SOMMARIO
SOMMARIO
Disciplina dei contratti di credito Disposizioni generali
Testo Unico Bancario
Articolo 125-bis - Contratti e comunicazioni
Direttiva CE 23 aprile 2008, n. 48
Articolo 10 - Informazioni da inserire nei contratti di credito Articolo 11 - Informazioni sul tasso debitore
Articolo 12 - Obblighi relativi ai contratti di credito sotto forma di concessione di scoperto Allegati
Allegato 2 - Informazioni europee di base relative al credito ai consumatori Legge 19 febbraio 1992, n. 142
Articolo 21 - Contratti
Provvedimenti di emanazione secondaria Disposizioni Banca d'Italia 20 giugno 2012
Sezione VII Paragrafo 5
Paragrafo 5.1 - Forma
Paragrafo 5.2 - Contenuto dei contratti
Comunicazione Banca d'Italia 17 maggio 2012 - Trasparenza dell'offerta di contratti di credito ai consumatori
Decreto Ministero Economia e Finanze 3 febbraio 2011, n. 117
Articolo 8 - Contratti
Giurisprudenza
Corte di Giustizia Europea, Sentenza 10 settembre 2014 - Rinvio pregiudiziale - Direttiva 93/13/CEE
- Clausole abusive - Contratto di credito al consumo - Articolo 1, paragrafo 2 - Clausola che riflette una disposizione legislativa di carattere imperativo
Corte di Giustizia Europea - Causa 12 febbraio 2014 - Direttiva 93/13/XXX - Xxxxxxxx abusive nei contratti stipulati con i consumatori - Articolo 4, paragrafo 2, e articolo 6, paragrafo 1 -
Xxxxxxxx sottratte alla valutazione relativa al loro carattere abusivo
Corte d'Appello di Milano - Sentenza 17 luglio 2013 - Credito al consumo - Cessione del quinto dello stipendio - Usura - Voci ricomprese - Polizza assicurativa a garanzia del rischio morte, invalidità e perdita di impiego del debitore - Inclusione - Necessità
Tribunale di Verona - Sentenza 18 luglio 2012 - Contratto di credito al consumo Esclusione della sua assimilabilità al mutuo di scopo e sua riconducibilità alla categoria del collegamento negoziale necessario
Corte di Giustizia Europea - Sentenza 15 marzo 2012 - Tutela dei consumatori - Contratto di credito al consumo - Erronea indicazione del tasso annuo effettivo globale - Incidenza delle pratiche commerciali sleali e delle clausole abusive sulla validità del contratto nel suo complesso Tribunale di Milano - Sentenza 24 ottobre 2008 - Credito al consumo - Esistenza di tre rapporti bilaterali tra le parti - Collegamento causale - Sussistenza
Tribunale di Torino - Sentenza 11 dicembre 2007, n. 7797 - Tribunale Xxxxxx x.0000, 11 dic 2007 Tribunale di Palermo - Sentenza 26 ottobre 0000 - Xxxxxxxxx Xxxxxxx, 26 ott 2007 Xxxxx xx
Xxxxxxxxx Xxxxxxx - Xxxxxxxx 0 ottobre 2007 - Credito al consumo - Diritto del consumatore di procedere contro il creditore nell'ipotesi di mancata esecuzione o di esecuzione non conforme del contratto relativo ai beni o ai servizi finanziati dal credito
Cassazione Civile - Sentenza 6 settembre 2007, n. 18743 - Cass. Civile n.18743, 6 set 2007 Tribunale di Trieste - Sentenza 20 marzo 0000 - Xxxxxxxxx Xxxxxxx, 20 mar 2007
Tribunale di Milano - Sentenza 6 settembre 2006 - Tribunale Milano, 6 set 2006 Cassazione Civile - Sentenza 23 aprile 2001, n. 5966 - Mutuo di scopo - Credito al consumo - Collegamento negoziale tra mutuo e compravendita - Sinallagma contrattuale Rilevanza dei motivi
Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX - Xxxxxxxx 00 marzo 2000, n. 208 - Corte di Giustizia Europea n.208, 23 mar
2000
Xxxxxxxxxx Xxxxxx - Xxxxxxxx 00 gennaio 2000, n. 372 - Cass. Civile n.372, 14 gen 2000 Pretura di Bologna - Sentenza 4 gennaio 1999 - Credito al consumo - Contratti - Nullità Rilevabilità d'ufficio
- Ammissibilità
Pretura di Bologna - Sentenza 26 ottobre 0000 - Xxxxxxx Xxxxxxx, 26 ott 1998
Contratti a tempo indeterminato Testo Unico Bancario
Articolo 125-quater - Contratti a tempo indeterminato
Articolo 126 - Regime speciale per le aperture di credito in conto corrente Direttiva CE 23 aprile 2008, n. 48
Articolo 13 - Contratti di credito a durata indeterminata
Provvedimenti di emanazione secondaria
Disposizioni Banca d'Italia 20 giugno 2012 Sezione VII
Paragrafo 9 - Norme di legge in materia di recesso, inadempimento del fornitore, rimborso
anticipato
Paragrafo 9.2 - Contratti a tempo indeterminato - articolo 125-quater del T.U.
Inadempimento del fornitore Testo Unico Bancario
Articolo 125-quinquies - Inadempimento del fornitore
Direttiva CE 23 aprile 2008, n. 48
Articolo 15 - Contratti di credito collegati
Provvedimenti di emanazione secondaria
Disposizioni Banca d'Italia 20 giugno 2012 Sezione VII
Paragrafo 9 - Norme di legge in materia di recesso, inadempimento del fornitore, rimborso
anticipato
Paragrafo 9.3 - Inadempimento del fornitore - articolo 125-quinquies del T.U. Giurisprudenza
Corte di Giustizia Europea - Sentenza 23 aprile 2009 - Direttiva 87/102/CEE - Tutela dei consumatori
- Credito al consumo - Inadempimento del contratto di vendita
Tribunale di Bari - Sentenza 29 marzo 2012 - Credito al consumo: contratto, risoluzione, inadempimento, azione diretta
Decisioni Arbitro Bancario Finanziario 2014
13 marzo, n. 1527 - Credito su pegno - Cose date in pegno
2012
23 ottobre, n. 3430 - Mutuo - Finanziamento finalizzato all'acquisto - Art.
125-quinquies TUB - Diritto intertemporale. Mutuo - Finanziamento finalizzato all'acquisto Collegamento - Ipotesi rilevanti - Fattispecie
2011
26 gennaio, n. 187 - Credito al consumo - Inadempimento del fornitore
Cessione del credito e del contratto Testo Unico Bancario
Articolo 125-septies - Cessione dei crediti
Direttiva CE 23 aprile 2008, n. 48
Articolo 17 - Cessione di diritti
Provvedimenti di emanazione secondaria Disposizioni Banca d'Italia 20 giugno 2012
Sezione VII Paragrafo 5
Paragrafo 5.3 - Cessione del credito e del contratto di credito
Decreto Ministero Economia e Finanze 3 febbraio 2011, n. 117
Articolo 10 - Cessione dei crediti
Dettaglio documenti
X.Xxx. 01.09.1993, n. 385 - Art. 125-bis Contratti e comunicazioni
Articolo 125-bis (1)
Contratti e comunicazioni
1. I contratti di credito sono redatti su supporto cartaceo o su altro supporto durevole che soddisfi i requisiti della forma scritta nei casi previsti dalla legge e contengono in modo chiaro e conciso le informazioni e le condizioni stabilite dalla Banca d'Italia (2), in conformità alle deliberazioni del CICR (3). Una copia del contratto è consegnata ai clienti.
2. Ai contratti di credito si applicano l'articolo 117, commi 2, 3 e 6, nonché gli articoli 118, 119, comma 4, e 120, comma 2.
3. In caso di offerta contestuale di più contratti da concludere per iscritto, diversi da quelli collegati ai sensi dell'articolo 121, comma 1, lettera d), il consenso del consumatore va acquisito distintamente per ciascun contratto attraverso documenti separati.
4. Nei contratti di credito di durata il finanziatore fornisce periodicamente al cliente, su supporto cartaceo o altro supporto durevole una comunicazione completa e chiara in merito allo svolgimento del rapporto. La Banca d'Italia (4), in conformità alle deliberazioni del CICR (5), fissa i contenuti e le modalità di tale comunicazione.
5. Nessuna somma può essere richiesta o addebitata al consumatore se non sulla base di espresse previsioni contrattuali.
6. Sono nulle le clausole del contratto relative a costi a carico del consumatore che, contrariamente a quanto previsto ai sensi dell'articolo 121, comma 1, lettera e), non sono stati inclusi o sono stati inclusi in modo non corretto nel TAEG pubblicizzato nella documentazione predisposta secondo quanto previsto dall'articolo
124. La nullità della clausola non comporta la nullità del contratto.
7. Nei casi di assenza o di nullità delle relative clausole contrattuali:
a) il TAEG equivale al tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto. Nessuna altra somma è dovuta dal consumatore a titolo di tassi di interesse, commissioni o altre spese;
b) la durata del credito è di trentasei mesi.
8. Il contratto è nullo se non contiene le informazioni essenziali ai sensi del comma 1 su: a) il tipo di contratto;
b) le parti del contratto;
c) l'importo totale del finanziamento e le condizioni di prelievo e di rimborso.
9. In caso di nullità del contratto, il consumatore non può essere tenuto a restituire più delle somme utilizzate e ha facoltà di pagare quanto dovuto a rate, con la stessa periodicità prevista nel contratto o, in mancanza, in trentasei rate mensili.
(1) Articolo aggiunto dall'articolo 1 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141. Si veda, inoltre, quanto previsto dall'articolo 3 del medesimo decreto legislativo.
(2) Si vedano i paragrafi 5.1 e 5.2, Sezione VII delle disposizioni della Banca d'Italia 20 giugno 2012.
(3) Si veda l'articolo 8 del decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze 3 febbraio 2011, n. 117.
(4) Si veda il paragrafo 6.2, Sezione VII delle disposizioni della Banca d'Italia 20 giugno 2012.
(5) Si veda l'articolo 9 del decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze 3 febbraio 2011, n. 117.
Dir. C.E. 23.04.2008, n. 48 - Art. 10 Informazioni da inserire nei contratti di credito
CAPO IV
INFORMAZIONE E DIRITTI RIGUARDANTI I CONTRATTI DI CREDITO
Articolo 10
Informazioni da inserire nei contratti di credito
1. I contratti di credito sono redatti su supporto cartaceo o su altro supporto durevole.
Tutte le parti del contratto ricevono copia del contratto di credito. Il presente articolo si applica fatte salve le norme nazionali riguardanti la validità della conclusione dei contratti conformi alla normativa comunitaria.
2. Nel contratto di credito figurano, in modo chiaro e conciso, le informazioni seguenti: a) il tipo di credito;
b) l'identità e l'indirizzo geografico delle parti del contratto, nonché, se del caso, l'identità e l'indirizzo geografico dell'intermediario del credito;
c) la durata del contratto di credito;
d) l'importo totale del credito e le condizioni di prelievo;
e) in caso di credito sotto forma di dilazione di pagamento per una merce o un servizio specifici o di contratti di credito collegati, tale merce o servizio e il relativo prezzo in contanti;
f) il tasso debitore, le condizioni che ne disciplinano l'applicazione e, se disponibile, ogni indice o tasso di riferimento applicabile al tasso debitore iniziale, nonché i periodi, le condizioni e le procedure di modifica del tasso debitore. Qualora si applichino tassi debitori diversi in circostanze diverse, le suddette informazioni in merito a tutti i tassi applicabili;
g) il tasso annuo effettivo globale e l'importo totale che il consumatore è tenuto a pagare, calcolati al momento della conclusione del contratto di credito; sono indicate tutte le ipotesi utilizzate per il calcolo di tale tasso;
h) l'importo, il numero e la periodicità dei pagamenti che il consumatore deve effettuare e, se del caso, l'ordine della distribuzione dei pagamenti ai vari saldi restanti dovuti ai diversi tassi debitori ai fini del rimborso;
i) in caso di ammortamento del capitale di un contratto di credito a durata fissa il diritto del consumatore di ricevere, su richiesta e senza spese, in qualsiasi momento dell'intera durata del contratto di credito, un estratto sotto forma di tabella di ammortamento.
La tabella di ammortamento indica gli importi dovuti nonché i periodi e le condizioni di pagamento di tali importi; la tabella contiene la ripartizione di ciascun rimborso periodico per mostrare l'ammortamento del capitale, gli interessi calcolati sulla base del tasso debitore e, se del caso, gli eventuali costi aggiuntivi; qualora il tasso non sia fisso o i costi aggiuntivi possano essere modificati nell'ambito del contratto di credito, la tabella di ammortamento contiene in modo chiaro e conciso un'indicazione del fatto che i dati della tabella sono validi solo fino alla modifica successiva del tasso debitore o dei costi aggiuntivi conformemente al contratto di credito;
j) se il pagamento riguarda spese e interessi senza ammortamento del capitale, un estratto dei periodi e delle condizioni di pagamento dell'interesse debitore e delle spese ricorrenti e non ricorrenti correlate;
k) se del caso, le spese di gestione di uno o più conti su cui sono registrati le operazioni di pagamento e i prelievi, a meno che l'apertura del conto sia facoltativa, le spese relative all'utilizzazione di un mezzo di pagamento che permette di effettuare pagamenti e prelievi, eventuali altre spese derivanti dal contratto di credito, nonché le condizioni alle quali tali spese possono essere modificate;
l) il tasso degli interessi in caso di ritardi di pagamento applicabile al momento della conclusione del contratto di credito e le modalità di modifica dello stesso e, se applicabili, le penali per inadempimento;
m) un avvertimento relativo alle conseguenze dei mancati pagamenti;
n) se del caso, l'indicazione delle spese notarili dovute;
o) le garanzie e le assicurazioni richieste, se esistenti;
p) l'esistenza o l'assenza del diritto di recesso e il periodo durante il quale esso può essere esercitato e le altre condizioni per il suo esercizio, comprese le informazioni sull'obbligo del consumatore di rimborsare il capitale prelevato e corrispondere gli interessi conformemente all'articolo 14, paragrafo 3, lettera b), e l'importo giornaliero degli interessi da corrispondere;
q) informazioni concernenti i diritti derivanti dall'articolo 15 nonché le condizioni del loro esercizio;
r) il diritto al rimborso anticipato, la relativa procedura nonché, se del caso, le informazioni sul diritto del creditore a ottenere un indennizzo e le relative modalità di calcolo;
s) la procedura da seguire per l'esercizio del diritto di scioglimento del contratto di credito;
t) l'eventuale esistenza di un meccanismo extragiudiziale di reclamo e di ricorso a disposizione del consumatore e, se tale meccanismo esiste, le modalità di accesso allo stesso;
u) se del caso, altre condizioni contrattuali;
v) se del caso, identità e indirizzo della competente autorità di controllo.
3. Nel caso di cui al paragrafo 2, lettera i), il creditore mette a disposizione del consumatore in qualsiasi momento dell'intera durata del contratto di credito e senza spese un estratto sotto forma di tabella di ammortamento.
4. Nel caso di un contratto di credito in base al quale i pagamenti effettuati dal consumatore non comportano un immediato e corrispondente ammortamento dell'importo totale del credito, ma servono a costituire il capitale durante i periodi e alle condizioni previsti dal contratto di credito o da un contratto accessorio, le informazioni necessarie ai sensi del paragrafo 2 comprendono una dichiarazione chiara e concisa da cui risulti che tali contratti di credito non prevedono una garanzia di rimborso dell'importo totale del credito prelevato, in base al contratto di credito, salvo che una siffatta garanzia sia fornita.
5. Nei contratti di credito nella forma di concessione di scoperto, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 3, figurano, in modo chiaro e conciso, le informazioni seguenti:
a) il tipo di credito;
b) l'identità e l'indirizzo geografico delle parti del contratto, nonché, se del caso, l'identità e l'indirizzo geografico dell'intermediario del credito;
c) la durata del contratto di credito;
d) l'importo totale del credito e le condizioni di prelievo;
e) il tasso debitore, le condizioni che ne disciplinano l'applicazione e, se disponibile, ogni indice o tasso di riferimento applicabile al tasso debitore iniziale, nonché i periodi, le condizioni e la procedura di modifica del tasso debitore e qualora si applichino tassi debitori diversi in circostanze diverse, le suddette informazioni in merito a tutti i tassi applicabili;
f) il tasso annuo effettivo globale e il costo totale del credito al consumatore, calcolato al momento della conclusione del contratto; sono indicate tutte le ipotesi utilizzate per il calcolo di tale tasso, in conformità dell'articolo 19, paragrafo 2, in combinato disposto con l'articolo 3, lettere g) e i); gli Stati membri possono decidere che non sia necessario fornire il tasso annuo effettivo globale;
g) l'indicazione che al consumatore può essere chiesto in qualsiasi momento di rimborsare integralmente l'importo del credito;
h) la procedura da seguire per l'esercizio del diritto di recesso del contratto di credito; e
i) le informazioni sulle spese addebitabili a decorrere dal momento in cui tali contratti di credito sono conclusi e, se del caso, sulle condizioni alle quali tali spese possono essere modificate.
Dir. C.E. 23.04.2008, n. 48 - Art. 11 Informazioni sul tasso debitore
Articolo 11
Informazioni sul tasso debitore
1. Se del caso il consumatore è informato della modifica del tasso debitore, con comunicazione su supporto cartaceo o altro supporto durevole, prima dell'entrata in vigore della modifica. L'informazione
comprende l'importo dei pagamenti dall'entrata in vigore del nuovo tasso debitore e, se il numero o la frequenza dei pagamenti sono modificati, la relativa informazione.
2. Le parti possono tuttavia convenire nel contratto di credito che l'informazione di cui al paragrafo 1 sia fornita al consumatore periodicamente nel caso in cui la modifica del tasso debitore sia dovuta ad una modifica di un tasso di riferimento, il nuovo tasso di riferimento sia reso pubblico con mezzi appropriati e l'informazione relativa al nuovo tasso di riferimento sia altresì disponibile presso i locali del creditore.
Dir. C.E. 23.04.2008, n. 48 - Art. 12 Obblighi relativi ai contratti di credito sotto forma di concessione di scoperto
Articolo 12
Obblighi relativi ai contratti di credito sotto forma di concessione di scoperto
1. Quando un contratto di credito prevede una concessione di scoperto, il consumatore è informato a scadenze regolari per mezzo di un estratto conto, su supporto cartaceo o altro supporto durevole, che riporta le seguenti informazioni:
a) il periodo preciso al quale si riferisce l'estratto conto;
b) gli importi prelevati e la data dei prelievi;
c) il saldo e la data dell'estratto conto precedente;
d) il nuovo saldo;
e) la data e l'importo dei pagamenti effettuati dal consumatore;
f) il tasso debitore applicato;
g) le eventuali spese addebitate;
h) se del caso, l'importo minimo da pagare.
2. Inoltre, il consumatore è informato degli aumenti del tasso debitore o delle spese a suo carico, con comunicazione su supporto cartaceo o altro supporto durevole, prima dell'entrata in vigore della modifica.
Le parti possono tuttavia convenire nel contratto di credito che l'informazione relativa alle modifiche del tasso debitore sia fornita secondo quanto previsto al paragrafo 1 nel caso in cui la modifica del tasso debitore sia dovuta ad una modifica del tasso di riferimento, il nuovo tasso di riferimento sia reso pubblico con mezzi appropriati e l'informazione relativa al nuovo tasso di riferimento sia altresì disponibile presso i locali del creditore.
Dir. C.E. 23.04.2008, n. 48 - All. 2 Informazioni europee di base relative al credito ai consumatori
ALLEGATO II
INFORMAZIONI EUROPEE DI BASE RELATIVE AL CREDITO AI CONSUMATORI
1. Identità e contatti del creditore/intermediario del credito
Creditore | [Identità] |
Indirizzo | [Indirizzo geografico che il consumatore deve usare] |
Numero di telefono (*) | |
Indirizzo di posta elettronica (*) | |
Numero di fax (*) | |
Indirizzo web (*) | |
Se applicabile | [Identità] |
Intermediario del credito | [Indirizzo geografico che il consumatore deve usare] |
Indirizzo | |
Numero di telefono (*) | |
Indirizzo di posta elettronica (*) | |
Numero di fax (*) | |
Indirizzo web (*) | |
(*) Informazioni facoltative per il creditore |
Ogniqualvolta ricorrono i termini "se applicabile", il creditore deve compilare la casella se le informazioni sono pertinenti al prodotto creditizio o cancellare le informazioni corrispondenti o l'intera riga se le informazioni non sono pertinenti al tipo di credito considerato.
Le indicazioni fra parentesi quadre forniscono chiarimenti al creditore e devono essere sostituite con le informazioni pertinenti.
2. Descrizione delle caratteristiche principali del prodotto di credito
Tipo di credito | |
Importo totale del credito Si tratta del limite massimo o della somma totale degli importi messi a disposizione in virtù di un contratto di credito |
Condizioni di prelievo Si tratta delle modalità attraverso le quali il consumatore otterrà il denaro e della relativa data | |
Durata del contratto di credito | |
Pagamenti rateali e, se del caso, loro ordine di imputazione | Pagamenti da effettuare: [l'importo, il numero e la periodicità dei pagamenti che il consumatore deve effettuare] Interessi e/o spese che il consumatore è tenuto a pagare nel modo seguente |
Importo totale che il consumatore è tenuto a pagare Si tratta dell'importo del capitale preso in prestito con gli interessi e gli eventuali costi connessi al credito | [Somma dell'importo totale del credito e costo totale del credito] |
Se applicabile Credito concesso sotto forma di pagamento dilazionato per una merce o servizio o connesso alla fornitura di merci specifiche o alla prestazione di un servizio | |
Denominazione della merce/del servizio Prezzo in contanti | |
Se applicabile Garanzie richieste Si tratta di una descrizione delle garanzie che il consumatore è tenuto a fornire in relazione al contratto di credito | [Tipi di garanzia] |
Se applicabile I rimborsi non danno luogo all'ammortamento immediato del capitale |
3. Costi del credito
Tasso interesse debitore o se applicabile, tassi debitori diversi che si applicano al contratto di credito | [% - fisso, o - variabile (con l'indice o il tasso di riferimento applicabile al tasso debitore iniziale), - periodi] |
Tasso annuo effettivo globale (TAEG) Si tratta del costo totale espresso come tasso annuo effettivo globale dell'importo totale del credito. Il TAEG consente al consumatore di raffrontare le varie offerte. | [% Indicare un esempio rappresentativo che deve riportare tutte le ipotesi utilizzate per il calcolo del tasso.] |
È obbligatorio, per ottenere il credito in generale oppure alle condizioni contrattuali offerte, sottoscrivere: - una polizza assicurativa che garantisca il credito, o - un altro contratto avente ad oggetto un servizio accessorio? Se i costi di tali servizi sono sconosciuti al creditore non sono inclusi nel TAEG. | Sì/no; [se sì, precisare il tipo di assicurazione] Sì/no; [se sì, precisare il tipo di servizio accessorio] |
Costi connessi | |
Se applicabile Spese di gestione di uno o più conti, se necessario per registrare le operazioni di pagamento e i prelievi | |
Se applicabile Importo dei costi relativi all'utilizzazione di un mezzo specifico di pagamento (ad esempio una carta di credito) | |
Se applicabile | |
Eventuali altri costi derivanti dal contratto di credito | |
Se applicabile Condizioni alle quali i costi sopraelencati connessi al contratto di credito possono essere modificati | |
Se applicabile Obbligo di pagare le spese notarili | |
Costi in caso di ritardi di pagamento I mancati pagamenti potrebbero avere gravi conseguenze per il consumatore (ad esempio vendita forzata) e rendere più difficile l'ottenimento del credito. | Per i ritardi di pagamento saranno addebitati al consumatore [. (il tasso d'interesse applicabile, le modalità di modifica dello stesso e, se del caso, le penali per inadempimento)]. |
4. Altri importanti aspetti legali
Diritto di recesso Il consumatore ha il diritto di recedere dal contratto di credito entro quattordici giorni di calendario | sì/no |
Xxxxxxxx anticipato Il consumatore ha il diritto di rimborsare anticipatamente il credito, in qualsiasi momento, integralmente o parzialmente | |
Se applicabile Il creditore ha diritto a un indennizzo in caso di rimborso anticipato | [Determinazione dell'indennizzo (metodo di calcolo) in conformità delle disposizioni di attuazione dell'articolo 16 della direttiva 2008/48/CE] |
Consultazione di una banca dati Il creditore è tenuto ad informare il consumatore immediatamente e gratuitamente del risultato della consultazione di una banca dati qualora il rifiuto della domanda di credito si basi su tale consultazione. Questa disposizione non si applica se la comunicazione di tale informazione é vietata dalla normativa comunitaria o è contraria a obiettivi di ordine pubblico o pubblica sicurezza | |
Diritto a ricevere una bozza del contratto di credito Il consumatore ha il diritto, su richiesta, di ottenere gratuitamente copia della bozza del contratto di credito. Questa disposizione non si applica se il creditore, al momento della richiesta, non è disposto a procedere alla conclusione del contratto di credito con il consumatore | |
Se applicabile | Informazione valida dal ... al ... |
Periodo di tempo durante il quale il creditore è vincolato dalle informazioni precontrattuali |
Se applicabile
5. Informazioni supplementari in caso di commercializzazione a distanza di servizi finanziari
a) Creditore |
Se applicabile | [Identità] |
Rappresentante del creditore nello Stato membro di residenza del consumatore | [Indirizzo geografico che il consumatore deve usare] |
Indirizzo | |
Numero di telefono (*) | |
Indirizzo di posta elettronica (*) | |
Numero di fax (*) | |
Indirizzo web (*) | |
Se applicabile Registrazione | [Registro di commercio in cui il creditore è iscritto e numero di registrazione o elemento equivalente per identificarlo nel registro] |
Se applicabile Autorità di controllo | |
b) Contratto di credito | |
Se applicabile Esercizio del diritto di recesso | [Istruzioni pratiche per l'esercizio del diritto di recesso, con indicazione, tra l'altro, del periodo di esercizio di tale diritto, dell'indirizzo a cui notificare il recesso, delle conseguenze derivanti dal mancato esercizio di detto diritto] |
Se applicabile Legislazione sulla quale si basa il creditore per instaurare rapporti con il consumatore prima della conclusione del contratto di credito | |
Se applicabile Clausola sulla legge applicabile al contratto di credito e/o sul foro competente | [Indicare la clausola pertinente] |
Se applicabile |
Regime linguistico | Le informazioni e le condizioni contrattuali saranno comunicate in [precisare la lingua]. Con l'accordo del consumatore, il creditore intende comunicare in [precisare la lingua o le lingue) per la durata del contratto di credito. |
c) Rimedi | |
Esistenza di meccanismi extragiudiziali di reclamo e di ricorso e relative modalità di accesso ai medesimi | [Indicare l'esistenza o l'assenza di un meccanismo extragiudiziale di reclamo e di ricorso accessibile al consumatore che è parte del contratto a distanza e, ove tale meccanismo esista, le modalità che consentono al consumatore di avvalersene] |
(*) Informazioni facoltative per il creditore |
L. 19.02.92, n. 142 - Art. 21 Contratti
Articolo 21 (1)
Contratti
1. I contratti di concessione di credito al consumo devono essere stipulati per iscritto e un esemplare di essi va consegnato contestualmente al consumatore.
2. Fatto salvo quanto disposto al comma 4, i contratti devono indicare:
a) l'ammontare e le modalità del finanziamento;
b) il numero, gli importi e le scadenze delle singole rate;
c) il TAEG;
d) il dettaglio delle condizioni analitiche secondo cui il TAEG può essere eventualmente modificato;
e) l'importo e la causale degli oneri che sono esclusi dal calcolo del TAEG. Nei casi in cui non sia possibile indicare esattamente tali oneri, deve essere fornita una stima realistica. Oltre ad essi, nulla è dovuto dal consumatore;
f) le eventuali garanzie richieste;
g) le eventuali coperture assicurative richieste, ad esclusione di quelle, stipulate in favore del finanziatore, intese a garantire il rimborso del credito in caso di morte, invalidità o infermità del consumatore, che devono essere incluse nel calcolo del TAEG.
3. Oltre a quanto indicato nel comma 2, i contratti di credito al consumo che concernono l'acquisto di determinati beni o servizi devono contenere, a pena di nullità, le seguenti indicazioni:
a) la descrizione analitica dei beni o dei servizi che formano l'oggetto del contratto;
b) il prezzo di acquisto in contanti; il prezzo stabilito dal contratto; l'ammontare dell'eventuale acconto;
c) le condizioni per il trasferimento del diritto di proprietà al consumatore, nei casi in cui non sia immediato.
4. L'articolo 1525 del codice civile si applica anche a tutti i contratti di credito al consumo a fronte dei quali sia stato concesso un diritto reale di garanzia sul bene acquistato con il denaro ricevuto in prestito.
5. In via transitoria e fino all'adozione di una disciplina nazionale sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari di contenuto almeno equivalente a quello stabilito dal presente comma e dai commi 6 e 7, agli effetti della protezione del consumatore, i contratti con cui un ente creditizio o una società finanziaria concedono a un consumatore un'apertura di credito in conto corrente non connessa all'uso di una carta di credito devono almeno contenere, a pena di nullità, le seguenti indicazioni:
a) il massimale e l'eventuale scadenza del credito;
b) il tasso di interesse annuo ed il dettaglio analitico degli oneri applicabili dal momento della conclusione del contratto, nonché le condizioni che possono determinarne la modifica durante l'esecuzione del contratto stesso. Oltre ad essi, nulla è dovuto dal consumatore;
c) le modalità di recesso dal contratto. Sono nulli e si considerano non apposti i rinvii agli usi.
6. Il tasso di interesse annuo e gli oneri previsti nei contratti di cui al comma 5 possono essere variati in senso sfavorevole al consumatore purché ne sia data al medesimo comunicazione scritta presso l'ultimo domicilio notificato, con un anticipo di almeno cinque giorni lavorativi rispetto alla data di applicazione delle variazioni. In caso contrario, queste ultime sono inefficaci.
7. Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 6, il consumatore ha diritto di recedere dal contratto senza penalità e di ottenere, in sede di liquidazione del rapporto, l'applicazione delle condizioni precedentemente in essere.
8. Nessuna somma può essere addebitata al consumatore od a lui richiesta, se non sulla base di espresse previsioni contrattuali. Le clausole di rinvio agli usi sono nulle e si considerano non apposte.
9. Nei casi di assenza o nullità delle clausole contrattuali, queste ultime sono sostituite di diritto secondo i seguenti criteri:
a) il TAEG equivale al tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro del tesoro, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto di credito al consumo;
b) la scadenza del credito è a trenta mesi;
c) nessuna garanzia e copertura assicurativa viene costituita in favore del finanziatore;
d) le facoltà di adempimento anticipato ovvero di risoluzione del contratto spettano unicamente al consumatore, che le può esercitare in qualsiasi momento, senza oneri e penalità.
10. Il consumatore ha sempre la facoltà dell'adempimento anticipato ovvero della risoluzione di cui alla lettera d) del comma 9; se il consumatore esercita tale facoltà, ha altresì diritto ad un'equa riduzione del
corrispettivo del credito, conformemente alle disposizioni che verranno stabilite nella delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio di cui all'articolo 19, comma 2.
11. I diritti del creditore derivanti da un contratto di credito al consumo possono essere ceduti ad un terzo solo previa comunicazione scritta del cedente al consumatore, da questi ricevuta con almeno quindici giorni di anticipo. Il consumatore conserva comunque la facoltà di fare valere nei confronti del cessionario le eccezioni che poteva fare valere nei confronti del cedente, ivi compresa la compensazione anche in deroga al disposto dell'articolo 1248 del codice civile.
(1) L'articolo 161, X.Xxx. 1° settembre 1993, n. 385, ha abrogato il Capo II, Sezione I, della presente legge, disponendo che le norme abrogate continuano a trovare applicazione fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti emanati dalle autorità creditizie ai sensi dello stesso decreto legislativo.
Comunic. Banca d'Italia 17 mag 2012 Trasparenza dell'offerta di contratti di credito ai consumatori
BANCA D'ITALIA COMUNICAZIONE 17 maggio 2012
Trasparenza dell'offerta di contratti di credito ai consumatori
1. Il presidio della trasparenza e della correttezza delle relazioni tra gli intermediari bancari e finanziari e la clientela costituisce uno degli obiettivi dell'attività di vigilanza svolta dalla Banca d'Italia; criticità nei rapporti tra intermediari e clienti possono infatti generare rischi legali e di reputazione per gli intermediari oltre che incidere sulle posizioni soggettive della clientela, con riflessi negativi sulla fiducia e sul buon funzionamento del sistema nel suo complesso.
L'impegno da tempo profuso dalla Vigilanza per accrescere l'attenzione degli intermediari verso i temi della trasparenza e della correttezza dei comportamenti si inscrive in un più ampio quadro di iniziative promosse anche a livello europeo a tutela del consumatore di servizi bancari e finanziari (1).
2. In tale ambito, la Commissione europea - avvalendosi delle autorità nazionali competenti ai sensi del Regolamento 2006/2004/CE (c.d. Regolamento Enforcement) - ha recentemente svolto un'indagine (c.d. "Sweep") avente l'obiettivo di verificare la conformità dei siti internet delle banche e degli altri intermediari alla normativa comunitaria in tema di offerta di contratti di credito ai consumatori.
Più in dettaglio, nel mese di settembre 2011 le autorità nazionali di 27 Stati membri - competenti per l'enforcement delle normative comunitarie a tutela dei consumatori (2) - nonché di Norvegia e Islanda, hanno esaminato in modo coordinato 562 siti web di banche, intermediari finanziari e intermediari del credito. Nel 70 per cento dei casi (393 siti) sono state riscontrate carenze nel contenuto degli annunci pubblicitari on line; talune criticità sono emerse anche in esito a un'ulteriore indagine condotta sulla documentazione precontrattuale (c.d. "Sweep Plus").
3. La Banca d'Italia, in ragione delle proprie competenze in materia di credito ai consumatori, ha aderito all'iniziativa della Commissione europea. L'azione di monitoraggio - effettuata congiuntamente con l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), competente nel settore delle pratiche commerciali scorrette
- ha interessato i siti internet di 15 intermediari nazionali rappresentativi del predetto comparto (3); l'indagine
ha avuto altresì a oggetto la documentazione precontrattuale relativa ad alcuni rapporti di credito accesi da consumatori presso i medesimi intermediari.
In esito agli accertamenti condotti, sono emerse anomalie in relazione all'operatività di 10 intermediari; le criticità hanno riguardato sia il contenuto degli annunci pubblicitari, talvolta non corrispondente a quanto prescritto dalla normativa di riferimento (art. 123 TUB e relative disposizioni di attuazione), sia l'informativa precontrattuale, spesso non pienamente idonea a consentire ai consumatori di effettuare scelte consapevoli (art. 124 TUB e relative disposizioni di attuazione).
In particolare, le criticità rilevate attengono ai seguenti aspetti:
- gli annunci pubblicitari che indicavano il tasso di interesse e/o altri dati concernenti il costo del credito non sempre riportavano tutte le informazioni richieste dalla normativa (4); altri annunci, privi di tali indicazioni, richiamavano la necessità di far riferimento - per le condizioni contrattuali - ai fogli informativi anziché ai documenti previsti per l'informativa precontrattuale nel credito ai consumatori
(5);
- le informazioni precontrattuali non venivano sempre fornite attraverso il documento standard
denominato "
Informazioni europee di base sul credito ai consumatori"; ove presente, detto documento spesso non era conforme al modello previsto nell'Allegato 4C delle Disposizioni sulla trasparenza ovvero non era personalizzato e riportava anche voci non pertinenti rispetto alla specifica offerta (ad es., informazioni sul tasso variabile anche per finanziamenti a tasso fisso). In via diffusa, le informazioni venivano riportate con caratteri molto piccoli, che non consentivano un'agevole lettura della documentazione;
- il TAEG (tasso annuo effettivo globale) riportato sia negli annunci pubblicitari sia nel documento
standard "
Informazioni europee di base sul credito ai consumatori", spesso non includeva tutti i costi a carico del consumatore (ad es., polizza assicurativa obbligatoria, spese di apertura pratica, spese di incasso rata); talvolta, esso veniva riportato esclusivamente nella misura massima e senza l'ausilio di un esempio rappresentativo.
4. Le criticità riscontrate nel corso dell'indagine hanno formato oggetto di specifici interventi. Peraltro, in considerazione della frequenza delle anomalie rilevate nell'ambito del campione esaminato nonché delle segnalazioni qui pervenute da clienti e Associazioni dei consumatori, la Banca d'Italia ritiene opportuno richiamare l'attenzione di tutti gli intermediari attivi nel comparto del credito ai consumatori anche su ulteriori profili di problematicità che attengono alle concrete modalità di conclusione dei contratti e alla gestione dei rapporti di credito, ivi inclusa l'eventuale fase "patologica" di tali finanziamenti.
Alcune Associazioni dei consumatori hanno infatti segnalato a questo Istituto talune criticità con riguardo all'informativa fornita ai clienti in occasione dell'offerta di prestiti finalizzati da parte delle banche e delle società finanziarie, anche nei casi in cui esse si avvalgono di intermediari del credito quali mediatori, agenti e fornitori di beni o prestatori di servizi (ad es., negozi o centri commerciali).
Inoltre, dall'esame delle segnalazioni pervenute direttamente dai clienti emerge che sempre più spesso le doglianze afferiscono non solo all'inosservanza degli obblighi precontrattuali e di quelli attinenti allo svolgimento del rapporto, ma anche a comportamenti anomali connessi con l'inadempimento di obbligazioni contrattuali da parte della clientela e, in particolare, a talune prassi adottate nell'attività di recupero crediti, anche da parte di società di servizi cui tale attività è affidata in outsourcing.
