Paolo Vinci
Xxxxx Xxxxx
IL CONTRATTO PRELIMINARE
Introduzione
Si dice preliminare il contratto con cui le parti si obbligano a stipulare un successivo contratto definitivo, di cui, devono avere già determinato nel preliminare il contenuto essenziale. Spesso la conclusione del contratto è preceduta da una serie di trattative tra le future parti. Non sempre, infatti, i soggetti arrivano direttamente ad impegnarsi con il contratto che viene a mutare la situazione obbligatoria delle parti controinteressate . Si può cominciare con una lettera di intenti, si prosegue con un progetto di contratto, con la formazione di un accordo per stabilire i tempi e i ruoli della futura contrattazione, si prosegue con una minuta di contratto, sino ad arrivare, tra le varie fattispecie che presentano un impegno già attuale delle parti, alla formazione di un vero contratto obbligatorio, che ha come oggetto diretto l’obbligo di un futuro contrahere: questo è il contratto preliminare.1
DAL SILENZIO DEL CODICE CIVILE DEL 1865 AL RICONOSCIMENTO DEL 1942
Nel periodo precedente l’emanazione dell’attuale codice la configurazione riconosciuta in giurisprudenza alla promessa di vendita – sostanzialmente intesa come contratto che obbliga al pagamento del prezzo e, tramite un successivo atto negoziale al trasferimento del diritto – aveva in un certo modo favorito l’imporsi di una prassi negoziale volta ad anticipare la consegna del bene e / o il pagamento del prezzo rispetto al verificarsi dell’effetto traslativo, legittimando tale prassi con il supporto di un adeguato schema causale2. All’inizio del secolo scorso il code Xxxxxxxx xxxxxxx che, la vendita di tipo francese produceva il trapasso della proprietà sulla base di una presunta tradizione spiritualizzata. La presunzione operava attraverso clausole sottintese o, in mancanza, per effetto della legge stessa, perciò la vendita trasferiva la proprietà indipendentemente dalla volontà effettiva delle parti. Garante di questo principio era l’art. 1583: “La propriété est acquise de droit à l’acheteur dés qu’on est convenu de la chose et du prix”; e l’art. 1589 ratificava questa soluzione, disponendo: “La promesse de vente vaut vente3”al fine di
ricordare che il code civil aveva definito in modo decisivo l’opposizione tra titulus ed il modus 4 in
Cfr. X. XXXXXXXXX, Istituzioni di diritto civile, trenta ottava edizione, 1998, Padova, Cedam, p. 649;
Cfr. X. XX XXXXXXX, in riv. ult. cit., pp. 307 – 308
Cfr. S. DELLE MONACHE, La trascrizione del contratto preliminare in Le nuove leggi civili commentate, 1998 fasc. 1, p. 4, ivi l’autore richiama la posizione di Xxxx, secondo il quale, nel nostro attuale ordinamento vige un principio analogo a quello del Code civil, vale a dire che la promessa (bilaterale) di vendita vale vendita, per cui, perfezionato un preliminare di contratto ad effetti traslativi, questi ultimi andrebbero collegati in modo immediato e diretto al preliminare medesimo
Cfr. X. XXXXX, op. ult. cit., pp. 652 – 653;
favore del primo. Com’è noto, nel diritto comune il meccanismo del trasferimento della proprietà inter vivos era basato sulla distinzione tra titulus e modus adquirendi: il primo consisteva nel contratto, ad esempio la vendita, produttivo di effetti obbligatori; il secondo era la traditio, cioè la consegna della cosa, necessaria insieme al titulus, per il passaggio della proprietà. Nell’area francese la traditio perse col tempo l’importanza originale e si affermò nella pratica contrattuale la traditio ficta, consistente in un costituto possessorio pattuito in sede di vendita. Perciò, nel sistema delineato dal code Nap., l’autonomia contrattuale delle parti da un lato non poteva separare il negozio ad effetti obbligatori, la vendita, dall’atto traslativo, poiché la promessa di vendita produceva, ex lege, ed inderogabilmente, gli effetti della xxxxxxx0.Xx soluzione operata dal code Nap. fu in un primo momento accolta dalla dottrina maggioritaria italiana, difatti il principio enunciato all’art. 1589 fu recepito da alcuni codici preunitari (tra i quali: quello albertino). Successivamente, è con l’opera di un illustre interprete 6 che si assiste, per effetto della recezione delle teoriche sviluppate dalla dottrina tedesca, ad un rifiuto della equiparazione della promessa di vendita alla vendita e ad una valorizzazione delle possibilità offerte dall’assenza di una disposizione esplicitamente riferita al contratto preliminare. La pandettistica tedesca elaborò la figura del Vorvertrag , accolta alla stregua di una figura intermedia tra l’avvio delle trattative e il vero e proprio contratto definitivo, una sorta di contratto autonomo che offrì tutela alle parti riconducendo ad un gradu tardiori et premeditato, il perfezionamento del contratto stesso, al fine di diminuire frodi e raggiri. Per questo motivo, il Vorvertrag trovò la sua giustificazione nella libertà contrattuale come obbligo giuridico del promittente e diritto dell’oblato da far valere in via giudiziaria qualora non vi fosse stato l’adempimento7. In seguito, questo illustre autore 8 utilizzò il termine di contratto preliminare, (come) traduzione del termine tedesco Vorvertrag, per indicare la promessa di un contratto, ed affermò che essa non produceva gli effetti del contratto promesso, bensì l’obbligazione
Cfr. X. XXXXXX / X. XXXXXXXX, op. ult. cit., p. 24.
Cfr. X. XXXXXX / X. XXXXXXXX, op. ult. cit., p. 28 sull’influenza esercitata da X. Xxxxxxxx, il quale si
dà carico di dimostrare che la nozione del preliminare come contratto avente ad oggetto la conclusione di un contratto non ha nulla a che vedere con l’assioma che la promessa bilaterale di vendita vale vendita.
vedi anche X. XXXXX, La trascrizione del contratto preliminare a cura di Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx, cit., pp. 40 – 41, ivi, l’autore sottolinea che per tutto il secolo scorso, sotto l’influenza francese risalente all’art. 1589 code civil, la nostra dottrina e giurisprudenza equiparava promesse bilaterali di contratto e contratto perfetto, a partire dai primi del secolo, tale equiparazione, per influenza della Pandettistica fu radicalmente rifiutata, individuando appunto il “contratto preliminare”, traduzione letterale del termine tedesco Vorvertrag, come promessa di contratto non idonea a produrre gli effetti del contratto promesso, ma solo l’obbligazione di concludere il definitivo.
Cfr. A.A.V.V., Digesto delle discipline privatistiche sezione civile, cit., p. 291.
di concludere il definitivo. L’intervallo di tempo che concorre dal preliminare al definitivo permette alle parti di controllare che il bene non abbia vizi materiali o giuridici inattesi ed allo stesso momento, fa sì che la prestazione non venga colpita da sopravvenienze inconciliabili con l’esecuzione ordinaria e con la consueta disciplina dello scambio. Per un decennio, la tesi di questo luminare fu oggetto di un intenso dibattito, fino a che Chiovenda9 avallò questa posizione, spingendosi a sostenere la possibilità di una sentenza di esecuzione in forma specifica, costitutiva del diritto non trasferito. Questi insegnamenti furono accolti dalla dottrina e dalla giurisprudenza maggioritaria intorno agli anni ’20. Ed ecco spuntare il riconoscimento in xxx xxxxxxxx xxx xxxxxxxxx xxxxxxxxxxx all’art. 1351 dell’odierno codice civile10. Ciò nonostante, questo riconoscimento non ha operato in maniera immediata e non ha avuto una disciplina organica, l’istituto è dato per scontato e le norme vanno ricercate di qua e là nel c.c. (art. 1351, art. 2645 – bis, art. 2932, art. 2652 n°2 e art. 2775 –bis).
Cfr. Cfr. X. XXXXXXXXX, op. ult. cit., p. 190 e ss. e Cfr. X. XXXXXX / X. XXXXXXXX, op. ult. cit., p. 29
Cfr. A.A.V.V., Digesto delle discipline privatistiche sezione civile, cit., p. 278; cfr. A.A.V.V.,
Enciclopedia giuridica fondata da Xxxxxxxx Xxxxxxxx, cit., p. 1.
1) CONTRATTO PRELIMINARE ED ESECUZIONE SPECIFICA:LEGISLAZIONE GENERALE
L’articolo 1351 recita:” Il contratto preliminare è nullo, se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo.”Il preliminare (di per sé) non richiede la forma scritta, tuttavia il preliminare di una compravendita immobiliare richiede tale forma scritta ad substantiam (requisito essenziale per la validità deL contratto, senza non si perfeziona il negozio giuridico).L’Articolo 2932,rubricato “Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto”,dichiara:Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso. Nel caso in cui ci trovassimo di fronte ad un inadempimento del preliminare di vendita, ovvero alla mancata conclusione del contratto da parte di chi si era impegnato in tal senso, il nostro ordinamento propone due vie: la prima è quella dell’adempimento spontaneo (che si realizza attraverso la stipula del definitivo); la seconda è la via della sentenza di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cc. Tale norma si occupa generalmente del contratto non concluso, ma in questo contesto ci occuperemo dell’esecuzione in forma specifica riferendoci solo al contratto preliminare. L’Esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre, è una forma di tutela che, su domanda della parte interessata, produce la pronuncia di una sentenza costitutiva, ovvero produttiva di effetti che sarebbero derivati dalla conclusione del contratto. Si tratta, dunque, di un rimedio esperibile ogni volta in cui l’obbligo di contrarre, sia che nasca dalla legge o da contratto, venga violato. C’è da dire, però, che il rimedio in esame, soprattutto in riferimento a preliminari di vendita di beni immobili, non sempre si è rivelato adeguato a tutelare esigenze del promissario acquirente; per esempio: se nel frangente di tempo che passa dalla stipula del preliminare tra Xxxxx (venditore promittente) e Xxxxx (promissario acquirente) alla data di trascrizione della domanda giudiziale ex art 2932, Xxxxx alienasse ad un terzo con contratto definitivo, lo stesso bene oggetto del preliminare con atto di vendita trascritto prima della domanda giudiziale, il diritto del terzo, prevarrebbe su quello di Xxxxx, al quale non resterebbe che una generica azione di risarcimento danni ex art. 2740. Soprattutto per tali motivi, nel nostro Codice vi è stata l’introduzione di una norma il cui scopo è quello di garantire una migliore tutela al promissario acquirente. Questa Xxxxx è l’art. 2645 bis “trascrizione dei Contratti preliminari”:I contratti preliminari aventi ad oggetto la conclusione di taluno dei contratti di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell`articolo 2643, anche se sottoposti a condizione o relativi a edifici da costruire o in corso di costruzione, devono essere trascritti se risultano da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente. La trascrizione del contratto definitivo, o di altro atto che costituisca comunque
esecuzione dei contratti preliminari di cui al comma 1 ovvero della sentenza che accoglie la domanda diretta ad ottenere l`esecuzione in forma specifica dei contratti preliminari predetti, prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione del contratto preliminare. Gli effetti della trascrizione del contratto preliminare cessano e si considerano come mai prodotti se entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione predetta, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare o della domanda giudiziale di cui all`articolo 2652, primo comma, numero 2. I contratti preliminari aventi ad oggetto porzioni di edifici da costruire o in corso di costruzione devono indicare, per essere trascritti, la superficie utile della porzione di edificio e la quota del diritto spettante al promissario acquirente relativa all`intero costruendo edificio espressa in millesimi. Nel caso previsto nel comma 4 la trascrizione é eseguita con riferimento al bene immobile e per la quota determinata secondo le modalità di cui al comma stesso. Non appena l`edificio viene a esistenza gli effetti della trascrizione si producono rispetto alle porzioni materiali corrispondenti alle quote di proprietà predeterminate, nonché alle relative parti comuni. L`eventuale differenza di superficie o di quota contenuta nei limiti di un ventesimo rispetto a quelle indicate nel contratto preliminare non produce effetti." L’articolo 2645 bis cod. civ. così come modificato dal D.L. 669/1996, sancisce che, a seguito della trascrizione del preliminare, la successiva trascrizione del definitivo (o della sentenza di accoglimento della domanda ex art. 2932. c.c.) prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione del contratto preliminare. Il promissario acquirente è pertanto ampiamente tutelato da eventuali iscrizioni pregiudizievoli verificatesi nel periodo intercorrente tra la stipula del contratto preliminare ed il contratto definitivo di compravendita, grazie all’efficacia prenotativa del preliminare e alla retroattività dell’atto definitivo di vendita al momento dell’atto iniziale, che sottrae efficacia ad iscrizioni o trascrizioni ottenute medio tempore da terzi.
