Contratti in generale
Giurisprudenza
Usura
Interessi di mora e clausole
di salvaguardia contro il rischio usura
Tribunale di Bari, 14 dicembre 2015, ord. - G.U. Magaletti - V. P. + 4 c. Banca Popolare di Bari s.c.p.a.
Gli interessi di mora rilevano nel computo del tasso effettivo globale ai fini dell’accertamento del superamen- to del tasso-soglia usura e la clausola di salvaguardia eventualmente contenuta nel contratto di mutuo non è idonea a escludere l’applicazione dell’art. 1815, comma 0, x.x., xxxxxxxx - xx xxxx xx xxxxx effettivo globale su- periore al tasso-soglia usura - il mutuo si trasforma da oneroso in gratuito.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conforme | Non sono stati rinvenuti precedenti in termini. |
Difforme |
Il Tribunale (omissis)
La richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo è fondata e deve essere accolta considerato che alla stregua del più recente orientamento della Corte di cassazione, condiviso da questo Tribunale, in base al quale ai fini dell’accertamento dell’usurarietà di un mu- tuo deve aversi riguardo al tasso previsto per gli interes- si moratori nonché ogni altra spesa e commissione (quali le spese di istruttoria, eventuali assicurazioni sti- pulate a garanzia del finanziamento, commissioni per anticipata risoluzione del contratto e così via) il mutuo di cui è causa deve ritenersi gratuito ai sensi dell’art. 1815 x.x. x xxxxx xxxxxxxxx xx xxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx
prevista nel contratto in esame la quale non esclude il carattere usurario del mutuo e quindi la sua gratuità. Orbene essendo tenuto il mutuatario alla restituzione dei soli ratei relativi alla sorte capitale, alla data in cui l’opposta ha dichiarato di avvalersi della clausola risolu- tiva non ne sussistevano le condizioni essendo state pa- gate somme sufficienti a estinguere le rate di mutuo fino al momento sopra indicato maturate con riferimento al- la sola sorte capitale. Ne consegue che essendo il credi- to della banca opposta privo del requisito dell’esigibilità il precetto è stato intimato in assenza di un titolo esecu- tivo.
(omissis).
IL COMMENTO
di Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx (*) (**)
La questione se, ai fini del calcolo del superamento del tasso-soglia usura debbano essere com- putati gli interessi moratori unitamente a quelli corrispettivi, è controversa. A fronte di un testo legislativo (penale) che pare chiaro sul punto e di una giurisprudenza di legittimità che afferma la necessità di tenere conto anche dei moratori, si colloca la posizione della Banca d’Italia e di buona parte della giurisprudenza di merito che - con tesi variegate - sostiene il contrario. In que- sto contesto si colloca l’ordinanza del Tribunale di Bari in commento che, aderendo all’orienta-
(*) N.d.R.: il presente contributo è stato sottoposto, in for- ma anonima, al vaglio del Comitato di Valutazione.
(**) L’autore è componente confermato da Banca d’Italia dell’organo decidente dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF).
Tuttavia le considerazioni espresse in questa nota, che non ne- cessariamente coincidono con quelle dell’ABF, sono espresse a titolo personale e non vincolano in alcun modo l’organo di appartenenza.
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mento della giurisprudenza di legittimità, statuisce la necessità di computare anche gli interessi moratori. Ma, ancor più, il provvedimento del Tribunale barese merita di essere commentato in quanto reputa che le clausole di salvaguardia non siano idonee a escludere l’applicabilità del- l’art. 1815, comma 2, c.c., con conseguente azzeramento degli interessi dovuti dal debitore al creditore.
Osservazioni introduttive
Pendono davanti all’autorità giudiziaria italiana numerosissime cause concernenti asserite anomalie di ogni genere e sorta nei contratti bancari. L’usura rappresenta una delle principali patologie bancarie, e in realtà la più seria, essendo sanzionata addirit- tura a livello penale nonché in modo severo civil- mente con l’azzeramento degli interessi.
La tematica dell’usura è complessa per diversi mo- tivi (1). Da un lato essa coinvolge sia il diritto pe- nale (la definizione di usura è fornita dall’art. 644 c.p.), sia il diritto civile (per le conseguenze in ter- mini di rimedi che derivano dall’essere il contratto usurario ai sensi dell’art. 1815, comma 2, c.c.) sia il diritto amministrativo (per il rilievo che hanno le Istruzioni di Banca d’Italia e i decreti ministeria- li). Il codice penale definisce l’usura, ma rinvia a una legge per l’accertamento dei tassi medi di mer- cato (si tratta della L. n. 108/1996), la quale a sua volta istituisce un procedimento amministrativo per il rilevamento dei tassi medi, procedura in cui sono coinvolti la Banca d’Italia e il Ministero. Da un altro lato, la complessità deriva dal fatto che la normativa sull’usura, di rango primario e seconda- rio, ha conosciuto numerose modifiche nel corso del tempo. Da un altro lato ancora, presupposto oggettivo del reato di usura è il superamento di un determinato tasso-soglia, che è una maggiorazione di un tasso medio di mercato e la ricostruzione di quest’ultimo tasso è alquanto complessa e contro- versa. Per fare chiarezza da subito sui diversi tassi che vanno considerati dai consulenti tecnici e dai giudici, bisogna distinguere fra:
1) tasso effettivo globale medio (TEGM): è un tas- so di mercato, rilevato a meri fini amministrativi dalla Banca d’Italia e pubblicato sulla Gazzetta Uf- ficiale;
2) tasso-soglia usura (TSU): è una maggiorazione matematica (50% in più (2)) rispetto al TEGM. Una volta stabilito il TEGM, è banale determinare il TSU (tanto è vero che negli ultimi anni i decre- ti ministeriali, per ragioni di semplificazione, pub- blicano anche i TSU insieme ai TEGM);
3) tasso effettivo globale (TEG): è il costo com- plessivo del credito applicato nel singolo contratto. Si ha usura quando il TEG supera il TSU vigente al momento della conclusione del contratto. Il la- voro del consulente tecnico, dell’avvocato e del giudice consiste nello stabilire se il TEG del singo- lo contratto che stanno analizzando si mantiene o meno dentro i limiti del TSU valevole per quel ti- po di operazioni.