5. La Banca d'Italia xxxxxxx primaria importanza al rispetto, da parte delle banche e degli intermediari finanziari, dell'intero complesso normativo che governa le relazioni con la clientela. Comportamenti corretti
con i consumatori, offerte trasparenti e confrontabili, costituiscono presupposti essenziali per il corretto funzionamento del mercato e vanno a beneficio dell'efficienza del sistema bancario e finanziario. Per la realizzazione di tali obiettivi è quindi fondamentale che gli intermediari si impegnino a dare piena attuazione alla disciplina.
Con specifico riguardo alle criticità riscontrate nell'offerta di contratti di credito ai consumatori, la Banca d'Italia reputa necessario che - anche avuto riguardo all'attuale congiuntura economica - la clientela sia posta nelle condizioni di agire in modo consapevole e informato, di conoscere le caratteristiche dei servizi offerti e di adottare decisioni ponderate. A tal fine, gli operatori vorranno assumere ogni iniziativa idonea ad assicurare un elevato livello di conformità alla vigente normativa, anche quando l'offerta dei contratti ai consumatori è effettuata avvalendosi di intermediari del credito.
A tale ultimo riguardo si sottolinea che, coerentemente con i principi esplicitati nella normativa di settore, la scelta di avvalersi di soggetti terzi per l'offerta dei propri prodotti e servizi non fa venir meno la responsabilità del finanziatore per l'attività dei soggetti coinvolti nella catena distributiva, ivi incluso l'ultimo elemento di contatto con la clientela; l'intermediario che eroga il credito è pertanto tenuto a presidiare adeguatamente i rischi insiti in comportamenti difformi o anomali posti in essere da tutti i soggetti che si interpongono tra esso e il cliente.
Anche nei casi in cui il deterioramento del credito erogato renda necessaria l'assunzione di iniziative di recupero del finanziamento, è necessario che le relazioni con la clientela siano sempre e comunque informate a canoni di trasparenza e correttezza. Con specifico riferimento all'esternalizzazione della gestione delle partite anomale, si rammenta che tale scelta organizzativa - come già precisato con riguardo ad altri analoghi fenomeni
(6) - presuppone l'adozione di particolari cautele volte a presidiare pienamente i rischi operativi, legali e di reputazione.
Si soggiunge, infine, che la mancata adozione di efficaci presidi assume rilevanza anche ai fini dell'adeguatezza degli assetti organizzativi e di controllo interno, oggetto di valutazione complessiva da parte della Vigilanza.
(1) A livello nazionale, si richiamano le comunicazioni nelle materie della cessione del quinto dello stipendio o della pensione (nel 2009 e nel 2011) e delle carte di credito revolving (nel 2010). A livello comunitario si fa riferimento, da ultimo, alla Raccomandazione della Commissione europea sull'accesso a un conto di pagamento di base (2011).
(2) Si tratta, in particolare, delle seguenti Direttive: Direttiva 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno; Dir. 2002/65/CE, relativa alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori; Dir. 2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno; Dir. 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori.
(3) L'indagine ha coperto oltre il 50 per cento del mercato del credito ai consumatori.
(4) In particolare, è stata riscontrata la mancanza dei seguenti elementi: il tasso annuo effettivo globale (TAEG); il tasso d'interesse o l'indicazione della natura (fissa o variabile) dello stesso; l'ammontare delle singole rate; la durata del contratto di credito; le spese comprese nel costo totale del credito.
5) Cfr. Sezione VII, par. 4.2, delle "Disposizioni in materia di trasparenza
delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti", come modificate dal provvedimento del 9.02.2011 sul credito ai consumatori.
(6) L'esternalizzazione di funzioni operative da parte di banche e intermediari finanziari ha già formato oggetto di attenzione da parte della Vigilanza. In particolare: 1) la Circolare n. 229, Titolo IV, Cap. 11, Sez. II, punto
4 (Sistemi informativi) secondo cui le procedure per la cessione in outsourcing di servizi informatici debbono essere formalizzate e mirano ad assicurare che il prodotto soddisfi i bisogni per cui è stato acquistato o commissionato e sia adatto agli standard della banca, che resta responsabile del corretto svolgimento delle attività affidate ai terzi; 2) Regolamento Congiunto Banca d'Italia - Consob (emanato ai sensi dell'art. 6, comma 2-bis, TUF), secondo cui in caso di affidamento in outsourcing di funzioni operative essenziali o importanti o di servizi o attività di investimento, gli intermediari adottano misure ragionevoli per mitigare i connessi rischi, garantendo che l'esternalizzazione non riduca l'efficacia del sistema dei controlli. In caso di attribuzione di servizi all'esterno, gli intermediari restano pienamente responsabili del rispetto degli obblighi previsti dalla normativa di settore; 3) comunicazione concernente l'esternalizzazione degli adempimenti antiriciclaggio.
Disp. Banca d'Italia Sez. 7 Par. 5.1 20 giu 2012 Forma
5. Contratti
5.1 Forma
I contratti di credito sono redatti in forma scritta (articolo 125-bis del T.U.).
Il documento informatico soddisfa i requisiti della forma scritta nei casi previsti dalla legge (1).
Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo; la nullità può essere fatta valere solo dal consumatore.
Un esemplare del contratto è consegnato al consumatore. La consegna, quando ha a oggetto una copia cartacea, è attestata mediante apposita sottoscrizione del consumatore, ulteriore rispetto alla firma del contratto, apposta sull'esemplare del contratto conservato dal finanziatore.
Nella conclusione dei contratti mediante strumenti informatici o telematici i finanziatori osservano, oltre alla disciplina prevista dalle presenti disposizioni, anche le norme legislative o regolamentari specificamente stabilite per l'utilizzo di tali tecniche.
In caso di offerta contestuale di più contratti, non collegati ai sensi dell'articolo 121, comma 1, lettera d), del T.U., per i quali è richiesta la forma scritta, il consenso del consumatore viene acquisito distintamente per ciascun contratto attraverso documenti separati.
(1) In particolare, ai sensi dei commi 1-bis e 2, dell'articolo 20 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità. Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell'articolo 71 del medesimo decreto legislativo, che garantiscano l'identificabilità dell'autore, l'integrità e l'immodificabilità del documento, soddisfa comunque il requisito della forma scritta.
Disp. Banca d'Italia Sez. 7 Par. 5.2 20 giu 2012 Contenuto dei contratti
5.2 Contenuto dei contratti
Il presente paragrafo disciplina le informazioni che il finanziatore deve includere nei contratti di credito. In particolare:
- il sotto-paragrafo 5.2.1 riguarda la generalità dei contratti di credito con l'esclusione di quelli disciplinati dal paragrafo 5.2.2;
- il sotto-paragrafo 5.2.2 contiene regole specifiche relative ad alcune tipologie di apertura di credito.
Fermo restando che le parti possono articolare liberamente il testo del contratto, purché in conformità con quanto richiesto dalla presente sezione, la Banca d'Italia, nell'esercizio delle proprie funzioni, ritiene che le informazioni relative alle condizioni economiche si possono reputare in ogni caso chiare e concise quando il contratto fa rinvio alle "Informazioni europee di base sul credito ai consumatori", che in questo caso sono allegate al contratto e ne costituiscono il frontespizio.
Per quanto non diversamente disposto nel presente paragrafo e nei sotto paragrafi 5.2.1 e 5.2.2, ai contratti di credito ai consumatori si applica, in quanto compatibile, il paragrafo 3 della sezione III.
5.2.1 Contratti di credito
I contratti di credito indicano in modo chiaro e conciso:
a) il tipo di credito;
b) il nome, il cognome e l'indirizzo del consumatore, la denominazione del finanziatore e l'indirizzo della sua sede amministrativa o della succursale con sede in Italia; nel caso di offerta attraverso intermediari del credito, vanno indicati anche il nome e il cognome o la denominazione e l'indirizzo del soggetto che entra in rapporto con il consumatore;
c) la durata del contratto di credito;
d) l'importo totale del credito e le condizioni di utilizzo;
e) nel caso di contratti di credito collegati, l'indicazione del bene o del servizio oggetto del contratto e il relativo prezzo in contanti;
f) il tasso di interesse, le condizioni che ne disciplinano l'applicazione e, se disponibile, ogni indice o tasso di riferimento applicabile al tasso iniziale, nonché le condizioni temporali e le modalità per l'eventuale modifica del tasso di interesse, ove consentita ai sensi dell'articolo 118 del T.U. Qualora il contratto preveda l'applicazione di tassi di interesse diversi al variare di determinate circostanze, le informazioni previste dalla presente lettera vanno fornite con riferimento a ciascuno dei tassi applicabili;
g) il TAEG e l'importo totale dovuto dal consumatore, calcolati al momento della conclusione del contratto, con l'indicazione delle ipotesi sulle quali si basa il calcolo del TAEG;
h) l'importo, il numero e la periodicità delle rate e, ove previsto dal contratto, l'ordine con cui vengono imputati i pagamenti finalizzati al rimborso di saldi negativi ai quali sono applicati diversi tassi debitori;
i) per i pagamenti di spese e interessi senza ammortamento del capitale, un estratto dei periodi e delle condizioni di pagamento degli interessi e delle spese correlate, ricorrenti e non ricorrenti;
j) tutte le spese derivanti dal contratto di credito, ivi incluse: quando per la stipulazione del contratto è obbligatoria l'apertura di un conto sul quale regolare i rimborsi e i prelievi effettuati dal consumatore, le
spese di gestione di questo conto; le spese connesse all'utilizzazione dei mezzi di pagamento che consentono di effettuare rimborsi e prelievi (1); le condizioni in presenza delle quali è possibile una modifica delle spese, nel rispetto delle disposizioni di legge sulla modifica unilaterale delle condizioni contrattuali;
k) il tasso degli interessi di mora applicabile al momento della conclusione del contratto, le condizioni in presenza delle quali questo tasso può essere modificato, nel rispetto delle disposizioni di legge sulla modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, e le eventuali penali previste per l'inadempimento;
l) una chiara avvertenza delle conseguenze alle quali il consumatore può andare incontro in caso di mancato pagamento di una o più rate;
m) se necessarie, l'esistenza di spese notarili;
n) le garanzie e le assicurazioni, ove previste (fermo restando l'obbligo di sottoscrivere documenti separati ai sensi dell'articolo 125-bis, comma 3, del T.U.);
o) l'esistenza del diritto di recesso e i termini e le condizioni per esercitarlo (secondo una delle modalità previste dall'articolo 64, comma 2, del Codice del Consumo), ivi incluse le informazioni sull'obbligo del consumatore di rimborsare il capitale prelevato e di corrispondere gli interessi, secondo quanto previsto dall'articolo 125-ter del T.U., nonché l'importo giornaliero degli interessi da corrispondere in caso di recesso; se si tratta di un contratto di credito al quale non si applicano le disposizioni in materia di recesso, va indicata l'inesistenza di questo diritto;
p) in caso di contratti di credito collegati, l'indicazione dei diritti spettanti al consumatore ai sensi dell'articolo 125-quinquies del T.U. e le condizioni per esercitarli;
q) il diritto del consumatore al rimborso anticipato previsto dall'articolo 125-sexies, comma 1, del T.U., e la procedura per effettuarlo nonché, in presenza delle condizioni ivi stabilite, il diritto del creditore a ottenere, ai sensi dell'articolo 125-sexies, comma 2, del T.U., un indennizzo a fronte del rimborso anticipato e le relative modalità di calcolo (2);
r) la procedura per l'esercizio del diritto di recesso previsto dall'articolo 125-quater del T.U., da altre norme di legge o dal contratto;
s) i mezzi di tutela stragiudiziale (reclami e ricorsi) di cui il consumatore può avvalersi, ivi compresi i sistemi di risoluzione delle controversie ai sensi dell'articolo 128-bis del T.U. (Arbitro Bancario Finanziario), e le modalità per accedervi;
t) le ulteriori condizioni eventualmente previste nel contratto;
u) l'indicazione che il finanziatore è soggetto ai controlli esercitati dalla Banca d'Italia, con sede in Xxx Xxxxxxxxx, 00 - 00000 Xxxx.
In caso di ammortamento del capitale di un contratto di credito a durata determinata, il contratto indica, oltre alle informazioni precedentemente elencate, il diritto del consumatore di ricevere in qualsiasi momento del rapporto, su sua richiesta e senza spese, una tabella di ammortamento. La tabella di ammortamento riporta:
- gli importi dovuti, le relative scadenze e le condizioni di pagamento;
- il piano di ammortamento del capitale, che rappresenta la ripartizione di ciascun rimborso periodico;
- gli interessi e gli eventuali costi aggiuntivi; se il tasso non è fisso ovvero se i costi aggiuntivi possono essere modificati nel corso del rapporto, è indicata in modo chiaro e conciso la circostanza che i dati riportati nella
tabella sono validi fino alla successiva modifica del tasso di interesse o dei costi aggiuntivi, conformemente a quanto previsto nel contratto.
Nel caso di un contratto di credito in base al quale i pagamenti effettuati dal consumatore non comportano un immediato e corrispondente ammortamento dell'importo totale del credito, ma servono a costituire un capitale da investire secondo quanto stabilito dal contratto di credito o da un contratto accessorio, il contratto riporta una dichiarazione chiara e concisa da cui risulti che, salvo diverso accordo tra le parti, non vi è una garanzia di rimborso dell'importo totale del credito prelevato in base al contratto di credito, anche quando siano state integralmente pagate le rate; ciò in quanto l'entità del rimborso dipende dal valore del capitale investito alla scadenza del termine previsto nel contratto. Resta ferma la disciplina sui prodotti finanziari prevista ai sensi del T.U.F.
5.2.2 Aperture di credito in conto corrente
I contratti di apertura di credito in conto corrente da rimborsare su richiesta della banca o entro tre mesi dal prelievo riportano in modo chiaro e conciso, oltre alle informazioni previste alle lettere a), b), c), d) e f) del paragrafo 5.2.1, le seguenti indicazioni:
- il TAEG e il costo totale del credito, calcolati al momento della conclusione del contratto, con l'indicazione delle ipotesi sulle quali si basa il calcolo del TAEG;
- qualora sia previsto che il consumatore debba rimborsare su richiesta della banca le somme prelevate, l'avvertenza che al consumatore può essere richiesto in qualsiasi momento il rimborso del credito;
- tutte le spese che possono essere addebitate al consumatore (3) e le condizioni in presenza delle quali è possibile un'eventuale modifica delle stesse, nel rispetto delle disposizioni di legge sulla modifica unilaterale delle condizioni contrattuali.
(1) Per le aperture di credito in conto corrente questa voce riporta anche tutti gli oneri relativi allo sconfinamento extra-fido.
(2) Nei contratti di credito con cessione del quinto dello stipendio o della pensione e nelle fattispecie assimilate, le modalità di calcolo della riduzione del costo totale del credito a cui il consumatore ha diritto in caso di estinzione anticipata includono l'indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti per la parte non maturata, dal finanziatore o da terzi, al consumatore, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore (cfr. altresì, sezione XI, paragrafo 2).
(3) Questa voce riporta anche tutti gli oneri relativi allo sconfinamento extra-fido.
D.M. Ministero dell'Economia e Finanze, dipartimento del Tesoro N.117 Art. 8 3 feb 2011 Contratti
Articolo 8 (1) Contratti
1. Ai sensi dell'articolo 125-bis, comma 1, del TUB, la Banca d'Italia specifica le informazioni e le condizioni da inserire nei contratti di credito in conformità dell'articolo 10 della direttiva 2008/48/CE.
(1) Si vedano i paragrafi 5.1 e 5.2, Sezione VII delle disposizioni della Banca d'Italia 20 giugno 2012.
Xxxxx xx Xxxxxxxxx Xxxxxxx, 00 set 2014 Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE - Clausole abusive - Contratto di credito al consumo - Articolo 1, paragrafo 2 - Clausola che riflette una disposizione legislativa di carattere imperativo
Corte di Giustizia Europea
10 settembre 2014, Terza Sezione
"Rinvio pregiudiziale - Direttiva 93/13/CEE - Clausole abusive - Contratto di credito al consumo Articolo 1, paragrafo 2 - Clausola che riflette una disposizione legislativa di carattere imperativo Ambito di applicazione della direttiva - Articoli 3, paragrafo 1, 4, 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1 Credito garantito attraverso un diritto reale costituito su un bene immobile - Possibilità di realizzare tale garanzia tramite una vendita all'asta - Sindacato giurisdizionale"
Con l'interessantissima sentenza in commento, l'Unione europea stoppa la vendita forzata della casa familiare. Si tratta di una vittoria per i consumatori che contraggono debiti, garantiti da ipoteca, con banche e finanziarie
Gli eurogiudici hanno, infatti, stabilito che il giudice nazionale può bloccare, in via provvisoria, la banca o la finanziaria che mette all'asta la casa familiare del consumatore, se nel contratto di credito al consumo, sottoscritto da quest'ultimo, sono presenti una o più clausole abusive, quelle clausole, cioè, che pongono oneri particolarmente vincolanti a carico del consumatore e a vantaggio della controparte, vietate dalle direttive dell'Ue.
La valenza della sentenza in commento è da ricercare soprattutto nel fatto che i giudici comunitari chiariscono la portata della tutela dei consumatori in caso di diritto reale di garanzia, ipoteca, sulla casa d'abitazione. Il diritto all'abitazione viene, infatti, considerato un diritto fondamentale e, come tale, deve essere tenuto in grande considerazione dal giudice nazionale nell'attuazione della direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. Gli Stati membri sono obbligati, quindi, ad adottare meccanismi di tutela tali da scoraggiare l'inserimento delle clausole abusive nei contratti conclusi con i consumatori che sono solitamente i contraenti più deboli.
La vicenda
La vicenda riguardava una signora slovacca che nel 2009 aveva concluso un contratto di credito al consumo per 10mila euro costituendo un diritto reale di garanzia sulla casa di famiglia.
La normativa slovacca
La normativa slovacca prevede, da un lato, che una vendita all'asta possa essere contestata entro il termine di 30 giorni dalla notifica dell'esecuzione sul bene dato in garanzia e, dall'altro, che il soggetto che contesta le modalità di tale vendita può agire entro un termine di tre mesi, decorrenti dall'aggiudicazione.
La direttiva
Per gli eurogiudici il rispetto della direttiva 93/13/CEE obbliga gli Stati membri ad adottare meccanismi di tutela tali da far cessare l'utilizzazione delle clausole abusive ed, inoltre, le sanzioni devono avere un carattere "effettivo, proporzionato e dissuasivo".
La motivazione
Per quanto riguarda il carattere "effettivo e dissuasivo", nel corso dell'esecuzione stragiudiziale, il giudice nazionale competente sarebbe legittimato ad adottare "qualsiasi provvedimento provvisorio che vieti la prosecuzione dell'esecuzione di tale vendita.
Con riferimento, invece, al carattere proporzionato della sanzione, la Corte sottolinea che occorre prestare particolare attenzione qualora il bene gravato dal diritto reale di garanzia sia il bene immobile che costituisce l'abitazione della famiglia del consumatore. Infatti, nel diritto dell'Unione il diritto all'abitazione è un diritto fondamentale garantito dalla Carta dei diritti fondamentali che il giudice nazionale deve prendere in considerazione nell'attuazione della direttiva. Nella causa C-34/13,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Krajský súd v Presove (Slovacchia), con decisione del 20 dicembre 2012, pervenuta in cancelleria il 23 gennaio 2013, nel procedimento Xxxxxx Xxxxxxxxx
contro
SMART Capital a.s.,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da X. Xxxxxx, presidente di sezione, C. G. Xxxxxxxx, X. X Xxxxxx, X. Xxxxxx (relatore) e X. Xxxxxxxxxx, giudici, avvocato generale: X. Xxxx xxxxxxxxxxx: X. Xxxxxxxxx, amministratore vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 5 giugno 2014, considerate le osservazioni presentate:
- per il governo slovacco, da X. Xxxxxxxx, in qualità di agente;
- per il governo tedesco, da X. Xxxxx e X. Xxxxxx, in qualità di agenti;- per la Commissione europea, da X. Xxxxx e X. xxx Xxxx, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni, ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l'interpretazione delle direttive 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29), e 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 149, pag. 22), alla luce dell'articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la "Carta"), nonché della sentenza Simmenthal (106/77, EU:C:1978:49).
2 Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia pendente tra la sig.ra Kusionováe la SMART Capital a.s. (in prosieguo: la "SMART Capital"), in merito alle modalità di realizzazione del diritto reale
costituito a garanzia di un contratto di prestito ipotecario e alla legittimità della clausole inserite in tale contratto.
Contesto normativo Il diritto dell'Unione
3 L'articolo 7 della Carta così recita: "(o)gni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni".
4 L'articolo 38 della Carta prevede che nelle politiche dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori.
5 L'articolo 47 della Carta prevede quanto segue:
"Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo".
6 Il dodicesimo, tredicesimo, quattordicesimo e ventiquattresimo considerando della direttiva 93/13 sono formulati come segue:
"considerando tuttavia che per le legislazioni nazionali nella loro forma attuale è concepibile solo un'armonizzazione parziale; che, in particolare, sono oggetto della presente direttiva soltanto le clausole non negoziate individualmente; che pertanto occorre lasciare agli Stati membri la possibilità di garantire, nel rispetto del trattato (CE), un più elevato livello di protezione per i consumatori mediante disposizioni nazionali più severe di quelle della presente direttiva;
considerando che si parte dal presupposto che le disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri che disciplinano, direttamente o indirettamente, le clausole di contratti con consumatori non contengono clausole abusive; che pertanto non si reputa necessario sottoporre alle disposizioni della presente direttiva le clausole che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative (.); che a questo riguardo l'espressione "disposizioni legislative o regolamentari imperative" che figura all'articolo 1, paragrafo 2, comprende anche le regole che per legge si applicano tra le parti contraenti allorché non è stato convenuto nessun altro accordo;
considerando che spetta agli Stati membri fare in modo che clausole abusive non siano incluse nei contratti stipulati con i consumatori; (.)
(.)
considerando che le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi degli Stati membri devono disporre dei mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l'inserzione delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori".
7 L'articolo 1 della direttiva 93/13 prevede quanto segue:
"1. La presente direttiva è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore.
2. Le clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative (.) non sono soggette alle disposizioni della presente direttiva".
8 L'articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva così stabilisce:
"Fatto salvo l'articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende".
9 L'articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva dispone che "(g)li Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali (.)".
10 L'articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva così dispone:
"Gli Stati membri, nell'interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l'inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori".
Il diritto slovacco
11 Ai sensi dell'articolo 151j, paragrafo 1, del codice civile:
"Se il credito garantito da un diritto reale di garanzia non è rimborsato debitamente e per tempo, il creditore garantito può dare inizio all'esecuzione sul bene dato in garanzia.
Nell'ambito dell'esecuzione sul bene dato in garanzia il creditore garantito può soddisfarsi nel modo stabilito nel contratto oppure mediante la vendita del bene costituente la garanzia attraverso un'asta, secondo la legge speciale (.), oppure esigere il soddisfacimento mediante la vendita del bene costituente la garanzia secondo le leggi speciali (.), ove non sia altrimenti previsto da questo codice o da una legge speciale".
12 Il giudice del rinvio rileva che il summenzionato paragrafo 1 comporta una prima nota a piè di pagina, inserita dopo le parole "secondo la legge speciale", che rinvia alla legge n. 527/2002, relativa alle vendite all'asta volontarie, che integra la legge del Consiglio nazionale slovacco n. 323/1992, relativa ai notai e all'attività notariale (codice notariale), come modificata (in prosieguo: la "legge relativa alle vendite all'asta volontarie"), e una seconda nota, inserita dopo le parole "secondo le leggi speciali", che rinvia al codice di procedura civile e al codice delle misure di esecuzione.
13 L'articolo 151m del codice civile stabilisce:
"1) Il creditore garantito può vendere il bene dato in garanzia nel modo stabilito nel contratto di costituzione della garanzia o all'asta, non prima di 30 giorni dalla data di notifica dell'inizio dell'esecuzione sul bene dato in garanzia al garante e al debitore, qualora il debitore sia persona diversa dal garante, ove non sia altrimenti previsto dalla legge speciale (.)
2) Successivamente alla notifica dell'inizio dell'esecuzione sul bene dato in garanzia, colui che ha prestato la garanzia e il creditore garantito possono convenire che anche prima della scadenza del termine previsto al paragrafo 1 il creditore garantito è autorizzato a vendere il bene costituente la garanzia nel modo convenuto nel contratto di costituzione della garanzia o all'asta.
3) Il creditore garantito che ha dato inizio all'esecuzione sul bene dato in garanzia, al fine di soddisfare il proprio credito nel modo convenuto nel contratto di costituzione della garanzia, può in qualsiasi momento, nel corso di tale esecuzione, cambiare le modalità di esecuzione e vendere all'asta il bene costituente la garanzia o esigere il soddisfacimento mediante la vendita del bene costituente la garanzia secondo le leggi speciali. Il creditore garantito è tenuto a informare colui che ha prestato la garanzia riguardo al cambiamento di modalità dell'esecuzione sul bene dato in garanzia".
14 Ai sensi dell'articolo 74, paragrafo 1, del codice di procedura civile, il giudice può disporre misure provvisorie se è necessario regolare temporaneamente i rapporti tra le parti o se esiste un rischio che l'esecuzione della decisione giudiziaria venga compromessa. In forza dell'articolo 76, paragrafo 1, di tale codice, il giudice può imporre ad una parte misure provvisorie, in particolare "in esecuzione di un obbligo di fare, di non fare o di subire".
15 La legge relativa alle vendite all'asta volontarie definisce, all'articolo 6, l'organizzatore di vendite all'asta come "colui che organizza la vendita all'asta, nel rispetto delle condizioni fissate dalla presente legge speciale, che lo autorizza ad esercitare l'attività di cui trattasi" e, all'articolo 7, paragrafo 1, il richiedente la vendita all'asta, come il proprietario dell'oggetto della vendita, il creditore garantito o qualsiasi altro soggetto autorizzato a proporre l'esecuzione dell'asta ai sensi di una legge speciale.
16 Per quanto riguarda, in particolare, il creditore garantito, l'articolo 7, paragrafo 2, della medesima legge stabilisce che egli è tenuto a dichiarare per iscritto, non solo che l'oggetto della vendita può essere venduto all'asta, ma altresì l'esistenza, l'entità e la scadenza del credito per il quale viene richiesta l'esecuzione sul bene costituente la garanzia in applicazione di tale legge.
17 Ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, di tale legge, una vendita all'asta può essere effettuata esclusivamente in base ad un contratto stipulato tra la persona che ha proposto la vendita e l'aggiudicatore.
18 In forza dell'articolo 17 della legge relativa alle vendite all'asta volontarie, l'aggiudicatore è tenuto a dare comunicazione della vendita all'asta tramite un avviso. Se l'oggetto della vendita è un appartamento, una casa, un altro immobile, un'impresa o uno dei suoi comparti, o se l'offerta più bassa è superiore a EUR 16 550, l'aggiudicatore pubblica l'avviso nel registro delle vendite pubbliche almeno 30 giorni prima della data di inizio della vendita all'asta, e trasmette altresì, senza ritardo ingiustificato, l'avviso di vendita all'asta al ministero ai fini della pubblicazione nel Bollettino ufficiale del commercio. L'avviso di vendita all'asta è altresì trasmesso alla persona che ha proposto la vendita all'asta, al debitore del creditore garantito, al proprietario del bene messo in vendita all'asta, se quest'ultimo non è il debitore.
19 Nell'ipotesi in cui l'oggetto della vendita all'asta sia un appartamento, una casa, un altro immobile, l'articolo 20, paragrafo 13, di tale legge dispone che lo svolgimento di tale vendita debba essere registrato in un atto notarile, in cui il notaio segnala altresì l'obbligo che incombe al proprietario precedente in conformità dell'articolo 29, paragrafo 2, prima frase, di tale legge.
20 L'articolo 21, paragrafo 2, della medesima legge prevede che, in caso di violazione delle disposizioni di essa, il soggetto che si considera danneggiato può chiedere al giudice di dichiarare la nullità della vendita all'asta. Il diritto di adire il giudice con una domanda di annullamento si estingue tuttavia se non viene esercitato entro i tre mesi seguenti all'aggiudicazione, a meno che i motivi dell'annullamento siano collegati alla commissione di un reato e la vendita riguardi una casa o un appartamento in cui il proprietario precedente era ufficialmente domiciliato.
21 L'articolo 21, paragrafo 4, della legge summenzionata precisa che le parti nel procedimento diretto all'annullamento di una vendita all'asta in forza del paragrafo 2 di tale articolo sono la persona che ha proposto la vendita, l'aggiudicatore, l'aggiudicatario, il proprietario precedente e il soggetto che allega la violazione dei suoi diritti in conformità del medesimo paragrafo 2.
22 In caso di mancata aggiudicazione o se il giudice dichiara la vendita nulla, l'articolo 21, paragrafo5, di tale legge prevede che l'aggiudicazione sia considerata senza effetto a partire dal giorno in cui è stata proclamata.
23 In caso di vendita all'asta di un bene ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 13, della legge relativa alle vendite all'asta volontarie, l'articolo 29, paragrafo 2, di essa dispone, anzitutto, che il proprietario precedente è tenuto, senza ritardo ingiustificato, a consegnare l'oggetto della vendita all'asta, su presentazione della copia
certificata conforme dell'atto notarile e della prova dell'identità dell'aggiudicatario secondo le condizioni menzionate nell'annuncio di vendita pubblica. Inoltre, l'aggiudicatore è tenuto a stilare in loco un verbale di consegna del bene venduto. Infine, tale verbale comporta, in particolare, una descrizione dettagliata dello stato del bene e delle circostanze in cui sono stati trasferiti i diritti e gli obblighi collegati all'oggetto della vendita e, eventualmente, ai suoi accessori.
24 L'articolo 32, paragrafo 1, di detta legge prevede che, salvo disposizioni contrarie, i benefici della vendita all'asta, previo rimborso delle spese, soddisfacimento del creditore garantito e pagamento della somma risultante dall'asta, sono versati senza ritardo ingiustificato dall'aggiudicatore al proprietario precedente.
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
25 Il 26 febbraio 2009, la xxx.xx Xxxxxxxxx concludeva con la SMART Capital un contratto di credito al consumo per l'importo di EUR 10 000. A garanzia del credito veniva costituito un diritto reale di garanza su un bene immobile, la casa di famiglia in cui la ricorrente risiede.
26 La sig.ra Kusionová presentava dinanzi all'Okresný súd Humenné (tribunale distrettuale diHumenné) un ricorso di annullamento del contratto di credito e del contratto costitutivo della garanzia, diretto contro la SMART Capital, facendo valere il carattere abusivo delle clausole contrattuali stipulate con tale impresa. Il giudice di primo grado annullava in parte il contratto di credito, dichiarando che talune clausole contrattuali erano abusive. Il contratto costitutivo della garanzia veniva invece integralmente annullato. Le due parti hanno interposto appello contro tale sentenza dinanzi al Krajský súd v Presove (corte regionale di Presov).
27 Il giudice del rinvio si adopera per accertare se una delle clausole del contratto costitutivo della garanzia, cioè quella relativa all'esecuzione stragiudiziale sul bene immobile che costituisce la garanzia fornita dal consumatore, presenti carattere abusivo e rammenta che tale clausola permette al creditore l'esecuzione sul bene oggetto della garanzia senza alcun controllo giudiziale.
28 Nel contesto di tale valutazione il giudice del rinvio ha tuttavia rilevato una difficoltà supplementare costituita dal fatto che la clausola di cui trattasi discende da una disposizione normativa, cioè l'articolo 151j del codice civile.
29 Poiché le clausole contrattuali su cui il giudice del rinvio deve effettuare la verifica possono essere considerate abusive ai sensi della direttiva 93/13 e una di esse è di origine normativa, tale giudice ritiene che la soluzione del procedimento principale dipenda dall'interpretazione del diritto dell'Unione.
30 È in tale contesto che il Krajský súd v Presove ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
"1) Se la (direttiva 93/13) e la direttiva (2005/29), alla luce dell'articolo 38 della (Carta) debbano essere interpretate nel senso che è a loro contraria la disposizione normativa di uno Stato membro, quale l'articolo 151j, paragrafo 1, del codice civile, in combinato disposto con le ulteriori disposizioni della normativa pertinente nel procedimento principale, che consente al creditore, senza valutazione della clausole contrattuali da parte di un giudice, di esigere la prestazione derivante da clausole contrattuali abusive procedendo all'esecuzione sul bene immobile dato in garanzia di proprietà del consumatore, malgrado tra le parti esista un contrasto in ordine alla questione se si tratti di clausole contrattuali abusive.
2) Se le disposizioni normative dell'Unione europea (indicate nella prima questione) ostino ad una norma di diritto interno, come l'articolo 151j, paragrafo 1, del codice civile, in combinato disposto con le ulteriori disposizioni della normativa pertinente nel procedimento principale, che consentono al creditore di esigere la prestazione derivante da clausole contrattuali abusive procedendo all'esecuzione sul bene immobile dato in garanzia di proprietà del consumatore, senza valutazione delle clausole contrattuali da parte di un giudice, malgrado tra le parti esista un contrasto in ordine alla questione se si tratti di clausole contrattuali abusive.
3) Se la sentenza della Corte (Simmenthal, EU:C:1978:49) debba intendersi nel senso che, nell'interesse del conseguimento dello scopo delle direttive menzionate nella prima questione, alla luce dell'articolo 38 della (Carta), il giudice nazionale disapplicherà le disposizioni di diritto interno, quale l'articolo 151j, paragrafo 1, del codice civile, in combinato disposto con le ulteriori disposizioni della normativa pertinente nel procedimento principale, che consentono al creditore di esigere una prestazione derivante da clausole contrattuali arbitrarie procedendo all'esecuzione sul bene immobile dato in garanzia di proprietà del consumatore, senza valutazione delle clausole contrattuali da parte di un giudice, evitando così, malgrado tra le parti esista un contrasto, il controllo giudiziale d'ufficio delle clausole contrattuali.
4) Se l'articolo 4 della (direttiva 93/13), debba essere interpretato nel senso che una clausola contrattuale, inserita in un contratto concluso con un consumatore - da questi stipulato senza l'assistenza di un avvocato - che consente al creditore di procedere all'esecuzione stragiudiziale sul bene dato in garanzia senza controllo di un giudice, è elusiva del principio fondamentale del diritto dell'Unione relativo al controllo giudiziale d'ufficio delle clausole contrattuali ed è pertanto abusiva anche in un contesto in cui la formulazione di siffatta clausola contrattuale proviene da una norma di diritto interno".
Gli sviluppi intervenuti successivamente alla presentazione della domanda di pronuncia pregiudiziale
31 Nel corso dell'udienza svoltasi il 5 giugno 2014, il governo slovacco ha informato la Corte del fatto che, a causa dell'adozione della legge n. 106/2014 Z.z., del 1° aprile 2014, applicabile a tutti i contratti in corso di esecuzione a partire dal 1° giugno 2014, le norme procedurali riguardanti l'esecuzione sul bene dato in garanzia sono state modificate.
32 In particolare, l'articolo V, paragrafo 7, di tale legge avrebbe integrato l'articolo 21, paragrafo 2,della legge relativa alle vendite all'asta volontarie, cosicché tale disposizione avrebbe ormai la seguente formulazione:
"In caso di contestazione della validità del contratto costitutivo della garanzia o di violazione delle disposizioni della presente legge, il soggetto che allega una lesione dei suoi diritti derivante da tale violazione può chiedere al giudice di dichiarare la nullità della vendita (.)".
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali
33 Il governo tedesco considera, in via principale, che le due prime questioni poste dal giudice del rinvio sono irricevibili.
34 Il giudice del rinvio non fornirebbe anzitutto né gli elementi di fatto né quelli di diritto necessari affinché la Corte possa rispondere in modo utile a tali questioni. Da un lato, la possibile esecuzione sul bene dato in garanzia senza controllo giudiziale non costituirebbe una prassi commerciale sleale. Dall'altro, il giudice del rinvio non si riferirebbe concretamente ad alcuna disposizione della direttiva 2005/29.
35 Inoltre, si tratterebbe di questioni teoriche per cui la Corte non avrebbe competenza a rispondere. Infatti, dal momento che il bene dato in garanzia non è stato ancora attaccato dalla SMART Capital, la situazione descritta dal giudice del rinvio non esisterebbe.
36 Infine, il procedimento principale riguarderebbe la nullità del contratto di prestito e del contratto costitutivo della garanzia. Xxxxxx, il giudice del rinvio vorrebbe piuttosto ottenere, attraverso le sue prime due questioni, una valutazione della conformità delle disposizioni procedurali nazionali alla direttiva 93/13. Poiché quest'ultima ha lo scopo di riavvicinare le legislazioni degli Stati membri relative alle clausole abusive, essa riguarderebbe quindi solo le clausole stipulate nei contratti e non le condizioni richieste dal diritto nazionale per l'esecuzione sul bene oggetto di tale garanzia.
37 Pur ammettendo che la domanda di pronuncia pregiudiziale comporta talune lacune, il governo slovacco ritiene tuttavia che le due prime questioni poste dal giudice del rinvio siano ricevibili. Dal canto suo, la Commissione europea ha affermato nel corso dell'udienza che le condizioni di irricevibilità definite dalla Corte nell'ordinanza SKP (C-433/11, EU:C:2012:702) non ricorrono nella presente causa e che, di conseguenza, considera ricevibili le due questioni succitate.
38 Al riguardo, è sufficiente ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, le questioni relative all'interpretazione del diritto dell'Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l'esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto comunitario non ha alcuna relazione con la realtà o con l'oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza Xxxxxxxxxx', C-470/12, EU:C:2014:101, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).
