tipo specifico di strumento interessato, nonché i rischi propri di tale tipo di strumento, in modo sufficientemente dettagliato da consentire al cliente di adottare decisioni di investimento informate. 2. La descrizione dei rischi include, ove pertinente per il tipo specifico di strumento e lo status e il livello di conoscenza del cliente, i seguenti elementi: a) i rischi connessi a tale tipo di strumento finanziario, compresa una spiegazione dell‟effetto leva e della sua incidenza, nonché il rischio di perdita totale dell‟investimento; b) la volatilità del prezzo di tali strumenti ed eventuali limiti di liquidabilità dei medesimi; c) il fatto che un investitore potrebbe assumersi, a seguito di operazioni su tali strumenti, impegni finanziari e altre obbligazioni aggiuntive, comprese eventuali passività potenziali, ulteriori rispetto al costo di acquisizione degli strumenti; d) eventuali requisiti di marginatura od obbligazioni analoghe applicabili a tali strumenti. 3. Se l‟intermediario fornisce ad un cliente al dettaglio o potenziale cliente al dettaglio informazioni in merito ad uno strumento finanziario che è oggetto di un‟offerta al pubblico in corso ed in relazione a tale offerta è stato pubblicato un prospetto conformemente agli articoli 94 e seguenti del Testo Unico, l‟intermediario medesimo comunica al cliente o potenziale cliente le modalità per ottenere il prospetto. 4. Quando è probabile che i rischi connessi con uno strumento finanziario o con un‟operazione finanziaria che combinano tra loro due o più strumenti o servizi finanziari diversi siano superiori ai rischi connessi alle singole componenti, l‟intermediario fornisce una descrizione adeguata delle singole componenti e del modo in cui la loro interazione accresce i rischi. 5. Nel caso di strumenti finanziari che incorporano una garanzia di un terzo, le informazioni relative a tale garanzia includono dettagli sufficienti sul garante e sulla garanzia, affinché il cliente al dettaglio o potenziale cliente al dettaglio possa compiere una valutazione corretta della garanzia.”
162 Art. 32 - (Informazioni sui costi e sugli oneri): “1. Gli intermediari forniscono ai clienti al dettaglio e potenziali clienti al dettaglio informazioni sui costi e sugli oneri connessi alla prestazione dei servizi, comprendenti, ove pertinenti, i seguenti elementi: a) il corrispettivo totale che il cliente deve pagare in relazione allo strumento finanziario o al servizio di investimento o accessorio, comprese tutte le competenze, le commissioni, gli oneri e le spese connesse, e tutte le imposte che verranno pagate tramite l‟intermediario o, se non può essere indicato un corrispettivo esatto, la base per il calcolo dello stesso cosicché il cliente possa verificarlo; b) quando una parte qualsiasi del corrispettivo totale di cui alla lettera a) deve essere pagata o è espressa in valuta estera, l‟indicazione di tale valuta, nonché dei tassi e delle spese di cambio applicabili; c) l‟indicazione della possibilità che emergano altri costi per il cliente, comprese eventuali imposte, in relazione alle operazioni connesse allo strumento finanziario o al servizio di investimento, che non sono pagati tramite l‟intermediario o imposti da esso; d) le modalità per il pagamento. Ai fini della lettera a), le commissioni applicate dall‟intermediario vengono in ogni caso indicate separatamente.”
163 Art. 33 - (Informazioni su OICR aperti): “1. Un prospetto semplificato relativo a parti di OICR aperti redatto in conformità delle pertinenti disposizioni comunitarie è idoneo ad adempiere agli obblighi informativi previsti dall‟articolo 31, nonché dall‟articolo 32 limitatamente ai costi ed agli oneri propri dell‟OICR, incluse le commissioni di entrata e uscita.”
164 Art. 34 - (Modalità e termini delle informazioni): “1. Ai fini di cui all‟articolo 27, comma 2, gli
riguardanti la classificazione dei clienti”165 e 36 - “informazioni su supporto duraturo e mediante sito internet”.166
intermediari si attengono alle disposizioni del presente articolo. 2. Gli intermediari forniscono al cliente al dettaglio o potenziale cliente al dettaglio, in tempo utile prima che sia vincolato da qualsiasi contratto per la prestazione di servizi di investimento o accessori, le informazioni concernenti i termini del contratto. 3. Gli intermediari forniscono le informazioni di cui agli articoli da 29 a 32 ai clienti al dettaglio o potenziali clienti al dettaglio in tempo utile prima della prestazione di servizi di investimento o accessori. 4. Gli intermediari forniscono ai clienti professionali le informazioni di cui all‟articolo 30, commi 4 e 5, in tempo utile prima della prestazione del servizio interessato. 5. Le informazioni di cui ai commi 2, 3 e 4 vengono fornite su un supporto duraturo o tramite il sito Internet dell‟intermediario, purché le condizioni di cui all‟articolo 36, comma 2, siano soddisfatte. 6. Gli intermediari notificano al cliente in tempo utile qualsiasi modifica rilevante delle informazioni fornite ai sensi degli articoli da 29 a 32. La notifica viene fatta su supporto duraturo, se le informazioni alle quali si riferisce erano state fornite su supporto duraturo. 7. Gli intermediari assicurano che le informazioni contenute nelle comunicazioni pubblicitarie e promozionali siano conformi a quelle che l‟impresa fornisce ai clienti nel quadro della prestazione di servizi di investimento e accessori.
8. Quando una comunicazione pubblicitaria o promozionale contiene un‟offerta o un invito di cui alle successive lettere a) e b) e specifica le modalità di risposta o include un modulo attraverso il quale può essere data una risposta, essa include le informazioni di cui agli articoli da 29 a 32 che siano rilevanti per tale offerta o invito:
a) offerta a concludere un contratto in relazione ad uno strumento finanziario o servizio di investimento o accessorio con qualsiasi persona che risponda alla comunicazione; b) invito a qualsiasi persona che risponda alla comunicazione a fare un‟offerta per concludere un accordo in relazione ad uno strumento finanziario o servizio di investimento o accessorio. 9. Il comma 8 non si applica se, per rispondere ad un‟offerta o ad un invito contenuti nella comunicazione promozionale, il potenziale cliente al dettaglio deve far riferimento ad uno o più altri documenti, che, singolarmente o congiuntamente, contengono tali informazioni.”
165 Art. 35 - (Informazioni riguardanti la classificazione dei clienti): “1. Gli intermediari comunicano su supporto duraturo ai clienti la loro nuova classificazione in qualità di cliente al dettaglio, cliente professionale o controparte qualificata. 2. Gli intermediari informano i clienti, su supporto duraturo, circa l‟eventuale diritto a richiedere una diversa classificazione e circa gli eventuali limiti che ne deriverebbero sotto il profilo della tutela del cliente. 3. Gli intermediari possono, su loro iniziativa o su richiesta del cliente: a) trattare come cliente professionale o cliente al dettaglio un cliente che potrebbe essere altrimenti classificato come controparte qualificata ai sensi dell‟articolo 6, comma 2-quater, lettera d), numeri 1), 2), 3) e 5), del Testo Unico nonché ai sensi dell‟articolo 58, comma 2; b) trattare come cliente al dettaglio un cliente che è considerato come cliente professionale di diritto.”
166 Art. 36 - (Informazioni su supporto duraturo e mediante sito Internet): “1. Quando, ai fini del presente regolamento è prescritto che le informazioni siano fornite su un supporto duraturo, gli intermediari: a) utilizzano un supporto cartaceo; b) utilizzano un supporto duraturo non cartaceo a condizione che: i) tale modalità risulti appropriata per il contesto in cui si svolge o si svolgerà il rapporto tra l‟intermediario e il cliente; e ii) il cliente o potenziale cliente sia stato avvertito della possibilità di scegliere tra supporto duraturo cartaceo o non cartaceo, ed abbia scelto espressamente quest‟ultimo. 2. Quando, ai sensi degli articoli 29, 30, 31, 32, 34 e 46, comma 3, gli intermediari forniscono informazioni ad un cliente tramite un sito Internet e tali informazioni non sono indirizzate personalmente al cliente, devono ricorrere le condizioni seguenti: a) l‟utilizzo del sito Internet risulta appropriato per il contesto in cui si svolge o si svolgerà il rapporto tra l‟intermediario e il cliente; b) il cliente acconsente espressamente alla fornitura delle informazioni in tale forma; c) al cliente è comunicato elettronicamente l‟indirizzo del sito Internet e il punto del sito in cui si può avere accesso all‟informazione; d) le informazioni sono aggiornate;
e) le informazioni sono continuamente accessibili tramite tale sito per tutto il periodo di tempo in cui, ragionevolmente, il cliente può avere necessità di acquisirle.
E‟ evidente che nessun profilo potenzialmente rilevante ai fini informativi è stato lasciato al caso nel corpo del nuovo RI, tanto che praticamente tutti gli aspetti e le fasi del rapporto contrattuale tra intermediario e cliente risultano coperti da una regolamentazione puntuale e precisa.
Tale aspetto rende ancora più evidente la differenza sostanziale rispetto al precedente regolamento intermediari, abrogato a seguito dell‟entrata in vigore di quello in analisi, che sostanzialmente limitava gli obblighi informativi ad un generico dovere, sembrerebbe di natura precontrattuale, di acquisire informazioni dall‟investitore circa la situazione finanziaria dello stesso, la propensione al rischio e i suoi obiettivi, condensando il tutto in un‟unica disposizione, (l‟art. 28) rubricata “informazioni tra gli intermediari e gli investitori.167
3. Ai fini del presente articolo, la fornitura di informazioni tramite comunicazioni elettroniche viene considerata come appropriata per il contesto in cui il rapporto tra l‟intermediario e il cliente si svolge o si svolgerà se vi è la prova che il cliente può avere accesso regolare a Internet. La fornitura da parte del cliente di un indirizzo e-mail ai fini di tale rapporto può essere considerata come un elemento di prova.”
167 Cfr. art. 28 Regolamento Consob n. 11522 del 1998: “Art. 28 (Informazioni tra gli intermediari e gli investitori): “1. Prima della stipulazione del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e dell‟inizio della prestazione dei servizi di investimento e dei servizi accessori a questi collegati, gli intermediari autorizzati devono: a) chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L'eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall'investitore; b) consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari di cui all'Allegato n. 3. 2. Gli intermediari autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all' investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento. 3. Gli intermediari autorizzati informano prontamente e per iscritto l' investitore appena le operazioni in strumenti derivati e in warrant da lui disposte per finalità diverse da quelle di copertura abbiano generato una perdita, effettiva o potenziale, pari o superiore al 50% del valore dei mezzi costituiti a titolo di provvista e garanzia per l'esecuzione delle operazioni. Il valore di riferimento di tali mezzi si ridetermina in occasione della comunicazione all'investitore della perdita, nonché in caso di versamenti o prelievi. Il nuovo valore di riferimento è prontamente comunicato all'investitore. In caso di versamenti o prelievi è comunque comunicato all'investitore il risultato fino ad allora conseguito.
4. Gli intermediari autorizzati informano prontamente e per iscritto l'investitore ove il patrimonio affidato nell'ambito di una gestione si sia ridotto per effetto di perdite, effettive o potenziali, in misura pari o superiore al 30% del controvalore totale del patrimonio a disposizione alla data di inizio di ciascun anno, ovvero, se successiva, a quella di inizio del rapporto, tenuto conto di eventuali conferimenti o prelievi. Analoga informativa dovrà essere effettuata in occasione di ogni ulteriore riduzione pari o superiore al 10% di tale controvalore. 5. Gli intermediari autorizzati mettono sollecitamente a disposizione dell' investitore che ne faccia richiesta i documenti e le registrazioni in loro possesso che lo riguardano, contro rimborso delle spese effettivamente sostenute.”
1.7.1 Segue: la regola dell’adeguatezza o suitability rule
Nel titolo II, capo II del nuovo RI, sono enucleati altri importanti principi afferenti alle caratteristiche e alle modalità delle informazioni scambiabili tra intermediario e cliente.
Ma mentre le norme richiamate ed analizzate nel precedente paragrafo avevano ad oggetto l‟obbligo di dare informazioni posto in capo all‟intermediario, e quindi rientravano in un supporto informativo di tipo attivo, prevedendo un facere in capo all‟intermediario stesso, le disposizioni ora in analisi riguardano invece gli obblighi informativi di tipo passivo, ovvero la raccolta di quelle informazioni che l‟intermediario deve ottenere dal cliente.
Anche l‟obbligo di informazione passiva trova la sua radice nell‟art. 21 del Tuf, che rappresenta sempre la norma generale, di cui i precetti contenuti nel RI rappresentano una specificazione.
