CIRCOLAZIONE DEL MARCHIO COMMERCIALE
Contrattualistica Internazionale
CIRCOLAZIONE DEL MARCHIO COMMERCIALE
Finanza e Pagamenti Internazionali
BONIFICO BANCARIO POSTICIPATO CON PAYMENT
Scheda Applicativa - Documenti Info Utili
AGEVOLAZIONE DEI CREDITI ALLʼESPORTAZIONE
RISPOSTA AI QUESITI DEGLI ABBONATI
DANNO PARZIALE ALLA MERCE DURANTE IL TRASPORTO
LE NUU 600 E LA NUOVA PRASSI BANCARIA INTERNAZIONALE UNIFORME
Anno IV,
n. 1/2 - 15 gennaio 2008
Contrattualistica Internazionale
CIRCOLAZIONE DEL MARCHIO COMMERCIALE
a cura di Xxxxxxx Xxxx
Funzione e utilizzo del marchio commerciale
Il marchio commerciale può essere utilizzato direttamente dal suo titolare, tendenzialmente nell’esercizio della relativa attività di impresa, ma può essere anche oggetto di scambio economico per i motivi più diversi. Trattandosi infatti di un bene giuridico a contenuto patrimoniale, il titolare può decidere di trarne profitto consentendone ad altri la relativa utilizzazione.
Peraltro una delle funzioni principali del marchio commerciale è proprio quella di comunicare al pubblico la provenienza del bene o servizio offerto da una determinata impresa piuttosto che da un’altra. A fronte di questa sentita esigenza la legge prevedeva, prima del 1992, che l’uso da parte di terzi (rispetto al titolare) del marchio potesse avvenire solo ed esclusivamente con il trasferimento della relativa azienda o di un ramo della stessa, in modo da offrire beni o servizi qualitativamente equivalenti a quelli presenti sul mercato prima del passaggio di titolarità.
La nuova disciplina, viceversa, ha sancito la libera trasferibilità del marchio senza, tuttavia, che ciò determini una diminuzione di tutela per il pubblico il quale deve comunque essere protetto dal rischio di inganno attraverso particolari cautele (così, ad es., l’art. 23, 4° c. del C.p.i. prevede espressamente che “dal trasferimento e dalla licenza del marchio non deve derivare inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell’apprezzamento del pubblico”). Si parla in questo caso di continuità qualitativa la quale non viene meno nel caso in cui si verifichino dei deterioramenti di scarso rilievo nei beni o sevizi offerti dal nuovo soggetto titolare del marchio né, tanto meno, nel caso di miglioramento degli stessi. Chiaramente i limiti e le cautele accennate sono giustificati solo se il titolare precedente abbia usato il marchio poiché, in caso contrario, non vi potrebbe essere alcuna aspettativa di qualità per il pubblico.
Rimane peraltro ferma, anche dopo la riforma, la disposizione in base alla quale in caso di cessione di azienda si presume (salvo prova contraria) sempre il trasferimento del marchio corrispondente.
Un ulteriore aspetto di particolare importanza, comune alla cessione ed alla licenza, è la trascrizione. Si tratta di un onere il cui assolvimento può risultare cruciale, ad esempio, nel caso in cui sia necessario individuare quale, tra due o più acquirenti dello stesso diritto: prevarrà chi per primo abbia provveduto alla trascrizione indipendentemente dalla data in cui il contratto sia stato concluso.
Cessione (o trasferimento)
Si ha cessione quando il soggetto titolare di un marchio, detto xxxxxxx, trasferisce il relativo diritto di proprietà ad un altro soggetto, detto cessionario. Nel caso di trasferimento del diritto di marchio, la titolarità del diritto viene attribuita definitivamente all’avente causa, a differenza di quanto accade in caso di licenza ove un soggetto diverso dall’avente diritto si limita ad utilizzare il segno per un periodo limitato di tempo, come vedremo in seguito.
Sia il Codice sulla proprietà intellettuale (art. 23, comma 1) che il Regolamento sul marchio comunitario (art. 17, comma 1) prevedono che il marchio possa essere trasferito per la totalità dei beni o servizi per i quali è registrato ovvero per parte di essi. Si parla in questo secondo caso di cessione parziale in cui il cedente ed il cessionario o diversi cessionari saranno contitolari dello stesso marchio. Per scongiurare il rischio di confusione per il pubblico, i beni non dovranno essere affini e dovranno appartenere a differenti settori merceologici (si pensi al caso di una impresa che produce e vende autovetture e cede i diritti relativi al proprio marchio per la commercializzazione di una linea di abbigliamento).
In base a quanto detto, non è neppure ammissibile una cessione territorialmente limitata a determinate zone geografiche, frazionando la titolarità del marchio per gli stessi settori merceologici, in quanto la legge configura il diritto di marchio comprensivo dell’uso in esclusiva da parte del suo titolare su tutto il territorio nazionale. Parimenti, l’articolo 0 x. 0x xxx Xxxxxxxxxxx xxx xxxxxxx comunitario sancisce il trasferimento del marchio solo per la totalità della Comunità.
