Contract
I requisiti di validità dei contratti I.R.S. stipulati dagli Enti Locali (commento a Cass., S.U., 12 mag- gio 2020, n. 8770) (*)
1. La sentenza in rassegna (1) affronta il tema della validità dei contratti derivati stipulati dagli enti locali.
Nella vicenda posta all’attenzione della Suprema Corte, un comune aveva convenuto in giudizio una banca per ottenere la declaratoria di nullità o di annul- lamento o di inefficacia sopravvenuta di alcuni con- tratti di interest rate swap (c.d. “Irs”) stipulati negli anni 2003 e 2004, nonché la consequenziale condanna della stessa alla restituzione dei pagamenti medio tem- pore effettuati e, in subordine, al risarcimento del danno.
(*) Il presente contributo contiene l’opinione personale dell’autore e non vincola in alcun modo l’amministrazione di appartenenza.
(1) Oggetto di commento con note di X. Xxxxx, I contratti “derivati” degli enti pubblici tra autonomia negoziale e prin- cipio di legalità (considerazioni a margine della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione 12 maggio 2020, n. 8770), in <xxx.xxxxxx.xx>; X. Xxxxxxx, Derivati: la sentenza della Cassazione 8770 del 2020 e le lezioni americane di Cal- vino. Funzione nomofilattica, esattezza e coerenza, in
<xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx>, e X. Xxxxxxxx, Derivati nulli: la Se- zioni unite declinano il contratto dentro il principio dell’accountability e danno luogo ad un caso “Hammersmith” italiano, in <xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx>.
La pronuncia di rigetto emanata dal Tribunale di Bologna ha costituito oggetto di riforma in sede di gravame, per avere la Corte d’appello di Bologna di- chiarato la nullità e l’inefficacia degli atti de quibus disponendo la restituzione delle somme reciprocamen- te corrisposte dalle parti.
Alla base della pronuncia della Corte emiliana vi erano, in estrema sintesi, i rilievi per cui:
i) la stipula, da parte del comune, dei contratti di swap avrebbe determinato – in ragione del loro carat- tere aleatorio – una (almeno potenziale) passività per l’ente locale;
ii) l’omessa esplicitazione del valore attuale dei contratti al momento della sottoscrizione (c.d. “mark to market”) avrebbe precluso all’investitore la misura- zione – e, dunque, la valutazione razionale – dell’alea, ovverosia di una componente essenziale dell’operazione dal punto di vista causale;
iii) data l’attitudine del contratto di swap a genera- re obblighi a carico dei futuri bilanci dell’ente, la de- cisione in ordine alla stipula degli stessi avrebbe do- vuto essere adottata dal consiglio comunale (art. 42, c. 2, lett. i, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267);
iv) in assenza di elementi idonei alla dimostrazione della funzionalità dell’indebitamento de quo rispetto all’esecuzione di “spese di investimento”, vi sarebbe stata violazione dell’art. 119 Cost. nonché dell’art. 30,
c. 15, l. 27 dicembre 2002, n. 289 e dell’art. 202 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267;
v) l’omesso riferimento, negli impugnati contratti di interest rate swap, ai sottostanti mutui, ne avrebbe comportato la nullità per difetto di causa concreta e per indeterminatezza dell’oggetto.
La prima sezione civile della Corte di cassazione – investita dell’impugnazione della sentenza d’appello – ha rimesso la causa al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni unite ai fini di una pro- nuncia sulle questioni relative alla possibilità per l’ente locale, di stipulare, all’epoca dei fatti di causa, un contratto di interest rate swap nonché alla qualifi- cazione del relativo indebitamento come funzionale al finanziamento di spese diverse dall’investimento ed all’individuazione dell’organo competente a decidere sul compimento di siffatte operazioni (2).
Il collegio chiamato a pronunciarsi su tali questioni ha respinto i cinque motivi di gravame contenuti nel ricorso, dichiarando assorbito il ricorso incidentale condizionato del comune.
2. I profili di gravame afferenti agli aspetti tipica- mente civilistici dei contratti di swap ed incentrati, ri- spettivamente, sulla validità dei negozi in ragione del- la loro funzione di riequilibrio dell’esposizione debi- toria e sull’impossibilità di ricondurre la nullità degli stessi all’omesso riferimento ai mutui sottostanti o alla mancata esplicitazione del valore attuale dell’Irs al
(2) X. Xxxx., Xxx. X, 00 gennaio 2019, n. 493, in
<xxx.xxxxxxxxxxx.xx>.
momento della stipula, vengono rigettati dal collegio all’esito di un percorso argomentativo in cui – richia- mata l’evoluzione del regime normativo specificamen- te dedicato alla finanza derivata degli enti locali – si affronta il tema della natura giuridica di tali strumenti finanziari.
Posto che la controversia verte sulla validità di contratti Irs perfezionati dal comune in un periodo an- tecedente all’emanazione delle norme di settore che ne hanno progressivamente limitato l’utilizzo, assumono particolare rilievo le considerazioni di ordine generale svolte dalle Sezioni unite sui presupposti per la stipula di questi negozi e sui loro requisiti sostanziali.
A tal proposito, viene in considerazione il tema dell’inquadramento dello swap nelle tradizionali cate- gorie civilistiche; operazione, questa, resa particolar- mente complessa dall’atipicità del contratto e dall’assenza, in tale specifico contesto, di schemi ne- goziali standardizzati (3).