39 In primo luogo, occorre rilevare che la prima questione pregiudiziale riguarda in effetti, oltre alla direttiva 93/13, la direttiva 2005/29. Tuttavia, come ha giustamente rilevato il governo tedesco, il giudice del rinvio si limita a citare quest'ultima direttiva, senza precisare la ragione per cui la sua interpretazione è necessaria alla soluzione della controversia di cui al procedimento principale. Inoltre, tale giudice non precisa neppure per quale motivo il procedimento di esecuzione sul bene dato in garanzia, contestato dalla ricorrente nel procedimento principale, potrebbe costituire una prassi commerciale sleale.
40 Inoltre, quanto all'oggetto della presente domanda di pronuncia pregiudiziale, essa riguarda la portata degli articoli 1, paragrafo 2, 3, paragrafo 1, 4, 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, disposizioni in forza delle quali il legislatore dell'Unione ha previsto, rispettivamente, un'eccezione all'ambito di applicazione di tale direttiva, definito ciò che costituisce una clausola abusiva, enunciato la regola secondo cui una clausola abusiva non vincola i consumatori e precisato che gli Stati membri garantiscono la predisposizione di mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l'inserzione di clausole abusive.
41 Di conseguenza, si risponderà alle questioni poste dal giudice del rinvio con riferimento alle sole disposizioni della direttiva 93/13.
42 In secondo luogo, la circostanza che il bene costituente la garanzia non sia ancora stato completamente attaccato con un procedimento di esecuzione non significa che tali questioni abbiano un carattere ipotetico. Da un lato, il giudice del rinvio sottolinea che la SMART capital ha effettivamente agito, nei confronti del consumatore, per procedere alla vendita del bene immobile che costituisce la garanzia. Dall'altro lato, anche qualora l'esecuzione sul bene dato in garanzia non fosse giunta a termine, le questioni poste consistono non tanto nello stabilire se la vendita sia stata completata quanto nel determinare se il creditore possa de iure procedere ad una vendita siffatta e se il debitore disponga di mezzi giurisdizionali per contestarne il compimento.
43 In tal senso, le questioni pregiudiziali non sono di natura ipotetica e l'interpretazione richiesta delle disposizioni della direttiva 93/13 risulta necessaria alla soluzione della controversia di cui al procedimento principale.
44 Alla luce di quanto precede, occorre quindi dichiarare ricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale.
Nel merito
Sulla prima, seconda e terza questione
45 Occorre precisare che, se la prima questione menziona esclusivamente l'articolo 38 della Carta, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale si riferisce, in sostanza, e cita, in particolare, tra gli elementi pertinenti del diritto dell'Unione, l'articolo 47 della Carta. Dal momento che le prime tre questioni poste dal giudice del rinvio sono dirette a stabilire il livello di protezione di cui beneficiano i consumatori nonché i rimedi giurisdizionali di cui essi dispongono, è necessario integrare tale articolo tra gli strumenti del diritto dell'Unione di cui il giudice del rinvio chiede un'interpretazione alla Corte.
46 Con le sue prime tre questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, alla luce degli articoli 38 e 47 della Carta, le disposizioni della direttiva 93/13 debbano essere interpretate nel senso che ostano ad una normativa nazionale, come quella in esame nel procedimento principale, che consente il recupero di un credito fondato su clausole contrattuali eventualmente abusive, attraverso l'esecuzione stragiudiziale sul bene immobile che costituisce la garanzia data dal consumatore. In caso di risposta affermativa, tale giudice intende stabilire se, in conformità della giurisprudenza espressa nella sentenza Simmenthal
(EU:C:1978:49), tali disposizioni di diritto interno debbano essere disapplicate.
47 Da un lato, occorre rammentare che l'articolo 38 della Carta dispone che nelle politiche dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori. L'articolo 47 della Carta riguarda il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva. Tali precetti valgono per l'attuazione della direttiva 93/13 (v., in tal senso, sentenza Pohotovost', EU:C:2014:101, punto 52).
48 D'altra parte, la Corte ha già dichiarato nella sua giurisprudenza che il sistema di tutela posto in atto dalla direttiva 93/13 è fondato sull'idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista, per quanto riguarda sia il potere nelle trattative sia il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse (sentenze Xxxxxxxxxx', EU:C:2014:101, punto 39, e giurisprudenza ivi citata; Xxxxxx x Xxxxxxxx Xxxxx, X- 00/00, EU:C:2014:282, punto 39 e giurisprudenza ivi citata, nonché Xxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxx, C- 169/14, EU:C:2014:2099, punto 22).
49 Per quanto riguarda la realizzazione delle garanzie che accompagnano i contratti di prestito conclusi dai consumatori, occorre dichiarare che la direttiva 93/13 non contiene alcuna indicazione relativa all'esecuzione sui beni oggetto di garanzia.
50 Tuttavia, risulta da costante giurisprudenza che, in mancanza di armonizzazione dei meccanismi nazionali di esecuzione forzata nel diritto dell'Unione, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire tali norme, in virtù del principio dell'autonomia procedurale, a condizione però che esse non siano meno favorevoli delle norme che disciplinano situazioni simili sottoposte al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano praticamente impossibile o eccessivamente arduo l'esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell'Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenze Xxxx, C-415/11, EU:C:2013:164, punto 50 e la giurisprudenza ivi citata, nonché Pohotovost', EU:C:2014:101, punto 46).
51 Per quanto riguarda il principio di equivalenza, si deve rilevare che la Corte non dispone di alcun elemento tale da far dubitare della conformità a quest'ultimo della normativa di cui trattasi nel procedimento principale.
52 In merito al principio di effettività, si deve rammentare che, per giurisprudenza costante della Corte, ciascun caso in cui si pone la questione se una disposizione processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l'applicazione del diritto dell'Unione dev'essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta disposizione nell'insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali (sentenza Xxxxxxxxxx xx Xxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxx xx Xxxxxxxx x Xxxx, X-000/00, EU:C:2013:800, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).
53 Inoltre, le caratteristiche specifiche dei procedimenti giurisdizionali che si svolgono nel contesto del diritto nazionale tra i professionisti ed i consumatori non possono costituire un elemento atto a pregiudicare la tutela giuridica di cui devono godere questi ultimi in forza delle disposizioni della direttiva 93/13 (v., in tal senso, sentenze Banco Español de Crédito, C-618/10, EU:C:2012:349, punto 55 e giurisprudenza ivi citata, nonché Aziz, EU:C:2013:164, punto 62).
54 È necessario quindi stabilire, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, in quale misura sarebbe praticamente impossibile o eccessivamente arduo applicare la tutela conferita dalla direttiva succitata.
55 Nella fattispecie, risulta dal fascicolo che l'articolo 151 m, paragrafo 1, del codice civile, letto in combinato disposto con l'articolo 17, paragrafo 3, della legge relativa alle vendite all'asta volontarie, prevede, da un lato, che una vendita all'asta possa essere contestata entro il termine di 30 giorni dalla notifica dell'esecuzione sul bene dato in garanzia e, dall'altro, che il soggetto che contesta le modalità di tale vendita dispone, ai sensi dell'articolo 21, paragrafo 2, della stessa legge, di un termine di 3 mesi, decorrenti dall'aggiudicazione, per agire.
56 Orbene, se la direttiva 93/13 impone, nelle controversie che coinvolgono un consumatore e un professionista, un intervento positivo, esterno al rapporto contrattuale, del giudice nazionale investito di tali controversie (sentenze Asbeek Brusse e de Man Garabito, C-488/11, EU:C:2013:341, punto 39 e giurisprudenza ivi citata, nonché Pohotovost', EU:C:2014:101, punto 40 e giurisprudenza ivi citata), il rispetto del principio dell'effettività non può giungere al punto di supplire integralmente alla completa passività del consumatore interessato (v., in tal senso, sentenza Asturcom Telecomunicaciones, C-40/08, EU:C:2009:615, punto 47).
57 Fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio deve effettuare, la combinazione dei termini previsti dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, come esposti al punto 55 della presente sentenza, non è paragonabile né al termine di 20 giorni oggetto della causa decisa con la sentenza Banco Español de Crédito (EU:C:2012:349) né alle circostanze della causa decisa con la sentenza Xxxx (EU:C:2013:164, punti da 57 a 59), in cui il ricorso del consumatore contro tali provvedimenti era destinato a fallire.
58 D'altra parte, al fine di preservare i diritti attribuiti ai consumatori dalla direttiva 93/13, gli Stati membri sono tenuti, in particolare, in forza dell'articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva, ad adottare meccanismi di tutela tali da far cessare l'utilizzazione delle clausole qualificate come abusive. Ciò è del resto confermato dal ventiquattresimo considerando di tale direttiva che precisa che le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi devono disporre di mezzi adeguati ed efficaci rispetto a tale obiettivo.
59 In particolare, in base alla giurisprudenza costante della Corte relativa al principio di leale cooperazione, ora sancito dall'articolo 4, paragrafo 3, TUE, pur conservando la scelta delle sanzioni applicabili alle violazioni del diritto dell'Unione, gli Stati membri devono vegliare a che esse abbiano un carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo (v., in tal senso, sentenza LCL Le Crédit Lyonnais, C-565/12, EU:C:2014:190, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).
60 Per quanto riguarda il carattere effettivo e dissuasivo, da un lato, le osservazioni scritte presentate alla Corte dal governo slovacco precisano che, nel corso di tale procedimento di esecuzione stragiudiziale su un bene dato in garanzia, il giudice nazionale competente potrebbe, in forza degli articoli 74, paragrafo 1, e 76, paragrafo 1, del codice di procedura civile, adottare qualsiasi provvedimento provvisorio che vieti la prosecuzione dell'esecuzione di tale vendita.
61 D'altro lato, come è stato ricordato ai punti 31 e 32 della presente sentenza, pare che la legge n.106/2014, del 1° aprile 2014, entrata in vigore il 1° giugno 2014 e applicabile a tutti i contratti costitutivi di una garanzia in corso di esecuzione a tale data, abbia modificato le norme procedurali applicabili ad una
xxxxxxxx come quella di cui trattasi nella causa principale. In particolare, l'articolo 21, paragrafo 2, della legge relativa alle vendite all'asta volontarie, nel testo in vigore, permetterebbe al giudice, in caso di contestazione della validità della clausola di garanzia, di dichiarare la nullità della vendita, il che, retrospettivamente, porrebbe il consumatore in una situazione quasi analoga alla sua situazione iniziale e non limiterebbe quindi il risarcimento del danno che quest'ultimo ha subito, in caso di illiceità della vendita, alla mera compensazione finanziaria.
62 Per quanto riguarda il carattere proporzionale della sanzione, occorre prestare particolare attenzione alla circostanza che il bene oggetto del procedimento di esecuzione stragiudiziale sulla garanzia di cui al procedimento principale è il bene immobile che costituisce l'abitazione della famiglia del consumatore.
63 Infatti, la perdita dell'abitazione familiare non è solamente idonea a violare gravemente il diritto dei consumatori (sentenza Xxxx, EU:C:2013:164, punto 61), ma pone i familiari del consumatore interessato in una situazione particolarmente delicata (v., in tal senso ordinanza del presidente della Corte Xxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxx, EU:C:2014:1388, punto 11).
64 A tale proposito, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha considerato, da un lato, che la perdita dell'abitazione costituisce una delle più gravi violazioni al diritto al rispetto del domicilio e, dall'altro, che qualsiasi persona che rischi di esserne vittima deve, in linea di principio, poter far esaminare la proporzionalità di tale misura (v. sentenze Corte EDU, XxXxxx c. Regno Unito, n. 19009/04, § 50, CEDU 2998, e Rousk x. Xxxxxx, n. 27183/04, § 137).
65 Nel diritto dell'Unione, il diritto all'abitazione è un diritto fondamentale garantito dall'articolo 7 della Carta, che il giudice del rinvio deve prendere in considerazione nell'attuazione della direttiva 93/13.
66 Per quanto riguarda in particolare le conseguenze che comporta l'espulsione del consumatore e della famiglia dall'abitazione che costituisce la loro residenza principale, la Corte ha già sottolineato l'importanza, per il giudice competente, di emanare provvedimenti provvisori atti a sospendere un procedimento illegittimo di esecuzione ipotecaria o a bloccarlo, allorché la concessione di tali provvedimenti risulta necessaria per garantire l'effettività della tutela voluta dalla direttiva 93/13 (v., in tal senso, sentenza Xxxx, EU:C:2013:164, punto 59).
67 Nella fattispecie, la possibilità per il giudice nazionale competente di adottare un qualsiasi provvedimento provvisorio, come quello descritto al punto 60 della presente sentenza, sembra costituire uno strumento adeguato ed efficace per far cessare l'applicazione di clausole abusive, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio.
68 Dalle considerazioni svolte risulta che le disposizioni della direttiva 93/13 devono essere interpretate nel senso che non ostano ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che consente il recupero di un credito fondato su clausole contrattuali eventualmente abusive, attraverso la realizzazione stragiudiziale di un diritto reale di garanzia costituito sul bene immobile dato in garanzia dal consumatore, qualora tale normativa non renda praticamente impossibile o eccessivamente arduo l'esercizio dei diritti che tale direttiva conferisce al consumatore, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio.
69 In considerazione della risposta fornita alla prima parte delle prime tre questioni, non occorre rispondere alla seconda parte di esse, relativa all'incidenza della giurisprudenza enunciata nella sentenza Simmenthal (EU:C:1978:49) su una normativa nazionale che consente la realizzazione stragiudiziale di una garanzia.
Sulla quarta questione
70 Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 4 della direttiva93/13 debba essere interpretato nel senso che osta ad una clausola contrattale, inserita in un contratto concluso da un
professionista con un consumatore, anche qualora il contenuto di siffatta clausola contrattuale provenga da una norma di diritto interno.
71 A tale riguardo, occorre ricordare che la circostanza che, formalmente, il giudice nazionale abbia formulato la questione pregiudiziale facendo riferimento a talune disposizioni del diritto dell'Unione non osta a che la Corte fornisca a detto giudice tutti gli elementi di interpretazione che possono essere utili per la soluzione della causa di cui è investito, indipendentemente dal fatto che esso vi abbia fatto o meno riferimento nella formulazione delle sue questioni. A tal proposito, la Corte è tenuta a trarre dall'insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio gli elementi di diritto comunitario che richiedano un'interpretazione tenuto conto dell'oggetto della controversia (sentenza Vicoplus e a., da C-307/09 a C-309/09, EU:C:2011:64, punto 22 e la giurisprudenza ivi citata).
72 Inoltre, laddove il giudice del rinvio si riferisce ampiamente all'esclusione dall'ambito di applicazione della direttiva 93/13 della clausole contrattuali che riflettono disposizioni legislative di diritto interno, occorre considerare che, anche se nella domanda di pronuncia pregiudiziale non si fa riferimento all'articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, tale disposizione è implicitamente, ma necessariamente, presupposta dalla quarta questione pregiudiziale. Di conseguenza, si deve ritenere che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale riguardi l'articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva.
73 Infine, secondo costante giurisprudenza la Corte, nell'ambito dell'esercizio della competenza di interpretazione del diritto dell'Unione ad essa conferita dall'articolo 267 TFUE, può interpretare i criteri generali utilizzati dal legislatore dell'Unione per definire la nozione di clausola abusiva (v., in tal senso, sentenza Pohotovost', C-76/10, EU:C:2010:685, punto 60 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, spetta al giudice del rinvio pronunciarsi, in base ai criteri sopra citati, sulla qualificazione concreta di una specifica clausola contrattuale in funzione delle circostanze proprie del caso di specie. Ne risulta che la Corte deve limitarsi a fornire al giudice del rinvio indicazioni che quest'ultimo dovrà prendere in considerazione al fine di valutare il carattere abusivo della clausola di cui trattasi (sentenze Xxxx, EU:C:2013:164, punto 66 e giurisprudenza ivi citata; Xxxxxx e Káslerné Rábai, EU:C:2014:282, punto 45, nonché ordinanza Xxxxxxxxx, C- 342/13, EU:C:2014:1857, punto 25).
74 Se l'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 93/13 definisce l'ambito di applicazione di essa, il paragrafo 2 del medesimo articolo prevede un'esclusione per le clausole che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative.
75 A tale proposito, il governo slovacco e tedesco suggeriscono alla Corte di rispondere che le clausole contrattuali di cui trattasi nel procedimento principale, cioè la vendita all'asta volontaria, rientrano in tale esclusione. Al contrario, la Commissione ritiene che l'effetto utile delle disposizioni della direttiva 93/13 sarebbe compromesso se un'ipotesi come quella di cui al procedimento principale rientrasse in siffatta esclusione.
76 La Corte ha già avuto modo di ricordare che l'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 istituisce un'esclusione dall'ambito di applicazione di essa che riguarda le clausole che richiamano disposizioni legislative o regolamentari imperative (v., in tal senso, sentenza RWE Vertrieb, C-92/11, EU:C:2013:180, punto 25).
77 Come qualsiasi eccezione, occorre rammentare, alla luce dell'obiettivo di tale direttiva, cioè la protezione dei consumatori dalle clausole abusive inserite nei contratti conclusi da questi ultimi con professionisti, che essa deve essere interpretata restrittivamente.
78 All'occorrenza, dalla sentenza RWE Vertrieb (EU:C:2013:180) risulta che tale esclusione presuppone che ricorrano due condizioni. Da un lato, la clausola contrattuale deve richiamare una disposizione legislativa o regolamentare e, dall'altro, tale disposizione deve essere imperativa.
79 A tale riguardo, occorre rilevare che, per stabilire se tale clausola contrattuale è esclusa dall'ambito di applicazione della direttiva 93/13, spetta al giudice nazionale verificare se essa riproduce le disposizioni del diritto nazionale applicabili tra i contraenti indipendentemente da una loro scelta, o quelle che sono di natura suppletiva, ossia applicabili allorché non è stato convenuto alcun altro accordo tra i contraenti al riguardo (v., in tal senso, sentenza RWE Vertrieb, EU:C:2013:180, punto 26).
80 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione che l'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che una clausola contrattuale, inserita in un contratto concluso da un professionista con un consumatore, è esclusa dall'ambito di applicazione di tale direttiva solamente se detta clausola contrattuale richiama il contenuto di una disposizione legislativa o regolamentare imperativa, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio.
Sull'effetto della presente sentenza nel tempo
81 Nell'ipotesi in cui la Corte giungesse a concludere che le disposizioni della direttiva 93/13 devono essere interpretate nel senso che l'esecuzione stragiudiziale su una garanzia, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, deve essere obbligatoriamente preceduta da un controllo giudiziario, il governo slovacco chiede alla Corte di limitare nel tempo gli effetti di tale sentenza.
82 In considerazione della risposta fornita alle prime tre questioni, non occorre rispondere a tale richiesta del governo slovacco.
Sulle spese
83 Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
1) Le disposizioni della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretate nel senso che non ostano ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che consente il recupero di un credito, fondato su clausole contrattuali eventualmente abusive, attraverso la realizzazione stragiudiziale di una garanzia costituita sul bene immobile dato in garanzia dal consumatore, qualora tale normativa non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile la salvaguardia dei diritti che tale direttiva conferisce al consumatore, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio.
2) L'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che una clausola contrattuale, inserita in un contratto concluso da un professionista con un consumatore, è esclusa dall'ambito di applicazione di tale direttiva solamente se detta clausola contrattuale richiama il contenuto di una disposizione legislativa o regolamentare imperativa, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio.
Xxxxx xx Xxxxxxxxx Xxxxxxx, 00 feb 2014 Direttiva 93/13/XXX - Xxxxxxxx abusive nei contratti stipulati con i consumatori - Articolo 4, paragrafo 2, e articolo 6, paragrafo 1 - Clausole sottratte alla valutazione relativa al loro carattere abusivo
Corte di Giustizia Europea 12 febbraio 2014 (1)
Direttiva 93/13/CEE - Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori - Articolo 4, paragrafo 2, e articolo 6, paragrafo 1 - Clausole sottratte alla valutazione relativa al loro carattere abusivo - Clausole contrattuali vertenti sulla definizione dell'oggetto principale del contratto o sulla perequazione del prezzo redatte in modo chiaro e comprensibile - Contratti di credito espressi in valuta estera - Differenziale tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita della valuta estera - Poteri del giudice nazionale in presenza di una clausola qualificata come abusiva
Secondo l'avvocato generale X. Xxxx, le clausole che prevedono, per l'erogazione di un prestito in valuta estera, un tasso di cambio diverso da quello applicabile al rimborso, non sfuggono necessariamente all'esame del loro carattere abusivo.
Tali clausole possono, in linea di massima, essere considerate parte dell'oggetto principale di un contratto di prestito espresso in valuta estera, ma spetta al giudice nazionale stabilire se i consumatori siano stati in grado di comprendere che si sono esposti ad un onere supplementare dovuto alla differenza tra i due tassi di cambio.
La direttiva sulle clausole abusive nei contratti1 prevede che i consumatori non sono vincolati dalle clausole abusive presenti in un contratto stipulato con un professionista. Tuttavia, per le clausole che definiscono l'oggetto principale del contratto nonché la congruità tra il prezzo o la remunerazione e i servizi o i beni da fornire in cambio, la direttiva dispone che non è possibile esaminarne il carattere abusivo qualora esse siano formulate in modo chiaro e comprensibile.
Il 29 maggio 2008, i coniugi sig. Xxxxxx e la sig.ra Káslerné Rábai hanno stipulato con una banca ungherese un contratto di mutuo ipotecario in valuta estera. La banca ha accordato ai mutuatari un prestito pari a 14 400 000 fiorini ungheresi (HUF) (circa 46 469 EUR), il cui equivalente in franchi svizzeri (CHF) è stato fissato in 94 240,84 CHF. Ai sensi del contratto, i coniugi Xxxxxx hanno preso atto del fatto che, oltre all'importo del prestito, anche gli interessi ad esso relativi, le spese di gestione nonché l'importo degli interessi moratori e delle altre spese sarebbero stati fissati in CHF.
Il contratto prevedeva anche che la fissazione dell'importo del prestito in CHF sarebbe stata fatta secondo il tasso di cambio applicato dalla banca all'acquisto di tale valuta il giorno dell'erogazione dei fondi. Tuttavia, l'importo in HUF di ciascuna mensilità da rimborsare avrebbe dovuto essere determinato sulla base del tasso di cambio applicato dalla banca alla vendita di CHF il giorno precedente la data di esigibilità.
I coniugi Xxxxxx hanno contestato dinanzi ai giudici ungheresi la clausola che consentiva alla banca di calcolare le mensilità sulla base del tasso di cambio alla vendita di CHF. Essi hanno fatto valere il carattere abusivo di tale clausola, in quanto essa prevede, ai fini del rimborso del prestito, l'applicazione di un tasso di cambio diverso da quello utilizzato al momento dell'erogazione del prestito.
La Kúria (Corte suprema di Ungheria), investita della controversia in sede d'impugnazione, chiede alla Corte di giustizia se la clausola che determina i tassi di cambio applicabili ad un contratto di prestito espresso in valuta estera faccia riferimento al suo oggetto principale o al rapporto qualità/prezzo della prestazione. Eventualmente, essa chiede in quale caso una clausola siffatta debba essere considerata redatta in modo chiaro e comprensibile, di modo che il suo carattere abusivo non possa essere esaminato sulla base della direttiva. Il giudice ungherese chiede anche se, qualora il contratto non possa sussistere dopo la soppressione di una clausola abusiva, il giudice nazionale possa modificarlo o integrarlo.
Nelle sue conclusioni, l'avvocato generale Xxxx precisa, in primo luogo, che per stabilire che cosa costituisca l'oggetto principale di un contratto occorre determinare, in ciascun caso di specie, quale/i prestazione/i possa(no) obiettivamente essere considerata/e essenziale/i nell'economia generale del contratto. Si deve quindi esaminare se le clausole in questione facciano intrinsecamente parte delle prestazioni che definiscono il contratto di modo che, in loro assenza, quest'ultimo perderebbe una delle sue caratteristiche fondamentali o addirittura non potrebbe più sussistere sulla base delle restanti clausole contrattuali.
L'avvocato generale Xxxx è quindi dell'avviso che, nel caso di un contratto specificamente espresso in valuta estera (come quello nel caso di specie), le clausole che determinano i tassi di cambio applicabili rientrino, come quelle relative all'erogazione del capitale ed al pagamento degli interessi, nell'oggetto principale del contratto. Esse costituiscono, infatti, uno degli elementi essenziali del meccanismo di prestito in valuta estera, dato che la loro assenza renderebbe impossibile l'esecuzione del contratto.
In secondo luogo, per quanto riguarda il problema di sapere se tali clausole siano state redatte in modo chiaro e comprensibile, l'avvocato generale considera che l'esame secondo tale criterio non dovrebbe essere limitato all'aspetto puramente redazionale delle clausole. Infatti, la chiarezza e la comprensibilità di una clausola contrattuale devono consentire al consumatore di disporre delle informazioni grazie alle quali sarà in grado di valutare i vantaggi e gli inconvenienti della conclusione del contratto ed i rischi in cui incorre per via dell'operazione. Pertanto, il consumatore deve cogliere non soltanto il contenuto di una clausola, ma altresì gli obblighi e i diritti a essa connessi.
Per quanto riguarda il contratto di mutuo in questione, l'avvocato generale Xxxx osserva che le clausole contrattuali relative ai tassi di cambio applicabili all'erogazione e all'ammortamento del prestito sembrano essere state enunciate con chiarezza. Tuttavia, egli considera che si possono nutrire dubbi quanto al fatto che il consumatore sia stato in grado di comprendere che si esponeva ad un onere supplementare dovuto alla differenza esistente tra il prezzo di vendita ed il prezzo di acquisto della valuta estera. A tale proposito, l'avvocato generale Xxxx ritiene che spetti alla Kúria rispondere a tale questione alla luce degli elementi obiettivi presentati in occasione della conclusione del contratto.
Infine, l'avvocato generale considera che, nell'ipotesi in cui, come nel caso di specie, la soppressione di una clausola abusiva renda ineseguibile il contratto, la direttiva ammette che il giudice nazionale sostituisca la clausola controversa con una disposizione di diritto nazionale a carattere suppletivo, qualora una simile sostituzione sia possibile in forza del diritto nazionale. Infatti, un approccio siffatto consente di realizzare l'obiettivo della direttiva, che consiste segnatamente nel ristabilire un equilibrio tra le parti pur conservando, nei limiti del possibile, la validità del contratto nel suo insieme.
Qualora una simile sostituzione non fosse consentita ed il giudice fosse obbligato ad annullare il contratto, il carattere dissuasivo della sanzione di nullità e l'obiettivo di protezione del consumatore rischierebbero di essere compromessi. L'annullamento avrebbe l'effetto di rendere esigibile l'integralità del saldo restante.
Xxxxxx, ciò equivarrebbe ad eccedere le capacità finanziarie del consumatore, così penalizzando quest'ultimo anziché il mutuante, il quale, in considerazione di tale conseguenza, potrebbe non essere spronato a evitare che siffatte clausole siano inserite nei suoi contratti.
CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE XXXX XXXX
Causa C‑00/00
Xxxxx Xxxxxx,
Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxx contro
OTP Jelzálogbank Zrt [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Kúria (Ungheria)]
1. La presente causa si inserisce nel contesto dell'offerta di contratti di crediti al consumo espressi in valute estere. Il ricorso a questo tipo di contratti - che costituisce una prassi relativamente corrente in taluni
Stati membri dell'Unione europea e che, prima facie, può essere ritenuto attraente dai prenditori per xxx xxx xxxxx xx xxxxxxxxx xxxxxxxxx a quello generalmente applicato - a seguito della crisi finanziaria internazionale della fine degli anni 2000, si è rivelato problematico per molti privati per via del forte deprezzamento di talune valute rispetto alla valuta estera considerata (in particolare il franco svizzero). Questi privati si sono trovati obbligati a rimborsare rate mensili, espresse in valuta nazionale, considerevolmente più elevate di quelle che avrebbero dovuto pagare se fossero state calcolate in base al tasso di cambio storico, applicabile al momento dell'erogazione del prestito. Le insoddisfazioni osservate sono state tali che, di riflesso, il settore bancario di taluni Stati membri ne è risultato notevolmente colpito (2).
2. Tuttavia, le questioni sollevate nella fattispecie dalla Kúria (Ungheria) non vertono direttamente sulla compatibilità di tale prassi (3) con il diritto dell'Unione o sulla questione se le disposizioni di contratti di credito al consumo, per il sol fatto che sono espresse in valute non nazionali, possano o debbano essere dichiarate abusive, ma sulla circostanza se, e in quale misura, le clausole contrattuali che determinano i tassi di cambio rispettivamente applicabili all'erogazione e al rimborso del prestito rientrino tra quelle che, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE (4), sono sottratte alla valutazione del loro carattere eventualmente abusivo in quanto, in primo luogo, si riferiscono all'oggetto principale e/o al rapporto qualità/prezzo dei servizi o dei beni forniti e, in secondo luogo, sono redatte in modo chiaro e comprensibile. Il giudice del rinvio interroga altresì la Corte sulle conseguenze che, all'occorrenza, in particolare ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il giudice nazionale deve trarre in presenza di clausole contrattuali che è condotto a qualificare come abusive.
3. Sebbene le questioni sollevate abbiano, in gran parte, carattere inedito, in quanto mirano a ottenere delle precisazioni sulla portata delle nozioni contemplate nella clausola detta di esclusione che compare all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, la risposta da fornire dovrà necessariamente iscriversi nel solco degli insegnamenti della giurisprudenza in materia di protezione dei consumatori. In tal senso, sono del parere che nella fattispecie occorra trovare un punto di equilibrio tra l'obiettivo di protezione dei consumatori perseguito dalla direttiva 93/13, da un lato, e, dall'altro, la possibilità, espressa dall'articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva, di preservare, in una certa misura, i principi di autonomia della volontà e di libertà contrattuale e, più essenzialmente, la necessità - tenuto conto della natura eminentemente casistica del sistema predisposto da tale direttiva - di lasciare al giudice nazionale il compito di stabilire se le clausole contrattuali delle quali deve conoscere rientrino tra quelle di cui può valutare il carattere abusivo.
I - Contesto normativo
A - Il diritto dell'Unione
4. I considerando 12 e 19 della direttiva 93/13 enunciano:
"considerando tuttavia che per le legislazioni nazionali nella loro forma attuale è concepibile solo un'armonizzazione parziale; che, in particolare, sono oggetto della (...) direttiva soltanto le clausole non negoziate individualmente; che pertanto occorre lasciare agli Stati membri la possibilità di garantire, nel rispetto del trattato [CEE], un più elevato livello di protezione per i consumatori mediante disposizioni nazionali più severe di quelle della (...) direttiva;
(.)
considerando che, ai fini della (...) direttiva, la valutazione del carattere abusivo non deve vertere su clausole che illustrano l'oggetto principale del contratto o il rapporto qualità/prezzo della fornitura o della prestazione; che, nella valutazione del carattere abusivo di altre clausole, si può comunque tener conto dell'oggetto principale del contratto e del rapporto qualità/prezzo (.)".
5. L'articolo 3 della direttiva in parola recita:
"1. Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.
(.)
3. L'allegato contiene un elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive".
6. L'articolo 4 della direttiva 93/13 così recita:
"1. Fatto salvo l'articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende.
2. La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell'oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall'altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile".
7. Ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, della stessa direttiva:
"Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive".
8. Il punto 1, lettere j) e l), dell'allegato della direttiva 93/13, relativo alle clausole contemplate all'articolo 3, paragrafo 3, della stessa, menziona le "[c]lausole che hanno per oggetto o per effetto di: (.) j) autorizzare il professionista a modificare unilateralmente le condizioni del contratto senza valido motivo specificato nel contratto stesso; (.) l) (.) permettere (.) al fornitore di servizi di aumentare [il loro] prezzo, senza che (.) il consumatore abbia il diritto corrispondente di recedere dal contratto se il prezzo finale è troppo elevato rispetto al prezzo concordato al momento della conclusione del contratto".
9. Il punto 2 di detto allegato prevede, sub lettera b), che "la lettera j) non si oppone a clausole con cui il fornitore di servizi finanziari si riserva il diritto di modificare senza preavviso, qualora vi sia un valido motivo, il tasso di interesse di un prestito o di un credito da lui concesso o l'importo di tutti gli altri oneri relativi a servizi finanziari, a condizione che sia fatto obbligo al professionista di informare l'altra o le altre parti contraenti con la massima rapidità e che queste ultime siano libere di recedere immediatamente dal contratto", e sub lettera d), che "la lettera l) non si oppone alle clausole di indicizzazione dei prezzi, se permesse dalla legge, a condizione che le modalità di variazione vi siano esplicitamente descritte".
B - Il diritto ungherese
10. L'articolo 209 del codice civile ungherese, nella sua versione applicabile alla data della conclusione del contratto di prestito in questione nella controversia di cui al procedimento principale, disponeva:
"1. Una clausola contrattuale generale, o una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale di un contratto stipulato con un consumatore, è abusiva se, in violazione dei requisiti di buona fede e di equità, determina, unilateralmente e senza giustificato motivo, i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto, in modo tale da svantaggiare la controparte di colui che impone la clausola contrattuale di cui trattasi.
2. In sede di accertamento del carattere abusivo di una clausola, occorre prendere in considerazione tutte le circostanze esistenti alla data della stipulazione del contratto e che hanno determinato la conclusione dello
stesso, nonché la natura della prestazione convenuta e la relazione della clausola in questione con altre clausole del contratto o con altri contratti.
(.)
4. Le disposizioni relative alle clausole contrattuali abusive non possono essere applicate alle clausole contrattuali che definiscono l'oggetto principale del contratto né a quelle che determinano l'equilibrio tra prestazione e controprestazione.
(.)".
11. A far data dal 22 maggio 2009, i paragrafi 4 e 5 dell'articolo 209 del codice civile ungherese sono stati modificati nel modo seguente:
"4. Una clausola contrattuale generale, o una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale di un contratto stipulato con un consumatore, è altresì abusiva per il sol fatto di non essere redatta in modo chiaro o comprensibile.
5. Le disposizioni relative alle clausole contrattuali abusive non possono essere applicate alle clausole contrattuali che definiscono l'oggetto principale del contratto né a quelle che determinano l'equilibrio tra prestazione e controprestazione, a condizione che dette clausole siano redatte in modo chiaro e comprensibile".
12. Ai sensi dell'articolo 237 dello stesso codice:
"1. In caso di contratto invalido, occorre ripristinare la situazione preesistente alla conclusione di detto contratto.
2. Se non è possibile ripristinare la situazione preesistente alla conclusione del contratto, il giudice può dichiarare il contratto applicabile fino alla sua pronuncia. Un contratto invalido può essere dichiarato valido se è possibile rimuovere la causa di invalidità, in particolare in caso di sproporzione tra le prestazioni delle parti in un contratto usurario mediante l'eliminazione del vantaggio sproporzionato. In questi casi, si deve ordinare, all'occorrenza, la restituzione della prestazione che resta dovuta in assenza di controprestazione".
13. L'articolo 239 del codice civile ungherese così recita:
"1. In caso di parziale invalidità di un contratto, il contratto è interamente viziato solo se non può essere eseguito in mancanza della parte invalida. Delle disposizioni di legge possono derogare alla presente disposizione.
2. In caso di parziale invalidità di un contratto stipulato con un consumatore, il contratto è interamente viziato solo se non può essere eseguito in mancanza della parte invalida".
14. Ai sensi dell'articolo 239/A, paragrafo 1, del codice in parola:
"La parte può chiedere al giudice di accertare l'invalidità del contratto o di talune clausole del contratto (invalidità parziale), anche qualora non chieda altresì l'applicazione delle conseguenze connesse a tale invalidità".
II - La controversia di cui al procedimento principale, le questioni pregiudiziali e il procedimento dinanzi alla Corte
15. Il 29 maggio 2008, il sig. Xxxxxx e la sig.ra Káslerné Rábai (in prosieguo: i "ricorrenti nel procedimento principale") hanno concluso con OTP Jelzálogbank Zrt (in prosieguo: la "convenuta nel procedimento principale") un contratto denominato "prestito ipotecario espresso in valuta estera garantito mediante ipoteca".
16. In conformità al punto I/1 del contratto, la parte convenuta nel procedimento principale accordava ai ricorrenti nel procedimento principale un prestito dell'importo di 14 400 000 HUF, con la precisazione che "l'importo in valuta estera del prestito è stabilito in base al tasso di cambio all'acquisto della valuta applicato dalla banca alla data di erogazione dei fondi". Secondo il disposto del punto I del contratto, i ricorrenti nel procedimento principale avevano preso atto che "dopo l'erogazione dei fondi, l'importo del prestito, dei relativi interessi e delle spese di gestione, nonché l'importo degli interessi moratori e delle altre spese saranno fissati in valuta estera". In base al tasso di cambio all'acquisto dei franchi svizzeri applicato dalla convenuta nel procedimento principale al momento dell'erogazione dei fondi, l'equivalente in franchi svizzeri (CHF) di detto importo in HUF è stato fissato in 94 240,84 CHF. I ricorrenti nel procedimento principale erano tenuti a rimborsare tale somma in 25 anni, con esigibilità di ogni rata mensile al 4º giorno di ogni mese.
17. In forza del punto II del contratto, su tale prestito è stato fissato un tasso di interesse nominale del 5,2% il quale, aumentato di spese di gestione dell'ordine del 2,04%, comportava un tasso annuo effettivo globale (TAEG) del 7,43% alla data di conclusione del contratto in parola.
18. Infine, ai sensi del punto III/2 del contratto, "il creditore determina l'importo in HUF di ogni rata mensile che deve essere corrisposto in base al tasso di cambio applicato dalla banca alla vendita della valuta [estera] il giorno precedente la data di esigibilità".
19. I ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto un ricorso nei confronti della convenuta nel procedimento principale, allegando il carattere abusivo del punto III/2 del contratto. Essi hanno affermato che tale clausola, dal momento che consentiva alla banca di calcolare le rate mensili di rimborso esigibili in base al tasso di cambio alla vendita della valuta da essa applicato, le conferiva un vantaggio unilaterale e indebito ai sensi dell'articolo 209 del codice civile ungherese.