Contrattualistica Internazionale
CIRCOLAZIONE DEL MARCHIO COMMERCIALE
a cura di Xxxxxxx Xxxx
La cessione del marchio può avvenire in diversi modi tra cui: vendita, donazione, eredità, leasing, permuta conferimento in proprietà, assegnazione in proprietà ad un socio in fase di scioglimento della società titolare del segno, scissione, fusione ecc. Particolare attenzione deve tuttavia essere posta alla redazione del relativo atto di trasferimento per evitare che si incorra in possibili nullità o si ometta la previsione delle varie garanzie.
Licenza
La licenza del marchio, a differenza della cessione, trae sempre origine da un contratto in base al quale il titolare del marchio (licenziante) concede ad un altro soggetto (licenziatario) il diritto di usare il proprio marchio e può riguardare sia la totalità dei beni o servizi che una parte di essi. Quest’ultima ipotesi rientra spesso nello schema negoziale del contratto di merchandising in base al quale il licenziatario sfrutta la notorietà di un marchio per prodotti diversi da quelli per i quali viene usato dal titolare o da altri licenziatari. Non a caso molti imprenditori registrano un marchio commerciale anche per altri prodotti rispetto a quelli per i quali viene utilizzato direttamente, esclusivamente per poter trarre profitto dai futuri contratti di licenza.
Diversamente dalla cessione, dunque, il titolare mantiene la proprietà del marchio, consentendo a terzi soltanto il godimento ed il relativo sfruttamento per un periodo di tempo determinato e dietro il pagamento di un corrispettivo (in misura forfettaria o periodica, fissa o variabile).
La licenza inoltre può essere esclusiva o non esclusiva. Nel primo caso soltanto il licenziatario potrà utilizzare il marchio con esclusione di qualunque altro soggetto, compreso il legittimo titolare. Nel secondo caso, viceversa, il titolare del marchio può continuare a fare uso del marchio insieme ad una licenziatario per gli stessi beni o servizi; e può anche concedere più licenze a licenziatari diversi, sempre per i medesimi beni o servizi. In questi casi si verificherà il couso del marchio, fermo restando che il soggetto proprietario del segno distintivo rimane colui che lo ha registrato.
In questa situazione può accadere che sul mercato sia presente un marchio riferibile a due diversi imprenditori con evidenti rischi di inganno per il pubblico. Per evitare che ciò accada, la legge prevede che il licenziatario si obblighi espressamente (nel relativo contratto) ad utilizzare il marchio per beni o servizi uguali a quelli del licenziante (o degli altri licenziatari). Naturalmente il licenziatario dovrà essere messo nella condizione di poter adempiere al predetto obbligo ricevendo, dal licenziante, le conoscenze tecnologiche necessarie per raggiungere e/o mantenere livelli qualitativi uniformi. Al licenziatario, per contro, dovrà essere garantita la possibilità di espletare gli opportuni controlli in modo da agire prontamente contro l’eventuale licenziatario inadempiente.
Ulteriore differenza rispetto alla cessione è data dal fatto che il contratto di licenza può essere territorialmente limitato. Il licenziante potrà pertanto limitarsi ad utilizzare il marchio in una determinata zona concedendone l’uso per la parte restante del territorio nazionale (oppure, per quanto riguarda il marchio comunitario, mantenerlo per uno Stato membro e concederlo in licenza per la parte restante della Comunità Europea).
Xxxx Xxxxxxx, Avvocato specializzato in materia di diritto industriale, marchi e brevetti, con studio a Milano.
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BONIFICO BANCARIO POSTICIPATO CON PAYMENT GUARANTEE E STAND BY LETTER OF CREDIT
a cura di Xxxxxxx Xx Xxx
Nel numero 22/15 novembre 2007 di International Trade abbiamo esaminato il caso di un pagamento a mezzo bonifico bancario in via anticipata rispetto alla fornitura della merce con rilascio di una garanzia bancaria, denominata in inglese Advance payment guarantee, rilasciata su richiesta del venditore a favore del compratore a tutela del rischio di non restituzione della somma pagata in xxx xxxxxxxxxx xx xxxx xx xxxxxxx spedizione della merce.
Bonifico Bancario posticipato assistito da Garanzia bancaria
In questo numero esaminiamo il caso di un bonifico bancario da effettuarsi posticipatamente rispetto alla fornitura della merce, assistito da una garanzia bancaria rilasciata da una banca su richiesta del compratore a favore del venditore che voglia sentirsi rassicurato circa il rischio di non incassare il proprio credito.
La banca che emetterà la garanzia bancaria si impegna, su richiesta di un ordinante (il compratore), a riconoscere al beneficiario della garanzia (il venditore), l’importo a lui dovuto dall’obbligato principale (il compratore), nel caso in cui quest’ultimo non dovesse eseguire il pagamento nei termini concordati contrattualmente.
