Contract
IL COLLEGIO ARBITRALE
composto dai signori
prof. avv. Xxxxxxx X. Xxxxxxx, presidente xxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, arbitro
xxx. Xxxxxxxxx Xxxxxx, arbitro ha pronunciato il seguente
LODO
nel procedimento arbitrale n. 6/17 del Ruolo Giudizi Arbitrali della Camera arbitrale per i contratti pubblici presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione
promosso da
S&G Costruzioni s.r.l. (di seguito anche S&G), P. IVA 03965360757, con sede in Caprarica di Lecce, piazza Toma s.n.c., in persona dell’amministratore pro tempore, sig.ra Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxx, in proprio nonché quale impresa designata capogruppo mandataria nel RTI costituito con Xxxxx Xxxxxxxx, P. IVA 00455980755, xxxxxx- xxxxx in Xxxxxxx (XX), xxxxxx xxx xxxxxx, x. 0, x Xxxxxx x.x.x.,
X. XXX 00000000000, con sede in Caprarica di Lecce, via Bortone
s.n.c. rappresentata e difesa dagli avv.ti Xxxxxxxxx Xxxxx ed Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, ed elettivamente domiciliata in Torricella (TA) presso lo studio dell’avv. Xxxxxxxxx Xxxxxxx, via Regina Xxxxx, n. 5, giusta procura alle liti in calce alla Domanda di arbitrato e contestuale nomina di arbitro del 5 maggio 2017;
- attore -
nei confronti di
Comune di Taranto (di seguito: il Comune), in persona del Sindaco xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxx e del Dirigente del Servizio Affari le- gali/Avvocatura del Comune di Taranto, avv. Xxxxxxxxxx Xx Xxxx, rappresentato e difeso dall'avv. Xxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxxx ed elet- tivamente domiciliato in Taranto, via Lazio n. 45, presso l'Av- vocatura Comunale, giusta procura alle liti in calce alla Com- parsa di risposta del 20 febbraio 2020;
- convenuto –
Sommario
1.- LA CLAUSOLA COMPROMISSORIA 3
2.- LA NATURA E LA SEDE DEL PRESENTE ARBITRATO 4
3.- FATTO E SVOLGIMENTO DELLA PROCEDURA 5
3.2.- Le prospettazioni delle parti 7
3.3.- Svolgimento della procedura 10
3.4.- Le conclusioni delle parti 10
4.- IN XXX XXXXXXXXXXXXX. XXXXX XXXXXXXXX XXX XXXXXX XX XXXXXXX QUALE CONVENUTO NEL PRESENTE ARBITRATO 13
a. La prospettazione della parte convenuta 14
b. La qualificazione giuridica dell’Ufficio unico PIT
c. Legittimazione processuale e titolarità effettiva
del diritto azionato: la posizione della giurisprudenza 17
d. Sul difetto di legittimazione processuale 19
e. Sulla titolarità effettiva, dal lato passivo, del diritto azionato da parte attrice 20
f. Le determinazioni del Collegio 25
5.- NEL MERITO. SULLA DOMANDA RISARCITORIA DI PARTE ATTRICE: L’AN DEBEATUR 25
a. Procedura di collaudo e doveri della stazione appaltante 26
b. Sul ritardo causato dalla presenza di un manufatto
c. Sul ritardo causato dalla mancata consegna degli elaborati as-built 32
d. Le determinazioni del Collegio arbitrale 35
6.- SEGUE. IL QUANTUM DEBATUR 36
a. Le prospettazioni delle parti 36
b. La prova del danno e del suo ammontare 37
c. La quantificazione ed il criterio di equità 39
d. Le determinazioni del Collegio arbitrale 44
7.- IL VALORE DELLA CONTROVERSIA 45
8.- LE SPESE DELLA PROCEDURA 46
* * *
1.- LA CLAUSOLA COMPROMISSORIA
Il lodo è reso nella procedura arbitrale retta dalla clausola compromissoria contenuta nell’art. 16, comma 3 del Contratto di appalto relativo all’esecuzione dei lavori di: POR Puglia 2000/2006 – P.I.T. n. 6 – Intervento n. 9 – Realizzazione della strada di collegamento tra le aree produttive di San Giorgio Jonico e di Taranto del 12 febbraio 2008, rep. 8515 [indicato come doc. 1 nella Domanda di arbitrato e contestuale nomina di arbitro di S&G del 5 maggio 2017, allegato come doc. 2 nella Domanda per la nomina del terzo arbitrato (recte: arbitro) in funzione di Presidente di S&G del 30 agosto 2017 e come doc. 1 nella Comparsa di risposta del Comune del 20 febbraio 2020], che così recita:
«Tutte le controversie derivanti dall’esecuzione del con- tratto, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento
dell’accordo bonario di cui al comma 1, sono deferite ad arbitri ai sensi degli articoli 241, 242 e 243 del Codice dei contratti; la sede del collegio arbitrale è quella della stazione appal- tante».
Osserva il collegio che la clausola compromissoria testé riportata richiama disposizioni oggi non più vigenti del d.lgs. 163/2006 (precedente codice dei contratti pubblici); tuttavia, per effetto dell’art. 216, comma 22, d.lgs. 50/2016 (vigente Codice dei contratti pubblici), alle controversie su diritti sog- gettivi derivanti «dall’esecuzione dei contratti pubblici di cui al medesimo articolo 209, comma 1», per i quali i bandi o avvisi siano stati pubblicati prima della data di entrata in vigore del vigente codice (fra i quali va annoverato anche il Contratto di appalto di cui qui è causa), si applicano «le procedure di arbi- trato di cui all’articolo 209».
Dunque il presente arbitrato è governato – per disposizione imperativa che prevale sulla diversa pattuizione negoziale – dall’art. 209 d.lgs. 50/2016.
2.- LA NATURA E LA SEDE DEL PRESENTE ARBITRATO
Il Collegio osserva che, in conformità alla clausola compro- missoria sopra menzionata, come confermata dalle parti nel corso della riunione di costituzione del Collegio in data 18 dicembre 2019 (pag. 2 del verbale), la sede dell’arbitrato è in Taranto,
sede della stazione appaltante.
In applicazione degli artt. 808 ter, 824 bis e 822 cod. proc. civ., come altresì confermato dalle parti nel corso della riu- nione di costituzione del Collegio in data 18 dicembre 2019 (pag.
2 del verbale) il presente arbitrato ha natura rituale e di diritto. Ai sensi dell’art. 209, comma 10, d.lgs. 50/2016, la procedura arbitrale è governata dalle disposizioni del vigente codice di procedura civile, salvo ove derogate dal medesimo art. 209 d.lgs. 50/2016.
3.- FATTO E SVOLGIMENTO DELLA PROCEDURA
3.1.- La fase introduttiva
Con Domanda di arbitrato e contestuale nomina di arbitro in data 5 maggio 2017 S&G, in proprio nonché quale impresa designata capogruppo mandataria nel RTI costituito con Xxxxx Xxxxxxxx e Xxxxxx s.r.l., esponeva i fatti di causa, formulava i quesiti, rassegnava le proprie conclusioni, procedeva alla nomina dell’ar- bitro di propria spettanza nella persona dell’xxx. Xxxxxxxxx Xxxxxx e invitava il Comune di Taranto a provvedere alla nomina del proprio nei modi e termini di legge e contratto.
Con successiva Domanda per la nomina del terzo arbitrato (recte: arbitro) in funzione di Presidente del 30 agosto 2017 – essendo pervenuta in data 3 agosto 2017 la designazione dell’xxx. Xxxxxxxx Xxxxxxx quale arbitro da parte del Comune di Taranto –
S&G invitava ANAC a voler procedere a tutti gli adempimenti di sua spettanza per la nomina del collegio arbitrale.
Con Domanda per la celebrazione dell’Arbitrato ai sensi del comunicato n. 1/206 per la nomina degli arbitri e del terzo arbitrato (recte: arbitro) in funzione di Presidente del 26 feb- braio 2018 – premesso che XXXX aveva riscontrato in capo all’xxx. Xxxxxxx i requisiti richiesti dagli artt. 209 s. d.lgs. 50/2016; che, benché sollecitato, il Comune di Taranto non aveva provve- duto a designare altro arbitro; che XXXX aveva dunque archiviato la procedura – S&G dichiarava il proprio persistente interesse alla celebrazione dell’arbitrato ed invitava ANAC a voler proce- dere in ogni caso a tutti gli adempimenti di sua spettanza per la nomina del collegio arbitrale.
A seguito di una prima designazione di arbitro con decreto del
25 giugno 2018 su ricorso di S&G del 6 giugno 2018, poi revocata per sopravvenuta carenza in capo al designato dei requisiti di legge, con decreto dell’11 gennaio 2019, su ricorso di S&G del
24 settembre 2018, il presidente del Tribunale di Taranto desi- gnava quale arbitro l’xxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx.