Nel prosieguo ci occuperemo di quale sia la nozio- ne di usura oggettiva dal punto di vista giuridico (in particolare se vi rientrino anche gli interessi moratori). Poi dovremo comprendere, nei casi in cui sussista usura oggettiva in un determinato con- tratto, quali siano le conseguenze civilistiche in termini di sanzioni che ne derivano in capo alla banca (problemi di applicabilità dell’art. 1815, comma 2, c.c. e di sua interpretazione). Infine va- luteremo se sono valide le clausole di salvaguardia contenute in molti contratti bancari oppure se, consistendo queste - in ipotesi - in una deroga al- l’art. 1815, comma 2, c.c., devono reputarsi illegit- time.
(1) Sui recenti sviluppi in tema di usura bancaria cfr. i con- tributi di X. Xxxxxxxxx, Legalizzazione dell’usura?, in Danno resp., 2014, 201 ss.; X. Xxxxxxxx, Usura e sanzioni civili: assetti ancora instabili, in Foro it., 2014, I, 149 ss.; X. Xxxxxxxxx, Ban- che e tassi usurari: il diritto rovesciato, in questa Rivista, 2014, 85 ss.; X. Xxxxx, Xxxxx e interessi moratori nel linguaggio del- l’Arbitro Bancario Finanziario, in Nuova giur. civ. comm., 2014, I, 495 ss.
(2) Nel corso di questa nota, per semplicità di esposizione, si fa riferimento al vecchio sistema nel quale il TSU era oltre- passato laddove il costo complessivo del credito superasse del 50% il TEGM rilevato dalle autorità amministrative. Si noti tut- tavia che il D.L. n. 70/2011 ha modificato l’art. 2, comma 4, L.
n. 108/1996, nel senso di stabilire che il limite previsto dall’art. 644, comma 3, c.p., oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rileva- zione pubblicata nella G.U. relativamente alla categoria di ope- razioni in cui il credito è compreso, aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentua- li. La differenza fra il limite e il tasso medio non può essere su- periore a otto punti percentuali. Anche se è cambiata la formu- la, si tratta pur sempre di un meccanismo di calcolo matemati- co che non crea alcun problema. La questione vera è se, nella base di calcolo del TEGM, si fanno rientrare o meno tutte le voci di costo del credito.
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La definizione di usura nel codice penale (e l’assenza di una definizione civilistica)
Per comprendere cosa intenda il legislatore con usura “oggettiva” (3), è necessario prendere le mos- se dal codice penale, il quale - all’art. 644, comma 1 - prevede che chiunque si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispet- tivo di una prestazione di denaro, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione e con la multa. Per realizzare la fattispecie di usura, oc- corre - alternativamente - una dazione o una pro- messa (e, dunque, basta la promessa senza dazio- ne).
La promessa è ciò che si realizza mediante il con- tratto. Essendo il contratto fonte di obbligazioni, le parti assumono delle obbligazioni, che altro non sono che la promessa di compiere future pre- stazioni. Per quanto riguarda il debitore, la pro- messa consiste nell’assunzione dell’obbligazione di restituire il capitale e di pagare gli interessi (oltre a tutti gli eventuali oneri accessori). Affin- ché sussista usura basta la promessa, e il rilievo è di centrale importanza, atteso che - per quanto concerne gli interessi moratori - questi originaria- mente non vengono corrisposti, ma sono solo promessi in contratto; essi verranno pagati se il debitore sarà in ritardo nel pagamento dei corri- spettivi.
I contratti più frequenti nella prassi che possono ri- levare ai fini dell’usura sono l’apertura di credito, il mutuo e il leasing. In tutti questi contratti, il debi- tore si impegna a restituire il capitale e a corri- spondere gli interessi. Il pagamento degli interessi è futuro, e non avviene al momento della conclu- sione del contratto. Xxxx, nel mutuo il mutuatario
- alla conclusione del contratto - riceve la somma mutuata e non consegna alcunché alla banca: si obbliga solo a restituire il capitale e a pagare gli in- teressi a determinate scadenze future. Non diversa- mente avviene nel leasing in cui l’intermediario ac- quista un bene per il cliente e contestualmente lo loca finanziariamente al medesimo: nel momento della conclusione del contratto non vi è la corre-
sponsione di interessi, che verranno invece pro- gressivamente pagati nel corso del rapporto in con- formità al piano di ammortamento previsto in con- tratto (4). Nell’apertura di credito il pagamento ef- fettivo degli interessi è addirittura dilazionato fino al momento della chiusura del rapporto: difatti - almeno secondo l’interpretazione che ne dà la Cor- te di cassazione - dapprima gli interessi vengono solo “annotati” in conto corrente e risultano dovu- ti solo quando il rapporto si chiude definitivamen- te fra le parti.
Gli interessi moratori sono pertanto solo promessi al momento della conclusione del contratto. Essi inoltre, diversamente dagli interessi corrispettivi, sono solo eventuali. Una volta concluso il contrat- to bancario il debitore si impegna a corrispondere gli interessi corrispettivi secondo il piano di am- mortamento previsto in contratto (che prevede, di solito, rate mensili, trimestrali o semestrali): se il debitore rispetta i termini di pagamento previsti nel contratto, non vi sarà applicazione di alcun in- teresse di mora; viceversa, laddove il debitore ritar- da nel pagamento, l’intermediario può applicare gli interessi di mora. Tuttavia, il fatto che gli interessi moratori siano solo eventuali, in quanto conse- guenza del ritardo nell’adempimento da parte del cliente, non significa di per sé che essi non rilevi- no ai fini dell’usura: dal momento che la legge fa bastare una “promessa”, i moratori risultano pro- messi, risultando dal contratto. Semmai si potrà as- serire che l’effetto concreto prodotto dall’applica- zione degli interessi moratori non è accertabile ex ante, in quanto non si può sapere prima se e in che misura il debitore rimarrà inadempiente. Nella peggiore delle ipotesi, il debitore non pagherà neanche una rata di mutuo (neanche la prima) e l’effetto economico prodotto dall’applicazione degli interessi moratori sarà il massimo possibile, sarà in- somma calcolato su tutte le rate che non sono state pagate.
(3) Non ci occupiamo in questa nota della usura c.d. “sog- gettiva”, che è la fattispecie delineata dall’art. 644, comma 3, c.p.: sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori al limi- te, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle con- crete modalità del fatto e al tasso medio praticato per opera- zioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finan- ziaria.