Infatti, come osserva la Suprema Corte nella pro- nuncia in questione, l’Irs è un derivato c.d. “over the counter” ovvero “un contratto: a) in cui gli aspetti
Un contratto le cui componenti essenziali sono rappresentate, secondo la pronuncia in rassegna:
- dalla data sottoscrizione (trade date);
- dal nozionale (notional principal amount), ovve- ro il capitale di riferimento necessario al calcolo degli interessi;
- dai diversi tassi di interesse (interest rate) da ap- plicare al detto capitale;
- dalla data di decorso del computo degli interessi (effective date);
- dalle date in cui sono scambiati i flussi di interes- si, e si procede al pagamento (payment dates);
- dalla data di cessazione degli effetti del contratto (maturity date o termination date).
Dopo aver delineato le componenti essenziali del negozio, il Supremo collegio ne definisce la natura, osservando che l’Irs non è riconducibile allo schema della mera scommessa ma appartiene alla peculiare categoria delle “scommesse razionali”, ammesse dall’ordinamento sul presupposto della loro utilità so- ciale (5).
fondamentali sono dati dalle parti e il contenuto non è
eteroregolamentato come, invece, accade per gli altri derivati, c.d. standardizzati o uniformi, essendo ela- borato in funzione delle specifiche esigenze del cliente (per questo, detto bespoke); b) perciò non standardiz- zato e, quindi, non destinato alla circolazione; c) con- sistente in uno strumento finanziario rispetto al quale l’intermediario è tendenzialmente controparte diretta del proprio cliente”.
Le Sezioni unite – valorizzando la sostanza del fe- nomeno dal punto di vista economico – definiscono, quindi, l’Irs come “quel contratto di scambio (swap) di obbligazioni pecuniarie future che, in sostanza, si traduce nel dovere di un Tale di dare all’Altro la cifra d (dove d è la somma corrispondente al capitale 1 per il tasso di interesse W) a fronte dell’impegno assunto dell’Altro di versare al Tale la cifra y (dove y è la somma corrispondente al capitale 1 per il tasso di in- teresse Z)” (4).
(3) In merito, afferma X. Xxxxx, La negoziazione degli strumenti finanziari derivati e il problema della causa del con- tratto, in Banca, borsa ecc., 2013, 68, che: «Il punto è stato ben colto dalla dottrina che ha utilizzato la locuzione “contratto alieno”, per sintetizzare il complesso di problemi giuridici che sorgono nel caso di “trapianto giuridico” di modelli contrat- tuali elaborati in ordinamenti stranieri e “importati” nel no- stro ordinamento, non sempre con adeguata ponderazione del- la compatibilità con il diritto italiano, pure prescelto come ap- plicabile al rapporto, ovvero, comunque, destinato a “interferi- re” con il rapporto medesimo, in ragione del collegamento dell’operazione economica – e, dunque, inevitabilmente, della sua fase “patologica” – con l’ordinamento giuridico italiano».
Sul tema, v. anche X. Xxxxxxx, Le stagioni dell’orrore in Europa: da Frankenstein ai derivati, ivi, 2012, fasc. 3, 280, il quale evidenzia il differente approccio alla materia dei giudici italiani e dei giudici inglesi.
(4) Sulla definizione di Irs v. anche A.A. Xxxxxxxx, Della ricerca giurisprudenziale di contenere entro “ragionevoli limi-
ti” l’operatività in derivati, in Società, 2016, 709, il quale af- ferma: «Per vero, quella relativa ai contratti derivati è opera- zione internamente problematica: comunque assai particolare. A scadenze date, un contraente deve all’altro una somma di danaro, fissata dallo scarto a quel tempo corrente tra due di- versi parametri e rapportata sulla misura di un nozionale (o cifra base) assunto in contratto: un’operazione caratterizzata, insomma, dalla meccanica del differenziale. Ovvero, per pas- sare a un’espressione di segno strutturale più compiuto, dal doversi produrre a ogni scadenza un’unica prestazione, che – secondo la linea di conformazione astratta (o programmatica) della figura – ex ante dovrebbe basculare tra i due contraenti. Contratti a prestazione basculante, dunque: non più che mala- mente evocativa appare, in effetti, la frequente asserzione per cui si tratterebbe di uno “scambio di flussi di cassa” o anche di “flussi finanziari” (dove a smarrire la linea del significante è, prima di tutto, proprio il sostantivo che farebbe da traino, quello appunto di “flusso”)».
(5) Tale affermazione appare riconducibile all’impostazione per cui il particolare modello di “scommessa razionale” di cui si discute rappresenterebbe uno strumento utile al funzionamento dei mercati finanziari, come osserva X. Xxxxxxx, Homo oeconomicus, homo ludens: l’incontrastabile ascesa della variante aliena di un tipo marginale, la scommes- sa legalmente autorizzata (art. 1935 c.c.), in Contratto e impr., 2014, 835, secondo il quale: “Nel caso delle scommesse comu- ni, l’autorizzazione del legislatore – che è, al tempo stesso, co- lui che autorizza le scommesse, e colui che scommette – è il frutto della scelta, di politica legislativa, di finanziare le casse dello Stato, anche al costo – spesso tragico – di favorire un’attività moralmente ambigua e sotto più profili socialmente pericolosa. Il dato è assodato e risaputo, e, al momento, non si intravvedono, ad alcun livello, i segnali di una possibile solu- zione del problema. Nel caso dei derivati over the counter – le scommesse finanziarie, in cui il legislatore autorizza (a certe condizioni, quasi mai rispettate, anche gli enti locali), ma poi a scommettere professionalmente è l’intermediario finanziario – il pericolo sociale che li accompagna è considerato, in base ad una scelta di ordine pubblico di direzione, inferiore al vantag- gio, non di finanziare le casse dello stato, bensì di massimizza- re gli scambi e di incrementare la liquidità dei mercati finan- ziari. Si tratta di contratti di scommessa, perché
Sul piano funzionale, una volta esclusa la riferibili- tà dell’Irs al modello della pura scommessa – ed in- quadrata tale figura nello schema del contratto aleato- rio – si pone il tema della meritevolezza della sua cau- sa (6), tantopiù che questa, come evidenziato nella
l’intermediario non va ad acquistare strumenti finanziari sul mercato – nel qual caso, l’alea economica dipendente dall’oscillazione del valore dello strumento non incide mini- mamente sulla qualificazione dei contratti come acquisti o ven- dite – bensì conclude egli stesso il contratto, il cui oggetto è rappresentato dall’alea proprio perché la causa è rappresenta- ta dalla scommessa razionale”. Sul punto v., anche, X. Xxxxxxx, Recenti evoluzioni dell’aleatorietà convenzionale: i contratti derivati Otc come scommesse razionali, in Contratti, 2014, 213, e, in giurisprudenza, App. Milano 18 settembre 2013, n. 3459, in <xxx.xxxxxx.xx>.