Infine, con deliberazione dell’8 febbraio 2019 il Consiglio della Camera arbitrale per i contratti pubblici presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione nominava il collegio arbitrale nelle persone dei due già designati arbitri e del prof. avv. Xxxxxxx
Xxxxxxx quale terzo arbitro in funzione di presidente.
Convocata una prima riunione in data 4 dicembre 2019, poi andata deserta per assenza della parte convenuta, il Collegio arbitrale si costituiva in data 18 dicembre 2019, dettava dispo- sizioni di procedura e concedeva alle parti termini per memorie e repliche che entrambe depositavano.
3.2.- Le prospettazioni delle parti
Espone S&G che con Contratto di appalto relativo all’esecu- zione dei lavori di: POR Puglia 2000/2006 – P.I.T. n. 6 – Inter- vento n. 9 – Realizzazione della strada di collegamento tra le aree produttive di San Giorgio Jonico e di Taranto del 12 febbraio 2008, rep. 8515, il Comune di Taranto appaltava i lavori di realizzazione della strada di collegamento tra le aree produttive di San Giorgio Jonico e di Taranto al prezzo di euro 1.951.359,
43 al netto di ribasso del 29,374% sul prezzo a base di gara.
Lamenta quindi che, nonostante il regolare svolgimento dei lavori nei tempi previsti (conclusi in data 23 giugno 2009; con- segnati in data 22 dicembre 2009) e senza alcuna riserva da parte della stazione appaltante, il Certificato di collaudo che sarebbe dovuto essere emesso ai sensi di legge entro i successivi sei mesi (22 dicembre 2009) sia stato emesso soltanto 2166 giorni dopo, in data 27 novembre 2015.
Specifica inoltre che – a mente di quanto si legge nel punto
A37 del Certificato di collaudo [indicato come allegato senza numero nella Domanda di arbitrato e contestuale nomina di arbitro di S&G del 5 maggio 2017, allegato come doc. 3 nella Domanda per la nomina del terzo arbitrato (recte: arbitro) in funzione di Presidente di S&G del 30 agosto 2017 e come doc. 2 nella Comparsa di risposta del Comune del 20 febbraio 2020] – il ritardo viene giustificato in ragione dell’attesa dapprima per la rimozione di un manufatto ENEL (un palo) che non consentiva di ritenere in sicurezza la strada in quel punto (rimozione accertata in data 6 ottobre 2011), e quindi per l’ottenimento degli elaborati as- built dell’opera (pervenuti alla Commissione di collaudo in data
6 novembre 2015).
S&G si duole quindi (i) che tali «cause» non possano giusti- ficare quattro anni di ritardo; (ii) che la prima di esse, in particolare non sia ad essa imputabile potendo solo la stazione appaltante o la commissione intervenire per la rimozione del manufatto ENEL; (iii) che la seconda di esse sia priva di fonda- mento, atteso che gli elaborati as-built erano stati consegnati da essa esecutrice con la Relazione del conto finale e comunque non sono documenti obbligatori per il rilascio del Certificato di collaudo; (iv) che lo stesso Contratto di appalto (art. 14) prevedeva il termine massimo di sei mesi per l’emissione del Certificato di collaudo provvisorio e addossava all’appaltatore
gli oneri di custodia, buona conservazione e gratuita manuten- zione delle opere e impianti; (v) che tuttavia tali oneri devono ritenersi riferiti al periodo di legge fra consegna e emissione del Certificato di collaudo; (vi) che la stazione appaltante avrebbe operato in maniera illegittima ed arbitraria anche in violazione dell’art. 192 d.p.r. 554/1999 (applicabile al tempo) e la commissione di collaudo avrebbe peccato di poca solerzia omettendo di intervenire nei tempi di legge.
Formulava quindi, in via istruttoria, richiesta di CTU ai fini della quantificazione del danno.
Si difende il Comune convenuto eccependo innanzitutto, sia pure senza ricorrere a formule solenni, il proprio difetto di legittimazione passiva per essere stato in data 29 novembre 2006 nominato quale ente capofila in sua sostituzione la Provincia di Taranto; nel merito, respinge ogni addebito in relazione alla prima causa di ritardo nell’emissione del Certificato di collaudo allegando di aver ripetutamente sollecitato ENEL affinché prov- vedesse allo spostamento della linea elettrica, come anche evi- denziato dalla commissione di collaudo in un passaggio del punto A37 del certificato; e dichiarando, quanto alla seconda causa di ritardo, che la produzione degli elaborati as-built non fosse di propria competenza.
In via istruttoria chiede il rigetto dell’istanza avversaria
di CTU ovvero, qualora disposta, che sia estesa ai profili fat- tuali ed all’accertamento delle cause del ritardo nell’emissione del Certificato di collaudo.
3.3.- Svolgimento della procedura
All’esito del deposito delle memorie e repliche autorizzate, il Collegio arbitrale – presa cognizione dell’asserito difetto di legittimazione passiva lumeggiato dal Comune nelle proprie difese, e ritenendo che, al fine di assicurare il principio del contraddittorio, occorresse consentire alle parti di prendere specifica posizione su questa eccezione potenzialmente idonea a definire la controversia – concedeva termini per il deposito di un’ulteriore memoria per parte.
All’esito del deposito nei termini concessi, il Collegio arbitrale, ritenuto che sull’eccezione di difetto di legittima- zione passiva possa pronunciarsi unitamente al merito, rigettate le istanze istruttorie e ritenuta la causa matura per la deci- sione, con ordinanza del 22 giugno 2020 assegnava alle parti i termini per le memorie conclusionali e le repliche, che le parti depositavano regolarmente.
3.4.- Le conclusioni delle parti
Con Memoria conclusionale di replica del 14 luglio 2020 parte attrice così concludeva: «Per tutto quanto innanzi, la S&G Co- struzioni s.r.l., ut sopra, insiste affinché l’Xxx.xx Collegio
designato risponda ai quesiti posti nei precedenti scritti di causa che anche qui si riportano:
QUESITO N. 1
Dica il Collegio Arbitrale, in accoglimento di quanto appena esposto, e considerando la documentazione allegata, che il ri- tardo nella emissione del Certificato di Xxxxxxxx è addebitabile solo ed esclusivamente alla Stazione Appaltante
QUESITO N. 2
Dica il Collegio Arbitrale, che il ritardo nella emissione del Certificato di Collaudo in data 27.11.2015, a fronte della consegna lavori, senza riserve, avvenuta in data 23.06.2009, ha cagionato un danno alla S&G Costruzioni s.r.l. stimato prudente- mente in € 187.250,70 come indicato nella perizia allegata e, per l’effetto, condanni il Comune di Taranto, in persona del Sindaco e legale rappresentante p.t., al risarcimento del danno stimato in € 187.250,70 oltre interessi e rivalutazione monetaria o nella maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia.
conclusioni
Voglia l’Onorevole Collegio Arbitrale, ogni contraria e di- versa istanza, difesa ed eccezione disattesa e reietta, preso atto dell’ingiustificato ed illegittimo ritardo della Stazione Appaltante, nella redazione ed emissione del Certificato di Col-
laudo, accertare e dichiarare che il ritardo è dipeso esclusiva- mente per cause addebitabili all’illegittimo ed ingiustificato comportamento serbato dal Comune di Taranto e, per l’effetto, condannare il Comune medesimo al pagamento in favore dell’odierna istante della somma di € 187.250,70 per il danno cagionato alla S&G Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentane p.t., oltre interessi e rivalutazione monetaria e/o nella maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia nonché alla refusione delle spese di avvio del procedimento di arbitrato versate per ambo le parti dall’odierna scrivente per complessivi €12.000,00 nonché al pagamento delle spese e competenze legali da distrarsi in favore sei sottoscritti procuratori antistatari».
Con Memoria di replica del 20 marzo 2020 parte convenuta formulava i seguenti quesiti: «1. “Dica il Collegio Arbitrale se il Comune di Taranto ha posto in essere tutte le misure atte a sollecitare l’ente competente allo spostamento del palo di pro- prietà dell’Enel che invadeva la banchina in corrispondenza dello svincolo a raso San Giorgio – S.S. 7 ter ”;
2. “Dica il Collegio Arbitrale se la consegna degli elaborati assbuilt costituiva un onere a carico del Comune di Taranto ”.
In via istruttoria ci si oppone, altresì, alla richiesta di ammissione della CTU formulata da controparte, attesa l’infonda- tezza della domanda formulata. In caso di sua ammissione si chiede
estendere l’indagine del CTU anche ai profili fattuali relativi all’odierna vicenda ed all’individuazione delle cause che hanno determinato il ritardo nell’emissione dell’atto di collaudo».