La c.d. suitability rule o regola di adeguatezza è contenuta nell‟art. 39 del RI, che traccia le coordinate che l‟intermediario deve possedere, ottenendole sin dal primo contatto con l‟investitore, per offrire allo stesso un servizio personalizzato, ovvero adatto al suo profilo ed alle sue peculiari caratteristiche.
La norma in analisi è applicabile, unitamente al successivo art. 40, nei casi di servizi di consulenza in materia di investimenti e di gestione di portafogli e recita testualmente:
“1. Al fine di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale cliente, nella prestazione dei servizi di consulenza in materia di investimenti o di gestione di portafoglio, gli intermediari ottengono dal cliente o potenziale cliente le informazioni necessarie in merito: a) alla conoscenza ed esperienza nel settore di investimento rilevante per il tipo di strumento o di servizio; b) alla situazione finanziaria; c) agli obiettivi di investimento. 2. Le informazioni di cui al comma 1, lettera a), includono i seguenti elementi, nella misura in cui siano appropriati tenuto conto delle caratteristiche del cliente, della natura e dell‟importanza del servizio da fornire e del tipo di prodotto od operazione previsti, nonché della complessità e dei rischi di
tale servizio, prodotto od operazione: a) i tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari con i quali il cliente ha dimestichezza; b) la natura, il volume e la frequenza delle operazioni su strumenti finanziari realizzate dal cliente e il periodo durante il quale queste operazioni sono state eseguite; c) il livello di istruzione, la professione o, se rilevante, la precedente professione del cliente. 3. Le informazioni di cui al comma 1, lettera b), includono, ove pertinenti, dati sulla fonte e sulla consistenza del reddito del cliente, del suo patrimonio complessivo, e dei suoi impegni finanziari. 4. Le informazioni di cui al comma 1, lettera c), includono dati sul periodo di tempo per il quale il cliente desidera conservare l‟investimento, le sue preferenze in materia di rischio, il suo profilo di rischio e le finalità dell‟investimento, ove pertinenti. 5. Gli intermediari possono fare affidamento sulle informazioni fornite dai clienti o potenziali clienti a meno che esse non siano manifestamente superate, inesatte o incomplete. 6. Quando gli intermediari che forniscono il servizio di consulenza in materia di investimenti o di gestione di portafogli non ottengono le informazioni di cui al presente articolo si astengono dal prestare i menzionati servizi. 7. Gli intermediari non possono incoraggiare un cliente o potenziale cliente a non fornire le informazioni richieste ai sensi del presente articolo.”
Dalla disamina del comma 6 e 7 si evince l‟importanza della raccolta delle informazioni, basilare a tal punto che, il rifiuto del cliente di fornire le informazioni richieste, porta alla immediata interruzione del rapporto, posto che l‟intermediario, in casi del genere, deve astenersi dal prestare il servizio.
La disposizione non lascia particolare spazio discrezionale per l‟intermediario, e quindi possiamo considerare la raccolta delle informazioni da un lato come un obbligo per l‟intermediario stesso, dall‟altro, come conditio sine qua non per l‟instaurazione o la prosecuzione del rapporto con il cliente.
Particolarmente interessante risulta anche l‟equiparazione operata dalla norma tra cliente e potenziale cliente ai fini degli obblighi informativi. La figura del potenziale cliente rappresenta una novità assoluta del RI, anche se non è dato comprendere quando un soggetto che prende contatto con l‟intermediario finanziario possa o debba ricoprire tale qualifica.
La disposizione sembra dettata con l‟intento di fornire una tutela quanto più ampia possibile, che nasce già in una fase in cui non si può considerare esistente un contratto vero e proprio tra intermediario e (quasi)cliente.
Sembrerebbe quindi che il potenziale cliente possa essere quel soggetto che entra in contatto con l‟intermediario, senza avere con lo stesso un rapporto contrattuale vero e proprio, quanto piuttosto un primo contatto, magari anche di natura informale.
Se così fosse, in caso di contenzioso, il potenziale cliente potrebbe invocare la violazione degli obblighi informativi da parte dell‟intermediario, ma probabilmente a titolo precontrattuale, in virtù del fatto che, come detto, un vero e proprio contratto ancora non sussiste.
Il successivo art. 40, rubricato “valutazione dell‟adeguatezza” detta le coordinate utili all‟intermediario per tracciare il profilo del cliente, operazione logicamente successiva alla raccolta delle informazioni dallo stesso. In questa fase l‟intermediario ha il compito di verificare se le operazioni richieste dal cliente siano adatte al suo profilo e se sia o meno consigliabile eseguirle. E‟ prevista anche un‟ovvia valutazione di compatibilità finanziaria.168
Diversa dalla valutazione di adeguatezza è la valutazione di appropriatezza, che l‟intermediario è chiamato a compiere nel caso di servizi
168 Art. 40 - (Valutazione dell‟adeguatezza): “1. Sulla base delle informazioni ricevute dal cliente, e tenuto conto della natura e delle caratteristiche del servizio fornito, gli intermediari valutano che la specifica operazione consigliata o realizzata nel quadro della prestazione del servizio di gestione di portafogli soddisfi i seguenti criteri: a) corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente; b) sia di natura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all‟investimento compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento; c) sia di natura tale per cui il cliente possieda la necessaria esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti all‟operazione o alla gestione del suo portafoglio. Una serie di operazioni, ciascuna delle quali è adeguata se considerata isolatamente, può non essere adeguata se avvenga con una frequenza che non è nel migliore interesse del cliente. 2. Quando forniscono il servizio di consulenza in materia di investimenti o di gestione di portafogli ad un cliente professionale gli intermediari possono presumere che, per quanto riguarda gli strumenti, le operazioni e i servizi per i quali tale cliente è classificato nella categoria dei clienti professionali, egli abbia il livello necessario di esperienze e di conoscenze ai fini del comma 1, lettera c). 3. In caso di prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti ad un cliente professionale considerato tale di diritto ai sensi dell‟Allegato n. 3 al presente regolamento ovvero del regolamento emanato dal Ministro dell‟Economia e delle Finanze ai sensi dell‟articolo 6, comma 2-sexies del Testo Unico, gli intermediari possono presumere, ai fini del comma 1, lettera b), che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio di investimento compatibile con i propri obiettivi di investimento.
differenti da quelli di cui agli artt. 39 e 40, ovvero differenti dalla consulenza in materia di investimenti e dalla gestione di portafogli.
La regola dell‟appropriatezza è enucleata nelle disposizioni dei successivi artt. 41169 e 42170 e costituisce un obbligo meno stringente per l‟intermediario, rispetto alla valutazione di adeguatezza, che richiede la raccolta di informazioni ad ampio raggio.
L‟informazione è infatti limitata al settore dell‟investimento o dell‟operazione richiesti.
Ulteriore importante differenza rispetto ai servizi che rientrano nell‟alveo della valutazione di adeguatezza è la conseguenza della mancata cooperazione del cliente in ordine alla comunicazione delle informazioni richieste. Se nel primo caso tale carenza porta inesorabilmente all‟astensione dell‟intermediario dalla fornitura della prestazione o del servizio richiesti, nel caso di servizi sottoposti alla più esile valutazione di appropriatezza, tale obbligo di astensione non sussiste.
Molto semplicemente l‟intermediario avverte formalmente il cliente che il servizio sarà fornito, ma senza la possibilità di determinare l‟appropriatezza dello stesso rispetto alle caratteristiche del cliente stesso, che ha rifiutato di fornire le informazioni richieste.
169 Art. 41 - (Informazioni dai clienti nei servizi diversi da quelli di consulenza in materia di investimenti e di gestione di portafogli): “1. Gli intermediari, quando prestano servizi di investimento diversi dalla consulenza in materia di investimenti e dalla gestione di portafogli, richiedono al cliente o potenziale cliente di fornire informazioni in merito alla sua conoscenza e esperienza nel settore d‟investimento rilevante per il tipo di strumento o di servizio proposto o chiesto. Si applica l‟articolo 39, commi 2, 5 e 7.”
170 Art. 42 - (Valutazione dell‟appropriatezza): “1. Nella prestazione dei servizi di investimento diversi dalla consulenza in materia di investimenti e dalla gestione di portafogli, e sulla base delle informazioni di cui all‟articolo 41, gli intermediari verificano che il cliente abbia il livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi che lo strumento o il servizio di investimento offerto o richiesto comporta. 2. Gli intermediari possono presumere che un cliente professionale abbia il livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi connessi ai servizi di investimento o alle operazioni o ai tipi di operazioni o strumenti per i quali il cliente è classificato come professionale. 3. Qualora gli intermediari ritengano, ai sensi del comma 1, che lo strumento o il servizio non sia appropriato per il cliente o potenziale cliente, lo avvertono di tale situazione. L‟avvertenza può essere fornita utilizzando un formato standardizzato. 4. Qualora il cliente o potenziale cliente scelga di non fornire le informazioni di cui all‟articolo 41, o qualora tali informazioni non siano sufficienti, gli intermediari avvertono il cliente o potenziale cliente, che tale decisione impedirà loro di determinare se il servizio o lo strumento sia per lui appropriato. L‟avvertenza può essere fornita utilizzando un formato standardizzato.”
Appare infine evidente, anche in caso di suitability rule, la differenza tra il RI vigente e l‟abrogato regolamento 1152/98, che non operava le distinzioni di cui sopra nella prestazione dei servizi e dedicava alla disciplina dell‟adeguatezza unicamente le disposizioni dell‟art. 29.171
1.8. La divisione in classi degli investitori
La creazione di differenti classi di appartenenza in cui gli investitori-clienti devono essere suddivisi rappresenta la novità forse più rilevante della riforma che ha interessato la materia dell‟intermediazione finanziaria.
Rappresenta un ulteriore esempio di quella ricerca di armonizzazione, certezza e trasparenza che impregna tutto l‟articolato del RI e del Tuf e che, come più volte affermato, costituisce la ratio sottesa all‟intervento normativo operato dal legislatore comunitario.
L‟inclusione, rectius, l‟inquadramento di un cliente in una classe piuttosto che in un‟altra, porta a determinate conseguenze per quanto concerne le norme applicabili al rapporto contrattuale instaurato con l‟intermediario, soprattutto per quanto attiene ai più volte citati obblighi informativi sopra esaminati.
Il nuovo RI introduce una tripartizione,172 individuando così tre classi
171 Art. 29 (Operazioni non adeguate): “1. Gli intermediari autorizzati si astengono dall'effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione. 2. Ai fini di cui al comma 1, gli intermediari autorizzati tengono conto delle informazioni di cui all'articolo 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati. 3. Gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora l'investitore intenda comunque dare corso all'operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l'operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.”
172 Vedi F. DURANTE, Intermediari finanziari e tutela dei risparmiatori, cit. p. 93: “Il recepimento della direttiva n. 2004/39/CE ha accentuato il rilievo del profilo soggettivo del
differenti in cui i clienti possono essere inseriti nel momento in cui prendono contatto con l‟intermediario e richiedono un servizio.
Ovviamente la classificazione dei clienti è strettamente collegata agli obblighi informativi di cui sopra, soprattutto a quelli di natura passiva.
Appare ovvio che, se l‟intermediario non ottiene le necessarie informazioni dal cliente, non può procedere a classificarlo correttamente e non può quindi offrirgli una prestazione che sia personalizzata e adeguata alle sue caratteristiche.
La prima classe è quella delle c.d. controparti qualificate, individuate dall‟art. 58 del RI.173 Questi soggetti sono considerati, per caratteristiche intrinseche, natura giuridica e funzioni, quasi alla stregua degli intermediari stessi, che quindi in tali casi non sono tenuti, salvo che per rare eccezioni, al rispetto degli obblighi informativi previsti e disciplinati dagli artt. 27 e successivi RI.
Rientrano in questa categoria le imprese di investimento, le banche, le imprese di assicurazione, le società di gestione e risparmio, i fondi pensione, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le fondazioni bancarie, i governi nazionali, le banche centrali, le organizzazioni pubbliche sovranazionali, le imprese la cui principale attività consista nel negoziare in conto proprio merci o strumenti finanziari derivati su merci e quelle la cui attività esclusiva consista nel
cliente, prevedendo una sostanziale tripartizione delle classi di investitori, a cui è correlata un’accentuata gradazione della tutela.”
