AUPA)
Xxxxxxxx xxxxxxx
La trattazione di Gai 3.140-141 sul pretium nella compravendita, tra ‘regulae’ e ius controversum
Estratto
dagli ANNALI DEL SEMINARIO GIURIDICO DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO
(AUPA)
Volume LVIII (2015)
X. XXXXXXXXXXXX EDITORE - TORINO
ANNALI DEL SEMINARIO GIURIDICO
università degli studi di palermo
(AUPA)
Direttori Xxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx
Comitato Scientifico
Xxxxxxxxxx Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxx
Xxxx-Xxxxxx Xxxxxx Xxxxx Xx Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx
Xxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxx
Xxxxxxxx Pasciuta Xxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx
Palermo Heidelberg Paris Napoli Roma Palermo Palermo Palermo Madrid Palermo Parma Palermo Palermo Rotterdam
Comitato di redazione
Xxxxxx De Xxxxxx (coordinamento), Xxxxxxx X’Xxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx
Xxx Xxxxxxx, 000 - 00000 Xxxxxxx - e-mail: xxxxxxxxxxxxx@xxxxx.xx
INDICE DEL VOLUME
Articoli
X. Xxxxxx, Tabernae librariae. Profili terminologici, economici e giuridici
del commercio librario e dell’attività editoriale nel mondo romano 9
X. Xxxxxxx, La trattazione di Gai 3.140-141 sul pretium nella compravendita,
tra ‘regulae’ e ius controversum 37
X. Xxxxxxxx, ‘Restitutio rei publicae’ tra teoria e prassi politica.
Xxxxxxx e l’eredità di Xxxxxxxx 57
X. Xxxxx, Il credito del servus nei confronti di un extraneus:
‘naturale’ creditum? 131
X. Xxxxx Xxxxxxx, Xxx Xxxxxxxx iudiciaria e pentitismo 177
X. Xxxxxxxxx, Denegare iudicium e denegare actionem 197
Note
X. Xxxxx Xxxxxxx, Dal Foro al Comizio. Un amichevole confronto di idee 241
X. X’Xxxxxx, Vadimonium e cautio se exhibiturum in D. 2.9.2.1 (Xxxx. 6 ad ed.) 253
X. Xxxxxxxxx, Per uno studio palingenetico di B. 60.3: il contributo
dei commentari bizantini ad C. 3.35 261
X. Xxxxxxxx †, Die Xxxxxxxxxxxxx xxx Xxxxxx, xxx Xxxxxxxx xxx xxx Xxxxxxxxx 000
Varie
X. Xxxxxxxxx, Una sconosciuta monografia palermitana sulla palingenesi
delle XII Tavole (e un curioso caso di omonimia) 291
X. Xxxxxxx, ‘Fabulis’, non ‘tabulis’, in cost. Imperatoriam 3 301
J.H.A. Lokin - B.H. Xxxxxx, In memoriam Xxxxxxxx xxx xxx Xxx 000
Xxxxxxxx xxxxxxx
(Università di Palermo)
La trattazione di Gai 3.140-141 sul pretium nella compravendita, tra ‘regulae’ e ius controversum
Abstract
The text of Xxxxx’ Institutes concerning the price of a sale contains a curious peculiarity. Xxxxx first of all reports the requisites of the price in the form of peremptory rules, but soon afterwards he indicates as consequence (nam...) a contrast of views: some jurists admit the relevance of a sale which doesn’t observe these requisites. The Author suggest that the (merely) apparent contradiction is an example of the particular approach ‘operativo-cautelare’ of the whole work: Xxxxx wants to point out, in a ‘warning perspective’, the conditions to be complied so that the effect of the legal transaction is sure and beyond dispute, by distinguishing from the case in which the effect is uncertain.
Parole chiave
Pretium; emptio-venditio; locatio-conductio; Istituzioni di Gaio; regulae; ius controversum.
LA TRATTAZIONE DI GAI 3.140-141 SUL PRETIUM NELLA COMPRAVENDITA, TRA ‘REGULAE’ E IUS CONTROVERSUM*
1. La trattazione delle Istituzioni di Gaio in materia di emptio-venditio consiste, com’è risaputo, in alcune notazioni concernenti la configurabilità o meno (e cioè, l’efficace costitu- zione o meno) di una emptio-venditio in relazione all’elemento del pretium. Ancorché si tratti di uno squarcio notissimo, è opportuno averlo direttamente e fin d’ora sotto gli occhi:
Gai 3.139. Emptio et uenditio contrahitur, cum de pretio conuenerit, quamuis nondum pretium numeratum sit ac ne arrha quidem data fuerit. nam quod arrhae nomine datur, ar- gumentum est emptionis et uenditionis contractae. 140. Pretium autem certum esse debet. nam alioquin si ita inter nos conuenerit, ut quanti Xxxxxx rem aestimauerit, tanti sit empta, Xxxxx negauit ullam uim hoc negotium habere; cuius opinionem Xxxxxxx probat. Xxxxxxx et eam em- ptionem et uenditionem;1 cuius opinionem Proculus secutus est. 141. Item pretium in numerata
* Il contributo riproduce una relazione tenuta al Colloque Internationale sul tema “Valeur juridique et force performative du langage dans la tradition romanistique”, che si è svolto presso l’Université Paris II Pan- théon Assas nei giorni 24-27 settembre 2014. La presente ricerca si inserisce nell’ambito del P.R.I.N. 2010- 2011 “L’autorità delle parole. Le forme del discorso precettivo romano tra conservazione e mutamento”.
1 La maggior parte degli editori, con ragione, integra il tratto ‘Ofilius et eam emptionem et uenditionem’
con l’inserimento di un verbum existimandi: ‘et venditionem <esse putavit>’ (Huschke, Xxxxxx-Kübler, Aran- xxx Xxxx-Xxxxxxx), ‘et venditionem <esse existimavit>’ (Xxxxxxxx, De Zulueta), ‘et venditionem <existima- vit>’ (Xxxxxx), ‘et eam emptionem <putat> et venditionem’ (Goeschen, Heffter, Pellat). I riscontri invocati, in tempi recenti, da H.L.W. Xxxxxx-X. Xxxxxx, Gai Institutiones III 88-181. Die Kontraktsobligationen. Text und Kommentar, Berlin 1999, 258, per mantenere, al contrario, la lezione tràdita non appaiono con- ducenti. Invero, nella correlazione di Gai 2.231 ‘nostri praeceptores nec tutores eo loco dari posse existimant; sed Labeo et Proculus tutorem dari posse’ l’indicazione retta sia dall’esplicito ‘existimant’ sia, subito dopo, da un verbo sottinteso è la stessa (‘tutorem dari posse’), laddove nel caso di Gai 3.140 le due indicazioni sono del tutto diverse: ‘ullam uim hoc negotium habere’, da un lato, ‘et eam emptionem et venditionem’, dall’altro; e per di più, in Gai 3.140 le due valutazioni, quella espressa e quella che, secondo Xxxxxx-Xxxxxx rimarrebbe sottintesa, sono di segno opposto: un ‘negare’ da parte di Xxxxxxx e un ammettere da parte di Xxxxxxx. Né sono utilizzabili i testi di Gai 3.118 (‘Sponsoris vero et fideipromissoris similis condicio, fideiussoris vale dissi- milis’), 3.181 (‘...Quae autem legitima iudicia et quae imperio continentia, sequenti commentario referemus’) e 3.217 (‘...Si quid enim ustum aut ruptum aut fractum, actio hoc capite constituitur’), parimenti citati dai due studiosi (insieme con 1.78, ma credo per una svista), in quanto essi, ove davvero non richiedano una integrazione, attesterebbero comunque un fenomeno diverso e cioè l’uso di sottintendere il verbo ‘esse’ (nelle forme, rispettivamente, ‘est’, ‘sint’ e ‘fuerit’).
pecunia consistere debet. nam in ceteris rebus an pretium esse possit, ueluti homo aut toga aut fundus alterius rei <pretium esse possit>, ualde quaeritur. nostri praeceptores putant etiam in alia re posse consistere pretium; unde illud est, quod uulgo putant per permutationem rerum em- ptionem et uenditionem contrahi, eamque speciem emptionis uenditionisque uetustissimam esse; argumentoque utuntur Graeco poeta Xxxxxx, qui aliqua parte sic ait: [….] et reliqua. diuersae scholae auctores dissentiunt aliudque esse existimant permutationem rerum, aliud emptionem et uenditionem; alioquin non posse rem expediri permutatis rebus, quae uideatur res uenisse et quae pretii nomine data esse, sed rursus utramque rem uideri et uenisse et utramque pretii nomine da- tam esse absurdum uideri. sed ait Xxxxxxx Xxxxxxx, si rem tibi uenalem habenti, ueluti fundum, acceperim et pretii nomine hominem forte dederim, fundum quidem uideri uenisse, hominem autem pretii nomine datum esse, ut fundus acciperetur.
Dopo aver precisato (§ 139) che la compravendita “si contrae” una volta che ci si è accordati sul prezzo, sebbene il prezzo non sia stato ancora versato né sia stata consegnata un’arra, Xxxx avverte che il prezzo “deve” essere certum. Infatti – prosegue il giurista –, di- versamente, se tra due soggetti ci si accorda nel senso che la cosa sarà venduta al prezzo che Xxxxx avrà stimato, Xxxxxxx, seguito da Xxxxxx, ha negato che l’operazione abbia efficacia; invece, Xxxxxx, seguito da Xxxxxxx, ha ritenuto che anche questa è una compravendita (cioè, che anche in questo caso la compravendita si conclude, si contrae).2 Quindi, Xxxx considera un altro profilo legato al pretium: «Parimenti (item), il pretium “deve” consistere in pecunia numerata. Infatti, se il prezzo possa risiedere in altre cose, per esempio se uno schiavo o una toga o un terreno possa essere prezzo di un’altra cosa, è oggetto di acceso dibattito (valde quae- ritur)». Segnatamente, i Xxxxxxxxx ritengono che il prezzo possa consistere anche in un’altra cosa: dal che deriva, continua Gaio, che essi ritengono comunemente che la compravendita si contrae tramite permuta delle cose, e che questa forma di compravendita è antichissima, e adducono al riguardo come argomento alcuni versi di Xxxxx.3 I Proculiani dissentono e ri- tengono che una cosa è la permutatio rerum, altra cosa l’emptio et venditio: diversamente, non si potrebbe riconoscere, permutate le cose, quale res risulta esser venduta e quale esser data a titolo di prezzo ed evidentemente (il testo è corrotto, ma il senso è chiarissimo, anche grazie al confronto con Xxxx. Inst. 3.23.2) risulta assurdo che entrambe le cose siano al contempo vendute e date a titolo di prezzo. Tuttavia – prosegue Xxxx –, Xxxxx Xxxxxx afferma che se a colui che possiede una cosa destinata alla vendita (res venalis), ad es. un terreno, qualcuno dà, ad es., uno schiavo a titolo di prezzo, il terreno risulta esser venduto, lo schiavo invece risulta esser stato dato a titolo di prezzo, affinché il terreno venisse acquistato.4
2 Con ogni verosimiglianza, la diversità di posizione riflette una differente configurazione dell’operazio- ne: per Xxxxxxx e Xxxxxx, si trattava di un contratto di compravendita con un patto aggiunto, per Xxxxxx e Xxxxxxx, di un contratto di compravendita sottoposto a condizione: cfr. infra, nt. 26.