20. Il giudice di primo grado ha accolto tale ricorso. Questa sentenza è stata successivamente confermata in appello. Nella sua sentenza, il giudice di appello ha ritenuto in particolare che, nel quadro di un'operazione di prestito come quella in questione nel procedimento principale, la banca non mette a disposizione del cliente delle valute estere e, inoltre, non gli fornisce alcun servizio finanziario relativo all'acquisto o alla vendita di valute, di modo che, ai fini dell'ammortamento del prestito, la banca non può applicare un tasso di cambio differente da quello che è stato utilizzato al momento della sua erogazione. Detto giudice ha ritenuto altresì che la clausola controversa non sia chiara e comprensibile, in quanto non consentirebbe di conoscere le ragioni che giustificano una modalità di calcolo del prestito differente a seconda che si tratti della sua erogazione o del suo ammortamento.
21. La convenuta nel procedimento principale ha quindi proposto un ricorso avverso la sentenza resa in appello.
22. In particolare, essa ha sostenuto che la clausola controversa - dal momento che le consente di percepire un introito che rappresenta la controprestazione dovuta per il prestito in valuta estera di cui beneficiano i prenditori e serve a coprire le spese connesse alle operazioni dell'istituto di credito sul mercato per l'acquisto di valute - rientra nell'ambito di applicazione dell'eccezione prevista dall'articolo 209, paragrafo 4, del codice civile ungherese, di modo che non si deve procedere all'esame del suo carattere abusivo in forza dell'articolo 209, paragrafo 1, di detto codice.
23. Per contro, i ricorrenti nel procedimento principale hanno sostenuto che siffatto esame è necessario. In particolare, essi hanno affermato che la banca non può invocare, nei loro confronti, le particolarità del funzionamento delle banche e porre a loro carico le spese che ne deriverebbero per la banca. Poiché il consenso dei prenditori aveva ad oggetto l'erogazione di un importo in HUF, sarebbe inammissibile confondere gli introiti della banca e il prestito concesso. Peraltro, la clausola controversa non sarebbe chiara.
24. In tale contesto il giudice del rinvio ha deciso di sospendere la decisione e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni:
"1) Se l'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva [93/13] debba essere interpretato nel senso che, in caso di prestito espresso in valuta estera, ma in realtà erogato in valuta nazionale e che deve essere rimborsato dal consumatore esclusivamente in valuta nazionale, la clausola contrattuale che determina i tassi di cambio, che non è stata oggetto di negoziato individuale, rientri nella nozione di "definizione dell'oggetto principale del contratto".
In caso di risposta negativa, se, in base alla seconda frase di cui all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva [93/13], si debba considerare il differenziale tra i tassi di cambio all'acquisto e alla vendita [della valuta] come una remunerazione la cui adeguatezza rispetto al servizio non può essere esaminata per valutare il suo carattere abusivo. Se, a tal proposito, sia determinante l'effettiva realizzazione di un'operazione di cambio tra l'istituto finanziario e il consumatore.
2) Qualora l'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che il giudice nazionale, indipendentemente dalle disposizioni del diritto nazionale, può prendere in esame anche il carattere abusivo di tali clausole contrattuali, se queste non sono chiare e comprensibili, se quest'ultimo requisito debba essere inteso nel senso che impone che la clausola in questione sia di per sé stessa chiara e comprensibile per il consumatore dal punto di vista grammaticale oppure nel senso che, inoltre, debbano essere chiare e comprensibili per questo stesso consumatore le ragioni economiche sottese all'applicazione della clausola contrattuale nonché il rapporto di detta clausola con altre clausole del contratto.
3) Se l'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 e il punto 73 della sentenza resa nella causa Banco Españolde Crédito [(5)] debbano essere interpretati nel senso che il giudice nazionale non può neppure sanare l'invalidità, nei confronti del consumatore, di una disposizione abusiva di une clausola contrattuale generale utilizzata in un contratto di prestito concluso con un consumatore, modificando o integrando la clausola contrattuale in questione, qualora il contratto non possa sussistere sulla base delle restanti clausole contrattuali, dopo l'eliminazione della clausola abusiva. Se, a tal proposito, rilevi la circostanza che il diritto nazionale contiene una disposizione di natura sussidiaria che disciplina la questione giuridica in discussione in assenza della clausola invalida.
25. La parte convenuta nel procedimento principale, i governi ungherese, ceco, tedesco, greco, italiano e austriaco nonché la Commissione europea hanno depositato delle osservazioni scritte. All'udienza tenutasi il 5 dicembre 2013, hanno partecipato la parte convenuta nel procedimento principale, i governi ungherese e tedesco nonché la Commissione.
III - Sulle questioni pregiudiziali
26. Prima di affrontare, a una a una, le questioni sollevate, occorre preliminarmente fornire alcune indicazioni sul senso (ratio legis) e sulla portata dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13.
A - Osservazioni preliminari sul senso e sulla portata dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13
27. L'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, costituisce indubbiamente un'espressione della possibilità di tener conto dell'autonomia della volontà e della libertà contrattuale delle parti, che è il corollario dell'economia di mercato.
28. Tale disposizione collega l'applicazione dell'eccezione, che sottrae talune clausole contrattuali all'esame del loro carattere abusivo, al soddisfacimento di due condizioni cumulative: in primo luogo, le clausole in questione devono riguardare "l'oggetto principale del contratto" o "la perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall'altro"; in secondo luogo, le clausole devono essere "formulate in modo chiaro e comprensibile".
29. Come emerge dai lavori che hanno preceduto l'adozione della direttiva 93/13 (6), il testo della direttiva infine adottata allo scopo di contrastare le clausole abusive si è rivelato assai meno ambizioso rispetto alla prima proposta della Commissione (7), poiché si è dovuto trovare un compromesso tra, da un lato,
l'obiettivo di protezione dei consumatori e di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di clausole abusive e, dall'altro, i principi dell'autonomia della volontà e della libertà contrattuale che sono profondamente radicati nelle tradizioni giuridiche della maggior parte degli Stati membri nell'ambito del diritto dei contratti.
30. In sostanza, mi sembra che il suddetto compromesso si manifesti principalmente in due modi.
31. In primo luogo, contrariamente alla proposta della Commissione di redigere un elenco tassativo di clausole che avrebbero dovuto essere automaticamente considerate abusive, l'elenco delle clausole che compare nell'allegato alla direttiva 93/13 ha carattere meramente indicativo.
32. In secondo luogo, è particolarmente degno di nota il fatto che la direttiva in parola si riferisca soltanto, da un lato, alle clausole che non sono state oggetto di negoziato individuale (articolo 3 della direttiva 93/13) e, dall'altro, alle clausole diverse da quelle relative alla definizione dell'oggetto principale del contratto o alla perequazione tra il prezzo e la prestazione (articolo 4, paragrafo 2).
33. Per quanto attiene alla disposizione corrispondente al paragrafo 2 dell'articolo 4 della direttiva 93/13,risulta chiaramente dalla posizione comune adottata il 22 settembre 1992 che essa è stata aggiunta allo scopo di escludere "tutto ciò che è diretta conseguenza della libertà contrattuale delle parti". In altri termini, è stato espresso l'auspicio che il nucleo centrale del rapporto contrattuale (essentialia negotii) - dal momento che è stato definito in termini chiari e comprensibili - non sia colpito.
34. Orbene, l'inserimento di una siffatta disposizione potrebbe sembrare, a vari titoli, paradossale.
35. Innanzitutto, appare sorprendente che la direttiva 93/13, che mira essenzialmente a proteggere il consumatore, escluda al tempo stesso che le disposizioni non negoziate che fanno parte del "cuore" del contratto possano essere oggetto di valutazione per quanto attiene al loro carattere abusivo (8). Ciò spiega certamente perché taluni Stati membri abbiano scelto di estendere il livello della tutela concessa dalla direttiva 93/13 non riprendendo la limitazione derivante dall'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, negli atti di trasposizione (9).
36. Quindi, sebbene si possa comprendere l'auspicio, espresso chiaramente in occasione dei lavori che hanno preceduto l'adozione della direttiva 93/13, di accordare un certo spazio all'autonomia della volontà e alla libertà contrattuale, è lecito interrogarsi sulla ratio legis di tale disposizione. Posto che, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, comunque non sono interessate le clausole contrattuali che sono state oggetto di negoziato individuale, l'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva in parola interviene in un ambito in cui la libertà contrattuale non è stata pienamente espressa.
37. Questo paradosso è stato parzialmente eliminato dalla Corte nella citata sentenza Caja de Ahorros y Montede Piedad de Madrid, che ha fornito delle precisazioni rimarchevoli riguardo alla funzione svolta dall'articolo 4, paragrafo 2, nel sistema di protezione attuato dalla direttiva 93/13.
38. Ricordando, innanzitutto, che la direttiva 93/13 ha proceduto soltanto a una minima e parziale armonizzazione delle legislazioni nazionali relative alle clausole abusive, riconoscendo agli Stati membri la possibilità di garantire al consumatore un livello di protezione più elevato di quello da essa previsto, la Corte ha poi statuito che la suddetta disposizione non mirava a definire l'ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 93/13, ma unicamente a stabilire le modalità e la portata del controllo sostanziale delle clausole contrattuali, che non siano state oggetto di trattativa individuale, le quali descrivono le prestazioni essenziali dei contratti conclusi tra un professionista e un consumatore. Infine, negando un qualsiasi carattere imperativo dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, la Corte ha concluso che l'articolo 4, paragrafo 2, e l'articolo 8 di detta direttiva debbono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale che autorizzi un controllo giurisdizionale sul carattere abusivo della clausole contrattuali vertenti sulla definizione dell'oggetto principale del contratto o sulla perequazione tra il prezzo
e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall'altro, anche se tali clausole sono formulate in modo chiaro e comprensibile. Infatti, autorizzando la possibilità di un sindacato giurisdizionale completo sul carattere abusivo di clausole, quali quelle contemplate all'articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva, di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore, una normativa nazionale consente di garantire a quest'ultimo, in conformità all'articolo 8 di tale direttiva, un livello di protezione effettiva più elevato di quello stabilito da quest'ultima (10).
39. Nel solco di quanto già deciso dalla Corte e come esporrò nel prosieguo, questi dati nel loro complesso dovrebbero condurre a una definizione dei concetti contemplati dall'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, basata su criteri autonomi (11), distinti dagli approcci eventualmente adottati a livello nazionale.
40. In primo luogo, ciò implica che, nonostante il potere di valutazione di cui dispone il giudice nazionale adito, i criteri che consentono di definire l'oggetto principale o il rapporto qualità/prezzo del bene o del servizio fornito, devono essere chiaramente definiti.
41. In secondo luogo, il requisito di "chiarezza e leggibilità", contemplato dalla direttiva 93/13, deve tener conto del fatto che il consumatore, pur essendo ragionevolmente attento e avveduto, si trova in una posizione di debolezza rispetto ai professionisti con cui addiviene alla stipula dei contratti. La chiarezza e la leggibilità non devono limitarsi ad aspetti puramente formali o linguistici, ma devono tener conto dell'asimmetria informativa che caratterizza il rapporto consumatore/professionista.
42. È alla luce del complesso di tali considerazioni che esaminerò le questioni sollevate dal giudice del rinvio.
B - Sulla prima questione pregiudiziale
43. Con la sua prima questione pregiudiziale, in sostanza la Kúria intende sapere se il carattere abusivo della clausola contrattuale relativa al differenziale tra i tassi di cambio rispettivamente applicabili all'erogazione e al rimborso del prestito, che non sia stata oggetto di un negoziato individuale, possa essere esaminata nel merito o se l'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 vi si opponga in quanto tale clausola attiene alla definizione dell'oggetto principale del contratto o del rapporto qualità/prezzo della prestazione.
44. Più in generale, la Corte è invitata a stabilire se ogni elemento del corrispettivo che deve essere pagato innumerario dal debitore costituisca una clausola che definisce "l'oggetto principale del contratto" o se, oltre all'erogazione del credito, soltanto la corresponsione degli interessi rientri nell'oggetto principale del contratto (primo aspetto). Nell'ipotesi in cui quest'ultima affermazione fosse esatta, si pone altresì la questione se l'obbligo di pagamento derivante dal differenziale tra i tassi di cambio debba o meno essere considerato come parte della "remunerazione", ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, seconda ipotesi, della direttiva 93/13 (secondo aspetto).
1. Primo aspetto: profili della nozione di oggetto principale di un contratto
45. Ricordo che, nella citata sentenza Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid, la Corte ha già indicato che l'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 prende in considerazione le "prestazioni essenziali dei contratti" stipulati tra un professionista e un consumatore (12). Peraltro, essa non era chiamata a stabilire se la clausola controversa riguardasse effettivamente prestazioni essenziali.
46. A tal proposito, occorre tenere a mente che, in definitiva, spetta soltanto ai giudici nazionali definire cosa rientri nella nozione di prestazioni essenziali di un dato contratto. Tale valutazione implica indubbiamente un esame esaustivo del contratto in questione nonché del complesso delle circostanze di fatto e di diritto che hanno accompagnato la conclusione di detto contratto (13).
47. Tuttavia, la Corte, nel contesto dell'esercizio della competenza in materia di interpretazione del diritto dell'Unione conferitale all'articolo 267 TFUE, può fornire dei criteri generali per definire le nozioni contenute nella direttiva 93/13 (14).
48. Ciò è necessario nella fattispecie, soprattutto alla luce del fatto che, in materia, sembrano emergere molteplici orientamenti, specialmente in relazione alla conclusione di contratti di credito. Secondo un primo orientamento, seguito in particolare dalla Supreme Court (Regno Unito) (15), non occorrerebbe distinguere tra gli elementi essenziali del prezzo ("core terms") e le spese che possono essere dovute in presenza di talune condizioni ("incidental terms") e, pertanto, tutti gli obblighi di pagamento relativi alla prestazione soddisferebbero i criteri dell'eccezione contemplata all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13. Per contro, i giudici tedeschi, nonché la dottrina tedesca maggioritaria, sembrano adottare un approccio molto più restrittivo a tal proposito (16).
49. A mio avviso, al giudice spetta l'individuazione, in ogni caso di specie, della o delle prestazioni essenziali che devono obiettivamente essere considerate essenziali nella struttura generale del contratto, al fine di determinare ciò che costituisce l'oggetto principale di un contratto. Questa valutazione - inconcepibile in forma astratta - non può limitarsi a un esame dei parametri che definiscono un dato contratto dal punto di vista del diritto nazionale, ma deve tener conto delle specificità che emergono dalla stessa lettera del contratto.
50. Peraltro, si osserva che l'oggetto principale di un contratto comprende, in generale, vari aspetti indissociabili e che un siffatto contratto non può essere definito in modo esauriente mediante il riferimento a parte del servizio o del bene atteso.
51. Per illustrare il mio pensiero, faccio riferimento all'esempio di un contratto di vendita di un'automobile. L'oggetto principale del contratto non concerne un veicolo qualsiasi, ma deve essere definito come relativo a un veicolo di una certa marca, dotato di certe caratteristiche tecniche e rispondente a certi criteri estetici.
52. In materia di contratto di prestazione di servizio, è possibile fare riferimento all'esempio di un contratto di viaggio tutto compreso, concluso tra un consumatore e un tour operator. Se è vero che in astratto, secondo il diritto nazionale applicabile e la prassi, si può ritenere che fanno indubbiamente parte del nucleo centrale del contratto non soltanto le prestazioni di trasporto, ma altresì le prestazioni pattuite riguardo all'alloggio, non si può concludere di conseguenza che una di queste componenti prevalga o rivesta un carattere secondario rispetto all'altra. Questi due aspetti fanno indubbiamente parte dell'oggetto principale del contratto in questione.
53. Così, per stabilire che una clausola di un contratto non fa parte del suo oggetto principale, il giudice nazionale chiamato a pronunciarsi dovrà appurare, caso per caso, se tale clausola, in un modo o nell'altro, concorra obiettivamente a definire le caratteristiche essenziali di quest'ultimo sul piano giuridico o commerciale. In tal senso, spetta dunque al giudice decidere se la suddetta clausola faccia intrinsecamente parte delle prestazioni che definiscono il contratto, in quanto, in sua assenza, il contratto perderebbe una delle sue caratteristiche fondamentali o, addirittura, non potrebbe sussistere sulla base delle restanti clausole contrattuali.
54. Nella fattispecie, allo scopo di dare una risposta utile al giudice del rinvio, occorre fornire gli elementi atti a definire ciò che può costituire le "prestazioni essenziali" di un contratto di credito.
55. Sulla scia di quanto ho precedentemente affermato, devono essere presi in considerazione non soltanto gli elementi ricavati dal diritto nazionale applicabile, ma altresì quelli propri della lettera del contratto in questione.
56. Il contratto di credito al consumo può essere definito in generale come un accordo in virtù del quale il creditore consegna una certa somma di denaro al prenditore, con l'onere per quest'ultimo di restituirla, con quando si tratta di un prestito con interessi - pagamento di interessi da parte del prenditore.
57. Questa definizione corrisponde in larga parte a quella adottata nell'ambito del diritto dell'Unione, per esempio, nella direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito (17), ma altresì a quella sancita nel pertinente diritto nazionale, nella fattispecie il diritto ungherese. Infatti, ai sensi dell'articolo 523, paragrafo 1, del codice civile ungherese, mediante un contratto di credito, l'istituto finanziario si obbliga a mettere una determinata somma di denaro a disposizione del debitore, il quale si obbliga a rimborsare l'importo del prestito in conformità al contratto. L'articolo 523, paragrafo 2, del codice civile ungherese contempla espressamente, a titolo di corrispettivo, solo il pagamento degli interessi.
58. Se il tasso di interesse nominale è parte dell'essenza stessa di un contratto di credito, che ne è di un meccanismo che consente al creditore di calcolare le rate mensili sulla base del tasso di cambio di una valuta estera?
39. Certamente, si può sostenere la tesi che la nozione di clausola che definisce "l'oggetto principale del contratto" debba essere intesa in senso molto stretto e che, pertanto, per quanto attiene a un contratto di credito, ciascun elemento del corrispettivo che il debitore deve pagare in numerario nell'ambito dell'operazione in questione non può essere considerato come facente parte dell'oggetto principale del contratto. Infatti, si potrebbe pensare di operare una distinzione tra le disposizioni contrattuali relative alla determinazione del tasso di interesse, che si riferiscono all'oggetto principale e, considerato il meccanismo del prestito in questione, le disposizioni che concernono spese secondarie o accessorie.
60. Tuttavia, se è vero che difficilmente questa considerazione di ordine generale potrebbe essere contestata per quanto attiene a un contratto di credito in senso ampio, non sono affatto convinto che essa sia valida in tutti i casi e, in particolare, trattandosi di un contratto di credito definito come un "prestito ipotecario espresso in valuta estera garantito mediante ipoteca".
61. Se si accoglie la tesi secondo cui la nozione di oggetto principale del contratto deve comprendere tutto ciò che le parti, data la chiara lettera del contratto, hanno definito come tale, in quanto essa coincide con tutti gli obblighi essenziali che devono essere presi in considerazione a titolo di corrispettivo della o delle prestazioni fornite (18), mi sembra difficile limitare l'oggetto del contratto alle clausole relative alla determinazione del tasso di interesse nominale.
62. Trattandosi di un prestito espresso in valuta estera, la clausola che determina i tassi di cambio applicabili, con ogni probabilità, rientra nell'oggetto principale del contratto, in quanto, molto verosimilmente, ne rappresenta uno dei parametri essenziali, poiché, in assenza di detta clausola, l'esecuzione del contratto è compromessa (19). A mio avviso, essa si distingue chiaramente dal meccanismo di modifica delle spese di vaglia in questione nella causa Invitel (20) o, ancora, dalla clausola sugli interessi moratori presa in considerazione nella citata sentenza Banco Español de Credito.
63. Infatti, il meccanismo del prestito in valute estere si fonda su vari aspetti, in linea di principio indissociabili. In primo luogo, il prestito, benché concretamente erogato e rimborsato in moneta nazionale, in ogni caso è espresso in valuta estera. In secondo luogo, il tasso di interesse applicabile, che ha ad oggetto l'importo del prestito espresso in valuta estera, è in genere inferiore a quello applicabile al prestito espresso in valuta locale. In terzo luogo, i pagamenti delle rate mensili del prestito sono effettuati in moneta nazionale in funzione del tasso di cambio applicabile al momento dei pagamenti (21).
64. Questa interpretazione non inficia la tesi secondo cui, considerata l'imperativa necessità di proteggere i consumatori, il giudice nazionale, nella misura del possibile, deve privilegiare una nozione relativamente stretta di ciò che costituisce l'oggetto principale del contratto. L'approccio che deve essere adottato nella definizione della nozione di oggetto principale del contratto, contemplata all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, deve condurre ad escludere le disposizioni che rivestono un carattere secondario o residuale nella struttura del contratto e non quelle concernenti una o più prestazioni essenziali caratterizzanti detto contratto.
65. Dall'insieme di tali considerazioni risulta che non si può escludere che, trattandosi di un contratto di prestito quale quello considerato nella controversia di cui al procedimento principale, la clausola che determina il tasso di cambio applicabile rientri nell'oggetto principale del contratto, in quanto costituisce uno dei pilastri di un contratto espresso in valuta estera.
66. Nell'eventualità che la Corte non intenda aderire a quest'ultima conclusione, occorre stabilire se l'obbligo di pagamento derivante dal differenziale tra i tassi di cambio all'acquisto e alla vendita della valuta possa essere considerato come un elemento relativo al rapporto qualità/prezzo del servizio reso.
2. Secondo aspetto: il differenziale tra il tasso di cambio alla vendita e il tasso di cambio all'acquisto della valuta estera può essere considerato come un elemento della remunerazione dovuta al creditore?
67. Nella fattispecie, in esito ad un'analisi superficiale, si potrebbe ritenere che la prassi in questione riguardi necessariamente un elemento del prezzo, sicché potrebbe essere assoggettata a un controllo di merito, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, solo se la formulazione della clausola in questione non fosse chiara né comprensibile.
68. Tuttavia, non bisogna trascurare il fatto che non si fa riferimento a tutti gli elementi del prezzo, ma soltanto alla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall'altro. Come emerge dalla relazione della Commissione sull'applicazione della direttiva 93/13 (22), le clausole relative alle modalità di calcolo o alle modalità di modifica del prezzo sono interamente assoggettate al controllo della suddetta direttiva.
69. La seconda ipotesi di esclusione contemplata all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 mi sembra riguardare i casi, in concreto rarissimi, avuto riguardo all'assenza di tariffari (23), in cui può essere stabilito un rapporto quasi matematico tra la qualità della prestazione fornita e la remunerazione della stessa.
70. Per quanto attiene alle clausole contrattuali di un contratto di prestito espresso in valuta estera, il quale prevede che al momento dell'erogazione del prestito si applichi il tasso di cambio all'acquisto della valuta, mentre al momento del rimborso di detto prestito si applica il tasso di cambio alla vendita, la problematica si presenta nel modo seguente.
71. Se, come sembra accadere nella controversia di cui al procedimento principale, la banca non mette adisposizione del cliente un servizio particolare e il riferimento alla valuta estera costituisce soltanto un parametro di misura del valore, si potrà ritenere che la differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita della valuta estera non è una controprestazione adeguata e che si può procedere all'esame del carattere abusivo della corrispondente clausola contrattuale. Per contro, se è accertata l'esistenza di un rapporto diretto tra, da un lato, il differenziale esistente tra il tasso di cambio all'acquisto e alla vendita e, dall'altro, la qualità della prestazione fornita - il che sembra doversi escludere considerata la natura fluttuante di tale differenziale - le clausole relative a detto differenziale non possono essere sottoposte alla valutazione relativa al loro carattere abusivo.
72. Alla luce dell'insieme di tali considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla prima questione dichiarando che l'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, deve essere interpretato nel senso che, in caso di prestito espresso in valuta estera, ma in realtà erogato in valuta nazionale e che deve essere rimborsato dal consumatore esclusivamente in valuta nazionale, la clausola contrattuale che determina i tassi di cambio, la quale non sia stata oggetto di negoziato individuale, può essere ritenuta come facente parte dell'oggetto principale del contratto allorché risulta chiaramente da quest'ultimo che tale clausola ne costituisce un parametro essenziale. Per contro, il differenziale tra il tasso di cambio alla vendita e il tasso di cambio all'acquisto della valuta non può essere considerato come una remunerazione la cui adeguatezza rispetto al servizio non può essere esaminata per valutare il suo carattere abusivo.
C - Sulla seconda questione pregiudiziale: necessità di una formulazione chiara e comprensibile delle clausole soggette all'esclusione contemplata all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13
73. La risposta a tale seconda questione, che verte sul requisito di chiarezza e comprensibilità fissato all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, assume rilevanza solo qualora si dovesse ritenere che occorre fornire una risposta positiva alla prima questione. Infatti, come ho precedentemente affermato, non si può escludere che, trattandosi di un contratto di prestito espresso in valuta estera, le clausole che determinano i tassi di cambio applicabili all'ammortamento e all'erogazione del prestito si riferiscano proprio all'oggetto principale del contratto.
74. In primo luogo, e ancor prima di affrontare il merito della questione sollevata, spetta alla Corte stabilire se la necessità di una formulazione chiara e comprensibile si imponga anche nell'ipotesi in cui detto requisito non sia stato ripreso nelle disposizioni nazionali.
75. Infatti, il giudice del rinvio ha sottolineato che la parte convenuta aveva sostenuto che era impossibile che il giudice investito della controversia verificasse se le clausole in discussione fossero redatte in modo chiaro e comprensibile, in quanto, alla data di conclusione del contratto di credito in questione, l'articolo 209, paragrafo 4, del codice civile ungherese non riprendeva tale requisito.
76. A questo proposito, mi sembra che emerga abbastanza chiaramente dalla giurisprudenza consolidata della Corte relativa all'obbligo di interpretazione conforme - che si impone anche ai giudici nazionali in una controversia di tipo orizzontale (24) - che il giudice nazionale chiamato a interpretare il proprio diritto nazionale è tenuto a farlo, nella misura del possibile, alla luce della lettera e della finalità della direttiva 93/13, per raggiungere il risultato perseguito da quest'ultima (25).
77. Tale obbligo di interpretazione conforme si impone a maggior ragione considerato che, riguardo al requisito di chiarezza e di comprensibilità ripreso all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, la Corte ha sottolineato la sua importanza statuendo che, al fine di garantire concretamente gli obiettivi di protezione dei consumatori perseguiti dalla direttiva 93/13, ogni trasposizione di detto articolo 4, paragrafo 2, doveva essere completa, sicché il divieto di valutare il carattere abusivo delle clausole concerne unicamente quelle redatte in modo chiaro e comprensibile (26).
78. Ne deriva che il giudice nazionale investito della controversia è dunque in condizione (e anzi ha l'obbligo) di verificare se le clausole in questione soddisfino il requisito di trasparenza enunciato all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, e ciò indipendentemente dalla questione se tale requisito, alla data di conclusione del contratto di prestito controverso, fosse stato esplicitamente ripreso nel diritto nazionale applicabile.
79. In secondo luogo, si pone la questione se il requisito in base al quale le clausole concernenti l'oggetto principale o il rapporto qualità/prezzo della prestazione debbono essere "chiare e comprensibili", per poter sottrarsi alla valutazione del loro carattere abusivo, faccia riferimento solo all'aspetto formale e linguistico della clausola o se, in modo più ampio, verta altresì sulle conseguenze economiche dell'applicazione della clausola contrattuale controversa o sul suo rapporto con altre clausole.
80. Xxxxxx, sulla scia di quanto ho precedentemente affermato, posto che la protezione del consumatore, quale parte vulnerabile, impone necessariamente un'interpretazione chiara e obiettiva delle nozioni di oggetto principale e di prezzo contenute nell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, essa richiede, al tempo stesso, che il requisito di trasparenza sia inteso in modo estensivo. Come sottolineato dalla Commissione, considerata la situazione di inferiorità in cui si trova il consumatore rispetto al professionista relativamente al livello di informazione, questi può incontrare delle difficoltà nella corretta valutazione delle conseguenze di talune clausole contrattuali, sebbene siano state redatte chiaramente da un punto di vista linguistico.
81. Pertanto, l'esame sulla chiarezza e sulla comprensibilità di una clausola non dovrebbe limitarsi all'aspetto puramente redazionale della stessa. La chiarezza e la comprensibilità di una clausola contrattuale devono essere valutate chiedendosi se essa garantisce al consumatore di avere a disposizione le informazioni mediante le quali egli sarà in condizione di valutare i vantaggi e gli inconvenienti della conclusione di un dato contratto e i rischi in cui incorre per via dell'operazione. Il consumatore deve cogliere non soltanto il contenuto di una clausola, ma altresì gli obblighi e i diritti a essa connessi (27).
82. D'altronde, mi sembra che questa interpretazione trovi un solido fondamento nella più recente giurisprudenza della Corte.
83. Infatti, nella sentenza RWE Vertrieb (28), che aveva ad oggetto in particolare l'interpretazione dell'articolo 5 della direttiva 93/13, che impone ai professionisti di redigere le clausole contrattuali proposte ai consumatori in "modo chiaro e comprensibile", la Corte ha precisato che spettava al giudice del rinvio sincerarsi, in funzione dell'insieme delle circostanze del caso di specie, che il consumatore fosse in condizione di prevedere le spese in cui poteva incorrere.
84. Certo, tale giurisprudenza concerne l'interpretazione dell'articolo 5 della direttiva 93/13, ma essa mi sembra valida a fortiori per quanto riguarda il requisito di trasparenza ripreso all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, posto che quest'ultima disposizione ha l'importante effetto di sottrarre talune clausole contrattuali alla valutazione relativa al carattere abusivo. Occorre infatti evitare di ridurre eccessivamente i requisiti di chiarezza e comprensibilità della clausola di cui trattasi, che condizionano la realizzazione di un controllo di merito e che spetta al competente giudice nazionale accertare, tenuto conto del complesso di tali circostanze di specie.
85. Tornando alla controversia di cui al procedimento principale, e senza voler anticipare l'esame che dovrà effettuare il giudice nazionale, dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che, da un punto di vista puramente linguistico, le clausole contrattuali relative al tasso di cambio applicabili rispettivamente all'erogazione e all'ammortamento del prestito sembrano essere state enunciate con chiarezza. Il punto I/1 del contratto controverso precisa che "la fissazione dell'importo in valuta del prestito è effettuata in base al tasso di cambio all'acquisto della valuta applicato dalla banca alla data di erogazione dei fondi". Peraltro, ai sensi del punto III/2 dello stesso contratto, "il creditore determina l'importo in HUF di ogni rata mensile che deve essere corrisposto in base al tasso di cambio applicato dalla Banca alla vendita della valuta [estera] il giorno precedente la data di esigibilità".
86. Ma, per quanto questi termini siano chiari, si possono nutrire dei dubbi sulla totale comprensibilità degli stessi. È lecito, infatti, interrogarsi in merito alla valutazione, da parte del consumatore interessato, delle precise conseguenze economiche della clausola del contratto di credito che fa riferimento al prezzo di acquisto della valuta (e non al prezzo di vendita della valuta) sugli importi di cui egli diverrà, in definitiva, debitore.
87. Mentre, contrariamente a quanto suggerito dalla Commissione, il consumatore era, in larga misura, in condizione di valutare il rischio incorso sul piano del suo debito espresso in valuta nazionale in caso di rialzo del tasso di cambio della valuta estera di riferimento, in quanto il contratto di prestito da lui sottoscritto era appunto espresso in detta valuta estera, per contro è tutt'altro che evidente che il consumatore - in assenza di qualsiasi spiegazione al riguardo contenuta nel contratto o intervenuta in occasione della conclusione di quest'ultimo - sia stato in grado di cogliere i motivi che potevano giustificare il fatto che le rate mensili dovessero essere calcolate sulla base del tasso di cambio alla vendita della valuta estera, mentre al momento dell'erogazione del prestito è stato utilizzato il tasso di cambio all'acquisto di detta valuta.
88. Quanti consumatori, infatti, benché ragionevolmente attenti e avveduti, sono in grado di cogliere la portata della differenza esistente tra il prezzo di vendita della valuta e il suo prezzo di acquisto? Diversamente da quanto si osserva in genere sul mercato dei valori mobiliari, l'acquisto e la vendita di valute funzionano mediante parità ("cross") e sono effettuate in funzione di un'altra valuta. Dunque, sono due i tassi di cambio rilevanti, non uno soltanto ("spot") (29). La differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita di una
valuta ("spread"), che è in larga parte tributaria del numero e della qualità di coloro che intervengono su un dato mercato, può rivelarsi considerevole. Queste ultime informazioni, generalmente ben note ai professionisti del settore bancario e finanziario e degli ambienti interessati, in compenso, non sono necessariamente conosciute dal consumatore medio (30).
89. Tuttavia, spetterà al giudice nazionale verificare se, tenuto conto delle informazioni fornite dai professionisti anteriormente alla conclusione del contratto, questi fosse in condizione di valutare le precise conseguenze del riferimento al prezzo di acquisto (anziché al prezzo di vendita).
90. Nella fattispecie, spetterà al giudice adito stabilire, alla luce delle circostanze oggettive presenti al momento della conclusione del contratto controverso, se il consumatore fosse in condizione di comprendere che, in aggiunta agli interessi, da un lato, e ai rischi necessariamente connessi alla variabilità del tasso di cambio tra la valuta nazionale (in cui effettuava i rimborsi del suo prestito) e la valuta estera di riferimento, dall'altro, si esponeva, senza cognizione di causa, a un onere supplementare derivante dalla differenza esistente tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto della valuta estera.
91. Alla luce di queste considerazioni, e sempre che si debba rispondere in senso affermativo alla prima questione, propongo di rispondere alla seconda questione dichiarando che l'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, deve essere interpretato nel senso che spetta al giudice adito esaminare il carattere abusivo delle clausole contrattuali in esso contenute, qualora dette clausole non siano redatte in modo chiaro e comprensibile, sulla base di un'interpretazione conforme del diritto nazionale applicabile alla data di conclusione del contratto in questione. L'esame relativo alla chiarezza e alla comprensibilità delle clausole contrattuali deve tener conto di tutte le circostanze del caso di specie e, in particolare, delle informazioni portate a conoscenza del consumatore al momento della conclusione del contratto, e deve vertere, oltre che sull'aspetto strettamente formale e linguistico, sull'esatta valutazione delle conseguenze economiche di tali clausole e sui rapporti che possono sussistere tra esse.
X - Xxxxx terza questione pregiudiziale: poteri del giudice nazionale di sostituire o modificare una clausola qualificata come abusiva
92. Dalla decisione di rinvio risulta che il giudice adito in appello, dopo aver concluso nel senso del carattere abusivo della clausola contrattuale relativa al calcolo delle rate mensili mediante applicazione del differenziale tra il tasso di cambio all'acquisto e il tasso di cambio alla vendita della valuta estera di riferimento, ha deciso, ai sensi dell'articolo 237, paragrafo 2, del codice civile ungherese (31), che occorreva modificare il contratto di prestito in questione nella controversia di cui al procedimento principale, imponendo di calcolare le rate mensili di rimborso del prestito sulla base del tasso di cambio all'acquisto applicato dalla banca.
93. Xxxxxx, la modifica operata dal giudice d'appello solleva la questione se essa confligga con la soluzione espressa nella citata sentenza Banco Español de Credito.
94. Ricordo che, in tale causa, la Corte era chiamata a pronunciarsi in particolare sulla questione se l'xxxxxxxx0, paragrafo 1, della direttiva 93/13, ostasse alla normativa di uno Stato membro che consente al giudice nazionale, allorché accerta la nullità di una clausola abusiva in un contratto concluso tra un professionista e un consumatore, di integrare detto contratto rivedendo il contenuto di tale clausola.
95. La Corte ha risposto in senso affermativo basandosi sul disposto dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva93/13, e più in generale sulla finalità e sulla struttura complessiva della direttiva 93/13. In tale contesto, essa ha sottolineato in particolare che la facoltà di rivedere il contenuto delle clausole abusive potrebbe compromettere la realizzazione dell'obiettivo di lungo termine contemplato all'articolo 7 della direttiva 93/13. Una simile facoltà contribuirebbe a eliminare l'effetto dissuasivo esercitato sui professionisti dalla pura e semplice non applicazione nei confronti del consumatore di siffatte clausole abusive, dal momento che essi rimarrebbero tentati di utilizzare tali clausole, consapevoli che, quand'anche fossero invalidate, il contratto potrebbe nondimeno essere integrato, per quanto necessario, dal giudice nazionale, in modo tale, quindi, da
garantire l'interesse di detti professionisti. Per questo motivo, una facoltà siffatta, se fosse riconosciuta al giudice nazionale, non potrebbe garantire, di per sé, una tutela del consumatore efficace quanto quella risultante dalla non applicazione delle clausole abusive (32).
96. A tal proposito, appare importante sottolineare che l'orientamento espresso dalla Corte mirava a ristabilire un equilibrio contrattuale tra i diritti e gli obblighi delle parti nell'ipotesi in cui il contratto controverso, in linea di principio, potesse sussistere "senz'altra modifica che non [fosse] quella risultante dalla soppressione delle clausole abusive, purché, conformemente alle norme di diritto interno, una simile sopravvivenza del contratto [fosse] giuridicamente possibile" (punto 65 della sentenza).
97. Così, il divieto per il giudice di rivedere il contenuto di una clausola da lui qualificata come abusiva, anziché limitarsi alla pura e semplice disapplicazione, si riferisce all'ipotesi in cui l'eliminazione della clausola controversa, avente carattere accessorio nella struttura del contratto, non compromette l'esistenza di detto contratto e non risulta pregiudizievole per il consumatore.