173 Art. 58 - (Rapporti con controparti qualificate): “1. Sono controparti qualificate i clienti a cui
sono prestati i servizi di esecuzione di ordini e/o di negoziazione per conto proprio e/o di ricezione e trasmissione ordini, definiti come tali dall‟articolo 6, comma 2-quater, lettera d), numeri 1), 2),
3) e 5) del Testo Unico. 2. Sono altresì controparti qualificate le imprese di cui all‟Allegato n. 3, parte I, punti (1) e (2) non già richiamate al comma 1, a cui sono prestati i servizi ivi menzionati, nonché le imprese che siano qualificate come tali, ai sensi dell‟articolo 24, paragrafo 3, della direttiva n. 2004/39/CE, dall‟ordinamento dello Stato comunitario in cui hanno sede o che siano sottoposte a identiche condizioni e requisiti nello Stato extracomunitario in cui hanno sede. Gli intermediari ottengono da tali controparti la conferma esplicita, in via generale o in relazione alle singole operazioni, che esse accettano di essere trattate come controparti qualificate. 3. Alla prestazione dei servizi di investimento, e dei servizi accessori ad essi connessi, a controparti qualificate, non si applicano le regole di condotta di cui agli articoli da 27 a 56, ad eccezione del comma 2 dell‟articolo 49. Resta fermo quanto previsto dall‟articolo 35. 4. La classificazione come controparte qualificata non pregiudica la facoltà del soggetto di chiedere, in via generale o per ogni singola operazione, di essere trattato come un cliente professionale ovvero, in via espressa, come un cliente al dettaglio. La richiesta è soggetta al consenso dell‟intermediario. 5. Quando, ai sensi del comma 4, una controparte qualificata richiede espressamente di essere trattata come un cliente al dettaglio, si applicano le disposizioni relative alle richieste di trattamento quale cliente non professionale di cui agli ultimi tre capoversi dell‟allegato n. 3, parte I.”
negoziare in conto proprio nei mercati di strumenti finanziari derivati.
Si tratta evidentemente di soggetti che potrebbero a loro volta rivestire la qualifica di intermediari finanziari, avendone le caratteristiche e la veste giuridica necessaria.
La seconda categoria è quella dei clienti professionali, che rappresenta la classe intermedia, suddivisa a sua volta in diverse sottocategorie:
a) clienti professionali di diritto che “sono presuntivamente considerati, sulla base di un‟astratta valutazione, dotati delle conoscenze ed esperienze necessarie per effettuare gli investimenti aventi ad oggetto, di volta in volta, determinate categorie di servizi o strumenti finanziari.”174 I clienti professionali di diritto sono individuati nell‟allegato n. 3, parte 1 del RI175;
b) clienti professionali su richiesta, anch‟essi individuati dal sopra citato
174 Vedi F. DURANTE, Intermediari finanziari e tutela dei risparmiatori, cit. p. 94.
175 Vedi All. 3, parte I RI: “Un cliente professionale è un cliente che possiede l‟esperienza, le conoscenze e la competenza necessarie per prendere consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e per valutare correttamente i rischi che assume. I. Clienti professionali di diritto. Si intendono clienti professionali per tutti i servizi e gli strumenti di investimento: (1) i soggetti che sono tenuti ad essere autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari, siano essi italiani o esteri quali: a) banche; b) imprese di investimento; c) altri istituti finanziari autorizzati o regolamentati; d) imprese di assicurazione; e) organismi di investimento collettivo e società di gestione di tali organismi; f) fondi pensione e società di gestione di tali fondi; g) i negoziatori per conto proprio di merci e strumenti derivati su merci; h) soggetti che svolgono esclusivamente la negoziazione per conto proprio su mercati di strumenti finanziari e che aderiscono indirettamente al servizio di liquidazione, nonché al sistema di compensazione e garanzia (locals); i) altri investitori istituzionali; l) agenti di cambio; (2) le imprese di grandi dimensioni che presentano a livello di singola società, almeno due dei seguenti requisiti dimensionali:
- totale di bilancio: 20 000 000 EUR,
- fatturato netto: 40 000 000 EUR,
- fondi propri: 2 000 000 EUR.
(3) gli investitori istituzionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari, compresi gli enti dediti alla cartolarizzazione di attivi o altre operazioni finanziarie. I soggetti elencati possono richiedere al prestatore del servizio un trattamento quale cliente al dettaglio e gli intermediari possono convenire di fornire loro un livello più elevato di protezione. Quando il cliente è un'impresa come definita in precedenza, l‟intermediario deve informarla, prima di qualunque prestazione di servizi, che, sulla base delle informazioni di cui dispone, essa viene considerata di diritto un cliente professionale e verrà trattata come tale a meno che l‟intermediario e il cliente convengano diversamente. L‟intermediario deve inoltre informare il cliente del fatto che può richiedere una modifica dei termini dell'accordo per ottenere un maggior livello di protezione. Spetta al cliente considerato professionale di diritto chiedere un livello più elevato di protezione se ritiene di non essere in grado di valutare o gestire correttamente i rischi assunti.
A tal fine, i clienti considerati professionali di diritto concludono un accordo scritto con il prestatore del servizio che stabilisca i servizi, le operazioni e i prodotti ai quali si applica il trattamento quale cliente al dettaglio.”
All. 3, parte II176.
La terza ed ultima categoria è quella dei clienti al dettaglio, che il RI individua in xxx xxxxxxxxx.000
Questa categoria, la più ampia delle tre, include tutti quei soggetti ai quali è riservata una tutela ampia, con applicazione di tutti i precetti contenuti nel RI ed afferenti agli obblighi informativi.
L‟inquadramento in una delle categorie descritte non è definitivo e il cliente al quale è stata attribuita una determinata qualifica può, attraverso una particolare procedura178, ottenere un inquadramento differente e quindi modificare
176 Vedi All. 3, parte II RI: “Gli intermediari possono trattare i clienti diversi da quelli inclusi alla sezione I, che ne facciano espressa richiesta, come clienti professionali, purché siano rispettati i criteri e le procedure menzionati di seguito. Non è comunque consentito presumere che tali clienti possiedano conoscenze ed esperienze di mercato comparabili a quelle delle categorie elencate alla sezione I. La disapplicazione di regole di condotta previste per la prestazione dei servizi nei confronti dei clienti non professionali è consentita quando, dopo aver effettuato una valutazione adeguata della competenza, dell‟esperienza e delle conoscenze del cliente, l‟intermediario possa ragionevolmente ritenere, tenuto conto della natura delle operazioni o dei servizi previsti, che il cliente sia in grado di adottare consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e di comprendere i rischi che assume. Il possesso dei requisiti di professionalità previsti per dirigenti e amministratori dei soggetti autorizzati a norma delle direttive comunitarie nel settore finanziario può essere considerato come un riferimento per valutare la competenza e le conoscenze del cliente. Nel corso della predetta valutazione, devono essere soddisfatti almeno due dei seguenti requisiti: - il cliente ha effettuato operazioni di dimensioni significative sul mercato in questione con una frequenza media di 10 operazioni al trimestre nei quattro trimestri precedenti; - il valore del portafoglio di strumenti finanziari del cliente, inclusi i depositi in contante, deve superare 500.000 EUR; - il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza delle operazioni o dei servizi previsti.
In caso di persone giuridiche, la valutazione di cui sopra è condotta con riguardo alla persona autorizzata ad effettuare operazioni per loro conto e/o alla persona giuridica medesima.”
177 Vedi art. 26, comma 1, lettera e) RI: “e) «cliente al dettaglio»: il cliente che non sia cliente professionale o controparte qualificata.”
178 Vedi All. 3 al RI, II.2. Procedura: “I clienti definiti in precedenza possono rinunciare alle protezioni previste dalle norme di comportamento solo una volta espletata la procedura seguente: - i clienti devono comunicare per iscritto all‟intermediario che desiderano essere trattati come clienti professionali, a titolo generale o rispetto ad un particolare servizio od operazione di investimento o tipo di operazione o di prodotto;
- l‟intermediario deve avvertire i clienti, in una comunicazione scritta e chiara, di quali sono le protezioni e i diritti di indennizzo che potrebbero perdere; - i clienti devono dichiarare per iscritto, in un documento separato dal contratto, di essere a conoscenza delle conseguenze derivanti dalla perdita di tali protezioni. Prima di decidere di accettare richieste di rinuncia a protezione, devono essere adottate tutte le misure ragionevoli per accertarsi che il cliente che chiede di essere considerato cliente professionale soddisfi i requisiti indicati nella sezione II al punto 1. Gli intermediari devono adottare per iscritto misure interne appropriate per classificare i clienti. Spetta ai clienti professionali informare il prestatore del servizio di eventuali cambiamenti che potrebbero influenzare la loro attuale classificazione. Se tuttavia l‟intermediario constata che il cliente non soddisfa più le condizioni necessarie per ottenere il trattamento riservato ai clienti professionali deve adottare provvedimenti appropriati.”
la disciplina applicabile al proprio rapporto contrattuale. La mobilità è consentita in entrambi i sensi, ovvero il cliente può aspirare ad ottenere una qualifica volta ad usufruire di una tutela minore o maggiore nei suoi rapporti con l‟intermediario. Così per esemplificare un cliente al dettaglio avrà la possibilità di richiedere all‟intermediario di essere inquadrato come cliente professionale su
richiesta, qualora ricorrano i presupposti.
La dichiarazione del cliente, intesa a modificare il proprio status può essere considerata senza dubbio come una dichiarazione unilaterale di volontà con efficacia dispositiva e abdicativa, nel caso in cui sia volta ad acquisire uno status al quale è ricollegata una tutela minore.179 Pare indubbio il carattere negoziale della dichiarazione.
L‟entrata in vigore del nuovo RI e della divisione in classe di clienti dovrebbe risolvere, per il futuro, un consistente e rilevante problema interpretativo, spesso alla base di molti contenziosi instaurati dagli investitori nel vigore del precedente regolamento n. 11522 del 1998.
Ovviamente il regolamento n. 11522 non prevedeva una divisione in classi degli investitori, ma contemplava la possibilità per gli stessi di rilasciare una dichiarazione con la quale si attestava la qualifica di operatore qualificato.180
179 Per questa ricostruzione si rimanda a F. DURANTE, Intermediari finanziari e tutela dei risparmiatori, cit. p. 97: “ Sennonché la dichiarazione negoziale non è sufficiente, giacché la richiesta di riduzione della tutela sembra configurarsi come un atto complesso. Infatti occorre altresì che il cliente privato effettui affermazioni presupposte, relative alla sussistenza dei requisiti sostanziali in punto di frequenza e dimensione delle operazioni svolte, di valore del portafoglio investito in strumenti finanziari e di lavoro prestato nel settore finanziario. Affermazioni, queste ultime, che si configureranno come dichiarazioni di scienza di carattere ricognitivo e, dunque come atti giuridici in senso stretto.”
180 Vedi art. 31, RI n. 11522/98: (Rapporti tra intermediari e speciali categorie di investitori): “1. A
eccezione di quanto previsto da specifiche disposizioni di legge e salvo diverso accordo tra le parti, nei rapporti tra intermediari autorizzati e operatori qualificati non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, comma 1, fatta eccezione per il servizio di gestione, e commi 2 e 3, 32, commi 3, 4 e 5, 37, fatta eccezione per il comma 1, lettera d), 38, 39, 40, 41, 42, 43, comma
5, lettera b), comma 6, primo periodo, e comma 7, lettere b) e c), 44, 45, 47, comma 1, 60, 61 e 62.
2. Per operatori qualificati si intendono gli intermediari autorizzati, le società di gestione del risparmio, le SICAV, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forza della normativa in vigore nel proprio Stato d'origine le attività svolte dai soggetti di cui sopra, le società e gli enti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, le società iscritte negli elenchi di cui agli articoli 106, 107 e 113 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare, le fondazioni
Il rilascio di tale dichiarazione da parte dell‟investitore esonerava l‟intermediario dal rispetto di tutti gli obblighi di condotta tratteggiati nel corpo del regolamento, esattamente come accade nel caso di rapporti contrattuali con le controparti qualificate previste dal RI attualmente vigente.
Spesso in sede di contenzioso i risparmiatori attaccavano la validità di tale dichiarazione rilasciata all‟intermediario, che così, alla luce di una tale invalidità o inefficacia, risultava a posteriori colpevole per mancato rispetto dei prescritti obblighi.
Vedremo nel corso della trattazione quali soluzioni ha adottato la giurisprudenza riguardo la qualificazione giuridica e gli effetti ricollegati alla dichiarazione di “operatore qualificato”, attraverso un percorso abbastanza altalenante.
Nell‟ottica della trattazione vi è da dire che molti enti pubblici, nel rapportarsi agli intermediari per la stipula di contratti derivati, hanno rilasciato, per mezzo del loro organo esecutivo tali dichiarazioni e sono stati quindi trattati alla stregua di operatori qualificati, con conseguente logico decremento di tutela.
Ad ogni buon conto, appare plausibile che, con l‟entrata in vigore del nuovo RI e con il sistema di tripartizione di clienti, che gli intermediari mettono in opera sin dal primo contatto con il cliente, sulla base delle informazioni reperite, con l‟ausilio di parametri sicuramente più certi rispetto al passato e attraverso un‟informazione costante181, molte delle incertezze e dei problemi nati sotto il vigore della precedente normativa si dovrebbero superare.
bancarie, nonché ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante.”
