Contract
Il contratto di leasing in relazione alla esperibilità delle azioni contrattuali proponibili dall’utilizzatore nei confronti del fornitore. Precisi, inoltre, il candidato se l’utilizzatore possa opporre al concedente il mancato adempimento del fornitore.
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Rispetto al codice civile del 1865, fortemente imperniato sul dogma della volontà quale centro assoluto dell’ordinamento (dietro la diretta influenza del codice napoleonico), l’attuale codice civile muove da una diversa prospettiva, che maggior spazio lascia alla tutela di interessi superindividuali nell’ambito del diritto dei privati.
Ciò trova espressa conferma anzitutto nell’art. 1322 c.c., che al secondo comma introduce il cd. controllo di meritevolezza rispetto ai contratti che costituiscono la diretta espressione dell’autonomia negoziale.
Attraverso tale norma il legislatore riconosce ai soggetti la possibilità di dare vita, nell’ambito della rispettiva autonomia negoziale, a figure contrattuali non riconducibili a quelle tipiche, per le quali invece è dettata una disciplina particolare. Possibilità che incontra, tuttavia, sempre l’insuperabile limite del giudizio di conformità all’ordinamento degli interessi perseguiti.
Non qualunque interesse che le parti intendono perseguire può allora dirsi suscettibile di tutela giuridica, operante solo a determinate condizioni.
L’ampiezza che contraddistingue la formulazione dell’art 1322 II comma c.c. richiede indubbiamente un’opera interpretativa da parte dell’interprete, chiamato a precisarne il contenuto.
L’impostazione tradizionale da subito invalsa, coerentemente all’accoglimento del concetto di causa quale funzione economico-sociale, individua nella meritevolezza
di interessi la coincidenza tra interessi particolari e generali.
Dunque intanto i primi possono dirsi meritevoli di accoglimento in quanto il loro soddisfacimento risulti allo stesso tempo rispondente agli interessi generali perseguiti dall’ordinamento.
Di qui l’evidente difficoltà nel fare spazio a nuovi schemi contrattuali sorretti da una causa giustificatrice nuova e diversa rispetto a quella oggetto di diretta tipizzazione ad opera del legislatore.
Ne è discesa, sul versante giurisprudenziale, la tendenza a ricondurre entro la disciplina dei tipi contrattuali previsti le nuove figure negoziali affacciatesi nella prassi commerciale.
Ha così preso forma il fenomeno della tipizzazione di schemi contrattuali tipici sul solo piano sociale, sulla base di un’interpretazione estensiva ed adeguatrice della disciplina dei modelli legali, ritenuti idonei a ricomprendere le nuove fattispecie contrattuali. Fenomeno sviluppatosi a tal punto, che autorevole dottrina è giunta ad affermare che “una nuova figura negoziale non ha mai messo piede in un’aula di giustizia”.
Pertanto, alla base di eventuali operazioni negoziali manchevoli di un immediato riscontro nella disciplina del tipo legale, è dato comunque individuare una causa tipica, che ne giustifichi la meritevolezza di interessi.
Sintomatico di tale tendenza è l’atteggiamento mostrato dalla giurisprudenza con riguardo alla figura negoziale atipica del leasing.
Fattispecie di derivazione anglosassone, essa vede la partecipazione di tre soggetti all’operazione negoziale: il fornitore, ovvero colui che aliena il bene di sua proprietà; il concedente, che acquista il bene dal fornitore per poi immetterlo nella disponibilità materiale di un terzo soggetto, e l’utilizzatore, che gode del bene dietro pagamento di un canone al concedente.
La prassi conosce anche una diversa figura di leasing, che invece coinvolge la partecipazione di soli due soggetti: chi vende il bene trattenendone tuttavia la disponibilità materiale dietro pagamento di un canone, e l’acquirente-proprietario che percepisce il canone, e che può perdere la proprietà del bene a fronte dell’esercizio del diritto di riscatto, che da contratto compete all’originario
proprietario.
Trattasi di una variante del contratto di leasing, nota come sale and lease back, la cui legittimità solo di recente ha trovato definitivo riconoscimento, con sentenza della Corte di Cassazione 25972/2012.
Ma ad aver impegnato l’interprete è soprattutto la prima figura di leasing (nota anche come locazione finanziaria), stante le difficoltà connesse all’inquadramento della relativa operazione negoziale, che comporta il coinvolgimento diretto di tre soggetti, ciascuno con un ruolo diverso.
La fattispecie viene dalla giurisprudenza prevalente ricondotta entro l’area del cd. collegamento negoziale, figura negoziale in cui convivono più di una causa tipica di ciascun tipo legale; di sovente richiamata dalla giurisprudenza per spiegare determinati fenomeni negoziali, tra cui in particolare dalle Sezioni Unite del 2008
n. 7930 in tema di preliminare complesso.