Alla stregua di tale concezione dell’Irs è possibile com- prendere il significato del passaggio in cui il Supremo collegio afferma che l’art. 23, c. 5, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, non avrebbe la funzione di autorizzare una scommessa, ma quella di “delimitare, secondo un criterio soggettivo, la causa dello swap, ricollegandola espressamente al settore finanziario”.
(6) Cfr., sul punto, X. Xxxxxxx, op. cit., per cui nel caso di stipula di un contratto derivato Otc: «l’alea permea il contratto concluso e non ha, quindi, una valenza secondaria rispetto al programmato regolamento contrattuale. Si tratta, infatti, di un’aleatorietà che, specie nei derivati speculativi, connota in via esclusiva la causa del contratto, comparendo allo stato pu- ro, come del resto accade nella scommessa. Questa assimila- zione funzionale ha come conseguenza il diniego della tutela giuridica dei crediti derivanti dai derivati, al pari di quanto accade ai sensi e per gli effetti dell’art. 1933 c.c. Ciò sempre che non si ritenga che il fine speculativo, che giustifica tali operazioni negoziali, superi in certi contesti, il vaglio di meri- tevolezza dell’interesse ex art. 1322 c.c. Xxxxxxx, infatti, si riuscisse a dimostrare che perseguire una finalità di pura spe- culazione non sia sinonimo tou-court di immeritevolezza ma che anzi, in dati ambiti, la speculazione sia rilevante giuridi- camente ex art. 1322 c.c., i contratti derivati, stipulati per scommettere, potrebbero essere sottratti all’eccezione ex art. 1933 c.c. […] Quello che si intende, in altri termini, affermare è che anche la speculazione finanziaria, con ciò intendendosi “il lucrare su una differenza di corsi tra il momento dell’acquisto e un momento successivo”, non sia di per sé un male assoluto, ma che anzi possa essere funzione giuridica- mente rilevante in specifici contesti di riferimento.
E ciò, si sottolinea, perché la speculazione può essere un valore, a certe condizioni: perché, di fatto aumenta l’efficienza del mercato in virtù di una migliore allocazione dei rischi e contribuisce, come è stato detto, alla liquidità, producendo ric- chezza.
In altri termini, l’apprezzabilità sociale della speculazione non è in sé ma passa attraverso la contestualizzazione del giu- dizio che trova nel controllo di meritevolezza il suo fondamento e che ricorre tutte le volte in cui lo scopo speculativo risulti accettabile in quanto controllabile.
Dato questo innegabile, quando la stipulazione di derivati speculativi si collochi nell’esercizio di una specifica attività bancaria e finanziaria: tali attività sottostanno, infatti, a norme di settore, funzionali ad assicurare la consapevolezza contrat- tuale della controparte dell’impresa bancaria e finanziaria e a scongiurare l’abuso che possa conseguire all’opacità contrat- tuale.
In questi ambiti specifici, la sottoscrizione di strumenti fi- nanziari coinvolge soggetti qualificati e monitorati, è regola- mentata in modo stringente e sottoposta ad un rigido controllo
sentenza in commento, è suscettibile di differenti de- clinazioni (7).
Il sindacato di meritevolezza innanzi evocato po- stula, allora, l’individuazione della concreta funzione che le parti attribuiscono allo swap, giacché in man- canza di adeguata caratterizzazione causale il negozio risulterebbe affetto da nullità.
Sul piano strutturale, inoltre, la verifica in ordine alla razionale connotazione dell’alea del contratto im- pone un accertamento circa l’effettiva condivisione ed accettazione, ad opera dei paciscenti, di criteri “scien- tificamente riconosciuti ed oggettivamente condivisi” di misurazione del rischio negoziale (8).
L’approccio “concreto” al quale fanno riferimento le Sezioni unite consiste, in ultima analisi, in un con- trollo sull’operato dell’intermediario – che è al tempo stesso offerente e consulente dell’investitore – e se- gnatamente sull’adempimento di quest’ultimo agli ob- blighi informativi riguardanti i parametri di calcolo dell’alea, siccome essenziali al fine di garantire – a pena di nullità del contratto per difetto di causa ed in- determinatezza dell’oggetto (9) – la misurabilità del
quanto a trasparenza (chiarezza e comprensibilità delle clauso- le economiche e contrattuali), a garanzia dell’adempimento delle relative obbligazioni».
(7) Sull’attitudine dello swap – e dei contratti derivati in generale – a svolgere sia funzioni protettive che speculative, v.
X. Xxxxxxxxxx, I derivati e la circolazione della ricchezza: tra ragione sistemica e realismo interpretativo, in Eur. dir. priv., 2018, 4097, per cui: “Tutti questi strumenti (contratti), perciò, nascono, originariamente, con una funzione di protezione, in qualche modo assicurativa, che prende appunto il nome di hedging. È, però, avvenuto che, ben presto, tali schemi contrat- tuali prendessero ad essere utilizzati senza che i contraenti, che concludevano uno swap, un future o una option, fossero in al- cun modo esposti ad un rischio ed al fine di proteggersi da es- so. Si è cominciato, così, a distinguere swaps, futures e options che rispondevano alla originaria funzione di protezione, o di hedging, e swaps, futures e options, la cui conclusione presen- tava, invece, solo ragioni speculative, o di trading”.