181 Vedi art. 35, RI (Informazioni riguardanti la classificazione dei clienti): “1. Gli intermediari comunicano su supporto duraturo ai clienti la loro nuova classificazione in qualità di cliente al dettaglio, cliente professionale o controparte qualificata.
2. Gli intermediari informano i clienti, su supporto duraturo, circa l‟eventuale diritto a richiedere una diversa classificazione e circa gli eventuali limiti che ne deriverebbero sotto il profilo della tutela del cliente. 3. Gli intermediari possono, su loro iniziativa o su richiesta del cliente: a) trattare come cliente professionale o cliente al dettaglio un cliente che potrebbe essere altrimenti classificato come controparte qualificata ai sensi dell‟articolo 6, comma 2-quater, lettera d), numeri 1), 2), 3) e 5), del Testo Unico nonché ai sensi dell‟articolo 58, comma 2; b) trattare come cliente al dettaglio un cliente che è considerato come cliente professionale di diritto.”
CAPITOLO 2: LA RICOSTRUZIONE DEL PANORAMA NORMATIVO IN MATERIA DI DERIVATI PUBBLICI
2.1 Enti territoriali (e quindi pubbliche amministrazioni) ed attività contrattuale.
Nell‟opera di ricostruzione ed analisi del panorama normativo in materia dei contratti derivati sottoscritti dagli enti pubblici territoriali, è utile fare un cenno, senza ovviamente pretese di esaustività, all‟annoso tema dell‟attività contrattuale, dell‟attività di diritto privato della pubblica amministrazione su cui da decenni si cimenta la letteratura giuridica pubblicistica e privatistica.
La ricostruzione del panorama normativo in materia di contratti derivati pubblici può così idealmente essere divisa in tre blocchi e può articolarsi in primo luogo attraverso la disamina del problema della legittimazione negoziale degli enti pubblici locali in quanto pubbliche amministrazioni e delle procedure contrattuali che sono, in parte procedimentalizzate; questa parte dell‟analisi si concentra sul substrato normativo su cui poggia tutta l‟attività contrattuale dei soggetti pubblici. Si passerà quindi alla ricostruzione della normativa specifica in materia di contratti derivati sottoscritti dagli enti territoriali e infine all‟analisi della normativa tecnica, ovvero i precetti applicabili all‟operazione negoziale definibile
come contratto derivato nei rapporti tra l‟ente pubblico e le sue controparti.
Gli enti pubblici possono operare facendo ricorso agli stessi schemi negoziali utilizzati dai soggetti privati, possano cioè servirsi del contratto per il raggiungimento dei propri fini.
Tuttavia, per un ente pubblico la conclusione di un contratto costituisce un‟operazione negoziale che rientra in un procedimento complesso che, per certi versi, presenta connotati pubblicistici.
Partendo dall‟assunto che gli enti territoriali sono enti pubblici e che rientrano perfettamente nell‟alveo del concetto di “pubblica amministrazione182”,
182 Vedi X. XXXXXXXX, X. NXXXX, Xx contratto della pubblica amministrazione, Napoli, 2009, p. 78: “[…] esistono piuttosto tante nozioni diverse di pubblica amministrazione, che il legislatore adotta volta per volta in relazione agli obiettivi che, in quel particolare frangente, intende perseguire. In base ad una tradizione ormai inveterata, rientrano nella nozione, certamente,
nonostante, è bene ribadirlo, una definizione vera e propria di pubblica amministrazione non abbia cittadinanza nel nostro ordinamento183, vengono alla luce diversi profili di analisi e differenti spunti di riflessione connessi alle peculiarità di tali enti nel momento in cui pongono in essere un‟attività quasi tipicamente appannaggio dei soggetti privati come quella negoziale.
Si rientra chiaramente nel campo della teoria generale del diritto.
Per un soggetto giuridico, sia esso persona fisica o giuridica, la capacità di agire e quindi la capacità negoziale184, rappresenta, in sintesi, la possibilità di autodeterminarsi ponendo in essere atti di volontà come negozi giuridici e quindi stipulare contratti.
lo Stato e gli enti pubblici territoriali (regioni, province, comuni), che si caratterizzano per il perseguimento di finalità di interesse generale riferibili ad una data collettività, identificabile su base territoriale.”
183 Si rimanda a E. CXXXXXX, Xxbblica amministrazione, in Dig. discipl. Pubb., I, Torino, 1997, p. 271 e ss. Si veda inoltre M. S. XXXXXXXX, Diritto amministrativo, Milano, 1993. Secondo l’A. un soggetto giuridico è qualificabile come pubblica amministrazione sulla base di una sorta di investitura, che viene effettuata dalla legge, in ragione dei fini che l’ente sarà chiamato a perseguire e per i quali necessita di determinate prerogative. Per una definizione di Amministrazione dal punto di vista sostanziale si veda X. XXXXXXX-XXXLLI, Diritto amministrativo e diritto comune: principi e problemi, in Scritti in onore di X. Xxxxxxx, X, Padova, 1998, p. 555. Secondo l’A. “L’Amministrazione in senso sostanziale, è, si sa, cura concreta di interessi pubblici: interessi che storicamente, e sul piano formale attraverso gli strumenti decisionali previsti dall’ordinamento (segnatamente, da noi, attraverso lo strumento della legge), sono individuati come tali in un determinato momento storico. Interest rei publicae che sia curata una determinata questione, una determinata vicenda che importa la necessità di determinati interventi, e così via. L’amministrazione (come attività) perciò, nei suoi contenuti, varia secondo le necessità del momento, quali determinate positivamente e quali evidenziate dalla realtà dei fatti. L’amministrazione consta di atti e di operazioni. Essa cioè avviene come attività dei pubblici poteri, attraverso il compimento di azioni giuridiche (contratti, atti giuridici unilaterali, provvedimenti amministrativi ecc.) che tendono a concludersi mediante atti produttivi di effetti; ovvero attraverso attività materiali, fatti, operazioni. E’ amministrazione l’attività intesa alla prevenzione e alla cura delle malattie; è amministrazione l’attività intesa alla cura del dissesto idrogeologico; è amministrazione l’attività intesa a rimuovere gli effetti dannosi di un’alluvione, e così via; attività tutte, che constano principalmente di operazioni: la cura del medico nei confronti del malato, l’intervento sul territorio da parte dell’ingegnere forestale ovvero nella costruzione di impianti idrogeologici, il materiale e il trasporto delle persone e delle cose colpite dall’alluvione. Anche in questi settori di attività, tuttavia, vi è una presenza cospicua di azioni giuridiche che danno luogo ad atti produttivi di effetti, quali il certificato sanitario, l’ordine di ricovero in caso di malattie infettive, così come l’attività contrattuale o provvedimentale intesa all’assunzione del personale all’indizione delle gare per l’affidamento dei lavori.”
184 In tema di capacità si rimanda ai contributi di A. FXXXXX, Xxpacità, in Enc. dir., VI, Milano,
1960, p. 16; secondo l’A. “Capace di agire è il soggetto per la possibilità che il diritto gli riconosce, di rivelare nel mondo giuridico e fare in esso valere interessi: perché dunque è in grado di determinare, con i propri comportamenti, l’applicazione delle norme e l’insorgere degli effetti da esse predisposte.”
Rispetto alla capacità giuridica, essa si pone come una sorta di esplicazione dinamica della stessa; la legittimazione (negoziale) è invece un quid pluris rispetto alla capacità di agire e rappresenta la possibilità che un determinato soggetto (e solamente esso) ha di compiere una determinata e particolare operazione negoziale.185 186
Per esemplificare, nel caso in cui un soggetto decida di alienare l‟immobile di cui è proprietario, egli sarà in grado di farlo in quanto dotato di capacità di agire e se legittimato; la legittimazione deriverà a lui (e solamente a lui) dall‟essere proprietario dell‟immobile.
Negozio giuridico187 e contratto rappresentano la massima espressione della c.d. autonomia privata188; il soggetto diventa arbitro, negli ovvi limiti
185 Sul concetto di capacità giuridica, si veda X. XXXXXXXX, Capacità giuridica, in Dig. discipl. priv., sez. civ., II, Torino, 1988, p. 218. “Per capacità giuridica si intende l’attitudine alla titolarità di poteri e doveri giuridici. E’ giuridicamente capace, e quindi soggetto di diritto, chi è attualmente o virtualmente titolare di diritti e di obblighi. Per la ricostruzione del concetto e del fondamento della capacità di agire si rimanda a A. XXXXXX, Xxxxxxxx, xxx, x. 00: “[…] La soggettività giuridica trova il suo normale svolgimento nella capacità di agire. Ciò significa che il soggetto incapace di agire non è in grado da solo – almeno in linea di massima – di uscire dalla posizione statica che gli deriva dalla capacità giuridica. […] La capacità di agire permette alla soggettività di svolgersi nella vita del diritto, mentre sotto il profilo della capacità giuridica il soggetto appare in una posizione essenzialmente statica.” In questo senso anche X. XXXXXXXXX, Capacità, in Enc. giur. Treccani, V, Roma, 1990, p. 8: “Se alla capacità giuridica si riserva la funzione di designare il momento statico, di guisa che in questa veste il soggetto si presenta soltanto come immobile portatore d’interessi, necessariamente si deve ricondurre la capacità di agire il profilo dinamico del diritto, risultando così accreditata del soggetto la sola immagine di operatore giuridico, di protagonista attivo nel mondo del diritto.”
186 Sul concetto di legittimazione, si rimanda a X. XXXXXXXX, Legittimazione, in Dig. discipl. priv., sez. civ., X, Torino, 1988, p. 519: “La legittimazione riguarderebbe invece il particolare rapporto del soggetto con l’oggetto del negozio: per usare un termine non consueto al linguaggio del diritto privato la legittimazione si riferisce alla competenza del soggetto rispetto alla materia che il negozio è destinato a regolare.” Si veda inoltre A. DX XXXX, Xxgittimazione, in Enc. dir., XXIV, Milano, 1974, p. 52 e ss.
187 Per una ricostruzione della categoria <<negozio giuridico>> è imprescindibile un rimando all’opera di E. BXXXX, Xxoria generale del negozio giuridico, Napoli, 1994 (rist.). All’A. si deve la creazione del concetto di negozio giuridico come espressione di autonomia privata; secondo X. XXXXXXXXXX, Teoria giuridica della circolazione, Padova 1933, il negozio giuridico, ed in particolare il contratto è lo strumento che più di tutti viene utilizzato per la circolazione di beni e ricchezze. Secondo X. XXXXXXX-XXXXXXXXXX, Xxttrine generali del diritto civile, Napoli, 2002 (rist.), i privati si servono del negozio giuridico per stabilire e disporre, per l’avvenire, un regolamento giuridico dei propri rapporti ed interessi. G. B. FERRX, Xx negozio giuridico, Padova, 2001, p. 38: “Il negozio giuridico è così un atto di autonomia privata e cioè espressione del potere di autoregolamentare gli interessi.” ID. Negozio giuridico, in Dig. discipl. priv., sez. civ., XII, Torino, 1995, p. 61 e ss. Attribuisce rilevanza alla dichiarazione negoziale R. SXXXX, Xx parte generale del diritto civile, 1. Il fatto, l’atto, il negozio, in Tratt. dir.
imposti dall‟ordinamento giuridico, della propria sfera giuridica e soprattutto patrimoniale.189
Il soggetto giuridico è quindi assolutamente libero, nel rispetto dei limiti di cui sopra, di perseguire, tramite l‟operazione contrattuale dal lui liberamente scelta, i fini che meglio crede, sopportando, ovviamente, le conseguenze positive o negative della scelta liberamente operata.
Inizialmente, sarebbe quasi fisiologico per gli interpreti pensare le categorie del negozio giuridico e del contratto come riferite e riferibili alla sfera privatistica e considerarle così solamente e marginalmente mutuabili per quella pubblicistica, con tutta una serie di precisazioni.
Ormai può comunque considerarsi pacifico l‟assunto che gli enti pubblici, e quindi le pubbliche amministrazioni, sono dotati di capacità giuridica, capacità
civ., R. Sxxxx, Xxrino, 2005, p. 310: “Bisogna considerare che nell’area del diritto la dichiarazione, ossia il messaggio portatore di un significato, è l’unico atto umano dotato di onnipotenza. [...] Nella presente opera il negozio giuridico sarà, d’ora in avanti la dichiarazione. La dichiarazione che interessa noi è quella che impegna (giuridicamente) il dichiarante, o assicura al dichiarante una protezione giuridica, vincolando altre persone al precetto dichiarato.” [...] Fin d’ora peraltro noi precisiamo che il nostro <<negozio>> è una dichiarazione giuridicamente vincolante, una dichiarazione che può avere ad oggetto una volontà o consistere in un’attestazione.”