In campo internazionale, come abbiamo visto nel numero 13/1 luglio 2006 di International Trade con l’emissione di queste garanzie le banche assumono un’impegno in via del tutto autonomo rispetto al contratto sottostante, astratto rispetto alla causa che lo ha originato e la letterale (formalismo), permettendo al beneficiario di escutere (farsi, cioè, pagare) l’importo di tale garanzia a prima domanda scritta.
L’esportatore che si accordi con la controparte estera per il rilascio di uno strumento di tutela del proprio credito, potrà prevedere in fase contrattuale che il bonifico bancario posticipato possa essere assistito da garanzia bancaria di pagamento (Payment guarantee) o da Stand by Letter of credit.
Bonifico Bancario posticipato assistito da Payment guarantee
Nel caso di Payment guarantee la formulazione può essere la seguente:
Pagamento: Bonifico bancario via swift a XXX giorni/mesi a decorrere dalla data della … (fattura o del documento di trasporto), assistito da garanzia bancaria a prima domanda scritta da ricevere entro … dalla data … rilasciata da primaria banca in favore del venditore, appoggiata sulla banca (indicare la banca sulla quale si intende far giungere la predetta garanzia).
In inglese: Xxxxxx’x swift transfer or trasmission at XXX days/months, from invoice date or transport document date, guaranted by irrevocable payment guarantee at first written demand to receive not of XXX days from date of issued by first bank, in favour of seller, on bank ….
In tali casi diventa opportuno indicare al proprio cliente l’articolazione che dovrà avere tale garanzia di pagamento e, in particolare, a fronte di quale documento sarà possibile ottenere il pagamento a prima richiesta.
Occorre, inoltre, far presente che, affinché tale garanzia possa rappresentare uno strumento che assicuri effettivamente il pagamento dell’importo in caso di non pagamento del compratore, bisogna che il garante della stessa sia una banca di primaria importanza di un Paese non a rischio.
Bonifico Bancario posticipato assistito da Stand by Letter of credit
In alternativa alla garanzia bancaria a prima domanda è possibile prevedere la Stand by Letter of credit 1, che risponde alle stesse esigenze soddisfatte con la garanzia bancaria di cui sopra, avendone le stesse caratteristiche di autonomia,
1 Vedasi International Trade n. 7/1 aprile 2007 “La lettera di credito Stand by”
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BONIFICO BANCARIO POSTICIPATO CON PAYMENT GUARANTEE E STAND BY LETTER OF CREDIT
a cura di Xxxxxxx Xx Xxx
astrattezza e formalismo, soggetta, però, a differenza della garanzia bancaria, a norme internazionali come le NUU 600 (le norme ed usi uniformi relative ai crediti documentari, pubblicazione 600) o le ISP 98, (International Stand by practice, brochure 590), ambedue elaborate dalla Camera di Commercio Internazionale di Parigi.
Altra differenza è che quest’ultima, essendo soggetta alle Norme sui crediti documentari richiamate sopra e denominate in inglese con la sigla UCP 600, possono essere rilasciate dalla banca emittente con la richiesta di “conferma” che permette alla banca del venditore/beneficiario di assumersi anch’essa l’impegno autonomo al pagamento.
La formulazione in inglese potrebbe essere quella riportata nel riquadro.
Banker’s swift transfer or trasmission at XXX days/months, from invoice date or transport document date, guaranted by irrevocable Stand by Letter of credit to receive not last of XXX days from date of issued by first bank by Swift, in favour of seller, with confirm (or without confirm) and Subject to UCP 600, last version, available with bank , by payment at sight against presentation of signed beneficiary’s statement that payment has not been effected on due date for the amount of the commercial invoice and copy of commercial invoice marked unpaid.
Sia che si concordi con il proprio cliente un Payment guarantee, che una Stand by Letter of credit, è importante non trascurare, l’articolazione della garanzia stessa concordando (in fase contrattuale) con il proprio cliente il testo della medesima secondo quanto sopra suggerito e con eventuali personalizzazioni che si rendessero necessarie.
Di Xxx Xxxxxxx, Xxxxxxx in materia di pagamenti internazionali e crediti documentari con studio a Padova. Giornalista pubblicista e Professore a contratto presso l’ Università di Macerata.
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AGEVOLAZIONE DEI CREDITI ALL’ESPORTAZIONE
a cura di Xxxxxxx Xx Xxx
CHE COS’E’
L’aumento delle imprese italiane che si rivolgono ai mercati esteri è divenuto numericamente consistente specie negli ultimi anni: questo ha comportato la necessità di rivedere, in alcuni punti, la già preesistente legge sui finanziamenti agevolati all’esportazione, che dà la possibilità, alle imprese italiane di offrire agli acquirenti esteri dilazioni di pagamento.