(8) In merito, osserva X. Xxxxxxx, Xxxxx impliciti nell’interest rate swap, in Giur. comm., 2013, 648, che: “Il con- tratto derivato è sulla carta una scommessa razionale, cioè un particolare tipo di scommessa in cui l’assunzione delle alee non è affidata ad una cieca intuizione, ad una speranza, ad una passione emotiva e irrazionale, bensì alla raffigurazione di scenari probabilistici scientificamente misurati. Ma ciò, appun- to, soltanto sulla carta: nel mondo reale il contratto derivato non è una scommessa razionale e non può esserlo, fino a quan- to uno dei due contraenti, cioè l’investitore, non lo concluda razionalmente e così sulla base di una razionale valutazione (che presuppone la conoscenza) degli scenari probabilistici attualizzati, scientificamente misurati, che sono stati alla base della costruzione dello strumento da parte dell’intermediario”.
(9) In riferimento a tale impostazione, v. App. Milano 18 settembre 2013, n. 3459, per cui: “occorre, altresì, preliminar- mente, compiere lo sforzo di definire la natura giuridica del contratto derivato Otc. Solo la sua qualificazione giuridica consentirà, invero, di chiarire quali elementi appartengano alla causa del negozio e, conseguentemente, stabilire se e quale difetto degli elementi caratterizzanti il contratto valga ed infi- ciarne la causa, in termini di vizio genetico, ovvero si risolva in
una mera violazione delle regole di condotta dell’intermediario.
Ciò vale in particolare per la misura dell’xxxx xxxxxxx dal- le parti nel derivato over the counter e per i c.d. costi impliciti. Relativamente ad essi, questa Corte considera imprescindibile, ai fini del decidere, evitare di assumere, aprioristicamente, che questi elementi debbano costituire oggetto di una semplice in- formazione intendendo, invece, verificare se essi non costitui- scano elementi essenziali del contratto. E non nella prospetti- va, che può rivelarsi sfuggente, della causa in concreto, bensì muovendo dalla constatazione che il legislatore del Tuf men- ziona tali contratti indipendentemente dall’intento dell’investitore, sia esso di copertura o speculativo, imponen- do, così, all’interprete di ricercare una comune ratio legis del loro riconoscimento legislativo.
Una recente ed autorevole dottrina specialistica qualifica il contratto derivato come un contratto rientrante nella categoria della scommessa legalmente autorizzata la cui causa, ritenuta meritevole dal legislatore dell’intermediazione finanziaria, ri- siede nella consapevole e razionale creazione di alee che, nei derivati c.d. simmetrici, sono reciproche e bilaterali.
L’art. 23, c. 5, Tuf, appositamente dettato per escludere l’applicazione ai contratti derivati della disciplina di cui all’art. 1933 c.c., avvalorerebbe tale tesi, restando, altrimenti, priva di significato la previsione di cui all’art. 23, c. 5, Tuf. E del resto, costituisce un dato acquisito che l’art. 1933 c.c. ab- bia un ambito di applicazione del tutto residuale, perché con- cerne esclusivamente le ipotesi di scommessa c.d. tollerata dal legislatore, mentre non riguarda affatto – com’è del tutto ovvio e intuitivo – le scommesse legalmente autorizzate che, come tali, debbono attribuire azione per il pagamento”.
Con riguardo a tale pronuncia, osserva X. Xxxxxxxxx, Struttu- ra e causa dell’interest rate swap nella recente evoluzione giu- risprudenziale, in Nuova giur. civ., 2014, fasc. 3, 222, che: “questa sentenza è giunta alla conclusione che tale contratto, qualunque ne sia la concreta declinazione (speculativa o di copertura), costituisca una scommessa legalmente autorizzata, cui l’ordinamento, all’esito di una valutazione di meritevolezza compiuta in sede legislativa, xxxxxxx piena rilevanza giuridica. […] Ma la sentenza qui annotata è andata ben oltre. Per vero, si è ritenuto che la scommessa sul futuro andamento dei tassi d’interesse, sottratta al trattamento previsto dal citato art. 1933, meriti piena rilevanza giuridica solo se compiuta su base razionale, cioè all’esito di un’attenta valutazione di tutti i dati disponibili: ciò perché, nella logica del legislatore, la merite- volezza degli swap, che ne giustifica l’espressa autorizzazione, dipenderebbe, appunto, dalla razionalità della scommessa po- sta a loro fondamento, la quale dovrebbe essere affidata, anzi- ché al mero gioco della sorte, alla concretizzazione di scenari probabilistici valutabili, con piena cognizione di causa, fin dal principio. Qualora, quindi, l’investitore non sia stato posto nel- la condizione di operare una scelta razionale, anche, e soprat- tutto, per l’asimmetria informativa che lo separa dall’intermediario, il contratto di swap dovrebbe ritenersi vi- ziato da un difetto genetico della sua giustificazione causale. Si noti, in proposito, che la Corte d’appello di Milano ha tratto dal proprio ragionamento le conseguenze più gravi: con una decisa presa di posizione, essa ha sostenuto che la razionalità costituisce un attributo specifico della causa degli swap, il cui difetto, secondo i principi, genera nullità ex art. 1418 c.c. Seb- bene la Corte lo abbia escluso, questa soluzione comporta che l’inadempimento degli obblighi informativi a carico dell’intermediario sia attratto, almeno in parte, nell’orbita del- la validità dell’operazione finanziaria. Per vero, qualora l’intermediario abbia omesso di fornire alla controparte le in- formazioni necessarie per valutare appieno l’alea contrattuale, cioè per razionalizzare la scommessa ed i suoi possibili esiti
rischio e, dunque, la razionalità, nel senso in prece- denza illustrato, della peculiare “scommessa” di cui si discute.