3 Su questi versi - il cui specifico contenuto non rileva ai nostri fini - rinvio, per tutti, a X. Xxxxx, Ab- grenzung zwischen Kauf und Tausch in der Dichtung des Homer, in X. Xxxxx - X. Xxxxx (hrsgs.), Kaufen nach römischem Recht. Antikes Erbe in der europäischen Kaufrechtsordnungen, Köln-Heidelberg 2008, 53 ss.
4 È questa la sostanza della fattispecie prospettata da Xxxxx Xxxxxx, a prescindere dall’eventualità che il testo pervenutoci debba (come ritenuto dai più) emendarsi – o espungendo ‘acceperim et’ (a questa opzione, risalente al Mommsen, corrisponde la versione italiana che ho fornito) o sostituendo a queste parole il ver- bo ‘accesserim’ (che alluderebbe all’accostarsi da parte di un interessato all’acquisto: «se io abbia avvicinato
2. Com’è palese, i due paragrafi concernenti i requisiti del pretium (§§ 140 e 141) pre- sentano una identità di complessiva struttura.
In entrambi i casi viene, dapprima, enunciata una prescrizione netta e recisa: ‘Pretium autem certum esse debet’, ‘Pretium in numerata pecunia consistere debet’. Tali prescrizioni erano implici- tamente assunte da Gaio come ‘regulae’. Lo si desume dall’esordio della trattazione sulla locatio- conductio, congegnata sulla falsariga e in simmetria rispetto a quella riguardante l’emptio-venditio. Ivi Gaio enuncia che la locatio-conductio “si costituisce” con le stesse regulae della compravendita e cioè con le stesse direttive da seguire in fase di compimento del negozio:5 che l’impiego del termine ‘regulae’ corrisponda alla prospettiva espressa dal verbo ‘debere’ usato in materia di com- pravendita è mostrato dal fatto che nella trattazione sulla locazione vengono richiamate direttive simmetriche rispetto a quelle espresse, appunto, con il ‘debet’ in materia di emptio-venditio.6
Quindi, in entrambi i paragrafi, subito dopo l’enunciazione delle predette prescrizioni, viene data notizia di un contrasto tra giuristi circa la rilevanza o meno di operazioni com- xxxxx difformemente dalle prescrizioni stesse:7 nel § 140, tra Labeone e Cassio, da un lato, Xxxxxx e Xxxxxxx dall’altro;8 nel § 141, tra Xxxxxxxxx e Xxxxxxxxxx.
te, che hai una res messa in vendita, e ti abbia dato uno schiavo a titolo di pretium») – ovvero debba essere mantenuto così come trasmesso dal ms. veronese. Sulla questione sono intervenuti in modo specifico, re- centissimamente, X. Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxx e le dispute su permutatio ed emptio venditio, in IURA 62, 2014, 24 ss. e f. La Xxxx, Xxxxx Xxxxxx e le due Scuole, in IURA 63, 2015, 104 ss.: il primo in favore del mante- nimento del testo tràdito, la seconda a sostegno della proposta mommseniana di mera eliminazione, come glossa, delle parole ‘acceperim et’. Ritengo preferibile quest’ultima soluzione: invero, mi pare abbia ragione Franca La Rosa, da un lato, nel ribadire la difficoltà posta dal collegamento tra ‘accipere’ e il dativo ‘tibi ... habenti’, dall’altro lato, nel segnalare il contrasto fra un cenno ad un già avvenuto accipere (‘si rem ..., veluti fundum, acceperim’) e la successiva indicazione finale ‘ut fundum acciperetur’ (non condivisibile, invece, mi pare lo spunto che si è voluto trarre dall’uso di ‘videri’, che qui, a mio avviso, non va inteso come “sembra che abbia venduto”, bensì come “risulta che ha venduto”: cfr. infra, § 5 su nt. 38).
5 Riporto la prima parte della trattazione: Gai 3.142. Locatio autem et conductio s i m i l i b u s r e - g u l i s constituitur; nisi enim merces certa statuta sit, non uidetur locatio et conductio contrahi. 143. Unde si alieno arbitrio merces permissa sit, uelut quanti Titius aestimauerit, quaeritur, an locatio et conductio contrahatur. qua de causa si fulloni polienda curandaue, sarcinatori sarcienda uestimenta dederim nulla statim mercede constituta, postea tantum daturus, quanti inter nos conuenerit, quaeritur, an locatio et conductio contrahatur. 144. Item si rem tibi uten- dam dederim et inuicem aliam rem utendam acceperim, quaeritur, an locatio et conductio contrahatur.
6 Precisamente, nei §§ 142-143 viene in questione il requisito della merces certa, così come nel § 140 si era prescritto ‘pretium certum esse d e b e t’; e nel § 144 il discorso introdotto da ‘item’ sottintende la ‘re- gula’ che la merces deve consistere in pecunia numerata, così come per la compravendita si era asserito ‘item pretium in pecunia numerata consistere d e b e t’.
7 Anche da questo punto di vista la trattazione sulla locatio-conductio è simmetrica rispetto a quella sull’emptio-venditio. I §§ 142-144, infatti, si articolano attraverso la prospettazione di dispute e incertezze interpretative relativamente alla possibilità o meno di considerare come riconducibili alla figura in esame operazioni nelle quali le due regulae corrispondenti a quelle in tema di pretium nella compravendita non vengano osservate. A differenza, peraltro, di quanto esposto in ordine al carattere certum del pretium, con ri- ferimento alla merces ‘certa’ Gaio prospetta due dispute: una riguardante l’ipotesi di fissazione della mercede rimessa all’arbitrium di un terzo (come per la compravendita), l’altra riguardante il caso in cui l’ammontare della merces sarà concordata in un secondo momento tra le stesse parti.
8 Sul punto cfr. infra, § 4, a proposito della particolare interpretazione del contrasto tra le due coppie di giuristi proposta da Xxxxxxx Xxxxxxxx.
Ebbene, il dato che costituisce oggetto specifico della presente indagine è il seguente. I rilievi che seguono i due ‘debet’ sono introdotti da un ‘nam’ e cioè sono congegnati in chiave di esplicitazione delle prescrizioni iniziali; tuttavia, dal momento che tali rilievi consistono, come si è appena detto, nel richiamo apposito a contrasti giurisprudenziali sull’effettiva incidenza delle due regulae, essi parrebbero, anziché confermare, mettere in discussione l’as- solutezza delle regulae stesse subito prima formulate.
Questa tensione tra i due elementi dell’esposizione – regula formulata con ‘debet + infinito’, da un lato, e immediata menzione, in funzione esplicativa, di un ius controversum, dall’altro – è rimasta stranamente in ombra pur nel quadro di una sempre più assidua frequentazione storio- grafica del complessivo squarcio gaiano: i due soli casi di segnalazione che ho potuto incontrare riguardano esclusivamente il § 141 e consistono in semplici accenni, non accompagnati da considerazione apposita né da tentativi di spiegazione.9 A me sembra, invece, che il fenomeno meriti una specifica attenzione; e che esso, lungi dall’esser casuale o di trascurabile significato, si inquadri e si giustifichi entro una precisa “logica” dell’approccio didattico gaiano.
3. È il caso, anzitutto, di considerare più da vicino la consistenza dei due riscontri.
Con riferimento al § 141, la polarità tra i due elementi dell’esposizione, che costituisce un dato di evidenza oggettiva, risulterebbe ancora più intrigante ove si seguisse la communis opinio, secondo cui Gaio aderiva alla posizione dei Sabiniani, che consideravano come em- ptio-venditio un’operazione di scambio di una res contro un’alia res non consistente in pecu- nia numerata:10 in questo caso, infatti, Gaio avrebbe fissato, in apertura, una prescrizione con un tenore formale assai reciso, pur coltivando egli stesso, personalmente, un orientamento di contestazione e disattendimento della stessa!
9 In particolare, si registrano, in tempi recentissimi, le rapide notazioni di X. Xxxxxxxxxxx, Studi sul contratto estimatorio e sulla permuta nel diritto romano, Trento 2011, 210 nt. 9, il quale – sul presupposto che Xxxx seguisse l’opinione sabiniana (p. 211) – afferma che l’asserzione secondo cui il prezzo deve consistere in pecunia numerata
«sembra in contrasto con quanto lo stesso Xxxx riferisce poco dopo: egli infatti, in quanto allievo della scuola sabiniana, conferma l’indirizzo suggerito dai suoi praeceptores i quali ritenevano che il prezzo potesse consistere anche in alia re»; e di X. Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxx, cit., 30 (cfr. già p. 18), il quale si limita a scrivere: «L’andamento complessivo del discorso svolto da Xxxx [...] appare [. ] assai strano. Infatti, dopo aver recisamente affermato
che pretium in numerata pecunia consistere debet, quindi aver presentato questo come principio indiscusso, subito dopo contraddittoriamente afferma che era fortemente discusso (valde quaeritur) se in ceteris rebus pretium esse possit, come sostenuto dai suoi praeceptores, o dovesse in numerata pecunia consistere, come sostenuto dai diversae scholae auctores». Dal canto suo, X. Xxxxxxxxxxx, D. 19.5.22: Gaio e il ‘iudicium quasi de novo negotio’, in TSDP 5, 2012, 6 s. semplicemente commenta: «Evidentemente, la certezza del pretium e della merces erano requisiti la cui essenzialità era oggetto di ius controversum». Aggiungasi l’implicita rilevazione che, a suo tempo, dovette certo determinare l’arbitraria e radicale riscrittura dell’incipit del § 141 da parte X. Xxxxxxx, Romanistische Studien, in TR 8, 1928, 282: <An> [–] pretium in numerata pecunia consistere <debeat> [–] quaeritur.