98. Questa ipotesi si distingue da quella considerata nella controversia di cui al procedimento principale, in cui l'eliminazione della clausola contrattuale ritenuta abusiva implica l'impossibilità di proseguire l'esecuzione del contratto, il che, in definitiva, comporta delle conseguenze particolarmente pregiudizievoli per il consumatore. Infatti, l'eliminazione delle clausole relative al tasso di cambio applicabile renderebbe il contratto di credito ineseguibile. Peraltro, con ogni probabilità, il consumatore dovrebbe rimborsare immediatamente l'importo del prestito ancora dovuto alla banca. Dal momento che, in linea di principio, il consumatore non dispone di una capacità di rimborso immediato, l'ipoteca immobiliare potrebbe essere eseguita.
99. Così, l'estensione dell'orientamento espresso dalla Corte alla possibilità, per il giudice nazionale, di sostituire alla clausola abusiva invalida disposizioni nazionali di natura sussidiaria, in questo caso non mi sembra né necessaria né opportuna.
100. Sono del parere che, in linea di principio, nulla dovrebbe ostare a che il giudice nazionale, in applicazione dei principi del diritto dei contratti, rimedi al carattere abusivo di una clausola sostituendola con una disposizione di diritto nazionale di natura sussidiaria. Infatti, poiché la sostituzione con una siffatta disposizione, che si suppone non contenga clausole abusive (33), farebbe sì che il contratto possa sussistere malgrado l'eliminazione della clausola controversa e continui ad essere cogente per le parti, mi sembra che essa sia conforme agli obiettivi di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13.
101. L'obiettivo perseguito dal legislatore dell'Unione nel quadro della direttiva 93/13 consiste nel ristabilire l'equilibrio tra le parti, pur conservando, in linea di principio, la validità di un contratto nel suo complesso, e non nell'annullare tutti i contratti contenenti clausole abusive (34).
102. Per contro, se tale sostituzione non fosse permessa e il giudice fosse obbligato ad annullare il contratto, l'efficacia dissuasiva della sanzione della nullità rischierebbe di essere compromessa. Infatti, un siffatto annullamento normalmente avrà la conseguenza di far divenire esigibile l'integralità dell'importo del prestito ancora dovuto, di natura tale da eccedere le capacità finanziarie del consumatore, così penalizzando quest'ultimo anziché il prestatore professionale il quale, in considerazione di tale conseguenza, potrebbe non essere spronato a evitare che siffatte clausole siano inserite nei suoi contratti.
103. Stando così le cose, una "convalida" del contratto mediante sostituzione con una disposizione di natura sussidiaria, se possibile secondo il diritto nazionale applicabile - il che è compito del giudice del rinvio verificare - appare necessaria per ristabilire un reale equilibrio tra le parti e garantire così la protezione del consumatore contro le clausole abusive, principale obiettivo della direttiva 93/13, preservando l'utile effetto del meccanismo di protezione instaurato da tale direttiva.
104. Pur essendo cosciente che la Corte non è stata direttamente e precisamente investita di tale questione, che pertanto non è stata discussa dalle parti (35), mi sembra importante sottolineare che detto potere di sostituzione non dovrebbe essere illimitato: l'intervento del giudice, per quanto possibile, deve tendere unicamente a ristabilire una certa parità tra i professionisti e i consumatori loro contraenti (36).
105. Esso non deve condurre a creare un rivolgimento dell'equilibrio contrattuale mediante un intervento dell'autorità statale successivo alla conclusione del contratto. È ben noto, infatti, che il contratto, in linea di principio, rimane disciplinato dalla legge vigente il giorno in cui esso è concluso e che qualsiasi intervento di un terzo, ivi compreso lo Stato nella sua funzione legislativa, deve essere considerato con prudenza, in quanto potenzialmente è di natura tale da compromettere la libertà contrattuale e la libera concorrenza che ne costituisce il corollario (37).
106. Propongo di rispondere alla terza questione dichiarando che, sebbene, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1,della direttiva 93/13, il giudice nazionale non possa sanare l'invalidità, nei confronti del consumatore, di una clausola contrattuale abusiva utilizzata, nulla osta a che il giudice nazionale applichi una disposizione di diritto nazionale di natura sussidiaria suscettibile di sostituirsi alla clausola contrattuale invalida, a condizione che, ai sensi delle norme di diritto nazionale, il contratto possa sussistere giuridicamente dopo l'eliminazione della clausola abusiva.
IV - Conclusione
107. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate a titolo pregiudiziale dalla Kúria nel modo seguente:
1. L'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993 concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori deve essere interpretato nel senso che, in caso di prestito espresso in valuta estera, ma in realtà erogato in valuta nazionale e che deve essere rimborsato dal consumatore esclusivamente in valuta nazionale, la clausola contrattuale che determina i tassi di cambio, la quale non sia stata oggetto di negoziato individuale, può essere ritenuta come facente parte dell'oggetto principale del contratto allorché risulta chiaramente da quest'ultimo che tale clausola ne costituisce un parametro essenziale. Per contro, il differenziale tra il tasso di cambio alla vendita e il tasso di cambio all'acquisto della valuta non può essere considerato come una remunerazione la cui adeguatezza rispetto al servizio non può essere esaminata per valutare il suo carattere abusivo.
2. L'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, deve essere interpretato nel senso che spetta al giudice adito esaminare il carattere abusivo delle clausole contrattuali in esso contenute, qualora dette clausole non siano redatte in modo chiaro e comprensibile, sulla base di un'interpretazione conforme del diritto nazionale applicabile alla data di conclusione del contratto in questione. L'esame relativo alla chiarezza e alla comprensibilità delle clausole contrattuali deve tener conto di tutte le circostanze del caso di specie e, in particolare, delle informazioni portate a conoscenza del consumatore al momento della conclusione del contratto, e deve vertere, oltre che sull'aspetto strettamente formale e linguistico, sull'esatta valutazione delle conseguenze economiche di tali clausole e sui rapporti che possono sussistere tra esse.
3. Sebbene, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il giudice nazionale non possa sanare l'invalidità, nei confronti del consumatore, di una clausola contrattuale abusiva utilizzata, nulla osta a che il giudice nazionale applichi una disposizione di diritto nazionale di natura sussidiaria suscettibile di sostituirsi alla clausola contrattuale invalida, a condizione che, ai sensi delle norme di diritto nazionale, il contratto possa sussistere giuridicamente dopo l'eliminazione della clausola abusiva.
(1) Lingua originale: il francese.
(2) Il giudice del rinvio ha così evidenziato il fatto che il volume dei prestiti in essere sottoscritti dalle famiglie ungheresi presso istituti di credito rappresenta il 32,56% del prodotto interno lordo, secondo i dati relativi al secondo semestre dell'anno 2012 forniti dalla Magyar Nemzeti Bank (Banca nazionale d'Ungheria), i prestiti concessi sulla base di una valuta estera, come quello in questione nella controversia di cui al procedimento principale, rappresentano il 18,54% di tale prodotto, ossia un importo di 5 289 miliardi di fiorini ungheresi (HUF). Per quanto attiene più specificamente ai crediti espressi in franchi svizzeri, essi sarebbero stati proposti su ampia scala non soltanto in Ungheria, ma anche in altri Stati membri, in particolare in Polonia e in Croazia.
(3) Si deve segnalare che, a livello nazionale, sono state promosse un certo numero di azioni allo scopo di far accertare che la commercializzazione di contratti di crediti che comportano un rischio di cambio poteva essere eventualmente qualificata come pratica commerciale sleale e ingannevole, dal momento che i rischi incorsi sarebbero stati mal compresi da un certo numero di consumatori per via dell'inottemperanza da parte degli istituti bancari al loro dovere di informazione, di consulenza e di ammonimento. Più essenzialmente, taluni Stati membri hanno ritenuto che occorresse disciplinare la commercializzazione presso privati di prestiti in valute che comportano un rischio di cambio.
(4) Direttiva del Consiglio del 5 aprile 1993 concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29).
(5) Sentenza del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, non ancora pubblicata nella Raccolta).
(6) Posizione comune del Consiglio del 22 settembre 1992 sull'adozione della direttiva concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (doc. 8406/1/92, GU 1992, C 283, pag. 1, n. 2).
(7) Proposta della Commissione, del 3 settembre 1990, di direttiva del Consiglio concernente le clausole inique nei contratti stipulati con i consumatori [COM(90) 322 def.]. Per un'esposizione della cronistoria della direttiva 93/13 e dei commenti dottrinali relativi all'inserimento dell'articolo 4, paragrafo 2, si rinvia alle conclusioni dell'avvocato generale Xxxxxxxxx nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 3 giugno 0000, Xxxx xx Xxxxxxx x Xxxxx xx Xxxxxx xx Xxxxxx (X‑484/08, Racc. pag. I‑4785, segnatamente paragrafi da 61 a 66).
(8) In tal senso, nelle sue conclusioni nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 10 maggio 2001,Commissione/Paesi Bassi (C‑144/99, Racc. pag. I‑3541), l'avvocato generale Xxxxxxx aveva sottolineato che "l'esclusione delle clausole aventi ad oggetto prestazioni essenziali dalla disciplina sulle condizioni generali costituisce una sostanziale limitazione del campo d'applicazione della direttiva. Basti pensare ai riflessi che ne conseguono per tutti i contratti, come quelli di assicurazione, che si prestano in modo particolare ad ambiguità redazionali proprio quanto al loro oggetto essenziale, cioè, nel detto esempio, quanto alla definizione del rischio assicurato".
(9) V., a tal proposito, la relazione della Commissione del 27 aprile 2000 sull'applicazione della direttiva93/13 [COM(2000) 248 def.]. Tale relazione sottolinea che, se è vero che gran parte degli Stati membri non ha trasposto questa limitazione del campo di applicazione, ciò in pratica non ha comportato problemi applicativi. Secondo tale relazione, "[i] tribunali di questi Stati membri non hanno riveduto i prezzi, né hanno modificato l'essenza dei contratti in modo massiccio o indiscriminato come temuto da certe dottrine e da certi ambienti professionali. Infatti, nella vasta maggioranza dei casi, né il prezzo in quanto tale, che risulta dalle condizioni di concorrenza, né le clausole che illustrano in modo chiaro e comprensibile l'oggetto del contratto sono tali da suscitare problemi che richiedano di essere risolti con l'applicazione della legislazione sulle clausole abusive. La loro esclusione dal campo d'applicazione della direttiva solleva, tuttavia, dubbi d'interpretazione pregiudizievoli per la corretta applicazione del testo".
(10) Sentenza Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid, cit., punti da 42 a 44.
(11) V. conclusioni dell'avvocato generale Xxxxxxxxx nella causa Caja de Ahorros y Monte de Xxxxxx xxXxxxxx, cit. (paragrafo 68).
(12) V. sentenza cit., punto 34.
(13) V., sul ruolo devoluto al giudice nazionale, sentenza del 9 novembre 2010, VB Pénzügyi Lízing(C‑137/08, Racc. pag. I‑10847, punto 49).
(14) V., in tal senso, sentenza del 1° aprile 2004, Xxxxxxxxxx Kommunalbauten (C‑237/02, Racc. pag. I‑3403,punto 22).
(15) V., segnatamente, Office of Fair Trading v. Abbey National [2009] UKSC 6.
(16) Per un'esposizione più dettagliata delle differenti interpretazioni adottate negli Stati membri, si rinvia in particolare all'Issues paper della Law Commission/Scottish Law Commission del 25 luglio 2012 (Unfair Terms in Consumer contracts, a new approach?), in particolare ai punti 7.55 a 7.66, disponibile all'indirizzo: xxxx://xxxxxxxxxxxxx.xxxxxxx.xxx.xx/xxxx/xxxxxx_xxxxx_xx_xxxxxxxx_xxxxxxxxx_xxxxxx.xxx. Si rinvia altresì all'articolo di X. Xxxxxxxx, "Directive 93/13 and the "price term exemption": a comparative analysis in the light of the "market for lemons" rationale", ICLQ (2011), vol. 60 (4), pagg. da 933 a 963.
(17) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE (GU L 133, pag. 66, e rettifiche, GU 2009, L 207, pag. 14, GU 2010, L 199, pag. 40, e GU 2011, L 234, pag. 46), che, al suo articolo 3, lettera c), definisce il contratto di credito come "un contratto in base al quale il creditore concede o s'impegna a concedere al consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra agevolazione finanziaria analoga, ad eccezione dei contratti relativi alla prestazione continuata di un servizio o alla fornitura di merci dello stesso tipo in base ai quali il consumatore versa il corrispettivo, per la durata della prestazione o fornitura, mediante pagamenti rateali".
(18) In tal senso, nelle sue conclusioni nella causa che ha dato luogo alla sentenza della Corte del 15 marzo2012, Xxxxxxxxxx e Perenič (C‑453/10, non ancora pubblicata nella Raccolta), l'avvocato generale Xxxxxxxxx ha affermato che, "[c]on riferimento ad un inquadramento tra gli elementi indicati all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, occorre evidenziare che il legislatore dell'Unione riconosce importanza all'indicazione del tasso annuo effettivo globale perché, in ultima analisi, essa riguarda l'oggetto principale del contratto di credito e, di fatto, informa sui costi che il mutuatario è tenuto a rimborsare al mutuante per la concessione del finanziamento. Il tasso annuo effettivo globale rappresenta così una delle prestazioni principali dovute al mutuante nella struttura complessiva dei diritti e dei doveri delle parti in base al contratto di credito. Ne consegue che anche una clausola contenente informazioni false sui costi
perché, ad esempio, il tasso annuo effettivo globale è stato calcolato in modo errato, può essere oggetto di controllo sostanziale ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, se non è formulata in modo chiaro e comprensibile" (paragrafo 117).
(19) Nella fattispecie, il giudice del rinvio, nell'ambito della terza questione, ha affermato che la validità e l'esecuzione del contratto di prestito controverso sarebbero compromesse in caso di eliminazione della clausola controversa.
(20) Sentenza del 26 aprile 2012 (C‑472/10, non ancora pubblicata nella Raccolta).
(21) A tal proposito, l'articolo 231, paragrafo 2, del codice civile ungherese dispone per l'appunto che "[u]n credito espresso in una valuta diversa [da quella avente corso legale nel luogo dell'esecuzione] deve essere convertito in base al tasso di cambio facente fede nel luogo e al momento del pagamento".
(22) Relazione del 27 aprile 2000 (cit., pagg. 15 e 16).
(23) Il carattere molto limitato di questa ipotesi di esclusione è stato evidenziato da X. Xxxxxxxx nel suo articolo (cit., pag. 947). L'autore ha sottolineato, in sostanza, che il rapporto qualità/prezzo non è mai soggetto a controllo, in quanto non esiste alcuno standard legale che possa fornire delle linee direttrici per un siffatto controllo.
(24) V., segnatamente, sentenze del 13 novembre 1990, Marleasing (C‑106/89, Racc. pag. I‑4135, punto 8),e del 7 dicembre 1995, Xxxxx e a. (C‑472/93, Racc. pag. I‑4321, punto 17).
(25) V., segnatamente, sentenza del 27 giugno 2000, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, Racc. pag. I‑4941, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).
(26) V. sentenze cit., Commissione/Paesi Bassi e Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid, punto 39.
(27) Del resto, occorre certamente intendere in questo senso il ricorso a due termini ("chiaro" e "comprensibile"). La "chiarezza" sembra vertere principalmente sull'aspetto redazionale della clausola. La "comprensibilità" della clausola, dal canto suo, concerne la possibilità di cogliere l'esatta portata dei termini utilizzati.
(28) Sentenza del 21 marzo 2013 (C‑92/11, non ancora pubblicata nella Raccolta).
(29) Il tasso di cambio unico regolarmente comunicato dalla stampa economica o generalista è la media dei due tassi di cambio.
(30) Senza voler anticipare la soluzione che sarà adottata in definitiva dal giudice nazionale, emerge che nel contratto non vi era nulla che consentiva di comprendere in cosa consistesse precisamente la differenza tra il tasso di cambio all'acquisto e il tasso di cambio alla vendita della valuta estera.
(31) Ai sensi di tale disposizione "[s]e non è possibile ripristinare la situazione preesistente alla conclusione del contratto, il giudice può dichiarare il contratto applicabile fino alla sua pronuncia. Un contratto invalido può essere dichiarato valido se è possibile rimuovere la causa di invalidità, in particolare in caso di sproporzione tra le prestazioni delle parti in un contratto usurario mediante l'eliminazione del vantaggio sproporzionato. In questi casi si deve ordinare, all'occorrenza, la restituzione della prestazione che resta dovuta in assenza di controprestazione".
(32) V. sentenza Banco Español de Credito, cit., punti 69 e 70.
(33) V. il tredicesimo considerando della direttiva 93/13, secondo cui "si parte dal presupposto che le disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri che disciplinano, direttamente o indirettamente, le clausole di contratti con consumatori non contengono clausole abusive".
(34) Sentenza Pereničová e Perenič, cit., punto 31.
(35) Tuttavia, nelle sue osservazioni, la parte convenuta ha affermato che la questione dell'eventuale applicabilità della normativa di natura sussidiaria ha natura ipotetica, dal momento che, alla data di conclusione del contratto di prestito in questione nella controversia di cui al procedimento principale, non esisteva una siffatta normativa. Peraltro, essa ha affermato che, dichiarando applicabile con efficacia cogente la disposizione normativa di natura sussidiaria, il giudice perverrebbe a restringere notevolmente la libertà contrattuale.
(36) V. sentenza Banco Español de Crédito, cit., punto 40 e giurisprudenza ivi citata.
(37) Benché la decisione di rinvio non menzioni espressamente le disposizioni sussidiarie in questione, dalle indicazioni fornite dal governo ungherese risulta che, alla data di conclusione del contratto controverso,
le disposizioni sussidiarie a cui il giudice del rinvio sembra far riferimento sono costituite dall'articolo 200/A della legge n° CXII. del 1996, relativa agli istituti di credito e alle imprese finanziarie, in combinato disposto con il suo articolo 234/A. In applicazione di tali disposizioni, applicabili a tutti i contratti in essere il 27 novembre 2010, i tassi di cambio fino ad allora applicati ai contratti di prestito espressi in valuta estera saranno sostituiti dal tasso di cambio ufficiale fissato dalla Magyar Nemzeti Bank o dal tasso medio della valuta fissato dalla banca.
IMPORTANTE:
Le conclusioni dell'avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia. Il compito dell'avvocato generale consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è stato designato. I giudici della Corte cominciano adesso a deliberare in questa causa. La sentenza sarà pronunciata in una data successiva.
C. Appello Xxxxxx x.0000, 17 lug 2013 Credito al consumo - Cessione del quinto dello stipendio - Usura - Voci ricomprese - Polizza assicurativa a garanzia del rischio morte, invalidità e perdita di impiego del debitore Inclusione - Necessità
Corte d'Appello di Milano 17 luglio 2013, n. 3283
Credito al consumo - Cessione del quinto dello stipendio - Usura - Voci ricomprese - Polizza assicurativa a garanzia del rischio morte, invalidità e perdita di impiego del debitore - Inclusione Necessità.
La determinazione del tasso ai fini dell'indagine sulla usura deve essere condotta tenendo conto di commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse solo quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito. In tale prospettiva deve essere ricompresa, nel calcolo del tasso praticato, anche la polizza assicurativa finalizzata alla garanzia del rimborso del mutuo.
Le direttive e le istruzioni della Banca d'Italia, quale organo di vigilanza ed indirizzo delle banche e degli operatori finanziari, non sono vincolanti per gli organi giurisdizionali, non essendo fonti normative.
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Tribunale Verona, 18 lug 2012 Contratto di credito al consumo Esclusione della sua assimilabilità al mutuo di scopo e sua riconducibilità alla categoria del collegamento negoziale necessario
Tribunale di Verona 18 luglio 2012
Contratto di credito al consumo - Esclusione della sua assimilabilità al mutuo di scopo e sua riconducibilità alla categoria del collegamento negoziale necessario.
Domanda di nullità avente ad oggetto il contratto finanziato - Estensione di tale domanda al contratto di finanziamento - Ammissibilità.
Il contratto di credito al consumo, pur caratterizzandosi per la presenza di una clausola di destinazione nel contratto di finanziamento, non è riconducibile alla diversa categoria del mutuo di scopo, ma si inserisce in un'autonoma categoria di collegamento negoziale necessario (con il contratto finanziato), di derivazione legale.
Il consumatore, il quale faccia valere vizi genetici o funzionali del contratto finanziato, può chiedere l'estensione della pronuncia di nullità, annullamento o caducazione anche al contratto di finanziamento.
Verbale dell'udienza del 18/7/2012 della causa civile iscritta al n. 18 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi dell'anno 2011 del Tribunale di Verona, pendente
TRA
Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx rappresentati e difesi dall'Avv. (omissis) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Verona
- attore-
E
O. S.r.l. in persona del legale rappresentante
- convenuta-contumace -
E
Santander Consumer Bank S.p.A. in persona del legale rappresentante *** rappresentato e difeso dagli Avv.ti omissis ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Verona
- convenuta -Omissis
SENTENZA
Il Tribunale Civile e Penale in composizione monocratica nella persona del xxxx. Xxxx Xxxxx Xxxxx, visti gli atti e le conclusioni formulate dalle parti tramite il richiamo degli atti introduttivi; preso atto della discussione della causa; considerato in fatto e in diritto che:
- con atto di citazione notificato il 24-31/12/2010 (che si richiama per relationem), Xxxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxx hanno convenuto in giudizio la Santander Consumer Bank S.p.A. e la O. S.r.l., deducendo che nel giugno 2006 avevano sottoscritto con la O. S.r.l. per conto dei rispettivi figli minori un contratto avente ad oggetto la formazione professionale di indossatrice/indossatore fotomodella/fotomodello per il corrispettivo di ? 4.960; contestualmente avevano sottoscritto con la Santander un contratto di finanziamento dell'importo di ? 4.700 per provvedere al pagamento del corrispettivo su indicato; O. S.r.l. non aveva poi dato esecuzione ai contratti di formazione e quindi gli attori avevano sospeso il pagamento delle rate di rimborso finanziamento dovute alla Santander;
- in particolare, gli attori hanno chiesto la dichiarazione di nullità dei due contratti di finanziamento per indeterminatezza dell'indicazione del servizio finanziato, la dichiarazione di risoluzione dei contratti stipulati con la O. S.r.l. per inadempimento di quest'ultima e la conseguente dichiarazione di invalidità ed inefficacia
dei contratti di finanziamento collegati, la condanna della Santander alla restituzione della somma di ? 864,69 in favore di Xxxxxxxx Xxxxxxxx e della somma di ? 2.175,31 in favore di Xxxxxxxx Xxxxxxx, rispettivamente versate a titolo di rimborso dei suddetti finanziamenti, l'ordine alla Santander di provvedere alla cancellazione della segnalazione degli attori alla Centrale Rischi e la condanna della stessa Santander al risarcimento dei danni subiti per effetto di tale segnalazione;
- la O. S.r.l. non si è costituita in giudizio ed è stata quindi dichiarata contumace, mentre con comparsa depositata il 22/3/2011 (che si richiama per relationem) si è costituita la Santander Consumer Bank S.p.A., contestando le domande degli attori sul presupposto dell'autonomia del contratto di finanziamento rispetto al contratto stipulato dalla O. S.r.l. e deducendo di aver tempestivamente provveduto a richiedere la cancellazione della segnalazione alla Centrale Rischi;
- la convenuta ha inoltre chiesto, in via riconvenzionale, la condanna degli attori al pagamento delle rate di rimborso del finanziamento scadute, nonché, in xxx xxxxxxxxxxx, xx xxxxxxxx xxxxx X. S.r.l. delle somme ricevute a tramite il finanziamento e quindi ? 4.700 per ciascun attore;
- la domanda della convenuta è stata notificata alla O. S.r.l. ai sensi dell'art. 292 c.p.c.;
- orbene, deve innanzi tutto giudicarsi fondata e va accolta la domanda di risoluzione dei contratti stipulati dagli attori e dalla convenuti O. S.r.l., atteso che: a) sulla convenuta gravava l'onere di dimostrare l'inesistenza o l'inimputabilità dell'inadempimento integrale delle proprie obbligazioni, contestatole dagli attori (x. Xxxx., S.U., n. 13533/2001); b) tale onere non è stato assolto, avendo la parte rinunciato a costituirsi in giudizio; c) deve quindi ritenersi provato il suddetto inadempimento, che va inoltre considerato "grave" ai sensi dell'art. 1455 c.c., concernendo per intero l'obbligazione principale della convenuta;
- occorre allora interrogarsi sulla conseguenza di tale statuizione sui contratti di finanziamento stipulati dagli stessi attori con la Santander;
- in questa prospettiva va osservato che: a) nella stipulazione dei contratti di finanziamento suindicati è pacifico che gli attori abbiano agito quali persone fisiche, per scopi di consumo, e che la convenuta abbia agito nell'esercizio della sua attività professionale di intermediario finanziario; b) tenuto conto del contenuto dei due contratti su evidenziati e dei requisiti soggettivi, il contratto di mutuo stipulato tra gli attori e la convenuta deve essere ricondotto alla fattispecie del credito al consumo disciplinata dagli artt. 40 e ss. del D.Lgs. n. 206/2005, nella formulazione applicabile ratione temporis; c) tale fattispecie contrattuale, pur caratterizzandosi per la presenza di una clausola di destinazione nel contratto di finanziamento, non è riconducibile alla diversa categoria del mutuo di scopo (in senso contrario x. Xxxx., n. 5966/2001), atteso che: c.1) il contratto di mutuo di scopo, sia di natura legale sia di natura convenzionale, si caratterizza per l'assunzione di un vero e proprio obbligo del mutuatario di destinare l'importo mutuato allo scopo dichiarato, rispondendo, questo, ad un interesse comune delle parti o ad un interesse pubblico; c.2) nel contratto di credito al consumo la previsione della destinazione della somma non costituisce un vincolo per il consumatore, ma semplicemente una tutela, attuata proprio attraverso il dettato normativo su evidenziato (a sua volta attuativo della Direttiva 87/102/CEE, oggi sostituita dalla più incisiva Direttiva 2008/48/Ce); d) più precisamente, il contratto di credito al consumo si inserisce in un'autonoma categoria di collegamento negoziale necessario (con il contratto finanziato), di derivazione legale; e) ed infatti, proprio la disciplina contenuta nei citati artt. 40 e ss. (e prima ancora negli artt. 121 e ss. D.Lgs. n. 385/93) induce a ritenere che il legislatore abbia considerato il contratto di credito al consumo come necessariamente collegato al contratto finanziato, tanto da prevedere il diritto del mutuatario ad esercitare un'azione diretta nei confronti del mutuante, per gli inadempimenti della controparte del contratto finanziato, sia pure a condizione dell'esistenza di un patto di esclusiva tra quest'ultimo ed il finanziatore stesso, e comunque in aggiunta agli ulteriori rimedi contrattuali azionabili nelle fattispecie di collegamento negoziale; f) in particolare, quest'ultima affermazione, pur essendo stato a lungo dibattuta in giurisprudenza e dottrina, deve ormai ritenersi pacifica, alla luce della recente sentenza del 23/4/2009 della Corte di Giustizia, che, nell'interpretare l'art. 11 della Direttiva 87/102/CEE (di cui l'art. 125 D.Lgs. n. 385/93 costituisce attuazione), ha precisato
che l'assenza di un accordo di esclusiva tra fornitore e finanziatore preclude la specifica azione diretta prevista dall'art. 11 (e dall'art. 125), ma non esclude le ulteriori azioni di caducazione del contratto di credito al consumo per vizi genetici o funzionali del contratto di fornitura, previste dai singoli ordinamenti giuridici (come l'ordinamento italiano, che, riconosce l'operatività e le conseguenze del principio simul stabunt simul cadent, ricostruendo il collegamento negoziale come un meccanismo espressivo dell'autonomia negoziale prevista dall'art. 1322 c.c., attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico complesso, che viene realizzato non già per mezzo di un autonomo e nuovo contratto, ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è concepito, funzionalmente e teleologicamente, come collegato con gli altri: V., tra le altre, Cass., n. 13164/2007); g) pertanto, ribadita la qualificazione del contratto di credito al consumo come fattispecie di collegamento necessario legale, si perviene alla conclusione che il consumatore, il quale faccia valere vizi genetici o funzionali del contratto finanziato, può chiedere l'estensione della pronuncia di nullità, annullamento o caducazione anche al contratto di finanziamento; h) peraltro, nel caso di specie si perviene alla stessa conclusione, anche se si esclude la qualificazione del contratto di credito al consumo come fattispecie di collegamento legale necessario, in quanto tra i due contratti rispettivamente stipulati dalle varie parti attrici è ravvisabile un vincolo genetico reciproco, tale da far ritenere che ci si trovi ad una fattispecie di collegamento volontario necessario (con la conseguente applicabilità del principio simul stabunt simul cadent); i) in questa prospettiva, infatti, è sufficiente evidenziare i seguenti indici di collegamento: i.1) i due contratti sono stati sottoscritti nel medesimo contesto; i.2) la sottoscrizione del contratto di finanziamento è stata raccolta dalla controparte del contratto finanziato; i.3) il contratto di finanziamento prevede la clausola di destinazione, con l'indicazione del bene acquistato tramite il finanziamento; i.4) il contratto di finanziamento prevede che l'importo finanziato sia consegnato dal finanziatore direttamente al fornitore;
- sulla base di tali osservazioni va dichiarata la risoluzione dei contratti di finanziamento, inconseguenza della dichiarazione di risoluzione dei contratti finanziati;
- né, d'altra parte, questa statuizione può ritenersi preclusa dall'art. 7 delle condizioni generali dei contratti di finanziamento, in ragione delle considerazioni già esposte e dell'ulteriore considerazione della nullità della clausola - ai sensi dell'art. 33, 2° comma, lett. b), D.Lgs. n. 206/2005, applicabile alla fattispecie in esame ratione temporis;
- alla dichiarazione di risoluzione dei contratti consegue l'accoglimento della domanda degli attori di ripetizione delle somme versate alla Santander in esecuzione dei contratti di finanziamento, nonché la domanda subordinata della convenuta di ripetizione della somma versata alla O. S.r.l. in virtù dei contratti stessi;
- deve invece essere dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda degli attori diretta ad ottenere la cancellazione della segnalazione alla Centrale Rischi, posto che dalla visure depositate con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 3, c.p.c., risulta che la convenuta ha provveduto alla relativa cancellazione solo dopo la notificazione dell'atto di citazione;
- infine deve essere rigettata la domanda di risarcimento danni proposta dagli attori sul presupposto dell'illiceità di tale segnalazione, posto che difetta qualsiasi allegazione idonea a consentire l'accertamento di danni patrimoniali o non patrimoniali conseguenti alla segnalazione stessa; - le spese di lite seguono la soccombenza;
P.Q.M.
definitivamente pronunciando:
1. dichiara la risoluzione dei contratti stipulati dagli attori con la O. S.r.l. e con la SantanderConsumer Bank S.p.A., così come dedotti in giudizio;
2. condanna la Santander Consumer Bank S.p.A. a restituire a Xxxxxxxx Xxxxxxxx la somma di ?864,69, oltre interessi legali dalla domanda al saldo e ad Xxxxxxxx Xxxxxxx la somma di ? 2.175,31, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;
3. condanna la O. S.r.l. a restituire alla Santander Consumer Bank S.p.A. la somma di ? 9.400, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;
4. dichiara la cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda degli attori diretta ad ottenere la cancellazione della segnalazione alla Centrale Rischi;
5. rigetta la domanda di risarcimento danni proposta dagli attori;
6. condanna la Santander Consumer Bank S.p.A. e la O. S.r.l., in solido, a rimborsare a Xxxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxx, in solido, le spese di lite che liquida in complessivi ? 4.409,48, di cui ?
223,36 per spese non imponibili ed ? 1.717,87 per diritti, oltre iva e cpa;
7. condanna la O. S.r.l. a rimborsare alla Santander Consumer Bank S.p.A. le spese di lite, che liquida in complessivi ? 2.300, di cui ? 1.300 per onorari ed ? 1.000 per diritti, oltre rimborso forfettario delle spese generali e cpa.
Xxxxx xx Xxxxxxxxx Xxxxxxx, 00 mar 2012 Tutela dei consumatori Contratto di credito al consumo - Erronea indicazione del tasso annuo effettivo globale
Xxxxx xx Xxxxxxxxx Xxxxxxx
00 marzo 2012, Prima Sezione (*)
Tutela dei consumatori - Contratto di credito al consumo - Erronea indicazione del tasso annuo effettivo globale
- Incidenza delle pratiche commerciali sleali e delle clausole abusive sulla validità del contratto nel suo complesso
Chiamata a pronunciarsi sulla questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE in materia di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, la Corte di Giustizia Europea con la presente sentenza, ha fissato il principio per cui agli Stati membri è concessa la possibilità di garantire un livello di tutela per i consumatori più elevato di quello previsto dalla direttiva citata.
La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata sollevata nell'ambito di una controversia relativa ad un contratto di finanziamento erogato da un istituto bancario di credito al consumo il quale riportava tassi di interesse esorbitanti, oltre a prevedere, più in generale, diverse clausole sfavorevoli, per cui i ricorrenti nel procedimento principale chiedevano al giudice di accertare l'integrale nullità del contratto medesimo. Propedeutica a tale accertamento è stata ritenuta l'interpretazione dell'articolo 6 della direttiva 93/13, a mente del quale "Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato tra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive". La Corte europea è stata pertanto investita della questione pregiudiziale diretta a chiarire se l'articolo 6 della direttiva possa essere interpretato nel senso che permette agli organi giurisdizionali nazionali, allorché accertino l'esistenza di clausole abusive contenute in un contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore, di dichiarare che detto contratto nel suo complesso non vincola il consumatore quando tale soluzione sia più favorevole a quest'ultimo.
La Corte premette che in relazione all'incidenza dell'accertamento del carattere abusivo delle clausole contrattuali sulla validità del contratto in questione, ai sensi del suddetto articolo 6, tale contratto resta vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive. Incombe, pertanto, ai giudici nazionali che accertano il carattere abusivo delle clausole contrattuali valutare se il contratto in questione possa essere mantenuto in assenza delle clausole abusive. In questa direzione, sia il tenore letterale della norma in questione, sia le esigenze riconducibili alla certezza delle attività economiche inducono a ritenere che, nel valutare se un contratto contenente una o diverse clausole abusive possa essere mantenuto in vigore in assenza di dette clausole, il giudice adito non possa basarsi unicamente sull'eventuale vantaggio, per il consumatore, derivante dall'annullamento del contratto nel suo complesso.
Ciò posto, sottolineano i giudici europei come la direttiva 93/13 abbia effettuato solo un'armonizzazione parziale e minima delle legislazioni nazionali relativamente alle clausole abusive, riconoscendo al contempo agli Stati membri la possibilità di garantire un livello di tutela per i consumatori più elevato di quello previsto dalla normativa europea. Così, il successivo articolo 8 di detta direttiva prevede espressamente la possibilità per gli Stati membri di "adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il Trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore".
Per i giudici di Lussemburgo, dunque, l'articolo 6 della direttiva 93/13/CEE deve essere interpretato nel senso che, nel valutare se un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore e contenente una o più clausole abusive possa continuare a sussistere in assenza di dette clausole, il giudice adito non può fondarsi unicamente sull'eventuale vantaggio per una delle parti, nella fattispecie il consumatore, derivante dall'annullamento del contratto in questione nel suo complesso. Tuttavia ciò non esclude che uno Stato membro possa prevedere, nel rispetto del diritto dell'Unione, che il contratto sia nullo nel suo complesso qualora ciò risulti garantire una migliore tutela del consumatore. Così, mentre la normativa europea prevede la nullità della sola clausola abusiva all'interno di un contratto tra un cittadino ed un professionista, i singoli Stati membri possono anche prevedere la caducazione dell'intero contratto se la misura risulta più favorevole per il consumatore. Nella causa C-453/10,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dall'Okresný súd Presov (Slovacchia) con decisione del 31 agosto 2010, pervenuta in cancelleria il 16 settembre 2010, nel procedimento
Xxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxxx
contro
SOS financ, spol. s r. o.,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. X. Xxxxxxx, presidente di sezione, dai sigg. X. Xxxxxx (relatore), X. Xxxx Xxxxxxx, X. Xxxxxx e X.-X. Xxxxx, xxxxxxx, avvocato generale: sig.ra X. Xxxxxxxxx cancelliere: sig.ra K. Xxxxxxx-Xxxxxxxxx, amministratore vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 15 settembre 2011, considerate le osservazioni presentate:
- per X. Xxxxxxxxxx e X. Xxxxxxx, da I. Xxxxxxxx e X. Xxxxxx, advokáti;
- per il governo slovacco, da X. Xxxxxxxx, in qualità di agente;
- per il governo tedesco, da X. Xxxxx e X. Xxxxxx, in qualità di agenti;
- per il governo spagnolo, da X. Xxxx Xxxxxx, in qualità di agente;
- per il governo austriaco, da X. Xxxxxxxxxxx, in qualità di agente;
- per la Commissione europea, da X. Xxxxx, X. Xxxxx e X. Xxxxxxx-Xxxxxxx, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 29 novembre 2011, ha pronunciato la seguente
Sentenza
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29), e delle disposizioni della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio ("direttiva sulle pratiche commerciali sleali") (GU L 149, pag. 22), nonché sull'incidenza che l'applicazione della direttiva 2005/29 potrebbe avere sulla direttiva 93/13.
