ACCORDO RIBALTE
ACCORDO RIBALTE
XXXXX XXXX FA IL PUNTO
GLI UOMINI
CHE FECERO L’IMPRESA
EDITORIALE
OLTRE LE PAROLE
ADESSO I FATTI
a gelata sulle aspettative di una ripre- sa economica possibile già entro la fine dell’anno, tramonta con le prime avvi- saglie dell’autunno incipiente. Si balla intorno allo zero essendo ormai certo che per quest’anno il Pil resterà inchiodato
intorno a quell’infausta cifra,mentre i principali advisor internazionali continuano a gettare ombre anche su una possibile ripresa per l’anno che verrà.
Ha ragione il Presidente della BCE Xxxxx Xxxxxx a sostenere che senza investimenti nulla è possibile, né per le imprese né per le speranze di nuova occupazione, ma il panorama che abbiamo di fronte è ancora quello di una politica che gira intorno ai problemi senza prenderne di petto i più seri.
I Trasporti sono fra quei comparti produttivi che ovviamente risentono di più della crisi che si avvita su se stessa anche per le pessime notizie provenienti dalla Germania.
Per quel che ci riguarda più strettamente è arrivata da Bruxelles la prevista sentenza delle autorità comunitarie sui costi minimi che dà indicazione di superamento delle norme attuali. Ci lavoreremo nel più assoluto e rigoroso rispetto delle parti in causa. L’idea che è prevalsa fra di noi è e rimane quella adottata negli ultimi accordi sulla ribalta e quella in fieri sui drivers: cercheremo ostinata- mente un accordo vero, realizzabile e soprattutto efficace
XXXXXXXX XXXXXXXX
Presidente FEDIT
ANNO 2014 N° 02
DIRETTORE
Xxxxxxxxx Xxxxxxxx
COMITATO TECNICO SCIENTIFICO
Xxx Xxxxxx, 00 Xxxx
UFFICIO STAMPA
COMUNICAZIONI
FEDIT
Federazione Italiana Trasportatori Xxx Xxxxxx, 00 Xxxx xxxxxxxxxx@xxxxx.xx
t.: +39 06.86399800
EDITORIALE
fra tutte le parti in causa.
Resta la vexata quaestio dei no- stri rapporti con il Governo per la cir- costanza ovvia che, senza adeguate risposte da parte dell’esecutivo, i con- ti non torneranno mai, soprattutto in tempi di crisi profonda e strutturale come quella attuale. Durante un con- fronto con il ministro Xxxx organiz- zato da noi della Fedit a Milano poco prima delle elezioni, il responsabile del dicastero dei trasporti ci era parso intenzionato a mutare il corso delle cose. Vedremo, ma gli incontri fra le associazioni e il Governo che si sono svolte fra giugno e fine luglio non mostrano apprezzabili segnali di una svolta reale.
Da un Paese lento e latino, atten- dersi che si faccia tutto quel che serve nel giro di pochi anni, è irrealistico e nessuno lo chiede, però invertire la rotta nella giusta direzione questo sì che è nelle nostre attese. Parlia- mo di eccessi della burocrazia, della difficoltà nella consegna delle merci, della logistica, degli aeroporti e dei porti, insomma di quella babele di regole che cambiano da città a città, da regione a regione. Il decentramen- to dei poteri dallo Stato alle Regioni deve aiutare chi fa impresa e crea sviluppo, e invece sono cresciuti gli ostacoli.
Mentre però chiediamo agli altri di fare quel che serve, anche noi do- vremmo porre una questione fonda- mentale che ci riguarda e cioè se le nostre organizzazioni siano davvero in grado di essere credibili e capaci di guardare avanti con coraggio.
Il nostro mondo soffre di due malattie serie, la prima è culturale, la seconda è generazionale. I nostri dirigenti, quando debbono cambiare le cose non partono con la volontà di cambiare dove e cosa, avendo in testa gli obiettivi e dentro di se la forza per
realizzarli, bensì quale possa essere il compromesso possibile per arrivare a metà della strada da percorrere. La mia idea è che a Versailles ci si va, ma prima si va alla guerra. E’ un parados- so per dire che una classe dirigente si pone obiettivi non negoziabili ed altri si. Quanti posti di lavoro e quanta efficienza produttiva avremmo se l’accordo sulla ribalta fosse arrivato prima?