10 Tra la lett. più recente cfr. X. Xxxxxxx, I contratti innominati, in Derecho de obligaciones. Homenaje J.
L. Murga Gener, Madrid 1994, 79 (= Id., Miscellanea romanistica, Madrid 1994, 246); X. Xxxxxx, Il modello delle scuole in Xxxxxxxx e Gaio, in SDHI 63, 1997, 59 nt. 267; X. Xxxxxxx, Categorie economiche nei giu- risti romani, Napoli 2000, 63; 216 nt. 27; X. Xxxxxxxx, Consensus. Problemi di origine, tutela processuale, prospettive sistematiche, Napoli 2003, 382; X. Xxxxxxx, Do ut des e do ut facias. Archetipi labeoniani e tutele contrattuali nella giurisprudenza romana tra primo e secondo secolo d.C., in X. Xxxxxxxx (cur.), Scambio e gratuità. Confini e contenuti dell’area contrattuale, Padova 2011, 109 (implicitamente); X. Xxxxxxxxxxx, Studi sul contratto estimatorio, cit., 211.
In realtà, però, a me pare che Xxxx seguisse l’opinione dei Proculiani.
In questo senso può orientare, anzitutto, la disparità di trattamento che Xxxx mostra nel dar conto delle due contrapposte opinioni. Invero, con riguardo alla tesi sabiniana non vi è alcun cenno ad una vera e propria dimostrazione:11 la tesi è presentata come una mera constatazione del fatto che comunemente (vulgo) i Sabiniani ritengono che con la permutatio rerum si contrae un’emptio-venditio12 e che la permutatio rerum era un tipo antichissimo di compravendita,13 come sarebbe provato da alcuni versi omerici. Per contro, in relazione alla tesi proculiana è riferita, sia pure assai brevemente, un’autentica dimostrazione: nella permuta non si potrebbe distinguere quale cosa sia stata venduta e quale sia stata data pretii nomine, bensì ciascuna di esse risulterebbe al contempo venduta e data a titolo di prezzo, il che sarebbe assurdo.
Inoltre, e soprattutto, mi pare significativo il riferimento finale ad un’osservazione di Xxxxx Xxxxxx (riferimento che, all’opposto, non di rado è addotto proprio a sostegno di una presunta adesione di Gaio ai propri praeceptores).14 Stando, almeno, ai contenuti di Gai 3.141, credo, in effetti, che si possano trarre due conclusioni.
La prima. Xxxxx Xxxxxx n o n accettava la tesi sabiniana della normale configurabilità di ogni permutatio rerum come emptio-venditio: diversamente, infatti, non si spiegherebbe perché egli abbia sentito il bisogno di segnalare una speciale fattispecie di permutatio, le cui
11 Mi pare, francamente, eccessiva l’individuazione (anche con riguardo alla tesi sabiniana) di appositi loci argomentativi sostenuta recentemente da T. G. Xxxxxx, Xxxxx meets Xxxxxx. Law and Rhetoric in the School Controversies, Leiden 2009, 215 ss.; cfr. anche Ead., The controversy about the nature of the price in a contract of sale, in RIDA 57, 2009, 283 ss. Emblematica di questo tipo di lettura è la riconduzione (Gaius cit., 231 s. = The controversy cit., 299 s.) dell’affermazione ‘diuersae scholae auctores dissentiunt a l i u d q u e e s s e existimant permutationem rerum, a l i u d emptionem et uenditionem’ al ‘locus a differentia’ (esempli- ficato tramite Quint., inst. or. 5.10.60: ‘Quod autem proprium non erit, differens erit, ut aliud est servum esse, aliud servire’): perché dobbiamo pensare ad un consapevole impiego di schemi argomentativi propri della retorica, quando un’affermazione come quella trascritta può ottimamente leggersi come un modo spon- taneo (e forse, il più naturale) di esprimere una distinzione tra due figure? Tanto più, poi, se la fissazione della distinzione era concepita per contrastare l’assunto sabiniano secondo cui “la permuta è un tipo […] di compravendita” (‘eamque speciem emptionis uenditionisque […] e s s e’)?
12 Diversamente, Xxxxxx-Xxxxxx, Gai Institutiones III 88-181, cit., 268 traducono ‘vulgo’ con “ihre (scil. dei Sabiniani) ganz allgemeine Meinung”; e X. Xxxxxxx, Xxxxx, Xxxx et la théorie de la monnaie, in Athe- naeum 62, 1984, 116 intende nel senso che i Sabiniani “étaient d’accord avec l’opinion commune”.
13 Nelle parole ‘eamque speciem emptionis uenditionisque uetustissimam esse’ si è tentati di leggere un riferi- mento allo strumento della distinzione in genera e species (cfr., ad es. X. Xxxxxxx, Categorie economiche, cit., 64 e nt. 50; X. Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, cit., 382; T. G. Xxxxxx, Xxxxx meets Xxxxxx, cit., 236; X. Xxxxxxxxxxx, Studi sul contratto estimatorio, cit., 223 ss.; da ultimo, X. Xxxxxxx, Do ut des cit., 107 s., con ulteriore lett. in nt. 39), intendendo, in sostanza, la frase nel seguente modo: “e che questa (scil. la permutatio rerum) è una species di emptio-venditio antichissima”. A me pare, piuttosto, che il senso più naturale della frase sia “e (ritengono) che questa species di emptio-venditio è antichissima” e che in questo caso ‘species’ significhi ‘tipo’, ‘forma’, senza coinvolgimento dello schema genus-species: analogamente, ad es., in Gai 3. 173 (con eloquente uso scambievole dei termini ‘species’ e ‘genus’: ‘Est et alia species imaginariae solutionis per aes et libram. Quod et ipsum genus certis ex causis receptum est...’) e in Gai 3.90 (‘Sed haec species obligationis non videtur ex contractu consistere...’). Del resto, un richiamo ai versi omerici meglio si presta a giustificare l’affermazione che si tratta di una forma anti- chissima di compravendita, anziché a dimostrarne la configurazione come species di un genus-compravendita.
14 Cfr., ad es., in tempi recenti, Xxxxxx, Il modello delle scuole, cit., 59 nt. 267; X. Xxxxxxxx, Consensus, cit., 388; X. Xxxxxxxxxxx, Studi sul contratto estimatorio, cit., 211 s.
caratteristiche consentono, questa volta sì, un inquadramento dell’operazione nello schema contrattuale della compravendita. A mio modo di vedere, cioè, Xxxxx Xxxxxx adottava, quale punto di vista di fondo, la posizione proculiana, argomentata in termini di impossibilità di distinguere, in assenza di pecunia numerata, quale sia la cosa venduta e quale sia il prezzo; e però, egli precisava che questa stessa posizione perdeva la sua ragion d’essere in relazione ad una fattispecie particolare, nella quale, pur in mancanza di pecunia numerata, era agevole stabilire che uno degli oggetti permutati era la cosa venduta e l’altro era, invece, una cosa data pretii nomine. La fattispecie a tal fine prospettata è quella in cui una delle due cose sia una res ‘venalis’, cioè una cosa appositamente e dichiaratamente destinata ad esser venduta o addirittura messa in vendita: l’eventuale proposta proveniente da un soggetto che presentasse un’ ‘alia res’ sarebbe stata subito riconoscibile come proposta di acquisto, e dunque sarebbe stato evidente che questa alia res fungeva da pretium rispetto alla res messa in vendita (o destinata alla vendita), venalis. In sostanza, ritengo che Xxxxx Xxxxxx, lungi dall’aver voluto ‘superare’ o ‘aggirare’ la posizione di fondo dei Proculiani15 o assumere una posizione inter- media tra quelle delle due sectae,16 si schierasse, conformemente alla visione proculiana, per la generale diversità di struttura e regime tra compravendita e permuta, ma ammettesse un caso particolare in cui le modalità costitutive del negozio consentivano di individuare una emptio-venditio pur in assenza di pecunia numerata pretii nomine.
La seconda. La complessiva sequenza dell’intero resoconto gaiano induce a ritenere che il richiamo di Gaio alla notazione di Xxxxx Xxxxxx fosse adesivo. Il che, a sua volta – era questo il punto al quale si accennava poc’anzi –, deporrebbe nel senso che anche Xxxx muoveva dalla medesima premessa del ragionamento di Xxxxx Xxxxxx, e cioè, come si è detto, da un pregiudiziale accoglimento dell’impostazione proculiana.17
Ad ogni modo, quale che fosse il personale convincimento di Xxxx, quel che conta è che, come segnalato più su, il § 141 costituisce un’attestazione di evidenza oggettiva: la costru- zione di una sequenza tra una recisa regula (‘pretium in pecunia numerata consistere debet’) e una esplicitazione apposita di essa (‘nam...’) che, però, incrina la solidità della prescrizione attraverso il fatto in sé del richiamo ad un ius controversum, è un dato palese ed inequivoco.
15 Così, ad es., X. Xxxxxxxx, loc. ult. cit. (seguito da X. Xxxxxxxxxxx, Studi sul contratto estimatorio, cit., 216 nt. 27) e, ultimamente, X. Xxxxxxx, Do ut des cit., 108 («Xxxxx Xxxxxx – opponendosi recisamente alla prospettiva proculiana e precisando il pensiero dei suoi maestri – ...»).
16 Ampi richiami bibliografici in X. Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxx, cit., 28 nt. 39, alla cui rassegna adde X. Xxxxxxxx, Actio civilis in factum e actio praescriptis verbis, in SDHI 72, 2006, 233 (ora in Scritti di Xxxxxx Xxxxxxxx (1947-2006), a cura di F. Pergami, Napoli - Roma 2011, 1483).
17 Appena pochi giorni dopo lo svolgimento del Convegno (supra, nt. *) nel quale ho presentato questa lettura sia della posizione di Xxxxx Xxxxxx sia della posizione assunta da Gaio, è apparso il volume di IURA 62, 2014, contenente un’interpretazione analoga di questi due specifici punti nel contempo maturata da parte di Xxxxxxxx Xxxxxxx (Xxxxx Xxxxxx, cit., p. 28 ss.). Il che, naturalmente, costituisce per me conforto autorevole.