Con successiva Replica del 16 luglio 2020 parte convenuta così concludeva: «Il Comune di Taranto, come sopra rappresentato e difeso, e nella specifica impugnativa di ogni avverso dedotto, insiste per il rigetto integrale delle avverse richieste perché infondate sia in fatto che in diritto, oltre che in alcun modo provate con ogni conseguenza anche in termini di spese» mentre con memoria di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.- IN XXX XXXXXXXXXXXXX. XXXXX XXXXXXXXX XXX XXXXXX XX XXXXXXX QUALE CONVENUTO NEL PRESENTE ARBITRATO
Occorre innanzitutto affrontare, per priorità logica e giu- ridica, la questione dell’asserita estraneità del Comune rispetto alla vicenda di cui è causa, sulla quale questo Collegio arbitrale ha altresì invitato le parti a prendere specifica posizione con memorie autorizzate.
Premette il Collegio, anche per replicare ad una censura formulata da parte attrice, che a proprio sommesso avviso la contestazione della qualità di “parte” di un giudizio (nelle due diverse gradazioni di cui si dirà sub b.) non richiede l’uso di
formule sacramentali, essendo sufficiente che emerga dal com- plesso delle difese svolte la volontà di contestare il “ruolo” che la controparte vorrebbe fosse ad essa riconosciuto, così come è in effetti avvenuto nel caso di specie, avendo il Comune di Taranto lamentato la propria estraneità alla vicenda specifican- done (sia pure in modo non sempre perspicuo) le ragioni.
a. La prospettazione della parte convenuta
Al fine di delineare meglio i contorni del tema, lo scrivente Xxxxxxxx si richiama – senza che occorra qui una dettagliata trasposizione dei fatti – alla cronologia di eventi descritta da parte convenuta nella Comparsa di risposta del 20 febbraio 2020 e nella Memoria del 27 aprile 2020.
Per quanto qui rileva, il Comune convenuto ha evidenziato che con il decreto del Presidente della Regione Puglia 30 set- tembre 2002 n. 568, è stato costituito il Comitato del Programma Integrato Territoriale n. 6 (PIT n. 6) – “Taranto”, mentre con deliberazione della Giunta Regionale 28 ottobre 2004, n. 1577, venivano adottate le linee guida per l’attuazione del PIT n. 6 prevedendo, tra l’altro, che l’intera gestione dell’opera dovesse essere affidata e coordinata da un’unica unità organizzativa de- nominata “Ufficio PIT” a capo della quale doveva essere preposto un Responsabile con autonome funzioni dirigenziali.
Xxxxxx, giova rammentare che anche l’art. 30, comma 4, d.lgs.
267/2000, autorizza le amministrazioni partecipanti a convenzioni per svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati o per realizzare opere, a costituire «uffici comuni che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti parte- cipanti all'accordo», ovvero a delegare le rispettive funzioni
«a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti».
In data 13 gennaio 2005 l’Assemblea dei Sindaci aderenti al PIT sottoscriveva l’atto di convenzione per l’esercizio delle funzioni e dei servizi inerenti l’attuazione del P.I.T. n. 6 individuando il Comune di Taranto quale soggetto capofila «dele- gato allo svolgimento di tutte le funzioni necessarie per la realizzazione degli interventi inseriti nei Programmi».
Seguiva quindi l’istituzione dell’Ufficio unico comune PIT
n. 6 quale unico centro di spesa nonché unica stazione appaltante con sede presso il soggetto capofila e la nomina della dott.ssa Xxxx Xxxx Xxxxxxxx Xxxxxx quale Project manager del PIT.
Infine – allega il Comune convenuto – con successiva deli- berazione 9 ottobre 2006, n. 24, l’assemblea dei sindaci aderenti al PIT designava quale ente capofila la Provincia di Taranto in sostituzione di esso Comune, «trasferendo l’Ufficio Unico PIT 6 presso la Provincia di Taranto e con esso le funzioni attribuite
e le strutture all’uopo istituite, confermando il Project Manager Responsabile del nuovo Ufficio Unico PIT 6».
Alla luce di quanto sopra, il Comune convenuto si dichiara estraneo alla vicenda e domanda il rigetto delle domande attoree nei suoi confronti, avendo esso partecipato al progetto quale mero partecipante firmatario aderente al PIT n. 6, risultando essere invece l’Ufficio unico comune PIT n. 6 la «stazione ap- paltante» (come anche per tabulas dal Contratto di appalto) non- ché la Provincia di Taranto beneficiario del finanziamento ed ente pagatore.
Tale prospettazione non può essere accolta per le ragioni che seguono.
b. La qualificazione giuridica dell’Ufficio unico PIT n. 6
Ritiene preliminarmente il Collegio – con riferimento alla domanda formulata in estremo subordine da parte attrice con Me- moria del 7 maggio 2020 di estensione del contraddittorio all’Uf- ficio unico PIT n. 6 - che occorra puntualizzare come nessuna autonoma posizione soggettiva (e per l’effetto nessuna, neppure ipotetica, legittimazione passiva) possa riconoscersi in capo a codesto Ufficio.
Benché sul punto il quadro probatorio offerto dal Comune convenuto sia totalmente carente, si può ragionevolmente ritenere
da alcuni elementi indiziari che l’Ufficio abbia natura di arti- colazione amministrativa interna, anche ai sensi del comma 3 dell’art. 30 d.lgs. 276/2000. Si consideri in particolare il tenore dell’art. 4, comma 1, dell’Accordo di programma del 29 giugno 2005 (doc. 1 allegato alla Memoria del Comune del 27 aprile 2020): «Il capofila, anche per il tramite del proprio ufficio unico PIT, […]» (enfasi aggiunta), dal quale si desume che l’uf- ficio non è un ente dotato di autonoma soggettività.
Dunque, la questione qui esaminata non si estende alla va- lutazione se l’Ufficio unico PIT n. 6 possa essere o meno legit- timato passivo nella vicenda de qua.
c. Legittimazione processuale e titolarità effettiva del di-
ritto azionato: la posizione della giurisprudenza
Ricorda il Collegio che tradizionalmente nel diritto proces- suale si distingue fra legittimazione ad agire o resistere, («le- gitimatio ad causam») intendendosi essa quale titolarità del di- ritto azionato sul lato attivo o passivo sulla base delle pro- spettazioni delle parti negli atti di causa; ed effettiva tito- larità del diritto che implica l'identificabilità o meno nell’at- tore o nel convenuto del soggetto tenuto, rispettivamente, a ricevere o a erogare la prestazione richiesta dall'attore (sul punto, si veda per tutti da ultimo Cass., S.U., 16 febbraio 2016,
n. 2951; sul concetto di legitimatio ad causam quale condizione
dell’azione anche in sede amministrativa, si veda anche T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, 5 marzo 2020, n. 232; sulle differenze fra legitimatio ad causam ed effettiva titolarità del diritto, Tribunale Milano Sez. VI, 2 marzo 2020; Tribunale Cassino Sez. I, 7 agosto 2019; Tribunale Rieti, 13 aprile 2019). Mentre il controllo circa la legitimatio ad causam è esercitabile d'ufficio in ogni grado e stato del giudizio e si risolve nell'accertare se, secondo la prospettazione del rapporto controverso data dall'attore, questi ed il convenuto assumano, rispettivamente, la veste di soggetto che ha il potere di chiedere la pronunzia giurisdizionale e di soggetto tenuto a subirla, la negazione da parte del convenuto dell'effettiva titolarità passiva del diritto fatto valere implica per l’organo giudicante una disamina ed una decisione attinente al merito della controversia, cioè alla fon- datezza della domanda.
Soggiunge la Suprema Corte che il convenuto che non condivida l'assunto dell'attore in ordine alla titolarità del diritto può limitarsi a negare l'esistenza dei fatti costitutivi del diritto (articolando dunque quelle che vengono definite “mere difese”), oppure contrapporre altri fatti che privino di efficacia i fatti costitutivi, o modifichino o estinguano il diritto (formulando un’eccezione vera e propria ai sensi dell’art. 2697, comma 2, cod. civ.).
Xxxxxx, nel primo caso (mere difese) si riversa sulla parte attrice l’onere di provare la titolarità effettiva in capo al convenuto del diritto fatto valere in quanto elemento costituivo della sua domanda (così, applicando in concreto il dettato delle Sezioni Unite, Corte d'Appello Bologna Sez. III, 3 maggio 2019; Corte d'Appello Lecce Sez. II, 11 luglio 2016); nel secondo caso (fatti modificativi, impeditivi o estintivi del diritto), l’onus probandi è in capo al convenuto che li eccepisce (Cass., S.U.,
16 febbraio 2016, n. 2951; Tribunale Messina Sez. I, 7 aprile 2017; Tribunale Ascoli Xxxxxx, 24 gennaio 2017; Tribunale Po- tenza, 28 agosto 2013; Tribunale Foggia Sez. I, 6 settembre 2012).
d. Sul difetto di legittimazione processuale
Premette il Collegio che dalla confusa e atecnica prospet- tazione di parte convenuta, non è dato comprendere se sia stata sollevata una eccezione preliminare di difetto di legitimatio ad causam ovvero sia stata contestata la carenza di titolarità ef- fettiva dal lato passivo del diritto azionato da parte attrice. Il collegio reputa che occorra dunque prudentemente esaminare entrambe le prospettazioni.