QUALE LA FUNZIONE
L’agevolazione dei crediti all’esportazione è una forma di finanziamento che dà la possibilità, alle imprese italiane che si rivolgono al mercato estero, di offrire agli acquirenti dilazioni di pagamento a medio/lungo termine, a condizioni e tassi di interesse competitivi, in linea con quelli offerti da concorrenti di Paesi OCSE.
Lo smobilizzo dei crediti derivanti da esportazioni italiane di beni strumentali con pagamento differito, è riferito a forniture di macchinari, impianti, studi, progettazioni, lavori e servizi.
QUALI LE CARATTERISTICHE
Beneficiari
Imprese esportatrici italiane industriali, commerciali ed artigiane, loro Consorzi o Associazioni.
Obiettivo
Smobilizzo dei crediti derivanti da esportazioni italiane di beni strumentali (impianti, macchinari e tecnologia) con pagamento differito.
Ambito geografico
Tutti i Paesi esteri (anche quelli UE).
Esportazioni agevolabili
• Sono incluse: forniture di macchinari, impianti, studi, progettazioni, lavori e servizi.
• Sono escluse: esportazioni di beni di consumo (durevoli e non durevoli), nonché di semilavorati o di beni intermedi che non siano destinati in via esclusiva ad essere integrati in beni d’investimento.
Importo del finanziamento
Massimo l’85% dell’importo della fornitura; una quota pari ad almeno il 15% deve essere pagata dall’acquirente per contanti.
Eventuali rimborsi all’estero devono essere contenuti nei limiti della quota contanti: in caso di eccedenza, l’importo del finanziamento ammissibile all’agevolazione è limitato al 100% del valore dei beni e servizi di origine italiana.
Se inclusi nell’importo della fornitura, sono assimilati a merce di origine italiana:
• i compensi di mediazione o agenzia, nella misura massima del 5% della fornitura;
• icompensicorrispostiasocietàdicommercializzazione in relazione a operazioni di contro acquisto, nella misura massima del 5% della fornitura;
• le subforniture di merci e servizi di origine comunitaria, nei limiti previsti dalla normativa UE.
Durata del finanziamento
Uguale o superiore a 24 mesi dal “punto di partenza del credito” (spedizione/consegna o, nel caso di impianti “chiavi in mano”, collaudo preliminare). La durata massima è limitata, di norma, ad un periodo di 5 anni.
Per operazioni d’importo rilevante (almeno USD 5 milioni o ctv) la durata del credito può superare i 5 anni, fermi restando comunque i limiti massimi stabiliti in sede UE ed OCSE (Consensus), in relazione alla categoria del Paese ed alle tipologie di operazioni, e subordinate al buon esito della procedura di consultazione.
Sono, inoltre, ammissibili all’agevolazione operazioni di “smobilizzo a tasso fisso” di crediti di durata compresa tra 18 e 23 mesi dal punto di partenza del credito, con rimborso anche in un’unica rata.
Misura dell’agevolazione
I contributi agli interessi sono calcolati come differenza tra gli interessi al tasso di mercato di finanziamento (nei limiti ammissibili) e gli interessi al tasso agevolato (CIRR) a carico della controparte estera (non inferiore al tasso minimo). Contribuzione massima 4-5% con possibilità di sconto di lettere si credito o pagherò cambiari o cambiali tratte anche su banche italiane.
DA CHI VIENE EMESSO
L’ente agevolante è la Simest S.p.A.
RIFERIMENTI
D.Lgs. 143/1998 – capo II ex legge 227/1977 “legge Ossola”.
Di Xxx Xxxxxxx, Xxxxxxx in materia di pagamenti internazionali e crediti documentari con studio a Padova. Giornalista pubblicista e Professore a contratto presso l’Università di Macerata.
Anno IV, n. 1/2 - 15 gennaio 2008
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RISPOSTA AI QUESITI DEGLI ABBONATI
a cura di Xxxxxxx Xxxxxx
Errato importo statistico nel sistema comunitario di controllo automatizzato
Vorremmo sottoporre un quesito in merito alle nuove procedure doganali relative all’esportazione di merci.
Premessa: Le nuove norme relative al sistema comunitario di controllo automatizzato all’Esportazione ECS, ci permettono di ottenere la prova di uscita delle merci dal territorio comunitario in tempi molto rapidi.
Prima dell’entrata in vigore di tale normativa, spesso si avanzavano richieste, tramite lo spedizioniere che curava l’operazione di export, di “Revisione di Accertamento” delle DAU medesime per errori legati alla moneta ed importo fatturato (casella 22) e altri dati.
Quesito: Ora poiché il nuovo documento DAE non ci consente di effettuare l’abituale controllo della moneta ed importo fatturato (l’unico importo riportato è lo statistico – casella 46), ci possiamo ritenere sollevati dalla responsabilità di un eventuale importo statistico errato o dobbiamo essere in grado di stabilire il corretto valore statistico sulla base delle condizioni di vendita ?