(4) In tema di piani di ammortamento cfr. X. Xxxxxxxxx, In-
teresse semplice, interesse composto e ammortamento france- se, in Foro it., 2015, V, 469 ss.; X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxx, Sull’“ana- tocismo” nell’ammortamento francese, in Banche e banchieri, 2015, 134 ss.; X. Xxxxxxxxxxx, bancari, ammortamento alla francese e nullità delle clausole sugli interessi per indetermina- tezza, in Corr. giur., 2014, 1105 ss.; X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxx, Sulla pretesa non coincidenza fra il tasso espresso in frazione d’anno e il tasso annuo nel rimborso rateale dei prestiti secondo il metodo “francese”, in Giur. mer., 2009, 82 ss.
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Il principio di onnicomprensività degli oneri rilevanti ai fini dell’accertamento del TEG
A livello di codice penale (art. 644, comma 4, c.p.) si prevede che per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commis- sioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito. Si tratta del principio di onnicomprensività degli oneri di cui tenere conto al fine di stabilire se il TEG del contratto bancario si mantiene dentro i limiti del tasso-soglia.
Si noti che l’espressione di “tasso di interesse usu- rario”, usata dal legislatore, non è precisa dal punto di vista tecnico in quanto non si tratta di un tasso di “interesse”, ma di una percentuale che esprime il “costo totale del credito”. L’utilizzo della termi- nologia di “tasso di interesse” potrebbe portare a pensare che contino solo gli interessi, mentre la di- sposizione è invece chiara nell’indicare che rileva- no anche tutte le altre voci di costo, fra cui vengo- no elencate nominativamente le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese.
La voce “commissioni” evoca attualmente in parti- colare l’art. 117 bis T.U.B. sulle remunerazioni de- gli affidamenti e degli sconfinamenti nelle aperture di credito (5). Anche i contratti di leasing e di mu- tuo possono tuttavia prevedere commissioni di va- rio genere. La denominazione dell’onere non pare comunque poter assumere alcun rilievo, in quanto l’art. 644, comma 4, c.p. è formulato in modo tale da comprendere qualsiasi onere: le espressioni “commissioni”, “remunerazioni” e “spese” intendo- no comprendere qualsiasi trasferimento patrimo- niale che il cliente bancario effettua (o si obbliga a effettuare) in virtù del contratto (6).
Se ogni commissione, remunerazione e spesa rileva ai fini dell’usura, in linea di principio devono rile- vare anche gli interessi moratori. Questi sono un onere aggiuntivo, per il cliente bancario, che con- segue al fatto di essere in ritardo nell’adempimen- to. Fra l’altro il soggetto percettore degli interessi
xxxxxxxx è sempre il finanziatore, diversamente da quanto avviene per i premi assicurativi che vengo- no percepiti dall’assicuratore (soggetto diverso dal finanziatore).
Il principio che si devono computare anche gli in- teressi moratori ai fini dell’usura è affermato, oltre che dalla legge (seppure in modo non espresso, ma implicito), anche da alcune sentenze della Corte di cassazione che si sono succedute nel corso degli an- ni. La più celebre è la sentenza 9 gennaio 2013, n. 350, che tuttavia conferma un indirizzo giurispru- denziale già stabile.
La rilevazione del tasso effettivo globale medio (TEGM) secondo le Istruzioni di Banca d’Italia e i decreti ministeriali
La ragione per la quale, oggi, in alcuni casi i giudi- ci reputano usurari i contratti bancari è la difformi- tà fra il principio enunciato dalla legge (onnicom- prensività degli oneri ai fini del calcolo dei TSU) e la normativa di rango secondario (Istruzioni di Banca d’Italia e decreti ministeriali) che - esclu- dendo alcune voci di costo dal calcolo dei TEGM
- produce l’effetto di tenere più bassi sia i tassi me- di sia i tassi-soglia. Essendo la materia alquanto tecnica, vediamo di spiegarci meglio, usando anche alcuni esempi numerici.
L’art. 644, comma 3, c.p. prevede che la legge sta- bilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sem- pre usurari. Il codice penale rinvia dunque a una legge per la fissazione del limite usurario. La legge cui rinvia il codice penale è la L. n. 108/1996, la quale prevede un sistema di accertamento dei tassi medi di mercato per categorie di operazioni, la pubblicazione dei tassi medi sulla G.U. e la fissazio- ne di una soglia oltre la quale la divaricazione ri- spetto ai tassi medi configura l’elemento oggettivo del reato di usura.
Più precisamente l’art. 2, comma 1, L. n. 108/1996 prevede che il Ministro del tesoro rileva trimestral-
(5) Sulle commissioni di affidamento e di sconfinamento cfr. X. Xxxxxxx, Le commissioni bancarie dell’art. 117-bis TUB: questioni interpretative in tema d’entrata in vigore della discipli- na, in Corr. giur., 2014, 665 ss.; A. A. Dolmetta, Art. 117-bis t.u.b.: regole e diritto transitorio, in questa Rivista, 2012, 191 ss.; X. Xxxxx, X. Xxxxxxxx, Le (nuove?) commissioni bancarie (pri- me riflessioni in margine alla delibera CICR n. 644/2012), in Banca borsa tit. cred., 2012, I, 609 ss.; X. Xxxxx, Ancora inter- venti normativi in tema di commissioni bancarie, in questa Rivi- sta, 2012, 723 ss.
(6) Fra le commissioni bancarie, un ruolo importante è stato svolto in passato dalla commissione di massimo scoperto (CMS). Dal momento che le Istruzioni di Banca d’Italia, prima della riforma del 2009, non includevano la CMS nel computo
dei tassi medi, alcune volte è stata affermata la sussistenza di usura a causa del loro computo ex post. Sui problemi che la CMS crea in termini di usura cfr. X. Xxxxxx, Commissione di massimo scoperto ed usurarietà del tasso di interesse, in Giur. mer., 2011, 983 ss.; X. Xxxxxx, Xxxxx bancaria e commissione di massimo scoperto: l’elemento oggettivo e soggettivo del reato, in Dir. pen. proc., 2012, 736 ss.; X. Xxxxxxxx, La fattispecie di usura “presunta” nel crogiuolo della pratica applicativa. Il “no- do” della commissione di massimo scoperto mette a nudo il non sense della delega politica ad organi tecnici, in Cass. pen., 2012, 361 ss.; X. Xxxxxxxx, Tasso usurario, commissione di massimo scoperto e rilevanza penale del fatto, in Società, 2013, 1257 ss.