Nel caso di specie viene rintracciata la sussistenza, allo stesso tempo, di una causa di vendita (tra fornitore e concedente), e di locazione cd. finanziaria (tra concedente ed utilizzatore); cause che sorreggono due distinti schemi negoziali, legati tra di loro da un rapporto di interdipendenza, per cui simul stabunt simul cadent.
Emerge, tuttavia, come l’operazione non metta direttamente in contatto allo stesso tempo tutti i soggetti impegnati. In particolare, i due contratti tipici richiamati escludono un rapporto contrattuale diretto tra fornitore ed utilizzatore, così ponendosi un problema di tutela per quest’ultimo, tutelato esclusivamente nei confronti del concedente nell’ambito del rapporto di locazione finanziaria.
Il difetto di tutela investe l’utilizzatore in particolare in ragione dei possibili vizi che il bene di cui intende godere possa presentare.
Vizi di cui, in base alla disciplina codicistica, risponde il venditore, che tuttavia nel caso di specie non instaura alcun rapporto contrattuale immediato con il concedente, secondo lo schema del collegamento negoziale invocato dalla prevalente giurisprudenza, per cui vengono in essere, sia pur nell’ambito della stessa operazione, due distinte stipulazioni.
Proprio l’esigenza di una tutela integrale dell’utilizzatore ha spinto la
giurisprudenza non di rado a ricorrere ad altre e diverse figure negoziali.
Si è talvolta richiamato il modello del contratto plurilaterale a causa mista. Circostanza che vedrebbe la stipulazione di un unico contratto di cui sono parte tutti e tre i soggetti dell’operazione; contratto che rinviene la sua unica causa in una vendita mista a locazione, ove le due cause si fondono secondo lo schema, spesso applicato, del contratto a causa mista.
La ricostruzione pone così pacificamente l’utilizzatore nelle condizioni di proporre contro il fornitore tutte le azioni contrattuali riconosciute, tra cui in particolare la risoluzione.
Ma resta ricostruzione minoritaria, poco fedele anche alla reale dinamica entro cui si dipana l’intera operazione negoziale.
Minoritaria risulta essere anche quell’impostazione che ricorre al contratto a favore del terzo, laddove quest’ultimo sarebbe l’utilizzatore; che così, secondo quanto pacificamente ammette la giurisprudenza al riguardo, sarebbe legittimato ad agire in risoluzione nei confronti del fornitore, promittente inadempiente.
Sembra dunque quello del collegamento negoziale, l’ambito privilegiato dalla giurisprudenza per spiegare il fenomeno negoziale del leasing come descritto.
Collegamento negoziale comunque non ritenuto preclusivo dell’ingresso di sistemi di tutela a favore dell’utilizzatore nei confronti del terzo-fornitore.
In recenti pronunce la giurisprudenza di legittimità (Cass. 19657/2004, 6728/2005 e 17145/2006) ha infatti evidenziato come il collegamento tra i negozi di vendita e locazione finanziaria non impedisca il riconoscimento di un rapporto di mandato senza rappresentanza, che pure intercorre tra utilizzatore e concedente.
Quest’ultimo infatti acquista il bene dal fornitore al solo fine di immetterlo nella disponibilità dell’utilizzatore, nel cui interesse dunque compie l’operazione di acquisto, dietro il corrispettivo costituito dalla percezione dei canoni.
Invocando pertanto la disciplina in tema di mandato (artt. 1703 e ss. c.c.) il mandante-utilizzatore ben può, ai sensi degli artt. 1705 II comma e 1706 c.c., agire direttamente nei confronti del terzo-fornitore, rispettivamente per l’esercizio di diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato e la rivendica delle cose mobili acquistate per suo conto dal mandatario, che però ha agito in
suo nome.
Xxxxxxxx, tuttavia, di mezzi di tutela eccezionali, come sottolineato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte n. 24772 del 2008, che con riguardo agli artt. 1703 e ss. c.c. afferma l’esistenza di un sistema di tutele non sempre coerente, che “miscela momenti di tutela pura a momenti di tutela soltanto mediata”, secondo un meccanismo imperniato sul rapporto di regola-eccezione.
Laddove, quest’ultima, è costituita proprio dalle ipotesi ex artt. 1705 II comma e 1706 c.c., in cui sono posti in diretta comunicazione mandante e terzo, che invece secondo la regola generale non hanno alcun contatto.
Regola, frutto delle ragioni di tutela dell’affidamento del terzo, legato esclusivamente al rapporto contrattuale col mandatario, con il quale solo viene in contatto.
Ma una corretta applicazione delle coordinate dettate dalle Sezioni Unite nel 2008 impone necessariamente di individuare con precisione il contenuto delle tutele immaginate per il mandante verso il terzo; soffermandosi, in particolare, sul carattere eccezionale delle stesse, che impedisce di configurare per il mandante-utilizzatore azioni diverse da quelle strettamente selezionate agli artt. 1705 II e 1706 c.c., riguardanti i soli diritti di credito e di proprietà su beni mobili.
