Intesa 27 novembre 2014 n. 146
Intesa 27 novembre 2014 n. 146
Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo e le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autonomie locali, relativa ai requisiti minimi dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio, prevista dall'articolo 3, comma 4, del
D.P.C.M. del 24 luglio 2014.
(G.U. 18 febbraio 2015, n. 40)
LA CONFERENZA UNIFICATA
Nell'odierna seduta del 27 novembre 2014;
Visto l'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 il quale prevede che, in sede di Conferenza unificata, il Governo può promuovere la stipula di intese dirette a favorire il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni;
Vista la nota del 20 novembre 2014 con la quale la Presidenza dei Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità, ha trasmesso, ai fini del perfezionamento dell'intesa da parte della Conferenza unificata, la bozza d'intesa indicata in oggetto, che è stata diramata il 21 novembre 2014;
Vista la lettera del 26 novembre 2014 con la quale il suddetto Dipartimento ha trasmesso un nuovo testo del provvedimento in argomento che è stato diramato in pari data;
Considerato che, nel corso dell'odierna seduta di questa Conferenza, l'ANCI e l'UPI hanno espresso avviso favorevole al perfezionamento dell'intesa in parola, mentre le Regioni hanno consegnato un documento contenente raccomandazioni, che allegate al presente atto, ne costituiscono parte integrante;
Acquisito l'assenso del Governo, delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e delle autonomie locali;
Sancisce intesa
Tra il Governo, le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e le autonomie locali, ai sensi della legge 5 giugno 2003, n. 131, nei seguenti termini:
Considerati:
la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica adottata a Istanbul l'11 maggio 2011;
la legge 27 giugno 2013, n. 77, con la quale l'Italia ha ratificato la suddetta Convenzione;
il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province»;
l'art. 5 del citato decreto-legge che prevede l'adozione di un «Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere» nonché al comma 2, lett. d) stabilisce di «potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza»;
l'art. 5-bis del suddetto decreto-legge n. 93 del 2013 recante «Azioni per i centri antiviolenza e le case rifugio»;
l'art. 3, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 luglio 2014 di ripartizione delle risorse relative ai Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità 2013-2014 di cui all'art. 5-bis del decreto-legge n. 93 del 2013, in base al quale «con successiva Intesa, ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, da sancire in sede di Conferenza unificata entro il 2014, sono stabiliti i requisiti minimi necessari che i Centri antiviolenza e le Case rifugio devono possedere anche per poter accedere al riparto delle risorse finanziarie di cui alla legge 15 ottobre 2013, n. 119»;
Ritenuto pertanto necessario, anche per garantire criteri omogenei a livello nazionale, individuare i requisiti minimi necessari dei Centri Antiviolenza e delle Case Rifugio;
Si conviene:
Capo I
Centri antiviolenza Art. 1. Definizione
1. I Centri antiviolenza sono strutture in cui sono accolte - a titolo gratuito - le donne di tutte le età ed i loro figli minorenni, le quali hanno subito violenza o che si trovano esposte alla minaccia di ogni forma di violenza, indipendentemente dal luogo di residenza.
2. I Centri antiviolenza, ai sensi di quanto stabilito dall'art. 5-bis, comma 3, del decreto-legge n. 93 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 119 del 2013, sono promossi da:
a) enti locali, in forma singola o associata;
b) associazioni e organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell'aiuto alle donne vittime di violenza, che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificatamente formato sulla violenza di genere;
c) soggetti di cui alle lettere a) e b), di concerto, d'intesa o in forma consorziata.
3. Le associazioni e le organizzazioni di cui al comma 2, lettera b) devono:
essere iscritte agli Albi/registri regionali del volontariato, della promozione o della cooperazione sociale o iscritte ai registri regionali delle Onlus presso l'Agenzia delle entrate ovvero ad Albi regionali appositamente istituiti;
avere nel loro Statuto i temi del contrasto alla violenza di genere, del sostegno, della protezione e dell'assistenza delle donne vittime di violenza e dei loro figli quali finalità esclusive o prioritarie, coerentemente con quanto indicato con gli obiettivi della Convenzione di Istanbul, ovvero dimostrare una consolidata e comprovata esperienza almeno quinquennale nell'impegno contro la violenza alle donne.
Art. 2. Requisiti strutturali e organizzativi
1. La struttura destinata a sede operativa del Centro antiviolenza, di seguito denominato «Centro», deve possedere i requisiti di abitabilità e deve essere articolata in locali idonei a garantire le diverse attività nel rispetto della privacy.