1.2) NATURA GIURIDICA
La caratteristica del contratto preliminare è nel suo contenuto che è un obbligo di facere e in particolare nell’obbligo di concludere un contratto successivo alle condizioni inserite nello stesso preliminare e alle quali ci si impegna ad attenersi. Ad esempio laddove si volesse stipulare un contratto preliminare di vendita, le parti si scambiano il consenso, il promittente venditore e il promissario acquirente, si obbligano a concludere successivamente un contratto di vendita vero e proprio a condizioni identiche a quelle inserite nel preliminare. Nel contratto preliminare per la vendita di un determinato bene, le parti stabiliscono dettagliatamente tutte le regole(descrizione del cespite, prezzo..) del definitivo che si obbligano a concludere successivamente. In sostanza il
contratto preliminare ha uno specifico contenuto nell’obbligo di facere, e quindi l’adempimento del preliminare è dato dalla stipula del definitivo di compravendita alle stesse condizioni inserite nel preliminare. In caso di inadempimento, la parte interessata può chiedere al giudice una sentenza costitutiva che abbia gli effetti del contratto definitivo, cioè il trasferimento di proprietà alle condizioni sottoscritte nel preliminare. Una norma fondamentale è l’art 2932 c.c. sull’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto. Questa norma non cita il contratto preliminare, ma regolamenta l’ipotesi in cui ci sia un obbligo di concludere un contratto e una parte rimane inadempiente, e quindi è applicabile al contratto preliminare non adempiuto. Questa sentenza non può essere di condanna perché non si può obbligare ad una manifestazione di volontà la parte soccombente , in quanto non vi è una possibilità tecnico-giuridica di poter far eseguire la condanna, perché nessun ufficiale giudiziario può imporre coattivamente un facere infungibile costringendo ad andare da un notaio; quindi deve essere necessariamente una sentenza costitutiva perché produce gli effetti del contratto non concluso. Nel codice precedente a quello del 42,non esisteva questo tipo di tutela ma solo il rimedio generale della risoluzione del contratto. Per la forza pregnante dell’art 2932 ,Xxxxxxxxx riteneva che il contratto preliminare fosse già u contratto definitivo, perché la parte che si rifiutava non poteva svincolarsi dall’altra che instava la tutela specifica e quindi il preliminare non ha natura obbligatoria ma è un definitivo vero e proprio, sottoposto a condizione sospensiva. Xxxxxxxxx riteneva altresì che la sentenza costitutiva, di cui all’art. 2932, laddove vi fosse un rifiuto ad adempiere, aveva ad oggetto la risoluzione di questa clausola, cioè della condizione sospensiva, e quindi obbligava le parti a questa formula successiva. In realtà proprio la concezione della natura giuridica costitutiva della sentenza ha fatto vacillare la prospettazione di un preliminare come un vero e proprio definitivo perché nel momento in cui si concepisce il preliminare come fattispecie che per produrre i suoi effetti definitivi è sottoposto a condizione sospensiva, fino a quando si verifica la stipula del contratto definitivo, e poi si concepisce la sentenza costitutiva per obbligare le parti a stipulare, significa che cade la clausola considerata l’evento condizionante sospensivamente. Perché se un contratto è sottoposto a condizione sospensiva, se questa diventa impossibile il contratto non produce effetti. La costruzione giuridica di Xxxxxxxxx coglieva l’aspetto di pregnanza vincolante del contratto preliminare, perché nell’ipotesi di inadempimento la sentenza costitutiva consentiva di raggiungere gli effetti voluti dalle parti con il contratto definitivo. Da questo punto di vista la particolare efficacia del contratto preliminare, anche in prospettiva della tutela giudiziaria, dava ragione a Xxxxxxxxx nel cogliere la forza pregnante di questo contratto tanto da diventare un contratto definitivo nella successiva formulazione. Però da un punto di vista tecnico-giuridico contemplando la forma successiva come condizione sospensiva e la sentenza costitutiva come risoluzione di questa clausola non andava più bene. Questa costruzione del Xxxxxxxxx aveva un presupposto teorico: l’adempimento in se per se
non può mai avere natura negoziale. Xxx Xxxxxxxxx il contratto definitivo è sostanzialmente un atto dovuto che, secondo la sua concezione, può essere solo un atto giuridico in senso stretto, cioè un fatto e non un negozio. Un atto dovuto significa ricondurre l’atto nella categoria della doverosità, cioè una generica conformità all’obbligo giuridico che le parti avevano assunto quindi nulla di specifico, ma la doverosità non toglie che l’adempimento alcune volte si configura come atto giuridico in senso stretto e altre volte come atto negoziale, per cui un contratto definitivo può essere anche un adempimento di natura negoziale. Superata la concezione di Xxxxxxxxx è abbastanza agevole sostenere la natura obbligatoria del contratto preliminare, non solo perché l’art. 2932 parla di obbligo di concludere un contratto, ma anche perché questa norma è inquadrata nella sezione dell’esecuzione forzata in forma specifica di cui fa parte l’art. 2930 c.c. (esecuzione forzata per consegna o rilascio), 2931 c.c. (esecuzione forzata degli obblighi di fare) e l’art. 2933 (esecuzione forzata degli obblighi di non fare) che prevedono la tutela giudiziaria in prospettiva di realizzare un obbligo assoluto tra le parti e questo giustifica la natura obbligatoria.
1.3) CRITERI DI COLLEGAMENTO TRA PRELIMINARE E DEFINITIVO: IL PRINCIPIO DI ASSORBIMENTO
Vi è il problema del collegamento tra contratto preliminare e definitivo, per capire quando il contratto stipulato successivamente possa ritenersi definitivo rispetto al preliminare, cioè possa ritenersi l’adempimento del contratto preliminare. Ad esempio se vi è un contratto preliminare e successivamente viene stipulato quello definitivo, bisogna sapere quando questo si può ritenere in adempimento del contratto preliminare. Questi sono problemi importanti perché le eventuali patologie che ci possono essere nel preliminare, come i vizi relativi alla rappresentanza, alla capacità giuridica, alla capacità d’agire, quindi tutte patologie che possono portare alla nullità o annullabilità del preliminare, finendo per riverberarsi sul contratto definitivo rendendo invalido anche questo, quindi è importante capire e darsi un criterio per essere certi che il contratto successivo è in adempimento del preliminare. Ad esempio se si stipula un contratto preliminare di vendita di un determinato bene al prezzo di 100 mila euro e poi viene stipulato un contratto definitivo che individua anziché quel cespite, un altro bene adiacente, anche se similare, oppure se il corrispettivo pattuito nel definitivo non è più di 100 mila euro, ma di 90 mila euro, oppure ancora si stabilisce di pagare in contanti anziché a rate come era previsto nel preliminare. Dal punto di vista tecnico-esecutivo, in tutti questi casi il contratto definitivo non può ritenersi adempimento del contratto preliminare. Sotto questo profilo, negli anni la giurisprudenza di legittimità ha avuto un’evoluzione interpretativa sconvolgente, perché ha ritenuto che possa parlarsi di collegamento tra l’uno e l’altro contratto, quando l’uno e l’altro abbiano interessi identici, cioè intanto possiamo ritenere definitivo (nel senso di adempimento dell’obbligo di facere) il contratto rispetto al preliminare, in quanto l’assetto di interessi tra i due contratti sia identico. Nei primi due decenni di
applicazione dell’art. 2932 laddove, per esempio, ci fosse stato un contratto preliminare di un appartamento a costruirsi (quindi fatto sulle planimetrie approvate) di 4 vani al prezzo di 100 mila euro, con determinate rifiniture dettagliatamente descritte nel preliminare, poteva avvenire che alla scadenza stabilita per la stipula del contratto definitivo, l’appartamento si presentava diverso essendo di 4 vani anziché di 3, anche se la superficie totale era la stessa, oppure i vani erano gli stessi, ma la superficie totale inferiore, oppure non erano ancora ultimate le rifiniture (non erano state montate le finestre o le porte, ecc.). In questi casi la giurisprudenza riteneva che di fronte al rifiuto dell’impresa di stipulare un definitivo, se il promissario acquirente si fosse rivolto al giudice per ottenere l’adempimento, l’azione giudiziaria doveva essere dichiarata inammissibile perché non vi era identità dell’oggetto tra i due contratti. Questo orientamento della giurisprudenza si inseriva nel profilo della seconda parte del primo comma dell’art. 2932, quando stabilisce che l’altra parte, qualora sia possibile rivolgersi al giudice, riteneva che il criterio di collegamento tra preliminare e definitivo dovesse essere rispettoso
dell’identità tra l’oggetto del contratto preliminare e quello inserito nel definitivo. Quindi se vi era una domanda giudiziale di effettuazione specifica e vi fosse difformità tra contratto preliminare e definitivo, l’azione di esecuzione specifica diventava inammissibile e conseguentemente ci si doveva accontentare del rimedio della risoluzione del contratto per inadempimento, con il relativo risarcimento del danno. Questa rigida prospettiva interpretativa della Cassazione per molto tempo ha favorito le imprese di costruzione in quanto offriva l’escamotage di poter addivenire allo scioglimento del contratto. Fino agli anni ’70 - ’75 se si stipulava un contratto preliminare di vendita sulla pianta ad un certo prezzo, ma poi 18 o 24 mesi dopo, arrivando al termine fissato per la stipula del definitivo, potevano verificarsi discrasie (differenze) tra i costi previsti al momento della stipula del preliminare e quelli sopportati in concreto dal costruttore, per cui di fronte a questa lievitazione di costi di materiale e manodopera non previsti, non era più conveniente l’impresa adempiere, mentre diventava più utile indurre il promissario acquirente risolvere il contratto, in quanto l'esecuzione in forma specifica era ritenuta inammissibile, per rivendere dopo l’appartamento ad altri al fine di realizzare un corrispettivo più adeguato ai prezzi di mercato, anche se questo significava pagare il risarcimento del danno. In sintesi l’impresa intenzionalmente non ultimava le rifiniture previste nel preliminare, proprio per eccepire che l’oggetto non era identico a quello del preliminare e questo comportava l’inammissibilità dichiarata dall’azione, per cui l’impresa poteva realizzare la vendita ad altri a prezzi più alti, anche se doveva pagare il risarcimento del danno. La giurisprudenza di legittimità di fronte agli abusi ricorrenti che si manifestavano da parte delle imprese costruttrici a danno dei promissari acquirenti, iniziò a mutare passando dal criterio dell’identità dell’oggetto a quello dell’identità di interessi tra contratto preliminare e definitivo, cioè la Cassazione cominciò ad affermare che se l’azione di esecuzione