In precedenza, ad una propensione di Gaio verso la posizione dei Xxxxxxxxxx aveva accennato R. Qua- drato, Xxxxx xxxxx. La voce di un giurista di frontiera, Bari 2010, XIII, ma unicamente in ragione della circostanza che Xxxx non prende esplicita posizione in merito alla disputa: «il suo silenzio, la sua (apparente) neutralità nel non aderire all’indirizzo dei maestri, può essere interpretata come una presa di distanza, quasi una tacita sconfessione, la prospettiva, da lui intravista, del novum negotium » (un più rapido cenno già in Id., Le Institutiones nell’insegnamento di Xxxx. Omissioni e rinvii, Napoli 1979, 66, con adesione da parte di
X. Xxxxxx, Valore ed uso giurisprudenziale di absurdus/e, in SDHI 1997, 223).
E questo dato è reso ancora più limpido dalla circostanza che la disputa giurisprudenziale riferita dal giurista è esplicitamente presentata come attuale: ‘valde quaeritur’.18
4.1. Quanto al riscontro presente nel § 140, la sussistenza di un attrito tra enunciazione della regula, da un lato, e menzione di contrapposte posizioni giurisprudenziali, dall’altro, va appositamente ribadita a fronte della prospettazione, in tempi recenti, di due interpretazioni che, per vie diverse, postulano invece piena coerenza tra i due predetti elementi dell’espo- sizione gaiana.
La prima di queste due interpretazioni19 – che considera il testo del ms. Veronese come coincidente con l’originaria scrittura gaiana e, dunque, come non bisognevole di questa o quella proposta di integrazione di una ipotizzata lacuna20 – assume che tutti e quattro i giu- risti richiamati da Xxxx configurassero la fattispecie ‘nam alioquin si inter nos convenerit...’ come un’emptio-venditio con un pactum aggiunto e, soprattutto, che tutti fossero d’accordo nel ritenere che l’inosservanza del requisito del pretium ‘certum’ creava problemi all’operazio- ne negoziale. La difformità di vedute tra i giuristi citati riguarderebbe, unicamente, la gittata della conseguenza negativa (‘ullam vim habere’): mentre per Xxxxxxx e Cassio il pactum aggiunto (‘negotium’) in base al quale si rimetteva la determinazione del pretium ad un terzo non aveva alcuna efficacia (‘Labeo negavit ullam vim hoc negotium habere; cuius opinionem Xxxxxxx probat’) ma lasciava in piedi la compravendita, invece Xxxxxx e Xxxxxxx ritenevano nulla l’intera compravendita (‘Xxxxxxx et eam emptionem et venditionem; cuius opinionem Pro- culus secutus est’).
Più di un elemento del complessivo tenore formale del testo, tuttavia, ostacola l’accogli- mento di questa lettura.
Anzitutto, apparirebbe eccessivo il ricorso, da parte di Xxxx, ad una struttura estrema- mente ellittica quale ‘et eam emptionem et venditionem’ per dar conto, in sostanza, di una negazione: tanto più, poi, che questa struttura non è immediatamente legata al verbo sot- tinteso che la reggerebbe (negavit ), dal momento che, in mezzo, si frappone l’inciso ‘cuius opinionem Cassius probat’.
D’altra parte, per far dire a Xxxxxx che, oltre al semplice pactum aggiunto (come avrebbe ritenuto Labeone), “anche la stessa compravendita” non ha efficacia alcuna, sarebbe stato – credo – più adatto scrivere ‘et i p s a m emptionem et venditionem’ anziché ‘et eam emptionem et venditionem’.
Infine, e soprattutto, risulta significativo l’uso del termine ‘negotium’, che, secondo l’in- terpretazione in esame, alluderebbe al pactum adiectum. Intanto, se Xxxx avesse inteso dar notizia di una diagnosi di inefficacia riguardante un patto (aggiunto), sarebbe sorprendente
18 Successivamente a Gaio, Xxxxx presenta la discussione come ancora aperta: D. 18.1.1pr. (Xxxx. 33 ad ed.) Xxxxx emendi vendendique a permutationibus coepit ... Olim enim non ita erat nummus neque aliud merx, aliud pretium vocabatur ... [1] Sed an sine nummis venditio d i c i h o d i e q u e p o s s i t, d u b i t a t u r
... Xxxxxxx et Xxxxxxx esse emptionem et venditionem putant: Xxxxx et Xxxxxxxx permutationem ... Sed verior est Xxxxxx et Xxxxxxx sententia: nam ut aliud est vendere, aliud emere, alius emptor, alius venditor, sic aliud est pretium, aliud merx: quod in permutatione discerni non potest, uter emptor, uter venditor sit.
19 L. fascione, La determinazione dell’oggetto del contratto (vendita e locazione), in Societas-ius. Munuscu- la di allievi a Xxxxxxxxx Xxxxxx, Napoli 1999, 80 ss.
20 Cfr. supra, nt. 1.
la rinuncia alla soluzione terminologico-concettuale più naturale e, cioè, all’impiego del se- gno ‘pactio’ o del segno ‘pactum’, ricorrenti nel manuale.21 Ancor più, poi, rileva il fatto che lo specifico termine ‘negotium’, non solo nell’intero manuale non è mai usato per indicare un pactum, ma appena poche battute prima (Gai 3.136) era stato impiegato, due volte, per al- ludere all’operazione contrattuale22 (per di più, riferendosi proprio ai contratti consensuali): ‘...sufficit eos, qui n e g o t i u m gerunt, consensisse. Unde inter absentes quoque t a l i a n e - g o t i a contrahuntur, veluti per epistulam aut per internuntium, cum alioquin v e r b o r u m o b l i g a t i o inter absentes f i e r i non possit’. È inverosimile, a mio modo di vedere, che, di lì a poco, Xxxx avesse utilizzato il medesimo termine per riferirsi (in modo già in sé curioso, come detto) al pactum aggiunto23 e proprio in contrapposizione al contratto (sarebbe questo, secondo l’ipotesi in esame, il senso di ‘et eam emptionem et venditionem’ della tesi ofiliana). Del resto, è notevole che per un’altra ipotesi di separata determinazione del pretium lo stesso Xxxx usa ‘negotium’ chiaramente per indicare l’intera operazione contrattuale: D.
18.1.35.1 (Gai. 10 ad ed. prov.) ‘Illud constat imperfectum esse n e g o t i u m, cum emere volenti sic venditor dicit: “quanti velis, quanti aequum putaveris, quanti aestimaveris, habebis emptum” ’;24 ed è parimenti notevole che ‘negotium’ è impiegato sempre da Xxxx in relazio- ne all’individuazione dell’esatta configurazione contrattuale di una fattispecie al confine tra emptio-venditio e locatio-conductio.25 In realtà, la scelta, nel nostro Gai 3.140, di ricorrere a
21 Per ‘pactio’ cfr. Gai 1.84; 2.31; 2.64; 3.149; 4.119; per ‘pactum’ (per lo più abbinato a ‘conventum’)
cfr. Gai 3.179; 4.116; 119; 121; 122; 126.
22 Che in Gai 3.136 il termine ‘negotium’ indichi il contratto (anziché il ‘rapporto giuridico’ o l’ ‘affare’) si desume dalla correlazione ‘talia negotia contrahuntur - verborum obligatio ... fieri non possit’, posto che la verborum obligatio, anziché essere il rapporto obbligatorio nascente verbis, è l’atto obbligante che costituisce verbis: cfr. X. Xxxxxxx, Il contratto nel pensiero di Xxxxxxx, in AUPA 37, 1983, 15 nt. 18; X. xxxxxxx, Obligatio est iuris vinculum, Torino 2003, 38 nt. 97.
23 E ciò, quand’anche si volesse immaginare che il termine fosse stato utilizzato (già) da Labeone.
24 Su questo brano cfr. infra, in questo stesso paragrafo. Un altro impiego di ‘negotium’ con riferimen- to al contratto (di compravendita) ricorre nel brano trascritto dai compilatori subito dopo quello or ora indicato e anch’esso derivante dal libro 10 ad ed. prov. di Xxxx: D.18.1.35.3 ‘Si quis amico peregre eunti mandauerit, ut fugitiuum suum quaerat et si inuenerit uendat, nec ipse contra senatus consultum committit, quia non uendidit, neque amicus eius, quia praesentem uendit: emptor quoque, qui praesentem emit, r e c t e n e g o t i u m g e r e r e intellegitur’.
25 D. 19.2.2.1 (Gai. 2 rer. cott.) ‘Locatio et conductio proxima est emptioni et uenditioni isdemque iuris regulis constitit: nam ut emptio et uenditio ita contrahitur, si de pretio conuenerit, sic et locatio et conductio contrahi intellegitur, si de mercede conuenerit. Adeo autem familiaritatem aliquam habere uidentur emptio et uenditio, item locatio et conductio, ut in quibusdam quaeri soleat, utrum emptio et uenditio sit an locatio et conductio. ut ecce si cum aurifice mihi conuenerit, ut is ex auro suo anulos mihi faceret certi ponderis certaeque formae et acceperit uerbi gratia trecenta, utrum emptio et uenditio sit, an locatio et conductio? s e d p l a c e t u n u m e s s e n e g o t i u m e t m a g i s e m p t i o n e m e t u e n d i t i o n e m e s s e. quod si ego aurum dedero mercede pro opera constituta, dubium non est, quin locatio et conductio sit’. Non mi pare vi siano ragioni per dubitare della genuinità delle parole ‘unum esse negotium et’, come, invece, adombra ultimamente X. Xxxxx, La «conventio cum aurifice» di Gai 3.147, in Index 38, 2010, 293 nt. 7 e 332 s. Le tracce di un intervento giustinianeo indicate dalla studiosa catanese (la riduzione delle articolate fattispecie contemplate in Gai 3.145-147 ad un solo caso: ‘ut ecce...’; e il ‘placet’ al posto del passato (plerisque) placuit di Gai 3.147) sono, certamente, presenti; e, appunto, ritengo che l’avversativa ‘sed placet ’ presupponga
un’originaria presenza, nel testo delle Res cottidianae, della menzione della diversa opinione di Xxxxxx che si
‘negotium’ ottimamente si spiega con la circostanza che, mentre Xxxxxx e Xxxxxxx dovettero configurare la fattispecie in esame come compravendita sottoposta a condizione, da Xxxxxxx e Xxxxxxx l’operazione colpita dal giudizio ‘ullam vim habere’ era costruita come articolata in due distinti atti, il contratto e un patto:26 il termine ‘negotium’, appunto, si prestava ad indicare l’operazione nel suo complesso, non il (solo) contratto né il (solo) patto aggiunto. A tal proposito, peraltro, è interessante il confronto con un testo di Xxxxxxxx (D. 24.1.31.4
- l. 14 ad Sab.) nel quale viene scolpita una pregnante contrapposizione, proprio in ordine al profilo della validità, tra ‘totum negotium’, inteso come complessiva operazione negoziale, e ‘sola pactio’, assunta come un singolo elemento di quell’operazione (‘...uidendum est, quid de ea uenditione agatur, utrum res uenierit et totum negotium ualeat, an uero ut ea sola pactio irrita sit, ...’).