2. Il Centro può articolarsi anche con sportelli sul territorio dove vengono svolte le diverse attività.
3. Il Centro garantisce un'apertura di almeno 5 giorni alla settimana, ivi compresi i giorni festivi.
4. Il Centro deve garantire un numero di telefono dedicato attivo 24h su 24, anche collegandosi al 1522.
5. Il Centro deve aderire al numero telefonico nazionale di pubblica utilità 1522 e deve assicurare l'ingresso nella mappatura tenuta dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché l'iscrizione negli appositi registri previsti dalle norme regionali e/o accreditamento in relazione a quanto previsto dalle normative regionali.
6. Il Centro adotta la Carta dei servizi, garantendo l'accoglienza con giorni e orari di apertura al pubblico in locali appositamente dedicati a tale attività.
7. Non è consentito l'accesso ai locali del Centro agli autori della violenza e dei maltrattamenti.
Art. 3. Operatrici
1. Il Centro deve avvalersi esclusivamente di personale femminile adeguatamente formato sul tema della violenza di genere.
2. Il Centro deve assicurare un'adeguata presenza di figure professionali specifiche, quali: assistenti sociali, psicologhe, educatrici professionali e avvocate civiliste e penaliste con una formazione specifica sul tema della violenza di genere ed iscritte all'albo del gratuito patrocinio.
3. Al personale del centro è fatto esplicito divieto di applicare le tecniche di mediazione familiare.
4. Il Centro deve garantire la formazione iniziale e continua per le operatrici e per le figure professionali ivi operanti.
Art. 4. Servizi minimi garantiti
1. Il Centro deve garantire i seguenti servizi minimi a titolo gratuito:
a) Ascolto: Colloqui telefonici e preliminari presso la sede per individuare i bisogni e fornire le prime informazioni utili;
b) Accoglienza: Garantire protezione e accoglienza gratuita alle donne vittime di violenza a seguito di colloqui strutturati volti ad elaborare un percorso individuale di accompagnamento mediante un progetto personalizzato di uscita dalla violenza;
c) Assistenza psicologica: Supporto psicologico individuale o anche tramite gruppi di auto mutuo aiuto, anche utilizzando le strutture ospedaliere ed i servizi territoriali;
d) Assistenza legale: Colloqui di informazione e di orientamento, supporto di carattere legale sia in ambito civile che penale, e informazione e aiuto per l'accesso al gratuito patrocinio, in tutte le fasi del processo penale e civile, di cui all'art. 2, comma 1, della legge n. 119 del 2013;
e) Supporto ai minori vittime di violenza assistita;
f) Orientamento al lavoro attraverso informazioni e contatti con i servizi sociali e con i centri per l'impiego per individuare un percorso di inclusione lavorativa verso l'autonomia economica;
g) Orientamento all'autonomia abitativa attraverso convenzioni e protocolli con enti locali e altre agenzie.
Art. 5. Percorso di accompagnamento
1. Il percorso personalizzato di protezione e sostegno è costruito insieme alla donna e formulato nel rispetto delle sue decisioni e dei suoi tempi.
2. Ai fini di cui al comma 1, il Centro, utilizzando anche la collaborazione con le Forze dell'ordine, si avvale della rete dei competenti servizi pubblici con un approccio integrato atto a garantire il riconoscimento delle diverse dimensioni della violenza subita sotto il profilo relazionale, fisico, psicologico, sessuale, sociale, culturale ed economico.
3. Il Centro si attiene alle indicazioni nazionali per la valutazione del rischio.
Art. 6. Lavoro in rete
1. Al fine di garantire alle donne e ai loro figli protezione sociale, reinserimento e interventi sanitari, il Centro partecipa alle reti territoriali interistituzionali promosse dagli enti locali. L'istituzione e il funzionamento della rete sono regolati da appositi protocolli o accordi territoriali condotti dagli enti locali con il coinvolgimento di tutti gli attori sociali, economici e istituzionali del territorio di riferimento coincidente con il territorio indicato dalla pianificazione regionale.
2. Il Centro assicura collegamenti diretti con le case rifugio e gli altri centri antiviolenza esistenti sul territorio.
3. Le Regioni si impegnano a monitorare i protocolli e gli accordi territoriali di cui al comma 1 e a darne comunicazione, con cadenza annuale, al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Art. 7. Flusso informativo
1. I Centri antiviolenza svolgono attività di raccolta e analisi di dati e di informazioni sul fenomeno della violenza in linea con il Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere.
Capo II Case rifugio
Art. 8. Definizione
1. Le Case Rifugio sono strutture dedicate, a indirizzo segreto, che forniscono alloggio sicuro alle donne che subiscono violenza e ai loro bambini a titolo gratuito e indipendentemente dal luogo di residenza, con l'obiettivo di proteggere le donne e i loro figli e di salvaguardarne l'incolumità fisica e psichica.