188 Sul punto si veda E. BXXXX, Xxoria generale del negozio giuridico, cit., p. 44: “Gli interessi che il diritto privato disciplina, esistono nella vita sociale indipendentemente dalla tutela giuridica, e circolano in perenne vicenda, ovunque sia riconosciuta ai singoli una cerchia di beni di loro spettanza, sotto l’impulso dell’iniziativa individuale. I privati stessi, nei loro rapporti reciproci, provvedono al soddisfacimento dei propri bisogni secondo il loro libero apprezzamento mediante scambio di beni o di servizi, associazione di forze, prestazione di lavoro, prestito o messa in comune di capitali ecc. L’iniziativa privata è il congegno motore di ogni consapevole regolamento reciproco d’interessi privati. [...] L’iniziativa privata si esplica non solo nell’aspirare a determinati scopi pratici, ma anche nel creare mezzi corrispondenti. Già nella vita sociale, prima ancora di qualsiasi intervento dell’ordine giuridico, i privati provvedono da sé a foggiarsi i mezzi adatti. Ora mezzi di tal natura sono per eccellenza i negozi giuridici. Assax xxxruttiva in proposito è quella che suol esserne la genesi sul terreno sociale. I negozi giuridici hanno la loro genesi nella vita di relazione: sorgono come atti coi quali i privati dispongono per l’avvenire un regolamento impegnativo di interessi nei loro rapporti reciproci e si sviluppano spontaneamente sotto la spinta dei bisogni, per adempiere svariate funzioni economico-sociali, all’infuori dell’ingerenza di ogni ordine giuridico.”
189 Si veda G. B. FERRX, Xx negozio giuridico, cit., p. 69: “Ed allora, se è possibile formulare appunto un’ipotesi sul negozio giuridico e proporne una definizione, noi saremmo propensi ad individuare il negozio giuridico come un atto vincolante di privata regolamentazione di interessi che assume positiva <<rilevanza>> per l’ordinamento statuale, quando i valori, di cui esso è portatore, sano compatibili con i valori che l’ordinamento esprime.”
di agire e quindi legittimazione negoziale esattamente come le persone fisiche e tutti gli altri soggetti privati.190 191
Del resto, come dimostra chiaramente anche l‟evoluzione normativa degli ultimi decenni, l‟amministrazione ha fatto ampio ricorso alla soluzione negoziale, basando i rapporti con le controparti private sul consenso.192 193
190 Si veda X. XXXXX, X contratti dell’amministrazione tra diritto pubblico e privato. I contratti ad evidenza pubblica, Milano, 1986, p. 23: “Com’è noto, la tradizionale teoria della capacità giuridica limitata degli enti pubblici nel campo privatistico è stata da tempo sottoposta a severa e decisiva critica. La premessa di siffatta nuova impostazione è rappresentata dalla contestazione, di per sé ovvia, che il sistema ordinario di immissione di un soggetto non persona fisica nel sistema dei fenomeni disciplinati dal diritto privato è costituito dalla personalità giuridica. Ed è sviluppata nell’ulteriore constatazione che, nel nostro ordinamento, la persona giuridica ha pienezza (almeno tendenziale) di capacità giuridica di diritto privato, nonché di autonomia privata, intesa quest’ultima in termini di autoregolamentazione della propria sfera giuridica con strumenti privatistici.” Secondo M. S. XXXXXXXX, Xxritto amministrativo, cit., p. 492: “L’ente pubblico è prima di tutto un ente (inteso come soggetto agente secondo il diritto comune), poi è pubblico.” Secondo A. FXXXXX, Xxpacità, cit., p. 14: “Concepita globalmente la qualità di soggetto giuridico non consiste in altro, se non nella posizione, in parte attuale e nella maggior parte potenziale, di destinatario degli effetti giuridici di un ordinamento, senza distinzioni o esclusioni di campi.”
191 Tale assunto è stato più volte ribadito anche dalla giurisprudenza. Si vedano a riguardo Cass., 00 dicembre 1989, n. 1838, in Riv. trim. app., 1990, p. 1065: “deve ritenersi che tutte le persone giuridiche, sia private che pubbliche, abbiano la medesima capacità giuridica.”; Cass., 11 maggio 1999, n. 596, in Urb. app., 2000, p. 876: “Non può negarsi allo Stato la possibilità di avvalersi di tutti i contratti disciplinati dal codice civile, salvo che non sussistano particolari ed espressi divieti normativi, o che contrastino con la sua natura di persona giuridica.”
192 In questo senso, A. MXXXXXX, xxntratto e pubblica amministrazione, in Tratt. del contratto, Roppo, Milano, 2006, p. 902: “Le amministrazioni si orientano sempre più frequentemente, per la conformazione delle formule organizzative e dei moduli procedurali da esse impiegati, verso le regole del diritto privato; il diritto amministrativo, tradizionalmente sentito come il diritto <<comune>> delle amministrazioni stesse (almeno nell’area del continente europeo), come quel diritto mediante e in forza del quale le amministrazioni agiscono in posizione di supremazia nei confronti dei soggetti privati in vista della tutela dell’interesse pubblico, si spoglia delle sue manifestazioni più spiccatamente autoritative e assume in sé forme e istituti che inducono i soggetti pubblici agenti alla previa ricerca del consenso della controparte privata.
193 Si veda X. XXXXXXX-IRELLI, Diritto amministrativo e diritto comune, cit., p. 557: “Possiamo infatti considerare come un dato acquisito (certamente lo è nell’attuale esperienza del nostro ordinamento positivo) che le pubbliche amministrazioni sono dotate della capacità giuridica generale e sono quindi idonee a porre in essere atti negozi di diritto comune tutte le volte ciò sia necessario e salve espresse norme di divieto. Esse, come affermano con imprecisione alcuni testi positivi, sono dotate sia della capacità di diritto pubblico che della capacità di diritto privato: espressione con la quale si intende dire invero che le pubbliche amministrazioni accanto alla c.d. capacità di diritto pubblico, che in realtà consiste nell’insieme dei poteri ad esse attribuiti dalla legge, sono appunto dotate della capacità giuridica generale. Possiamo pertanto affermare in via di principio, che la strumentazione giuridica dell’azione amministrativa può consistere sia di atti negoziali che di atti amministrativi.
L‟indagine sul primo livello di compatibilità delle categorie privatistiche del negozio giuridico e del contratto con soggetti di diritto pubblico porta quindi all‟assunto sopra ricordato: non vi è differenza tra la capacità giuridica e negoziale dei soggetti privati e quella dei soggetti pubblici. Entrambi sono dotati di una illimitata capacità negoziale.
Ma una tale conclusione, per quanto importante, non può autorizzare gli interpreti a pensare che il concetto di autonomia privata possa essere riferito a soggetti privati e pubblici con la stessa estensione.194
Si tratta infatti di soggetti portatori e curatori di interessi che si collocano su piani differenti.
2.2. Autonomia privata ed enti pubblici: l’evidenza pubblica.
Quando un soggetto privato decide di porre in essere una determinata operazione contrattuale, in armonia e nel rispetto dei limiti stabiliti dall‟ordinamento giuridico, sta in effetti agendo in forza della propria autonomia privata.
Dai concetti di autonomia privata e autonomia contrattuale195 derivano tutta una serie di importanti corollari: Il soggetto è innanzitutto libero di contrattare o meno ed è libero di scegliere come meglio crede la controparte con cui rapportarsi, salvo alcune marginali ipotesi legate per lo più alla qualificazione giuridica del soggetto ed alla situazione contingente nella quale esso si trova196.
194 Vedi X. XXXXXXXX, X. NXXXX, Xx contratto della pubblica amministrazione, cit., p. 84: “I concetti di capacità e di autonomia negoziale sono stati concepiti e d elaborati in ambito privatistico e quindi con riferimento alla struttura ed alle esigenze del soggetto privato. Secondo questa impostazione la capacità viene intesa come idoneità del soggetto ad essere potenzialmente titolare delle situazioni giuridiche soggettive che l’ordinamento gli riconosce per attuare la tutela degli interessi ritenuti rilevanti. In questa prospettiva, la capacità si pone come presupposto logico necessario dell’autonomia negoziale.”
195 Vedi art. 1322, comma 1, c.c. , rubricato appunto “Autonomia contrattuale”: “Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposi dalla legge.
196 Si veda a riguardo X. XXXXXXXX, Xxrmazione progressiva del consenso e obblighi a contrarre, Torino, 1999, p. 123: “Obbligo a contrarre è la formula con cui dottrina e giurisprudenza sintetizzano, lessicalmente, il fenomeno rappresentato dall’insieme di quelle situazioni nelle quali i soggetti sono, a seguito di un vincolo assunto in base ad un precedente atto di
Il soggetto è inoltre libero di scegliere il tipo di schema negoziale che più si adatta alle proprie esigenze o necessità, individuandolo tra quelli disciplinati dal codice civile o optando per un contratto c.d. atipico197, che non è quindi disciplinato da una norma di legge.
Ma ciò che più rileva è che il soggetto privato, nel momento in cui pone in essere una determinata operazione contrattuale, lo fa in vista della cura di interessi personali, che sono da lui stesso individuati, tanto che le conseguenze positive o negative dell‟operazione posta in essere andranno a ricadere solamente nella sua sfera giuridica e/o patrimoniale.
autonomia ovvero in conseguenza dell’imposizione contenuta in una norma codicistica o in una legge speciale, obbligati a concludere un contratto. L’espressione, in verità, trova nel nostro codice precisi riferimenti normativi, a partire, considerando la norma più comunemente richiamata in materia, dall’art. 2932, dove si parla dell’<<obbligo di concludere un contratto>>, pur senza che la disposizione stessa indichi la fonte di quell’obbligo; all’art. 2652, n. 2, dove, nell’ambito delle domande riguardanti atti soggetti a trascrizione, si parla di <<domande dirette ad ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre>>. E, in raccordo con la norma richiamata, il riferimento viene fatto al contratto preliminare – previsto dall’art. 1351, dove l’imposizione che il preliminare rivesta la stessa forma del definitivo -, nonché, per espresso richiamo delle norme relative all’esecuzione dell’obbligo a contrarre, al caso di cui all’art. 1706, 2° co., nell’ipotesi di inadempimento del mandatario dell’obbligo di ritrasferire al mandante le cose acquistate per conto di esso. Ed ancora, pur in settori diversi e sempre a voler rimanere nell’ambito codicistico, la formula ricorre, sia pure in termini lessicali più <<indiretti>>, in tema di contratto di trasporto, disponendo l’art. 1679 che <<coloro che per concessione amministrativa esercitano servizi di linea per il trasporto di persone o di cose sono obbligati ad accettare le richieste di trasporto che siano compatibili con i mezzi ordinari dell’impresa...>>; e così in quella che nella tematica degli obblighi legali è considerata la
<<norma di più ampio respiro>>, di cui all’art. 2597, dove <<l’obbligo di contrattare con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell’impresa>> imposto a colui, appunto, che <<esercita un’impresa in condizione di monopolio legale>>. In materia si veda anche X. XXXXXXXXX, Xxbligo a contrarre, in Enc. dir. XXIX, Milano, 1969, p. 509 e ss.; P. BARCELLONA, Intervento statale e autonomia privata nella disciplina dei rapporti economici, Milano, 1969.; ID, Obbligo a contrarre, disciplina antitrust e tutela del consumatore acquirente, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1969.; X. XXXXX, Xxestioni in tema di formazione del consenso, obbligo legale a contrarre e pari trattamento degli utenti di una impresa monopolistica, in Giur. it, 1979, I, p. 147 e ss.; A. DI MAJO, Obbligo a contrarre, in Enc. giur. XXI, Roma, 1990.
197 La possibilità di stipulare contratti atipici, importante corollario connesso al principio dell’autonomia privata è enucleato nell’art. 1322, comma 2 c.c.: “le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.”
Sostanzialmente il soggetto privato sceglie da sé i propri interessi198 e quali, tra essi, curare; ha quindi la facoltà di autodeterminarsi e di modificare, paradossalmente anche in peius, la propria sfera giuridica.
Sul versante degli enti pubblici invece, il meccanismo dell‟autonomia negoziale e della libera determinazione degli interessi da perseguire, opera in modo differente, rectius, non opera affatto.
I soggetti pubblici sono tenuti a perseguire interessi eterodeterminati, che vengono loro “assegnati dall‟esterno”199 e precisamente dalla legge, in forza di quel principio di legalità che costituisce la base dell‟azione di tutte le pubbliche amministrazioni.