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mente il TEGM, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, degli interessi praticati dalle banche nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. I valori medi deri- vanti da tale rilevazione sono pubblicati senza ri- tardo nella G.U. L’art. 2, comma 4, L. n. 108/1996 statuisce inoltre che il limite previsto dall’art. 644, comma 3, c.p., oltre il quale gli interessi sono sem- pre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella G.U., au- mentato della metà.
Il problema è che le Istruzioni di Banca d’Italia escludono alcuni costi dall’elenco delle voci che vanno a formare il tasso medio. Dal momento che il TSU viene calcolato attraverso una funzione ma- tematica rispetto al TEGM (50% in più rispetto al
xxxxx medio; nel 2011 la formula è cambiata, ma ri- mane pur sempre calcolata mediante una funzione matematica rispetto al tasso medio), escludendo al- cune voci dal tasso medio, questo viene mantenuto più basso e - per l’effetto - risulta più basso anche il tasso-soglia.
La versione vigente delle Istruzioni di Banca d’Ita- lia è dell’agosto 2009. Al punto C.4 le Istruzioni indicano gli oneri che devono essere computati nel tasso medio e quelli che vanno esclusi.
Non pongono problemi gli oneri che sono inclusi nel calcolo del tasso medio: questi oneri difatti, ri- flettendosi nel tasso medio rilevato dalla Banca d’I- talia, si riflettono anche nel tasso-soglia usura (7). Rappresentano invece un problema i costi del cre- dito bancario che non vengono calcolati nel tasso medio. Si tratta, secondo l’elencazione fornita dalle Istruzioni di Banca d’Italia, delle seguenti voci: le imposte e tasse; le spese notarili, i costi di gestione del conto sul quale vengono registrate le operazio- ni; gli interessi di mora. Limitando l’analisi a que- st’ultima voce, è chiaro che se gli interessi di mora non vengono computati nemmeno nei TEGM, essi non si possono riflettere nei TSU. Ne consegue che sia i tassi medi che i tassi-soglia usura sono più bassi rispetto a quanto dovrebbero essere.
I tassi medi rilevati dalla Banca d’Italia vengono
poi recepiti dal Ministero, il quale - trimestralmen- te - pubblica detti tassi medi e i tassi-soglia. Sono proprio i decreti del Ministero a confermare quan- to già risulta dalle Istruzioni di Banca d’Italia, spe-
cificando che i TEGM non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento. I decreti ministeriali inoltre ricordano che una indagine statistica con- dotta nel 2002 a fini conoscitivi dalla Banca d’Ita- lia ha rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di inter- mediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1%.
Si immagini, ad esempio, che per un certo tipo di operazione bancaria il TEGM (senza interessi mo- ratori) in un certo trimestre sia del 10%; il TSU si assesta conseguentemente al 15% (consistendo in un aumento del 50%). Se però, per quel tipo di operazione bancaria, si fossero computati gli inte- ressi di mora medi, il TEGM sarebbe stato del 12,1% (10% + 2,1%), con l’effetto che il TSU sa- rebbe stato del 18,15% (12,1% + 6,05%). Questo semplice esempio serve a spiegare le ragioni che stanno alla base dell’ampio contenzioso relativo al possibile superamento del tasso-soglia usura per ef- fetto del computo ex post degli interessi moratori. Il cliente bancario che ha un contratto con un co- sto complessivo vicino al tasso soglia (rimanendo all’esempio fatto si supponga del 14,90%, sulla base della formula di Banca d’Italia che non tiene conto degli interessi moratori), aggiungendo gli interessi moratori previsti in contratto, può in alcuni casi oltrepassare il tasso-soglia e rivolgersi al giudice per chiedere la declaratoria della nullità della rela- tiva clausola e la restituzione di tutti gli interessi.
Una delle frequenti difese delle banche, citate in
giudizio per la declaratoria di nullità della clausola che determina l’effetto usurario, è nel senso che - a voler considerare gli interessi moratori nel calcolo del TEG del singolo contratto - si usano due para- metri disomogenei. Mentre difatti i costi del con- tratto sono stati determinati dalla banca facendo affidamento sulla formula di Banca d’Italia, il con- trollo effettuato ex post dal giudice sul singolo con- tratto ignora detta formula, realizzando così una si- tuazione di sostanziale ingiustizia. Per porre rime- dio a detta iniquità, la difesa delle banche sostiene che anche il TEGM debba essere innalzato tenen- do conto degli interessi moratori. Solo a questo punto si potrà effettuare un confronto fra il TEGM (maggiorato degli interessi moratori) e il TEG del
(7) Il punto C.4 delle Istruzioni di Banca d’Italia prevede che vanno inclusi nel calcolo del tasso medio: le spese di istrutto- ria; le spese di chiusura della pratica; le spese di incasso delle rate; il costo dell’attività di mediazione; le spese per assicura-
zioni; le spese per servizi accessori; gli oneri per la messa a di- sposizione di fondi; ogni altra spesa e onere contrattualmente previsti connessi con l’operazione di finanziamento.
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singolo contratto (maggiorato degli interessi mora- tori).
Per una migliore comprensione della materia, al- quanto tecnica, si riprenda l’esempio numerico tratteggiato sopra di un TEGM del 10% con un TSU del 15% e di un contratto giunto all’attenzio- ne del giudice in cui il TEG senza interessi morato- ri è del 14,90%. Si supponga altresì che, per effetto degli interessi moratori (previsti nel caso specifico nella misura del 2%), il TEG si alzi del 2%, giun- gendo al 16,90%, sforando così la soglia dell’usura. La difesa delle banche è nel senso che, per ragioni di equità, vanno confrontati parametri omogenei e dunque anche il TEGM nel caso specifico andreb- be elevato del 2%, raggiungendo nell’esempio fatto il 12%, con l’effetto che il TSU andrebbe aumen- tato in modo corrispondente (ossia del 2%, più il 50% del 2%), raggiungendo nell’esempio fatto il 18%. Così facendo, il contratto in esame - seppur superando il TSU “ufficiale” (quello pubblicato nei decreti ministeriali per quel tipo di operazione) - non sforerebbe il TSU “rettificato” tenendo conto degli interessi moratori.
