Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19
Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19
nei luoghi di lavoro
13 aprile 2021
Sommario
Il piano nazionale e la vaccinazione a cura delle aziende 2
2. Destinatari dell’iniziativa 4
3. Modalità di svolgimento della procedura vaccinale 4
4. Organizzazione e procedura della vaccinazione diretta in azienda 4
5. Procedure alternative (P/punti 12, 13 e 14) 10
6. (P/punto 15) Imputazione del tempo per la vaccinazione 11
Il piano nazionale e la vaccinazione a cura delle aziende
Con il fine di garantire il più efficace contrasto alla diffusione del virus SARS-CoV-2, la legge di bilancio per il 2021 (l. n. 178/2020, art. 1, comma 457) ha disciplinato l’adozione del piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, finalizzato a garantire il massimo livello di copertura vaccinale sul territorio nazionale.
Il Ministro della salute ha dunque adottato il DM 2 gennaio 2021, al quale è allegato il Piano strategico “Elementi di preparazione e di implementazione della strategia vaccinale”, risalente al 12 dicembre 2020 e aggiornato con il DM 12 marzo 2021.
A valle del DL 12 marzo 2021 è stato diramato il Piano del Commissario straordinario per l’esecuzione della campagna vaccinale nazionale. Tra le linee operative, il documento prevede la capillarizzazione della somministrazione, ad esempio impiegando i medici competenti dei siti produttivi e della grande distribuzione.
Come noto, Confindustria ha manifestato pubblicamente la disponibilità delle aziende a fornire spazi per l’esecuzione della vaccinazione e, svolgendo una survey sulla disponibilità delle aziende, ha raccolto la disponibilità di 7.500 aziende.
Il Governo, recependo lo spirito solidaristico e partecipativo delle imprese, ha ritenuto opportuno distinguere il ricorso agli spazi messi a disposizione dalle imprese (affidandoli alle valutazioni di ordine logistico del Commissario per l’emergenza) dalla partecipazione delle aziende allo sforzo complessivo per la vaccinazione attraverso la somministrazione diretta del vaccino, regolata da un apposito Protocollo.
Condiviso il 6 aprile 2021, il Protocollo è dunque finalizzato a supportare la rapida realizzazione del Piano vaccinale anti SARS-CoV-2/Covid-19, coordinato dal Commissario Straordinario: la diffusione dei vaccini su tutto il territorio nazionale, da cogliere come evento decisivo nella lotta al virus per la tutela dell’intera collettività, assieme all’effettiva disponibilità degli stessi, assume infatti un ruolo determinante anche per la ripresa delle attività sociali e lavorative in piena sicurezza.
Sul versante organizzativo, in attuazione dei decreti di gennaio e marzo, sopra richiamati, il Ministero della salute e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, d’intesa con la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, con il Commissario Straordinario e con il contributo tecnico-scientifico dell’Inail, hanno adottato Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro, da applicare sull’intero territorio nazionale per la costituzione, l’allestimento e la gestione dei punti vaccinali straordinari e temporanei nei luoghi di lavoro.
Il documento contenente le Indicazioni ad interim costituisce allegato del Protocollo.
Tanto il Piano vaccinale del 12 marzo 2021 quanto le Indicazioni ad interim, riferendosi al rispetto delle priorità per le categorie maggiormente a rischio (per età, patologie o mansioni
lavorative), evidenziano che la vaccinazione in azienda potrà essere eseguita indipendentemente dall’età dei lavoratori, a condizione che ci sia disponibilità di vaccini.
Ne consegue che l’effettiva operatività del Protocollo scatterà quando saranno assicurate dosi vaccinali in quantità sufficiente per la vaccinazione della popolazione. Il Ministro della salute ha evidenziato che “non appena ultimate le vaccinazioni delle categorie fragili, questo sarà un ulteriore canale che si affiancherà a quello della sanità territoriale”.
È evidente che sulla gestione della vaccinazione delle categorie prioritarie incide la disponibilità dei vaccini: occorre, infatti, gestire la somministrazione verificandone sia il profilo quantitativo (tenendo quindi conto delle reali forniture e della relativa tempistica) che quello qualitativo (considerando, in presenza di reazioni avverse, l’ipotesi di orientare la destinazione di una determinata tipologia di vaccino ad una categoria di persone). A queste considerazioni consegue ogni valutazione in ordine al momento nel quale saranno disponibili vaccini per la popolazione non rientrante nelle categorie prioritarie.