Quanto alla prima, lo scrivente Collegio, sulla base delle difese sviluppate dalle parti, esclude che nel caso di specie sussista un difetto di legittimazione passiva del Comune conve- nuto. Invero, parte attrice assume nei propri atti di aver patito
un pregiudizio economico per effetto del comportamento del Comune convenuto – quale ente capofila del PIT n. 6 – il quale non si sarebbe diligentemente attivato per la rimozione delle ragioni ostative al rilascio della certificazione di collaudo. Dunque, parte attrice nel presente giudizio indica se stessa come xxxx- xxxx del diritto di cui si chiede l’affermazione e individua senza incertezze il Comune convenuto come titolare della relativa posizione passiva.
e. Sulla titolarità effettiva, dal lato passivo, del diritto
azionato da parte attrice
Spostando ora l’attenzione dal piano della legittimazione ad agire a quello della effettiva titolarità del diritto vantato, occorre disporsi in una diversa prospettiva e sciogliere l’in- terrogativo se il Comune convenuto possa ritenersi effettivamente estraneo alla vicenda de qua.
È necessaria una premessa di ordine procedurale. Come si è poco sopra precisato, è opinione della giurisprudenza che qualora il convenuto si limiti a contestare la propria legittimazione passiva sostanziale spetti all'attore provarla, trattandosi di elemento costituivo della sua domanda, mentre in caso di formu- lazione di una vera e propria eccezione ex art. 2697, comma 2, cod. civ., l’onere probatorio gravi sul convenuto.
Ora, è opinione del Collegio che il Comune di Taranto non si
limiti a negare la titolarità passiva del diritto azionato da S&G; invero, esso convenuto argomenta che sarebbe sopravvenuta una deliberazione dell’assemblea dei sindaci facenti parte del PIT n. 6 che avrebbe designato la Provincia di Taranto quale nuovo ente capofila: si tratta dunque di un fatto modifica- tivo/estintivo della titolarità del diritto azionato ex art. 2697, comma 2, cod. civ., di tal ché è il Comune di Taranto onerato della relativa prova.
Xxxxxxx lo scrivente Xxxxxxxx che tale prova non sia stata fornita.
Non è in discussione che, quantomeno in una prima fase, il Comune sia stato designato ente capofila del PIT n. 6. Lo dichiara il Comune stesso nelle proprie difese più sopra richiamate; e se ne trae conferma probatoria dal terzo alinea delle «Premesse» della deliberazione dell’assemblea dei sindaci del PIT n. 6 del
4 luglio 2007 (doc. 2 allegato alla Memoria del Comune del 27 aprile 2020) e dal terzo alinea dei «Vista» della determinazione del dirigente responsabile del PIT n. 6 del 19 agosto 2008.
Parimenti consta dai medesimi documenti che con delibera del 9 ottobre 2006, n. 27, l’assemblea dei sindaci dei comuni aderenti al PIT abbia designato quale nuovo ente capofila la Provincia di Taranto; ed in effetti anche da altra documentazione prodotta dal Comune convenuto risulta che – quantomeno dal 25 ottobre 2007 (ci
si riferisce alla determinazione del dirigente n. 96, allegata al Contratto di appalto, doc. 1 allegato alla Comparsa di risposta di parte convenuta del 20 febbraio 2020) – i provvedimenti della dirigente dell’Ufficio unico PIT n. 6 siano redatti su carta intestata della Provincia di Taranto (si vedano anche i docc. 3, 4, 5, 6, cronologicamente successivi).
Xxx xxxxxxxxx, xx xxxx xxxxxxxxxxxxx x. 00 del 9 ottobre 2006 il Comune convenuto non produce copia benché ne abbia avuto ampia possibilità in occasione di ogni scritto difensivo e nello specifico in occasione della memoria concessa espressamente per contraddire sulla questione della propria legittimazione, così come neppure è presente in atti la deliberazione del 13 gennaio 2005 con la quale venne inizialmente individuato il Comune con- venuto quale ente capofila.
Dunque questo Collegio arbitrale non è in grado di valutare quale ruolo possa aver assunto il Comune convenuto dopo il 9 ottobre 2006, e per l’effetto non ritiene che sussista prova che, da tale momento in avanti, la Provincia di Taranto abbia assunto anche il ruolo di stazione appaltante e quindi di soggetto rap- presentante legale del PIT n. 6 a livello processuale.
A rendere ancora meno solide le allegazioni del Comune con- venuto militano altri dati fattuali: in primo luogo, che nel caso
di specie il Comune convenuto era beneficiario dell’opera appal- tata; in secondo luogo, che un suo funzionario (arch. Xxxxxxxxxx Xxxxx) rivestiva il ruolo di direttore dei lavori come consta anche dal verbale di concordamento ex art. 71, comma 3, d.p.r. 554/1999 allegato al Contratto di appalto, doc. 1 allegato alla Comparsa di risposta di parte convenuta del 20 febbraio 2020; ancora, che un altro funzionario del medesimo Comune aveva as- sunto l’incarico di RUP (geom. Xxxxxxxx Xxxxxxx, come da Certi- ficato di collaudo, doc. 2 allegato alla Comparsa di risposta di parte convenuta del 20 febbraio 2020), figure queste che, nell’id quod plerumque accidit, sono tipicamente scelte fra i funzionari e dirigenti della stessa stazione appaltante. A quanto ora de- scritto si aggiunga, anche con valore confessorio, la circostanza
– ben enucleata anche da parte attrice nella Memoria del 27 aprile 2020 – che il Comune convenuto ribadisca in diversi propri atti difensivi di essere stato «soggetto attuatore dell’intervento» e di aver «ripetutamente sollecitato l’Enel allo spostamento» della linea elettrica che impediva il rilascio del Certificato di col- laudo (attività che non fatica questo Collegio a considerare tipica della stazione appaltante), evidenziando come la stessa Commissione di collaudo abbia dato atto della «solerzia dimo- strata dalla stazione appaltante» (sottolineatura aggiunta),
dando quindi ad intendere di ritenersi esso Comune «stazione
appaltante».
A fronte del debole quadro probatorio disegnato da parte convenuta si staglia la difesa di parte attrice che – occorre riconoscerlo – non era onerata di alcun obbligo probatorio (e non avrebbe comunque potuto esserlo in virtù del principio pretorio di vicinanza della prova) e neppure ha dato piena prova della effettiva titolarità in capo al Comune convenuto del ruolo di ente capofila, limitandosi a porre l’accento solo su una parte del quadro fattuale emergente dai documenti agli atti (e preci- samente solo la parte relativa al periodo in cui certamente il Comune di Taranto è stato ente capofila) tacendo del tutto sulla deliberazione n. 27 del 9 ottobre 2006 e sul ruolo apparentemente assunto dalla Provincia di Taranto.
Ciò nondimeno, parte attrice ha evidenziato alcuni elementi aventi natura quantomeno indiziaria, risultanti sia dai documenti agli atti sia dal contegno processuale della controparte (che non solo non aveva mai sollevato in passato obiezione alcuna circa la propria qualifica di ente capofila, ma si è anche difesa nel merito riferendo a sé medesima la lode alla «solerzia dimostrata dalla stazione appaltante» nella gestione del problema della ri- mozione del manufatto ENEL).
f. Le determinazioni del Collegio
L’eccezione di difetto di legittimazione processuale va di- sattesa.
Appare a prudente giudizio di questo Collegio che il Comune di Taranto non abbia neppure fornito prova dell’allegata “estra- neità” rispetto alla vicenda de qua; ed anzi, tale prospettazione appare revocata in dubbio da altri elementi fattuali dai quali sembra emergere la persistenza di un ruolo (quello di attuatore, ovvero di beneficiario) e conseguentemente di specifici doveri di azione (sollecitare ENEL) in capo al Comune oggi convenuto, tali da farlo reputare tutt’altro che estraneo alla vicenda, ed anzi imputabile per eventuali condotte che possano aver determi- nato il ritardo nell’emissione del Certificato di collaudo.
Alla luce delle superiori considerazioni, ritiene quindi lo scrivente Collegio arbitrale che non possano essere accolte le difese del Comune convenuto intese a qualificarlo quale estraneo alla vicenda de qua con quanto ne conseguirebbe in termini di rigetto delle domande svolte da parte attrice.
5.- NEL MERITO. SULLA DOMANDA RISARCITORIA DI PARTE
ATTRICE: L’AN DEBEATUR
Parte attrice formula domanda di risarcimento del danno con- seguente al ritardo di 2166 giorni nell’emissione del Certificato di collaudo, esponendo due distinte causae petendi che esigono,
data la loro eterogeneità, una trattazione autonoma seguendo l’ordine anche cronologico del loro verificarsi.