Sul punto è peraltro intervenuto il Tribunale di Udine, affermando che la legge consente di distin- guere solo in base alle diverse tipologie di operazio- ni di credito e fissa un’unica soglia usuraria, che tiene conto di tutti gli oneri comunque denomina- ti (8). La creazione di soglie ad hoc che tengano conto degli interessi moratori non è consentita.
Inoltre la sentenza del Tribunale di Udine prende posizione sulla tematica delle modalità di calcolo congiunto di tassi corrispettivi e moratori previsti in contratto. Si è visto sopra che, secondo la giuri- sprudenza di legittimità, si deve tenere conto di ambedue detti tassi ai fini dell’accertamento del TEG. Tuttavia la loro considerazione congiunta non significa che essi si possano sommare dal pun- to di vista algebrico. La ragione di questa impossi- bilità di sommarli è che le basi di calcolo di inte- ressi corrispettivi e moratori sono diverse: i corri- spettivi si calcolano sul capitale, mentre i moratori si calcolano sulla rata scaduta non pagata. Volendo esprimere il concetto in altre parole: gli interessi corrispettivi sono il prezzo del servizio bancario, il guadagno che l’istituto di credito ottiene e hanno pertanto come base di riferimento il capitale (ossia la prestazione che è stata resa a chi ha assunto il fi- nanziamento); gli interessi moratori invece rappre- sentano un onere maggiore che il debitore paga se
è in ritardo nell’adempimento dell’obbligazione principale e detto onere si calcola sulla somma per cui sussiste ritardo. Si immagini che siano pattuite rate mensili e che il debitore sia in ritardo nel pa- gamento di una rata di € 1.000. Solo su questi €
1.000 (e non su tutto il capitale residuo), si appli- cherà la percentuale moratoria.
Secondo il Tribunale udinese va valutato qual è l’effetto economico complessivo che la totalità del- le clausole contenute nel contratto può produrre. Solo laddove il complesso degli oneri pagabili dal debitore superi in misura percentuale il TSU previ- sto originariamente per quel tipo di contratto si potrà affermare che il tasso è usurario.
L’art. 1815, comma 2, c.c. e le conseguenze del superamento del tasso-soglia usura
Sono controverse le conseguenze che derivano dal superamento del tasso-soglia usura. L’art. 1815, comma 2, c.c. prevede testualmente che, “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”. Le applicazioni giuri- sprudenziali sul tema mostrano soluzioni alquanto variegate.
La prima osservazione da farsi è che l’art. 1815 c.c. è inserito nel capo del codice civile relativo al con- tratto di mutuo. Ci si deve allora chiedere se la di- sposizione si possa applicare anche ad altri tipi contrattuali (come l’apertura di credito) o addirit- tura a contratti che non sono tipici (come il lea- sing). Se si riconosce carattere di eccezionalità alla disposizione che ordina l’azzeramento degli interes- si, diventa difficile farne una interpretazione esten- siva a tipi contrattuali diversi (come all’apertura di credito), a maggior ragione al contratto di leasing che nemmeno rappresenta un contratto tipico. L’applicazione giurisprudenziale è tuttavia quella di ritenere applicabile la normativa sull’usura a tutti i contratti di credito; ma se è corretta questa inter- pretazione, allora l’articolo che sancisce l’azzera- mento degli interessi andrebbe “spostato” – per ra- gioni di correttezza sistematica - dalla sua attuale collocazione sotto il tipo “mutuo” e inserito nella parte del codice civile relativa a obbligazioni e contratti in generale.
Il meccanismo sanzionatorio previsto dall’art. 1815, comma 2, c.c. è poi più articolato della mera non-debenza degli interessi: la disposizione si com- pone difatti di due parti, statuendo prima di tutto
(8) Trib. Udine 26 settembre 2014, in Danno e resp., 2015, 522 ss., con nota di X. Xxxxxxxxxxx.
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la nullità della clausola e solo nel secondo passag- gio che non sono dovuti interessi. Essendoci la nullità di una sola clausola, se ne può ricavare - anzitutto - che il contratto non viene affatto intac- cato: non verificandosi la nullità del contratto, questo rimane in essere con il suo originario piano di ammortamento, che viene però modificato, nel senso che rimane ferma solo la voce “capitale”, mentre viene espunta la “voce” interessi. Se è cor- retta questa impostazione, ne deriva altresì che la banca - una volta dichiarata la gratuità del mutuo in conseguenza del superamento del TSU - non può sciogliersi dal contratto, che rimane in forza fi- no alla sua naturale scadenza.
L’art. 1815, comma 2, x.x. x xxxxxxxxx, xx xxxxxx xxxxxxxxx xx xxxxxxx xxxxx xxxxxxxx, ma non specifica di quale clausola si tratti. Le banche sostengono la tesi che, se il contratto è usurario per effetto del- l’effetto economico congiunto di interessi corri- spettivi e moratori, la nullità investe la sola clauso- la sui moratori, in quanto è essa che produce l’ef- fetto di superare la soglia di usura. Questa soluzio- ne è stata fatta propria da alcuni interventi giuri- sprudenziali: in particolare il Tribunale di Trani ha affermato che la lettura del testo dell’art. 1815, comma 2, c.c. determina al più che non sono do- vuti gli interessi moratori e non tout court che non siano dovuti anche gli interessi corrispettivi che sono pattuiti entro la soglia (9). Questa soluzione lascia peraltro perplessi, in quanto l’effetto che si produce è che la banca può “tentare” di commette- re usura a mezzo interessi moratori, salvo poi - in caso di accertamento dell’usura - poter continuare a pretendere gli interessi corrispettivi. Verrebbe meno qualsiasi effetto deterrente e punitivo per l’i- stituto di credito. Va poi segnalato un paradosso se si segue l’impostazione del Tribunale di Trani: in caso di mancata pattuizione di interessi ultralegali per iscritto sono dovuti gli interessi legali (così l’art. 1284 c.c.), in caso di usura mediante interessi moratori il tasso si abbassa solo a quello previsto contrattualmente come corrispettivo. Nel primo caso la banca viene punita più gravemente di quanto avviene nel secondo, nonostante l’usura costituisca una fattispecie penalmente rilevante.