Se pertanto possono risultare per l’utilizzatore proponibili azioni dirette a realizzare il concreto soddisfacimento dei suddetti diritti (oltre al relativo risarcimento del danno), non sembrano invece proponibili azioni strettamente connesse alla posizione contrattuale, quali la rescissione, l’annullamento e la risoluzione.
Impostazione questa già seguita in giurisprudenza (Cass. 16 novembre 2007, n. 23794), che ha escluso per l’utilizzatore la proponibilità della risoluzione in assenza di apposita clausola contrattuale che la preveda.
Tuttavia tale ultima impostazione, che pone l’accento sul richiamo al rapporto di mandato, è stata di recente messa in discussione dalla stessa giurisprudenza della Suprema Corte, che si è fatta portatrice dell’orientamento che in modo sempre prevalente propugna il concetto di causa in concreto (a partire dalla svolta segnata da Cass. 10490/2006).
Proprio facendo leva sulla nuova dimensione della causa quale sintesi degli interessi concreti perseguiti dalle parti, la Corte di Cassazione con ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite n. 17597 del 4 agosto 2014 propone una diversa ricostruzione dell’operazione negoziale in parola.
Ricostruzione che, pur prendendo le mosse dalla teoria del collegamento negoziale, pone in luce l’emersione di una causa in concreto che si emancipa da quelle tipiche richiamate secondo il tradizionale rinvio, e si pone alla base, ed a giustificazione, dell’intera fattispecie negoziale.
Si rimarca in particolare l’unitarietà che contraddistingue quest’ultima, dunque l’operare in un unico contesto di tutti i soggetti coinvolti.
Al riguardo viene in soccorso la pratica commerciale, la quale evidenzia come sia l’utilizzatore il soggetto che normalmente entra in trattative col fornitore per il reperimento del bene di interesse, rimanendo quasi sullo sfondo la figura del concedente, il cui unico contributo si traduce sostanzialmente nell’acquisto del bene, finanziando l’operazione complessiva.
Così la concreta ragione individuale che dà vita alla fattispecie atipica del leasing, unitamente alla circostanza dei contatti che comunque si realizzano nella fase precontrattuale tra fornitore ed utilizzatore, spingono la Suprema Corte a riconoscere per quest’ultimo la proponibilità dell’azione di risoluzione, sul presupposto di un inadempimento del fornitore.
L’accoglimento eventuale della risoluzione determinerà, allora, lo scioglimento dell’intero vincolo contrattuale che sorge tra tutte le parti coinvolte nella vicenda negoziale, con gli obblighi restitutori e risarcitori che ne conseguono.
In presenza dello stesso presupposto dell’inadempimento del fornitore, potrebbe tuttavia risultare più efficace per l’utilizzatore rivolgersi direttamente al concedente, con il quale senza dubbio è legato da un rapporto più intenso.
Le stesse considerazioni adottate dalla Suprema Corte ai fini del riconoscimento della risoluzione nei confronti del fornitore sembrerebbero poter condurre ad una soluzione affermativa anche nell’ambito dei rapporti tra concedente ed utilizzatore.
In particolare, attraverso l’opposizione da parte di quest’ultimo, a fronte della
richiesta di pagamento del canone, dell’inadempimento del fornitore.
In tal modo più immediata risulterebbe la tutela che l’utilizzatore riceverebbe, mediante l’eccezione fondata sull’inadempimento del fornitore, sollevata direttamente nei confronti del concedente. Ipotesi questa, che presuppone il mancato adempimento del fornitore delle obbligazioni connesse alla vendita, in primis in punto di obblighi di garanzia.
Poco coerente risulterebbe infatti, secondo quanto qualche autore ha evidenziato, riconoscere una tutela diretta verso il fornitore e non riconoscerne alcuna verso il concedente, sul quale gravano gli obblighi di correttezza e buona fede in sede di acquisto del bene.
Di diverso avviso invece altra dottrina, la quale afferma che, indipendentemente dalla soluzione data in base alla causa in concreto, per i rapporti tra utilizzatore e concedente è pur sempre operante la disciplina sul mandato. Ed in particolare, l’art. 1715 c.c., che riconosce una responsabilità del mandatario (concedente) nel caso in cui questi sia a conoscenza dell’altrui insolvenza al momento della stipula.
Il solo richiamo alla disciplina del mandato finirebbe tuttavia per offrire una tutela per l’utilizzatore ben più limitata, come visto nell’ambito dei rapporti col fornitore.
Consegnando così una soluzione poco coerente con l’impostazione avallata dalla Suprema Corte nell’ordinanza di rimessione, che condivisibilmente si muove in un’ottica di effettività e concentrazione delle tutele, mostrandosi anche in linea con la tendenza più generale che recentemente guida la giurisprudenza in molte delle sue pronunce, anche in diversi ambiti.
[*] Il presente elaborato è stato redatto al corso per la preparazione al concorso in magistratura coordinato dal xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxx ed è stato integrato e adattato per esigenze editoriali senza, tuttavia, alternarne la sostanza,