2. Tale domanda è stata sollevata nell'ambito di una controversia tra, da un lato, la sig.ra Xxxxxxxxxx ed il sig. Xxxxxxx e, dall'altro, la SOS financ, spol. s r. o. (in prosieguo: "SOS"), istituto non bancario che concede crediti al consumo, in relazione ad un contratto di credito stipulato tra gli interessati e detta società. Contesto normativo
La normativa dell'Unione
La direttiva 93/13
3. Il settimo, il sedicesimo, il ventesimo, nonché il ventunesimo considerando della direttiva 93/13 prevedono rispettivamente:
"considerando che in questo modo i venditori di beni e i prestatari di servizi saranno facilitati nelle loro attività commerciali sia nel proprio Stato che in tutto il mercato unico e che sarà stimolata la concorrenza, contribuendo così a maggiori possibilità di scelta per i cittadini comunitari in quanto consumatori;
(.)
considerando (.) che nel valutare la buona fede occorre rivolgere particolare attenzione alla forza delle rispettive posizioni delle parti, al quesito se il consumatore sia stato in qualche modo incoraggiato a dare il suo accordo alla clausola e se i beni o servizi siano stati venduti o forniti su ordine speciale del consumatore; che il professionista può soddisfare il requisito di buona fede trattando in modo leale ed equo con la controparte, di cui deve tenere presenti i legittimi interessi;
(.)
considerando che i contratti devono essere redatti in termini chiari e comprensibili, che il consumatore deve avere la possibilità effettiva di prendere conoscenza di tutte le clausole (.);
considerando che gli Stati membri devono prendere le misure necessarie per evitare l'inserzione di clausole abusive in contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori; che se, ciò nonostante, tali clausole figurano in detti contratti, esse non vincoleranno il consumatore, e il contratto resta vincolante per le parti secondo le stesse condizioni, qualora possa sussistere anche senza le clausole abusive".
4. Ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 93/13:
"1. Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.
(.)
3. L'allegato contiene un elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive".
5. L'articolo 4 di tale direttiva prevede:
"1. (.) [I]l carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende.
2. La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell'oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall'altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile".
6. L'articolo 5 della direttiva citata dispone quanto segue:
"Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono essere sempre redatte in modo chiaro e comprensibile. In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l'interpretazione più favorevole al consumatore (.)".
7. Ai sensi dell'articolo 6 della medesima direttiva:
"1. Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato tra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive.
(.)".
8. L'articolo 8 della direttiva 93/13 enuncia:
"Gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il Trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore".
9. L'allegato della direttiva 93/12 elenca le clausole di cui all'articolo 3, paragrafo 3, di quest'ultima: "1. Clausole che hanno per oggetto o per effetto di:
(.)
i) constatare in modo irrefragabile l'adesione del consumatore a clausole di cui egli non ha avuto di fatto possibilità di prendere conoscenza prima della conclusione del contratto;
(.)".
La direttiva 2005/29
10. L'articolo 2 della direttiva 2005/29 è così redatto:
"Ai fini della presente direttiva, si intende per:
(.)
c) "prodotto": qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;
d) "pratiche commerciali delle imprese nei confronti dei consumatori" (in seguito denominate "pratiche commerciali"): qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;
e) "falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori": l'impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso;
(.)
k) "decisione di natura commerciale": una decisione presa da un consumatore relativa a se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali condizioni, se pagare integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o disfarsene o se esercitare un diritto contrattuale in relazione al prodotto. Tale decisione può portare il consumatore a compiere un'azione o all'astenersi dal compierla;
(.)".
11. L'articolo 3 di tale direttiva prevede:
"1. La presente direttiva si applica alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori, come stabilite all'articolo 5, poste in essere prima, durante e dopo un'operazione commerciale relativa a un prodotto.
2. La presente direttiva non pregiudica l'applicazione del diritto contrattuale, in particolare delle norme sulla formazione, validità o efficacia di un contratto.
(.)
4. In caso di contrasto tra le disposizioni della presente direttiva e altre norme comunitarie che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici.
5. Per un periodo di sei anni a decorrere dal 12 giugno 2007 gli Stati membri possono continuare ad applicare disposizioni nazionali più dettagliate o vincolanti di quelle previste dalla presente direttiva nel settore da essa armonizzato, in attuazione di direttive contenenti clausole minime di armonizzazione. Tali misure devono essere essenziali al fine di assicurare un'adeguata protezione dei consumatori da pratiche commerciali sleali e devono essere proporzionate al raggiungimento di tale obiettivo.
(.)".
12. L'articolo 5 della medesima direttiva è del seguente tenore: "1. Le pratiche commerciali sleali sono vietate.
2. Una pratica commerciale è sleale se:
a) è contraria alle norme di diligenza professionale, e
b) falsa o è idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori.
3. Le pratiche commerciali che possono falsare in misura rilevante il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista può ragionevolmente prevedere sono valutate nell'ottica del membro medio di tale gruppo (.)
4. In particolare, sono sleali le pratiche commerciali:
a) ingannevoli di cui agli articoli 6 e 7
o
b) aggressive di cui agli articoli 8 e 9.
(.)".
13. Ai sensi dell'articolo 6 della medesima direttiva:
"1. È considerata ingannevole una pratica commerciale che contenga informazioni false e sia pertanto non veritiera o in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, inganni o possa ingannare il consumatore medio, anche se l'informazione è di fatto corretta, riguardo a uno o più dei seguenti elementi e in ogni caso lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:
(.)
d) il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l'esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo; (.)".
14. L'articolo 7 della direttiva 2005/29 così dispone:
"1. È considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induca o sia idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
2. Una pratica commerciale è altresì considerata un'omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al paragrafo 1, tenendo conto degli aspetti di cui a detto paragrafo, o non indica l'intento commerciale della pratica stessa, qualora non risultino già evidenti dal contesto e quando, in uno o nell'altro caso, ciò induce o è idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
(.)".
15 L'articolo 11 di detta direttiva dispone:
"1. Gli Stati membri assicurano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per combattere le pratiche commerciali sleali al fine di garantire l'osservanza delle disposizioni della presente direttiva nell'interesse dei consumatori.
(.)".
16. Ai sensi dell'articolo 13 di detta direttiva:
"Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in applicazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'applicazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive".
La normativa nazionale
17. L'articolo 52 del codice civile slovacco prevede quanto segue:
"1) Si intende per "contratto concluso con un consumatore" un contratto stipulato, a prescindere dalla forma giuridica, tra un fornitore e un consumatore.
2) Le clausole di un contratto concluso con un consumatore, come anche ogni altra disposizione che disciplini un rapporto giuridico nel quale un consumatore è parte, si applicano sempre in senso favorevole al consumatore che lo ha stipulato. È nulla ogni altra convenzione o accordo di natura contrattuale distinto il cui contenuto o il cui scopo mirino a eludere tali disposizioni.
(.)
4) Si intende per "consumatore" ogni persona fisica che, per la stipula e l'esecuzione di un contratto di consumo, non agisce nell'ambito della sua attività commerciale o di altra attività imprenditoriale".
18. L'articolo 53 di detto codice così recita:
"1) Un contratto concluso con un consumatore non deve contenere disposizioni atte a creare, a danno del consumatore, un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti (clausola abusiva). Non è abusiva una clausola contrattuale che riguarda l'oggetto principale dell'esecuzione o la congruità del prezzo, se è formulata in modo preciso, chiaro e comprensibile, o se è stata oggetto di negoziato individuale.
(.)
4) Sono considerate clausole abusive, in particolare, le disposizioni contenute in un contratto concluso con un consumatore, le quali:
(.)
k) impongano, a titolo di penalità, al consumatore che non adempie ai propri obblighi, il pagamento di un indennizzo per un importo sproporzionatamente elevato,
(.)
5) Le clausole abusive che compaiono in un contratto concluso con un consumatore sono nulle".
19. L'articolo 4 della legge n. 258/2001 relativa ai crediti al consumo così dispone:
"1) Il contratto di credito al consumo deve essere concluso per iscritto, a pena di nullità, e il consumatore deve riceverne un esemplare.
2) Il contratto di credito al consumo deve contenere, oltre alle disposizioni generali: (.)
j) un'indicazione del tasso annuo effettivo globale [in prosieguo: il "TAEG"] e di tutte le spese associate al credito a carico del consumatore, calcolati in base a dati attuali al momento della conclusione del contratto,
(.)
Qualora il contratto di credito al consumo non contenga gli elementi indicati al paragrafo 2, [lettera] j), il credito concesso si considera esente da interessi e spese".
Causa principale e questioni pregiudiziali
20. Con il loro ricorso, i ricorrenti nel procedimento principale chiedono al giudice del rinvio di accertare la nullità del contratto di credito da loro stipulato con la SOS, istituto non bancario che concede crediti al consumo mediante contratti standardizzati. Risulta dalla decisione di rinvio che il credito in questione è stato concesso ai ricorrenti nel procedimento principale il 12 marzo 2008.
21. In forza di detto contratto, la SOS ha concesso ai ricorrenti nel procedimento principale un credito per l'importo di SKK 150 000 (EUR 4 979), che doveva essere rimborsato in 32 rate mensili di XXX 0 000 (XXX
199) l'una, alle quali si aggiunge una trentatreesima rata pari all'importo del credito concesso. I ricorrenti nel procedimento principale sono pertanto tenuti a restituire la somma di SKK 342 000 (EUR 11 352).
22. Il TAEG indicato in detto contratto ammonta al 48,63%, mentre, secondo i calcoli del giudice di rinvio, esso ammonta, in realtà, al 58,76%, in quanto la SOS non ha incluso nel relativo calcolo alcune spese connesse al credito concesso.
23. Inoltre, risulta dalla decisione di rinvio che il contratto contiene diverse clausole sfavorevoli ai ricorrenti nel procedimento principale.
24. Il giudice del rinvio rileva che la dichiarazione di nullità di detto contratto di credito a breve termine nel suo complesso, pronunciata in ragione del carattere abusivo di alcune sue clausole, sarebbe più vantaggiosa per i ricorrenti nel procedimento principale rispetto al mantenimento in vigore delle clausole non abusive del medesimo contratto. Infatti, nel primo caso, i consumatori in questione sarebbero tenuti a versare soltanto gli interessi di mora, al tasso del 9%, e non l'insieme delle spese per la concessione del credito, che sarebbero ben più elevate degli interessi summenzionati.
25. Ritenendo che la soluzione della controversia dipendesse dall'interpretazione delle pertinenti disposizioni del diritto dell'Unione, l'Okresný súd Presov (Tribunale distrettuale di Presov) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
"1) Se l'ambito della tutela del consumatore ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 (.) sia tale da consentire, nel caso in cui siano individuate clausole contrattuali abusive, di considerare che il contratto nel suo complesso non vincola il consumatore, qualora ciò sia più favorevole a quest'ultimo.
2) Se i criteri che configurano una pratica commerciale sleale ai sensi della direttiva 2005/29 (.) siano tali da consentire di considerare che, allorché l'operatore menziona nel contratto un [TAEG] inferiore a quello reale, si possa ritenere tale comportamento dell'operatore nei confronti del consumatore una pratica commerciale sleale. Se la direttiva 2005/29 (.) ammetta, nel caso in cui sia accertata una pratica commerciale sleale, che ciò
abbia influenza sulla validità del contratto di credito e sul conseguimento della finalità degli articoli 4, paragrafo 1, e 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 qualora la nullità del contratto sia più favorevole per il consumatore».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
26. Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 6, paragrafo 1,della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che permette agli organi giurisdizionali nazionali, allorché accertano l'esistenza di clausole abusive contenute in un contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore, di dichiarare che detto contratto nel suo complesso non vincola il consumatore in quanto tale soluzione è più favorevole a quest'ultimo.
27. Per rispondere alla suddetta questione va ricordato, in limine, che il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 è fondato sull'idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative che il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte preventivamente dal professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse (sentenze del 26 ottobre 2006, Mostaza Claro, C-168/05, Racc. pag. I-10421, punto 25; del 4 giugno 2009, Pannon GSM, C-243/08, Racc. pag. I-4713, punto 22, e del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones, C-40/08, Racc. pag. I-9579, punto 29).
28. Tenuto conto di siffatta situazione di inferiorità, l'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 impone agli Stati membri di disporre che le clausole abusive "non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali". Come si evince dalla giurisprudenza, si tratta di una norma imperativa che mira a sostituire all'equilibrio formale che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti un equilibrio reale, atto a ristabilire l'uguaglianza tra queste ultime (v. sentenze Mostaza Claro, cit. supra, punto 36; Asturcom Telecomunicaciones, cit. supra, punto 00, x xxx 0 xxxxxxxx 0000, XX Pénzügyi Lízing, C- 137/08, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47).
29. In relazione all'incidenza dell'accertamento del carattere abusivo delle clausole contrattuali sulla validità del contratto in questione, occorre rilevare che, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, in fine, della direttiva 93/13, detto "contratto rest[a] vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive".
30. Alla luce di quanto precede, incombe ai giudici nazionali che accertano il carattere abusivo delle clausole contrattuali, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, da un lato, trarre tutte le conseguenze che ne derivano secondo il diritto nazionale affinché tale consumatore non sia vincolato da dette clausole (v. sentenza Asturcom Telecomunicaciones, cit. supra, punti 58 e 59, nonché ordinanza del 16 novembre 2010, Pohotovosť, C-76/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 62) e, dall'altro, valutare se il contratto in questione possa essere mantenuto in assenza di dette clausole abusive (v. ordinanza Pohotovosť, cit., punto 61).
31. Invero, così come risulta dalla giurisprudenza richiamata al punto 28 della presente sentenza ecome rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, la finalità perseguita dal legislatore dell'Unione attraverso la direttiva 93/13 consiste nel ripristinare l'equilibrio tra le parti, salvaguardando al contempo, in linea di principio, la validità del contratto nel suo complesso, e non nell'annullamento di qualsiasi contratto contenente clausole abusive.
32. Con riferimento ai criteri che permettono di valutare se un contratto possa effettivamente essere mantenuto in assenza delle clausole abusive, occorre rilevare che sia il tenore letterale dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 sia le esigenze riconducibili alla certezza giuridica delle attività economiche depongono a favore di un approccio obiettivo in sede di interpretazione di detta disposizione, sicché, come rilevato
dall'avvocato generale ai paragrafi 66-68 delle sue conclusioni, la posizione di una delle parti del contratto, nella fattispecie il consumatore, non può essere presa in considerazione quale criterio determinante per disciplinare la sorte futura del contratto.
33. Di conseguenza, l'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non può essere interpretato nel senso che, nel valutare se un contratto contenente una o diverse clausole abusive possa essere mantenuto in vigore in assenza di dette clausole, il giudice adìto può basarsi unicamente sull'eventuale vantaggio, per il consumatore, derivante dall'annullamento di detto contratto nel suo complesso.
34. Ciò posto, occorre nondimeno rilevare che la direttiva 93/13 ha effettuato solo un'armonizzazione parziale e minima delle legislazioni nazionali relativamente alle clausole abusive, riconoscendo al contempo agli Stati membri la possibilità di garantire un livello di tutela per i consumatori più elevato di quello previsto dalla direttiva stessa. Così, l'articolo 8 di detta direttiva prevede espressamente la possibilità per gli Stati membri di "adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla (.) direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il Trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore" (v. sentenza del 3 giugno 0000, Xxxx xx Xxxxxxx x Xxxxx xx Xxxxxx xx Xxxxxx, C-484/08, Racc. pag. I-4785, punti 28 e 29).
35. Di conseguenza, la direttiva 93/13 non osta ad una normativa nazionale adottata da uno Stato membro, nel rispetto del diritto dell'Unione, la quale permetta di dichiarare la nullità complessiva di un contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore e contenente una o più clausole abusive, qualora ciò risulti garantire una migliore tutela del consumatore.
36. Alla luce di tali considerazioni, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l'xxxxxxxx0, paragrafo 1, della direttiva 93/13 dev'essere interpretato nel senso che, nel valutare se un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore e contenente una o più clausole abusive possa continuare a sussistere in assenza di dette clausole, il giudice adìto non può fondarsi unicamente sull'eventuale vantaggio per una delle parti, nella fattispecie il consumatore, derivante dall'annullamento di detto contratto nel suo complesso. Ciononostante, tale direttiva non osta a che uno Stato membro preveda, nel rispetto del diritto dell'Unione, che un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore e contenente una o più clausole abusive sia nullo nel suo complesso qualora ciò risulti garantire una migliore tutela del consumatore.
Sulla seconda questione
37. Con la sua seconda questione, il giudice di rinvio chiede, in sostanza, se la menzione in un contratto di credito al consumo di un TAEG inferiore a quello reale possa ritenersi una pratica commerciale sleale, ai sensi della direttiva 2005/29. In caso affermativo, si domanda alla Corte quali siano le conseguenze da trarre da siffatto accertamento ai fini della valutazione del carattere abusivo delle clausole di detto contratto, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, nonché della validità di tale contratto nel suo complesso, alla luce dell'articolo 6, paragrafo 1, di quest'ultima direttiva.
38. Per rispondere a tale questione occorre rammentare, innanzitutto, che l'articolo 2, lettera d),della direttiva 2005/29 definisce, impiegando una formulazione particolarmente estesa, la nozione di "pratica commerciale" come "qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori" (sentenze del 14 gennaio 2010, Plus Warenhandelsgesellschaft, C-304/08, Racc. pag. I-217, punto 36, e del 9 novembre 2010, Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag, C-540/08, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 17).
39. Inoltre, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2005/29, in combinato disposto con l'articolo 2, lettera c), della medesima, tale direttiva si applica alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori, poste in essere prima, durante o dopo un'operazione commerciale relativa ad un prodotto o ad un servizio. Ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4, di detta direttiva, sono in particolare sleali le pratiche commerciali ingannevoli.
40. Infine, così come risulta dall'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2005/29, è considerata ingannevole una pratica commerciale che contenga informazioni false e sia pertanto non veritiera o in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, inganni o possa ingannare il consumatore medio, riguardo ad uno o più degli elementi elencati dal medesimo articolo 6, paragrafo 1, e in ogni caso lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Tra gli elementi menzionati da tale disposizione figura, segnatamente, il prezzo o il modo in cui questo è calcolato.
41. Orbene, una pratica commerciale, come quella in questione nel procedimento principale, che consiste nel menzionare in un contratto di credito un TAEG inferiore a quello reale, costituisce una falsa informazione quanto al costo complessivo del credito e, pertanto, al prezzo ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2005/29. Allorché la menzione di un TAEG siffatto induce o è idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare, tale falsa informazione deve essere qualificata come pratica commerciale "ingannevole" ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva.
42. Per quanto riguarda l'incidenza di siffatta constatazione sulla valutazione del carattere abusivo delle clausole di detto contratto, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, occorre rilevare che tale disposizione definisce, impiegando una formulazione particolarmente estesa, i criteri che permettono di svolgere tale valutazione, ricomprendendovi espressamente "tutte le circostanze" che accompagnano la conclusione del contratto in questione.
43. Alla luce delle suesposte considerazioni, così come in sostanza rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 125 delle sue conclusioni, l'accertamento del carattere sleale di una pratica commerciale rappresenta un elemento tra gli altri sul quale il giudice competente può basare la sua valutazione del carattere abusivo delle clausole di un contratto ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13.
44. Tale elemento non è tuttavia idoneo a dimostrare automaticamente e di per sé il carattere abusivo delle clausole controverse. Infatti, spetta al giudice del rinvio statuire sull'applicazione dei criteri generali enunciati agli articoli 3 e 4 della direttiva 93/13 ad una clausola particolare che dev'essere esaminata in relazione a tutte le circostanze proprie al caso di specie (v., in tal senso, sentenze del 1° aprile 2004, Xxxxxxxxxx Kommunalbauten, C-237/02, Racc. pag. I-3403, punti 19-22; Pannon GSM, cit. supra, punti 37-43; VB Pénzügyi Lízing, cit. supra, punti 42 e 43, nonché ordinanza Pohotovosť, cit. supra, punti 56-60).
45. Quanto alle conseguenze da trarre dall'aver accertato che la falsa indicazione del TAEG rappresenta una pratica commerciale sleale ai fini della valutazione, con riferimento all'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, della validità di tale contratto nel suo complesso, è sufficiente rilevare che la direttiva 2005/29 non pregiudica l'applicazione, ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 2, del diritto contrattuale, né, in particolare, delle norme sulla formazione, validità o efficacia dei contratti.
46. Di conseguenza, l'accertamento del carattere sleale di una pratica commerciale non ha diretta incidenza sulla validità del contratto ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13.
47. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che una pratica commerciale, come quella in questione nel procedimento principale, consistente nel menzionare in un contratto di credito un TAEG inferiore a quello reale, deve essere qualificata come "ingannevole" ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2005/29, qualora induca o sia idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Spetta al giudice del rinvio accertare se ciò avvenga nel procedimento principale. L'accertamento del carattere sleale di una siffatta pratica commerciale rappresenta un elemento tra gli altri sul quale il giudice competente può fondare, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, la sua valutazione del carattere abusivo delle clausole del contratto relative al costo del prestito concesso al consumatore. Un tale accertamento non ha tuttavia diretta incidenza sulla valutazione, sotto il profilo dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, della validità del contratto di credito stipulato.
Sulle spese
48. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidentesollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) L'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, dev'essere interpretato nel senso che, nel valutare se un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore e contenente una o più clausole abusive possa continuare a sussistere in assenza di dette clausole, il giudice adìto non può fondarsi unicamente sull'eventuale vantaggio per una delle parti, nella fattispecie il consumatore, derivante dall'annullamento del contratto in questione nel suo complesso. Ciononostante, tale direttiva non osta a che uno Stato membro preveda, nel rispetto del diritto dell'Unione, che un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore e contenente una o più clausole abusive sia nullo nel suo complesso qualora ciò risulti garantire una migliore tutela del consumatore.
2) Una pratica commerciale, come quella in questione nella causa principale, consistente nel menzionare in un contratto di credito un tasso annuo effettivo globale inferiore a quello reale, deve essere qualificata come "ingannevole" ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio ("direttiva sulle pratiche commerciali sleali"), qualora induca o sia idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Spetta al giudice nazionale verificare se ciò avvenga nel procedimento principale. L'accertamento del carattere sleale di una siffatta pratica commerciale rappresenta un elemento tra gli altri sul quale il giudice competente può fondare, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, la sua valutazione del carattere abusivo delle clausole del contratto relative al costo del prestito concesso al consumatore. Un tale accertamento non ha tuttavia diretta incidenza sulla valutazione, sotto il profilo dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, della validità del contratto di credito stipulato.
(*) Lingua processuale: lo slovacco.
Tribunale Milano, 24 ott 2008 Credito al consumo - Esistenza di tre rapporti bilaterali tra le parti - Collegamento causale - Sussistenza
Tribunale di Milano 24 ottobre 2008
Est. Xxxx Xxxxx Xxxxxx
Credito al consumo - Esistenza di tre rapporti bilaterali tra le parti - Collegamento causale Sussistenza.
In tema di contratti di credito al consumo, la prescrizione dell'art. 124, comma 3, lett. a) del TUB, che a pena di nullità prescrive la descrizione dei beni e dei servizi oggetto dell'acquisto finanziato, la previsione dell'azione del consumatore nei confronti del finanziatore di cui all'art. 125, comma 4 (nel testo previgente), nonché la
circostanza che quasi sempre nella prassi sono individuabili tre rapporti bilaterali (quello tra finanziatore e cliente finanziato, quello tra cliente e fornitore del bene o servizio e quello tra finanziatore e fornitore) indica l'esistenza tra tali rapporti di un collegamento causale tale per cui "l'esistenza, la validità, l'efficacia, l'esecuzione dell'uno influisce sulla validità, sull'efficacia e sull'esecuzione dell'altro".
R.G. n. 60197/2007
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Su ricorso di Banca X S.p.A. - Divisione P., con decreto n. 22969/2007 del 29.6.2006, il tribunale di Milano ha ingiunto a G.M. il pagamento dell'importo di ? 3.450,01 oltre interessi e spese quale residuo debito di un finanziamento di £. 5.000.000 erogato nel giugno del 2000.
L'ingiunta M. ha proposto rituale opposizione chiedendo la revoca del decreto ed il rigetto di ogni domanda; ha esposto di aver sottoscritto nel giugno 2000 due contratti di credito al consumo (uno con Banca X, uno con
L. S.p.A., con la quale aveva poi trovato una transazione avanti al giudice di pace) ciascuno dell'importo di £. 5.000.000, per un trattamento estetico in otto sedute che aveva prenotato presso il centro estetico di P. S.r.l.; poiché il centro aveva in seguito chiuso e la società era stata dichiarata fallita senza aver fornito alcuna prestazione, l'opponente ne ha dedotto lo scioglimento del contratto di trattamento estetico e la risoluzione di diritto anche del collegato contratto di finanziamento, quale mutuo di scopo. In via riconvenzionale ha chiesto la condanna di controparte alla restituzione dell'importo di ? 1.062, pari alle rate già corrisposte alla finanziaria prima del fallimento del centro estetico. Ha eccepito l'insussistenza dei presupposti di legge per l'emissione del decreto ingiuntivo, in quanto il documento prodotto dall'istante non aveva i requisiti (attestazione di conformità da parte di un dirigente, nel caso non identificato) richiesti dall'art. 50 TUB; P. non avrebbe neppure mai erogato al centro estetico la somma di cui ora chiede la restituzione.
Alla prima udienza nessuno è comparso per l'opposta e Banca X è stata dichiarata contumace; su richiesta della difesa attrice le è stato concesso termine ex art. 183, 6° comma, n. 2 c.p.c..
Nel predetto termine si è costituita Banca X S.p.A. chiedendo il rigetto dell'opposizione e, in ogni caso, la condanna dell'opponente al pagamento della somma portata dal decreto. Ha affermato la regolarità dell'estratto prodotto in sede monitoria, e nel merito ha negato l'automatica risoluzione del contratto concluso con il centro estetico per effetto del fallimento dello stesso (in quanto compravendita di servizi e non appalto) e ha contestato la sussistenza di prova dell'inadempimento di P.; il contratto azionato non sarebbe mutuo di scopo, bensì credito al consumo, in subordine sarebbe qualificabile come mutuo di scopo volontario, laddove il testo contrattuale, all'art. 15, esclude un collegamento causale tra acquisto del trattamento estetico e finanziamento da parte di P.; la somma mutuata era stata trasferita alla P. in forza di mandato irrevocabile sottoscritto dalla M..
Il g.i., rilevato che la tardiva costituzione costituiva violazione del diritto di difesa dell'opponente (che si vedeva precluse le attività di cui all'art. 183, 6° comma, n. 1), ha rimesso in termini entrambe le parti per il deposito delle memorie di cui all'art. 183, 6° comma, c.p.c..
All'esito di tali memorie, il g.i. ha ritenuto la causa matura per la decisione senz'altra istruttoria. Precisate le conclusioni nei termini riportati in epigrafe, il giudice ha riservato la decisione ex art. 281-quinquies all'esito del deposito delle memorie conclusive ex art. 190 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- L'opposta si è costituita tardivamente, e la rimessione in termini di cui al provvedimento 8.1.2008 del g.i. riguarda solo i termini di cui all'art. 183, 6° comma, c.p.c. mentre deve ritenersi maturata la decadenza di cui all'art. 167 c.p.c..
Ne consegue, come ribadito dall'opponente, che Banca X è decaduta dal potere di proporre domande riconvenzionali. Questo tuttavia non comporta inammissibilità della domanda, diversa dal mero rigetto dell'opposizione, proposta dall'opposta. L'opposizione apre infatti un giudizio di cognizione piena sulla pretesa azionata dal ricorrente in monitorio, e costituendosi tardivamente Banca X non ha fatto altro che chiedere il pagamento che aveva chiesto con il ricorso per ingiunzione. La richiesta "in ogni caso" di "condannare la sig.ra
G.M. al pagamento in favore di Banca X S.p.A. della somma di ? 3.450,01 oltre interessi convenzionali di mora a decorrere dal 23.2.2007 fino al saldo" non costituisce una nuova domanda riconvenzionale (in quanto non ampia il thema decidendum né il thema probandum), ma è la stessa pretesa di cui al ricorso per ingiunzione.
L'atto di opposizione contesta l'efficacia probatoria dell'estratto conto posto da P. a corredo del ricorso in monitorio, osservando che il documento prodotto non può ritenersi estratto conto ai sensi dell'art. 50 D.Lgs. 1.9.1993, n. 385 (TUB), non essendo stato sottoscritto da un dirigente della banca. Il rilievo è fondato; l'art. 50 del TUB permette alle banche di ottenere decreto ingiuntivo "anche in base all'estratto conto certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca interessata, il quale deve anche dichiarare che il credito è vero e liquido". Il legislatore ha cioè riconosciuto efficacia probatoria, nell'ambito del procedimento sommario, a una dichiarazione unilaterale dell'istituto di credito, purché sottoscritta da un dirigente che si assume la responsabilità di tale dichiarazione. Nel caso in esame il documento prodotto in monitorio non è sottoscritto da alcun dirigente dell'opposta; vi compare solo una sigla illeggibile sotto la dicitura "Banca X
S.p.A. Divisione P. - Gestione Contenzioso". L'impersonalità della dicitura e quindi l'impossibilità di identificare il firmatario e la sua qualifica - elemento essenziale secondo la previsione legislativa escludono che il documento prodotto abbia i requisiti di cui all'art. 50 cit.
2.- Ciò tuttavia, per quanto prima rilevato, non impedisce all'opposta, in questo giudizio di opposizione, di provare in altro modo la fondatezza del suo credito.
In proposito l'opposta evidenzia il contratto di finanziamento sottoscritto dalla M. in data 28.6.2000 (doc. 2 monitorio, con la quale l'opponente ha dato mandato irrevocabile alla banca di corrispondere direttamente alla convenzionata P. l'importo di cui al finanziamento, ossia £. 5.000.000) e l'estratto del conto corrente intestato alla P. da cui risulta, in data 30.6.2000 con valuta 28.6.2000, l'accredito mediante bonifico dell'importo di £.
5.000.000 in relazione a M. (doc. 3 opposta). L'avvenuta erogazione del finanziamento, che inizialmente la M. aveva messo in dubbio, può ritenersi provata e non è più contestata, anzi è affermata nelle difese conclusiva dell'opponente (comparsa conclusionale pag. 8, memoria di replica pag. 3).
3.- L'opponente chiede la risoluzione del contratto di finanziamento intercorso con X. come conseguenza della risoluzione di quello intervenuto con X., dichiarata fallita dal tribunale Verbania.
Banca X nega che il contratto tra M. e P. si sia risolto di diritto per effetto del fallimento, e in ogni modo nega la sussistenza di un collegamento negoziale tra di due rapporti contrattuali (M.-P. e M.-P.) di talché la risoluzione del primo comporti la risoluzione del secondo.
La seconda questione logicamente viene prima e coinvolge la qualificazione del rapporto dedotto in giudizio.
Non può ravvisarsi nella fattispecie di cui è causa - come, seppur con qualche incertezza terminologica, sembra ritenere la difesa opponente - un'ipotesi di mutuo di scopo. Il mutuo di scopo è un contratto consensuale atipico, in cui la pattuita destinazione della somma mutuata costituisce espressa obbligazione assunta (assieme a quella della restituzione) dal mutuatario non necessariamente consumatore; il mutuante (che può essere soggetto diverso da quelli indicati nell'art. 121, 2° comma, TUB) ha un preciso interesse, pubblico o privato alla realizzazione dello scopo pattuito; la clausola di destinazione (non solo acquisto di beni o servizi), da cui deriva un potere di ingerenza del mutuante nella concreta utilizzazione della somma mutuata, ha dunque particolare rilevanza in tale tipo di contratto, e differenzia la fattispecie dalla generica categoria del finanziamento finalizzato.
La fattispecie negoziale in esame corrisponde invece allo schema del credito al consumo (anch'esso ricompreso nella più ampia categoria dei finanziamenti finalizzati), come descritto e regolato dagli artt. 121 - 125 del D.Lgs. 1.9.1993, n. 385 (TUB): è indiscussa la qualità di consumatore in capo alla M., non ricorrono le ipotesi ostative di cui all'art. 121, 4° comma. Non viene in applicazione, ratione temporis, la successiva disciplina di cui al c.d. codice del consumo di cui al D.Lgs. 6.9.2005, n. 206.
Come riferito, la M. richiese ed ottenne due contemporanei finanziamenti (uno da Banca X, uno da L.) ciascuno per la metà del prezzo richiesto dalla P.; ciò esclude de plano l'esistenza di un rapporto di esclusiva tra P. e Banca X, ma la circostanza non è assorbente in senso negativo all'opponente ex art. 125, 4° comma, TUB (nel testo all'epoca vigente), in quanto nel presente giudizio la M. non esercita un suo "diritto di agire contro il finanziatore", ma solleva un'eccezione di inadempimento verso il finanziatore che chiede l'adempimento del contratto di finanziamento.
Il contratto di credito al consumo deve contenere, ex art. 124, 3° comma, lett. a), la descrizione analitica dei beni e dei servizi oggetto dell'acquisto finanziato. Tale contenuto è prescritto a pena di nullità (relativa, ossia rilevabile solo dal cliente ex art. 127, 1° comma, TUB; nel caso in esame tale analitica descrizione manca ma manca anche la relativa eccezione). Tale prescrizione, in una con il dettato del 4° comma dell'art. 125 (nel testo all'epoca vigente) è significativa di un collegamento tra il rapporto di mutuo e quello di fornitura di beni o servizi; dal suddetto 4° comma dell'art. 125 emerge anche l'esistenza di un rapporto tra il finanziatore e il fornitore, tant'è vero che in caso di esclusività il cliente ha azione verso il finanziatore per l'inadempimento del fornitore.
Nella prassi, ed anche nel caso concreto di cui è causa, la fattispecie si costruisce su tre rapporti bilaterali: quello tra finanziatore e cliente finanziato (cfr. la richiesta di finanziamento P. doc. 2 opposta), quello tra cliente e fornitore del bene o servizio (doc. 2 opponente), quello tra finanziatore e fornitore (ossia la convenzione che abilita l'esercente a raccogliere e trasmettere al finanziatore le richieste di finanziamento dei suoi clienti). Tale ultimo rapporto non è direttamente documentato in causa, ma emerge con evidenza e senza possibilità di contrarie argomentazioni dalla stessa documentazione su cui l'opposta fonda la sua pretesa, ossia dalla richiesta di finanziamento, compilata da P. su moduli intestati e predisposti da Banca X (cfr. in particolare clausola 1 delle condizioni generali), con espressa assunzione di responsabilità in relazione al fatto che "le firme sulla presente richiesta sono state apposte personalmente e in mia presenza dai richiedenti i cui dati personali riportati sulla stessa sono stati confrontati con i documenti di identità esibiti in originale" (doc. 2 opposta).
Il collegamento tra questi tre rapporti bilaterali attiene alla causa degli stessi, e non solo al piano delle motivazioni. Gli interessi dei tre soggetti coinvolti sono geneticamente intrecciati, in una connessione teleologica per così dire circolare. La possibilità di ottenere un finanziamento muove il consumatore all'acquisto, ciò amplia le occasioni di vendita dell'esercente convenzionato e nello stesso tempo acquisisce un nuovo cliente al finanziatore. La volontà di collegamento emerge dalla stessa modulistica utilizzata e predisposta dai professionisti Banca X e P.. Il contratto tra M. e P. indica espressamente il finanziamento di cui è causa, assieme a quello richiesto da L., come modo di corresponsione del prezzo pattuito; il modulo di finanziamento prestampato (doc. 2 opposta, 3 opponente) prevede il mandato irrevocabile alla Banca X "a versare esclusivamente al venditore convenzionato indicato nel presente contratto l'importo relativo al 'totale finanziamento" (con ciò escludendo ogni ancorché provvisoria disponibilità della somma mutuata da parte del consumatore finanziato); la clausola n. 1 delle condizioni generali di finanziamento P. precisa che il finanziamento viene concesso, a insindacabile giudizio della banca, "a soggetto che abbia inoltrato la presente richiesta per tramite di un operatore commerciale convenzionato con la banca stessa al fine di acquistare, presso quest'ultimo, il bene e/o il servizio desiderato"; la clausola 15 presuppone accordi (ancorché non esclusivi) tra banca ed esercente. Xxxxxx, infine, la contemporaneità tra la sottoscrizione della compravendita e la richiesta di finanziamento (entrambe in data 28.6.2000).
Ne deriva che "l'esistenza, la validità, l'efficacia, l'esecuzione dell'uno influisca sulla validità, sull'efficacia e sull'esecuzione dell'altro" (Cass., 8.7.2004, n. 12567).
La clausola 15 del contratto di finanziamento ("per qualsiasi controversia inerente a forniture di merce e/o a prestazione di servizi, il cliente, riconoscendo che la banca non ha stipulato né con l'operatore commerciale né con l'esercente convenzionato accordi che attribuiscano alla banca stessa l'esclusiva per la concessione di credito ai clienti di quest'ultimo, deve rivolgersi unicamente agli stessi, non restando nel frattempo né escluso né sospeso l'obbligo del cliente di effettuare i rimborsi nei termini e con le modalità di cui agli artt. 2 e 11") nella sua ultima parte costituisce, dunque, una clausola predisposta dal professionista che limita la facoltà del consumatore di opporre eccezioni al finanziatore-professionista. Tale clausola va qualificata vessatoria ex art. 1469-bis, comma 3, n. 18 c.c. e, non essendo stata oggetto di specifica trattativa - né, peraltro, di espressa approvazione da parte del cliente: se ne deve dunque ritenere l'inefficacia ex art. 1469-quinquies. Né potrebbe in contrario invocarsi l'esclusione di cui all'art. 1469-ter, comma 3, in relazione all'art. 125, 4° comma, TUB, in quanto, come già rilevato, tale ultima norma, in assenza di un accordo esclusivo tra finanziatore e fornitore, nega al consumatore il "diritto di agire" contro il finanziatore ma non gli impedisce di sollevare eccezioni.
5.- È pacifico che P. non fornì il servizio pattuito - sedute di trattamento estetico - e che venne dichiarata fallita con sentenza n. 7/2001 del tribunale di Verbania.
Il rapporto tra M. e P. non può rientrare nello schema negoziale della compravendita: all'evidenza, non si tratta di un contratto che trasferisce con il consenso la proprietà di un bene, bensì di un negozio con effetti obbligatori, in cui P. ha promesso un'opera o meglio un servizio, ossia delle sedute di trattamento estetico. Non sembrano pertanto appropriate le argomentazioni spese dalla difesa opposta sul presupposto che si tratti di una compravendita.