specifica era proposta quando l’oggetto non è perfettamente conforme a quello del preliminare, però era idonea a realizzare gli stessi interessi valuti dal promissario acquirente nel contratto preliminare, anche in questo caso l’azione è ammissibile per cui la sentenza costitutiva si poteva pronunciare. Secondo il giudice di legittimità se veniva stipulato un preliminare che aveva ad oggetto un appartamento di 4 vani, ma in concreto ne veniva costruito uno di dimensioni ridotte o con un numero di vani diverso, pur essendo difforme dalla descrizione del preliminare, poteva realizzare l’interesse a soddisfare il bisogno abitativo del promissario acquirente, per cui la tutela dell’esecuzione specifica diventava ammissibile e quindi poteva pronunciarsi una sentenza costitutiva che trasferisca la proprietà del bene e se le dimensioni dell’appartamento consegnato erano ridotte, era riconosciuta anche una riduzione del prezzo. L'interpretazione della Cassazione passa da un assetto di identità di oggetto ad un assetto di interessi in termini non di identità, ma di uguaglianza, nel senso che anche laddove al momento della proposizione dell'azione di esecuzione specifica del contratto preliminare, l'unità immobiliare non fosse totalmente conforme a quella oggetto del preliminare (per difformità di rifiniture, dimensione, ecc.) la Cassazione riteneva ammissibile la domanda di esecuzione specifica laddove quel cespite, sebbene difforme da quello indicato nel contratto preliminare, avesse potuto realizzare ugualmente gli interessi che la parte acquirente si proponeva. Questa interpretazione evolutiva cambiò il presupposto da identità dell'oggetto ad un assetto relativo all'uguaglianza di interessi e finì per riconoscere anche la garanzia per vizi con la possibilità di ridurre il prezzo in misura corrispondente al minusvalore che la difformità comportava. Quindi per un verso era possibile ottenere una sentenza costitutiva che trasferisse la proprietà di un cespite non identico rispetto a quello indicato nel preliminare e per altro verso si accordava una riduzione del prezzo, cioè si ammetteva che in questo tipo di fattispecie fattuale si potesse non solo proporre una domanda giudiziale finalizzata all’esecuzione in forma specifica, ma contemporaneamente si poteva invocare la garanzia per vizi che da luogo alla riduzione del prezzo o alla risoluzione del contratto per inadempimento. In questa maniera il criterio di collegamento per l’ammissibilità dell’azione ex art. 2932 era più confacente all’interesse del promissario acquirente, laddove il cespite sebbene diverso, realizzava gli interessi fissati nel preliminare, quindi uguaglianza di interessi piuttosto che identità di oggetto. Attraverso questa lenta evoluzione dell’interpretazione, si arriva a riconoscere la tutela specifica dell’art. 2932 anche in quelle ipotesi in cui si era stipulato un contratto preliminare di vendita su un cespite in costruzione, sulla piantina, e il costruttore aveva solo allestito il cantiere sul suolo edificatorio, ma l’immobile non neanche iniziato per sopravvenuti eventi in danno dell’imprenditore tanto gravi da causarne il fallimento della sua impresa edile. Su questi casi ci sono state due o tre sentenze della Cassazione che hanno riconosciuto l’azione di esecuzione specifica, per ottenere una sentenza costitutiva per il trasferimento di proprietà della quota millesimale del suolo, su cui si sarebbe costruito
l’appartamento oggetto del contratto preliminare, in maniera da consentire a chi lo avesse stipulato di mantenere il diritto che avevano acquistato, al fine di poter realizzare l’appartamento affidando la costruzione ad un'altra impresa. Questo esempio conclamato fa capire come l’interpretazione giurisprudenziale, cioè del diritto vigente, spesso si adegua al mutamento delle esigenze della società ed oggi la stipula di un contratto preliminare comporta che, qualsiasi sia la situazione, è possibile ottenere una sentenza che trasferisca la proprietà del cespite o dei diritti corrispondenti. A seguito di questo approfondimento emerge che il preliminare è un contratto che ha un vincolo giuridico pregnante, visto che in caso di rifiuto a stipulare il definitivo si può ottenere con una sentenza la realizzazione degli effetti propri del contratto definitivo. Siamo di fronte ad un contratto giuridicamente vincolante caratterizzato dal rimedio della tutela specifica, perché di fronte all’inadempimento, così come avviene per qualsiasi tipo di contratto, si può applicare solo il rimedio generale della risoluzione del contratto, previsto per qualsiasi inadempienza contrattuale. Invece per il preliminare, il codice civile attribuisce anche una tutela specifica che consente di ottenere il risultato finale che si proponevano. Quindi il legislatore non ha lasciato i contraenti di un preliminare con il solo rimedio della risoluzione, cioè dello scioglimento del contratto, il quale non consente di realizzare specificamente le prestazioni fissate in un contratto, ma ha accordato un rimedio alternativo a quello generale che consente di ottenere gli effetti del definitivo. Il collegamento preliminare-definitivo è un tema che porta ad un’altra problematica e cioè se, in prospettiva del contratto definitivo, possono avere valenza le richieste di una delle due parti di modificare il regolamento negoziale convenuto nel preliminare. Sotto questo profilo qualche autore lo ha ritenuto possibile, però sul piano giuridico questa tesi non appare razionale perché un contratto presuppone lo scambio del consenso e quindi una bilateralità, anche laddove si voglia sciogliere il contratto (il cosiddetto mutuo consenso) e alla luce dell’art. 1372 e ss. razionalmente non è condivisibile che una parte, unilateralmente abbia il diritto di chiedere una modifica contrattuale, in sede di stipula del contratto definitivo. A parte questa non coerenza nell’interpretazione sistematica con le norme del 1372 che individua il principio di consensualità (scambio del consenso o mutuo consenso) quale presupposto per la conclusione del contratto, nell'ipotesi di rifiuto ad adempiere l'art. 2932 ammette l’azione per chiedere una sentenza costitutiva che produca gli effetti del contratto non concluso fissati nel preliminare, pertanto, per converso, questo significa che nel contratto definitivo le parti sono obbligate ad attenersi scrupolosamente al regolamento negoziale del preliminare, non solo per gli effetti principali (il trasferimento della proprietà e il pagamento del corrispettivo), ma per qualsiasi condizione di dettaglio convenuta (modalità di consegna dell’immobile e di pagamento, ecc.). Per cui abbiamo non solo un dato interpretativo sistematico che ci viene dalle norme del 1372, in quanto il contratto non può essere sciolto che per mutuo consenso, ma abbiamo un dato normativo diretto, che riviene dal primo comma dell’art. 2932, che
avvalora la tesi dell’impossibilità per le parti di avere un diritto di modifica del regolamento negoziale in sede di definitivo. Con il consenso di entrambe le parti tutto è possibile, però in questo caso ci troveremmo non di fronte ad un contratto definitivo in esecuzione del preliminare, ma di un autonomo contratto solo indotto dal vincolo del preliminare. Il problema del collegamento è importante perché gli eventuali vizi o patologie derivanti dal preliminare, finiscono per riflettersi sul definitivo. Cioè tutta la problematica dei vizi del volere, laddove fossero presenti al momento della conclusione del preliminare, si riflettono sull'adempimento del definitivo, quindi è importante stabilire se il secondo contratto, cronologicamente inteso, possa effettivamente essere considerato definitivo rispetto ad un precedente preliminare o se invece è un contratto autonomo. Altro elemento che ci consente di negare la possibilità che in sede di contratto definitivo si possa unilateralmente chiedere e ottenere una modifica è dato anche dall’interpretazione giurisprudenziale, in tema di risoluzione del contratto preliminare per eccessiva onerosità sopravvenuta che è un rimedio che troviamo nelle regole generali del contratto e quindi applicabile per qualsiasi tipo di contratto compreso quello preliminare. Ad esempio un costruttore che abbia stipulato un contratto preliminare per costruire un fabbricato ad un determinato prezzo che in seguito si trova di fronte all’aumento eccessivo dei prezzi dei materiali e della mano d’opera per eventi sopravvenuti e imprevedibili, può utilizzare il rimedio generale della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità, se vi è una sproporzione tra le due prestazioni, cioè tra il valore dell'immobile e il corrispettivo dovuto, ed è un'azione che può essere paralizzata dal convenuto (in questo caso il promissario acquirente), laddove voglia fare un'offerta che adegui il prezzo superando l'eccessiva onerosità dedotta. La giurisprudenza ammetteva la risoluzione del contratto preliminare per eccessiva onerosità della prestazione, sulla valutazione degli elementi previsti nel preliminare, poi riprodotti nel definitivo. Attraverso questo dato interpretativo si ha conferma che il contratto definitivo deve avere un regolamento negoziale identico a quello previsto nel contratto preliminare. Sapere quando il secondo contratto cronologicamente concluso possa ritenersi definitivo rispetto al preliminare, è importante anche per la stipula di un contratto preliminare che ha ad oggetto più cespiti immobiliari quando, per ragioni di fattibilità economica, le parti stipulino un contratto definitivo che ha ad oggetto solo uno o più di questi cespiti, ma non tutti. Se successivamente alla stipula di un definitivo parziale, in quanto definitivo solo rispetto ad alcuni dei cespiti compresi nel preliminare, laddove il promittente-venditore nicchiava, bisognava sapere se vi il promissario acquirente poteva obbligare il promittente venditore a trasferire gli altri cespiti. Parte della dottrina ha valutato fattispecie nelle quali il contratto preliminare avesse previsto la vendita di più cespiti, ma la stipula del contratto definitivo sia poi avvenuta solo per una parte di quei beni, (ad esempio perché l’acquirente si è riservato per l’acquisto dei beni rimasti). Le controversie erano sorte in quanto il contratto definitivo era stato stipulato solo per quella porzione di cespiti, per cui la parte
che voleva acquistarne la restante porzione si vedeva preclusa tale possibilità, in quanto il venditore riteneva concluso il contratto definitivo per il principio di assorbimento. C'è stato un momento in cui una parte della dottrina, alla quale sono accompagnate in un paio di sentenze della Cassazione, ha invocato il principio di assorbimento per negare questa possibilità al promissario acquirente che avesse stipulato un definitivo parziale, perché avendo ad oggetto solo una parte dei cespiti del preliminare, non poteva più esigere un secondo contratto definitivo per completare il trasferimento della proprietà degli altri cespiti. Questa possibilità è stata negata perché, per il principio di assorbimento, si sosteneva che nella misura in cui la caratteristica del preliminare è nel contenere un facere, cioè un'obbligazione di concludere il contratto, se vi è stato un definitivo, sia pure per alcuni dei cespiti previsti nel preliminare, si esaurisce l'obbligazione di concludere il contratto perché rappresenterebbe comunque l'adempimento dell'obbligazione di concludere il contratto. Per questa ragione si diceva che la stipula del definitivo assorbiva l'adempimento dell'obbligazione di concludere il contratto che è la caratteristica tipica del contenuto del preliminare. Su queste argomentazioni si è rigettata la domanda di esecuzione specifica per la parte di beni che non erano stati oggetto della stipula del contratto definitivo, anche se contemplati nel preliminare. Questa interpretazione ha trovato anche riscontro giurisprudenziale in un paio di sentenze, ma in realtà appare irrazionale e non condivisa dalla maggior parte della dottrina, superata dalla giurisprudenza successiva.