Tuttavia, l’identità giuridica della fattispecie sub judice (ritardo nell’emissione del certificato di collaudo), consente al Collegio scrivente di svolgere una preliminare riflessione unitaria volta a delinearne i tratti tipizzanti.
a. Procedura di collaudo e doveri della stazione appaltante
Non è in contestazione fra le parti che il Contratto di appalto (art. 14) e il Capitolato speciale (art. 49; allegato senza numero alla Memoria di S&G del 16 gennaio 2020) prevedes- sero, come per legge, che il certificato di collaudo dovesse essere emesso in forma provvisoria entro sei mesi, divenendo definitivo con il decorso di due anni anche se non approvato espressamente entro i successivi due mesi dal termine biennale (artt. 192 e 199 d.p.r. 554/1999, poi art. 141 d.lgs. 163/2006) e che fino all’approvazione, esplicita o tacita, degli atti di collaudo gravassero sull’appaltatore gli oneri di custodia, buona conservazione e gratuita manutenzione di tutte le opere e gli impianti (art. 5, comma 1, lett. h, d.m. 145/2000, poi trasfuso nell’art. 32, comma 4, lett. n, d.p.r. 207/2010).
Ciò premesso, osserva il Collegio che per orientamento con- solidato in giurisprudenza (Cass. civ., sez. I, 5 giugno 2014,
n. 12698; Tribunale di Roma, 20 giugno 2017; Collegio arbitrale,
11 giugno 2019) la stazione appaltante è tenuta ex art. 1206 c.c. e più in generale anche alla luce dei canoni generali di buona fede e correttezza (artt. 1175 e 1375 cod. civ.), espressione del dovere costituzionale di solidarietà ex art. 2 Cost., e del prin- cipio per cui gravano sulle parti anche tutte le obbligazioni conseguenti per legge, usi o equità a quelle espresse nel con- tratto (art. 1374 cod. civ.), a cooperare all'adempimento dell'appaltatore, ponendo in essere tempestivamente, sollecita- mente e senza ritardo tutte quelle attività, anche volte a ri- muovere ostacoli, affinché il risultato cui è preordinato il rapporto obbligatorio possa essere perseguito nei tempi e nei modi di legge e contratto.
Con specifico riferimento al collaudo, è parimenti pacifico che l’esecuzione del collaudo di un’opera pubblica nei termini di legge o contratto costituisce un atto dovuto a carico della stazione appaltante determinando, in caso di ritardo nel suo avvio, svolgimento e completamento, l'obbligo di risarcimento del danno salva facoltà dell'amministrazione committente, al fine di escludere la propria responsabilità per tale inosservanza, di dedurre e provare eventuali ragioni giustificative del ritardo (in questo senso, già con riferimento al regime anteriore alla
l. 741/1981 che non prevedeva neppure un termine massimo, Cass., S.U., 28 ottobre 1995, n. 11312; Cass., 3 dicembre 1993 n. 12014;
Cass. 23 novembre 1992 n. 12513, Cass. civ. Sez. I, 19 novembre
1992, n. 12381; Cass. 3 dicembre 1988 n. 6659, Cass. civ. Sez.
I, 9 giugno 1987, n. 5019; Cass. 26/7/1985 n. 4343; Cass. civ.,
17 gennaio 1985, n. 113; Tribunale Roma, 25 febbraio 1982; Tri- bunale Roma, 24 marzo 1983; Collegio arbitrale, 30 giugno 1990 (Arch. Giur. oo. pp., 1991, 1677); Collegio arbitrale, 2 novembre 1988 (Arch. Giur. oo. pp., 1989, 617); di recente AVCP, delib. 20 febbraio 2007, n. 48 e delib. 1/8/2012, n. 81).
Vi è anzi di più: la particolare preoccupazione che anima il legislatore nel voler assicurare che l’impresa privata non resti in balia di capricci e inefficienze dell’ente pubblico e che si esprime nell’imposizione, in deroga alle norme codicistiche, di un termine massimo per l’operazione di collaudo, oltre il quale è addirittura ritenuta operante un’approvazione tacita, ha in- dotto altra giurisprudenza ad affermare che il ritardo nel col- laudo dell'opera sia evento posto in via presuntiva a carico della stazione appaltante, salvo «prova storica che il ritardo nel collaudo sia dipeso dalla condotta dell'appaltatrice da in- tendersi, in forza di una stretta interpretazione della norma rispettosa della ratio segnata dal favor delle ragioni dell'im- presa, quale condotta di diretto ostacolo allo svolgimento del collaudo nei termini di legge» (Cass. civ. Sez. I Ord., 13 marzo 2019, n. 7194).
Anche senza spingersi all’estremo di ritenere presunta la responsabilità della stazione appaltante, ritiene il Collegio che fosse onere del Comune convenuto attivarsi con la massima solle- citudine per rimuovere le ragioni impeditive al completamento delle operazioni di collaudo, non potendo il committente aggra- vare col “fatto proprio” la posizione dell'appaltatore (Cass. civ., sez. I, 10 maggio 2005 n. 9795; Collegio arbitrale, 12 novembre 2012; Collegio arbitrale, 6 luglio 2012); e che dunque gravi sul Comune convenuto – peraltro in coerenza con le generali coordinate della responsabilità contrattuale – la prova di aver regolarmente adempiuto ovvero di aver fatto tutto quanto possi- bile di tal che l’inadempimento sia dipeso da forza maggiore o da fatto dell’appaltatore o comunque non sia ad esso Comune im- putabile.
b. Sul ritardo causato dalla presenza di un manufatto ENEL
lungo il tracciato
Principiando dal primo motivo di ritardo, emerge per tabulas che la Commissione di collaudo abbia ritenuto di non poter emet- tere il Certificato di collaudo benché la realizzazione dell’asse stradale si potesse dire «ultimata in linea tecnica» alla data del 27 giugno 2009 (data della quarta visita di collaudo, come da dettaglio a pagg. 15-16 del Certificato di collaudo in atti) a causa «del posizionamento di un palo di proprietà dell’Enel in
c.c.a. che invadeva parte della banchina in corrispondenza dello svincolo a raso San Giorgio – S.S. 7Ter; Prov.le 165», non essendo dunque garantita in quel punto «la messa in sicurezza della strada». Né è contestato che dell’avvenuta rimozione la Commis- sione di collaudo abbia preso cognizione in occasione della sesta visita di collaudo del 6 novembre 2011.
Ritiene parte attrice che del ritardo accumulatosi debba rispondere il Comune convenuto per non essersi diligentemente adoperato per la rimozione del manufatto. Si difende il Comune convenuto rilevando di aver «ripetutamente sollecitato l’Enel allo spostamento» della linea elettrica in questione e ciò sa- rebbe comprovato per tabulas dal Certificato di collaudo ove la Commissione evidenzia la «solerzia dimostrata dalla stazione ap- paltante per risolvere il problema».
In punto di diritto, si è rilevato più sopra che grava sulla stazione appaltante un generale dovere di collaborazione e coo- perazione con l’appaltatore che si estrinseca anche nell’obbligo di mettere quest’ultimo in condizione di poter avviare, prose- guire e completare i lavori, non rientrando la ricorrenza di tali impedimenti nell’alea del rischio di impresa dell’appaltatore ex art. 1655 cod. civ. In proposito, la giurisprudenza di legitti- mità ha chiarito che una qualsiasi indisponibilità, anche soprav- venuta ed anche parziale, dell’area destinata all’esecuzione
dell’appalto (quale nel caso di specie la presenza di un manufatto che non consentiva di porre in sicurezza l’area), tale da non consentire la completa esecuzione dei lavori (e dunque la loro collaudabilità) «equivale, per ogni effetto, alla mancata o ine- satta consegna» dei lavori di cui all’art. 129 d.p.r. 554/1999 (Cass. civ. Sez. I, 1° giugno 1994, n. 5332, in un caso relativo ad una sospensione dei lavori imposta da ENEL a causa della presenza di una linea elettrica ostativa alla realizzazione dell’opera appaltata; nel senso che il committente deve assicu- rare all’appaltatore, fin dall’inizio del rapporto, e per tutta la durata di questo, la possibilità giuridica e concreta di ese- guire il lavoro affidatogli: Cass. civ. Sez. II, 22 maggio 1998,
n. 5112; Collegio arbitrale, 25 gennaio 2010 n. 8/2010).
Giudica questo Collegio che il Comune di Taranto non abbia assolto all’onere di provare né di aver fatto quanto possibile né che il ritardo nell’effettuazione del collaudo sia dipeso da forza maggiore o da fatto imputabile all’impresa appaltatrice o comunque che non sia imputabile ad esso Comune.
Invero, il Comune convenuto ha omesso di produrre in giudizio qualsiasi documentazione scritta a riprova degli asseriti ripe- tuti solleciti rivolti ad ENEL (ed appare irrealistico pensare che possano esservi stati solleciti solo verbali). Peraltro, la stessa dichiarazione della Commissione di collaudo è del tutto
generica e non è dato comprendere in cosa si sarebbe concretizzata l’asserita solerte attività della stazione appaltante, rendendo quindi comunque impossibile allo scrivente Collegio ogni prudente valutazione sul grado di diligenza impiegato dal Comune per adem- piere ai propri doveri.