Sul punto, il collegio non manca di precisare come il requisito della calcolabilità dell’alea non possa rite- nersi soddisfatto in conseguenza dell’indicazione dell’ipotetico valore di mercato del contratto (c.d. “mark to market”), ma debba altresì includere gli sce- nari probabilistici sull’andamento degli indici presi a riferimento dello swap nonché i c.d. “costi occulti” o “costi impliciti” dell’operazione (10).
In questo senso, la sentenza in commento rappre- senta il punto d’arrivo dell’impostazione ermeneutica che – preso atto del carattere “alieno” dei contratti in questione – individua nella concreta funzione degli stessi l’elemento da valutare ai fini del giudizio sulla loro compatibilità con l’ordinamento italiano.
Non può, peraltro, sottacersi come la soluzione ac- colta dalla Suprema corte presenti – proprio alla luce dell’opzione metodologica dianzi illustrata – taluni aspetti critici, stante la difficile prevedibilità degli esiti di un sindacato di meritevolezza sugli interessi perse- guiti dalle parti (11).
futuri, tale soluzione impone di considerare nullo il contratto, con tutte le ricadute sul piano restitutorio”.
Sempre in ordine alla menzionata pronuncia della Corte lombarda, evidenzia X. Xxxxx, Natura e causa del contratto di interest rate swap, in Corriere giur., 2015, fasc. 1, 30, che: «La motivazione sviluppata dalla Corte d’appello di Milano, è fi- glia di quella tesi dottrinale, che vede nel disposto di cui all’art. 23, quinto comma, Tuf una qualificazione legislativa “implicita” dei derivati come “scommesse autorizzate”. Se- condo tale impostazione, “in tanto il richiamo dell’art. 23, comma 5, Tuf, laddove esclude l’applicazione ai ‘derivati’ del- la regola della ‘mancanza di azione’, ha un significato, in quanto il legislatore muova dal presupposto che la natura giu- ridica del derivato potrebbe comportare l’applicazione di quel tratto di disciplina, il che significa che ha la natura giuridica di una scommessa”. Se la causa del derivato è assimilabile a quella di una “scommessa autorizzata”, l’oggetto del contratto di swap – afferma il principale esponente della tesi dottrinale in esame – è l’alea, che, perché il contratto sia valido, deve essere necessariamente “razionale”, vale a dire: assunta dal cliente/scommettitore sulla base della “raffigurazione” degli “scenari probabilistici scientificamente misurati” dall’intermediario finanziario al momento della “costruzione” del derivato. Mancando tale valutazione “consapevole” – con- clude l’Autore – la scommessa non è ‘razionale’ e il contratto è nullo, in quanto, al momento della conclusione, il suo oggetto non è determinabile».
(10) Sul tema v. X. Xxxxxxx, Intermediario contro investito- re: i derivati over the counter, in Banca, borsa ecc., 2010, 779, e Id., Costi impliciti nell’interest rate swap, cit.
(11) Il rischio in questione è indicato, ad esempio, da X. Xxxxxxxxxxx, I derivati tra meritevolezza dell’interesse ed effetti- vità della tutela: quid noctis?, in Eur. dir. priv., 2015, 383, ove si afferma che: «Nell’esperienza giuridica postmoderna, si leg- ge da ultimo in una pagina di rara eleganza, il decidere per fattispecie risulta sempre più soppiantato da un giudicare per (od orientato ai) valori: i quali notoriamente “si appoggiano soltanto su sé stessi”, catturando una situazione e non un caso. Da un sentenziare imperniato sulla tecnica della sussunzione, il caso appunto quale medio tra evento e fattispecie normativa
Problematica, questa, superata dall’opzione erme- neutica per cui la violazione dei doveri di informazio- ne da parte dell’intermediario che abbia stipulato un contratto di swap non andrebbe ad inficiare la validità del negozio, ma determinerebbe la responsabilità di tale soggetto nei riguardi del proprio cliente (12).
Merita, inoltre, di essere segnalato l’orientamento interpretativo che – rilevata l’assenza (o l’impossibilità) di reali previsioni scientifico- matematiche sull’andamento di tassi di interesse presi a riferimento dall’Irs (13) ed osservato come, in linea
perché ogni sentenza applica un principio astratto di legge, la contemporaneità starebbe sempre più passando ad un decidere per principii “validi in sé e per sé” giacché “tutto abbracciano ed a tutto rispondono”. Il valore, si fa notare, non qualifica predicativamente perché piuttosto “reagisce” all’operazione economica della quale il giudice è stato chiamato a dibattere. Orbene, come esempio sintomatico di questo nuovo modulo decisorio oltrepassante la fattispecie, in quelle pagine si cita l’argomentare giudiziale che si rifà, in diversi luoghi, alla figu- ra della causa in concreto [...] Ora, se si rammenta che la giu- risprudenza sui derivati, tutta o quasi, è rinserrata entro il mo- dulo discorsivo di una causa concreta alla quale si domanda di correggere o di emendare integrativamente il rapporto contrat- tuale, istintivamente all’interprete verrà di concludere che la tematica dei derivati è il contesto nel quale domina incontra- stata una dottrina delle Corti che si esprime sempre e soltanto attraverso un decidere per valori, tendenzialmente sinonimo, almeno nel canone critico irtiano, di un sentenziare trasforma- tosi in una “pura e nuda decisione, [rinveniente] fondamento [soltanto] in sé stessa”».