Il valore statistico riportato nella casella 46 spesso non coincide con l’importo fatturato indicato nella casella 22, perché il valore statistico all’esportazione è costituito dal corrispettivo della cessione determinato ai sensi delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto e deve comprendere le spese di trasporto e assicurazione soltanto fino al luogo di uscita dall’Italia (valore franco confine italiano).
Se, ad esempio, l’importo globale fatturato da indicare nella casella 22 è pari ad € 10.700 con resa INCOTERMS 2000 CFR New York, nella casella 46 sarà riportato un valore inferiore , poiché dovranno essere detratte (spesso tramite un calcolo stimato) le spese di trasporto internazionale, per individuare il valore franco confine italiano.
Se, per fare un secondo esempio, l’importo globale fatturato da indicare nella casella 22 è pari ad € 9.500 con resa INCOTERMS 2000 EXW oppure FCA, nella casella 46 sarà riportato un valore superiore, poiché dovranno essere aggiunte (spesso tramite un calcolo stimato) le spese di trasporto dal luogo di carico fino al confine italiano.
Occorre inoltre ricordare che spesso insieme alla merce esportata e fatturata a titolo oneroso è presente merce inviata a titolo gratuito e con valore ai soli fini doganali; tale valore è spesso riportato nella casella 46 e non anche nella casella 22.
Per continuare, dal 1° luglio 2007 in poi, a verificare l’importo indicato nella casella 22 (e altri dati) è necessario pretendere da spedizionieri e doganalisti una copia del DAU oltre ad una copia del DAE. A tale scopo è utile inserire apposite clausole nelle lettere di istruzioni e nei mandati inviati a spedizionieri e doganalisti.
A prescindere dal fatto che i doganalisti oggi producono le dichiarazioni di esportazioni prevalentemente per via telematica e con firma digitale e che la stampa del DAU è soltanto eventuale, il diritto dell’esportatore a ricevere e verificare una copia del DAU, anche ad uso interno seppur completa degli estremi di registrazione doganale, è rimasto inalterato dall’introduzione del DAE.
Ottenendo copia del DAU e del DAE, anche tramite posta elettronica, l’esportatore potrà sia verificare l’importo della casella 22 e promuovere, se necessario, una tempestiva revisione d’accertamento evitando sanzioni amministrative, sia monitorare l’effettiva uscita delle merci dal territorio doganale della Comunità europea.
Anno IV, n. 1/2 - 15 gennaio 2008
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RISPOSTA AI QUESITI DEGLI ABBONATI
a cura di Xxxxxxx Xxxxxx
A tale riguardo ricordiamo che il riscontro del visto uscire elettronico potrà aversi alternativamente:
• tramite interrogazione dell’apposito servizio disponibile on-line sul sito istituzionale dell’Agenzia delle Dogane, inserendo il codice M.R.N. riportato sul DAE;
• tramite inoltro di messaggio elettronico da parte del doganalista, Centro di Assistenza Doganale (C.A.D.) che abbia presentato il D.A.U. a mezzo di procedura domiciliata e telematica;
• tramite richiesta all’ufficio doganale di esportazione, sempre fornendo il codice M.R.N, o quantomeno gli estremi del D.A.U. registrato a cui è associato il D.A.E. ed il relativo M.R.N.
Xxxxxx Xxxxxxx, Avvocato specializzato in diritto doganale e dei trasporti. Studio Legale Bacciardi & Partners di Pesaro.
Anno IV, n. 1/2 - 15 gennaio 2008
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a cura di
Fortis Bank parte del gruppo Fortis, uno dei maggiori gruppi europei di bancassicurazione, è presente in Italia a Milano, Padova, Bologna, Torino e Firenze. Fortis Bank è l’unica banca internazionale con una rete mondiale e soluzioni innovative a disposizione delle piccole e medie imprese Italiane che operano sui mercati esteri.
Per saperne di più, xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xxx. Global Trade Finance, Xxxxxxx Xxxxxxxxx Tel x00 00 00 000 000, xxxxxxx.xxxxxxxxx@xxxxxx.xxx - xxxxxxxxxxxx.xxxxx@xxxxxx.xxx
Rating sovrano: 11/20 Categoria SACE: 6/7
N.B.: Il rating Xxxxxx xx xx 0 (xxxxxxxx) x 00 (xxxxxxxx). Dal 18 è già default
Rating politico: 11/20
Valutazione Xxxxxxx Xxxxx, 00 febbraio 2007
Valutazione:
Le elezioni parlamentari del maggio 2007 e le elezioni presidenziali del 2008 domineranno le scene politiche. Di conseguenza saranno basse le possibilità di risolvere il problema del Nagorno-Karabakh.
L’Armenia non ha relazioni diplomatiche con i paesi confinanti ma ha forti legami con la Russia. Tuttavia, le sanzioni imposte dalla Russia alla Georgia potrebbero avere un impatto negativo anche nelle relazioni con l’Armenia.