Su queste basi ed al fine di regolare tempestivamente l’iniziativa vaccinale da parte delle aziende in vista del momento in cui sarà possibile effettuare la vaccinazione della popolazione, i Ministri del lavoro e della salute hanno coinvolto le parti sociali per la discussione ed approvazione di un Protocollo nella riunione del 6 aprile 2021.
Alcune osservazioni generali consentono di cogliere il corretto inquadramento logico e giuridico dell’iniziativa cui possono partecipare le aziende.
• L’attuazione del Protocollo (punto 1) “costituisce un’attività di sanità pubblica che si colloca nell’ambito del Piano strategico nazionale per la vaccinazione anti-SARS- CoV-2/Covid-19 predisposto dal Commissario Straordinario”
• Secondo le Indicazioni ad interim (Premessa) “il vaccinazione… non attiene strettamente alla prevenzione nei luoghi di lavoro”
• Nel Protocollo (Premessa) si ricorda espressamente che “con decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, all’articolo 3 è stata esclusa espressamente la responsabilità penale degli operatori sanitari per eventi avversi nelle ipotesi di uso conforme del vaccino”
• In più parti del Protocollo e delle Indicazioni ad interim si fa riferimento al fattivo ruolo delle organizzazioni di rappresentanza (territoriale o di categoria) e del sistema della bilateralità, quali soggetti che possono agevolare e supportare l’impegno delle aziende e gestire i flussi delle comunicazioni.
2. Destinatari dell’iniziativa
Secondo i punti 1 e 2, destinatari della vaccinazione ad iniziativa dell’azienda sono i “lavoratori che, a prescindere dalla tipologia contrattuale, prestano la loro attività in favore dell’azienda” e “i datori di lavoro o i titolari”.
Secondo le Indicazioni ad interim, la vaccinazione può essere diretta anche ai lavoratori appartenenti ad altre aziende (ad esempio, i lavoratori delle aziende del territorio).
Nell’iniziativa non sono invece ricompresi i familiari dei lavoratori, avendo il sindacato espresso una indicazione contraria nel corso dell’incontro del 6 aprile.
3. Modalità di svolgimento della procedura vaccinale
Il Governo ha ritenuto di far confluire l’ipotesi della disponibilità dei locali aziendali proposta da Confindustria nella gestione diretta del Commissario per l’emergenza. Il Protocollo, quindi, prevede tre diverse modalità di attuazione dell’iniziativa vaccinale da parte delle aziende:
• direttamente in azienda
• in convenzionamento con una struttura privata
• mediante il ricorso alle sedi dell’Inail
4. Organizzazione e procedura della vaccinazione diretta in azienda
Il Protocollo e le Indicazioni ad interim appaiono sovrapporsi in più punti perché disciplinano entrambi l’organizzazione e la procedura dell’iter della vaccinazione. Sembra allora opportuno fornirne una ricostruzione integrata.
Le fasi principali dell’iniziativa vaccinale diretta in azienda (distribuite tra Protocollo - P - e Indicazioni ad interim - I) possono individuarsi in quattro momenti logici essenziali: conoscenza dei requisiti per la vaccinazione, elaborazione e proposta del piano aziendale, seduta vaccinale e controlli.
A) In primo luogo, l’impresa, per poter elaborare e proporre alla ASL il piano vaccinale aziendale, dovrebbe conoscere i requisiti per la pianificazione dell’attività vaccinale in azienda.