2. Le Case rifugio, ai sensi di quanto stabilito dall'art. 5-bis, comma 3, del decreto-legge n. 93 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, sono promosse da:
a) enti locali, in forma singola o associata;
b) associazioni e organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell'aiuto alle donne vittime di violenza, che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificamente formato;
c) soggetti di cui alle lettere a) e b), di concerto, d'intesa o in forma consorziata.
3. Le associazioni e le organizzazioni di cui al comma 2, lettera b) devono:
essere iscritte ai previsti Albi regionali o iscritte ai registri regionali delle Onlus presso l'Agenzia delle entrate;
avere nel loro Statuto il tema del contrasto alla violenza di genere quale obiettivo prioritario coerentemente con quanto indicato con gli obiettivi della Convenzione di Istanbul, ovvero dimostrare una consolidata e comprovata esperienza almeno quinquennale nella protezione e nel sostegno delle donne vittime di violenza.
Art. 9. Requisiti strutturali e organizzativi
1. La Casa rifugio, di seguito denominata «Casa», corrisponde a casa di civile abitazione ovvero ad una struttura di comunità, articolata in locali idonei a garantire dignitosamente i servizi di accoglienza.
2. La Casa deve garantire l'anonimato e la riservatezza.
3. La Casa deve assicurare alloggio e beni primari per la vita quotidiana alle donne che subiscono violenza e ai loro figli.
4. La Casa deve raccordarsi con i Centri antiviolenza e gli altri servizi presenti sul territorio al fine di garantire supporto psicologico, legale e sociale per le donne che hanno subito violenza e i loro figli.
5. La Casa deve assicurare l'ingresso nella mappatura tenuta dal D.P.O. nonché l'inscrizione negli appositi registri previsti dalla normativa regionale.
Art. 10. Operatrici
1. La Casa deve assicurare personale, esclusivamente femminile, qualificato e stabile, adeguatamente formato e specializzato sul tema della violenza di genere.
2. Al personale della Casa Rifugio è fatto esplicito divieto di applicare le tecniche di mediazione familiare.
3. La Casa deve garantire la formazione iniziale e continua per il personale e per le figure professionali ivi operanti.
Art. 11. Servizi minimi garantiti
1. La Casa garantisce protezione e ospitalità alle donne e ai loro figli minorenni, a titolo gratuito, salvaguardandone l'incolumità fisica e psichica, per i tempi previsti dal percorso personalizzato.
2. La Casa definisce e attua il progetto personalizzato volto alla fuoriuscita delle donne dalla violenza, provvedendo anche alla cura di eventuali minori a carico, nei tempi e con le modalità condivise con la donna accolta.
3. La Casa opera in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo conto delle necessità fondamentali per la protezione delle persone che subiscono violenza.
4. La Casa deve fornire adeguati servizi educativi e di sostegno scolastico nei confronti dei figli minori delle donne che subiscono violenza.
Art. 12. Flusso informativo
1. Le Case rifugio contribuiscono a svolgere l'attività di raccolta e analisi di dati e di informazioni sul fenomeno della violenza, in linea con il Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, in collaborazione con le istituzioni locali.
Art. 13. Obblighi per i Centri e per le case rifugio
1. I centri e le case rifugio, qualora siano destinatari di finanziamenti pubblici devono garantire, a pena di revoca delle risorse pubbliche assegnate, l'attività per un periodo di tempo almeno pari a quello per il quale è stato erogato il finanziamento.
Art. 14. Disposizioni finali
1. Le Regioni e le Province autonome trasmettono al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri entro il 1° febbraio di ogni anno i dati aggiornati sul numero dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio operanti sul territorio in possesso dei requisiti minimi di cui alla presente intesa.
Allegato - Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome 14/146/CU03/C8
INTESA RELATIVA AI REQUISITI MINIMI DEI CENTRI ANTIVIOLENZA E DELLE CASE RIFUGIO, PREVISTA DALL'ARTICOLO 3, COMMA 4, DEL D.P.C.M. DEL 24 LUGLIO 2014
Punto 3) Odg Conferenza Unificata
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome esprime l'Intesa e formula le seguenti raccomandazioni:
Articolo 3 comma 1: si propone di inserire un comma 1-bis che recita: Qualora il Centro sia gestito direttamente da Enti pubblici, per il personale hanno valore le norme Costituzionali e del Pubblico Impiego, ritenendo comunque prevalente l'utilizzo di personale femminile.
Articolo 6 comma 1: al termine del comma si fa riferimento al «territorio provinciale». Si propone di inserire invece: «coincidente con il territorio stabilito dalla pianificazione regionale».
Articolo 10 comma 1: si propone di inserire un comma 1-bis che recita: Qualora la Casa sia gestita direttamente da Enti pubblici, per il personale hanno valore le norme Costituzionali e del Pubblico Impiego, ritenendo comunque prevalente l'utilizzo di personale femminile.