La seconda questione è il ricam- bio generazionale. I nuovi linguaggi informatici hanno cambiato le gerar- chie, l’approccio ai problemi economi- ci, di mercato e persino l’organizza- zione aziendale e i conti economici. Tutti noi sappiamo che la quantità di prodotti acquistati in rete è in decollo verticale, pochi di noi sanno quali e quante conseguenze tutto ciò com- porterà. Servono saggezza e coraggio, l’occhio ai conti sì, ma soprattutto la forza di coloro che il domani lo vogliono costruire ed hanno forza e coraggio, persino l’incoscienza di crederci.
Xxxxxxxx Xxxxxxxx
BUONSENSO, UTILITÀ
E DEMAGOGIA
L’accordo sul personale della ribalta ha avuto il pregio, ora riconosciuto da tute le parti, di aver posto flne ad un totem del passato e cioè l’estensione acritica della contratazione nazionale a tuta la flliera produtiva
’accordo sul perso- nale della ribalta ha avuto il pregio, ora riconosciuto da tutte le parti, di aver posto fine ad un totem del
passato e cioè l’estensione acritica della contrattazione nazionale a tut- ta la filiera produttiva, ivi compresa quella degli appalti e quindi anche agli addetti alle attività del magaz- zino.
La presa di coscienza da ambo le parti che la rigidità, soprattutto in tema di orario di lavoro in una realtà produttiva che necessita invece di avere il massimo della flessibilità possibile, provoca danni diretti ed indiretti quali la proliferazione delle cooperative spurie con il loro corol- lario di disagi e vere e proprie situa- zioni di illegalità che non potevano essere più tollerate.
Da queste consapevolezze sono nate due novità importanti: l’accordo sul personale della ribalta impronta- to alla flessibilità ed un “format”, un modello di relazioni industriali fra le organizzazioni datoriali ed i sin- dacati, improntato al pragmatismo che ci farà da guida anche nella di- scussione appena avviata sui drivers, altro terreno “scivoloso” del mondo dei trasporti.
Adesso però, cessati gli squilli di tromba, è ora di passare ai fatti, cer- care cioè di applicare nel concreto della vita delle aziende.
Alcune aziende importanti hanno già cominciato a sottoscrivere l’ac-
la rigidità provoca danni diretti ed indiretti quali la proliferazione
delle cooperative spurie con il loro corollario di disagi e vere e proprie situazioni di illegalità
tre si accingono a farlo, altre ancora sono in stato avanzato di definizione dei termini. C’è soddisfazione ; da un lato per una migliore organiz- zazione del lavoro, dall’altro per la regolarizzazione dei contratti.
L’operazione di applicazione dell’accordo proseguirà per tutta l’e- state e oltre fino alla fine dell’anno. La nostra previsione è che molte aziende si presenteranno ai blocchi di partenza dell’anno che verrà con le nuove regole applicate.
E’ una piccola rivoluzione, un modo per gli imprenditori ed i lavo- ratori di ritrovare il giusto modo di lavorare senza pregiudicare le esi- genze dei primi e i diritti dei secondi. Abbiamo posto fine insomma ad un mondo di regole che non regola- va più nulla e di garanzie che non garantivano più nessuno (anzi fa- ceva nascere situazioni di illegalità), optando per regole pragmatiche e
situazioni contrattuali chiare.
Non sappiamo se ciò sia poco o tanto, sappiamo che è utile a tutti e ci basta.