A prescindere dagli effetti legali su tale contratto della dichiarazione di fallimento di X., rimane comunque il dato oggettivo del mancato adempimento, ossia del non conseguimento, da parte dell'attrice, del bene della vita per ottenere il quale aveva chiesto il finanziamento P.. L'inadempimento di P. rende non dovuto il prezzo pagato, e quindi fa venir meno la causa del finanziamento da parte di Banca X; non essendo stato fornito il servizio, è venuta meno la stessa causa dell'erogazione effettuata da Banca X a favore di P..
Tale inadempimento è valorizzato dalla M. come motivo di non debenza della pretesa azionata dalla banca (in sostanza una exceptio inadimplenti) ed anche per la risoluzione del contratto di finanziamento.
La domanda di risoluzione urta contro il dato testuale dell'art. 125, 4° comma, TUB, che in assenza di contratto di esclusiva tra finanziatore ed esercente impedisce al cliente di "agire contro il finanziatore": dovendosi ritenere che con il termine "agire" il legislatore abbia inteso ogni possibile domanda rivolta nei confronti del finanziatore, ivi compresa quella di risoluzione. Per lo stesso motivo non può accogliersi la domanda riconvenzionale di restituzione delle rate già rimborsate.
È invece fondata l'eccezione di inadempimento, con la conseguenza che nulla è più dovuto dalla M. e che il decreto ingiuntivo va revocato.
Le spese seguono la soccombenza dell'opposta e vengono liquidate a favore dell'opponente in complessivi ? 3.785,00 di cui ? 2.090 per onorari, ? 1.110 per diritti, ? 400 per spese forfettarie e ? 185 per esborsi, oltre oneri fiscali e previdenziali come per legge. P.Q.M.
Il tribunale definitivamente pronunciando in contraddittorio tra le parti, ogni contraria istanza ed eccezione respinta,
in accoglimento dell'opposizione proposta da G.M., revoca il decreto ingiuntivo decreto n. 22969/2007 del 29.6.2006, rigetta le ulteriori domande dell'attrice opponente,
condanna l'opposta Banca X S.p.A. a rimborsare all'opponente le spese del giudizio di opposizione, come sopra liquidate in complessivi ? 3.785,00, oltre oneri fiscali e previdenziali come per legge.
Tribunale Xxxxxx x.0000, 11 dic 2007
Tribunale di Torino
11 dicembre 2007, n. 7797, Sez. III Soc. Compass
Il consumatore che stipula un contratto di credito al consumo per l'acquisto di un bene non può rifiutare alla finanziaria il pagamento delle rate se il venditore non gli consegna la cosa oggetto della compravendita, in quanto non esiste di per sé un collegamento negoziale tra il contratto di compravendita e quello di finanziamento. Il consumatore, quindi, deve pagare la finanziaria facendosi carico del rischio della mancata consegna del bene, con la possibilità poi di rivalersi nei confronti del venditore per la sua inadempienza, salvo che dalle condizioni generali del contratto non risulti la possibilità per il consumatore di agire contro il finanziatore opponendogli le eccezioni relative al contratto di compravendita.
Al contratto di finanziamento riconducibile alla fattispecie del "credito al consumo", specificamente disciplinato dalla legge, non sono applicabili i principi elaborati in tema di "mutuo di scopo": pertanto, ai sensi degli artt. 125, comma 4, X.Xxx. n. 385 del 1993 e 42 D.Lgs. n. 206 del 2005, in difetto di un accordo che attribuisca al finanziatore l'esclusiva per la concessione di credito ai clienti della venditrice, l'acquirente non ha il diritto di agire contro il finanziatore in caso di inadempimento del fornitore né di opporre allo stesso finanziatore le eccezioni relative al contratto di compravendita.
Tribunale Palermo, 26 ott 2007
Tribunale di Palermo
26 ottobre 2007, Sez. III Adiconsum c. Banca di Palermo
La revisione di cui al Codice del consumo circa il diritto dei consumatori alla garanzia della correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi, diritto tutelabile ad opera delle associazioni dei consumatori che possono chiedere, ai sensi dell'art. 140, l'inibizione di comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori nonché l'adozione di misure idonee a correggere con la ratio ispiratrice della direttiva 98/27/CE - che possa certamente procedersi alla valutazione della liceità dei comportamenti posti in essere dall'istituto di credito.
Corte di Giustizia Europea n.429, 4 ott 2007 Credito al consumo - Diritto del consumatore di procedere contro il creditore nell'ipotesi di mancata esecuzione o
di esecuzione non conforme del contratto relativo ai beni o ai servizi finanziati dal credito
Corte di Giustizia Europea 4 ottobre 2007 (*)
"Direttiva 87/102/CEE - Credito al consumo - Diritto del consumatore di procedere contro il creditore nell'ipotesi di mancata esecuzione o di esecuzione non conforme del contratto relativo ai beni o ai servizi finanziati dal credito - Presupposti - Menzione del bene o del servizio finanziato nell'offerta di credito - Apertura di credito con possibilità di far uso del credito concesso in momenti differenti Possibilità, per il giudice nazionale, di rilevare d'ufficio il diritto del consumatore di procedere contro il creditore"
Nel procedimento C-429/05,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 000 XX, xxx Xxxxxxxx x'xxxxxxxx xx Xxxxxxx (Xxxxxxx) con decisione 16 novembre 2005, pervenuta in cancelleria il 2 dicembre 2005, nella causa
Xxx Xxxxxxx,
Xxxxx-Xxxxxx Xxxxxx Xxxxxxx contro Franfinance SA,
K par K SAS,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. X. Xxxx (relatore), presidente di sezione, dai sigg. X. Xxxxxxx, X. Xxxx Xxxxxxx, X. Xxxxxx e
X. Xxxxxx, giudici, avvocato generale: sig. X. Xxxxxxxx cancelliere: sig. M.-X. Xxxxxxxxxx, capo unità vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza dell'8 febbraio 2007, considerate le osservazioni presentate:
- per la Franfinance SA, dal sig. X. Xxxxxxx, avocat;
- per il governo francese, dal sig. X. xx Xxxxxxx e dalla sig.ra X. Xxxxxx-Xxxxxxx, in qualità di agenti;
- per il governo tedesco, dai sigg. X. Xxxxx e X. Xxxxxxxx, in qualità di agenti;
- per il governo spagnolo, dal sig. F. Xxxx Xxxxxx, in qualità di agente;
- per il governo italiano, dal sig. I. M. Xxxxxxxxx, in qualità di agente, assistito dalla sig.ra X. Xxxxxxxx, avvocato dello Stato;
- per il governo austriaco, dalla sig.ra X. Xxxxxxxxxxx, in qualità di agente;
- per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. X. Xxxxx e J.-P. Xxxxxxxx, in qualità diagenti, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 29 marzo 2007, ha pronunciato la seguente
Sentenza
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/102/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo (GU 1987, L 42, pag. 48), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 febbraio 1998, 98/7/CE (GU L 101, pag. 17; in prosieguo: la "direttiva 87/102"), segnatamente dei suoi artt. 11 e 14.
2. Tale domanda è stata sollevata nel contesto di una controversia tra il sig. Xxxxxxx e la sig.ra Xxxxxx Xxxxxxx (nel prosieguo: i "coniugi Rampion"), da una parte, e le società Franfinance SA (in prosieguo: la "Franfinance") e K par K SAS (in prosieguo: la "K par K"), dall'altra, con riguardo ad un contratto di vendita di finestre e ad un'apertura di credito ai fini del finanziamento di tale contratto. Contesto normativo
Normativa comunitaria
3. La direttiva 87/102 tende al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo.
4. L'art. 11 di tale direttiva così recita:
"1. Gli Stati membri provvedono affinché l'esistenza di un contratto di credito non pregiudichi in alcun modo i diritti del consumatore nei confronti del fornitore di beni o di servizi acquisiti in base a tale contratto qualora i beni o servizi non siano forniti o non siano comunque conformi al contratto di fornitura. 2. Quando:
a) per l'acquisto di beni o la fornitura di servizi il consumatore conclude un contratto di credito con una persona diversa dal fornitore, e
b) tra il creditore e il fornitore dei beni o dei servizi esiste un precedente accordo in base al quale il credito è messo esclusivamente da quel creditore a disposizione dei clienti di quel fornitore per l'acquisto di merci o di servizi di tale fornitore, e
c) il consumatore di cui alla lettera a) ottiene il credito in conformità al precedente accordo, e
d) i beni o i servizi considerati dal contratto di credito non sono forniti o sono forniti soltanto in parte, o non sono conformi al relativo contratto di fornitura,
e) il consumatore ha proceduto contro il fornitore, ma non ha ottenuto la soddisfazione cui aveva diritto, il consumatore ha il diritto di procedere contro il creditore.
Gli Stati membri stabiliranno entro quali limiti e a quali condizioni il diritto è esercitabile.
3. Il paragrafo 2 non è applicabile quando la singola operazione è di un valore inferiore a un importo pari a 200 [euro]".
5. L'art. 14 della direttiva 87/102 prevede quanto segue:
"1. Gli Stati membri provvedono affinché i contratti di credito non deroghino, a detrimento del consumatore, alle disposizioni del diritto nazionale che danno esecuzione o che corrispondono alla presente direttiva.
2. Gli Stati membri adottano inoltre le misure necessarie per impedire che le norme emanate in applicazione della presente direttiva siano eluse mediante una speciale formulazione dei contratti e in particolare attraverso la distribuzione dell'importo del credito in più contratti".
Diritto interno
6. L'art. L. 311-20 del Code de la consommation prevede, ai fini dell'applicazione dell'art. 11 delladirettiva 87/102, che, "[q]ualora la previa offerta menzioni il bene o la prestazione di servizi finanziati, gli obblighi del mutuatario prendono effetto solo dal momento della consegna del bene o dalla fornitura della prestazione (.)".
7. A tal riguardo, l'art. L. 311-21 del codice medesimo precisa che, "[i]n caso di contestazione circal'esecuzione del contratto principale, il Tribunale potrà, fino alla risoluzione della controversia, sospendere l'esecuzione del contratto di credito. Quest'ultimo è risolto o annullato di pieno diritto quando il contratto per il quale è stato concluso è, a sua volta, giudizialmente risolto o annullato (.)".
Causa principale e questioni pregiudiziali
8. Il 5 settembre 2003, dopo una visita a domicilio da parte del venditore, i coniugi Rampionordinavano alla K par K alcune finestre, per un prezzo totale di EUR 6150. In forza del contratto di vendita concluso a tal fine, le finestre dovevano essere consegnate entro un termine da sei ad otto settimane a decorrere dalle misurazioni effettuate dal tecnico addetto.
9. Secondo il giudice del rinvio, da tale contratto di vendita risulta un finanziamento totaledell'acquisto realizzato mediante credito concesso dalla Franfinance.
10. In pari data, i coniugi Rampion sottoscrivevano con la Franfinance un'apertura di credito per untetto massimo pari all'importo della vendita. L'offerta di credito indica l'identità del venditore con la menzione "compte plate-forme K par K", ma non specifica il bene finanziato.
11. Alla consegna delle finestre ordinate, il 27 novembre 2003, i coniugi Xxxxxxx appuravano che idavanzali e gli infissi erano infestati da parassiti. I lavori non venivano proseguiti e, con lettera del 5 gennaio 2004, gli interessati dichiaravano di voler risolvere il contratto di vendita.
12. Non avendo ricevuto risposta per loro soddisfacente alla richiesta di risoluzione del contratto,con atti del 29 ottobre e del 2 novembre 2004 i coniugi Xxxxxxx citavano in giudizio la K par K e la Franfinance chiedendo che il contratto di vendita fosse dichiarato nullo, con conseguente risoluzione del contratto di credito, argomentando che il contratto di vendita non recava l'indicazione precisa del termine di consegna dei beni di cui trattasi, in contrasto con il requisito previsto dal Code de la consommation.
13. In subordine, i coniugi Xxxxxxx chiedevano la risoluzione per inadempimento del contratto divendita, deducendo che la K par K, avendo proposto la fornitura e la posa degli elementi di carpenteria quando il relativo supporto era difettoso, era venuta meno all'"obbligo di consigliare" ("obligation de conseil") gravante sulla stessa.
14. Le convenute nella causa principale facevano valere, segnatamente, che non sussisteva alcunainterdipendenza tra i due contratti, dal momento che, contrariamente a quanto previsto dall'art. L. 311- 20 del Code de la consommation, l'indicazione del bene finanziato non risultava dall'offerta di credito. Inoltre, si sarebbe trattato di un'apertura di credito e non di un credito vincolato al finanziamento della vendita.
15. Il giudice del rinvio, nell'ambito del dibattimento dinanzi al medesimo svoltosi, sollevava d'ufficiodiversi motivi attinenti a disposizioni del Code de la consommation relative al credito al consumo ed alla vendita a domicilio.
16. In tale contesto, il Tribunal d'instance de Saintes decideva di sospendere il procedimento e disottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
"1) Se gli artt. 11 e 14 della direttiva (.) 87/102/XXX xxxxxx interpretati nel senso che consentono al giudice di applicare le norme sull'interdipendenza tra il contratto di credito ed il contratto di fornitura di beni o di
servizi, finanziato grazie a tale credito, quando il contratto di credito non menziona il bene il cui acquisto è finanziato o è stato concluso nella forma di apertura di credito senza menzione del bene finanziato.
2) Se la direttiva (.) 87/102/CEE abbia una finalità più ampia della mera tutela del consumatore, che si estenda all'organizzazione del mercato consentendo al giudice di applicare d'ufficio le disposizioni che ne derivano".
Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima questione
Sulla ricevibilità
17. In primo luogo, la Franfinance fa valere che non spetta alla Corte pronunciarsi in ordine allaprima questione, dal momento che essa, in realtà, riguarda esclusivamente l'applicazione di disposizioni del diritto nazionale relative ai requisiti necessari ai fini della sussistenza di un credito vincolato. La direttiva 87/102, infatti, si limiterebbe a disciplinare un'armonizzazione minima e il suo art. 11 preciserebbe che gli Stati membri stabiliscono, in particolare, a quali condizioni il consumatore può esercitare il diritto di procedere contro il creditore.
18. A tal riguardo, si deve riconoscere che la direttiva 87/102, come emerge dal suo art. 15 e dal suo venticinquesimo 'considerando', a norma dei quali tale direttiva non impedisce agli Stati membri di mantenere o adottare disposizioni più rigorose a tutela dei consumatori, si limita ad un'armonizzazione minima delle disposizioni nazionali relative al credito al consumo.
19. Tuttavia, la prima questione sottoposta concerne espressamente l'interpretazione dell'art. 11 della detta direttiva; è pacifico che tale disposizione sia stata trasposta nel diritto francese, in particolare, dagli artt.
L. 311-20 e L. 311-21 del Code de la consommation che consentono al debitore, a talune condizioni, di ottenere la sospensione, la risoluzione o l'annullamento del contratto di credito.
20. Xxxxxx, la questione se e, eventualmente, in qual misura il diritto di agire in giudizio, previstodall'art. 11,
n. 2, della direttiva 87/102 a favore del consumatore nei confronti del creditore, possa essere subordinato dal diritto nazionale a condizioni diverse rispetto a quelle elencate da tale disposizione, riguarda l'analisi nel merito della prima questione sottoposta. L'aggiunta di qualsivoglia requisito supplementare, infatti, comporta il rischio di collocare le disposizioni di diritto nazionale al di là del livello di armonizzazione perseguito da questa direttiva e non si può, pertanto, ritenere immediatamente che rientri unicamente in tale diritto.
21. In secondo luogo, secondo la Franfinance, la Corte è tanto meno competente a esprimersi inordine a tale questione dal momento che il giudice del rinvio, in realtà, non intende acclarare che, nella causa principale, i debitori possano effettivamente agire in giudizio nei confronti del creditore ai sensi dell'art. 11 della direttiva 87/102, bensì che sia riconosciuta l'interdipendenza tra i contratti in oggetto per fini del tutto diversi. Il giudice del rinvio intenderebbe, in realtà, applicare norme del diritto francese aventi una natura ed un oggetto differenti, in quanto non sarebbero attinenti a tale diritto di agire in giudizio, bensì prevedrebbero la decadenza automatica del creditore dal proprio diritto agli interessi qualora nell'offerta di credito non ricorrano talune menzioni relative a tale interdipendenza.
22. La Commissione delle Comunità europee esprime, con riguardo alla ricevibilità delle questionipregiudiziali ovvero alla competenza della Corte quanto alla loro soluzione, una riserva attinente al fatto che il giudice del rinvio non indica con precisione la ragione per la quale una risposta è necessaria ai fini della soluzione della causa principale.
23. A tal riguardo, si deve ricordare che le questioni relative all'interpretazione del diritto comunitarioproposte dal giudice nazionale nell'ambito del contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria
responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l'esattezza, godono di una presunzione di rilevanza (v. sentenze 15 maggio 2003, causa C-300/01, Xxxxxxxx, Racc. pag. I-4899, punti 29 e 31, nonché 5 dicembre 2006, cause riunite C-94/04 e C-202/04, Cipolla e a., Racc. pag. I-11421, punto 25).
24. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibilesoltanto qualora appaia in modo manifesto che l'interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun rapporto con l'effettività o l'oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenze 13 marzo 2001, causa C-379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I-2099, punto 39; 15 giugno 2006, causa C-466/04, Xxxxxxx Xxxxxxx, Racc. pag. I-5341, punto 48, e Xxxxxxx e a., cit., punto 25).
25. Xxxxxx, è giocoforza rilevare che non risulta in modo manifesto che l'interpretazione dellenorme comunitarie richiesta dal giudice del rinvio non abbia alcun rapporto con l'effettività o l'oggetto della causa principale, né che le questioni relative all'interpretazione di tali norme siano di tipo ipotetico. Se è pur vero che la prima questione sottoposta menziona, in termini estremamente generici, l'applicazione delle "norme sull'interdipendenza tra il contratto di credito ed il contratto di fornitura di beni o di servizi", dalla decisione di rinvio non risulta che tale questione riguardi esclusivamente, in realtà, l'applicazione di disposizioni di diritto nazionale diverse da quelle di trasposizione dell'art. 11 della direttiva 87/102, ovvero ricomprese nella sua sfera di applicazione.
26. Ciò premesso, la presunzione di rilevanza della prima questione sottoposta non viene meno.
27. Tuttavia, dal momento che, nell'ambito della procedura di collaborazione istituita dall'art. 234 CE, spetta alla Corte fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia con cui è adito, spetta alla Corte stessa, se del caso, riformulare le questioni ad essa deferite (v., segnatamente, sentenze 28 novembre 2000, causa X-00/00, Xxxxxxxx Xxxxxx, Racc. pag. I-10465, punto 18; 20 maggio 2003, causa C-469/00, Ravil, Racc. pag. I-5053, punto 27, e 4 maggio 2006, causa C-286/05, Xxxx, Racc. pag. I-4121, punto 17).
28. Così, la prima questione sottoposta dev'essere intesa come volta a chiarire se gli artt. 11 e 14 della direttiva 87/102 vadano interpretati nel senso che ostano a che il diritto di agire in giudizio, previsto dall'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102, di cui gode il consumatore nei confronti del creditore, sia subordinato al requisito che la previa offerta di credito menzioni il bene o la prestazione di servizio finanziati.
29. Alla luce delle suesposte considerazioni, la prima questione sottoposta dev'essere ritenutaricevibile.
Sul merito
30. Tutti i governi che hanno presentato osservazioni alla Corte, al pari della Commissione,ritengono che il diritto di agire in giudizio, di cui gode il consumatore ai sensi dell'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102, non possa essere subordinato alla menzione espressa del bene finanziato nel contratto di credito. A tal riguardo, si fondano sia sul tenore letterale di tale disposizione, sia sulla finalità della direttiva, e cioè la tutela del consumatore.
31. La Franfinance, per contro, fa valere che il contratto che ha concluso con i coniugi Rampioncostituisce un'autentica apertura di credito, che potrebbe avere molteplici impieghi. A differenza di un credito vincolato, che servirebbe al finanziamento di un'unica operazione, una siffatta apertura di credito non sarebbe assoggettata alla regola di interdipendenza di cui all'art. 11 della direttiva 87/102, dal momento che il creditore non può assumersi tutti i rischi economici connessi con ogni acquisto. Eventuali abusi o frodi dovrebbero essere valutati caso per caso.
- Sulla sfera di applicazione ratione materiae della direttiva 87/102 e, segnatamente, del suo art. 11, n. 2
32. In limine, occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 1, n. 1, della direttiva 87/102, la direttiva medesima si applica ai contratti di credito, i quali sono definiti al n. 2, lett. c), primo comma, dello stesso articolo, come contratti in base ai quali "il creditore concede o promette di concedere al consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra analoga facilitazione finanziaria". Tale definizione ampia del concetto di "contratto di credito" trova conferma, come dedotto dalla Commissione all'udienza, nel decimo 'considerando' della direttiva 87/102, ai termini del quale "si può ottenere una migliore protezione del consumatore prescrivendo determinate condizioni da applicare a tutte le forme di credito".
33. Tuttavia, come risulta dall'art. 1, n. 2, lett. c), secondo comma, e dall'art. 2 della direttiva 87/102 nonché dai suoi 'considerando' dall'undicesimo al quattordicesimo, alcuni contratti di credito o tipi di transazioni sono o possono essere, in ragione della loro natura specifica, del tutto o in parte esclusi dalla sfera di applicazione della direttiva stessa. Tra le ipotesi previste da tali disposizioni non ricorre l'apertura di credito.
34. Un'apertura di credito il cui unico scopo consista nel mettere a disposizione del consumatore uncredito utilizzabile in momenti differenti non è nemmeno esclusa, quantomeno parzialmente, dalla sfera di applicazione della direttiva 87/102 in forza dell'art. 2, n. 1, lett. e), della direttiva medesima.
35. Occorre infatti ricordare che, ai termini di tale disposizione, la direttiva 87/102 non si applica "alcredito concesso da un istituto di credito o da un istituto finanziario sotto forma di apertura di credito in conto corrente, diversi dai conti coperti da una carta di credito". Tuttavia, ai sensi del detto art. 2, n. 1, lett. e), le disposizioni previste dall'art. 6 della direttiva 87/102 si applicano a siffatti crediti.
36. Xxxxxx, la nozione di "conto corrente" ai sensi del detto art. 2, n. 1, lett. e), che, costituendoun'eccezione, va interpretato in senso stretto, presuppone, come risulta dall'espressione "credito concesso sotto forma di apertura di credito in conto corrente", che l'obiettivo di tale conto non si limiti a mettere a disposizione del cliente un credito. Un siffatto conto costituisce, al contrario, una piattaforma più o meno generale che consente al cliente di effettuare operazioni finanziarie, caratterizzata dal fatto che gli importi versati su tale conto, dal cliente stesso o da un terzo, non sono necessariamente finalizzati a rinnovare un credito concesso sul conto stesso. In altre parole, un saldo negativo per il cliente, autorizzato nella forma di un'apertura di credito, non è che uno dei possibili stati in cui può trovarsi quel conto, che può presentare anche un saldo positivo per il cliente.
37. Xxxxxxxx, né la struttura né l'obiettivo della direttiva 87/102, che è volta, in particolare, a tutelare ilconsumatore, depongono nel senso dell'esclusione dalla sfera di applicazione della direttiva medesima dei contratti di credito concessi nella forma di un'apertura di credito, il cui unico scopo consiste nel mettere a disposizione del consumatore un credito utilizzabile in momenti differenti.
38. Con riguardo, più precisamente, alla sfera di applicazione dell'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102,dal disposto di tale disposizione non risulta, contrariamente a quanto sostenuto dalla Franfinance, che essa trova applicazione limitatamente al contratto di credito volto al finanziamento di un solo contratto di vendita o di servizi.
39. Come sottolineato dall'avvocato generale al paragrafo 58 delle sue conclusioni, nessunelemento tratto dalla lettera di tale disposizione sembra deporre nel senso che essa non si applichi alle aperture di credito. In particolare, l'uso del termine "contratto" al singolare alla fine dell'art. 11, n. 2, lett. d), della direttiva 87/102, che, tra le condizioni richieste per l'esercizio del diritto di agire in giudizio, prevede la circostanza che "i beni o i servizi considerati dal contratto di credito non [siano] forniti o [siano] forniti soltanto in parte, o non [siano] conformi al relativo contratto di fornitura", non giustifica la lettura riduttiva di tale disposizione operata dalla Franfinance.
40. Inoltre, l'art. 11, n. 3, della stessa direttiva prevede espressamente un'eccezione all'applicazionedel n. 2 di tale articolo. Tuttavia, non sono le aperture di credito ad esserne escluse in termini generali.
41. Quanto all'argomento della Franfinance secondo cui l'art. 11 della direttiva 87/102 non puòapplicarsi ad un'apertura di credito, dal momento che il creditore non può assumersi tutti i rischi economici connessi con ogni acquisto, occorre rilevare che tali rischi sono considerevolmente ridotti per il fatto che il n. 2 di tale articolo conferisce al consumatore il diritto di procedere contro il creditore solo quando sussiste, conformemente al requisito previsto dal detto n. 2, lett. b), "tra il creditore e il fornitore dei beni o dei servizi (.) un precedente accordo in base al quale il credito è messo esclusivamente da quel creditore a disposizione dei clienti di quel fornitore per l'acquisto di merci o di servizi di tale fornitore" e il consumatore, conformemente al requisito previsto allo stesso n. 2, lett. c), ha ottenuto "il credito in conformità al precedente accordo".
42. L'obiettivo perseguito dall'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 può essere conseguito solo se taledisposizione si applica anche quando il credito consente una molteplicità di impieghi. Tale disposizione, infatti, dev'essere letta alla luce del ventunesimo 'considerando' della direttiva 87/102, ai termini del quale, in particolare, "per quanto riguarda i beni e servizi che il consumatore ha sottoscritto per contratto di acquistare a credito, il consumatore, almeno nelle circostanze sotto definite, deve godere, nei confronti del creditore, di diritti che si aggiungono ai suoi normali diritti contrattuali nei riguardi di questo e del fornitore di beni o servizi".
43. Peraltro, il fatto che un acquisto tra altri finanziati mediante la medesima apertura di creditopossa, in forza dell'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102, consentire al consumatore di procedere contro il creditore non significa necessariamente che tale azione incida sull'apertura di credito complessivamente intesa. Infatti, come sottolineato dall'avvocato generale ai paragrafi 65 e segg. delle sue conclusioni, tale disposizione della direttiva 87/102 consente di modulare in maniera differenziata la tutela che dev'essere offerta al consumatore per poter tener conto delle specificità di un siffatto credito rispetto ad un credito concesso per un singolo acquisto.
44. Pertanto, si deve ritenere che l'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 si applichi sia ad un creditointeso a finanziare una singola operazione sia ad un'apertura di credito che consenta al consumatore di utilizzare il credito in momenti differenti.
- Sul diritto di procedere contro il creditore previsto dall'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102
45. Quanto alla questione se l'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 osti a che il diritto di agire ingiudizio che esso prevede sia subordinato alla condizione che la previa offerta di credito rechi menzione del bene o della prestazione di servizi finanziati, occorre rilevare che tale condizione non è prevista tra le cinque condizioni cumulativamente richieste al primo comma di tale disposizione.
46. È pur vero che, ai sensi del secondo comma della detta disposizione, "[g]li Stati membristabiliranno entro quali limiti e a quali condizioni il diritto è esercitabile". Tuttavia, come ha osservato il governo tedesco ed ha rilevato l'avvocato generale al paragrafo 71 delle sue conclusioni, tale disposizione non può essere interpretata nel senso che consente agli Stati membri di assoggettare il diritto di agire in giudizio di cui gode il consumatore a condizioni ulteriori rispetto a quelle esaustivamente indicate dall'art. 11, n. 2, primo comma, della direttiva 87/102.
47. Infatti, da un canto, il secondo comma dell'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102, come emerge dalsuo disposto, presuppone l'esistenza del diritto di agire in giudizio previsto dal primo comma della disposizione medesima. D'altro canto, sarebbe in contrasto con l'obiettivo perseguito da tale direttiva, che consiste, in particolare, nel garantire in tutti gli Stati membri il rispetto di una norma di tutela minima del consumatore in materia di credito al consumo, il fatto di consentire che il diritto del consumatore di procedere contro il creditore, in forza dell'art. 11, n. 2, primo comma, della detta direttiva, sia assoggettato ad una condizione di forma come quella oggetto della causa principale.
48. Tale interpretazione è corroborata dall'art. 14, n. 1, della direttiva 87/102, ai termini del quale"[g]li Stati membri provvedono affinché i contratti di credito non deroghino, a detrimento del consumatore, alle
disposizioni del diritto nazionale che danno esecuzione o che corrispondono alla presente direttiva", nonché dallo stesso art. 14, n. 2, ai sensi del quale "[g]li Stati membri adottano inoltre le misure necessarie per impedire che le norme emanate in applicazione della presente direttiva siano eluse mediante una speciale formulazione dei contratti (.)".
49. Il detto art. 14, infatti, sottolinea in termini generali l'importanza accordata dal legislatorecomunitario alle disposizioni di tutela poste dalla direttiva 87/102 ed alla loro stretta applicazione. Inoltre, come è stato dedotto dai governi francese, tedesco, spagnolo ed italiano, nonché dalla Commissione, il n. 2 di questo stesso articolo osta, in particolare, a che una normativa nazionale possa consentire al creditore di evitare, mediante la semplice omissione della menzione dei beni o dei servizi finanziati, che il consumatore proceda nei suoi confronti in forza dell'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102.
50. Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la prima questione sottoposta dev'essere risoltadichiarando che gli artt. 11 e 14 della direttiva 87/102 devono essere interpretati nel senso che ostano a che il diritto del consumatore di procedere contro il creditore, previsto dall'art. 11, n. 2, della direttiva medesima, sia subordinato alla condizione che la previa offerta di credito rechi menzione del bene o della prestazione di servizi finanziati.
Sulla seconda questione Sulla ricevibilità
51. La Franfinance fa valere che la seconda questione sottoposta, che non è utile ai fini dellasoluzione della controversia di cui alla causa principale, è irricevibile. Il giudice del rinvio, infatti, non avrebbe necessità di sollevare d'ufficio la questione dell'interdipendenza sussistente tra il contratto principale ed il contratto di credito, poiché tale questione è stata direttamente sollevata dai coniugi Xxxxxxx, avendo essi domandato al giudice del rinvio di dichiarare la nullità del contratto di vendita e, "di conseguenza", la risoluzione del contratto accessorio di finanziamento.
52. Il governo francese ha sostenuto, all'udienza, che i coniugi Xxxxxxx hanno chiesto al giudicedel rinvio che il contratto di vendita fosse dichiarato nullo, con conseguente risoluzione del contratto di credito, invocando diversi motivi, senza peraltro far valere la sussistenza di un'interdipendenza tra i due contratti in esame. Il giudice del rinvio, se tuttavia si è interrogato in ordine a tale punto, non lo ha realmente fatto d'ufficio, dal momento che, nelle loro rispettive difese, sia la K par K sia la Franfinance avrebbero fatto valere che, in assenza di menzione del bene venduto sull'offerta di credito, il contratto di credito non costituiva un contratto di credito vincolato.
53. La Commissione ha rilevato, all'udienza, che nella causa principale non risulta con certezza cheil giudice del rinvio sia stato indotto a sollevare d'ufficio la questione relativa a tale interdipendenza. Infatti, chiedendo conseguentemente alla nullità del contratto di vendita la risoluzione del contratto di credito, gli stessi coniugi Xxxxxxx si sarebbero fondati sull'interdipendenza sussistente tra i due detti contratti. Inoltre, alla luce degli argomenti svolti in difesa della K par K e della Franfinance nella causa principale, si potrebbe porre la questione se il giudice del rinvio non fosse stato già adito con riguardo al motivo attinente a tale interdipendenza.
54. Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 24, il rigetto, daparte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l'interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun rapporto con l'effettività o l'oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte.
55. Xxxxxx, nei motivi della sua decisione attinenti alla seconda questione sottoposta, il giudice delrinvio rileva esplicitamente che le disposizioni di cui agli artt. L. 311-20 e L. 311-21 del Code de la consommation non sono state fatte valere dai coniugi Rampion. Ciò premesso, non appare in modo manifesto che tale questione, relativa alla possibilità, per il giudice, di applicare d'ufficio tali disposizioni di diritto nazionale, non abbia alcun rapporto con l'effettività o l'oggetto della causa principale o che la questione posta sia di tipo ipotetico.
56. La seconda questione sottoposta, pertanto, dev'essere ritenuta ricevibile.
Sul merito
57. Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 87/102 debba essere interpretata nel senso che essa consente al giudice nazionale di applicare d'ufficio le disposizioni che traspongono nel diritto nazionale il suo art. 11, n. 2, in particolare in considerazione del fatto che tale direttiva ha una finalità più ampia della mera tutela del consumatore, che si estende all'organizzazione del mercato.
58. La questione relativa alla finalità della direttiva 87/102 si pone nel contesto specifico dellagiurisprudenza della Cour de cassation (Francia) che opera, come emerge dalla decisione di rinvio e, in particolare, dalle osservazioni del governo francese, una distinzione tra le norme di "ordre public de direction" (ordine pubblico di direzione) - adottate nell'interesse generale e rilevabili d'ufficio dal giudice - e quelle di "ordre public de protection" (ordine pubblico di protezione), adottate nell'interesse di una categoria di soggetti e di cui possono avvalersi solo i soggetti appartenenti a tale categoria. La disciplina del credito al consumo sarebbe ricompresa tra queste ultime norme.
59. Xxxxxx, la Corte ha più volte rilevato che, come emerge dai suoi 'considerando', la direttiva87/102 è stata adottata al duplice scopo di assicurare, da un canto, la realizzazione di un mercato comune del credito al consumo (terzo-quinto 'considerando') e, d'altro canto, di proteggere i consumatori che ottengono tali crediti (sesto, settimo e nono 'considerando') (sentenze 23 marzo 2000, causa C-208/98, Berliner Xxxxx Xxxxxxxx, Racc. pag. I-1741, punto 20, e 4 marzo 2004, causa C-264/02, Cofinoga, Racc. pag. I-2157, punto 25).
60. Del resto, il giudice del rinvio chiede se la giurisprudenza della Corte relativa alla possibilità, peril giudice, di rilevare d'ufficio le disposizioni di cui alla direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29), quale risulta, in particolare, dalle sentenze 27 giugno 2000, cause riunite da C-240/98 a C-244/98, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (Racc. pag. I-4941), e 21 novembre 2002, causa X-000/00, Xxxxxxx (Racc. pag. I-10875), sia trasponibile alla direttiva 87/102.
61. Al punto 26 della menzionata sentenza Xxxxxx Grupo Editorial e Salvat Editores, la Corte hadichiarato che l'obiettivo perseguito dall'art. 6 della direttiva 93/13, che obbliga gli Stati membri a prevedere che le clausole abusive non vincolino i consumatori, non potrebbe essere conseguito se questi ultimi fossero tenuti a eccepire essi stessi l'illiceità di tali clausole. In controversie di valore spesso limitato, gli onorari dei legali possono essere superiori agli interessi in gioco, il che può dissuadere il consumatore dall'opporsi all'applicazione di una clausola abusiva. Sebbene in controversie del genere le norme processuali di molti Stati membri consentano ai singoli di difendersi da soli, esiste un rischio non trascurabile che, soprattutto per ignoranza, il consumatore non faccia valere l'illiceità della clausola oppostagli. Ne discende che una tutela effettiva del consumatore può essere ottenuta solo se il giudice nazionale ha facoltà di valutare d'ufficio tale clausola.
62. Richiamandosi a tale punto della menzionata sentenza Xxxxxx Grupo Editorial e SalvatEditores, la Corte, al punto 33 della sentenza Xxxxxxx, citata, ha confermato che la facoltà così riconosciuta al giudice di valutare d'ufficio il carattere abusivo di una clausola è stata ritenuta necessaria per garantire al consumatore
una tutela effettiva, tenuto conto in particolare del rischio non trascurabile che questi ignori i suoi diritti o incontri difficoltà per esercitarli (v., del pari, sentenza 26 ottobre 2006, causa C-168/05, Mostaza Claro, Racc. pag. I-10421, punto 28).
63. Come hanno fatto valere i governi spagnolo e italiano, nonché la Commissione, e comeosservato dall'avvocato generale ai paragrafi 102 e seguenti delle sue conclusioni, tali rilievi sono parimenti validi con riguardo alla tutela dei consumatori prevista dall'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102.
64. A tal riguardo, occorre ricordare che il detto art. 11, n. 2, pur perseguendo la duplice finalitàrichiamata al precedente punto 59, è volto a conferire al consumatore, in circostanze ben definite, taluni diritti nei confronti del creditore che si aggiungono ai suoi normali diritti contrattuali nei riguardi di questo e del fornitore di beni o servizi (v. supra, punto 42).
65. Tale finalità non potrebbe essere effettivamente perseguita se il consumatore stesso fossecostretto a far valere il proprio diritto di agire in giudizio, di cui gode nei confronti del creditore in forza delle disposizioni del diritto nazionale che traspongono l'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102, in particolare in ragione del rischio non trascurabile che il consumatore ignori i suoi diritti o incontri difficoltà per esercitarli. Come ha rilevato l'avvocato generale al paragrafo 107 delle sue conclusioni, il fatto che la causa principale è stata attivata dai coniugi Xxxxxxx e che essi vi sono rappresentati da un avvocato non giustifica una conclusione diversa, dal momento che il problema va risolto facendo astrazione dalle circostanze concrete del singolo procedimento.