Alla luce dei dati che precedono, credo, dunque, che debba senz’altro mantenersi ferma la tradizionale individuazione di una contrapposizione radicale tra le due coppie di giuristi in relazione alla efficacia/sussistenza della compravendita: Xxxxxxx e Cassio ritenevano che l’intera operazione fosse priva di efficacia (non si configurasse, cioè, alcuna emptio venditio), laddove Ofilio e Proculo ritenevano anche quella in esame essere (cioè, configurarsi come) una emptio-venditio.
4.2. La seconda intepretazione recente alla quale accennavo consiste nella proposta di intendere le parole ‘nam alioquin’ come introducenti, non già la complessiva contrappo- sizione tra le posizioni di Labeone-Cassio e di Ofilio-Xxxxxxx, bensì la sola citazione del pensiero di Xxxxxxx e Xxxxxx, orientato nel senso di una irrilevanza di un negotium che non preveda un pretium ‘certum’.27 Secondo questa restrittiva lettura, Xxxx avrebbe aderito alla posizione di Xxxxxxx e Xxxxxx; e la menzione della contrapposta opinione di Xxxxxx e Xxxxxxx avrebbe costituito una semplice notazione storica. Se così fosse, evidentemente non si profilerebbe alcuna incongruenza rispetto all’affermazione precedente: piuttosto, il tratto ‘nam alioquin...’ costituirebbe una lineare e chiara conferma delle parole d’esordio ‘pretium certum esse debet’.
legge nel corrispondente Gai 3.147, secondo cui nella fattispecie in esame dovevano riconoscersi due distin- ti contratti (‘Cassius ait materiae quidem emptionem venditionemque contrahi, operarum autem locationem et conductionem’): menzione che dovette esser stata eliminata dai compilatori giustinianei. Proprio per questo, però, è inverosimile che questi stessi avessero autonomamente introdotto le parole ‘unum esse negotium’: queste ultime, piuttosto, dovevano fungere, nell’originale classico, da contraltare rispetto alla composita strutturazione negoziale assunta da Xxxxxx.
26 Sulle due contrapposte opinioni in relazione a differenti costruzioni dogmatiche della fattispecie cfr., in tempi recenti, Xxxxxx-Manthe, Gai Institutiones III 88-181, cit., 259 ss.: secondo questi studiosi, per Labe- one e Cassio la separata determinazione del pretium formava oggetto di un pactum adiectum, privo di valore in quanto la validità di un patto aggiunto presuppone la validità del negozio principale, il quale però non poteva essere considerato valido proprio perché mancante del requisito del pretium (cfr. già, ad es., G.G. Archi, Il negozio sotto condizione sospensiva nella Compilazione di Xxxxxxxxxxx, in St. Betti, II, Milano 1961, 38 = Scritti di diritto romano, III, Milano 1981, 2053); che Xxxxxx e Xxxxxxx, invece, dovettero configurare una compravendi- ta sottoposta a condizione è argomentabile da una pronunzia di Proculo, D.17.2.76, in cui il giurista ammette la possibilità di societatem coire con la condicio che un terzo stabilisca le quote societarie.
27 X. Xxxxxxxxx, Sulla clausola “quanti Titius rem aestimaverit” nella riflessione dei giuristi romani, in RIDA 58, 2011, 99 ss.
Sennonché, a me pare che l’idea secondo cui la citazione di Xxxxxx e Xxxxxxx sarebbe stata compiuta – a fronte di una pretesa adesione gaiana a Xxxxxxx e Xxxxxx – a mo’ di mero ricordo storico urti contro la circostanza che non si capirebbe per quale ragione Xxxx avreb- be introdotto la segnalazione di un’antica opinione divergente se avesse voluto rafforzare il ‘debet’ iniziale, e per di più mettendola oggettivamente in risalto citandola dopo l’opinione di Xxxxxxx e Xxxxxx.28 D’altra parte, la correlata idea di una presunta adesione di Gaio alla posizione di Xxxxxxx e Xxxxxx non può trovare sostegno nei due seguenti testi, a tal fine addotti, provenienti dal commento all’editto provinciale dello stesso Xxxx:
D. 18.1.35.1 (Gai. 10 ad ed. prov.) Xxxxx constat imperfectum esse negotium, cum emere volenti sic venditor dicit: “quanti velis, quanti aequum putaveris, quanti aestimaveris, habebis emptum”;
D. 19.5.22 (Gai. 10 ad ed. prov.) Si tibi polienda sarciendaue uestimenta dederim, si qui- dem gratis hanc operam te suscipiente, mandati est obligatio, si uero mercede data aut constituta, locationis conductionisque negotium geritur. quod si neque gratis hanc operam susceperis neque protinus aut data aut constituta sit merces, sed eo animo negotium gestum fuerit, ut postea tan- tum mercedis nomine daretur, quantum inter non statutum sit, placet quasi de novo negotio in factum dandum esse iudicium, id est praescriptis uerbis.
Invero, il primo dei due testi riguarda una fattispecie differente rispetto a quella men- zionata in Gai 3.140: mentre in quest’ultimo viene in considerazione la determinazione del pretium da parte di un terzo estraneo all’operazione-compravendita, in D. 18.1.35.1 il discorso verte sulla determinazione del prezzo da parte di una delle stesse parti del negotium (il compratore).29
Quanto al secondo testo (D. 19.5.22), che viene invocato in ragione dell’analogia di
regulae costitutive fra locazione e compravendita (supra, § 2), solo ad una condizione esso
28 Non saprei dire se questa circostanza possa anche essere, più decisamente, utilizzata per ipotizzare che Gaio aderisse a Ofilio e Xxxxxxx. In questo senso si orientano, con opportuna cautela, D. Dalla – X. Xxxxxxxxxx, Istituzioni di diritto romano, Torino 1996, 364. Certo è che in un paio di casi Gaio menziona prima una soluzione superata e poi la soluzione che è prevalsa: cfr. Gai 3.147 ‘Cassius ait materiae quidem emptionem uenditionemque contrahi, operarum autem locationem et conductionem; sed plerisque placuit emptio- nem et uenditionem contrahi’; Gai 3.149, con richiamo alla magna quaestio tra Xxxxx e Xxxxxx in materia di societas; cfr., altresì, Gai 3.156, con confronto tra Xxxxxx e Xxxxxx, al quale accede esplicitamente Gaio, in tema di mandato di credito.
29 Con riferimento a questa fattispecie, l’indicazione “constat imperfectum esse negotium” può intendersi in modi diversi. O ‘imperfectum’, come si ritiene per lo più, significa “nullo”, e allora occorre pensare che dovette unanimemente apparire inammissibile ai giuristi rimettere solo al compratore, e proprio al com- pratore, la determinazione del pretium: dovette, cioè, apparire, troppo squilibrato in suo favore; oppure la qualifica va intesa nel senso di operazione “non completa”, in quanto non si è chiuso, per così dire, un cerchio convenzionale tra le due parti; o ancora, nel senso di operazione “non ancora conclusa”, con speci- fico riferimento al profilo dell’esistenza di una condicio (come hanno proposto Xxxxxx-Xxxxxx, Gai Insti- tutiones III 88-181, cit., 261 s., sulla base dello stesso seguito del discorso gaiano in D. 18.1.35.5 nonché delle notazioni di Xxxxx in D. 18.6.8 e di Ulpiano in D. 18.1.7pr.): i giuristi, cioè, avrebbero considerato unanimemente (constat) il negotium ancora ‘imperfectum’ in quanto sottoposto a condizione.
potrebbe indurre a concludere che in Gai 3.140 il giurista si allineava all’opinione di Xxxxx- ne e Xxxxxx escludendo la configurabilità di una emptio-venditio: e cioè, solo ove realmente questo testo mostrasse che Xxxx configurava come novum negotium, anziché come locazione, un accordo con rinvio a successiva determinazione della merces.30 Tuttavia, in D. 19.5.22 Gaio, nello scrivere ‘p l a c e t quasi de novo negotio ...’ utilizza un verbo che non esprime un proprio punto di vista personale, bensì segnala una posizione che risulta essere diffusa, prevalente e generalizzata:31 nessuna incompatibilità, dunque, si profila tra il contenuto di
D. 19.5.22 e una eventuale preferenza personale di Xxxx per la posizione di Xxxxxx e Xxxxxxx citata in Gai 3.140.
È pur vero, d’altra parte, che mancano indizi specifici per sostenere, all’opposto, una siffatta predilezione di Gaio per la diagnosi di Xxxxxx e Xxxxxxx (la quale, ove realmente soste- nibile, renderebbe ancor più evidente il problema del raccordo con l’iniziale fissazione della regula). Diversamente, infatti, da quanto ritenuto in tempi recenti da Xxxxxx-Xxxxxx,32 non è possibile considerare probante in questa direzione il seguente ulteriore squarcio del com- mento all’edictum provinciale di Gaio:
D. 19.2.25pr. (Gai. 10 ad ed. prov.) Si merces promissa sit g e n e r a l i t e r alieno a r b i t r i o, locatio et conductio contrahi non uidetur: sin autem quanti T i t i u s aestimauerit, sub hac condicione s t a r e l o c a t i o n e m, ut, si quidem ipse qui nominatus est mercedem definierit, omnimodo secundum eius aestimationem et mercedem persolui oporteat et conductio- nem ad effectum peruenire: sin autem ille uel noluerit uel non potuerit mercedem definire, tunc pro nihilo e s s e conductionem quasi nulla mercede statuta.