1.4) LA FORMA DEL CONTRATTO PRELIMINARE
L'aspetto della forma del contratto preliminare rinviene una disciplina specifica nell'art. 1351 cod.civ., ai sensi del quale esso è nullo, se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo. La legge pone un requisito formale per relationem : il contratto preliminare evidenzia infatti un collegamento negoziale necessario la cui portata si estrinseca nell'individuazione della forma del preliminare in base a quella prescritta per il contratto definitivo al quale esso si riferisce. L'art. 1351 cod.civ., ad esempio, ha il significato pratico di rendere necessaria la forma scritta per il preliminare avente ad oggetto diritti reali immobiliari, dal momento che il contratto definitivo avente tale oggetto deve, a pena di nullità, rivestire questo formalismo. Xxxxx infatti rilevare che, in difetto del disposto dell'art. 1351 cod.civ. , non si sarebbe potuta ricavare, secondo i principi generali di cui all'art. 1350 cod.civ. , la necessità della forma scritta per il caso che ci occupa. Il numero 1 di detta norma individua l'atto per il tipo di effetto che è idoneo a produrre relativamente a beni immobili : qualsiasi atto che produca l'effetto di trasferire la proprietà o altri diritti reali (servitù, usufrutto, uso, abitazione) deve essere effettuato per iscritto. Il contratto preliminare non produce tuttavia alcun effetto traslativo diretto : donde l'indispensabilità di un'apposita previsione ai fini della vincolatezza della forma. Questa osservazione tornerà utile ai fini di ragionare sullo specifico problema della forma del negozio risolutorio del contratto
preliminare. Che cosa dire invece quando le parti abbiano previsto per il definitivo una particolare forma volontaria ai sensi dell'art. 1352 cod.civ. ? Secondo l'opinione preferibile , in questo caso la previsione del formalismo volontario per il contratto definitivo non implica, in difetto di un'espressa previsione, l'estensione di esso al contratto preliminare, il quale sarà validamente stipulato anche se in assenza di una forma particolare. Questione assai importante è quella del sindacato relativo alla forma del contratto risolutorio di un contratto preliminare che abbia ad oggetto beni immobili. Per impostare correttamente la questione, occorre notare che l'art. 1350 cod.civ. prevede l'indispensabilità del formalismo ad substantiam per le sole pattuizioni che abbiano come effetto quello di costituire, modificare o estinguere diritti reali immobiliari. In altre parole, qualora non esistesse la norma di cui all'art.1351 cod.civ., che espressamente estende la forma vincolata alle pattuizioni preliminari, ogniqualvolta le medesime si riferiscano alla futura conclusione di contratti che trasferiscono diritti concernenti immobili, la forma di tali contratti preliminari sarebbe libera. Infatti il contratto preliminare, ex se, non ha certamente alcuno degli effetti previsti dalle ipotesi di cui all'art. 1350 cod.civ., sortendo mera efficacia obbligatoria. Esso produce, in altri termini, il semplice effetto di vincolare gli stipulanti alla conclusione del contratto definitivo. La sua efficacia in ordine al trasferimento di diritti reali immobiliari è, per così dire, mediata o dall'intervento successivo delle parti che pongono in essere il contratto definitivo o da quel surrogato giudiziale che è previsto dalla legge all'art. 2932 cod.civ. e che consiste nella emanazione di una sentenza costitutiva che tiene luogo del contratto definitivo non stipulato. Quando non è dato di rinvenire alcuno degli "altri atti specialmente indicati dalla legge" di cui al n.13 dell'art. 1350 cod.civ. (ciò che si verifica per il preliminare ex art. 1351 cod.civ.), la regola generale sembrerebbe, dunque, essere quella della libertà delle forme .
1.5) I TERMINI PER L’ADEMPIMENTO
L’ART 1183 rubricato”Tempo dell'adempimento”dichiara: “Se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente [artt. 1219, 1771 c.c.]. Qualora tuttavia, in virtù degli usi o per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell'esecuzione, sia necessario un termine, questo, in mancanza di accordo delle parti, è stabilito dal giudice [artt. 650, 1331, 1810 c.c.]. Se il termine per l'adempimento è rimesso alla volontà del debitore, spetta ugualmente al giudice di stabilirlo secondo le circostanze [art. 1817 c.c.]; se è rimesso alla volontà del creditore, il termine può essere fissato su istanza del debitore che intende liberarsi.” In giurisprudenza la fissazione del termine per la stipula del contratto definitivo non è considerata un requisito essenziale del preliminare, potendo le parti ricorrere alla disposizione dell'art. 1183 del codice civile o comunque potendone essere richiesta la fissazione al giudice. Inoltre la mancanza del termine non determina la invalidità del contratto preliminare. Le parti ricorrono al contratto preliminare quando, avendo determinato almeno i termini essenziali di un
affare ed avendo trovato conveniente intendono "fermarlo" e hanno interesse alla stipula del contratto definitivo. Questo avviene in due casi prevalentemente: le parti si sono già accordate sugli elementi essenziali , e intendono senz'altro vincolarsi, perché gli elementi non ancora discussi sono solo clausole accessorie. La seconda ipotesi tipica è quella in cui almeno una delle parti, pur essendo già giunta ad una valutazione definitiva, voglia compiere alcuni accertamenti sui presupposti di validità e di regolarità del contratto.
1.6)MANCATA STIPULA DEL CONTRATTO DEFINITIVO
Nell’ipotesi in cui, non si dovesse addivenire alla stipula del contratto definitivo di compravendita, l’art. 2775-bis sancisce che, i crediti del promissario acquirente, hanno privilegio speciale sul bene immobile oggetto del contratto preliminare. Il suddetto articolo introdotto dalla legge ed intitolato (credito per mancata esecuzione dei contratti preliminari), così recita: “Nel caso di mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto, i crediti del promissario acquirente che ne conseguono hanno privilegio speciale sul bene immobile oggetto del contratto preliminare sempre che gli effetti della trascrizione non siano cessati al momento della risoluzione del contratto risultante da atto avente data certa, ovvero al momento della domanda giudiziale di risoluzione del contratto o di condanna al pagamento, ovvero al momento della trascrizione del pignoramento o al momento dell'intervento nella esecuzione promossa da terzi.” (sentenza Cass. civ., sez. I, 14-11-2003, n. 17197) . Ad ulteriore tutela della posizione del promissario acquirente, l’articolo 3.5. del D.L. 669/1996 ha aggiunto all’articolo 2780 x.x. xx x. 0) xxx: “I crediti del promissario acquirente per mancata esecuzione dei contratti preliminari, indicati all’articolo 2775 – bis.”E’ palese che, per “mancata esecuzione” ,debba intendersi la mancata conclusione dell’atto di vendita per qualunque causa; e ciò a titolo esemplificativo per mancanza ab origine dell’efficacia del contratto o per sentenza dichiarativa di nullità del contratto o per risoluzione consensuale o giudiziale del preliminare. Nella sfera del credito garantito da ipoteca e da restituirsi, a parere di chi scrive vanno annoverate le somme versate dal promissario acquirente a titolo di caparra o anticipo sul prezzo già corrisposto al promettente alienante ma, anche le eventuali somme dovute in base al contratto preliminare a titolo di penale o le somme dovute a titolo di risarcimento del danno liquidato in sentenza dichiarativa o di accertamento di risoluzione contrattuale. L’intenzione del legislatore di dare una maggior tutela a chi acquista, considerato comunque come contraente più debole e soprattutto più “esposto” rispetto a che vende, si palesa anche in materia fallimentare ove all’articolo 72 della legge fallimentare (come modificato dall’art. 3, comma 6, D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, dalla L. 28 febbraio 1997, n.30) è previsto che, in caso di un preliminare regolarmente trascritto, il
promissario acquirente avrà diritto di insinuare il proprio credito di restituzione del prezzo già versato nel passivo del fallimento, godendo del privilegio di cui al citato art. 2775-bis, qualora il curatore decida di recedere dal preliminare. Occorre a questo punto interrogarsi su di un aspetto estremamente significativo nella pratica: cosa accade nell’ipotesi in cui sull’immobile dovessero risultare ipoteche iscritte anteriormente alla trascrizione del contratto preliminare di vendita? Il Ministero della Giustizia è stato investito del quesito e con nota 15.04.1997 prot. 291421/35-2 ha così risposto: “.. il privilegio speciale di cui gode il credito del promissario acquirente di bene immobile oggetto di contratto preliminare trascritto ex art. 2645 –bis. c.c., prevale sulle ipoteche trascritte anteriormente”. E’ enorme la portata di una simile norma, in quanto essa consente ad una trascrizione successiva di prevalere su un’iscrizione precedente, pregiudicando notevolmente il creditore ipotecario precedente. Al privilegio speciale di cui gode il promissario acquirente, esiste però una rilevante eccezione. Il privilegio del promissario acquirente non è infatti opponibile ai creditori garantiti da ipoteca relativamente a mutui erogati al promissario acquirente per l’acquisto del bene immobile nonché ai creditori garantiti da ipoteca ai sensi dell’articolo 2825 – bis (art. 2775-bis secondo comma). Ciò significa che in caso di mutuo concesso da Istituto di credito o da altro soggetto, con garanzia ipotecaria sull’immobile, l’ipoteca stessa, anche se successiva alla trascrizione del preliminare, prevarrà sulla medesima, ma solo in riferimento alla parte di mutuo che il promissario acquirente ha dichiarato in sede di preliminare, di volersi accollare.