A quanto ora osservato si aggiunge anche la seguente consi- derazione. Quand’anche fosse stato provato per tabulas che il Comune convenuto avesse solertemente e ripetutamente sollecitato ENEL, neppure tale condotta sarebbe stata sufficiente, ad avviso del Collegio, per ritenere non imputabile al Comune il ritardo. Ed invero, di fronte al protrarsi del ritardo la stazione appal- tante avrebbe dovuto quantomeno segnalare la situazione alla struttura PIT della Regione Puglia (art. 4, lett. k, dell’Accordo PIT n. 6, doc. 1 allegato alla Memoria del Comune del 27 aprile 2020), nonché assumere iniziative correttive, se non anche fino al limite di attivarsi essa stessa per la rimozione del manufatto in danno di ENEL.
Neppure di alcuna di queste attività vi è prova agli atti.
c. Sul ritardo causato dalla mancata consegna degli elaborati
as-built
Il secondo motivo di ritardo nell’emissione del certificato di collaudo consiste – come si legge nel par. A37 del medesimo – nell’attesa del tempi «per l’ottenimento degli elaborati di as-
built dell’opera, da allegare al presente certificato di col- laudo, pervenuti alla Commissione in data 6 novembre 2015 (regi- stro ufficiale del Comune di Taranto – LL.PP n. 0173644 del 6 novembre 2015)».
Lamenta parte attrice che la mancanza degli elaborati di as- built non fosse ostativa all’emissione del certificato di col- laudo, non essendo ciò richiesto dal Contratto di appalto; e che comunque tali elaborati erano stati già da essa consegnati uni- tamente alla Relazione del Conto Finale.
Si difende il Comune rilevando, in sostanza, che la produ- zione degli elaborati in parola non costituisse un onere a suo carico.
Ritiene il Collegio che anche questo ulteriore ritardo nell’emissione del certificato di collaudo sia imputabile al Co- mune convenuto.
Xxxx è che parte attrice non offre alcuna prova di aver effettivamente consegnato gli elaborati di as-built, come invece asserisce, prima del 6 novembre 2015. Di contro, a render irri- levante questo profilo fattuale milita l’esatto rilievo che né il Contratto di appalto né il Capitolato speciale d’appalto, prodotti agli atti, ne prevedessero l’obbligatorietà ai fini del rilascio del certificato di collaudo.
Né è conferente l’obiezione del Comune di Taranto che non
trattavasi di onere a suo carico. Il punto è in effetti un altro. Come già si è precisato, in capo alla stazione appaltante gravano doveri generali di cooperazione ed obblighi specifici di inter- vento che risultano nel caso di specie totalmente disattesi dal Comune di Taranto. In particolare, ai sensi dell’art. 192 d.p.r. 554/1999 (poi trasfuso dell’art. 219 d.p.r. 207/2010), «in caso di ritardi attribuibili all'organo di collaudo, il responsabile del procedimento, assegna un termine non superiore a trenta giorni per il completamento delle operazioni, trascorsi inutilmente i quali, propone alla stazione appaltante la decadenza dell'inca- rico gravanti in capo alla stazione appaltante». Non vi è alcuna prova che tale attività sia stata posta in essere, circostanza d’altronde verosimile visto che non vi fu alcun avvicendamento nella Commissione di collaudo. Inoltre, ai sensi del già citato art. 4, lett. k, dell’Accordo PIT n. 6 (doc. 1 allegato alla Memoria del Comune del 27 aprile 2020), la stazione appaltante avrebbe dovuto provvedere anche a segnalare il ritardo alla strut- tura PIT della Regione Puglia, specificando le ragioni di esso e le iniziative assunte per farvi fronte. Neppure di ciò vi è prova agli atti.
Reputa quindi lo scrivente Xxxxxxxx che anche in relazione a questo secondo motivo di ritardo nell’emissione del certificato di collaudo il Comune convenuto non abbia assolto all’onere di
provare che il ritardo nell’effettuazione del collaudo sia dipeso da forza maggiore o da fatto imputabile all’impresa appaltatrice o comunque da fatto ad esso Comune non imputabile. La sensazione è anzi, anche per questo elemento che cagionò il ritardo, che il Comune di Taranto sia rimasto sostanzialmente inerte.
d. Le determinazioni del Collegio arbitrale
Alla luce di quanto fin qui esposto, così determina il Col- legio arbitrale sui quesiti e sulle domande formulate dalle parti. In relazione al Quesito n. 1 di S&G ed alla prima domanda da essa formulata nelle rassegnate conclusioni, il Collegio arbi- trale accerta e dichiara che il ritardo nell’emissione del cer- tificato di collaudo è addebitabile solo ed esclusivamente alla
stazione appaltante.
In relazione al Quesito n. 1 del Comune convenuto, il Col- legio arbitrale ritiene che esso Comune non abbia dato prova di aver posto in essere tutte le misure atte a sollecitare ENEL alla rimozione del palo che invadeva la banchina in corrispondenza dello svincolo a raso San Giorgio – S.S. 7-ter.
In relazione al Quesito n. 2 del Comune convenuto, il Col- legio arbitrale giudica inconferente determinare se fosse o meno onere del Comune provvedere alla consegna degli elaborati as- built, posto che la loro presenza non era condizione essenziale di emissione del certificato di collaudo, mentre è senz’altro
preciso obbligo della stazione appaltante assicurare che la Com- missione di collaudo non ritardi senza motivo le proprie atti- vità; e soggiunge che in ogni caso non risulta, in relazione tanto al primo quanto al secondo motivo di ritardo, che il Comune si sia attivato nell’esercizio dei poteri ad esso spettanti per adempiere agli obblighi generali e specifici di collaborazione e intervento diretti a consentire l’esaurimento delle operazioni di collaudo nei termini di legge, sicché il ritardo è ad esso imputabile.
6.- SEGUE. IL QUANTUM DEBATUR
Accertato e dichiarato che grava sul Comune convenuto la responsabilità esclusiva per il ritardo nell’emissione del cer- tificato di collaudo, occorre ora affrontare il profilo del ri- sarcimento reclamato da S&G.
a. Le prospettazioni delle parti
Parte attrice domanda che il danno sia quantificato ricor- rendo, in via equitativa, al criterio enucleato da ultimo nel parere ANAC 11 aprile 2013, n. 13 [indicato come allegato senza numero nella Domanda di arbitrato e contestuale nomina di arbitro di S&G del 5 maggio 2017, allegato come doc. 4 nella Domanda per la nomina del terzo arbitrato (recte: arbitro) in funzione di Presidente di S&G del 30 agosto 2017] e all’uopo deposita anche una perizia tecnica redatta dall’xxx. Xxxxx Xxxxxxxxx senza data
e senza gli allegati in essa richiamati.
Replica il Comune convenuto lamentando che parte attrice non avrebbe fornito prova del danno che avrebbe patito.
b. La prova del danno e del suo ammontare
Sul punto giova una premessa di inquadramento giuridico.
In tema di obbligazioni contrattuali, la liquidazione del danno in via equitativa, che può aver luogo soltanto in caso di impossibilità o difficoltà di una precisa prova sull'ammontare e sull'entità del danno subito, non esonera l'interessato dall'ob- bligo di offrire gli elementi probatori sulla sussistenza del medesimo - la quale costituisce il presupposto indispensabile per una valutazione equitativa - per consentire che l'apprezzamento equitativo sia, per quanto possibile, limitato alla funzione di colmare solo le inevitabili lacune al fine della precisa liqui- dazione del danno (cfr. Cass. civ., Sez. I, 15 febbraio 2008, n. 3794; Cass. civ., Sez. II, 11 luglio 2007, n. 15585; Cass. civ.,
sez. III, 5 aprile 2003, n. 5375; Cass. civ., sez. I, 10 luglio
2003, n. 10850; Cass. civ., sez. II, 18 novembre 2002, n. 16202; Cass. civ., sez. III, 7 marzo 2002, n. 3327; Cass. civ., sez. II,
18 gennaio 2002, n. 16202; Cass civ., sez. II, 28 giugno 2000,
n. 8795; Cass. civ., sez. III, 25 settembre 1998, n. 9588; Cass. civ., sez. III, 2 luglio 1991, n. 7262).
Occorre, cioè, che la parte adempiente ne provi l'esistenza;
ed i criteri da applicare per la determinazione del danno sono senz'altro quelli di cui all'art. 1223 c.c. Pertanto, sono ri- sarcibili i danni conseguenza diretta e immediata dell'inadempi- mento, di cui la parte che si assume danneggiata fornisca la prova (o quantomeno un principio di prova) della effettiva esi- stenza.