L’art. 1815, comma 2, c.c. potrebbe essere interpre- tato in senso particolarmente vantaggioso per il cliente bancario, sostenendo la tesi che l’usurarietà del contratto obbliga la banca a restituire non solo tutti gli interessi addebitati, ma anche tutti gli altri oneri risultanti dal contratto. Si potrebbe argo- mentare in questo senso dando rilievo al fatto che il codice penale comprende nel computo del tasso usurario tutti gli oneri comunque denominati. Se così è, la corretta sanzione per il caso di supera- mento del TSU dovrebbe essere la restituzione non solo degli interessi, ma anche di tutti gli altri oneri. In altre parole, vi è un contrasto fra la nor- mativa penale sulla determinazione del tasso-soglia usura (comprensiva di tutti gli oneri) e la normati- va civile sulle conseguenze del superamento del tasso-soglia usura (che enuncia l’azzeramento dei soli interessi, dimenticandosi delle altre voci di co- sto). La questione ha un importante risvolto prati- co in quelle tipologie di contratti di credito in cui gli oneri finanziari sono costituiti per buona parte da oneri per così dire “accessori” e comunque di ti- po diverso rispetto agli interessi. Si pensi ad esem- pio ai finanziamenti contro cessioni del quinto in cui la voce di costo “interessi” talvolta è di importo inferiore in termini assoluti rispetto alle altre voci di costo quali “commissioni d’intermediazione” e “premi assicurativi”. Si immagini che, a fronte di un finanziamento per € 10.000, il finanziato si im- pegni a restituire nel corso di cinque anni, € 2.000 a titolo di interessi e € 3.000 a titolo di altre voci di costo, sforando così congiuntamente (consideri il cortese lettore che le somme indicate sono di pu- ra fantasia, e servono solo a titolo esemplificativo) il tasso-soglia usura. A voler dare applicazione te- stuale all’art. 1815, comma 2, c.c., la conseguenza del superamento del tasso-soglia usura sarebbe il solo azzeramento degli interessi, con l’effetto che le altre voci di costo rimarrebbero dovute. Questa so- luzione è conforme al testo dell’art. 1815, comma 2, c.c., ma cozza contro la ratio della normativa an- tiusura, che è quella di punire il costo eccessivo del credito, qualunque siano le modalità tecniche con cui questo risultato viene raggiunto.
Infine si noti, per quanto riguarda la tecnica di re- dazione delle sentenze (ma il ragionamento vale
(9) Trib. Trani 10 marzo 2014, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx. A ben vedere il tenore letterale dell’art. 1815, comma 2, c.c. con- sente astrattamente di sostenere anche la tesi contraria rispet- to a quella del Tribunale di Trani, ossia che in caso di supera- mento del TSU per effetto del computo congiunto di interessi corrispettivi e moratori, la clausola nulla debba essere quella sui corrispettivi. In altre parole, la laconicità della disposizione
in analisi potrebbe consentire alla parte che fa valere la nullità di selezionare la nullità dell’una o dell’altra clausola a seconda della convenienza nel caso concreto. In realtà, la soluzione mi- gliore - e più conforme alla ratio e alla sistematica della norma- tiva antiusura - è quella che prevede l’azzeramento dell’intero corrispettivo (comunque denominato) a favore dell’istituto di credito nei casi di conclamato superamento del TSU.
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anche per la formulazione delle domande negli atti processuali di parte), che il contenuto del dispositi- vo pronunciato dal giudice varia a seconda che il contratto sia stato eseguito solo parzialmente oppu- re si sia ormai estinto per suo completo adempi- mento. Nel primo caso il dispositivo dovrà conte- nere la condanna a restituire gli interessi già adde- bitati e la dichiarazione di non-debenza per il pe- riodo futuro. Nel caso invece in cui il contratto ab- bia già avuto esecuzione per il suo intero periodo, il dispositivo si limiterà a condannare la banca a restituire tutti gli interessi già addebitati.
Gli interessi moratori come clausola penale e la possibile applicazione dell’art. 1384 c.c. al posto dell’art. 1815, comma 2, c.c.
L’Arbitro Bancario Finanziario (10), in una impor- tante decisione del 2014, ha stabilito che la que- stione del possibile cumulo di interessi corrispettivi e moratori è destituita di fondamento dal punto di vista giuridico, in quanto gli interessi di mora non sono degli interessi ma una penale (11).
Il caso giunto all’attenzione dell’ABF aveva a og- getto un rapporto di conto corrente con apertura di credito con un tasso nominale del 5% e un tasso di mora del 16,38%, a fronte di un tasso-soglia nel momento di conclusione del contratto corrispon- dente a 16,38%. Il ricorrente afferma che, som- mando il tasso corrispettivo e quello moratorio, si supera il tasso-soglia, considerando che già il tasso moratorio corrisponde al tasso-soglia. L’Arbitro Bancario Finanziario osserva invece che la base di calcolo degli interessi corrispettivi e moratori è di- versa: gli interessi corrispettivi si applicano sul ca- pitale; gli interessi moratori invece si applicano sulla rata scaduta e non pagata, non potendosi dunque procedere a una sommatoria algebrica delle percentuali dei tassi. L’ABF specifica altresì che la funzione degli interessi corrispettivi e moratori è totalmente diversa: i corrispettivi servono a remu- nerare la banca per il fatto di avere prestato del da-
naro, mentre gli interessi moratori puniscono il de- bitore che è in ritardo nell’adempimento. Il passag- gio innovativo della decisione dell’Arbitro Banca- rio Finanziario è dunque quello in cui si qualifica- no gli interessi moratori come penale: i moratori altro non sono che un meccanismo per quantifica- re il danno che il creditore subisce per effetto del- l’inadempimento del debitore. Trattandosi di una clausola penale, trova applicazione l’art. 1384 c.c., che consente al giudice - in caso di manifesta ec- cessività della penale - di ridurla, anche d’ufficio. Nel caso affrontato dall’ABF, detta eccessività vie- ne affermata in quanto il tasso corrispettivo am- montava al 5% e quello moratorio a oltre il 16%. Dal momento che, mediamente (e secondo l’inda- gine statistica svolta dalla Banca d’Italia cui si ac- cennava sopra), gli interessi moratori sono di un paio di punti percentuali più alti dei corrispettivi, un tasso moratorio tre volte più elevato del corri- spettivo viene considerato come una penale ecces- siva per il debitore.