Secondo l’attuale tenore del testo, Xxxx ammetteva la validità del negozio (‘stare loca- tionem’) nel caso di merces rimessa a quanti Titius aestimaverit. Xxxxxx e Xxxxxx hanno ritenuto – sempre alla luce delle parole di Gai 3.142 ‘Locatio autem et conductio s i m i l i - b u s r e g u l i s constituitur’ – che questa affermazione di Xxxx dimostrerebbe che lo stesso giurista, in Gai 3.140, ammetteva, per analogia, la sussistenza e la validità anche di una compravendita con pretium rimesso a quanti Titius aestimaverit: Xxxx, in sostanza, avrebbe seguito Xxxxxx e Xxxxxxx, e non già Xxxxxxx e Xxxxxx.
Tuttavia, il testo conservato in D. 19.2.25pr. è in massima parte identico al dettato di una costituzione giustinianea del 530:
C. 4.38.15pr. (a. 530) Super rebus venumdandis, si quis ita rem comparavit, ut res vendita esset, quanti Titius aestimaverit, magna dubitatio exorta est multis antiquae prudentiae cultori- bus. 1. Quam decidentes censemus, cum huiusmodi conventio super venditione procedat “quanti ille aestimaverit”, sub hac condicione stare venditionem, ut, si quidem ipse qui nominatus est pretium definierit, omnimodo secundum eius aestimationem et pretia persolvi et venditionem ad
30 In questo senso, di recente, X. xxxxx, La definizione della ‘locatio conductio’. Giurisprudenza romana e tradizione romanistica, Napoli 1999, 247 nt. 213; X. Xxxxxxxxx, La clausola, cit., 117; X. Xxxxxxxxxxx, D. 19.5.22, cit., 53.
31 Come, del resto, aveva riconosciuto subito prima lo stesso X. Xxxxxxxxx, loc. ult. cit.
32 Xxxxxx-Manthe, Gai Institutiones III 88-181, cit., 282 ss.
effectum pervenire, 2. Sin autem ille vel noluerit vel non potuerit pretium definire, tunc pro
nihilo esse venditionem quasi nullo pretio statuto: 3. Quod et in huiusmodi locatione locum
habere censemus.
A me sembra innegabile che, come ritenuto da non pochi studiosi, sulla scia di Xxx- xxxxxxx, l’originale gaiano dovette essere differente e che il brano conservato nel Digesto sia il risultato di una consistente interpolazione-sostituzione che i compilatori giustinianei hanno compiuto ricalcando la costituzione giustinianea formulata in tema di compravendi- ta.33 In questo senso – e a scapito dell’altra vicenda astrattamente prospettabile, e cioè che, al contrario, sia stato l’estensore della costituzione a seguire un originale gaiano concernente la compravendita – depone un dato testuale e precisamente la presenza nel brano di Gaio di due verbi all’infinito (‘stare’ e ‘esse’) che non si giustificano in relazione al dettato comples- sivo: essi vanno considerati (lo rilevava già l’Xxxxxxxx) come dipendenti dal ‘censemus’ della costituzione che i compilatori del Digesto avevano sott’occhio e che hanno maldestramente sovrapposto alla diversa scrittura gaiana in materia di locazione (conformemente, del re- sto, alla disposizione giustinianea di estendere quanto stabilito per la compravendita anche all’ipotesi di conventio analogamente concepita in ordine ad una locazione: ‘. Quod et in
huiusmodi locatione locum habere censemus’).34 Se ciò è vero, il contenuto di D. 19.2.25pr. non può, allora, fornire alcun elemento utile per immaginare quale fosse la personale posi- zione di Gaio in ordine alla disputa sul pretium riferita in Gai 3.140.35
33 Cfr. X. Xxxxxxxxxx, Interpolationen in den Pandekten, Berlin 1887, 5 ss.; X. Xxxxxxxx, Des in- terpolations dans les Pandectes et des methodes propres à les decouvrir, Xxxxx 0000, 14 ss.; P. De francisci, SYNALLAGMA. Storia e teoria dei contratti innominati, I, Pavia 1911, 217 nt. 1; X. Xxxxxxxxxx, Iustum pretium e iusta aestimatio, in BIDR 31, 1921, 10 nt. 1; X. Xxxxx-Xxxx, Locatio-conductio, 1956, 84; X. Xxxxxxx-Xxxx, La compravendita,2 Napoli 1954, 141 nt. 1; A. D’Ors, C. 4.38.15 (530), interpolado por el mismo Xxxxxxxxxx, in SDHI 26, 1960, 325 ss.; X.-X. Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxxx Xxxxxxx zur Klassik, 1966, 148 nt. 14; X. Xxxxxxx, A proposito dell’ «arbitrium boni viri», in St. Scherillo, II, Milano 1972, 567 s.; X. Xxxxx, Xxx xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx, X, Xxxxxxx 0000, 490 nt. 23; X. Xxxxxxxx, Le Institutiones, cit., 123 s.; da ultimo, X. Xxxxxxxxx, La clausola, cit., 114. Per vero, questa diffusa opinione appare frutto – eccezion fatta per la posizione di Xxxxxxxx – di una tralatizia riproposizione di una diagnosi del Gradenwitz. Gli indizi addotti da quest’ultimo, tuttavia, sono facilmente superabili, come mostrato da Xxxxxx-Xxxxxx, Gai Institutiones III 88-181, cit., 286: l’assunto secondo cui Xxxx nell’opera ad edictum non avrebbe potuto contraddire quanto scritto in Gai 3.143 è smentito dal fatto che , in realtà, in Gai 3.143 il giurista non aveva preso posizione; né siamo costretti a pensare che, ogniqualvolta Giustiniano legiferava escerpendo da un testo giurisprudenziale classico, avrebbe dovuto menzionare il giurista.
34 L’argomento testuale in favore dell’intervento giustinianeo, or ora segnalato sulla scia di Xxxxxxxx, non può ritenersi controbilanciato dall’osservazione di Xxxxxx-Xxxxxx, loc. ult. cit., secondo cui, se i compilatori avessero importato nel Digesto il dettato imperiale, primariamente formulato in riferimento al pretium della compravendita, avrebbero con maggior naturalezza inserito la costituzione nel titolo D.
18.1 (e specificiamente, nel frammento 35, contenente materiale del commento edittale gaiano in tema di pretium), anziché nel titolo 19.2 concernente la locazione: può, infatti, obiettarsi che, anche nel caso in cui il dettato di Xxxx fosse genuino, la sua omissione, da parte dei compilatori, dalla serie di excerpta provenienti dalla medesima opera gaiana e concernenti il medesimo elemento del pretium e la sua collocazione nella diversa sede D. 19.1 apparirebbero curiose.
35 In conclusione, a differenza di quanto mi sembra possa avanzarsi in ordine alla disputa richiamata in Gai 3.141 (supra, § 3.1), nel testo di Gai 3.140 non v’è nulla che si presti, anche solo indirettamente,
5. Alla luce dell’apposita disamina or ora compiuta, possiamo dunque, con riguardo a Gai 3.140 e 141, ribadire quanto segue: a) la fissazione di una prescrizione operativa è segui- ta dalla segnalazione di una disputa giurisprudenziale in merito all’incidenza della prescrizio- ne stessa; b) la disputa è lasciata aperta da Xxxx, non escludendo, in tal modo, il giurista una maggiore adeguatezza o una più frequente applicazione, nella pratica, dell’una o dell’altra soluzione e, dunque, se del caso, anche della soluzione orientata nel senso dell’inosservanza della prescrizione; c) infine, siffatta segnalazione del ius controversum è presentata come di- retto svolgimento esplicativo della prescrizione (‘nam’).
Stando così le cose, l’interrogativo che si pone e che non può eludersi è il seguente: qual è il senso dei forti enunciati iniziali ‘pretium ... esse debet’ e ‘pretium ... consistere debet’ e della loro sostanziale considerazione quali ‘regulae’?
Ritengo che la chiave interpretativa sia offerta dalla parallela trattazione in tema di loca- tio-conductio.
Mi riferisco al fatto che Xxxx nel § 3.142, subito dopo aver esordito affermando, come già ricordato, che ‘locatio autem et conductio similibus regulis constituitur’, precisa la prima di tali regulae con la notazione ‘nisi enim merces certa statuta sit, non videtur locatio et conductio contrahi’; e, ulteriormente – ecco il punto –, esplica il ‘non videtur (contrahi)’ con la pro- spettazione di una controversia interpretativa, lasciata aperta, in ordine ad una particolare fattispecie: ‘U n d e si alieno arbitrio merces permissa sit, uelut quanti Titius aestimauerit, q u a e r i t u r, an locatio et conductio contrahatur’.
Ora, questo riferimento ad un ‘quaerere’ non accompagnato da una soluzione fa sì che, evidentemente, la precedente frase ‘non videtur locatio et conductio contrahi’ non può signifi- care “non sembra che si contragga una locazione”: se Xxxx avesse asserito che, in mancanza di merces ‘certa’, l’operazione “non appare, non sembra” una locatio, non avrebbe avuto senso indicare appositamente come conseguenza (unde) l’esistenza di una oscillazione interpreta- tiva al riguardo, la quale, lasciata irrisolta, avrebbe ammesso anche la possibilità che, invece, l’operazione in questione fosse una locatio.
Il vero è che in Gai 3.142 ‘non videtur’ significa “non è evidente”, “non si appalesa con evidenza” e quindi “non è raffigurabile senz’altro, senza incertezze come....”. Per questo vi sono margini di dubbi e divergenze interpretative (‘unde ... quaeritur, an locatio et conductio contrahatur’). Tra i riscontri del verbo ‘videri’ con questa sfumatura nel lessico gaiano36 ba- sterà qui richiamarne tre particolarmente significativi in ragione della materia trattata.
Il primo proviene dal commento all’editto provinciale:
D. 18.1.35.5 (Gai. 10 ad ed. prov.). In his quae pondere numero mensurave constant, ... modo ea servantur quae in ceteris, ut simul atque de pretio convenerit, v i d e a t u r perfecta venditio, modo ut, etiamsi de pretio convenerit, non tamen aliter videatur perfecta venditio, quam si admensa adpensa adnumeratave sint....
a suggerire il personale orientamento di Gaio. In questo senso, da ultimo, X. Xxxxxxxx, L’arbitraggio sul prezzo, in X. Xxxxxx (cur.), Vir bonus. Un modello ermeneutico della riflessione giuridica, Bari 2013, 224 e nt. 34 con bibl.