Tali enti, in quanto soggetti dotati di potestà autoritativa, in virtù dei fondamentali principi di civiltà e di ordine pubblico che impregnano l‟essenza di un qualunque stato di diritto, devono trovare la legittimazione per l‟uso di tali poteri solamente nella legge.200
Nell‟attività delle pubbliche amministrazioni, anche nei casi i cui l‟ente può scegliere, nell‟esercizio della propria funzione, si rientra nell‟alveo della funzione pubblica.
In luogo dell‟autonomia, appannaggio dei soggetti privati, l‟ente pubblico esercita, in un momento intermedio che si situa tra l‟individuazione dell‟interesse pubblico da perseguire effettuato dalla legge o da un ente gerarchicamente sopraordinato e la cura concreta di quell‟interesse, una (limitata) facoltà di scelta in ordine all‟ an, al quid e al quomodo della cura dello stesso.
Si parla a riguardo di “discrezionalità amministrativa”201.
198 In questo senso G. B. XXXXX, Negozio giuridico, in Dig. discipl. priv., sez. civ., XII, Torino, 1995, p. 61 e ss.
199 Così, X. XXXXXXXX, X. XXXXX, Il contratto della pubblica amministrazione, cit., p. 85.
200 Xxxx X. XXXXXXXX, X. XXXXX, Il contratto della pubblica amministrazione, cit., p. 116: “In questa sede può essere utile riflettere sulle ragioni sistematiche sottese all’impostazione con la quale, tradizionalmente, si inquadra la nascita e l’esteriorizzazione della volontà contrattuale da parte del soggetto pubblico. Un primo ordine di considerazioni si ricollega alla ricostruzione del modus operandi della pubblica amministrazione come attività di cura di pubblici interessi, che sono individuati a monte, in termini generali ed astratti, sul piano normativo, e che richiedono una continua e progressiva attività di <<attualizzazione>> nella concretezza della realtà socioeconomica.”
201 Vedi M. S. XXXXXXXX, Diritto Amministrativo, cit., p. “[...] Il punto d‟arrivo odierno sta nel
collegamento tra la discrezionalità e la funzione. Prima però di vedere questi punti, è da esaminare
Con l‟esercizio della discrezionalità l‟ente effettua una scelta, non certo paragonabile per ampiezza e per finalità alla scelta che potrebbe compiere un soggetto privato nella cura dei propri interessi personali o patrimoniali202, ma esercita piuttosto un potere che spazia in un “ambito circoscritto da norme: quando l‟amministrazione agisce, deve curare l‟interesse pubblico proprio della sua attribuzione o della sua competenza, la sua scelta è perciò finalizzata: dev‟essere la più opportuna in ordine ad un pubblico interesse nel caso concreto.”203
L‟interesse pubblico che l‟ente si vede assegnare è un interesse primario, gli altri interessi, che ovviamente possono coesistere con quello primario, sono detti secondari.204
la morfologia della discrezionalità amministrativa. Un soprintendente si avvede che ad un edificio di interesse artistico si stanno facendo lavori non autorizzati; esso ha, giusta le norme di legge, tre possibilità: può ordinare che le innovazioni non autorizzate siano rimosse, rimettendosi l‟edificio in pristino; può, in sanatoria, autorizzare i lavori, ma presrivendo che si adottino talune misure; può autorizzarli in sanatoria, puramente e semplicemente. Lo strumentario che gli offre la legge copre tutte le eventualità possibili, ed egli deve solo scegliere se adottare il primo o il terzo provvedimento (che sono i più semplici) , o il secondo (che invece è complesso, comportando uno studio e una scelta tra una molteplicità di clausole speciali). Si dice che nel primo caso vi è discrezionalità sul se (an) adottare un certo provvedimento; nel secondo vi è anche discrezionalità nel contenuto del provvedimento (quid); vi può anche essere una discrezionalità nel modo da seguire per adottare provvedimenti (quomodo). Inoltre taluni provvedimenti sono discrezionali sotto un solo aspetto (an quid o quomodo), altri sotto due dei tre (p. es. an e quid), altri sotto tutti e tre insieme. Quali che siano le specie e il numero delle specie, la discrezionalità comporta sempre una scelta fra più soluzioni possibili: la scelta della soluzione più opportuna per il caso concreto. Si va da scelte ristrette ad alternative – com‟è nel caso in cui la norma consente solo di emanare o non emanare un certo atto, che è poi interamente regolato nel suo oggetto e nei suoi modi – fino a scelte che spaziano almeno teoricamente all‟infinito – come è per esempio, nella determinazione dei piani urbanistici - .”
202 Vedi X. XXXXXX, Le convenzioni pubblicistiche, Milano, 1984, p. 231. L’A. individua la differenza tra autonomia privata e discrezionalità amministrativa nel fatto che la prima esprime il carattere finalisticamente vincolato – in modo giuridicamente ed esternamente rilevante – delle determinazioni amministrative.
203 Vedi M.S. XXXXXXXX, Diritto amministrativo, cit., p. 49.
204 Vedi M.S. XXXXXXXX, Diritto amministrativo, cit., p. 48: “Un interesse pubblico non esiste mai solitario ma sta insieme ad altri interessi, pubblici collettivi e privati. Chiamiamo primario l’interesse pubblico che un’autorità ha in attribuzione o in competenza, secondari, per quella autorità, gli altri interessi. Ovviamente ciò che per un’autorità è un interesse primario, per un’altra è secondario. Gli interessi secondari non giocano gli stessi ruoli. Taluni di essi hanno un ruolo di attenuazione dell’interesse primario; altri di rafforzamento; taluni sono così forti da impedire la realizzazione dell’interesse primario; altri portano a soluzioni di compromesso; accade pure che i medesimi talora operino come attenuativi, talaltra come rafforzativi. Più aumenta l’ampiezza delle scelte, più cresce il numero e la qualità degli interessi coinvolti: il piano urbanistico coinvolge interessi finanziari pubblici e privati, interessi dell’agricoltura, dell’industria, dell’artigianato, del commercio, della sanità, dell’arte
Chiamiamo quindi discrezionalità il potere di scelta dell‟amministrazione, che opera una “ponderazione comparativa tra più interessi secondari in ordine ad un interesse primario”.205
La scelta trova comunque la sua giustificazione nella stessa legge che a monte individua l‟interesse da perseguire.
Il potere di scelta è quindi sempre e comunque l‟esercizio di una funzione e come tale appartenente alla sfera pubblicistica dell‟attività dell‟ente.206
La funzione cui si fa riferimento è ovviamente la cura dell‟interesse pubblico etero determinato.
Il corollario, forse principale, che deriva dal concetto stesso di autonomia contrattuale, non opera in riferimento ai soggetti pubblici, che una volta venuti alla luce, si vedono già assegnati i fini da perseguire nel xxxxx xxxxx xxxx xxxxxxxxx.000
Ancora, il concetto di autonomia contrattuale, se riferito agli enti pubblici, appare ridimensionato anche sotto un altro, importante profilo, ovvero quello della libertà di scelta della controparte.
Gli aspetti che per i soggetti privati sono il frutto di una libera determinazione, ovvero la scelta e la cura degli interessi e la scelta del contraente con cui rapportarsi, nel caso degli enti pubblici acquistano una valenza strettamente procedimentale, diventano cioè parte di un procedimento amministrativo, appositamente regolamentato.
e della cultura, cioè coinvolge virtualmente ogni interesse umano attinente alla zona a cui si riferisce. La molteplicità degli interessi da valutare comporta l’applicazione di criteri: nella maggior parte dei casi sono rimessi all’esperienza della stessa autorità chiamata a decidere, in altri son stabiliti dalla norma attributiva della discrezionalità (e allora sono riconducibili allo schema: agisci in modo da contemperare A e B); in altri casi ancora sono fissati da autorità in rapporto di sopraordinazione gerarchica o direzionale rispetto all’autorità chiamata a decidere.”
205 Vedi M.S. XXXXXXXX, Diritto amministrativo, cit., p. 50.
206 Cfr. X. XXXXXXXX, X. XXXXX, Il contratto della pubblica Amministrazione, cit., p. 86
207 Si veda X. XXXXXXXX, X. XXXXX, Il contratto della pubblica amministrazione, cit., p. 86: “Anche quando il soggetto pubblico è chiamato a dare attuazione ad un’indicazione di carattere generale, in quanto l’ordinamento assegna poi proprio a quell’ente il compito di stabilire nel concreto qual è l’interesse da realizzare, nella comparazione con altri interessi rilevanti, ciò rientra nell’esercizio della discrezionalità amministrativa, e quindi appartiene al piano pubblicistico, e non privatistico della sua attività.”
Solamente una volta superata la necessaria fase pubblicistica della procedura e stipulato il contratto, per la regolamentazione del rapporto contrattuale, del suo svolgimento, ma anche per la fase patologica, si fa riferimento e ricorso alle categorie civilistiche.208
Questa combinazione tra pubblico e privato nell‟ambito delle operazioni contrattuali realizzate da pubbliche amministrazioni è stata cristallizzata da un‟autorevolissima dottrina nel lemma “evidenza pubblica”209.
208 Secondo X. XXXXX, I contratti dell’amministrazione, cit., p. 31 tutto il procedimento culmina, rectius “sfocia in un negozio giuridico, della cui natura privatistica non è lecito dubitare: sicchè ben si potrebbe argomentare che l’atto centrale del procedimento impronta della sua natura tutte le fasi che lo precedono e che sono ad esso preordinate.”
209 L’espressione è di M. S. XXXXXXXX, Diritto amministrativo, cit., p. 363 e ss.: “[...] Il contratto ad evidenza pubblica consta infatti di due procedimenti paralleli: l’uno è il procedimento di formazione della volontà contrattuale quale disciplinato, con alcune varianti, dalle norme di diritto privato; l’altro è il procedimento amministrativo che si sviluppa tra l’autorità che intende concludere e/o ha concluso il contratto (l’autorità contrattante) e l’autorità che su di essa esercita il controllo. In tale procedimento l’autorità contrattante spiega le ragioni di pubblico interesse per le quali vuol addivenire o è addivenuta a quel contratto avente quel certo contenuto, e perché vuol scegliere, o sceglie, o ha scelto quella controparte; la seconda controlla i giudizi le decisioni e le procedure a cui la prima intende addivenire o è addivenuta. I due procedimenti si svolgono parallelamente, come si dice correttamente; ma ciò va inteso nel senso che si svolgono per episodi successivi or dell’uno or dell’altro procedimento. Talora, concluso il contratto, l’autorità che lo ha concluso e che è divenuta parte del contratto (l’autorità contraente) è sottoposta ad ulteriori controlli, per l’esecuzione e per la fase finale di chiusura del rapporto contrattuale: anche questi ulteriori procedimenti amministrativi sono volti a dar evidenza alle ragioni di pubblico interesse per le quali si sono adottate certe decisioni e a controllarle”. Si veda altresì X. XXXXXXX, Contratto e pubblica amministrazione, cit., p. 914: “prima regola della combinazione del momento pubblicistico con quello privatistico all’interno della stessa vicenda contrattuale è data dallo svolgersi dell’intero complesso delle relazioni dell’amministrazione con le possibili controparti private nell’ambito di un procedimento amministrativo, denominato da autorevole dottrina, con fortunata formulazione, dell’evidenza pubblica, originariamente disciplinato dalla normativa di contabilità dello Stato e successivamente pesantemente riregolato dalla normativa di settore, a seconda del tipo contrattuale, nonché dalla normativa comunitaria. Attraverso questo procedimento si realizza quel tanto di influenza che il principio di legalità, che tradizionalmente presiede alle attività di tipo autoritativo delle pubbliche amministrazioni, può esercitare anche nei confronti dell’amministrare per contratti, in una duplice direzione: per un verso, mediante la previsione di precise e minute prescrizioni circa le modalità di scelta del contraente si tende a garantire la pretesa dell’imprenditore di chances nell’accesso alla domanda di beni, servizi e lavori da parte delle amministrazioni pubbliche, che rappresenta in molti casi una parte quantitativamente e sovente anche qualitativamente rilevante del relativo mercato; per altro verso si tende ad assicurare, attraverso i controlli che il procedimento rende possibili, la conformità dell’azione amministrativa dispiegata anche mediante le forme contrattuali alle finalità di interesse pubblico, normativamente stabilite e agli indirizzi delle autorità di governo, in specie circa gli andamenti della spesa pubblica.”
La materia è stata recentemente oggetto di un importante intervento normativo operato dal legislatore comunitario210, volto, in un certo senso, a porre rimedio alla eccessiva stratificazione ed alla complessità della normativa di riferimento.