Dimentichiamo per un attimo il contesto settoriale del diritto bancario, e ragioniamo in termini di di- ritto civile generale. Nei contratti commerciali tal- volta la quantificazione del risarcimento del danno da inadempimento avviene in termini assoluti (si immagini la clausola che stabilisce una penale di €
10.000 per ogni mese di ritardo nella consegna di un opera). Ma nulla vieta di esprimere la penale anche in misura percentuale (si pensi alla clausola che stabilisce, a fronte di un’opera del valore di € 1.000.000, che l’appaltatore - per ogni mese di ri- tardo nella consegna - dovrà pagare una penale dell’1% del valore dell’opera). Nei due esempi fatti si esprime esattamente lo stesso valore (€ 10.000 al mese di penale), una volta in termini assoluti un’altra in termini percentuali. Nei contratti ban- cari, la tecnica usata è quella di esprimere la clau- sola penale da ritardo come interesse moratorio (ossia come percentuale). Si usa questo meccani- smo in quanto un valore assoluto mal si concilia con un contratto bancario in cui il capitale da re-
(10) Sul sistema dell’ABF cfr. i volumi di X. Xxxxxxxxxxx, L’Arbitro Bancario Finanziario tra funzioni di tutela e di vigilanza, Milano, 2012; X. Xxxxxxxxx, L’arbitro bancario finanziario: una nuova forma di A.D.R., Napoli, 2014. V. inoltre X. Xxxxxxxxxx, L’ABF tra giudizio e media-conciliazione, in Riv. arb., 2013, 19 ss.; X. Xxxxxxxx, Arbitro Bancario Finanziario: morfologia e fun- zioni, in Foro it., 2012, V, 213 ss.; X. Xxxxxxxx, Nullità di protezio- ne e limite temporale di cognizione dell’A.B.F., in Nuova giur. civ. comm., 2014, I, 610 ss.; X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, L’“Arbitro Bancario Finanziario” e la sua “giurisprudenza precognitrice”, in Società, 2013, 185 ss.; F. Xxxxx, X. Xxxxxxxx, La responsabilità della banca nelle decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario, in Resp. civ. prev., 2014, 60 ss.; S. Delle Monache, Arbitro banca-
rio finanziario, in Banca borsa tit. cred., 2013, I, 144 ss.; X. Xxxxxx, L’Arbitro Bancario Finanziario nell’ambito dei sistemi di ADR: brevi note intorno al valore delle decisioni dell’ABF, in So- cietà, 2011, 1216 ss.; X. Xxxxxx, Sulla natura dell’arbitrato bancario finanziario, in Giur. comm., 2012, II, 1193 ss.; G. Mar- ziale, L’Arbitro Bancario Finanziario: luci e ombre, in questa Ri- vista, 2016, 50 ss.; X. Xxxxxxxx, L’Arbitro Bancario e Finanziario: l’esperienza applicativa, in Giur. comm., 2014, I, 811 ss.; X. Xxxxxxxxxxx, Regole procedurali e poteri decisori dell’Arbitro Bancario Finanziario, in Xxxxxxx, 2012, 953 ss.
(11) Arbitro Bancario Finanziario, Collegio di coordinamen- to, decisione n. 1875 del 28 marzo 2014, in www.arbitrobanca- xxxxxxxxxxxxxx.xx.
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stituirsi varia progressivamente al ribasso, riducen- dosi con il passare del tempo. Nella sostanza però nulla cambia: si esprime in due modi diversi la mi- sura del danno che il creditore patisce per effetto dell’inadempimento. Sotto questo profilo, un sug- gerimento di tecnica redazionale dei contratti che si può dare alle banche è di cessare di chiamare gli interessi moratori “interessi” nei contratti, ma di denominare l’onere aggiuntivo “risarcimento del danno”. Non muterebbe la sostanza delle cose, ma quantomeno si chiarirebbe a livello terminologico la differenza fra “interesse” (ossia guadagno fisiolo- gico della banca) e “risarcimento” (ossia ristoro a compensazione del danno derivante dal mancato puntuale incasso delle rate).
La soluzione adottata dall’Arbitro Bancario Finan-
xxxxxx, in sé considerata, appare corretta dal punto di vista formale, nel senso che è piuttosto convin- cente affermare che gli interessi moratori sono una penale. Tuttavia la giurisprudenza dell’ABF non è in linea con quella della Corte di cassazione, che - in più precedenti - ha statuito la necessità di tene- re conto anche degli interessi moratori. Vi è dun- que un conflitto fra due orientamenti giurispruden- ziali.
Tornando all’analisi letterale, il testo dell’art. 644, comma 4, c.p. stabilisce che si deve tenere conto di commissioni, remunerazioni “a qualsiasi titolo” e delle spese; tuttavia specifica che devono essere “collegate alla erogazione del credito”. Si potrebbe sostenere la tesi che gli interessi moratori non sono collegati alla erogazione del credito, in quanto so- no connessi a una vicenda completamente diversa, ossia all’inadempimento degli obblighi di pagamen- to. Contro questa affermazione va peraltro consta- tato che il loro ammontare viene definito nel mo- mento della conclusione del contratto e dunque es- si fanno parte delle pattuizioni contrattuali.
Un altro elemento testuale che può risultare favo-
revole alle banche può ricavarsi dall’art. 644, com- ma 1, c.p., nel passaggio in cui stabilisce che viene punito chi si fa dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari “in corrispettivo” di una prestazio- ne di danaro. Si può sostenere la tesi che gli inte- ressi moratori non sono “corrispettivo” della pre- stazione di danaro, essendo invece un risarcimento per il ritardo nell’adempimento.
Validità delle clausole di salvaguardia?
Frequentemente i contratti di credito contengono una clausola che stabilisce che il TEG si intende pattuito nei limiti fissati dalla legge sull’usura. Nel caso in commento il Tribunale di Bari si imbatte in una clausola del genere e statuisce che la clauso- la non produce l’effetto di escludere la sussistenza dell’usura. Purtroppo la giurisprudenza di merito, anche su questa questione, non è affatto univoca, e bisognerà attendere precedenti di legittimità per fare chiarezza sul punto. Ad esempio, molto recen- temente il Tribunale di Padova ha affermato esat- tamente il contrario rispetto a quanto statuito dal Tribunale di Bari nell’ordinanza in commen- to (12). Nel caso affrontato dal giudice patavino il contratto stabiliva che il tasso di mora dovuto dal cliente sarebbe stato il tasso-soglia usura arrotonda- to per difetto a favore del correntista. Secondo questa pronuncia tale clausola impedisce ab origine che la pattuizione possa sforare la soglia proprio per come è stata pattuita.