(12) Cfr. Lodo arbitrale Milano 28 luglio 2016, in Giur. comm., 2018, 326, secondo cui: “I contratti derivati Otc con- clusi con operatore qualificato sono meritevoli di tutela per l’ordinamento indipendentemente dalla funzione di copertura o speculativa. I costi impliciti dei prodotti finanziari Otc, nella specie, contratti derivati di interest rate swap, esistono e non snaturano la causa del contratto, non ne determinano la nullità per indeterminatezza dell’oggetto o per presunta carenza di causa, né obbligano la banca a compensare il cliente tramite erogazione di up front. Detti costi implicano soltanto un dovere di trasparenza informativa nei confronti del cliente. Ne conse- gue che risponde contrattualmente l’intermediario che addebi- ta alla cliente un costo implicito residuo, pur avendo espres- samente negato la sussistenza di tale componente nell’informativa consegnata alla cliente” (massima).
V. anche X. Xxxxxx, Xxxxx osservazioni sulla meritevolezza del contratto derivato di interest rate swap con operatore qua- lificato, ibidem, 333.
(13) Cfr. S. D’Xxxxxx, L’interest rate swap, specchio del nostro tempo, è una scommessa che non dà luogo ad azione: incostituzionalità dell’art. 23, comma 5, Tuf per eccesso di de- lega, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2020, 207, per cui: «Si resta perplessi dinanzi alla posizione di chi, pur ammettendo la na- tura di scommesse, riconosce che “ben a ragione ” il legislato- re avrebbe autorizzato gli intermediari finanziari a stipulare con i clienti, fuori dai mercati regolamentati, le scommesse di Irs, sulla base della motivazione che si tratterebbe di un’“ alea razionale”, perché sarebbero possibili previsioni “scientifi- che” relative all’andamento futuro di un tasso di interesse va- riabile. […] i modelli che prezzano gli Irs – a differenza dei modelli soggettivi di previsione, i quali tengono conto dei dati del passato (per esempio gli ultimi dieci anni) e vengono testa- ti, per verificarne la capacità di previsione (analisi di backte- sting), sulla base di un ulteriore periodo passato (per esempio i
di principio la funzione “di copertura” possa essere svolta anche da una comune scommessa (14) – conte- sta in radice la qualificazione dello swap in termini di contratto aleatorio razionale per affermarne la natura di mera “scommessa ad esecuzione periodica” (15) ed ulteriormente evidenzia come l’art. 23, c. 5, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 – ovverosia la norma che esclude l’applicabilità, a tali contratti, dell’eccezione di gioco contemplata art. 1933 c.c. – sia affetta da incostituzio- nalità per eccesso di delega (16).
dieci anni precedenti a quelli considerati per raccogliere i dati)
– non hanno la pretesa di prevedere il futuro. Si tratta, per i fisici ed i matematici, di semplicissimi modelli che tengono conto dei tassi […] nel giorno della valutazione dell’Irs, sulla base di quella che viene chiamata la “struttura della scadenza dei tassi di interesse”, sulla base dell’ipotesi, del tutto conven- zionale, (mai verificatasi in passato!) che le differenze tra i tas- si resteranno identiche, e della ipotesi che non vi sarà arbi- traggio, anch’essa convenzionale e notoriamente falsa. In so- stanza vi è accordo degli scienziati che non si possa prevedere il futuro tasso d’interesse e, dunque, si valuta lo swap sulla base dell’ipotesi, frutto di convenzione e non di previsione, che in futuro si applicherà un certo xxxxx. Vi è un accordo interna- zionale (dettato dalle cosiddette best practices) sul modo di calcolare il valore degli Irs e i matematici si limitano ad appli- care le formule matematiche a questo accordo, che non è frutto della scienza, ma soltanto dell’“esigenza” (della volontà) di avere (in mancanza del mercato) un prezzo oggettivo per poter stipulare gli Irs. […] La convenzione serve proprio perché la scienza conduce ad escludere un prezzo oggettivo! Si noti che la necessità di una convenzione sorge perché non esiste un prezzo di mercato. […] Dunque, se la ragione dell’esenzione dall’art. 1933 c.c. fosse la “razionalità dell’alea”, pochissime sarebbero le scommesse che non dovrebbero essere “ben a ra- gione” autorizzate».
(14) V., ancora, S. D’Xxxxxx, op. cit., per cui: «Chi ha sti- pulato una scommessa autorizzata, puntando sulla vittoria di una squadra di calcio che giochi fuori casa, può stipulare una successiva scommessa non autorizzata (contro un amico), pun- tando questa volta sul pareggio e sulla vittoria dell’altra squa- dra, coprendosi così contro il rischio di perdere troppo nel ca- so non vinca la squadra che gioca fuori casa (e magari dichia- rando l’intento di copertura). La scommessa, nonostante la “funzione” di copertura, resterà una scommessa tollerata».
(15) Così S. D’Xxxxxx, op. cit., il quale più in generale os- serva che: “tutte le volte in cui le parti convengono che, se si verificherà un certo evento indipendente dalla loro volontà, una di esse dovrà eseguire una prestazione a favore dell’altra, mentre se l’evento non si verificherà o se si verificherà un di- verso evento incompatibile con il primo, sarà quest’ultima a dover eseguire una prestazione a favore della prima, il contrat- to, che crea un rischio che non esisteva per entrambe le parti, è una scommessa”.
Nel senso della qualificazione dello swap con finalità spe- culative come scommessa, v. M. Barcellona, op. cit., per cui: “Quando presentano carattere speculativo, i derivati assumono il contenuto di una scommessa e sollevano il problema della loro assoggettabilità al regime di disfavore, che a questa l’ordinamento (non solo italiano) riserva: ai sensi dell’art. 1933, infatti, il contraente di una scommessa non può essere obbligato ad eseguirla (denegatio actionis), anche se, quando l’abbia spontaneamente eseguita, non ha diritto di ripetere quel che ha dato (soluti retentio)”.