1.7)RISOLUBILITA’ DEL CONTRATTO PER INADEMPIMENTO
L'articolo 1453 rubricata “ Risolubilità del contratto per inadempimento”,così dispone: "Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno. La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l'adempimento; ma non può più chiedersi l'adempimento quando è stata domandata la risoluzione. Dalla data della domanda di risoluzione l'inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione."E’ questa l’ipotesi in cui il contratto su richiesta o iniziativa della parte adempiente si risolve per inadempimento dell'atra parte e risponde a ragioni di logica giuridica e di buon senso. È infatti evidente che se un parte ha eseguito le sue obbligazioni, si aspetta che l'altra faccia altrettanto; di fronte al perdurare dell'inadempimento di un parte, l'altra "in bonis" ha due strade davanti a sé: o chiedere l'adempimento del contratto,o chiedere la risoluzione del contratto. Nel caso, infatti, che l'altra prestazione sia ancora possibile, si potrà avere ancora interesse alla sua esecuzione, ma se il perdurare dell'inadempimento fa perdere la fiducia nell'altro contraente o l'interesse per la sua prestazione, la parte in xxxxx potrà chiedere di sciogliersi dal
vincolo attraverso la richiesta al giudice di risoluzione del contratto. Questo potere di scelta, però, non è senza limiti. L'art. 1453 stabilisce un principio secondo cui “se è chiesto l'adempimento si può sempre chiedere poi la risoluzione, ma se è stata chiesta prima la risoluzione non è poi più possibile chiedere l'adempimento”. I motivi di questa limitazione sono intuitivi, ma quale che sia la scelta, alla parte adempiente spetterà comunque il risarcimento del danno subìto per comportamento dell'altra parte. L'art. 1453 dispone, infatti, che il risarcimento del danno spetta "in ogni caso" riferendosi, cioè, sia ai casi di richiesta di adempimento, sia ai casi di risoluzione, sempreché il danno si sia in effetti verificato. Bisogna considerare, però, anche un altro importante aspetto relativo alla risoluzione del contratto; il codice all'art. 1453 parla, appunto, di inadempimento, per aversi risoluzione, facendo intendere che questo inadempimento deve derivare da colpa del debitore; di conseguenza in mancanza di colpa del debitore, non sarà possibile chiedere la risoluzione, e, ovviamente, ottenere il risarcimento del danno, che ha come presupposto proprio la colpa del debitore, che, però, è presunta (x. Xxxx. civ. n.2853/2005); a questo punto, però, si possono avere due situazioni, nella prima la prestazione è ancora possibile, ed allora si tratta solo di un ritardo nell'adempimento per causa non imputabile al debitore, che dovrà comunque eseguire la sua prestazione, seppure in ritardo; nel secondo caso l'inadempimento può essere definitivo, ed allora l'altra parte, escluso che debba comunque eseguire la sua prestazione, potrà chiedere la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1463 c.c. cioè per impossibilità sopravvenuta.
1.8) PROBLEMATICHE CONNESSE ALLA TRASCRIVIBILITA’ DEL CONTRATTO PRELIMINARE
Il principio di assorbimento è stato superato e smentito dal decreto legge 31 dicembre 1996 n. 669 convertito in legge il 28 febbraio 1997 che ha introdotto la trascrivibilità del contratto preliminare, inserendo l’art. 2645 bis, rubricato trascrizione di contratti preliminari. Infatti, al terzo comma, questo articolo dispone che allorché non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare entro uno o tre anni a seconda dei casi, gli effetti della trascrizione del contratto preliminare cessano e si considerano come mai prodotti. Questo significa proprio il contrario del principio di assorbimento, per il quale una volta stipulato il contratto definitivo, sia pure in modo parziale rispetto al contenuto del contratto preliminare, si riteneva il contratto definitivo esaustivo di tutte le obbligazioni contenute nel preliminare. Invece il terzo comma dell’art. 2645 bis smentisce la possibilità di applicare il principio di assorbimento, anzi se non si è adempienti con l'assetto negoziale previsto nel preliminare gli effetti della trascrizione non si verificano, per cui il contratto definitivo deve essere esattamente coincidente con il regolamento negoziale del preliminare, altrimenti nonostante la trascrizione sia intervenuta prima, rispetto ad un contratto trascritto che il xxxxx causa abbia fatto con un terzo, non ha la possibilità di sviluppare quegli effetti di priorità utili per risolvere il conflitto
di interessi tra più aventi causa, dello stesso bene da parte e di uno stesso xxxxx causa, perché in questo caso il conflitto si risolverebbe a favore di chi ha trascritto successivamente, solo per non aver avuto cura di stipulare un definitivo perfettamente conforme al preliminare. Potrebbe anche essere stato stipulato il definitivo con alcune modifiche senza intenti fraudolenti, però se non c'è l'attenzione a stipulare il definitivo in modo perfettamente coincidente è possibile incorrere in una situazione spiacevole laddove ci fossero state trascrizioni successive. Questi problemi non sorgono solo quando lo stesso xxxxx causa vende lo stesso immobile a terzi, ma anche quando un creditore del costruttore con un titolo esecutivo, ad esempio un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, iscrive ipoteca giudiziale su quel cespite. Anche qui se la trascrizione è avvenuta prima di questa iscrizione, il promissario acquirente non deve rispondere anche del debito del costruttore che ha avuto la garanzia reale ipotecaria. Cosi come se ci sono cambiali rilasciate dal costruttore, il suo creditore potrebbe prima fare il precetto cambiario e poi il pignoramento immobiliare che si esegue trascrivendo la domanda di pignoramento sul cespite. Quindi l'ipotesi della vendita del cespite a terzi è solo la più grave e patologica, ma ci possono essere altre ipotesi di trascrizione o di iscrizioni e tutti questi eventi si chiamano pesi. La pubblicità della conservatoria sui pesi di un determinato cespite, se incontra la prioritaria trascrizione del contratto preliminare non incidono sulla patrimonialità del promissario acquirente, ma se si è stipulato un preliminare non trascritto con un costruttore pieno di debiti, vi sono grossi rischi futuri per il promissario acquirente se vi sono trascrizioni di terzi, di pesi quindi, per pignoramenti o iscrizioni ipotecarie per somme elevate, tanto da non essere più conveniente eseguire specificatamente il preliminare, anzi ci potrebbe essere l'interesse contrario alla risoluzione del contratto, quanto meno con l'aspettativa di poter recuperare le somme versate. Fino al 1996 l'obbligo di trascrizione esisteva solo per la vendita di immobili e beni mobili registrati con contratti ad effetto traslativo del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento, cioè per quelli definitivi, ma non per i contratti preliminari. Il contratto di vendita per gli immobili e beni mobili registrati deve essere redatto con sottoscrizione autenticata dal notaio oppure per atto pubblico e deve essere trascritto entro 30 giorni dal notaio che ha curato l'autentica o la redazione dell'atto. Lasciando stare l'ipotesi patologica di responsabilità del notaio che non trascrive l’atto, un contratto di vendita immobiliare deve farsi nella forma scritta ab substantiam, cioè a pena di nullità (art. 1350 c.c.), ma se non è trascritto l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata il contratto resta perfettamente valido ed efficace tra le parti contraenti. La trascrizione è dichiarativa e serve per la pubblicità dell’atto al fine di favorire la circolazione giuridica; in altri termini se vi sono contratti di vendita dello stesso bene da parte dello stesso proprietario a più aventi causa, il problema del conflitto di interessi tra i vari acquirenti è risolto dal codice civile con la priorità della trascrizione. È possibile che venga acquistato lo stesso bene dello stesso venditore da un altro acquirente, ma se il primo acquirente ha trascritto il contratto vince nel conflitto di
interessi che si crea tra più aventi causa dello stesso bene da parte di uno stesso xxxxx causa. Fino al 1996 il contratto preliminare di una unità immobiliare non poteva essere trascritto in quanto il codice civile non lo prevedeva e allora era facile per un costruttore vendere lo stesso bene a più persone e incassare altrettanti corrispettivi, anche se questa è un’ipotesi di truffa (art. 640 c.p.). Xxxxxx accadere anche che il venditore stipulasse un contratto preliminare con un soggetto e poi dopo stipulava un contratto definitivo con un altro, per cui solo quest'ultimo acquistava la proprietà perché solo questo aveva l’obbligo della trascrizione. A meno che il promissario acquirente del contratto preliminare, intuendo un comportamento truffaldino del promittente venditore, agiva con una domanda giudiziaria di esecuzione specifica del contratto preliminare, che invece è sempre stata trascrivibile (quindi anche prima del 1996). Tuttavia era un contratto in bilico perché si doveva attendere la sentenza costitutiva relativa alla domanda giudiziaria di esecuzione specifica del contratto preliminare, ma se arrivava la sentenza retroagiva al momento della trascrizione e quindi dichiarava giudizialmente il trasferimento coattivo della proprietà a favore di colui il quale aveva stipulato il contratto preliminare. Il vincolo giuridico del preliminare di vendita immobiliare comportava un rischio grave soprattutto se il promissario acquirente avesse, contestualmente alla stipula del preliminare e in corso di espletamento della realizzazione dell'unità immobiliare, versato acconti cospicui, perché rischiava non solo di perdere il cespite, ma anche il denaro versato. Di fronte a questa situazione il decreto legge 669/96 introduce l'art. 2645 bis che obbliga la trascrizione del preliminare e nel primo comma dispone: “I contratti preliminari aventi ad oggetto la conclusione di taluno dei contratti di cui ai numeri 1) (sul trasferimento della proprietà dei beni immobili), 2) (per costituzione dei diritti reali di godimento), 3) (per costituire la comunione dei diritti menzionati nei numeri precedenti) e 4) (per la modifica delle servitù prediali) dell'articolo 2643, anche se sottoposti a condizione o relativi a edifici da costruire o in corso di costruzione, devono essere trascritti se risultano da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autentica o accertata giudizialmente.” È obbligatorio trascrivere i preliminari quando sono redatti da pubblico ufficiale, cioè dal notaio o con scrittura privata con le firme autenticate da questo, tuttavia sono validi anche i contratti preliminari redatti per iscritto, ma non trascritti, che abbiano tutti gli elementi essenziali, ma non sono opponibili ai terzi. Per ottenere la trascrizione del contratto è indispensabile l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata, altrimenti il conservatore non lo trascrive perché, in genere, la trascrizione viene chiesta da una parte e l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata sono le uniche forme di contratto che danno la certezza dell’autenticità delle firme dei contraenti, altrimenti ci potrebbero essere una serie di falsi per cui il registro pubblico della conservatoria non darebbe più dei dati certi e finirebbe per perdere gli effetti della pubblicità dichiarativa e costitutiva.