La crescita economica del 2006 è stata forte nonostante la stagnazione nei settori agricolo e industriale. Tuttavia riteniamo che la stagnazione industriale e agricola sia un fenomeno temporaneo e che il settore industriale resti attrattivo per gli investitori. Il prospetto economico per il 2007 è buono come la crescita del PIL che sarà guidata da un forte consumo domestico grazie ad un elevato afflusso di rimesse e ad un alto livello di investimenti.
In Armenia la prospettiva è quindi di una forte crescita economica, un maggior livello di riserva internazionale e la prospettiva di un ulteriore miglioramento. Il nostro rating resta quindi vincolato al conflitto irrisolto di Nagorno- Karabakh, all’isolamento del paese nei confronti dei suoi vicini, all’elevata dipendenza dalle rimesse e dalla Russia, dall’ampliamento del disavanzo dei conti correnti, dall’elevato livello del debito estero e dall’alto livello di corruzione.
STATISTICHE
MEMORANDUM DATA
Popolazione (tasso di crescita): 3.01 mln –0.3 %) PIL: 6,625 mln USD (2006)
PIL pro capite: 2,200 USD (2006)
PIL PER SETTORE PRODUTTIVO
Agricoltura: 20.3 %
Industria: 32.1 %
Servizi: 47.7 %
INDICATORI ECONOMICI PRINCIPALI
(s) stimato, (p) previsto | 2003 | 2004 | 2005 | 2006(s) | 2007(p) | 2008(p) |
Economia nazionale | ||||||
Tasso di crescita economica (%) | 13,9 | 10,5 | 14,0 | 13,4 | 9,0 | 7,5 |
Tasso di inflazione (%) | 2,8 | 8,0 | 0,6 | 3,9 | 4,0 | 3,6 |
Bilancio pubblico / PIL (%) | -1,3 | -2,3 | -2,0 | -2,4 | -2,5 | -2,7 |
Debito pubblico / PIL (%) | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A |
Bilancia estera | ||||||
Bilancia commerciale / PIL (%) | -15,5 | -12,8 | -12,0 | -11,5 | -9,2 | -8,2 |
Partite correnti / PIL (%) | -6,7 | -4,5 | -3,9 | -5,6 | -4,7 | -4,2 |
Fabbisogno finanziario1 (mln USD) | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A |
Investimenti esteri netti diretti (mln USD) | 121 | 217 | 252 | N/A | N/A | N/A |
Riserve valutarie estera (mln USD) | 502 | 548 | 670 | 748 | 740 | 772 |
Debito estero | ||||||
Debito estero totale (mln USD) | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A |
Debito a breve termine (mln USD) | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A |
Debito scaduto (capitale & interessi) (mln USD) | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A |
Riserve valutarie estere/debito estrero totale (%) | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A |
Riserve valutarie estere/debito a breve termine (%) | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A |
Debito estero / PIL (%) | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A |
Debt service ratio2 (%) | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A | N/A |
1. Partite correnti – ripagamenti per quota capitale del debito estero 2. Totale ripagamenti per quote capitale e interessi del debito estero / valore esportazioni |
FLUSSI COMMERCIALI
Destinazione delle esportazioni (2005)
Origine delle importazioni (2006)
Esportazioni in Germania (Fob) | 14,7 % | Importazioni dalla Russia (Cif) | 13,9 % |
Esportazioni in Olanda (Fob) | 12,6 % | Importazioni dalla Turkmenistan (Cif) | 7,7 % |
Esportazioni in Russia (Fob) | 12,1 % | Importazioni dalla Ucraina (Cif) | 7,5 % |
Esportazioni in Belgio (Fob) | 10,8 % | Importazioni dalla Germania (Cif) | 6,6 % |
Principali esportazioni (2006) | Principali importazioni (2005) | ||
Pietre preziose, semipreziose e metalli (Fob) | 31,9 % | Pietre preziose, semipreziose e metalli (Cif) | 14,2 % |
Preparati alimentari (Fob) | 9,5 % | Prodotti minerali (Cif) | 16,7 % |
Materie prime (Fob) | 28,0 % | Macchinari e attrezzature (Cif) | 13,9 % |
Prodotti minerali (Fob)
13,6 %
Preparati alimentari (Cif) 4,8 %
DANNO PARZIALE ALLA MERCE DURANTE IL TRASPORTO
a cura di Xxxxxxxx Xxxxxx
Xxxxxxx comperato, tramite mediatore, una partita di cereali cerosi dal Canada alle condizioni CIF TEL QUEL Ravenna che, durante il viaggio per nave, ha subito un danno parziale – valutato percentualmente dai periti – per “(…) insufficiente aerazione/umidificazione della stiva(…)” in cui era stata allocata. Il vettore si difende sostenendo che la colpa è del rappresentante del fornitore canadese che non aveva fatto presente, all’atto dell’emissione della dichiarazione d’imbarco, la necessità di una particolare climatizzazione di quel carico, aggiungendo che secondo le Regole dell’Aja e Visby, la sua (del vettore) responsabilità nel caso specifico viene meno. Gli Assicuratori da parte loro sostengono che nel risarcimento del danno andrà considerata anche l’età della nave. Confessiamo di non conoscere le citate Regole – peraltro introvabili in libreria – tantomeno il problema dell’età della nave, per noi del tutto nuovo. In definitiva, però, il danno ci verrà pagato o meno?