(16) Xxxxxxx, infatti, S. D’Xxxxxx, op. cit., che: «L’art. 1 l. 6 febbraio 1996, n. 52 delegava il Governo ad emanare entro
Concezione, questa, non priva di implicazioni in ordine ai rimedi utilizzabili dagli enti locali che ab- biano effettuato degli investimenti in derivati di tal genere.
Infatti, alla stregua di tale impostazione, l’eventuale declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 23, c. 5, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 determinerebbe la caducazione delle norme specificamente dedicate al ricorso alla finanza derivata di tali soggetti o, al più, ne comporterebbe la riqualificazione come disposizio- ni che li legittimano ad effettuare delle “scommesse meramente tollerate” (17) e, quindi, inidonee a gene- rare degli obblighi giuridicamente coercibili.
un anno (ma il termine in materia di credito e risparmio era ridotto a sei mesi dall’art. 21, c. 2) “ i decreti legislativi neces- sari per dare attuazione alla direttive comprese nell’allegato A ”, tra le quali vi era la direttiva del Consiglio n. 22 Cee del 10 maggio 1993, e stabiliva che “tra i princìpi e i criteri gene- rali dovranno sempre essere previsti quelli della trasparenza e della imparzialità dell’attività amministrativa ”, princìpi e cri- xxxx che non implicavano certamente il potere di stabilire che gli swap fossero esentati dall’applicazione dell’art. 1933 c.c. [...] Non può esservi alcun dubbio, dunque, che il Governo, nell’introdurre nell’ordinamento l’art. 18, cc. 1 e 4, d.lgs. 23 luglio 1996, n. 415, decise autonomamente di dare piena effi- cacia agli swap stipulati Otc, senza alcuna delega, senza nem- meno eccedere rispetto a una delega che vagamente fosse in- terpretabile come relativa ai derivati Otc, senza che la direttiva si interessasse di derivati Otc e senza alcuna esigenza di armo- nizzazione. Il testo unico, emanato sulla base dell’art. 8 della stessa legge delega, in forza della quale è stato emanato il d.lgs. 23 luglio 1996, n. 415, si limitò a riprendere la disposi- zione, con una modifica meramente formale. Non esiste perciò alcuna ragione per reputare costituzionalmente legittimo l’art. 23, c. 5, tuf, norma non innovativa e comunque, se sotto qual- che non ipotizzabile profilo, fosse da considerare innovativa,
3. I motivi di ricorso incentrati sull’attitudine dell’Irs a generare, in virtù del suo carattere essen- zialmente aleatorio, un indebitamento (attuale o po- tenziale) per l’ente pubblico che l’abbia stipulato – con le implicazioni del caso sui bilanci dello stesso e sull’individuazione dell’organo titolare del potere de- cisionale per il compimento di tali operazioni – sono respinti dal collegio all’esito di un articolato iter ar- gomentativo.
La pronuncia tratta, in proposito, della qualifica- zione in chiave giuscontabile del c.d. upfront, ovvero- sia del premio corrisposto dall’intermediario finanzia- rio all’investitore che sottoscrive il derivato (18).
Il problema – come evidenziato nell’ordinanza di rimessione alle Sezioni unite (19) – riguarda l’eventualità che tale dazione di denaro, (formalmen- te) effettuata per equilibrare il rischio delle parti al momento di sottoscrizione del contratto, possa assol- vere una funzione (sostanzialmente) creditizia, per- mettendo all’ente locale di beneficiare di una liquidità da destinare a spese correnti e generando, al contem- po, un potenziale obbligo restitutorio in capo al mede- simo.
In merito, il collegio richiama la previsione norma- tiva secondo cui “l’eventuale premio incassato al momento del perfezionamento delle operazioni deriva- te costituisce indebitamento dell’ente” (20), per osser- vare che tale norma non innova l’ordinamento ma ha valenza ricognitiva di un risultato (id est la creazione di nuovo debito) insito in tale specifica componente dell’operazione di finanza derivata (id est la corre- sponsione dell’upfront in favore del sottoscrittore del- lo swap).
Ne consegue la possibilità di riferire il binomio premio-indebitamento anche contratti Irs con upfront
emanata senza delega alcuna. Si potrà sostenere che l’art. 23,
c. 5, tuf, e già l’art. 18 d.lgs. n. 415 del 1996 debbano ricevere una interpretazione costituzionalmente orientata nel senso che essi, per esigenza di rispetto della delega, si riferiscano soltan- to agli strumenti finanziari negoziati nei mercati regolamentati oppure che siano stati e siano costituzionalmente illegittimi nella misura in cui siano riferiti e si riferiscano anche ai deri- vati stipulati fuori dai mercati regolamentati. La sostanza non cambia. E a una di queste due conclusioni dovrà pervenire la Corte costituzionale, se non vorrà partecipare anch’essa alla produzione di diritto incalcolabile».