• (I/Requisiti preliminari – P/punto 6): per poter proporre l’adesione alla procedura di vaccinazione in azienda e la conseguente predisposizione del piano aziendale, l’azienda deve tener conto dei requisiti tecnico-organizzativi necessari per la partecipazione all’iniziativa. In estrema sintesi, i requisiti – individuati nelle Indicazioni ad interim, sono riferiti a:
o Popolazione lavorativa sufficientemente numerosa: si tratta di un requisito orientativo, raggiungibile anche attraverso il coordinamento di più imprese favorito attraverso i canali della rappresentanza e della bilateralità
o Sede nel territorio della ASL che fornisce i vaccini: il riferimento alla sede dell’azienda consente di prescindere dalla residenza dei lavoratori (ma genera il problema del riferimento improprio alla sede dell’azienda, che – visto il riferimento alla ASL territoriale – dovrebbe più correttamente essere l’unità produttiva dell’azienda)
o Struttura organizzativa, risorse umane e strumentali: devono essere adeguati alla numerosità delle vaccinazioni da eseguire rispettando le regole di sicurezza, anche contro il Covid19 (in particolare, per il rischio di assembramento nelle diverse fasi della vaccinazione)
o Dotazione informatica per la registrazione della avvenuta vaccinazione: le Indicazioni ad interim prescrivono che la disponibilità sia posta a carico dell’azienda; il Protocollo (punto 6) prevede che “la messa a disposizione degli strumenti per la registrazione delle vaccinazioni eseguite è a carico dei Servizi Sanitari Regionali territorialmente competenti”
o Dotazione di ambienti idonei: il percorso vaccinale prevede tre fasi (preparatoria, vaccinazione, osservazione) e locali (interni, esterni o mobili), la cui adeguatezza viene verificata dalla ASL che fornisce il vaccino. Non si chiarisce quando avviene il controllo: sarebbe opportuno che avvenisse prima dell’avvio dell’attività, per evitare un intervento successivo, che rischierebbe di bloccare il processo vaccinale (v. punto Monitoraggio e controllo)
• (I/Equipaggiamento minimo per la vaccinazione in azienda – P/punto 6): tra i requisiti necessari vi è anche la dotazione necessaria per la vaccinazione, che il medico deve individuare “nel rispetto delle norme di buona pratica vaccinale e delle indicazioni ricevute nel corso di formazione” per poi richiederne la fornitura all’azienda.
Tra le dotazioni necessarie rientrano sia quelle relative ad eventuali situazioni di emergenza legate a reazioni avverse a breve termine (ossia quelle che si possono
verificare nel corso della somministrazione ovvero nei 15 minuti di osservazione) sia quelle informatiche per la registrazione della vaccinazione.
Il datore di lavoro garantisce l’acquisto di quanto richiesto (per la distribuzione degli oneri, v. punto Oneri).
• (I/Formazione e informazione – P/punti 10 e 16): le Indicazioni ad interim individuano specificamente il corso in modalità FAD riservato al personale coinvolto nelle operazioni di vaccinazione (integrato da un modulo specifico a cura dell’Inail e dell’ISS). Si tratta di un corso di formazione che, secondo le Indicazioni ad interim è obbligatorio (v. I/Equipaggiamento minimo per la vaccinazione in azienda), mentre il Protocollo prevede che il corso di formazione sia “offerto” al personale sanitario e di supporto coinvolto nelle vaccinazioni. In ogni caso, occorre anche tener conto della previsione del punto 10 del Protocollo, secondo il quale, genericamente, “la somministrazione del vaccino è riservata ad operatori sanitari in grado di garantire il pieno rispetto delle prescrizioni sanitarie adottate per tale finalità e in possesso di adeguata formazione per la vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19”.
• (I/Organizzazione della seduta vaccinale): altro elemento da conoscere per poter aderire responsabilmente alla campagna vaccinale è costituito dalle modalità di organizzazione della seduta vaccinale. Premessa la volontarietà dell’adesione da parte dei lavoratori e la valutazione del medico in ordine alla possibilità di somministrare il vaccino, la procedura della seduta vaccinale (che non può contemplare, salvo deroghe autorizzate dalla ASL, l’accantonamento in azienda di vaccini non utilizzati) avviene secondo modalità che garantiscono:
o pianificazione adeguata
o rispetto delle misure di prevenzione anti-contagio
o informazione ai destinatari della vaccinazione sulla procedura adottata
o accettazione dei lavoratori “assicurata” da personale incaricato
o ricorso alla modulistica di anamnesi e consenso informato predisposta al livello nazionale
o rispetto delle indicazioni tecniche e di buona prassi sanitaria per la conservazione, preparazione e somministrazione dei vaccini
o programmazione della gestione di eventi avversi (in coordinamento con il piano aziendale di emergenza inserito nel documento di valutazione dei rischi)
o rispetto delle indicazioni regionali per l’alimentazione dei flussi informativi).