66. La Franfinance, tuttavia, fa valere che la seconda questione sottoposta, in realtà, è volta aconsentire che venga irrogata d'ufficio la sanzione prevista dal diritto francese nell'ipotesi in cui non ricorrano talune menzioni che, secondo tale diritto, devono ricorrere nella previa offerta relativa ad un credito vincolato, vale a dire la decadenza del creditore dal proprio diritto agli interessi. Xxxxxx, si tratterebbe di una vera e propria "sanzione privata", che non potrebbe mai essere irrogata d'ufficio senza violare il principio dispositivo e il diritto all'equo processo, sancito dall'art. 6 della Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.
67. Nello stesso senso, il governo francese ha rilevato, all'udienza, richiamandosi alla sentenza 14 dicembre 1995, cause riunite C-430/93 e C-431/93, van Schijndel e van Veen (Racc. pag. I-4705), che, se un consumatore non invoca dinanzi al giudice la decadenza degli interessi che deve al creditore, tale giudice non può sollevare d'ufficio l'assenza di menzione, nella offerta previa di credito, del bene o del servizio finanziati, senza decidere ultra petita.
68. A tal riguardo, occorre rilevare che la seconda questione sottoposta riguarda esclusivamente,come emerge dai precedenti punti 55 e 57, l'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 nonché le disposizioni che ne garantiscono la trasposizione nel diritto interno, nella specie, secondo il giudice del rinvio, gli artt. L. 311-20 e L. 311- 21 del Code de la consommation. Nella decisione del giudice del rinvio non risulta, in alcun modo, un'eventuale sanzione consistente nella decadenza del creditore dal proprio diritto agli interessi. Né si è sostenuto dinanzi alla Corte che tali disposizioni del Code de la consommation prevedano una sanzione siffatta. Così, gli argomenti ripresi al punto precedente non sono pertinenti nel contesto della presente analisi, che non comprende la questione se il giudice nazionale possa pronunciare d'ufficio una sanzione come quella fatta valere dalla Franfinance.
69. Pertanto, la seconda questione sottoposta va risolta dichiarando che la direttiva 87/102 dev'essere interpretata nel senso che consente al giudice nazionale di applicare d'ufficio le disposizioni che traspongono nel diritto interno il suo art. 11, n. 2.
Sulle spese
70. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidentesollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) Gli artt. 11 e 14 della direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/102/CEE, relativa alravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 febbraio 1998, 98/7/CE, devono essere interpretati nel senso che ostano a che il diritto del consumatore di procedere contro il creditore, previsto dall'art. 11, n. 2, della direttiva medesima, come modificata, sia subordinato alla condizione che la previa offerta di credito rechi menzione del bene o della prestazione di servizi finanziati.
2) La direttiva 87/102, come modificata dalla direttiva 98/7, dev'essere interpretata nel senso checonsente al giudice nazionale di applicare d'ufficio le disposizioni che traspongono nel diritto interno il suo art. 11, n. 2.
Firme
(*) Lingua processuale: il francese.
Cass. Civile n.18743, 6 set 2007
Cassazione Civile
6 settembre 2007, n. 18743, Sez I Soc. Fiditalia x. Xxxxxxxx e altro
Ancorché le condizioni di esercizio del prestito al consumo possano trovare fonte regolatrice nelle previsioni di cui ai D.Lgs. n. 385/1993 e n. 58/1998, al contratto di finanziamento stipulato con il consumatore si applica la disciplina sulle clausole vessatorie, si che va dichiarata l'inefficacia, in assenza di trattativa individuale, della clausola ivi contenuta, con cui si deroga alla competenza territoriale (nella specie, la controversia era iniziata dopo l'entrata in vigore degli art. 1469-bis e ss. c.c., ma prima del Codice del consumo).
Tribunale Trieste, 20 mar 2007
Tribunale di Trieste 20 marzo 2007
In tema di usura, l'art. 644, comma 4, c.p. stabilisce che per la determinazione del tasso d'interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito. È quindi configurabile il delitto di usura a carico del legale rappresentante di una società finanziaria operante nel settore del credito al consumo, in relazione alla stipulazione di contratti
di prestito di denaro con previsione di tassi d'interesse di poco inferiori al limite legale dell'usurarietà, quando questo limite risulta superato in virtù del computo di voci di costo addossate al soggetto che richiede il finanziamento. Tra queste voci, in particolare, devono essere considerate le c.d. spese di tenuta conto, quando l'ente che eroga il credito si limita ad effettuare delle normali registrazioni contabili interne, relative al rapporto di finanziamento con il cliente, senza instaurare con lo stesso alcun diverso rapporto assimilabile a quello cui da luogo un conto corrente bancario, destinato a ricevere i versamenti dovuti per l'ammortamento del prestito. La normativa vigente, infatti, prevede che siano escluse dal computo del tasso effettivo globale medio le spese di tenuta di un conto corrente, per tale intendendosi il contratto disciplinato dagli artt. 1823 ss. c.c. o altro contratto atipico ad esso assimilabile.
Tribunale Milano, 6 set 2006
Tribunale di Milano 6 settembre 2006
Allorquando tra la banca ed il cliente sia stato sottoscritto un unico contratto avente ad oggetto un rapporto di conto corrente "affidato" (da apertura di credito), è possibile estendere all'apertura di credito sullo stesso concessa le clausole normative relative agli interessi ultralegali ed alla capitalizzazione trimestrale espressamente previste nel contratto di conto corrente. È conforme alle norme sulla trasparenza bancaria la predisposizione della documentazione contrattuale attraverso una pluralità di fogli, allegati alla dichiarazione negoziale, purché gli stessi siano, espressamente e con chiarezza, richiamati ed approvati, dalla stessa dichiarazione, e singolarmente sottoscritti per ricevuta.
Cass. Civile n.5966, 23 apr 2001 Mutuo di scopo - Credito al consumo Collegamento negoziale tra mutuo e compravendita - Sinallagma contrattuale - Rilevanza dei motivi
Cassazione Civile
23 aprile 2001, n. 5966 - sez. III
Pres. GIULIANO - Est. SENESE - P.M. XXXXXXX (conf.)
Società Italiana leasing Silf S.r.l. c. Casella e altro Conferma App. Torino, 7 maggio 1998
[5820/40] Mutuo di scopo - Credito al consumo - Collegamento negoziale tra mutuo e compravendita - Sinallagma contrattuale - Rilevanza dei motivi.
(Decreto legislativo, 1° settembre 1993, n. 385, artt. 121, 125; codice civile, artt. 1325, 1345, 1476)
[5820/40] Mutuo di scopo - Credito al consumo - Collegamento negoziale tra mutuo e compravendita - Inadempimento del fornitore - Rottura del sinallagma contrattuale - Obbligo di restituzione della somma mutuata - Grava sul fornitore.
(Decreto legislativo, 1° settembre 1993, n. 385, artt. 121, 125; codice civile, artt. 1476, 1813)
[5820/40] Mutuo di scopo - Credito al consumo - Collegamento negoziale tra mutuo e compravendita - Inadempimento del fornitore - Sinallagma contrattuale - Inadempimento totale del fornitore - Clausole di inopponibilità - Inefficacia.
(Decreto legislativo, 1° settembre 1993, n. 385, artt. 121, 125; codice civile, artt. 1325, 1375, 1460, 1469-bis,
1469-ter, 1476)
Il mutuo di scopo si caratterizza per il fatto che una somma di danaro viene consegnata al mutuatario esclusivamente per raggiungere una determinata finalità, espressamente inserita nel sinallagma contrattuale.
Quando il mutuo di scopo risulti essere collegato ad un contratto di compravendita, in quanto la somma concessa in mutuo viene destinata al pagamento del prezzo, venuta meno la compravendita, il mutuo non ha più ragione d'essere; in difetto del sinallagma della fattispecie complessiva risultante dal collegamento negoziale, la richiesta di restituzione non va proposta nei confronti del mutuatario, ma direttamente ed esclusivamente nei confronti del venditore.
Le clausole di inopponibilità delle eccezioni relative al contratto di compravendita nei confronti del finanziatore vanno interpretate nel senso di escludere un'eventuale azione legale contro quest'ultimo, da parte del compratore, solo con riferimento a vizi o difetti del bene oggetto della compravendita, mentre non operano nel caso di inadempimento assoluto dell'obbligazione di consegnare il bene in questione.
Corte di Giustizia Europea n.208, 23 mar 2000
Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX
00 marzo 2000, n. 208, Sez. V Berliner Kindl Brauerei AG x. Xxxxxxx
La direttiva 87/102/Cee, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo, deve essere interpretata nel senso che non rientra nel suo ambito di applicazione un contratto di fideiussione concluso a garanzia del rimborso di un credito, quando né il fideiussore né il beneficiario del credito hanno agito nell'ambito della loro attività professionale.
Cass. Civile n.372, 14 gen 2000
Cassazione Civile
14 gennaio 2000, n. 372, Sez. III
Baccelli c. Creditfiditalia
Qualora, pur trattandosi di un contratto negoziato fuori dei locali commerciali, non si controverta del diritto di recesso a favore del consumatore, delle condizioni del suo riconoscimento o del suo esercizio, non si applica la disposizione che stabilisce la competenza territoriale inderogabile del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore (nella specie, era stata chiesta la risoluzione per inadempimento del contratto avente ad oggetto un corso di studi da estetista e del contratto di credito al consumo, sul presupposto di un loro collegamento causale).
Pretura Bologna, 4 gen 1999 Credito al consumo - Contratti - Nullità - Rilevabilità d'ufficio - Ammissibilità
Pretura di Bologna 4 gennaio 1999 Pret. XXXXXXX
Cesareo c. Finemiro S.p.A.
Credito al consumo - Contratti - Nullità - Rilevabilità d'ufficio - Ammissibilità
(D.lgs. 1° settembre 1993. n. 385, artt. 124, comma 3°, 127, comma 2°; codice civile, art. 1469-quinquies,
comma 3°)
Le nullità di cui al Capo II del Titolo VI del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, possono essere rilevate d'ufficio dal giudice quando dal contraddittorio sul punto (che il giudice ha il dovere di stimolare) risulta che esse si traducono in un vantaggio per il consumatore.
Pretura Bologna, 26 ott 1998
Pretura di Bologna 26 ottobre 1998
Santinami e altro c. Soc. Finemiro
In caso di inadempimento di un contratto di credito al consumo, una società finanziaria non può pretendere il pagamento degli interessi moratori sugli interessi corrispettivi non versati, se non dal giorno della domanda giudiziale e sempre che questi ultimi siano dovuti da oltre sei mesi.
X.Xxx. 01.09.1993, n. 385 - Art. 125-quater Contratti a tempo indeterminato
Articolo 125-quater (1) (2)
Contratti a tempo indeterminato
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 125-ter, nei contratti di credito a tempo indeterminato il consumatore ha il diritto di recedere in ogni momento senza penalità e senza spese. Il contratto può prevedere un preavviso non superiore a un mese.
2. I contratti di credito a tempo indeterminato possono prevedere il diritto del finanziatore a:
a) recedere dal contratto con un preavviso di almeno due mesi, comunicato al consumatore su supportocartaceo o altro supporto durevole;
b) sospendere, per una giusta causa, l'utilizzo del credito da parte del consumatore, dandoglienecomunicazione su supporto cartaceo o altro supporto durevole in anticipo e, ove ciò non sia possibile, immediatamente dopo la sospensione.
(1) Articolo aggiunto dall'articolo 1 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141. Si veda, inoltre, quanto previsto dall'articolo 3 del medesimo decreto legislativo.
(2) Si veda il paragrafo 9.2, Sezione VII delle disposizioni della Banca d'Italia 20 giugno 2012.
X.Xxx. 01.09.1993, n. 385 - Art. 126 Regime speciale per le aperture di credito in conto corrente
Articolo 126 (1) (2)
Riservatezza delle informazioni
1. Il Ministro dell'economia e delle finanze può individuare, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, i casi in cui le comunicazioni previste dall'articolo 125, comma 2, e 125-quater, comma 2, lettera b), non sono effettuate in quanto vietate dalla normativa comunitaria o contrarie all'ordine pubblico o alla pubblica sicurezza.
(1) Articolo sostituito dall'articolo 1 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141. Si veda, inoltre, quanto previsto dall'articolo 3 del medesimo decreto legislativo. Per completezza si riporta il testo antecedente alla modifica:
Giurisprudenza correlata
Articolo 126
Regime speciale per le aperture di credito in conto corrente
1. I contratti con i quali le banche o gli intermediari finanziari concedono a un consumatore un'apertura di credito in conto corrente non connessa all'uso di una carta di credito contengono, a pena di nullità, le seguenti indicazioni:
a) il massimale e l'eventuale scadenza del credito;
b) il tasso di interesse annuo e il dettaglio analitico degli oneri applicabili dal momento dellaconclusione del contratto, nonché le condizioni che possono determinare la modifica durante l'esecuzione del contratto stesso. Oltre a essi, nulla è dovuto dal consumatore;
c) le modalità di recesso dal contratto.
(2) Articolo modificato dall'articolo 1 del decreto legislativo 14 dicembre 2010, n. 218.
Giurisprudenza Tribunale di Milano - Sentenza 6 settembre 2006
Dir. C.E. 23.04.2008, n. 48 - Art. 13 Contratti di credito a durata indeterminata
Articolo 13
Contratti di credito a durata indeterminata
1. Il consumatore può avviare gratuitamente la procedura tipo di scioglimento del contratto di creditoa durata indeterminata in qualsiasi momento, a meno che le parti non abbiano convenuto un preavviso. Tale preavviso non può essere superiore ad un mese.
Se convenuto nel contratto di credito, il creditore può avviare la procedura tipo di scioglimento del contratto di credito a durata indeterminata con un preavviso di almeno due mesi comunicato al consumatore su supporto cartaceo o altro supporto durevole.
2. Se convenuto nel contratto di credito, il creditore può, per motivi oggettivamente giustificati, porretermine al diritto del consumatore di effettuare ulteriori prelievi in virtù di un contratto di credito a durata indeterminata. Il creditore informa il consumatore dello scioglimento del contratto e dei relativi motivi con comunicazione su supporto cartaceo o altro supporto durevole, ove possibile prima dello scioglimento e, al più tardi, immediatamente dopo, a meno che la comunicazione di tale informazione non sia vietata da altra normativa comunitaria o sia contraria a obiettivi di ordine pubblico o pubblica sicurezza.
Disp. Banca d'Italia Sez. 7 Par. 8 20 giu 2012 Norme di legge in materia di recesso, inadempimento del fornitore, rimborso anticipato
9. Norme di legge in materia di recesso, inadempimento del fornitore, rimborso anticipato
Nei successivi sotto-paragrafi si riporta, per comodità di consultazione, quanto previsto dagli articoli del capo II del T.U., come sostituito dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, e successive modificazioni, relativi al recesso dai contratti di credito, alle conseguenze dell'inadempimento del fornitore e alla disciplina del rimborso anticipato del credito.
Disp. Banca d'Italia Sez. 7 Par. 9.2 20 giu 2012 Contratti a tempo indeterminato (articolo 125-quater del T.U.)
9.2 Contratti a tempo indeterminato (articolo 125-quater del T.U.)
Al recesso disciplinato dall'articolo 125-ter del T.U. si affianca quello previsto dall'articolo 125-quater per i contratti di credito a tempo indeterminato.
In questo tipo di contratti (ad eccezione delle aperture di credito in conto corrente da rimborsare su richiesta della banca o entro tre mesi dal prelievo: cfr. l'articolo 122, comma 2, del T.U.), il consumatore ha il diritto di recedere in ogni momento senza penalità e senza spese. Il contratto può prevedere un preavviso non superiore a un mese.
I contratti di credito a tempo indeterminato possono prevedere il diritto del finanziatore a:
- recedere dal contratto con un preavviso di almeno due mesi, comunicato al consumatore su supportocartaceo o altro supporto durevole;
- sospendere, per una giusta causa, l'utilizzo del credito da parte del consumatore, dandogliene comunicazionesu supporto cartaceo o altro supporto durevole in anticipo e, ove ciò non sia possibile, immediatamente dopo la sospensione.
X.Xxx. 01.09.1993, n. 385 - Art. 125-quinquies Inadempimento del fornitore
Articolo 125-quinquies (1) (2)
Inadempimento del fornitore
1. Nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi ilconsumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all'articolo 1455 del codice civile.
2. La risoluzione del contratto di credito comporta l'obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore lerate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente applicato. La risoluzione del contratto di credito non comporta l'obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l'importo che sia stato già versato al fornitore dei beni o dei servizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del fornitore stesso.
3. In caso di locazione finanziaria (leasing) il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione inmora del fornitore dei beni o dei servizi, può chiedere al finanziatore di agire per la risoluzione
del contratto. La richiesta al fornitore determina la sospensione del pagamento dei canoni. La risoluzione del contratto di fornitura determina la risoluzione di diritto, senza penalità e oneri, del contratto di locazione finanziaria. Si applica il comma 2.
4. I diritti previsti dal presente articolo possono essere fatti valere anche nei confronti del terzo al quale ilfinanziatore abbia ceduto i diritti derivanti dal contratto di concessione del credito.
(1) Articolo aggiunto dall'articolo 1 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141. Si veda, inoltre, quanto previsto dall'articolo 3 del medesimo decreto legislativo.
(2) Si veda il paragrafo 9.3, Sezione VII delle disposizioni della Banca d'Italia 20 giugno 2012.
Dir. C.E. 23.04.2008, n. 48 - Art. 15 Contratti di credito collegati
Articolo 15
Contratti di credito collegati
1. Il consumatore che abbia esercitato un diritto di recesso basato sulla normativa comunitariariguardo a un contratto per la fornitura di merci o la prestazione di servizi non è più vincolato da un eventuale contratto di credito collegato.
2. Qualora le merci o i servizi oggetto di un contratto di credito collegato non siano forniti o sianoforniti soltanto in parte o non siano conformi al contratto per la fornitura degli stessi, il consumatore ha il diritto di agire nei confronti del creditore se ha agito nei confronti del fornitore o prestatore, senza ottenere la soddisfazione che gli spetta ai sensi della legge o in virtù del contratto per la fornitura di merci o la prestazione di servizi. Gli Stati membri stabiliscono in che misura e a quali condizioni possono essere esperiti tali rimedi.
3. Il presente articolo si applica fatte salve le norme nazionali secondo cui, se il consumatore haottenuto il finanziamento per l'acquisto delle merci o dei servizi tramite un contratto di credito, il creditore risponde in solido con il fornitore di merci o il prestatore di servizi qualora il consumatore faccia valere una pretesa nei confronti di quest'ultimo.
Disp. Banca d'Italia Sez. 7 Par. 8 20 giu 2012 Norme di legge in materia di recesso, inadempimento del fornitore, rimborso anticipato
9. Norme di legge in materia di recesso, inadempimento del fornitore, rimborso anticipato
Nei successivi sotto-paragrafi si riporta, per comodità di consultazione, quanto previsto dagli articoli del capo II del T.U., come sostituito dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, e successive modificazioni, relativi al recesso dai contratti di credito, alle conseguenze dell'inadempimento del fornitore e alla disciplina del rimborso anticipato del credito.
Disp. Banca d'Italia Sez. 7 Par. 9.3 20 giu 2012 Inadempimento del fornitore (articolo 125-quinquies del T.U.)
9.3 Inadempimento del fornitore (articolo 125-quinquies del T.U.)
Nei contratti di credito collegati (1), in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all'articolo 1455 del codice civile (cioè che l'inadempimento del fornitore non abbia scarsa importanza avuto riguardo all'interesse del consumatore).
La risoluzione del contratto di credito comporta l'obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente applicato. La risoluzione del contratto di credito non comporta l'obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l'importo che sia stato già versato al fornitore dei beni o dei servizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del fornitore stesso.
In caso di locazione finanziaria (leasing) il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, può chiedere al finanziatore di agire per la risoluzione del contratto. La richiesta al fornitore determina la sospensione del pagamento dei canoni. La risoluzione del contratto di fornitura determina la risoluzione di diritto, senza penalità e oneri, del contratto di locazione finanziaria. La risoluzione del contratto di locazione finanziaria comporta i medesimi effetti, in termini di rimborsi, previsti dall'articolo 125-quinquies, comma 2, del T.U., con riferimento alla generalità dei contratti di credito.
I diritti previsti dall'articolo 125-quinquies del T.U. possono essere fatti valere anche nei confronti del terzo al quale il finanziatore abbia ceduto i diritti derivanti dal contratto di credito.
Ai sensi dell'articolo 122, comma 4, del T.U., l'articolo 125-quinquies non si applica alle dilazioni di pagamento disciplinate dal paragrafo 4.2.3.
(1) Cfr. anche l'articolo 67, comma 6, del Codice del Consumo, come sostituito dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, secondo cui il contratto di credito collegato si intende risolto di diritto, senza alcuna penalità, nel caso in cui il consumatore eserciti il diritto di recesso da un contratto di fornitura di beni o servizi disciplinato dal titolo III del Codice del Consumo.
Xxxxx xx Xxxxxxxxx Xxxxxxx, 00 apr 2009 Direttiva 87/102/CEE - Tutela dei consumatori - Credito al consumo - Inadempimento del contratto di vendita
Corte di Giustizia Europea (1)
23 aprile 2009, Prima Sezione
Direttiva 87/102/CEE - Tutela dei consumatori - Credito al consumo - Inadempimento del contratto di vendita
La direttiva sul credito al consumo prevede, da una parte, il diritto per il consumatore di procedere contro il creditore in caso di mancata o inesatta esecuzione delle obbligazioni incombenti al fornitore dei beni o dei
servizi, e subordina, dall'altra, tale diritto ad una serie di condizioni, tra le quali l'esistenza di un rapporto di esclusiva tra il creditore ed il fornitore.
Il sig. Xxxxxxxxx ha acquistato nel 2003 un'autovettura e ha sottoscritto, unitamente al contratto di acquisto, un modulo - fornito dal venditore - di richiesta di prestito alla NEOS Banca. Dopo aver corrisposto al venditore la somma di EUR 10 000 e aver beneficiato di un prestito di EUR 19 130, ha cominciato a rimborsare quest'ultimo tramite rate mensili pari a euro 402.
Dopo aver corrisposto 24 rate mensili (EUR 9 648, oltre a EUR 130 per spese di commissione), il veicolo non gli era ancora stato consegnato. Il sig. Xxxxxxxxx ha interrotto perciò i pagamenti, si è opposto al provvedimento di ingiunzione della banca relativo al pagamento della residua somma dovuta (circa EUR 15.000) e ha richiesto la restituzione delle somme già corrisposte.
Il Tribunale di Bergamo ha interrogato la Corte di giustizia in merito alla necessità dell'esistenza di una clausola di esclusiva tra il creditore ed il fornitore affinché il consumatore possa procedere in giudizio contro il creditore in caso di inadempimento delle obbligazioni incombenti al venditore e chiedere la risoluzione del contratto di finanziamento nonché la restituzione delle somme già corrisposte.
La Corte di giustizia ricorda, innanzitutto, che la direttiva è stata adottata al duplice scopo di assicurare, da una parte, la realizzazione di un mercato comune del credito al consumo e, dall'altra, di proteggere i consumatori che sottoscrivono tali crediti.
La direttiva impone poi un'armonizzazione minima in materia di credito al consumo. Gli Stati membri sono quindi liberi di stabilire una normativa più favorevole per i consumatori, che dovrebbero vantare nei confronti del creditore diritti maggiori rispetto ai normali diritti contrattuali.
Il fatto di subordinare in ogni caso l'esercizio del diritto del consumatore di procedere contro il creditore alla condizione dell'esistenza di una clausola di esclusiva tra il creditore ed il fornitore contrasterebbe con l'obiettivo della direttiva che è, in primo luogo, quello di tutelare il consumatore in quanto parte più debole del contratto.
Nei casi in cui la normativa nazionale consente al consumatore di procedere contro il creditore per ottenere la risoluzione del contratto di finanziamento e la restituzione delle somme già corrisposte, la direttiva non impone una condizione supplementare, vale a dire l'esistenza di un rapporto di esclusiva tra venditore e creditore.
Per contro, una siffatta condizione può essere richiesta al fine di far valere altri diritti, non previsti dalle disposizioni nazionali in materia di relazioni contrattuali, come il diritto al risarcimento del danno causato da un'inadempienza del fornitore.
La Corte conclude, pertanto, che l'esistenza di un accordo tra il creditore ed il fornitore, sulla base del quale un credito è concesso ai clienti di detto fornitore esclusivamente da quel creditore, non è un presupposto necessario del diritto, per tali clienti, di procedere contro il creditore in caso di inadempimento delle obbligazioni che incombono a detto fornitore al fine di ottenere la risoluzione del contratto di credito e la conseguente restituzione delle somme corrisposte al finanziatore. Nel procedimento C-509/07,avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dal Tribunale di Bergamo con decisione 4 ottobre 2007, pervenuta in cancelleria il 21 novembre 2007, nella causa Xxxxx Xxxxxxxxx
contro
NEOS Banca S.p.A.,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. X. Xxxx (relatore), presidente di sezione, dai sigg. X. Xxxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxx Xxxxxxx e
X. Xxxxxx, giudici, avvocato generale: xxx. X. Xxxxx cancelliere: sig.xx X. Xxxxx, amministratore vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza dell'11 dicembre 2008, considerate le osservazioni presentate:
- per il sig. Xxxxxxxxx, dagli avv.ti F. Xxxxxxxxxx e X. Xxxxx;
- per la NEOS Banca S.p.A., dall'avv. X. Xxxxxxx;
- per il governo italiano, dal sig. X. Xxxx, in qualità di agente, assistito dalla sig.ra X. Xxxxxxxx, avvocato dello Stato;
- per il governo tedesco, dal sig. X. Xxxxx e dalla sig.ra X. Xxxxxx, in qualità di agenti;
- per il governo ungherese, dalle xxx.xx X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxx e K. Xxxxxxxxx, in qualità di agenti;
- per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra X. Xxxxxxxxx-Xxxxx e dal sig. X. Xxxx, in qualità di agenti, vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni, ha pronunciato la seguente
Sentenza
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'art. 11, n. 2, della direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/102/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo (GU 1987, L 42, pag. 48).
2. Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra il sig. Xxxxxxxxx e la NEOS Banca S.p.A.(in prosieguo: la "NEOS Banca") in merito all'esecuzione di un contratto di credito concluso per l'acquisto di un'automobile che non è mai stata consegnata.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3. Il ventunesimo 'considerando' della direttiva 87/102 prevede quanto segue:
"considerando che, per quanto riguarda i beni e servizi che il consumatore ha sottoscritto per contratto di acquistare a credito, il consumatore, almeno nelle circostanze sotto definite, deve godere, nei confronti del creditore, di diritti che si aggiungono ai suoi normali diritti contrattuali nei riguardi di questo e del fornitore di beni o servizi; che le circostanze di cui sopra sussistono quando tra il creditore e il fornitore di beni o servizi esiste un precedente accordo in base al quale il credito è messo da quel creditore a disposizione esclusivamente dei clienti di quel fornitore per consentire al consumatore l'acquisto di merci o di servizi da tale fornitore".
4. Il venticinquesimo 'considerando' di detta direttiva dichiara quanto segue:
"considerando che la presente direttiva è intesa a conseguire un certo grado di ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di crediti al consumo nonché un certo livello di protezione del consumatore e pertanto non dovrebbe essere escluso che gli Stati
membri possano mantenere o adottare misure più severe per la protezione del consumatore nel rispetto dei loro obblighi derivanti dal Trattato".
5. L'art. 11, nn. 1 e 2, di tale direttiva così dispone:
"1. Gli Stati membri provvedono affinché l'esistenza di un contratto di credito non pregiudichi in alcun modo i diritti del consumatore nei confronti del fornitore di beni o di servizi acquisiti in base a tale contratto qualora i beni o servizi non siano forniti o non siano comunque conformi al contratto di fornitura.
2. Quando:
a) per l'acquisto di beni o la fornitura di servizi il consumatore conclude un contratto di credito con una persona diversa dal fornitore, e
b) tra il creditore e il fornitore dei beni o dei servizi esiste un precedente accordo in base al quale il credito è messo esclusivamente da quel creditore a disposizione dei clienti di quel fornitore per l'acquisto di merci o di servizi di tale fornitore, e
c) il consumatore di cui alla lettera a) ottiene il credito in conformità al precedente accordo, e
d) i beni o i servizi considerati dal contratto di credito non sono forniti o sono forniti soltanto in parte, o non sono conformi al relativo contratto di fornitura, e
e) il consumatore ha proceduto contro il fornitore, ma non ha ottenuto la soddisfazione cui aveva diritto, il consumatore ha il diritto di procedere contro il creditore.
Gli Stati membri stabiliranno entro quali limiti e a quali condizioni il diritto è esercitabile". La normativa nazionale
6. L'art. 42 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Supplemento ordinario alla GURI 8 ottobre 2005,
n. 235), così dispone:
"Nei casi di inadempimento del fornitore di beni e servizi, il consumatore che abbia effettuato inutilmente la costituzione in mora ha diritto di procedere contro il finanziatore nei limiti del credito concesso, a condizione che vi sia un accordo che attribuisce al finanziatore l'esclusiva per la concessione di credito ai clienti del fornitore. La responsabilità si estende anche al terzo, al quale il finanziatore abbia ceduto i diritti derivanti dal contratto di concessione del credito".
7. Tuttavia, il giudice del rinvio riferisce che, secondo la giurisprudenza italiana, i diritti rivendicati dal consumatore non dipendono dalla conclusione o meno di un accordo di esclusiva tra il creditore ed il fornitore.
Causa principale e questione pregiudiziale
8. In data 20 giugno 2003, l'acquirente, sig. Xxxxxxxxx, rivoltosi alla società Autobrembate, venditrice, di proprietà del sig. Xxxxxx Xxxxxx, per acquistare un'autovettura della marca Audi A4 1900 TD, ha sottoscritto, unitamente al contratto di acquisto di tale veicolo, un modulo - fornito dal venditore - di richiesta di prestito alla società Finemiro S.p.A., cui è subentrata la NEOS Banca, creditrice.
9. Il sig. Xxxxxxxxx ha corrisposto, tramite assegni intestati al sig. Xxxxxx Xxxxxx, la somma di EUR 10 000 e ha beneficiato di un prestito per un importo pari a EUR 19 130, che si aggiungevano ai già corrisposti EUR 10 000. Egli ha cominciato a rimborsare a detto istituto finanziario il prestito così accordato, tramite rate mensili di EUR 402.
10. Dopo aver corrisposto 24 rate mensili, pari ad un importo di EUR 9 648, oltre a EUR 130 per spese di commissione, il sig. Xxxxxxxxx ha interrotto il pagamento delle rate, in ragione del fatto che il veicolo non gli era ancora stato consegnato.
11. La Finemiro S.p.A. ha notificato al sig. Xxxxxxxxx un decreto ingiuntivo relativo al pagamento della residua somma dovuta, per un importo quantificato in EUR 15 678,38, oltre agli interessi.
12. Successivamente, la società Autobrembate è stata dichiarata fallita e il veicolo acquistato dal sig. Xxxxxxxxx non gli è mai stato consegnato.
13. Il sig. Xxxxxxxxx si è opposto al decreto ingiuntivo di pagamento, affermando di non essere tenuto a corrispondere le rate mensili residue dovute. Inoltre, egli ha richiesto alla NEOS Banca la restituzione degli EUR 9 778 già corrisposti in rate mensili, oltre agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria.
14. La NEOS Banca si è costituita in giudizio opponendosi alle richieste del sig. Xxxxxxxxx sull'assunto che l'art. 11 della direttiva 87/102 prevede l'esonero della responsabilità del creditore in tutti i casi in cui manca un rapporto di esclusiva tra quest'ultimo e il fornitore.
15. A tal proposito la NEOS Banca ha richiamato le disposizioni di legge nazionali e comunitarie, in particolare l'art. 42 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, sostenendo che nei casi di finanziamento in regime di non esclusiva il diritto del consumatore di procedere contro il creditore è precluso, essendo tale possibilità limitata ai finanziamenti in regime d'esclusiva.
16. È pacifico che non sussiste un rapporto di esclusiva tra la NEOS Banca e la società Autobrembate.
17. Secondo il Tribunale di Bergamo, tenuto conto delle indicazioni date dal ventunesimo 'considerando' della direttiva 87/102, non è certo che il rapporto di esclusiva sia presupposto necessario per attribuire diritti maggiori al consumatore.
18. In tale contesto, il Tribunale di Bergamo ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
"Se l'art. 11, [n. 2, della direttiva 102/87/CEE] debba interpretarsi nel senso che l'accordo tra fornitore e finanziatore in base al quale il credito è messo esclusivamente da quel creditore a disposizione dei clienti di quel fornitore, sia presupposto necessario del diritto del consumatore di procedere contro il creditore - in caso di inadempimento del fornitore - anche quando tale diritto sia: a) solo quello della risoluzione del contratto di finanziamento; oppure b) quello di risoluzione e di conseguente restituzione delle somme pagate al finanziatore".
Sulla questione pregiudiziale
19. Con la sua questione, il giudice del rinvio s'interroga sostanzialmente sulla necessità dell'esistenza di una clausola di esclusiva tra il creditore ed il fornitore affinché il consumatore possa procedere in giudizio contro il creditore in caso di inadempimento delle obbligazioni incombenti al venditore. In particolare, il Tribunale di Bergamo domanda se una siffatta condizione sia necessaria nel caso di un'azione diretta alla risoluzione del contratto di finanziamento e nel caso di un'azione diretta alla restituzione delle somme già corrisposte al finanziatore.
20. Quanto agli obiettivi della direttiva 87/102, dai 'considerando' della stessa risulta che è stata adottata al duplice scopo di assicurare, da una parte, la realizzazione di un mercato comune del credito al consumo (terzo, quarto e quinto 'considerando') e, dall'altra, di proteggere i consumatori che sottoscrivono tali crediti (sesto, settimo e nono 'considerando') (sentenze 23 marzo 2000, causa C-208/98, Berliner Kindl Brauerei, Racc. pag. I-1741, punto 20, e 4 marzo 2004, causa C-264/02, Cofinoga, Racc. pag. I-2157, punto 25).
21. A tal proposito, l'art. 11 di detta direttiva, da una parte, prevede il diritto per il consumatore di procedere contro il creditore in caso di mancata o inesatta esecuzione delle obbligazioni incombenti al fornitore dei beni o dei servizi in questione e, dall'altra, subordina tale diritto ad una serie di condizioni, tra le quali figura quella dell'esistenza di un rapporto di esclusiva tra il creditore ed il fornitore.
22. Tale disposizione dev'essere letta alla luce del ventunesimo 'considerando' della direttiva 87/102 che, con riferimento al regime istituito all'art. 11 di detta direttiva, indica esplicitamente che "il consumatore, almeno nelle circostanze sotto definite, deve godere, nei confronti del creditore, di diritti che si aggiungono ai suoi normali diritti contrattuali nei riguardi di questo". Sempre ai sensi dello stesso 'considerando', "le circostanze di cui sopra sussistono quando tra il creditore e il fornitore di beni o servizi esiste un precedente accordo in base al quale il credito è messo da quel creditore a disposizione esclusivamente dei clienti di quel fornitore per consentire al consumatore l'acquisto di merci o di servizi da tale fornitore".
23. Ne consegue che il diritto di procedere in giudizio di cui all'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 costituisce una protezione supplementare offerta dalla direttiva di cui trattasi al consumatore nei riguardi del creditore, che si aggiunge alle azioni che il consumatore può già esercitare sulla base delle disposizioni nazionali applicabili ad ogni rapporto contrattuale. Conseguentemente, il soddisfacimento delle varie condizioni di cui a tale articolo può essere richiesto solo rispetto ai ricorsi proposti ai sensi di tale protezione supplementare.
24. Va inoltre rilevato che una siffatta interpretazione dell'art. 11 della direttiva 87/102 è in linea con il tipo di armonizzazione effettuata con tale direttiva. Infatti, secondo il suo venticinquesimo 'considerando', non dovrebbe essere escluso che gli Stati membri possano mantenere o adottare misure più severe per la protezione del consumatore, dal momento che tale direttiva impone un'armonizzazione minima in materia di credito al consumo. Gli Stati membri sono quindi liberi di stabilire una normativa più favorevole per i consumatori.
25. Nel contesto dell'art. 11, n. 2, della direttiva 87/102, la Corte ha dichiarato che l'obiettivo perseguito datale direttiva consiste nel garantire il rispetto di una norma di protezione minima del consumatore in materia di credito al consumo (sentenza 4 ottobre 2007, causa C-429/05, Rampion e Xxxxxx, Racc. pag. I-8017, punto 47).
26. Tale interpretazione è anche corroborata dall'art. 14, n. 1, di detta direttiva, che impone agli Stati membri di provvedere affinché i contratti di credito non deroghino, a detrimento del consumatore, alle disposizioni del diritto nazionale che danno esecuzione alla direttiva stessa (v., in tal senso, sentenza Xxxxxxx e Xxxxxx, cit., punto 48).
27. In aggiunta, il consumatore non può esercitare alcuna influenza sul rapporto tra il fornitore e il creditore, il che implica che il consumatore è in balia delle condizioni contrattuali come negoziate tra questi due imprenditori.
28. Inoltre, spesso i creditori presentano moduli prestampati ai consumatori per la conclusione del contratto di mutuo. Quindi, il consumatore, ovvero la parte più debole del contratto, di regola non ha la possibilità di apportare modifiche al testo.
29. Pertanto, il fatto di subordinare in ogni caso l'esercizio del diritto del consumatore di procedere contro il creditore alla condizione dell'esistenza di una clausola di esclusiva tra il creditore ed il fornitore contrasterebbe con l'obiettivo della direttiva 87/102 che è, in primo luogo, quello di tutelare il consumatore in quanto parte più debole del contratto.
30. Dalle considerazioni che precedono risulta che, in una situazione come quella descritta dal giudice nazionale nella decisione di rinvio, in cui la normativa applicabile alle relazioni contrattuali prevede la possibilità per il consumatore di procedere contro il creditore per ottenere la risoluzione del contratto di finanziamento e la restituzione delle somme già corrisposte, la direttiva 87/102 non prescrive che siffatte