36 Cfr. anche ad es., Gai 3.90 ‘magis distrahendae obligationis animo quam contrahendae dare videtur’;
44.2.15 (Gai. 30 ad ed. prov.) ‘eo ipso, quod meam esse pronuntiatum est, ex diverso pronunitiatum videtur tuam non esse’; e, forse, D. 47.22.4 (Gai. 4 ad l. XII tab.) ‘haec lex videtur ex lege Solonis tralata esse’.
La consistenza del riscontro deriva dal fatto che l’affermazione ‘simul atque de pretio convenerit, videatur perfecta venditio’ attiene proprio ad un requisito che Gai 3.139 assume in termini oggettivi e come assolutamente indiscusso: ‘Emptio et venditio contrahitur, cum de pretio convenerit...’.
Un secondo riscontro è offerto dal seguito della stessa trattazione istituzionale sulla loca- tio-conductio, e segnatamente dal § 146, nel quale Xxxx conclude il resoconto concernente l’incertezza circa la configurabilità come locatio-conductio o invece come emptio-venditio di un particolare accordo (concluso tra il lanista e l’organizzatore dei giochi circensi e avente ad oggetto il compenso per la consegna dei gladiatores da parte del primo) con le seguenti parole: ‘Et magis placuit eorum qui integri exierint locationem et conductionem contractam v i - d e r i, at eorum qui occisi aut debilitati sunt emptionem et venditionem e s s e’.37 Qui ‘videri’ è usato come equipollente ad ‘esse’, e ciò mostra che il verbo indica una oggettiva evidenza dell’operazione quale locazione, e cioè una configurazione come locazione.
Infine, un terzo riscontro si rinviene proprio all’interno della trattazione sulla compraven- dita della quale ci stiamo occupando e precisamente nelle battute conclusive di Gai 3.141, ove è riferita, come si è visto, la posizione di Xxxxx Xxxxxx. Dal momento, infatti, che l’intervento di quest’ultimo giurista aveva per scopo addurre (partendo dalla posizione dei Proculiani: su- pra, § 3) un caso nel quale era possibile riconoscere senz’altro quale cosa fosse venduta e quale fosse data a titolo di pretium, è giocoforza attribuire al verbo ‘uideri’ (nella notazione ‘fundum quidem uideri uenisse, hominem autem pretii nomine datum esse’) il senso di un oggettivo risulta- re, di un configurarsi, delle due res, l’una come cosa venduta e l’altra come pretium.38
In definitiva, tornando al testo di Xxx 3.142, la sua logica interna è la seguente. Se la merces è ‘certa’, allora “videtur” che si contrae una locatio-conductio nel senso che “è di asso- luta evidenza”, “risulta” che si costituisce una locazione: la sussistenza, l’efficace concludersi della locatio-conductio, cioè, si pone al di qua di ogni possibile dubbio. Qualora, invece, la merces non sia ‘certa’, “non- videtur” che si contrae una locatio-conductio, nel senso che la sussistenza di una locatio-conductio “non risulta con evidenza”, come dato sicuro, e perciò vi sono i margini per oscillazioni e divergenze di opinioni.
Ebbene, questa acquisizione, giusta la più volte segnalata simmetria di impostazione e svolgimento fra le trattazioni dell’emptio-venditio e della locatio-conductio, si riflette sulla co- struzione ‘certum esse debet’ del § 140 in tema di pretium della compravendita. In particolare: accordarsi su un prezzo ‘certum’ significa mettere al riparo l’operazione da possibili dubbi e
37 Ecco l’intero squarcio che interessa: Gai 3.145. Adeo autem emptio et uenditio et locatio et conductio familiaritatem aliquam inter se habere uidentur, ut in quibusdam causis quaeri soleat, utrum emptio et uenditio contrahatur an locatio et conductio, ueluti si Item si gladiatores ea lege tibi tradiderim, ut in singulos, qui
integri exierint, pro sudore denarii XX mihi darentur, in eos uero singulos, qui occisi aut debilitati fuerint, denarii mille, quaeritur, utrum emptio et uenditio an locatio et conductio contrahatur. et magis placuit eorum, qui integri exierint, locationem et conductionem contractam uideri, at eorum, qui occisi aut debilitati sunt, emptionem et uen- ditionem esse; idque ex accidentibus apparet, tamquam sub condicione facta cuiusque uenditione aut locatione. iam enim non dubitatur, quin sub condicione res uenire aut locari possint. Per un’acuta esegesi di Gai 3.146 rinvio al recente contributo di X. Xxxxx, ‘Quaeritur utrum emptio et venditio an locatio et conductio contrahatur’: l’ingag- gio dei gladiatores in Gai 3.146, in Studi in onore di X. Xxxxx, III, Milano 2010, 467 xx.
00 Xx xxxxxx, X. Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxx cit., 27 traduce: «appariva evidente che era il fondo ad essere stato venduto e lo schiavo ad essere stato dato pretii nomine».
incertezze circa la sua configurabilità quale compravendita, e cioè circa la costituzione o meno di una compravendita. E ciò, ulteriormente, porta a leggere nella medesima prospettiva anche il § 3.141, nel quale la prescrizione ‘pretium in numerata pecunia consistere debet’ è immediata- mente seguita dalla notazione ‘nam in ceteris rebus an pretium esse possit ... valde quaeritur’.
In sostanza, il senso dei due impieghi del verbo ‘debet’ in relazione alla natura e alla consistenza del pretium è quello di indicare non già «requisiti indefettibili»,39 sibbene le condizioni per un risultato negoziale sicuro in quanto unanimemente riconosciuto e am- messo dai giuristi.
6. La conclusione or ora enunciata si coordina compiutamente – traendo da ciò stesso solidità e valore ulteriori – con la complessiva e peculiare prospettiva dell’esposizione gaiana che concerne non solo l’emptio-venditio, bensì tutte le obligationes ex contractu.
Mi riferisco alla circostanza che Xxxx, anziché considerare il rapporto obbligatorio na- scente dalla figura contrattuale di volta in volta in questione (e cioè: le obbligazioni che gra- vano sulle parti, i criteri di responsabilità, la tutela processuale), concentra la sua attenzione esclusivamente sul profilo del corretto e congruo compimento dell’atto obbligante, sulla efficacia o meno di un negotium concluso in un certo modo, sulla possibilità o meno di configurare una determinata operazione alla stregua della figura negoziale che forma oggetto specifico della trattazione.40
Nello sfondo di siffatto approccio didattico, che può indicarsi come “operativo-cautela- re”, Gaio, attraverso la singolare articolazione del discorso sulle caratteristiche del pretium
– che, si badi, esaurisce l’intera trattazione sull’emptio-venditio –, indica (rectius: avverte su) quale comportamento adottare affinché la conclusione dell’operazione-compravendita possa ritenersi sicura, al riparo da ogni possibile incertezza. In altri termini e più specificamente: l’osservanza delle prescrizioni o regulae negoziali espresse con il ‘debet’ determina senz’altro piena efficacia all’atto-compravendita, all’atto quale compravendita; disattendere quelle pre- scrizioni può comportare, invece, ove si accolga una delle vedute giurisprudenziali contrap- poste, ora inefficacia dell’atto (§ 140) ora configurazione dell’atto come operazione diversa dalla compravendita (§ 141).
Del resto, a ulteriore conforto di quanto fin qui sostenuto, può addursi un altro passag- gio del manuale, in cui un’indicazione perentoria sui confini di una operazione negoziale è, poi, immediatamente seguita dal richiamo ad un’opinione giurisprudenziale che, invece, ammette un superamento di quei confini. Mi riferisco alla seconda parte di Gai 3.175, in tema di solutio per aes et libram. Xxxx, dopo aver menzionato l’impiego di questo atto anche per la liberazione dell’erede dal vincolo nascente da legatum per damnationem,41 compie una
39 Così X. Xxxxxxx, ‘Negotium mixtum cum donatione’. Origini terminologiche e concettuali, Padova 2008, 175 nt. 13.
40 Su questa impostazione della trattazione gaiana cfr., specificamemte, X. Xxxxxxx, Approccio operativo- cautelare e obligationes ex contractu nelle Istituzioni di Gaio, in Festschrift Knütel, Xxxx 0000, 313 ss., con indicazione dei riscontri riguardanti ciascuna obligatio contracta (spec. 321 s. in relazione all’emptio-venditio). Cfr., altresì, Id., Sistematiche gaiane e nozione di obligatio, in X. Xxxxxxxxxx Colognesi - X. Xxxxx (a cura di), Obligatio-obbligazione. Un confronto interdisciplinare (Atti Convegno Roma 2010), Napoli 2011, 28 ss.
41 ‘Similiter legatarius heredem eodem modo liberat de legato quod per damnationem relictum est, ut tamen sciliscet, sicut iudicatus condemnatum se esse significat, ita heres <testamento> se dare damnatum esse dicat’.
precisazione sull’ambito di applicazione dell’atto in relazione al concreto oggetto del legatum. Ebbene, a tal fine Gaio, dapprima, fornisce una indicazione che, come le due affermazioni dei §§ 3.140 e 141 rette dal ‘debet’, si presenta categorica e parrebbe non offrire alternative: ‘D e e o tamen t a n t u m p o t e s t heres e o m o d o l i b e r a r i, quod pondere numero constet et ita si certum sit’. Ma subito dopo riferisce: ‘Quidam et de eo quod mensura constat idem existimant’. Il senso della sequenza di queste due informazioni si apprezza nel quadro dell’evidente prospettiva operativo-cautelare del paragrafo, resa manifesta sia dall’apposita avvertenza circa la formulazione che l’erede deve utilizzare42 sia, nel tratto che specificamente interessa, dalla stessa costruzione ‘potest + infinito’, esprimente la concludente ed efficace utilizzabilità di uno strumento.43 In siffatta prospettiva, Gaio segnala, in sostanza, che l’effet- to liberatorio dell’operazione in esame è sicuro e indiscusso solo con riguardo ai legati aventi per oggetto le res quae pondere numero constant, mentre al di fuori di quest’ambito il risultato è incerto, in quanto sostenuto solo da alcuni giuristi (non meglio identificati: xxxxxx).