Xxxx Xxxxxx
cordo sul personale della ribalta; al-
ACCORDO RIBALTE: COMMENTO DEL XXXX. XXXXX XXXX
L’ accordo del 13 febbraio 2014 tra FEDIT e FILT CISL UIL Trasporti sul personale di ribalta
’Accordo nazionale 13 febbraio 2014 con- tenente “ linee guida per la realizzazione di un nuovo modello per il lavoro delle ribalte”
può a piena ragione essere definito “pilota” anzitutto per l’obbiettivo che si pone: creare le condizioni di soste- nibilità del costo del lavoro che favo- riscano politiche aziendali di stabi- lizzazione del lavoro c.d. precario e soprattutto di internalizzazione di attività nel settore tradizionalmente con larga prevalenza appaltate.
Le organizzazioni sindacali san- no che, aldilà della copertura della solidarietà, le società appaltatrici, cooperative o meno, offrono mino- ri garanzie di quelle committenti quanto a condizioni e tendenziale stabilità del lavoro. Le società com- mittenti conoscono bene i rischi che discendono dalla solidarietà e ancor più dalla non controllabilità delle tipologie contrattuali utilizzate dagli appaltatori e sanno altresì che lo svolgimento delle attività in appalto offre minori garanzie in termine di qualità del servizio.
L’ostacolo alla gestione interna è stato sempre costituito dalla ri- gidità delle tutele del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeter- minato: quelle c.d. in uscita, che non consentono il conseguimento di un ragionevole equilibrio tra persona- le in carico e personale necessario in ragionevole corrispondenza con le vicende del mercato, e ancor più quelle riguardanti lo svolgimento
delle prestazioni lavorative che si traducono in una lie- vitazione del costo, diretto e indiretto, del lavoro.
Le prime rigidità non sono attenuabili dalle parti sociali giacché l’art. 8 della legge n. 148/2011 non offre certezze di tenuta specie laddove prevede la possibilità, per la contrattazione aziendale, di introdurre deroghe alla disciplina legale delle “conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro”.
L’Accordo si muove allora sul terreno delle rigidità interne al rapporto incidenti sul costo del lavoro e può essere definito “pilota” anche per le innovazioni che pre- figura su questo terreno attraverso la predisposizione del contenuto essenziale di futuri, ed auspicati, accordi aziendali di durata triennale chiamando le parti di essi a definire, insieme con i percorsi della stabilizzazione/ internalizzazione, le modalità operative di tale contenu- to e richiedendo altresì che siano “sottoscritti dalle parti firmatarie la presente intesa, intendendosi, per la parte sindacale, le competenti strutture nazionali e regionali firmatarie il vigente CCNL, che dovranno essere convo- cate congiuntamente ed unitariamente”.
Le innovazioni prefigurate sono dirette a realizzare l’abbassamento del costo del lavoro tramite soprattutto incrementi di produttività ma anche riduzione dei costi diretti della prestazione lavorativa.
Sul primo versante, si segnalano anzitutto le flessibi- lità dell’orario di lavoro con la distribuzione su sei giorni delle trentanove ore settimanali e la contestuale previ- sione del c.d. “multiperiodale” che, come noto, consente alle imprese, per assecondare l’andamento delle richieste di mercato, di prolungare l’orario di lavoro oltre la du- rata prevista dal contratto collettivo, compensando tale prolungamento con successive riduzioni del monte ore. L’istituto, attualmente regolato dall’art. 3, comma 2,
D. lgs. n. 66/2003 (“i contratti collettivi possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore – rispetto alle 40 ore legali – e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno”) nell’Accordo viene declinato in una duplice forma, settimanale e giornaliera, con una spalmatura su una media calcolata nei sei mesi (la metà di quanto
consentito dal legislatore) e l’artico- lazione della prestazione lavorativa da un minimo di 4 ore ad un massi- mo di 10 su di un nastro operativo non superiore a 13 ore.
Essendo l’orario multiperiodale considerato a tutti gli effetti come orario normale, l’eventuale supera- mento della durata contrattualmen- te stabilita non è configurabile come straordinario (v. circ. Min. lavoro n. 8/2005, punto 4: “Tale orario di lavoro, purché venga rispettata la media nei termini suddetti, è orario normale di lavoro e l’eventuale superamento settimanale delle 48 ore – previste come massimo assoluto dal D. lgs. n. 66/2003 – senza che concorrano ore di lavoro straordinario, non dovrà essere oggetto di comunicazione, stante la chiara lettera della legge, purché ovviamente nel periodo di riferimento sia effettuato il relativo recupero)”.