B) Alla luce della valutazione di fattibilità sulla base degli elementi sopra indicati, l’azienda può decidere di impegnarsi nel percorso vaccinale attraverso la elaborazione e la proposta del piano aziendale.
• (P/punti 7, 8 e 9) Comunicazione, informazione e raccolta delle disponibilità dei lavoratori: per l’elaborazione del piano aziendale, l’azienda deve raccogliere – con il rispetto dei criteri della volontarietà e della non discriminazione e delle regole della
privacy e della sicurezza dei dati raccolti - la disponibilità dei lavoratori, fornire una comunicazione ed informazione adeguata sulla vaccinazione, anche attraverso il coinvolgimento degli attori della sicurezza (RLS, medico competente, RSPP).
• (P/punto 9 - I/Gestione del consenso) Raccolta del triage sanitario: il medico competente deve informare su profili vantaggi e rischi della vaccinazione, acquisire il consenso informato e svolgere il triage preventivo relativo allo stato di salute (sulla base del quale dovrebbe individuarsi il numero di lavoratori idonei alla vaccinazione e di vaccini da richiedere alla Regione)
• (P/punto 2) Manifestazione della disponibilità ad attuare il piano aziendale: raccolti tutti gli elementi sopra indicati, il punto di partenza della procedura è dunque la manifestazione alla ASL della disponibilità a predisporre il piano vaccinale, da organizzare anche con il confronto con il Comitato per l’applicazione del Protocollo sulla sicurezza (il Ministero del lavoro ha precisato, a questo proposito, che si tratta di un semplice confronto che non equivale ad una necessaria condivisione).
• (P/punto 2 e 3) Elaborazione del piano di vaccinazione secondo le Indicazioni ad interim. A valle delle precedenti considerazioni, dunque, il datore di lavoro dovrebbe elaborare un non meglio identificato “piano aziendale”. In realtà, il documento non contiene alcuna indicazione concreta per l’elaborazione del piano di vaccinazione, ma indica semplicemente la procedura per l’attivazione dell’iniziativa (sovrapponendosi alla logica del Protocollo). Si auspica, quindi, l’intervento di precisazioni circa i contenuti del piano vaccinale.
In mancanza, si ritiene che il piano possa essere elaborato tenendo conto degli elementi presenti nel Protocollo e nelle Indicazioni ad interim in ordine a
o presenza dei requisiti
o intenzione di partecipare all’iniziativa
o consistenza del personale interessato
o pianificazione del percorso vaccinale (secondo le Indicazioni ad interim)
• (P/punto 4 – I/Adesione) Proposta del piano aziendale alla ASL di riferimento: a valle della manifestazione d’interesse, l’azienda deve presentare il piano aziendale alla ASL di riferimento della sede dell’azienda, anche per il tramite dell’organizzazione di rappresentanza. Il Protocollo precisa che il piano aziendale deve essere presentato alla ASL di riferimento rispettando anche le indicazioni Regionali: la disposizione sembra comportare una possibile differenziazione territoriale delle modalità operative di presentazione dei piani aziendali, il che rischia di introdurre notevoli problemi organizzativi in presenza di indicazioni differenti da Regione a Regione
• (P/punto 5 – I/Adesione) Indicazione del numero dei lavoratori richiesti: insieme al piano vaccinale, l’azienda dovrà indicare il numero di lavoratori che hanno
espresso l’intenzione di ricevere il vaccino. Questa fase presuppone lo svolgimento del triage da parte del medico (punto 9) per consentire di indicare i lavoratori che concretamente potranno ricevere il vaccino
• (I/Adesione) Verifica della disponibilità dei vaccini e dei requisiti aziendali per l’avvio dell’attività: compete alla Regione, preso atto della domanda dell’azienda, dei numeri di vaccini richiesti e della sussistenza dei requisiti per l’avvio dell’attività, concordare le modalità per il ritiro del vaccino da parte del datore di lavoro. Questa fase presuppone, dunque, che l’azienda abbia evidenziato alla Regione il possesso dei requisiti per l’avvio dell’attività.
• (I/Adesione) Accordo sulla consegna dei vaccini: una volta verificata la disponibilità dei vaccini e la sussistenza dei requisiti aziendali, la ASL concorda le modalità di ritiro del vaccino da parte del medico competente o di quello individuato dall’azienda e della eventuale gestione della catena del freddo.