7. L’indagine di cui si è qui dato conto ha avuto come obiettivo specifico quello di chiarire il senso della singolare circostanza che, in Gai 3.140 e 141, due recise prescrizioni (‘... esse debet’; ‘...consistere debet’) vengono esplicate tramite il richiamo ad un ius controversum sul rilievo o meno dell’inosservanza delle stesse. Ebbene, il risultato raggiunto, che riconduce siffatta singolarità ad un peculiare approccio didattico gaiano di fondo, si presta ad offrire spunti di riflessione per ulteriori direttive di ricerca, che si estendono concentricamente. Mi limito ad accennare a quella, fra esse, più immediatamente sollecitata dalla conclusione appena propo- sta, rinviandone l’approfondimento ad altre occasioni apposite di analisi.
È noto che nel manuale gaiano vi è una frequente presenza sia di passaggi nei quali, come nei §§ 3.140 e 141, Xxxx riferisce contrapposte posizioni giurisprudenziali senza accennare all’avvenuto prevalere di una sull’altra o ad una personale preferenza per una di esse, sia di passaggi nei quali, addirittura, egli si limita a segnalare laconicamente l’esistenza di dubbi e incertezze fra i giuristi, senza richiamare alcuna soluzione né presa di posizione specifica (casi, questi ultimi, per i quali Gaio semplicemente indica: ‘quaeritur’ o ‘dubitatur’). Riscon- tri del primo tipo si trovano in Gai 2.37; 79; 123; 200; 212; 215; 244; 262; 3.28; 103;
3.133; 167a; 168; 4.78; 79. Esempi del secondo tipo sono offerti in Gai 1.106; 129 (‘dubi-
tari potest’); 2.63; 90; 94; 95; 3.119; 122; 143; 144; 172; 4.125.
In dottrina questi riferimenti a controversie, incertezze e dispute lasciati, per dir così, in sospeso hanno dato vita a vari tipi di interpretazione. Scartando l’antica spiegazione (Xxxxxx, Xxxxxx), secondo cui il fenomeno deriverebbe da mancanza di autonomia di giudizio e da una modestia intellettuale di Xxxx,44 e ritenendo, d’altra parte, fuori misura l’idea (Xxxxxx) che esso costituisca indizio della mancata revisione, da parte di Xxxx, di un brogliaccio di
42 ‘…eodem modo liberat …, ut tamen scilicet, sicut iudicatus … significat, ita heres … dicat’.
43 Cfr., specificamente, X. Xxxxxxx, Appunti sul IV commentario delle Istituzioni di Xxxx, Xxxxxx 0000, 70 ss., con riscontri, tratti dall’intero manuale, dell’equipollenza concettuale tra le costruzioni ‘potest + infi- nito’, agire ‘utiliter’, agire ‘recte’, ‘valere’, ‘habere vires’.
44 X. Xxxxxx, Xxxxx, in PWRE VII.1, 1910, 501; X. Xxxxxx, Geschichte der Quellen und Xxxxxxxxxx xxx xxxxxxxxx Xxxxxx,0 Xxxxxxx 0000, 204 e nt. 23. In contrario, opportunamente, X. Xxxxxxxx, Le Institu- tiones cit., 90 ss. adduce non pochi casi nei quali, invece, Xxxx assume una posizione autonoma.
appunti scritti in vista della lezione e pubblicati postumi da un allievo,45 mi sembrano, xxxx- xxxxx, cogliere nel segno gli studiosi che interpretano questo dato in chiave di consapevole scelta didattica. Sennonché, in quest’ordine di idee, l’opinione secondo cui, in tali casi, la preoccupazione di Xxxx era non appesantire il discorso in un manuale elementare e riservare una trattazione apposita della disputa giurisprudenziale e la prospettazione di una soluzione ad opere ulteriori e più approfondite,46 se anche può accogliersi, si mostra però diretta a giu- stificare la mancanza di una indicazione di chiusura o di superamento della controversia, più che la ragione per la quale la controversia stessa veniva menzionata. E invece, a mio modo di vedere, il dato più significativo e curioso consiste proprio nell’avere Gaio scelto di segnalare l’esistenza di una disputa pur se della disputa stessa egli non riteneva opportuno (o possibile, secondo i casi) riferire le posizioni e/o un esito.
Ebbene, a questo riguardo a me sembra legittimo prospettare l’ipotesi di ricerca che il peculiare tipo di informazione riscontrato in Gai 3.140 e 141 sia da riconoscere anche nei suddetti richiami ad una disputa privi di contestuale indicazione di un esito della disputa stessa. Xxxx, cioè, in tutti questi casi avrebbe inteso sottolineare che, in relazione a deter- minate questioni, a fronte di atti, di loro singoli elementi e di modi operandi direttamente predisposti o senz’altro riconosciuti come funzionali e idonei ad un determinato risultato, vi sono atti o loro singoli elementi o modi operandi la cui funzionalità o efficacia è, invece, incerta in quanto oggetto di difformità di vedute giurisprudenziali.47
La prospettazione di siffatta chiave di lettura per tutti i suddetti passaggi è resa possibile dalla circostanza che l’angolazione operativo-cautelare, calibrata su effetti ed efficacia degli atti, non caratterizza solamente la trattazione sulle obligationes ex contractu, al cui interno si collocano le attestazioni di Gai 3.140 e 141, bensì è riconoscibile lungo l’intero manuale, con una latitudine di riscontri tale da far pensare ad un tratto distintivo (o, piuttosto, al tratto distintivo) del complessivo instituere gaiano. In effetti, nella sezione sulle ‘res’ siffatto angolo visuale caratterizza anche l’articolato coordinamento delle distinzioni ‘res mancipi-nec mancipi’ e ‘res corporales-incorporales’ nonché le intere e assai ampie trattazioni sugli acquisti
00 X. Xxxxxx, Xxxxx Legal Science, Oxford 1946, 163 (= Storia della giurisprudenza romana, tr. it. Fi- renze 1968, 290).
46 Cfr., in particolare, X. Xxxxxxx, Das strittige Recht der römischen Juristen, in Fest. Xxxxxx, II, Weimar 1951, 214 ss. = Atti del Congresso internaz. di diritto romano e di storia del diritto (Verona 1948), II, Milano 1953, 136 ss. (una traduzione italiana del saggio di Xxxxxxx è apparsa di recente in X. Xxxxxx, Itinerari di lettura per un xxxxx xx xxxxxxx xxxxxx, Xxxx 0000, 173 ss.) e X. Xxxxxxxx, Le Institutiones, cit., 97 ss. (con richiami critici a prese di posizione ulteriori); Id., Il messaggio di Gaio: diligentius requiremus, in Id., Xxxxx xxxxx: la voce di un giu- rista di frontiera, Bari 2010, IX ss. In termini analoghi si sono ultimamente espressi (a proposito di Gai 3.143) anche Fiori, La definizione della ‘locatio conductio’, cit., 247 nt. 213 e X. Xxxxxxxxxxx, D. 19.5.22, cit., 70 s.
47 Un diverso suggerimento proviene da X. Xxxxxx, Il modello delle scuole cit., 75 nt. 329, il quale, con- dividendo il rilievo di J.W. Xxxxxxxx (Xxxxx Xxxxxxx and the Schola Cassiana in Xxxxx’x Letter VII 24,8, in ZSS 118, 1988, 293), secondo cui «the controversies could have an important didactic function: they could show that the jurists are accustomed to argue about legal matters and that sometimes two sides of a question can be defended equally well», così chiosa: «il che spiegherebbe la frequenza con cui Xxxx non prende posi- zione in proposito». Questa chiave di lettura in funzione, per dir così, di addestramento alla controversialità del diritto, tuttavia, potrebbe valere per i casi nei quali Xxxx riferisce i termini delle posizioni contrapposte (i riscontri del primo tipo che ho indicati nel testo), ma non mi pare possa applicarsi anche ai casi nei quali Xxxx si limita a segnalare in modo lapidario ‘quaeritur’ o ‘dubitatur’.
di res singulae, sulle hereditates ex testamento, sui legata e sui fideicommissa;48 quanto al IV commentario, esso è interamente impostato sulla spiegazione di come occorra utilizzare gli schemi verbali (actiones quali ‘conceptiones verborum’) per ottenere il risultato cui essi sono funzionali o per evitare un rischio di esperimento inefficace o, addirittura, di esperimento dannoso (periculum);49 quanto, infine, al I commentario, è agevole riconoscere anche al suo interno il largo spazio dedicato all’indicazione di modalità negoziali da utilizzare affinché un determinato status personale si produca o venga meno (manumissiones; modi di realizzazione dell’adoptio; modalità di acquisto della manus; mancipatio; emancipatio; datio tutoris).50
La concreta produttività di siffatta chiave interpretativa richiede, naturalmente, una speci- fica verifica per ogni singolo richiamo a controversie lasciate, poi, in sospeso. È questo, come accennato, un compito da rimandare - insieme con l’esame di ulteriori ricadute della diagnosi, raggiunta nel presente contributo, sul coordinamento fra prescrizione operativa (debere) e men- zione di un ius controversum sulla stessa - ad una futura, più ampia riflessione apposita.
48 X. Xxxxxxx, Approccio operativo-cautelare, cit., 315 ss.
49 Cfr. X. Xxxxxxx, Appunti sul IV commentario, cit., passim.
50 Per qualche esempio rinvio a X. Xxxxxxx, Rappresentazione dinamica del fenomeno giuridico nelle Istituzioni di Gaio, in AA.VV, Il modello di Gaio nella formazione del giurista, Torino 1981, 369 ss.
La pubblicazione degli articoli proposti a questa Rivista è subordinata - secondo il procedi- mento di peer review - alla valutazione positiva di due referees, uno dei quali può far parte del Comitato Scientifico della Rivista, che esaminano gli articoli con il sistema del double- blind.
Gli articoli, muniti di abstract e parole chiave, vanno inviati, entro il 31 maggio, al Comitato di Redazione via e-mail all’indirizzo: xxxxxxxxxxxxx@xxxxx.xx.
Finito di stampare nel mese di dicembre 2015 presso le Officine Tipografiche Xxxxxx & Xxxxxxxxxx x.x.x.
Xxxxxxxx (Xxxxxxx)