1.8.1)STIPULA DEL DEFINITIVO CHE SIA ESECUZIONE DEL PRELIMINARE
L'art. 2645 bis nel secondo comma dispone: “La trascrizione del contratto definitivo o di altro atto
che costituisca comunque esecuzione dei contratti preliminari di cui al comma 1, ovvero della sentenza che accoglie la domanda diretta ad ottenere l'esecuzione in forma specifica dei contratti preliminari predetti, prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione del contratto preliminare.” Si ribadisce la priorità della trascrizione del contratto preliminare rispetto alle trascrizioni successive inerenti gli stessi immobili e questa priorità è quella della cosiddetta pubblicità costitutiva che serve a risolvere i conflitti di interessi fra più aventi causa rispetto al venditore di uno stesso cespite. Quindi nel secondo comma viene ribadito il principio per cui se il costruttore stipula il contratto preliminare di vendita di un appartamento con scrittura autenticata davanti al notaio e lo trascrive e qualche giorno dopo vende lo stesso immobile ad un terzo, stipulando il contratto di vendita con atto pubblico, e trascrive anche questo, la trascrizione del preliminare prevale rispetto a qualsiasi altra trascrizione successiva e in questo modo risolve il conflitto di interessi che può sorgere tra più aventi causa di uno stesso cespite. Per il principio della priorità della trascrizione si risolve il conflitto di interessi sullo stesso immobile, anche se uno degli aventi causa abbia stipulato solo un preliminare di vendita, mentre un terzo un atto definitivo, ma successivo al preliminare. L'art. 2645 bis nel terzo comma dispone: “Gli effetti della trascrizione del contratto preliminare cessano e si considerano come mai prodotti se entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione predetta, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare o della domanda giudiziale di cui all'articolo 2652, primo comma, numero 2).” Ad esempio se viene stipulato un contratto preliminare e si fissa il definitivo per il 1° dicembre 2009, perché gli effetti della trascrizione prioritaria si conservino è necessario operare la conclusione del contratto entro un anno dal termine fissato, cioè il 1° dicembre 2010. Ovviamente nel momento in cui una parte si accorge che l'altra non ha intenzione di stipulare il definitivo è inutile aspettare il termine di un anno, ma prima che scada bisogna proporre domanda giudiziale di esecuzione specifica del contratto preliminare e trascriverla. Quando nel contratto preliminare di vendita avente ad oggetto immobili le parti non prevedono un termine per la stipula del definitivo, si applicano le regole generali del contratto per cui l'adempimento può essere richiesto immediatamente (statim debetur) e quindi si viene a stabilire una condizione di favore per chi deve ricevere la prestazione, invece se esiste il termine è una condizione di favore per chi deve adempiere alla prestazione. Quindi se vi è un contratto preliminare in cui non è stato stabilito un termine per il definitivo, deve comunque essere stipulato entro tre anni dalla trascrizione del preliminare. Il quarto comma del 2645 bis prevede: “I contratti preliminari aventi ad oggetto porzioni di edifici da costruire o in corso di costruzione devono indicare, per essere trascritti, la superficie utile della porzione di edificio e la quota del diritto spettante al promissario acquirente relativa all’intero costruendo edificio espressa in
millesimi.” In questo caso la trascrizione è eseguita con riferimento al bene immobile per la quota determinata e secondo le modalità nel quarto comma. Quando l’edificio viene ad esistenza, gli effetti della trascrizione si producono rispetto alle porzioni materiali corrispondenti alle quote di proprietà predeterminate, nonché alle relative parti comuni. La eventuale differenza di superficie o di quota contenuta nei limiti di 1/20esimo, rispetto a quelle indicate nel contratto preliminare non produce effetti (art. 2645 bis quinto comma). Quindi è possibile effettuare la trascrizione dei contratti preliminari per l’acquisto di un fabbricato a costruirsi, sulla cartina, di cui non è iniziata la costruzione, purché la quota del diritto spettante sia espressa in millesimi e corrispondente all’appartamento promesso in vendita con l’intesa, che appena sia individuato l’appartamento nell’ambito della costruzione, questa trascrizione debba intendersi sul cespite stabilito. Questo non significa che bisogna aspettare la fine della costruzione per fare la trascrizione, ma per individuare il cespite è sufficiente avere la struttura con i muri di tompagno11, invece le rifiniture sono un fatto successivo, mentre la trascrizione dei millesimi dell’appartamento avviene automaticamente in qualsiasi stato sia l’avanzamento lavori.
1.8.2) PREVALENZA TRA L’IPOTECA E IL PRIVILEGIO SPECIALE DEL PROMISSARIO ACQUIRENTE
L’art. 2825 bis - ipoteca sul bene oggetto di contratto preliminare - dispone che l'ipoteca iscritta su edificio o complesso condominiale, anche da costruire o in corso di costruzione, a garanzia di finanziamento dell'intervento edilizio di cui al d.lgs. 385/93, prevale sulla trascrizione anteriore dei contratti preliminari di cui all'articolo 2645 bis, limitatamente alla quota di debito derivante dal suddetto finanziamento che il promissario acquirente si sia accollata con il contratto preliminare o con altro atto successivo. Se l'accollo risulta da atto successivo, questo è annotato in margine alla trascrizione del contratto preliminare. In relazione ai pesi (iscrizione dell’ipoteca a garanzia di un credito, l’ingiunzione provvisoriamente esecutiva o il pignoramento), nell’ipotesi in cui, successivamente alla trascrizione del preliminare, il costruttore ottiene un mutuo per le esigenze di quell’edificio e faccia l’iscrizione ipotecaria a garanzia della restituzione del mutuo sull’immobile, per l’art. 2825 bis, se il promissario acquirente per il contratto preliminare si è accollato una quota del mutuo stipulato dal costruttore, la quota di debito derivante dal finanziamento per la costruzione dell’immobile, cioè quella per l'intervento edilizio di cui al d.lgs. 385/93, prevale sull’iscrizione ipotecaria a favore dell’istituto bancario mutuante, anche se è stata fatta dopo. Ad esempio se a causa del fallimento del costruttore si deve vendere un cespite su cui vi è l’iscrizione ipotecaria, la quota di debito derivante dal finanziamento dell'intervento edilizio del promissario acquirente, relativa al mutuo accollato con il contratto preliminare trascritto o con altro atto successivo, prevale
11
sulle altre trascrizioni precedenti, oltre che successive. Il legislatore in questa formulazione segue il principio dell’anteriorità, cioè da prevalenza all’anteriorità della trascrizione del preliminare rispetto alla trascrizione ipotecaria fatta a favore di una banca a garanzia del mutuo. In sostanza la legge 669/96, che ha introdotto questi articoli del codice, risolve i conflitti di interesse che possono crearsi rispetto a pesi iscritti o trascritti successivamente sul cespite, con la trascrizione del contratto preliminare che prevale perfino sui mutui trascritti prima, se questi riguardano la quota di debito derivante dal finanziamento dell'intervento edilizio accollata dal promissario acquirente. Un’altra problematica affrontata da questa legge è relativa alle ipotesi di insolvenza. Qualsiasi promittente venditore può trovarsi in una situazione di insolvenza quando si è pieni di debiti e non si ha la possibilità di pagarli, per cui se il promittente venditore è anche un imprenditore, può subire una dichiarazione di fallimento e per l’art. 72 della legge fallimentare (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267), quando viene dichiarato il fallimento di un’impresa, specie di costruzioni, e vi siano contratti preliminari di vendita di immobili, la curatela del fallimento ha la possibilità di scegliere se adempiere al contratto preliminare o sciogliersi. E’ chiaro che non c’è quasi mai la convenienza che una curatela fallimentare voglia l’adempimento, perché significa perdere quei cespiti per essere trasferiti dal promissario acquirente, invece potrebbero essere acquisiti alla massa attiva del fallimento se l’adempimento non avviene. Dunque non c’è mai convenienza sia quando il promissario acquirente non ha dato niente o ha dato poco e a maggior ragione quando ha dato tutta la somma, perché si acquisisce alla massa attiva e quindi si scioglie dal preliminare. Acquisire alla massa attiva significa che il promissario acquirente che ha versato degli acconti o anche l’intero prezzo dove fare la domanda di ammissione al passivo al rango di un chirografaro e non a rango privilegiato. Questo è importante perché l’attivo fallimentare liquidato obbliga la curatela a distribuire i ricavi prima agli ipotecari, poi ai privilegiati e poi se avanza qualcosa ai chirografari, ma in genere per questi non avanza mai niente. Sostanzialmente questa situazione si verifica per le ipotesi di fallimenti di imprese di costruzione che avessero stipulato più preliminari con promissari acquirenti che avessero già versato una quota. Pertanto da anni che vi era questo timore da parte dei promissari acquirenti che avessero fatto grossi investimenti in immobili, ma soprattutto per i piccoli risparmiatori che finalmente riuscivano acquistare una casa, perché in caso di fallimento perdere la proprietà di un’abitazione e i risparmi versati ai costruttori per acquistarla, costituiva una problematica socio-economica grave. Con la legge 669/96 si pose riparo a questa situazione inserendo il 2775 bis - credito per mancata esecuzione di contratti preliminari: “Nel caso di mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ai sensi dell'articolo 2645-bis, i crediti del promissario acquirente che ne conseguono hanno privilegio speciale sul bene immobile oggetto del contratto preliminare, sempre che gli effetti della trascrizione non siano cessati al momento della risoluzione del contratto risultante da atto avente data certa, ovvero al momento della domanda