Dunque, bisogna in primo luogo vagliare l’assolvimento da parte attrice dell’onere di dimostrare la sussistenza del danno. Sul punto, ritiene il Collegio che la prova sia stata of- ferta. In punto sussistenza di danno, parte attrice ha eviden- ziato come, in base al disposto di legge e di contratto, per tutto il tempo successivo al termine dei sei mesi in cui si è protratto il ritardo dell’emissione del certificato di collaudo su di essa abbiano gravato gli oneri di custodia, buona conser- vazione e gratuita manutenzione, non avendo peraltro il Comune convenuto dato prova di consegna anticipata delle opere (art. 14, comma 5, del Contratto di appalto; art. 48 del Capitolato Speciale d’Appalto), oltre che gli oneri di mantenimento in essere della garanzia fideiussioria di cui all’art. 21, comma 3, del Contratto di appalto, ove si prevede che «la garanzia, per il rimanente ammontare del 25%, cessa di avere effetto ed è svincolata auto- maticamente all’emissione del certificato di collaudo provviso-
rio», che parte attrice richiama espressamente in Memoria con- clusionale di replica.
È in effetti affermazione costante nella dottrina e giuri- sprudenza, anche arbitrale, che il ritardo nel collaudo determini maggiori oneri per custodia, guardiania, manutenzione delle opere, oneri finanziari, incremento degli oneri per la sicurezza e per prolungamento del vincolo della propria struttura aziendale ed operativa (Collegio arbitrale, 26 febbraio 2018; Tribunale Vicenza, 13 settembre 2016; Collegio arbitrale, 9 dicembre 1982,
n. 80; conf. anche ANAC, parere 11 aprile 2013, n. 13).
Acclarato che vi è prova della sussistenza di un danno, occorre ora verificare se parte attrice abbia offerto elementi idonei a quantificarne l’ammontare.
c. La quantificazione ed il criterio di equità
In relazione alla quantificazione, il Collegio riconosce in via oggettiva la sussistenza di rilevanti difficoltà di precisa determinazione dell’ammontare dell’incremento dei costi – spese amministrative d’impresa ancora attive, spese di custodia e vi- gilanza delle opere, oneri finanziari – che l’appaltatrice ha dovuto sostenere nelle more dell’emissione del certificato di collaudo e che non avrebbe sostenuto se, invece, le operazioni di collaudo si fossero concluse nei termini previsti, e reputa
che sussistano le condizioni per ricorre al criterio della va- lutazione equitativa ex art. 1226 cod. civ.
D’altronde, la consolidata giurisprudenza formatasi sul D.P.R. 1063/1962 e sul dm 29 maggio 1895 e s.m., ha chiarito che «in presenza di un accertato sconvolgimento dei tempi contrattuali non occorre una prova particolare del danno conseguito dall'im- presa perché in via di presunzione, ai sensi dell'art. 2727 c.c., deve senz'altro ritenersi verificato un aumento delle spese ge- nerali, essendo i due fenomeni strettamente connessi» (Collegio arbitrale, 30 luglio 2018; Collegio arbitrale, 11 maggio 2011;
Collegio arbitrale, 24 luglio 2008; Collegio arbitrale, 21 set-
tembre 2006; Collegio arbitrale, 31 luglio 2006; Collegio arbi-
trale, 2 agosto 2006).
Stante le accertate difficoltà, in materia di appalti pub- blici, di dar prova dell’ammontare preciso del danno da parte delle imprese appaltatrici – e considerata l’assenza di una di- sposizione quale l’art. 160 d.p.r. 207/2010, già art. 25 d.m. 145/2000, per il caso di sospensione illegittima dei lavori, si è nel tempo consolidato in giurisprudenza il ricorso a talune formule matematiche che tengono conto di parametri oggettivi.
Nello specifico, parte attrice invoca il criterio da ultimo avallato da ANAC con il parere 11 aprile 2013, n. 13, reso in un caso di illegittimo ritardo nell’effettuazione del collaudo, e
deposita perizia di parte di quantificazione del danno in appli- cazione del detto criterio. Nello specifico, il criterio in que- stione commisura il danno ad una percentuale (commisurata nel 2%) dell’importo netto contrattuale dei lavori, ridotto di spese ge- nerali (13%) ed utile (10%) e rapportato ai giorni di ritardo. Rileva tuttavia il Collegio che una recente giurisprudenza ha applicato un diverso criterio quantificando equitativamente il danno in una percentuale (variabile dal 2% al 5%) delle spese generali calcolate applicando un’aliquota del 14% (costituente la media fra i limiti del 13% e del 15% stabiliti dall’art. 34
d.p.r. 554/1999 e già dall’art. 14 l. 741/1981) sull’importo netto contrattuale dei lavori ridotto dell’utile (10%) (così Tri- bunale Vicenza, 13 settembre 2019).
Ritiene il Collegio che il primo dei due criteri meriti di essere condiviso ed applicato anche nel caso di specie: non solo perché è stato costantemente applicato dalla giurisprudenza (da ultimo Collegio arbitrale, 26 febbraio 2018), ma anche perché avallato da ANAC con il citato parere 11 aprile 2013, n. 13 nonché da ultimo proposto, in sede legislativa, come criterio da adot- tare a livello normativo in sede di future modifiche all’art. 102 del Codice degli appalti (si veda in proposito il documento in- titolato «Le proposte di modifica dell’alleanza delle cooperative italiane depositato in occasione dell’Audizione nell’ambito
dell’indagine conoscitiva sull’applicazione del Codice dei Con- tratti Pubblici» innanzi all’VIII Commissione del Senato della Repubblica, 13 febbraio 2019).
Soggiunge il Collegio che la semplicità del calcolo da ef- fettuare e le specifiche competenze possedute dai componenti del Collegio stesso rendono superfluo disporre apposita consulenza tecnica d’ufficio (richiesta peraltro da parte attrice) per la determinazione quantitativa del danno, potendo provvedervi di- rettamente l’organo giudicante.
Applicando il citato criterio di quantificazione si ha quanto segue:
- giorni di ritardo nell’emissione del certificato di col-
laudo computati dalla data di scadenza dei sei mesi di
legge e contratto per l’emissione del certificato prov- visorio, secondo il principio generale ex art. 2963 cod. civ. per cui non si computa il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine (quindi dal 23 di- cembre 2009), fino alla data di emissione del certificato provvisorio di collaudo (27 novembre 2015), come da do- manda di parte attrice (e dunque senza che questo Collegio possa tener conto, a pena di ultra petita, dell’eventuale ulteriore tempo decorso dall’emissione del certificato provvisorio alla data di emissione di quello definitivo
o di acquisto del carattere definitivo): giorni 2166;
- importo contrattuale dei lavori (come risultante dai con-
teggi di cui al punto A13 del Certificato di collaudo agli atti): euro 2.048.913.13;
- importo contrattuale dei lavori al netto di spese generali
(13% pari a euro 266.358,71) e utile (10% pari a euro
204.891,31): euro 1.577.663,11;
- Rateo annuo (2% dell’importo contrattuale netto): euro
31.553,26;
Da quanto sopra si ha che il danno ammonta a:
anno | 2009 | (9 giorni su 365): euro 778,03; | |||||
anno | 2010 | (365 | giorni | su | 365): | euro | 31.553,26 |
anno | 2011 | (365 | giorni | su | 365): | euro | 31.553,26 |
anno | 2012 | (366 | giorni | su | 366): | euro | 31.553,26 |
anno | 2013 | (365 | giorni | su | 365): | euro | 31.553,26 |
anno | 2014 | (365 | giorni | su | 365): | euro | 31.553,26 |
anno | 2015 | (331 | giorni | su | 365): | euro | 28.614,05 |
e così per un totale di euro 187.158,38.
Parte attrice domanda altresì che sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno siano riconosciuti interessi e rivalutazione.
Sul punto, recente giurisprudenza ha osservato che «in tema
di appalti pubblici, l'Amministrazione risponde a titolo contrat- tuale dell'inadempimento ai propri obblighi, sicché, alla stregua dei principi generali regolanti la corrispondente responsabilità, competono all'appaltatore, sulla somma a lui spettante a titolo di risarcimento del danno, la rivalutazione monetaria, trattan- dosi di debito di valore, e, sull'importo rivalutato, gli inte- ressi legali» (Cass. civ. Sez. I, 17 gennaio 2017, n. 973; Cass. civ. Sez. I, 5 giugno 2014, n. 12698).
Trattandosi dunque di credito di valore – quale credito ri- sarcitorio da riconoscere alla parte attrice per il ritardo nel collaudo – devono essere riconosciuti la rivalutazione monetaria secondo gli indici medi annui ISTAT del costo vita, e gli inte- ressi legali, da calcolarsi sulla somma annualmente rivalutata a far tempo dallo spirare del termine di legge per l’emissione del certificato di collaudo (22 dicembre 2009) fino al giorno dell'ef- fettivo pagamento (così Cass. civ., Sez. Unite, 17 febbraio 1995,
n. 1712; Tribunale Vicenza, 13 settembre 2016; Collegio arbitrale
11 giugno 2015).
d. Le determinazioni del Collegio arbitrale
Alla luce di quanto fin qui esposto, così determina il Col- legio arbitrale sui quesiti e sulle domande formulate dalle parti. In relazione al Quesito n. 2 di S&G ed alla seconda domanda
da essa formulata nelle rassegnate conclusioni, il Collegio ar- bitrale riconosce che il ritardo nella emissione del certificato di collaudo ha cagionato un danno a parte attrice e quantifica il medesimo, come da superiore esposizione, in euro 187.158,38, oltre rivalutazione e interessi, ed accoglie per l’effetto la domanda di condanna del Comune convenuto.