C) Una volta condivisi il piano aziendale e la dotazione dei vaccini, si entra nel percorso della seduta vaccinale (che comprende triage, somministrazione e osservazione)
• (I-Organizzazione della seduta vaccinale): v. sopra
• (P/punto 10) Somministrazione del vaccino (medici e locali): secondo il Protocollo, la somministrazione del vaccino è riservata ad operatori sanitari in grado di garantire il pieno rispetto delle prescrizioni sanitarie adottate per tale finalità e in possesso di adeguata formazione per la vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19. Per l’attività di somministrazione del vaccino il medico competente potrà avvalersi di personale sanitario in possesso di adeguata formazione. La vaccinazione deve essere eseguita in locali idonei, ossia in possesso dei requisiti minimi definiti con le Indicazioni ad interim (v. sopra, I/Requisiti).
• (P/punto 11 - I/Registrazione della vaccinazione): una volta eseguita la vaccinazione, il medico competente, nel rispetto delle vigenti disposizioni per la tutela della riservatezza dei dati personali, assicura la registrazione delle vaccinazioni, eseguite mediante gli strumenti messi a disposizione dai Servizi Sanitari Regionali. Le Indicazioni ad interim precisano che le modalità di registrazione vengono definiti al livello Regionale (anche per quanto riguarda la registrazione e segnalazione di eventuali reazioni avverse), creando potenziali distonie, in caso di regolazione differente.
• (I/Osservazione post vaccinazione): si tratta di una fase molto importante, data la novità dei vaccini utilizzati e l’osservazione dei dati disponibili, che evidenziano il potenziale sviluppo di sintomi diversificati quanto a durata, tipologia ed intensità. Per questo, le persone vaccinate devono rispettare un periodo di osservazione di 15 minuti in apposito locale, per consentire ai medici di intervenire tempestivamente in
caso di reazione avversa a breve termine con “risorse adeguate” (non è dato sapere in cosa si sostanzi concretamente tale riferimento). In nessun documento si fa riferimento, ad esempio, alla presenza di un veicolo di soccorso con apposito personale, del quale peraltro sembra opportuno disporre per garantire il tempestivo trasporto della persona al più vicino centro di emergenza.
• (I/Programmazione della seconda dose): si tratta di una fase obbligatoria, che vede l’azienda impegnata a garantire la somministrazione della seconda dose di richiamo, laddove prevista e secondo la tempistica prevista dalla tipologia di vaccino utilizzato per la prima somministrazione. Relativamente alla seconda somministrazione, vengono evidenziate tre ipotesi:
o Reazione avversa grave alla prima somministrazione: la seconda dose non deve essere somministrata in azienda e la persona dev’essere inviata alla ASL per le indicazioni del caso;
o Reazione locale ad insorgenza ritardata: si può ricevere la seconda dose in azienda, preferibilmente nel braccio non interessato dalla prima iniezione
o Pregressa infezione da Covid19: è possibile considerare la somministrazione di un'unica dose (Circolare Ministero salute del 3 marzo 2021) se sono decorsi almeno tre mesi e non più di sei dalla documentata infezione
Con il termine dell’osservazione si completa la fase vaccinale.
D) Indicazioni generali su controlli ed oneri
• (I/Monitoraggio e controllo): si prevede la possibilità di controlli delle ASL (sui locali, sui requisiti essenziali e sulle procedure)
• (P/punto 6 – I/Oneri): il Protocollo e le Indicazioni ad interim prevedono che “i costi per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali, ivi inclusi i costi per la somministrazione, sono interamente a carico del datore di lavoro” mentre “la fornitura dei dispositivi per la somministrazione (siringhe/aghi) e la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e degli strumenti per la registrazione delle vaccinazioni eseguite è a carico dei Servizi Sanitari Regionali territorialmente competenti”.
Per espressa previsione del Protocollo, se l’azienda non ritiene di gestire direttamente la procedura sopra indicata, può disporre di due procedure alternative.