giudiziale di risoluzione del contratto o di condanna al pagamento, ovvero al momento della trascrizione del pignoramento o al momento dell'intervento nell'esecuzione promossa da terzi. Il privilegio non è opponibile ai creditori garantiti da ipoteca relativa a mutui erogati al promissario acquirente per l'acquisto del bene immobile nonché ai creditori garantiti da ipoteca ai sensi dell'articolo 2825-bis (sempre nei limiti della quota di debito derivante dal finanziamento).” Quindi l’altra tutela di questa legge è quella di attribuire un privilegio speciale a favore del promissario acquirente. Pertanto per qualsiasi insolvenza, anche di carattere fallimentare, se il promissario acquirente si trova nelle condizioni di versare delle somme di denaro in acconto al promittente venditore e ha perso la possibilità di avere la l’immobile per la mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto, quantomeno non perde l’aspettativa di recuperare le somme versate considerato che la trascrizione fatta del contratto preliminare gli consente di avere un privilegio speciale nella distribuzione del ricavo dalla vendita all’asta del cespite oggetto del preliminare e in concreto questo significa che dalla vendita di quel bene si possono ricavare le somme versate in acconto per l’acquisto di quel cespite. In sostanza il promissario acquirente, che ha un contratto preliminare di vendita, da essere un creditore chirografaro diventa un creditore privilegiato, tuttavia il privilegio non è opponibile nei confronti di un creditore ipotecario per un finanziamento per l'intervento edilizio di cui al d.lgs. 385/93. L’art. 2775 bis deve essere coordinato con il settimo comma dell’art. 72 della legge fallimentare che dispone: “In caso di scioglimento del contratto preliminare di vendita immobiliare trascritto ai sensi dell'art. 2645-bis del codice civile, l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all'art. 2775- bis del codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.” Dunque questa normativa riduce i rischi a cui si sottopone il promissario acquirente di un contratto preliminare trascritto che avesse ad oggetto un contratto di vendita immobiliare. Tuttavia una norma simile all’art. 2775 bis è data dal secondo comma dell’art. 2748 - efficacia del privilegio speciale rispetto al pegno e alle ipoteche: “I creditori che hanno privilegio sui beni immobili sono preferiti ai creditori ipotecari se la legge non dispone diversamente.” Quindi il privilegio speciale sui cespiti immobiliari è preferito all’iscrizione ipotecaria, anche se è avvenuta prima della trascrizione di questi. Quando fu varata la legge 669/96 sul privilegio speciale accordato al promissario acquirente del preliminare, non si tenne conto che questa norma già esisteva nel codice civile all’art. 274823. In quell’epoca un costruttore quando doveva programmare la realizzazione di un fabbricato, spesso si rivolgeva all’istituto bancario per avere delle sovvenzioni finanziarie, cioè dei mutui per poter costruire con l’iscrizione ipotecaria sul suolo dove si doveva costruire l’immobile. Pertanto le banche concedevano mutui agli imprenditori edili a fronte dei quali vi era l’iscrizione ipotecaria, mentre la stipula dei contratti preliminari avvenivano durante la
La Cassazione è stata chiamata a esprimersi in merito ai rapporti tra fallimento e diritti dei creditori, modifica un suo consolidato orientamento di favore verso la posizione dei promissari acquirenti di immobili in costruzione. La sentenza stabilisce che i crediti vantati dalle banche, se garantiti da ipoteca, prevalgono rispetto a quanto vantato dai promissari acquirenti, anche nel caso in cui la promessa di acquisto (contratto preliminare) sia stata trascritta nei registri
immobiliari. Le precedenti sentenze, relative ai crediti vantati in caso di fallimenti di imprese di costruzione, ritenevano invece che la trascrizione del preliminare nei registri immobiliari garantisse il promissario acquirente anche nei confronti dei creditori che avessero iscritto ipoteca in un momento antecedente, e che quindi tale promissario acquirente dovesse essere liquidato per primo nell'ambito dell'eventuale procedura fallimentare che avesse interessato l'impresa di costruzioni.
Il nuovo orientamento della Cassazione prevede che, essendo entrambi i crediti iscritti nei registri pubblici, acquisisce la prevalenza quello che risulta essere iscritto per primo. In questo caso il promissario acquirente parteciperà alla distribuzione dell'attivo fallimentare solo nel caso in cui il costruttore sia ancora capiente dopo il pagamento dei crediti ipotecari.
Il nuovo orientamento, illustrato nella sentenza della Cassazione n. 21045, ritiene quindi che la regola generale di prevalenza del privilegio sull'ipoteca, sancita, se non diversamente disposto, dal secondo comma dell'art. 2748 cod.
Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno ribaltato l’indirizzo interpretativo ritenendo che “nel caso in cui il curatore del fallimento della società costruttrice dell’immobile scelga lo scioglimento del contratto preliminare (ai sensi dell’art. 72 della legge fallimentare), il conseguente credito del promissario acquirente – avente ad oggetto la restituzione della caparra versata contestualmente alla stipula del contratto preliminare – benché assistito da privilegio speciale, deve essere collocato con grado inferiore, in sede di riparto, rispetto a quello dell’istituto di credito che, precedentemente alla trascrizione del contratto preliminare, abbia iscritto sull’immobile stesso ipoteca a garanzia del finanziamento concesso alla società costruttrice.”
1.9)FIDEIUSSIONE A GARANZIA DEL PRELIMINARE DI VENDITA
Nonostante le cautele adottate dal legislatore del 1996, soprattutto per le ipotesi di contratto preliminare di immobili a costruirsi, cioè stipulato quando il costruttore ha solo il suolo, con il decreto legislativo 20 giugno 2005 n. 122 si è tutelato i promissari acquirenti prevedendo una norma che impone una fideiussione al promittente venditore di un immobile a costruirsi. Infatti all’atto della stipula di un contratto per il trasferimento non immediato di un immobile da costruire, il costruttore è obbligato, a pena di nullità del contratto, che può essere fatta valere unicamente dall’acquirente, a consegnare all’acquirente una fideiussione (assicurativa, bancaria, ecc.) di importo corrispondente alle somme e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso o che riscuoterà. Questo perché la vendita di un suolo dove non è stato ancora costruito nulla, anche con il privilegio speciale dei millesimi, sicuramente non è sufficiente a compensare le somme versate dai vari promissari acquirenti che hanno diritto a tale privilegio, ecco perché nel 2005 è stata introdotta la fideiussione, in quanto garantisce l’acquirente per l’intero importo versato.
1.10)TIPOLOGIE DI CONTRATTO PRELIMINARE E FIGURE SIMILARI
1.10.1) PRELIMINARE BILATERALE
Il contratto preliminare può essere bilaterale ed unilaterale. E’ bilaterale il contratto preliminare che vincola entrambe le parti; è, invece, unilaterale il contratto preliminare che comporta obbligazioni per una sola delle parti – anche se entrambe dovranno poi manifestare la volontà nel definitivo – e si differenzia dalla proposta irrevocabile( art. 1329 c.c.) poiché questa è una proposta di contratto e non un contratto vero e proprio, e si propende per la natura giuridica di negozio unilaterale recettizio, al quale l’oblato può aderire o meno. Inoltre, il preliminare unilaterale si differenzia dal patto di prelazione ( aggiungere definizione )perché non è necessario per una delle parti avere la
civ., non si applichi al caso in poiché il privilegio speciale sul bene immobile, che assiste (ai sensi dell'art. 2775-bis cod. civ.) i crediti del promissario acquirente conseguenti alla mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ai sensi dell'art. 2645-bis cod. civ., è subordinato ad una particolare forma di pubblicità costitutiva (come previsto dall'ultima parte dell'art. 2745 cod. civ.) e soggiace agli ordinari principi in tema di pubblicità degli atti. Varrebbe quindi, anche in questo caso, il principio di diritto elaborato nel diritto romano e ben illustrato dal noto brocardo "prior in tempore potior in iure".
disposizione della cosa; dalla promessa unilaterale, ( definizione ) inoltre, per la diversità della struttura, in quanto questa è negozio unilaterale recettizio, ed in particolare, non necessita di accettazione13. Nel pubblico impiego privatizzato, l'obbligo dell'amministrazione di contrarre con il vincitore di concorso, che sorge con l'approvazione della graduatoria, va considerato derivante da un contratto preliminare unilaterale stipulato per fatti concludenti del quale è ottenibile l'esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. Trib. Taranto, 11/07/2002 .
Il bando di concorso per l'assunzione di lavoratori non è riconducibile alla previsione di cui all'art. 1989 c.c., ma, essendo preordinato alla stipulazione di contratti di lavoro, che esigono il consenso delle controparti, costituisce, ove contenga gli elementi del contratto alla cui conclusione è diretto, un'offerta al pubblico, a norma dell'art. 1336 c.c.; tale offerta può essere di un contratto di lavoro definitivo, il quale si perfeziona con l'accettazione del lavoratore che risulti utilmente inserito nella graduatoria dei candidati idonei, oppure preliminare, il quale si perfeziona con la semplice accettazione del candidato che chiede di partecipare al concorso e ha per oggetto l'obbligo per entrambe le parti o per il suo offerente, nel caso di preliminare unilaterale, della stipulazione del contratto definitivo con chi risulti vincitore. Cass. civ., sez. lav., 25/11/1999, n.13138
Il bando di concorso per l'assunzione di personale, ove contenga tutti gli elementi essenziali del previsto contratto di lavoro, configura, non già una promessa al pubblico od un semplice invito ad offrire, ma una vera e propria offerta al pubblico, da cui derivano, non solo immediati obblighi del proponente nei confronti dei partecipanti, bensì la conclusione del contratto (definitivo o preliminare a seconda della necessità di ulteriori adempimenti) ed il correlativo diritto all'assunzione in capo a coloro che si sono collocati utilmente in graduatoria.Cass. civ., sez. lav., 12/11/1993, n.11158
1.10.2) PRELIMINARE UNILATERALE
Lo schema del contratto preliminare può combinarsi con altri particolari schemi contrattuali, dando luogo a varianti della figura base14, esso può avere ad oggetto la conclusione di un contratto bilaterale o plurilaterale, e potrebbe anche avere ad oggetto la conclusione di un contratto unilaterale15, ad esempio, la promessa di concedere una fideiussione. Propriamente, con il contratto preliminare, le parti si impegnano al perfezionamento del contratto definitivo; tuttavia, si può verificare l’ipotesi che, l’accordo delle parti proponga una sola di esse quale obbligato alla
Cfr. X. XXXXX, op. ult. cit., p. 657.