Il recepimento al livello interno è avvenuto per mezzo delle disposizioni del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, rubricato, non senza una certa ambiziosa pretesa di esaustività, “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.”211
La ratio del testo normativo in analisi, oltre ad un‟ovvia esigenza di fornire una sistemazione quanto più possibile organica della materia, è quella di improntare l‟evidenza pubblica ai criteri di economicità, efficacia, tempestività e correttezza.212
Le fasi dell‟operazione contrattuale posta in essere da un ente pubblico si snodano attraverso un percorso, rectius, un procedimento preciso che si caratterizza, come visto, con connotazioni in parte pubblicistiche e in parte privatistiche.213
210 Ci si riferisce all’emanazione delle direttive n. 17 – 18 del 2004. La prima è dedicata ad operazioni negoziali relativi a particolari e individuati settori, come la fornitura dell’acqua, dell’energia, i servizi di trasporto e postali. La seconda si occupa, in termini più generali, delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.
211 Cfr. art. 1, d.lgs. 163/2006. “Art. 1. Oggetto 1. Il presente codice disciplina i contratti delle
stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori, aventi per oggetto l'acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere. 2. Nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la realizzazione e/o gestione di un'opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica.”
212 Cfr art. 2, d. lgs. 163/2006. “Art. 2. Principi 1. L'affidamento e l'esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l'affidamento deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice. 2. Il principio di economicità può essere subordinato, entro i limiti in cui sia espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e dell'ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile. 3. Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, le procedure di affidamento e le altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si espletano nel rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. 4. Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, l'attività contrattuale dei soggetti di cui all'articolo 1 si svolge nel rispetto, altresì, delle disposizioni stabilite dal codice civile.”
213 I questo senso M. S. XXXXXXXX, Diritto Amministrativo, cit., p. 367. Si rimanda anche a X. XXXXX, I contratti dell’amministrazione, cit., p. 31: “E’ in siffatto quadro ricostruttivo che si
La genesi dell‟operazione negoziale è sempre e comunque rappresentata da un atto formale che promana dall‟ente214 e che contiene la manifestazione di volontà dell‟ente xxxxxx000, ovvero la determinazione a contrarre.216
La procedura, nel caso dell‟ente territoriale, inizia con una delibera a contrarre assunta ai sensi dell‟art. 192 del d.p.r. 267 del 2000 (TUEL -Testo unico degli enti locali)217.
Segue la fase forse più delicata della procedura, ovvero, la scelta del contraente che, come abbiamo visto in precedenza, non è libera, ma guidata dal legislatore attraverso binari ben definiti che dovrebbero assicurare ai privati che aspirano ad entrare in contatto con l‟amministrazione, parità di trattamento e trasparenza nel momento in cui presentano la propria offerta.
L‟atto iniziale è l‟emissione del bando di gara218, anche se esistono procedure, come vedremo, in cui non sussiste una gara ufficiale.219 220
pone, a mio modo di vedere, l’autorevole insegnamento che, spezzando il tradizionale monolitismo della qualificazione pubblicistica dell’evidenza pubblica, ha individuato nella sequenza di atti che precede il contrato un duplice procedimento: l’uno di carattere privatistico e attinente alla formazione della volontà contrattuale; l’altro di carattere pubblicistico e attinente ai rapporti di controllo.”
214 Secondo X. XXXXXXX, Contratto e pubblica amministrazione, cit., p. 915, la deliberazione a contrarre non può essere considerata come proposta contrattuale vera e propria, ma come semplice “atto con efficacia interna all’Ente che ha solo natura autorizzatoria e quale unico destinatario il diverso organo legittimato ad esprimere la volontà all’esterno.”
Anche la Giurisprudenza concorda sulla qualificazione della delibera a contrarre come mero atto interno e preparatorio. Cfr. ex plurimis Cass., 3 gennaio 2001, n. 59, in Foro it., 2001, I, p. 2899; Cass., 5 novembre 2001, n. 13628, in Cons. Stato, 2002, II, p. 25 e Cass., 22 giugno 2004,
n. 11601, in Foro amm., CDS, 2004, p. 1613.
215 La norma di riferimento è l‟art. 11 del Codice dei contratti pubblici,commi 1 e 2: “Art.
11. Fasi delle procedure di affidamento 1. Le procedure di affidamento dei contratti pubblici hanno luogo nel rispetto degli atti di programmazione delle amministrazioni aggiudicatrici, se previsti dal presente codice o dalle norme vigenti. 2. Prima dell'avvio delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici decretano o determinano di contrarre, in conformità ai propri ordinamenti, individuando gli elementi essenziali del contratto e i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte.
216 Cfr. M. S. XXXXXXXX, Diritto amministrativo, cit., p. 365: “[...] Si richiede innanzitutto una deliberazione di contrattare, che l’organo o l’ente contrattante adottano e che concreta o schema di contratto; la deliberazione è sottoposta a un controllo di opportunità e legittimità insieme, e talora occorrono pareri di organi consultivi.”
217 Vedi art. 192, d.p.r. 267/2000: “Determinazioni a contrattare e relative procedure. 1. La
stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita determinazione del responsabile del procedimento di spesa indicante: a) il fine che con il contratto si intende perseguire; b) l'oggetto del contratto, la sua forma e le clausole ritenute essenziali; c) le modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in materia di contratti delle pubbliche amministrazioni e le ragioni che ne sono alla base. 2. Si applicano, in ogni caso, le procedure previste dalla normativa della Unione europea recepita o comunque vigente nell'ordinamento giuridico italiano.
Nel caso dei contratti derivati l‟ente territoriale mira a rivolgersi ad un intermediario finanziario, normalmente un istituto di credito, che sarà la controparte nell‟operazione negoziale. Possiamo dire che l‟ente si rivolge all‟intermediario per ottenere un servizio.
E‟ una delle fattispecie in cui gli enti locali possono avvalersi della trattativa privata,221 spesso preceduta da gara ufficiosa222, una procedura che
218 Vedi X. XXXXXXX, Contratto e pubblica amministrazione, cit. p. 916: “Così il bando di gara, cioè l’atto con il quale la amministrazione pubblica esterna nei confronti dei soggetti presenti nel mercato rilevante la propria intenzione contrattuale già racchiusa nella deliberazione di contrattare, riproducendola, o anche , come spesso avviene, integrandola, è in primo luogo atto amministrativo a carattere generale destinato alla cura concreta di interessi pubblici con effetti diversi nei confronti di una pluralità di destinatari, non determinati nel provvedimento, ma chiaramente determinabili: alla luce di tale qualificazione il bando opera come lex specialis dell’intera procedura, quindi normalmente impugnabile, secondo i criteri propri della giurisdizione amministrativa, unitamente agli atti che ne fanno puntuale applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato, ma per contro immediatamente impugnabile quando contenga clausole impeditive dell’ammissione dell’interessato alla procedura, quali sono essenzialmente quelle aventi per oggetto requisiti soggettivi degli aspiranti alla partecipazione e comunque riferite a situazioni preesistenti al bando stesso.”
219 Cfr. art. 11, comma 3 del Codice dei contratti: “3. La selezione dei partecipanti avviene
mediante uno dei sistemi previsti dal presente codice per l'individuazione dei soggetti offerenti.” 220 Vedi M. S. XXXXXXXX, Diritto amministrativo, cit., p. 365: “[...] Segue una fase in cui l’autorità contrattante prende contatto con i privati, e sottopone loro lo schema di contratto, fase che può prevedere o una gara pubblica atra i possibili contraenti, o una negoziazione condotta secondo le norme del c.c., detta trattativa privata.”
221 Vedi art. 56 Codice dei contratti pubblici: “ Procedura negoziata previa pubblicazione di un
bando di gara 1. Le stazioni appaltanti possono aggiudicare i contratti pubblici mediante procedura negoziata, previa pubblicazione di un bando di gara, nelle seguenti ipotesi: a) quando, in esito all'esperimento di una procedura aperta o ristretta o di un dialogo competitivo, tutte le offerte presentate sono irregolari ovvero inammissibili, in ordine a quanto disposto dal presente codice in relazione ai requisiti degli offerenti e delle offerte. Nella procedura negoziata non possono essere modificate in modo sostanziale le condizioni iniziali del contratto. Le stazioni appaltanti possono omettere la pubblicazione del bando di gara se invitano alla procedura negoziata tutti i concorrenti in possesso dei requisiti di cui agli articoli da 34 a 45 che, nella procedura precedente, hanno presentato offerte rispondenti ai requisiti formali della procedura medesima. Le disposizioni di cui alla presente lettera si applicano ai lavori di importo inferiore a un milione di euro; b) in casi eccezionali, qualora si tratti di lavori, servizi, forniture, la cui particolare natura o i cui imprevisti, oggettivamente non imputabili alla stazione appaltante, non consentano la fissazione preliminare e globale dei prezzi; c) limitatamente ai servizi, nel caso di servizi rientranti nella categoria 6 dell'allegato II A e di prestazioni di natura intellettuale, quali la progettazione di opere, se la natura della prestazione da fornire renda impossibile stabilire le specifiche del contratto con la precisione sufficiente per poter aggiudicare l'appalto selezionando l'offerta migliore secondo le norme della procedura aperta o della procedura ristretta; d) nel caso di appalti pubblici di lavori, per lavori realizzati unicamente a scopo di ricerca, sperimentazione o messa a punto, e non per assicurare una redditività o il recupero dei costi di ricerca e sviluppo. 2. Nei casi di cui al comma 1, le stazioni appaltanti negoziano con gli offerenti le offerte presentate, per adeguarle alle esigenze indicate nel bando di gara, nel capitolato d'oneri e negli eventuali documenti complementari, e per individuare
l'offerta migliore con i criteri di selezione di cui agli articoli 82 e 83. 3. Nel corso della negoziazione le stazioni appaltanti garantiscono la parità di trattamento tra tutti gli offerenti, e non forniscono in maniera discriminatoria informazioni che possano avvantaggiare determinati offerenti rispetto ad altri. 4. Le stazioni appaltanti possono prevedere che la procedura negoziata si svolga in fasi successive per ridurre il numero di offerte da negoziare applicando i criteri di aggiudicazione indicati nel bando di gara o nel capitolato d'oneri. Il ricorso a tale facoltà è indicato nel bando di gara o nel capitolato d'oneri.”
Vedi art. 57, Codice dei contratti pubblici: “ Procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara 1. Le stazioni appaltanti possono aggiudicare contratti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara nelle ipotesi seguenti, dandone conto con adeguata motivazione nella delibera o determina a contrarre.
2. Nei contratti pubblici relativi a lavori, forniture, servizi, la procedura e' consentita: a) qualora, in esito all'esperimento di una procedura aperta o ristretta, non sia stata presentata nessuna offerta, o nessuna offerta appropriata, o nessuna candidatura. Nella procedura negoziata non possono essere modificate in modo sostanziale le condizioni iniziali del contratto. Alla Commissione, su sua richiesta, va trasmessa una relazione sulle ragioni della mancata aggiudicazione a seguito di procedura aperta o ristretta e sulla opportunità della procedura negoziata. Le disposizioni contenute nella presente lettera si applicano ai lavori di importo inferiore a un milione di euro; b) qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato; c) nella misura strettamente necessaria, quando l'estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non e' compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara. Le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti. 3. Nei contratti pubblici relativi a forniture, la procedura del presente articolo e', inoltre, consentita: a) qualora i prodotti oggetto del contratto siano fabbricati esclusivamente a scopo di sperimentazione, di studio o di sviluppo, a meno che non si tratti di produzione in quantità sufficiente ad accertare la redditività del prodotto o a coprire i costi di ricerca e messa a punto; b) nel caso di consegne complementari effettuate dal fornitore originario e destinate al rinnovo parziale di forniture o di impianti di uso corrente o all'ampliamento di forniture o impianti esistenti, qualora il cambiamento di fornitore obbligherebbe la stazione appaltante ad acquistare materiali con caratteristiche tecniche differenti, il cui impiego o la cui manutenzione comporterebbero incompatibilità o difficoltà tecniche sproporzionate; la durata di tali contratti e dei contratti rinnovabili non può comunque di regola superare i tre anni; c) per forniture quotate e acquistate in una borsa di materie prime; d) per l'acquisto di forniture a condizioni particolarmente vantaggiose, da un fornitore che cessa definitivamente l'attività commerciale oppure dal curatore o liquidatore di un fallimento, di un concordato preventivo, di una liquidazione coatta amministrativa, di un'amministrazione straordinaria di grandi imprese. 4. Nei contratti pubblici relativi a servizi, la procedura del presente articolo e', inoltre, consentita qualora il contratto faccia seguito ad un concorso di progettazione e debba, in base alle norme applicabili, essere aggiudicato al vincitore o a uno dei vincitori del concorso; in quest'ultimo caso tutti i vincitori devono essere invitati a partecipare ai negoziati. 5. Nei contratti pubblici relativi a lavori e negli appalti pubblici relativi a servizi, la procedura del presente articolo e', inoltre, consentita: a) per i lavori o i servizi complementari, non compresi nel progetto iniziale ne' nel contratto iniziale, che, a seguito di una circostanza imprevista, sono divenuti necessari all'esecuzione dell'opera o del servizio oggetto del progetto o del contratto iniziale, purche' aggiudicati all'operatore economico che presta tale servizio o esegue tale opera, nel rispetto delle seguenti condizioni: a.1) tali lavori o servizi complementari non possono essere separati, sotto il profilo tecnico o economico, dal contratto iniziale, senza recare gravi inconvenienti alla stazione appaltante, ovvero pur essendo separabili dall'esecuzione del contratto iniziale, sono strettamente necessari al suo perfezionamento; a.2) il valore complessivo stimato dei contratti aggiudicati per lavori o servizi complementari non supera il cinquanta per cento dell'importo del contratto iniziale; b) per nuovi lavori o servizi consistenti nella ripetizione di lavori o servizi analoghi già affidati all'operatore economico aggiudicatario del contratto iniziale dalla medesima stazione appaltante, a condizione che tali lavori o servizi siano conformi a un
possiamo definire semplificata, differente da quella aperta, che presenta caratteristiche di maggiore snellezza e consente un margine maggiore di discrezionalità per l‟ente stesso nel momento della scelta del contraente.223
progetto di base e che tale progetto sia stato oggetto di un primo contratto aggiudicato secondo una procedura aperta o ristretta; in questa ipotesi la possibilità del ricorso alla procedura negoziata senza bando e' consentita solo nei tre anni successivi alla stipulazione del contratto iniziale, e deve essere indicata nel bando del contratto originario; l'importo complessivo stimato dei servizi e lavori successivi e' computato per la determinazione del valore globale del contratto, ai fini delle soglie di cui all'articolo 28.