La tematica della validità delle clausole di salva-
guardia è poco trattata in giurisprudenza, nono- stante la loro frequenza nella prassi bancaria, e in dottrina. E, fra l’altro, i pochi casi di provvedimen- ti giudiziari che se ne occupano, omettono di moti- vare le decisioni o forniscono motivazioni alquanto semplici. Cerchiamo allora di tracciare alcune basi- lari distinzioni per una migliore comprensione si- stematica di queste problematiche.
Ad avviso di chi scrive, per valutare in modo ap- propriato la validità delle clausole di salvaguardia, bisogna distinguere fra il caso dell’usura originaria e quello dell’usura sopravvenuta. Per usura “origi- naria” si intende un tasso effettivo globale che, già al momento della conclusione del contratto, supera il tasso-soglia usura. Per usura “sopravvenuta” si in- tende invece un tasso effettivo globale che, al mo- mento della conclusione del contratto, non supera il tasso-soglia usura; tuttavia, per effetto di vicende sopravvenute, a un certo punto del rapporto finisce con il superare il tasso-soglia usura vigente in un dato successivo trimestre (13).
Nel caso di usura originaria, è dubbio che le clausole di salvaguardia possano reputarsi valide. Si imma- gini il seguente caso: il contratto prevede un TEG
(12) Trib. Padova 13 gennaio 2016, in xxx.xxxxxx.xx.
(13) Per approfondimenti sulla distinzione fra usura conven- zionale e sopravvenuta, con specifico riferimento al profilo ri- mediale, cfr. l’approfondito contributo di X. Xxxxxxxxx, Xxxxx e interessi moratori: ratio legis e disapplicazione del tasso soglia, in Banca borsa tit. cred., 2015, I, 747 ss. Per il resto, in tema di
usura sopravvenuta v. X. Xxxxxxxxxxx, Xxxxx sopravvenuta viola- zione del tasso soglia antiusura nello svolgimento del rapporto negoziale e l’applicazione del principio della buona fede quale possibile correttivo, in Banca borsa tit. cred., 2015, II, 388 ss.;
X. Xxxxxxxxxx, Xxxxx sopravvenuta e interessi moratori usurari tra Cassazione, ABF e Banca d’Italia, in Banca borsa tit. cred.,
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Giurisprudenza
Contratti in generale
dell’11% e un TSU del 10% al momento della conclusione del contratto, con previsione di una clausola di salvaguardia. In una ipotesi del genere, pare difficile sostenere che la clausola di salvaguar- dia sia valida per le seguenti ragioni. L’art. 1815, comma 2, c.c. determina quali siano le conseguen- ze del superamento del tasso-soglia usura: l’azzera- mento degli interessi. Si tratta di una disposizione di rango imperativo, in quanto determina gli effetti civilistici di una norma (l’art. 644 c.p.) che confi- gura come reato l’usura. Trattandosi di una disposi- zione penale, essa è per definizione di rango pub- blicistico, in quanto non tutela solo gli interessi delle parti, ma anche interessi pubblici: si tratta di evitare che la presenza del fenomeno dell’usura di- strugga l’economia reale. Stante la natura imperati- va della norma, non è consentito derogare a essa. Sarebbe dunque nulla la clausola di un contratto che stabilisse apertamente di derogare all’art. 1815, comma 2, c.c. Se è corretto il ragionamento appe- na svolto, la clausola di salvaguardia deve reputarsi nulla, in presenza di contestuale superamento nel contratto del TSU, in quanto la clausola non fa al- tro che determinare in modo diverso dalla legge gli effetti del superamento del tasso-soglia usura. E ciò non è consentito.
Nel caso di usura sopravvenuta, è possibile argomen- tare in senso diverso. Si immagini che il TEG di un certo contratto di credito ammonti, al momen- to della conclusione del contratto, al 9% a fronte di un TSU del 10%. In questo caso certamente non vi è usura. Tuttavia, nel corso del tempo, pos- so verificarsi eventi che determinano uno sfora- mento del tasso-soglia usura. I contratti di credito hanno lunghezze variabili nel tempo, e possono
avere anche durate di decenni. Nel caso di con- tratti di mutuo fondiario, ad esempio, sono comuni durate di 20-30 anni. Maggiore è la durata del con- tratto, maggiori sono le probabilità che si verifichi- no eventi che portano a un superamento del tasso- soglia usura. L’usura “sopravvenuta” può in partico- lare realizzarsi quando il tasso d’interesse previsto in contratto è fisso ed è particolarmente alto. Nel- l’esempio fatto sopra, si è ipotizzato un tasso fisso del 9% a fronte di un tasso-soglia del 10%. Il pun- to è che il tasso è “fisso” solo per il debitore, che si è impegnato a pagare - si supponga per 20 anni - il 9% di interesse. I tassi di mercato, invece, non so- no affatto fissi, e può ben capitare che scendano nel corso del tempo. Se, nell’esempio fatto, il tasso fisso medio per quella determinata categoria di operazioni scende dopo alcuni anni sotto il 6%, il tasso soglia scende in modo corrispondente sotto il 9% e si va in usura (temporalmente sopravvenuta). In altre parole, lo sventurato debitore che si è in- debitato a tasso fisso alto (ma ancora sotto soglia), se i tassi di mercato scendono considerevolmente nel corso del tempo, potrebbe successivamente tro- varsi a pagare un interesse usurario (sopravvenuto), in quanto i tassi medi di mercato sono scesi.
Se l’usura è “sopravvenuta”, allora la clausola di salvaguardia può considerarsi valida in quanto mira a evitare per l’istituto di credito il rischio del futu- ro abbassamento dei tassi d’interesse. L’usura non vi era al momento della conclusione del contratto, ma si è verifica successivamente. L’istituto di credi- to non poteva prevedere l’abbassamento dei tassi d’interesse e si tutela per il futuro con la clausola di salvaguardia.
2014, I, 438 ss.; X. Xxxxxxxxxx, Ancora sul problema dell’usura- rietà sopravvenuta: il rapporto con l’esercizio dello ius variandi, in Banca borsa tit. cred., 2015, II, 339 ss.; X. Xxxxxxxxxx, Usura
originaria (o contrattuale) ed usura sopravvenuta, in Giur. it., 2015, 827 ss.
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