XXXX / X. XXXXXXX, op. ult. cit., pp. 361 – 367.
stipulazione del negozio, mentre l’altra resta libera di accettare entro un termine prefissato e rivendicare (coattivamente) in un secondo tempo la produzione degli effetti dell’atto conclusivo16: ha il diritto al contratto, ma non è obbligata a contrarre. Corrispettivo del vincolo è di solito – ma la sua presenza nel contratto non è essenziale – una controprestazione in denaro, usualmente denominata “premio”. La causa può essere di scambio giuridico (è previsto un corrispettivo per chi si obbliga a contrarre); di scambio empirico (chi si obbliga lo fa in vista di qualche vantaggio o interesse extracontrattuale); o è puramente liberale. A seconda del tipo di causa il negozio si può classificare: nel primo caso, contratto bilaterale; nel secondo caso
contratto unilaterale che si forma in base all’art. 1333 c.c.; infine, nel terzo caso “azzarda” un prototipo di donazione.
1.10.3) IL PATTO D’OPZIONE
Il patto d'opzione nel Codice Civile Italiano è regolato dall'articolo 1331: "Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l'altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall'articolo 1329". Il patto d'opzione rientra nella categoria dei negozi giuridici preparatori e mira a realizzare la cosiddetta formazione progressiva del contratto, ovvero quando il perfezionamento del vincolo giuridico non avviene per mezzo della semplice ed immediata congruenza di una dichiarazione di accettazione con quella di proposta, ma per effetto di una più complessa sequenza di atti, scaglionati nel tempo. In pratica per mezzo del patto d'opzione le parti (concedente ed opzionario) si accordano affinché il concedente rimanga vincolato alla propria dichiarazione, mentre l'opzionario si riserva un lasso di tempo nel quale decidere se esercitare il proprio diritto d'opzione e concludere così il contratto ulteriore o finale17. L'opzione è il contratto che attribuisce ad una parte (opzionario) il diritto di costituire il rapporto contrattuale finale mediante una propria dichiarazione di volontà. Nella previsione normativa (art. 1331) la dichiarazione della parte vincolata (concedente) si considera quale proposta irrevocabile per quanto attiene all'inefficacia di un'eventuale revoca ed alla vincolante efficacia della stessa in caso di morte o sopravvenuta incapacità del dichiarante. Il rinvio che l'art. 1331 fa all'art. 1329 non significa, tuttavia, che il patto d'opzione sia assimilabile alla proposta irrevocabile; la differenza strutturale tra i due istituti è netta poiché mentre la proposta irrevocabile è un atto unilaterale, l'opzione è un vero
Cfr. X. XXXXXXXXXX, in Rivista del notariato, cit., p. 1126; Cfr. X. XX XXXXXX, La trascrizione
del contratto preliminare: particolari fattispecie di interessi notarili in Rivista del notariato, 1998 fasc. 3, pt. 1, p. 415
X.Xxxx, L’opzione nel diritto civile
e proprio contratto. La natura contrattuale dell'opzione ha risvolti per ciò che concerne la disciplina del termine: la proposta irrevocabile senza indicazione del termine di durata ha infatti la valenza di una proposta semplice (1424), al contrario se le parti non si accordano sul termine dell'opzione toccherà al giudice determinarne la durata secondo la regola generale valevole per i rapporti obbligatori contrattuali. Al di fuori delle conseguenze strettamente legate alla sua natura contrattuale gli effetti dell'opzione tendono ad identificarsi con quelli dell'offerta irrevocabile.
1.10.4) LA PROPOSTA D’ACQUISTO IRREVOCABILE
La proposta è prevista in linea generale dagli articoli 1326 e seguenti del codice civile e rappresenta uno dei possibili modi di conclusione di un contratto Nella prassi della compravendita immobiliare, la proposta di acquisto è il primo passo del processo di formazione del contratto di compravendita. Con essa il potenziale acquirente, dopo aver visitato l’immobile e fatto gli opportuni controlli, sottoscrive una proposta di acquisto, in genere irrevocabile. La proposta viene fatta per iscritto ed inviata al venditore sotto forma di telegramma o di lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.
Essa deve contenere: i dati identificativi del venditore, del compratore e dell'immobile il prezzo, le modalità e i termini di pagamento , la data e il luogo dell'atto successivo (compromesso o rogito) la scadenza entro la quale il venditore deve dare accettazione. In genere si prevede che fino a tale scadenza la proposta si considera irrevocabile.
La proposta di acquisto può essere revocata fino al momento in cui il proponente stesso non viene a conoscenza dell'accettazione del venditore .In genere, tuttavia, nelle proposte di acquisto viene inserita la clausola per cui il proponente non può revocare la proposta prima della scadenza del termine indicato per l'accettazione. In tal caso, una eventuale revoca sarebbe senza effetto (articolo 1329 del codice civile).Il venditore, invece, è libero di accettare o meno la proposta. Se il venditore non accetta nei modi e nei tempi prefissati, il compratore può ritenersi libero dagli impegni firmati, poichè la promessa perde efficacia. In tal caso, se l'acquirente avesse versato somme a titolo di caparra o di acconto, queste devono essere restituite. Se il venditore accetta la proposta, invece, entrambe le parti restano vincolate agli impegni sottoscritti (articolo 1326 del Codice Civile).
L'accettazione va fatta con telegramma o raccomandata con ricevuta di ritorno. La proposta di acquisto di per sè non è soggetta a registrazione, essendo un atto unilaterale. Essa, tuttavia, deve essere registrata nel momento in cui viene accettata dal venditore, indipendentemente dalla successiva stipula del preliminare o del rogito. Così ha stabilito il Ministero delle Finanze, con la risoluzione n. 63/E del 25/02/2008. Il termine per la registrazione (venti giorni) comincia a decorrere dal giorno di avvenuta comunicazione dell’accettazione della proposta (ossia dal giorno in cui il proponente viene a conoscenza che la sua proposta è stata accettata).
1.11) GARANZIE
1.11.1) LA CAPARRA CONFIRMATORIA
La caparra confirmatoria, regolata dall'art. 1385 del codice civile,dichiara: «Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra. Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare la esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali» (art. 1385
c. 2). Nel diritto civile, la caparra è una somma di denaro o una quantità d'altre cose fungibili versata a titolo di reciproca e mutuale garanzia contro l'inadempimento nel contratto oppure come corrispettivo per il caso di recesso dal contratto. La sua funzione è infatti quella di prevedere una sorta di risarcimento immediato nel caso di inadempienza contrattuale e in caso di adempimento deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta18. Generalmente si applica in quei contratti a prestazioni corrispettive e ad effetti obbligatori dei quali si abbia un'esecuzione differita e che prevedano un pagamento in soluzione non unica. Si costituisce con la mera consegna della somma di denaro. La dazione deve essere perfezionata prima del momento di esecuzione della prestazione e della controprestazione, poiché sono le azioni delle quali la caparra va a garantire la futura esecuzione. Con il versamento della caparra, la parte che l'ha versata (tradens) si impegna a non recedere dal contratto pena la perdita della caparra stessa. La parte che l'ha ricevuta (accipiens) invece si impegna a non recedere pena la restituzione di quanto ricevuto più il pagamento di un ulteriore eguale importo al versante. In genere gli ordinamenti consentono patti per i quali alla parte non inadempiente è consentito richiedere alla parte inadempiente (ove non impedito da circostanze di fatto), in luogo della restituzione o ritenzione delle caparre, l'esecuzione in forma specifica del contratto o la sua risoluzione. A seconda dell'accordo fra le parti, la caparra può costituire una generica garanzia contro l'inadempimento, oppure può valere di corrispettivo per il recesso (una sorta di indennizzo). Se la caparra vale come indennizzo per i danni eventualmente patiti a causa della mancata sottoscrizione del contratto, con la ritenzione o restituzione della caparra si considera risarcito il danno e con la ritenzione (se la parte inadempiente è chi l'aveva versata) o la restituzione con aggiunta di un pari importo (se la parte inadempiente è chi l'aveva ricevuta), il negozio non adempiuto si chiude senza altre conseguenze. Viceversa, se la caparra ha funzione di garanzia, la parte non inadempiente, fermo restando il diritto alla ritenzione o restituzione della caparra, può anche agire per il risarcimento dei danni. Si noti che la dazione di caparra deve essere esplicitamente dichiarata: la norma nel suo primo comma sottolinea infatti che quanto versato deve essere dato "a titolo di caparra", escludendosi pertanto che possa desumersi o dedursi la natura di
caparra da altre circostanze non espresse.
Questa caparra si chiama confirmatoria poiché in passato costituiva mezzo di prova della formazione del contratto e dunque "confermava" la sua esistenza. Il nome resta, malgrado oggi i mezzi di prova dell'esistenza del contratto siano tali e tanti da renderla non più così centrale, anzi marginale, nella verifica probatoria.
1.11.2) LA CAPARRA PENITENZIALE
La caparra penitenziale, regolata dall'art. 1386 del codice civile, contiene in sé la funzione di corrispettivo del recesso Dice infatti il codice che «Se nel contratto è stipulato il diritto di recesso per una o per entrambe le parti, la caparra ha la sola funzione di corrispettivo del recesso. In questo caso il recedente perde la caparra o deve restituire il doppio di quella che ha ricevuta.» Il nome non deriva, come potrebbe sembrare, da una "pena" da scontare, bensì dallo ius poenitendi, diritto di pentirsi di aver sottoscritto il contratto, e configura il prezzo per l'esercizio di questo diritto. La caparra penitenziale, nel diritto italiano, è regolata dall'articolo 1386 del c.c.: è la somma di denaro versata dall'acquirente all'alienante al momento della conclusione del contratto. Come dice espressamente il codice la caparra penitenziale riguarda quei contratti in cui è stipulato un diritto di recesso per una o per entrambe le parti. La sua funzione è solo quella di corrispettivo forfettario del recesso. Il recedente perde la caparra o deve restituire il doppio. La caparra penitenziale si distingue pertanto dalla caparra confirmatoria: in quest'ultimo caso la parte non inadempiente può infatti domandare l'adempimento o la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali.
In particolare, la caparra penitenziale rappresenta il corrispettivo del diritto di recesso, stabilito convenzionalmente. Chi decide di recedere deve dare all'altra parte quanto pattuito a titolo di caparra penitenziale e l'altra parte non potrà chiedere altro. L'introduzione della normativa in materia di cosiddette "clausole vessatorie", tradotta nel codice civile nell'art. 1469-bis, e di quella sui contratti a distanza di cui al d.lgs. 15 gennaio 1992 n. 50, ha comportato la libertà di recesso dal contratto in alcune fattispecie sommariamente sintetizzabili nei casi in cui una delle parti sia un consumatore e l'altra un soggetto agente in ragione della sua condizione professionale. In diversi recenti pronunciamenti giurisprudenziali ed amministrativi si è ritenuto che la caparra sia senza dubbio fra ciò che l'accipiens deve restituire al recedente nei casi e nei termini in cui il recesso sia consentito.
Avv. Xxxxx Xxxxx
dottore di ricerca in Diritto Civile Università degli Studi di Bari