5. Procedure alternative (P/punti 12, 13 e 14)
Il Protocollo prevede due modalità alternative alla vaccinazione diretta (descritta nei punti
1 – 11), che non sono contemplate nelle Indicazioni ad interim in quanto riferite esclusivamente alla vaccinazione in azienda.
a) La imprese possono collaborare all’iniziativa di vaccinazione anche attraverso il ricorso a strutture sanitarie private: in questo caso, in alternativa alla procedura indicata nei punti da 1 a 11, possono concludere, anche per il tramite delle Associazioni di categoria di riferimento o nell’ambito della bilateralità, una specifica convenzione con strutture in possesso dei requisiti per la vaccinazione, con oneri a proprio carico, ad esclusione della fornitura dei vaccini, che viene assicurata dai Servizi Sanitari Regionali territorialmente competenti.
In sostanza, l’azienda può far vaccinare i lavoratori presso una struttura privata convenzionata che sia in grado di eseguire la vaccinazione. Si tratta di una soluzione nettamente più semplice della precedente, che richiede solamente l’individuazione di una struttura adeguata.
In questo caso, infatti, il datore di lavoro deve comunicare alla struttura sanitaria privata prescelta solamente il numero complessivo di lavoratori che hanno manifestato l’intenzione di ricevere il vaccino: compete alla stessa struttura curare tutti i necessari adempimenti (dal triage preliminare all’osservazione finale) che consentano la somministrazione, ivi compresa la registrazione delle vaccinazioni eseguite mediante gli strumenti messi a disposizione dai Servizi Sanitari Regionali.
Gli oneri – esclusi quelli relativi ai vaccini e compresi quelli per la fornitura di aghi e siringhe - sono a carico del datore di lavoro.
Resta da chiarire se – come sarebbe auspicabile - il ricorso al convenzionamento con la struttura privata possa prevedere che l’azione vaccinale e la relativa organizzazione, condotta da tale struttura, possa materialmente svolgersi anche nei locali aziendali (esterni o interni).
b) La seconda ipotesi alternativa riguarda il ricorso alle strutture sanitarie dell’Inail. Anche in questo caso, il datore di lavoro deve indicare all’Inail semplicemente il numero dei lavoratori che hanno manifestato l’intenzione di ricevere il vaccino. Ogni ulteriore adempimento resta a carico dell’Inail.
Il Protocollo prevede che questa soluzione possa essere percorsa in due situazioni alternative.
La prima ricorre nelle ipotesi in cui l’azienda non è obbligata alla nomina del medico competente, ossia al di fuori dei casi in cui, in base ai rischi, la legge o la Commissione consultiva permanente prevedono la sorveglianza sanitaria (art. 41 D.lgs. n. 81/2008).
La seconda ipotesi afferisce alla condizione dell’azienda che “non possa fare ricorso a strutture sanitarie private”. Non sono meglio specificate le motivazioni per le quali l’azienda si trova nella condizione di non poter ricorrere a servizi sanitari privati (motivi economici, ragioni legate alla assenza o indisponibilità di strutture vicine, etc.).
In questo caso, il Protocollo prevede che, trattandosi di iniziativa vaccinale pubblica, gli oneri restano a carico dell’Inail. L’attribuzione dei costi all’Inail non appare congrua, soprattutto se limitata alle due situazioni sopra indicate, in quanto tutte le ipotesi contemplate nel Protocollo costituiscono egualmente espressione della iniziativa pubblica.
6. (P/punto 15) Imputazione del tempo per la vaccinazione
Il Protocollo prevede che la vaccinazione rientri nell’orario di lavoro, se eseguita in orario di lavoro.
Non viene disciplinata l’ipotesi in cui la vaccinazione venga somministrata al di fuori dell’orario di lavoro, ipotesi teoricamente frequente vista l’esigenza di accelerare la somministrazione, soprattutto quando saranno disponibili adeguate quantità di vaccino. Non vertendosi in materia di salute e sicurezza, per questa ipotesi non si ritiene applicabile la disciplina propria di quella materia, che attribuisce al datore di lavoro tutti gli oneri dei relativi adempimenti.
Né viene disciplinata l’ipotesi dell’assenza per il verificarsi di effetti avversi: si ritiene che, in tal caso, si potrebbe applicare la disciplina della malattia, ove l’assenza dal lavoro sia opportunamente certificata dal medico di famiglia o anche dallo stesso medico vaccinatore, ove possibile.