7.- IL VALORE DELLA CONTROVERSIA
Ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 209, comma 12, d.lgs. 50/2016, tenuto conto di quanto dispone l’art. 1, comma 3,
d.m. MIT 31 gennaio 2018, il Collegio arbitrale è chiamato a determinare in via definitiva il valore della controversia.
A tal fine, premesso che – giusta l’art. 1, comma 3, d.m. MIT
31 gennaio 2018 - «per valore della controversia si intende la
somma aritmetica delle richieste economiche in conto capitale
contenute nelle domande comunque decise dal collegio, con l'ag-
xxxxxx, xxx xxxxxxxxx, degli interessi e della rivalutazione mo-
netaria calcolati sino al giorno della proposizione della do-
manda»; che parte attrice ha proposto domanda con atto del 5
maggio 2017; che le richieste economiche in conto capitale conte-
nute nelle domande decise dal Collegio ammontano ad euro
187.250,70; che su tale ammontare vanno computati interessi e
rivalutazione; tutto ciò premesso, il Collegio determina il valore
della controversia in euro 223.687,27, e in euro 223,69 la somma
pari all’uno per mille del valore della controversia che le parti debbono con vincolo di solidarietà versare ad ANAC entro il ter-
mine di quindici giorni dal deposito del lodo, come da invito già
trasmesso con posta elettronica certificata del 5 agosto 2020.
8.- LE SPESE DELLA PROCEDURA
Le spese della procedura seguono la soccombenza e – non ri- correndo il presupposto di applicazione dell’art. 209, comma 20, d.lgs. 50/2016 – sono poste interamente a carico del Comune con-
venuto ferma la solidarietà delle parti nei limiti di cui all’art.
209, comma 21, d.lgs. 50/2016. La presente statuizione assorbe anche l’istanza attorea di condanna del Comune convenuto alla
refusione delle spese di avvio integralmente anticipate dalla
parte attrice medesima.
In considerazione del mancato deposito di alcuna nota spese i compensi di difesa di parte attrice si liquidano in applicazione
del d.m. 55/2014 nella misura complessiva di euro 8.030,00 così
calcolati per lo scaglione di riferimento: fase di studio, euro
2.430,00; fase introduttiva, euro 1.550,00; fase decisionale, euro
4.050,00; nulla per la fase istruttoria che non ha avuto svolgi-
mento essendo il giudizio solo documentale. Sono altresì dovute le spese forfettarie nella misura del 15% ex art. 1, comma 2, d.m.
55/2014, IVA, ove dovuta, e CPA, detratta R.A. ove applicabile.
Non ritiene il Collegio che sussista il presupposto per l’ac- coglimento dell’istanza di distrazione delle spese a favore dei
procuratori di parte attrice ex art. 93 cod. proc. civ. difettando in atti l’attestazione di costoro di non aver prima d’ora ri-
scosso, in tutto o in parte, gli onorari oggetto della richiesta
ovvero di aver anticipato le spese vive (sul punto, Cass. civ.
Sez. VI - 3 Ord., 29 agosto 2018, n. 21281; Cass. civ. Sez. III,
1° ottobre 2009, n. 21070); dichiarazione che ad avviso del Col-
legio non richiede formule sacramentali (Cass. civ. Sez. II, 26
febbraio 1990, n. 1442) ma non può ritenersi implicita nell’istanza di distrazione per l’esigenza che sia massimamente
tutelato il diritto della parte patrocinata ad ottenere l’inte-
grale pagamento delle somme che gli sono dovute per effetto della decisione giudiziaria.
I compensi dei componenti del Collegio arbitrale, parimenti a carico del Comune convenuto fermo il vincolo di solidarietà con la parte attrice come per legge, saranno liquidati dal Consiglio
della Camera Arbitrale, così come l’ammontare delle spese della procedura.
* * *
P.Q.M.
Il Collegio arbitrale
a. respinge, per le ragioni di cui in motivazione, l’eccezione di
difetto di legittimazione passiva formulata dal Comune di Ta-
ranto;
b. accerta, per le ragioni di cui in motivazione, l’effettiva ti- tolarità dal lato passivo in capo al Comune di Taranto, quale
stazione appaltante, della pretesa azionata da S&G Costruzioni
s.r.l. nelle qualità di cui in epigrafe;
c. accerta e dichiara, per le ragioni di cui in motivazione, che il
ritardo nell’emissione del certificato di collaudo relativo
all’esecuzione dell’opera di cui al Contratto di appalto relativo all’esecuzione dei lavori di: POR Puglia 2000/2006 – P.I.T. n. 6
– Intervento n. 9 – Realizzazione della strada di collegamento
tra le aree produttive di San Giorgio Jonico e di Taranto del 12
febbraio 2008, rep. 8515, è addebitabile solo ed esclusivamente
al Comune di Taranto;
d. per l’effetto, condanna il Comune di Taranto al risarcimento a favore di S&G Costruzioni s.r.l. nelle qualità di cui in epi-
grafe, della somma di euro 187.158,38 a titolo di risarcimento per il danno conseguente all’accertato ritardo nei termini di
cui in motivazione, oltre rivalutazione monetaria secondo gli
indici medi annui ISTAT del costo vita, e gli interessi legali, da calcolarsi sulla somma annualmente rivalutata a far tempo dallo spirare del termine di legge per l’emissione del certifi-
cato di collaudo (22 dicembre 2009) fino al giorno dell'effettivo
pagamento;
e. condanna il Comune di Taranto al pagamento in favore di S&G
Costruzioni s.r.l. nelle qualità di cui in epigrafe dei compensi
di difesa liquidati in complessivi euro 8.030,00 oltre spese forfettarie nella misura del 15% per legge, IVA, ove dovuta, e CPA come per legge, detratta R.A. ove applicabile
f. condanna il Comune di Taranto, fermo il vincolo di solidarietà
di cui all’art. 209, comma 21, d.lgs. 50/2016, al pagamento del compenso dovuto agli arbitri e delle spese relative al collegio
e al giudizio arbitrale che saranno liquidati dal Consiglio della
Camera Arbitrale.
Così è deciso in Torino, in conferenza personale mediante colle-
gamento telematico audio/video in data 31 luglio e 5 agosto 2020
all’unanimità dei componenti del Collegio arbitrale i quali for-
mano il presente lodo in originale digitale e lo sottoscrivono con firma digitale ai sensi e per gli effetti delle disposizioni
vigenti e della delibera del Consiglio dell’Autorità Nazionale
Anticorruzione del 30 gennaio 2019, n. 48.
L’imposta di bollo viene assolta mediante versamento ad interme-
diario convenzionato con l’Agenzia delle Entrate e conseguente rilascio di contrassegni in numero corrispondente ad una marca
ogni quattro facciate per un totale massimo di cento righe, mol-
tiplicato per il numero degli originali disposto dall’art. 209,
comma 13, d.lgs. 50/2016. Sulla base delle indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nella risposta 25/7/2019, n. 321 ad
interpello, si indicano di seguito i codici numerici composti di
quattordici cifre rilevabili dai contrassegni telematici rila- sciati dall’intermediario, contrassegni che vengono conservati
mediante applicazione degli stessi su copia analogica del presente
documento informatico, dalla quale è successivamente estratta co-
pia informatica per immagine, anche essa sottoscritta digitalmente
da tutti gli Arbitri e trasmessa, unitamente al presente lodo in
formato nativo digitale, all’indirizzo di pec protocollo@pec.an-
xxxxxxxxxxxx.xx, | con | riserva | di | depositarne | l’originale | analo- |
gico: | ||||||
01180993986273 | ||||||
01180993986284 | ||||||
01180993986295 | ||||||
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01180993986331 | ||||||
01180993986342 | ||||||
01180993986353 | ||||||
01180993986364 | ||||||
01180993986375 |
01180993986386
01180993986397
01180993986409
01180993986410
01180993986422
01180993986433
01180993986444
01180993986455
01180993986466
01180993986477
01180993986488
01180993986499
01180993986501
01180993986514
01180993986525
01180993986569
01180993986570
01180993986581
01180993986592
01180993986605
01180993986616
01180993986627
01180993986638
01180993986649
01180993986650
01180993986661
01180993986672
01180993986683
prof. avv. Xxxxxxx X. Xxxxxxx, Torino, data della firma digitale xxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Roma, data della firma digitale
xxx. Xxxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx (LE), data della firma digitale