Verrà pagato, ma probabilmente non senza che gli Assicuratori tengano conto del loro pregiudizio economico che riguarda la loro impossibilità di rivalersi per intero sul vettore. Questi, infatti, sarà facilmente in grado di dimostrare l’esistenza dell’attenuante per lui della omessa dichiarazione da parte del mediatore (che qui rappresenta il mittente del contratto di trasporto o un suo ausiliario) della richiesta di particolari cautele nello stivaggio di quel genere di cereali cerosi. Gli assicuratori, poi, potranno contare su una liberatoria che, come da loro stessi anticipato, riguarda l’età della nave scelta per il trasporto la quale, secondo la “clausola di classificazione”, più è vecchia più espone sé stessa e il carico a perdite e/o avarie (non a caso il premio varia anche in funzione dell’età della nave).
Il caso è interessante perché consente di fare alcune precisazioni sia sulle norme internazionali del trasporto marittimo
– in questo caso la Convenzione di Bruxelles con i Protocolli, qui citati, dell’Aja e Visby – che sul sottostante negozio giuridico della compravendita di cereali alle condizioni CIF Tel Quel. Oltre che sulla copertura assicurativa per danni alle merci trasportate.
In tema di trasporto marittimo, allora, va detto che una delle discipline internazionali maggiormente adottate dalle Compagnie per regolamentare la loro attività (oltre alle Regole di Amburgo, al COGSA e al fondamentale Harter Act) è, e rimane, la “storica” Convenzione di Bruxelles del 25 agosto 1924 e successivi suoi protocolli di modifica (dell’Aja e Visby, appunto).
Convenzione, questa, recepita dalla maggior parte dei Paesi – a differenza delle più giovani Regole di Amburgo del 1980, mai ratificate dal numero previsto di Paesi (compreso il nostro) per diventare Convenzione vera e propria – che con i citati successivi aggiustamenti, modifiche e adattamenti, rimane un Atto fondamentale e attualissimo nonostante sia così datato ed è sicuramente il più autorevole e diffuso tra le marinerie mercantili mondiali. Esso regola diritti, doveri e responsabilità dei soggetti coinvolti in un contratto di trasporto marittimo, segnatamente: vettori, caricatori, ricevitori, i loro rappresentanti e ausiliari.
Nel caso in esame, il vettore marittimo chiamato a rispondere (non importa se direttamente al ricevitore/assicurato o agli Assicuratori) del danno sofferto dal carico durante il viaggio, si difende sostenendo che la sua responsabilità, oggettiva, va comunque ridimensionata per la presenza di una causa liberatoria che in questa specifica circostanza si configura come un fatto del mittente, ossia in un comportamento negligente del caricatore (o dei suoi ausiliari come appunto il citato intermediario) che, omettendo o sbagliando informazioni/istruzioni, non ha consentito l’ottimale e regolare apprestamento delle misure appropriate per lo stivaggio e la conservazione di quel particolare carico. Il concetto della limitazione di responsabilità del vettore è ripreso, per quanto riguarda il diritto generale, sia nel codice civile (1693
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c.c.) – che parla di fatto del mittente, appunto – che da quello della Navigazione (422) in cui il vettore deve provare che “(…) la causa della perdita, delle avarie o del ritardo non è stata, né in tutto, né in parte determinata da colpa sua (…)”. E per quanto riguarda il diritto pattizio (in questo caso la convenzione di Bruxelles, con tutti i suoi protocolli), l’approccio è il medesimo tendendo ad attenuare la responsabilità del vettore (se non a liberarlo del tutto) per atti oppure omissioni da parte del mittente, (il caricatore o uno qualsiasi dei suoi preposti, i suoi collaboratori, dipendenti o no, gli agenti, ecc.). Come infatti conferma l’articolo 4, punto 2, lettera i, delle citate (dal vettore) regole dell’Aja e Visby (che non si trovano in libreria da sole, ma come appendice o tavole fuori testo di pubblicazioni sui trasporti internazionali). Tale concetto è espresso esplicitamente in questa convenzione, come si rileva dal testo originale qui in libera traduzione italiana dal francese che afferma: “(…) né il vettore né la nave saranno responsabili di perdite o danni derivanti (…) da un atto o da un’omissione del caricatore o del proprietario delle merci, del suo agente o rappresentante (…)”.