6. Ove possibile, la stazione appaltante individua gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economico finanziaria e tecnico organizzativa desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e seleziona almeno tre operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei. Gli operatori economici selezionati vengono contemporaneamente invitati a presentare le offerte oggetto della negoziazione, con lettera contenente gli elementi essenziali della prestazione richiesta. La stazione appaltante sceglie l'operatore economico che ha offerto le condizioni più vantaggiose, secondo il criterio del prezzo più basso o dell'offerta economicamente più vantaggiosa, previa verifica del possesso dei requisiti di qualificazione previsti per l'affidamento di contratti di uguale importo mediante procedura aperta, ristretta, o negoziata previo bando.
7. E' in ogni caso vietato il rinnovo tacito dei contratti aventi ad oggetto forniture, servizi, lavori, e i contratti rinnovati tacitamente sono nulli.
222 Cfr. per esempio T.A.R. Toscana, 11 novembre 2010, n. 06579, in xxx.xxxxxx.xx. La pronuncia particolarmente rilevante in quanto si occupa di una fattispecie di autotutela verte su un’operazione in derivati effettuata dal la provincia di Pisa: “[...] La Provincia di Pisa ha inetto una gara ufficiosa per individuare uno o più intermediari finanziari con i quali perfezionare un’operazione di ristrutturazione del proprio debito.”
223 Vedi a riguardo Cons. Stato, 4 novembre 2002, n. 6004: “Le procedure d'appalto diverse da
quelle cd. “aperte” sono sottratte al principio di pubblicità della seduta di apertura delle offerte; in particolare ciò avviene per le procedure negoziate precedute da bando di gara, le quali, pur divergendo dalla trattativa privata integralmente deproceduralizzata, giustificano la sottrazione alle regole formali di pubblicità e di formalismo delle gare”; Cons. Stato, 21 giugno 2002, n. 3407: “Nella trattativa privata preceduta da una gara informale la P.A. risulta titolare di margini molto ampi di discrezionalità nella valutazione dei requisiti soggettivi delle imprese concorrenti, con i soli vincoli autonomamente stabiliti in sede di indizione della procedura selettiva o desumibili da principi inderogabili dell‟ordinamento.”; Cons Stato, 24 dicembre 2001, n. 6377: “Quando la P.A. procede alla trattativa privata, indicendo una gara ufficiosa, le posizioni soggettive dei concorrenti assumono la consistenza di interessi legittimi, abilitando le parti interessate ad agire davanti al g. a per dedurre l‟illegittimità degli atti lesivi, contrastanti con i vincoli normativi od autonomamente stabiliti dalla stessa stazione appaltante.
La trattativa privata svolta dopo una gara andata deserta, costituisce un nuovo procedimento di selezione del contraente, occasionato dall‟esito negativo della precedente gara; tuttavia Il modulo della trattativa privata, caratterizzato da rilevanti margini di elasticità, permette alla P.A. di definire l‟ambito soggettivo dei concorrenti ammessi alla gara ufficiosa, modellando la trattativa privata come una continuazione della precedente selezione e indicendo una gara ufficiosa riservata ai soli concorrenti partecipanti alla precedente selezione stessa.”; Cons. Stato, 29 marzo 2001, n. 1881: “La gara ufficiosa è una categoria diversa dal mero sondaggio di mercato, pure utilizzabile nell‟ambito della trattativa privata. Il sondaggio di mercato tende solo a conoscere l‟esistenza di potenziali contraenti e delle condizioni contrattuali che sono disposti a praticare; la gara ufficiosa implica anche una valutazione comparativa delle offerte in base a criteri prefissati. Ove la P.A., nell‟ambito di una trattativa privata, indica una <<gara ufficiosa>>, così espressamente qualificando la procedura e diramando le conseguenti lettere–invito, essa è tenuta al rispetto dei principi tipici di gara, ossia trasparenza e par condicio: questi impongono che i partecipanti siano
La scelta di una procedura semplificata per l‟individuazione del contraente nel caso di operazioni, in alternativa alla ordinaria procedura di gara pubblica, se da un lato può snellire l‟operazione e sveltirne i tempi, dall‟altro rischia di diventare poco trasparente e addirittura prestarsi a degli abusi, nel momento in cui appare difficoltoso, in conseguenza proprio della discrezionalità di cui l‟ente gode nella scelta e della mancanza dei normali obblighi formali, ricostruire i parametri usati al momento della scelta stessa che hanno portato a preferire un intermediario, un istituto di credito piuttosto che un altro.
La normativa specifica non aiuta gli operatori, dal momento che prescrive, come vedremo in seguito, di rapportarsi solamente e semplicemente con intermediari che abbiano un elevato rating, riconosciuto anche al livello internazionale. Requisito che praticamente tutti gli intermediari finanziari e ancor di più gli istituti di credito al giorno d‟oggi possiedono. Si tratta quindi di un parametro sicuramente non decisivo per orientare una scelta delicata come il compimento di un‟operazione economica e negoziale connotata da forte aleatorietà, che, ricordiamo, viene perfezionata con risorse pubbliche.
Emissione della delibera a contrarre e del bando di gara costituiscono le fasi della procedura maggiormente connotate in senso pubblicistico224, ma paradossalmente, il momento della determinazione a contrattare è quello durante il quale il soggetto pubblico conserva la maggiore discrezionalità225, in quanto sceglie, spontaneamente, per mezzo di procedure decisionali interne, di contrattare, ovvero di adottare lo strumento privatistico per la cura dei pubblici interessi, in alternativa all‟atto di imperio, ovvero al provvedimento.
posti in condizione di conoscere gli elementi di interesse per la P.A., in base ai quali modulare le offerte. Tuttavia, nella gara ufficiosa si può anche consentire che i criteri selettivi siano fissati ad offerte già cognite e che traggano spunto proprio dalla presa visione di queste: in tal caso la P.A. deve rispettare la par condicio tra i concorrenti, rendendo a tutti noti i criteri selettivi e invitando i concorrenti ad una riparametrazione delle offerte in base ai criteri medesimi.” Le pronunce sono consultabili integralmente sul sito internet xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx
224 Per una compiuta ricostruzione ed un’approfondita analisi della procedura di evidenza pubblica e di tutte le sua fasi si rimanda principalmente all’opera di M. S. XXXXXXXX, Diritto amministrativo, cit., p. 365 e ss.
225 In questo senso X. XXXXXXXX, X. XXXXX, Il contratto della pubblica amministrazione, cit., p. 122.
Successivamente all‟emissione del bando di gara226 ed alla scelta del contraente, si giunge all‟inizio dell‟operazione negoziale vera e propria, in cui si intravedono i primi profili civilistici; si distingue tra fase di aggiudicazione definitiva227 e fase della stipulazione228 vera e propria del contratto (a volte
226 L’emissione del bando di gara può essere ricostruito in termini civilistici come invito ad offrire, ai sensi dell’art. 1336, c.c. In questo senso M. S. XXXXXXXX, Diritto amministrativo, cit., p. 384: “[...] Il bando di gara presenta un aspetto interno ed uno esterno. Sotto l’aspetto interno è un atto riproduttivo ed integrativo della deliberazione di contrarre: riproduce il progetto di contratto – progetto completo, completato o sommario, secondo quanto già si è visto - rendendolo schema di contratto: lo integra con le sue clausole di attuazione, che eventualmente fossero state omesse (p. es. tempi di consegna, clausole tributarie, clausole sulle documentazioni) nonché delle clausole ordinatorie della gara, che nelle deliberazioni di contrattare non si stabiliscono, per il loro carattere esecutivo. La redazione del bando di gara si concrea quindi in un atto giuridico a se stante, esterno o interno così come per la deliberazione di contrattare; nella pratica può accadere che esso sia qualcosa in più di una semplice riproduzione e integrazione della deliberazione di contrattare e del progetto di contratto, divenendo un atto che potrebbe dirsi di sviluppo completativo dell’una o dell’altro. In questa materia le norme non possono mai essere troppo rigide, perché nuovi perfezionamenti al progetto di contratto sono sempre possibili, specie se si avverano sopravvenienze. Oltre che atto riproduttivo ed integrativo il bando di gara rende conoscibile la deliberazioni di contrattare e lo schema di contratto, sia che si tratti di asta pubblica (attraverso le misure di pubblicità obbligatorie e facoltative), sia che si tratti di licitazione privata (attraverso le comunicazioni). Chi pertanto subisca una lesione di diritti o di interessi protetti dalla deliberazione di contrattare, attraverso la notizia datane dal bando, la può impugnare dinanzi la giudice competente. Nella pratica si dice spesso che vi è un’impugnativa del bando; invece l’impugnativa attiene alla deliberazione di contrattare e la dizione è impropria. La rilevanza dell’aspetto interno del bando di gara si esaurisce, nell’ambito intersoggettivo, nel rendere possibile l’impugnativa della deliberazione di contrattare. Nei rapporti intersoggettivi conta invece l’aspetto esterno: sotto il quale il bando di gara è una proposta al pubblico (art. 1336 c.c.). Il bando di gara, da tale punto di vista, non appartiene più alla serie procedimentale della procedura di evidenza pubblica, ma alla serie negoziale.”
227 Cfr. art. 11, comma 7 e 8, Codice dei contratti pubblici: “7. L'aggiudicazione definitiva non
equivale ad accettazione dell'offerta. L'offerta dell'aggiudicatario e' irrevocabile fino al termine stabilito nel comma 9. 8. L'aggiudicazione definitiva diventa efficace dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti. L‟aggiudicazione può essere ricostruita in chiave civilistica come accettazione della proposta contrattuale, a cui segue la stipulazione vera e propria. Gli eventuali controlli sull‟aggiudicazione danno vita ad un contratto sospensivamente condizionato, in cui l‟elemento accidentale è rappresentato proprio dalle suddette verifiche. Così X. XXXXXXXX, X. XXXXX, Il contratto della pubblica amministrazione, cit., p. 124. Secondo X. XXXXXXX, Contratto e pubblica amministrazione, cit., p. 920: “In primo luogo, sul piano civilistico, l‟atto in esame è di nuovo dichiarazione negoziale mista, con contenuto di accertamento dell‟avvenuta formazione dell‟accordo (ex art. 1326) in forza dell‟incontro delle volontà sulla base dell‟offerta economica prescelta, che assorbe in sé anche il contenuto di conferma dell‟oggetto e delle modalità della prestazione dedotta in contratto indicati nel bando di gara; sul piano amministrativi stico, esso è atto di accertamento dell‟offerta migliore, cioè più conveniente, per l‟amministrazione, avente natura essenzialmente di atto dichiarativo, praticamente privo di contenuto discrezionale o fornito di un modesto tasso di discrezionalità, tuttavia produttivo, come avviene per taluni atti di questo tipo, di effetti insieme costitutivi e preclusivi. Due infatti sono i criteri principali di aggiudicazione della gara formalizzata indicata dalla normativa comunitaria e nazionale sui contratti delle pubbliche amministrazioni: il criterio del prezzo più basso e quello dell‟offerta economicamente