La Riforma Cirinnà e il contratto di convivenza
La Riforma Cirinnà e il contratto di convivenza
La Riforma Cirinnà (L. 20 maggio 2016, n. 76) regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso (dal comma 1 al 35) e disciplina le convivenze di fatto tra eterosessuali o tra omosessuali prive di vincoli giuridici (dal comma 36 al 67). Frutto di un lunghissimo compromesso tra le varie anime della politica italiana (è stato eliminato nel testo ogni riferimento a famiglia e alla stepchild adoption), la normativa risponde a esigenze molto diverse: nel primo caso si trattrebbe, almeno per quanto riguarda il lato patrimoniale ed economico, di un matrimonio a tutti gli effetti. Per chi convive, invece, la legge delinea solo alcuni diritti di assistenza specifici. Per tutti gli altri aspetti legati al rapporto patrimoniale (ad esempio l’acquisto della casa, eventuali contributi economici in favore del partner più debole in caso di rottura ma anche il mantenimento, l’educazione e l’istruzione dei figli) ci si deve infatti rivolgere al notaio stipulando un contratto di convivenza, già disciplinato da novembre 2013 dal Consiglio nazionale del Notariato, che può essere sciolto o modificato in ogni momento. Merita a questo punto porre l'accento sulla nuova figura contrattuale introdotta dalla novella entrata in vigore questo mese.
Il contratto di convivenza è un accordo stipulato fra due persone con lo scopo di definire le regole della propria convivenza, attraverso la regolamentazione dei rapporti patrimoniali e personali della stessa. L’accordo può essere usato anche per disciplinare le conseguenze patrimoniali in caso di cessazione della convivenza.
I legittimati attivi (ovverosia coloro che hanno diritto di stipulare il predetto contratto) possono essere tutti coloro che, legati da vincolo affettivo, decidono di vivere insieme stabilmente (c.d. convivenza more uxorio). Più precisamente, ci si riferisce all’unione di vita stabile tra due persone legate da affetto che decidono di vivere insieme al di fuori del legame matrimoniale o perché è loro preclusa la possibilità di sposarsi (ad esempio, due conviventi dello stesso sesso) o perché è loro precisa volontà quella di non soggiacere al vincolo matrimoniale.
Esistono tuttavia dei requisiti giuridici richiesti dalla suddetta legge affinché il contratto di convivenza possa considerarsi valido. Tali requisiti richiedono che i contraenti siano:
- maggiorenni;
- non interdetti;
- non legati tra loro da rapporti di parentela e/o affinità o adozione;
- non uniti con altra persona (diversa dal convivente) dal vincolo di matrimonio, di unione civile o di altri contratti di convivenza in corso di vigenza;
- non condannati per omicidio tentato o consumato su coniuge dell'altro.
La legge non richiede che i conviventi siano eterosessuali perciò a contario si può dedurre che tale diritto sia attribuito altresì a coppie omosessuali.
Come menzionato poc'anzi il contratto di convivenza può essere redatto dal legale o dal notaio a cui le parti si rivolgono per ottenere un risultato che rispecchi fedelmente le esigenze della coppia che intenda intraprendere una convivenza.
A titolo esemplificativo, la coppia che intende formalizzare la propria convivenza di fatto può, mediante la stipulazione di un contratto di convivenza, regolare alcuni aspetti patrimoniali, tra cui:
• le modalità di partecipazione alle spese comuni, e quindi la definizione degli obblighi di contribuzione reciproca nelle spese comuni o nell'attività lavorativa domestica ed extradomestica;
• i criteri di attribuzione della proprietà dei beni acquistati nel corso della convivenza (potendo addirittura definire un sorta di regime di comunione o separazione);
• le modalità di uso della casa adibita a residenza comune (sia essa di proprietà di uno solo dei conviventi o di entrambi i conviventi ovvero sia in affitto);
• le modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della
convivenza al fine di evitare, nel momento della rottura, discussioni e rivendicazioni;
• la facoltà di assistenza reciproca, in tutti i casi di malattia fisica o psichica (o qualora la capacità di intendere e di volere di una delle parti risulti comunque compromessa), o la designazione reciproca ad amministratore di sostegno.
In ultima analisi è opportuno accennare altresì alla facoltà per le parti di recedere dal suddetto contratto, mediante l'inserimento di apposite clausole. L'esercizio della facoltà di recesso potrà, a seconda di quanto pattuito dalle parti:
• essere totalmente libero ovvero essere subordinato al verificarsi di determinati eventi o condizioni;
• essere gratuito o essere subordinato al pagamento, all'altra parte, di un corrispettivo (multa penitenziale).
Da notare dunque come questa riforma abbia integrato e mutato in modo significativo l'impostazione tradizionale del matrimonio. È di certo una riforma che lascerà spazio a notevoli critiche e a molteplici spunti di riflessione ma che non costituirà affatto un ostacolo per le coppie che hanno deciso di condividere giuridicamente, moralmente e spiritualmente il cammino della vita per mezzo del sacramento del matrimonio... come i nostri soci Xxxxxx e Xxxxxx, ai quali auguro con tutto il mio cuore uno splendido percorso pieno di gioie e di soddisfazioni.
“La misura dell’amore è amare senza misura” - Sant'Xxxxxxxx
Xxxxxxxxx Xxxxxxx