Ed è quindi regolare che il vettore, qui compulsato in regresso dall’assicuratore nell’azione di rivalsa per l’indennizzo pagato (o da pagare) all’assicurato, si difenda portando le giustificazioni a lui più congeniali che obiettivamente, se le cose sono andate così, sono razionali e contemplate dalla legge. E qui, la responsabilità oggettiva non è solo di un (superficiale o distratto) intermediario commerciale per la citata omissione nei confronti del vettore, ma anche dello stesso venditore della partita di cereali nel designare una nave (date le sue obbligazioni nascenti dal contratto CIF) sicuramente antiquata e priva di moderni mezzi di aerazione/climatizzazione rendendosi per questo responsabile nei confronti del compratore anche di culpa in eligendo come fosse il di lui spedizioniere, dimentico (o ignaro del tutto) del fatto che in una vendita CIF il venditore assume il mandato aggiuntivo di procurare (ossia fornire) con le merci anche il mezzo di trasporto. Ma quando lo fa, è come se agisse da mandatario (per il mero esercizio di trasporto) del suo cliente/ acquirente. Né più né meno di come si ripartiscono le obbligazioni tra mandante e mandatario in un mandato di spedizione (1737 c.c.) con i rischi per il mandatario che derivano da questo suo ruolo. Proprio per questo, l’importatore di Ravenna del carico di cereali provenienti dal Canada avrebbe anch’egli (al pari del vettore per il negozio giuridico del trasporto) materia per contestare al fornitore un’imperfetta esecuzione del contratto di vendita impugnandolo per la sua cattiva scelta del vettore. Due azioni, allora, ed entrambe verso l’esportatore canadese: una da parte del cliente e l’altra da parte della nave. Ma qui il compratore non potrà agire per perimento (danneggiamento) della merce – comunque assicurata per l’acquisto CIF – perché nel commercio dei cereali la variante TEL QUEL gli pone l’obbligazione di accettare il carico in qualsiasi condizione esso si presenti allo sbarco al porto di destino. Condizioni che riguardano sia la qualità del prodotto (secco, umido, sporco, inquinato, ecc.) che la quantità (differenza peso per errori, o per calo tecnico o calo naturale, ecc.). Di norma la condizione TEL QUEL (che il GAFTA1 inglese continua a indicare proprio TALE QUALE) contempla uno sconto al compratore, il cosiddetto “abbuono per non pesare”, che sarà incentivato ad accettare il carico così com’è (tale quale, appunto) ritenendosi, con questo, ristorato delle eventuali avarie. Diverso sarebbe, sempre in questo settore merceologico, se le condizioni fossero (per esempio, CIF OUTTURN in cui l’accettazione della merce e il suo pagamento vengono subordinati alla verifica della qualità e quantità della merce allo sbarco.
Per finire, la clausola di classificazione. Si tratta di una clausola assicurativa che inserisce, nella valutazione del premio, la variante “vetustà” della nave, o anche il periodo (più o meno lungo) intercorrente tra una revisione e l’altra della
1 GAFTA: Grain and Feed Trade Association, una delle più autorevoli Associazioni mondiali, con sede a Londra, nella raccolta o predisposizione degli usi commerciali nel settore dei cereali attraverso una raccolta di contratti-tipo. La condizione CIF TALE QUALE di cui si parla fa riferimento al contratto n. 100 del GAFTA. Un altro contratto, per esempio il n. 64, tra i più diffusi, tratta invece degli usi in vigore in America Latina (Centro Terms). Altri contratti ancora, come il n. 119, regolano l’emissione di polizze di carico marittime in quel particolare contesto mercantile, diverso da altri commerci.
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nave (stive, motori, impianti elettrici, climatizzazione, apparati elettrici di navigazione, ecc.). Più vecchia è la nave, più elevato è il soprapremio.
Esso infatti comincia a scattare già dagli 11 anni e aumenta progressivamente fino ai 30. Per età superiori, l’assicuratore può rifiutare la copertura. Nel caso in esame non è accettabile che l’Assicuratore, con approccio discutibile, metta, per così dire, le mani avanti sulla liquidazione integrale del danno a causa dell’età della nave per la quale ha già intascato un soprapremio. Diversa invece sarebbe la situazione se qualche (altro) elemento gli fosse stato sottaciuto (deliberatamente o no) dal contraente (il venditore canadese). Se la mancata informazione (che non può qui riguardare l’età della nave) è frutto di deliberata intenzione da parte del contraente di frodare l’assicuratore, il risarcimento, pare ovvio, è pregiudicato. Se invece essa deriva da semplice negligenza od omissione, il risarcimento potrebbe essere ridimensionato a seconda del pregiudizio arrecato all’assicuratore. A rimetterci, in tutti i casi, sarebbe, almeno in prima istanza, l’assicurato. Il compratore con resa CIF, per concludere, mediti sempre sui rischi a cui si espone quando, in virtù della forma di contratto a favore di terzi (1411 c.c.), deve subire le scelte del venditore sia nel trasporto che nell’assicurazione.
Xxxxxx Xxxxxxxx, Consulente per il commercio estero. Giornalista pubblicista e Professore a contratto presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.
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Anno IV, n. 1/2 - 15 gennaio 2008
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