(17) Nello specifico, S. D’Xxxxxx, op. cit., afferma che: “Sembra di poter affermare che le norme, innumerevoli volte modificate, che nel tempo hanno dapprima ammesso e poi in linea di principio vietato i derivati Otc agli enti pubblici, non siano norme che abbiano espresso, di volta in volta, una nuova volontà di dare efficacia a queste scommesse finanziarie, bensì norme che sul presupposto della piena efficacia dei derivati Otc e della costituzionalità dell’art. 23, c. 5, tuf, hanno dato, nel tempo, una o altra disciplina ai derivati Otc stipulati dagli enti pubblici. Quindi, dopo la dichiarazione di incostituzionali- tà dell’art. 23, c. 5, tuf o della sua interpretazione costituzio- nalmente orientata, che ne limiti il dettato agli strumenti finan- ziari negoziati in mercati regolamentati, delle due l’una: o do- vranno cadere come norme conseguenti (illegittimità conse- guenziale) oppure resteranno nell’ordinamento come norme relative a scommesse meramente tollerate. Questa conclusione varrà per ogni altra norma di legge o avente forza di legge che,
a qualsiasi fine, abbia menzionato o disciplinato profili degli
swap, degli Irs o dei derivati in generale”.
(18) Sul punto, v. X. Xxxxxxxxxxx, I «derivati» dei comuni italiani nella gestione della finanza pubblica. una problematica ancora attuale, in Banca, borsa ecc., 2014, 265, nonché S. D’Xxxxxx, op. cit.
(19) In particolare, Cass., Sez. I, n. 493/2019, cit., richiama il contrasto tra l’orientamento giurisprudenziale per cui la cor- responsione di un upfront in favore dell’ente pubblico non con- figura ex se un indebitamento (Corte conti, Sez. giur. reg. sici- liana, 7 agosto 2006, n. 2376), e l’opposta a concezione secon- do cui l’upfront rappresenta una forma di ricorso al mercato finanziario a sostegno degli investimenti da effettuare nel ri- spetto delle condizioni poste dall’ordinamento per l’indebitamento dell’ente (Corte conti, Sez. contr. reg. Lombar- dia, n. 596/2007).
V. anche X. Xxxxxxxxx, La giurisdizione contabile in mate- ria di debito pubblico: una ipotesi da esplorare, in Riv. trim. dir. pubbl., 2020, 113, e X. Xxxxxxxxx, Contratti bancari- Derivati, up front ed enti locali: la parola alle Sezioni Unite, in Giur. it., 2020, 71.
(20) Cfr. art. 3, c. 17, l. 24 dicembre 2003, n. 350, nella formulazione conseguente alle modifiche introdotte dall’art. 62,
c. 9, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla l. 6 agosto 2008, n. 133, e sostituito dall’art. 3 della l. 22 dicembre 2008, n. 203.
stipulati dagli enti locali prima dell’entrata in vigore della norma de qua, con evidenti riflessi in termini di individuazione del soggetto munito del relativo potere decisionale.
L’ulteriore questione affrontata dalle Sezioni unite concerne la possibilità che la stipula dei contratti swap sia sottratta alla competenza che l’art. 42, c. 2, lett. i), d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 attribuisce al consiglio comunale per l’assunzione di “spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi” (21).
A tal proposito, osserva il collegio che la (necessa- ria) finalità di copertura sottesa al ricorso agli Irs da parte dei comuni si traduce, in genere, nella rinegozia- zione di mutui pregressi.
Fattore, questo, che sotto il profilo causale denota l’esistenza di un nesso (ex lege) tra derivato e negozio sottostante e che, nell’ottica giuscontabilistica, delinea l’eventualità – direttamente correlata alla natura alea- toria dello swap – di un indebitamento destinato a gravare su esercizi futuri e da sottoporre, in quanto tale, alle determinazioni del consiglio comunale.
Le Sezioni unite pervengono alla medesima con- clusione anche nell’ipotesi in cui il ricorso alla finanza derivata comporti l’estinzione (e non la modifica delle condizioni) di un mutuo preesistente.
Si è, in merito, evidenziato (22) come la pronuncia de qua – nella misura in cui ricollega alla violazione della norma sulla competenza dell’organo consiliare la nullità, e non l’annullabilità, del contratto di swap – possa implicare l’adesione del collegio ad una nuova concezione delle norme poste a tutela della trasparen- za del bilancio dell’ente, considerate non più (o non solo) quali mere disposizioni organizzative interne al- la pubblica amministrazione ma come regole espressi- ve di una più ampia esigenza di salvaguardia della fi- nanza pubblica (23), tanto da legittimare – sul piano remediale – l’applicazione della più grave forma di
patologia negoziale contemplata dall’ordinamento e posta, com’è noto, a presidio di interessi superindivi- duali.
Xxxxxx Xxxxxxxx
(21) In merito, Cass., Sez. I, n. 493/2019, cit., richiama il contrasto tra l’impostazione per cui il rischio finanziario, deri- vante dalla gestione attiva del debito connessa alla sottoscrizio- ne del contratto di swap, espone l’amministrazione a possibili perdite finanziarie future che solo l’organo consiliare del Co- mune – deputato, ai sensi dell’art. 42 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ad approvare gli atti di spesa che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi – può autorizzare (Corte conti, Sez. contr. reg. Lombardia, 19 marzo 2010, n. 405) e quella secondo cui – consistendo la funzione degli swap nella riduzione degli oneri finanziari legati all’indebitamento già contratto e dunque nella diminuzione dei rischio ad essi legato – le ragioni sotto- stanti alla stipula degli stessi sarebbero antitetiche a quelle sot- tese all’attribuzione di tale competenza al consiglio comunale sicché il perfezionamento degli stessi configurerebbe un atto di gestione dell’indebitamento dell’ente locale adottabile dalla giunta comunale ai sensi dell’art. 48 d.lgs. 18 agosto 2000, n.
267 (Cons. Stato, Sez. V, 30 giugno 2017, n. 3174 in
<xxx.xxxxxxxxxxx.xx>).
Sul tema, v. anche X. Xxxxxxxxx, op. cit. e X. Xxxxxxxxx,
op. cit.
(22) Sul punto, cfr. X. Xxxxx, op. cit. e X. Xxxxxxxx, op. cit.
(23) In questo senso X. Xxxxxxxx, op. cit.