La concezione della flessi- bilità quale equivalente economico (suggerita dall’A.I. separato del 16 novembre 2012) emerge anche lad- dove l’Accordo prevede un’ulteriore modalità di part-time, con durata minima settimanale di 16 ore ed una prestazione minima di 4 ore gior- naliere consecutive (in coerenza, peraltro, con il minimo giornaliero già previsto per la durata della pre- stazione lavorativa full-time resa in regime di orario multiperiodale).
La rimodulazione del part-time passa attraverso una peculiare pre- visione di stabilità delle clausole elastiche che potranno essere di- sdettate solo mediante un accordo scritto tra azienda e lavoratore, con una specie di contrappasso rispetto alla (invero ormai) abrogata dispo- sizione legislativa che attribuiva al lavoratore un diritto di ripensamen- to sulla relativa pattuizione (o diritto di denuncia: art. 3, comma 10, D. lgs.
n. 61/2000 nella versione precedente le modifiche apportate dall’art. 46, D. lgs. n. 276/2003).
Nell’ottica della nuova flessibiliz- zazione acquista poi rilievo la deter- minazione di un preavviso inferiore a quello previsto dalla legge (11 ore
contro la previsione di “almeno due giorni lavorativi”, seppur sian fatte salve “le intese tra le parti”: art. 3, comma 8, D. lgs. n. 61/2000) nonché a quello previsto dal CCNL logistica, trasporto merci e spedizione (7 gior- ni di calendario).
Il vincolo legale relativo alla du- rata del preavviso non pare invero preoccupante essendo fatte salve “le intese fra le parti”, espressione che va interpretata come legittiman- te la determinazione di una durata inferiore (altrimenti non avrebbe senso la salvezza della diversa intesa, sempre possibile se migliorativa) e riferita sia alle parti del contratto individuale, sia (a maggior ragione) alle parti del contratto collettivo. In tal senso depone la circolare Min. Lav. n. 9 del 18 marzo 2004, secon- do cui “le parti, anche del contratto individuale, possono stabilire una diversa misura del preavviso ma non eliminarlo completamente”.
Spicca in ogni caso la previsione che le prestazioni “elastiche” potran- no superare “in ogni anno solare il limite complessivo procapite del 20% della prestazione concordata, con un massimo che potrà essere definito a livello aziendale”.
Coerente con la disciplina sia dell’orario multiperiodale sia del part-time flessibile ed elastico, che tende ad aumentare l’arco temporale di disponibilità del lavoratore fermo restando il costo complessivo della prestazione, appare la previsione di una reperibilità estesa e vincolante “per sopperire ad esigenze aziendali, secondo modalità da definire a livel- lo aziendale, compresa la rotazione tra il personale e l’ammontare di una specifica indennità”. L’imprevedibi- lità della chiamata, già sottoposta a critica da qualche commentatore, resta però circoscritta grazie alla pre- visione che il periodo di reperibilità dovrà essere comunicato al lavora- tore ad inizio di ogni mese.
Sul versante della riduzione dei costi diretti della prestazione è si- gnificativa la previsione, sulla fal- sariga del c.d. salario d’ingresso da tempo introdotto per gli apprendi-
sti, di quello che potremmo definire l’“inquadramento d’ingresso”: il per- sonale neoassunto addetto alla mo- vimentazione merci sarà inquadrato
– per effetto degli accordi aziendali attuativi e per i primi 24 mesi – al livello 6°J (attività manuali di carico e scarico merci – facchino) e al livello 6° (facchino qualificato); solo succes- sivamente sarà operato l’inquadra- mento “nel livello contrattuale di corrispondenza professionale”.
Risultano altresì di notevole im- patto innovativo le clausole dell’Ac- cordo che prevedono (in sintonia con quanto auspicato dal citato Accordo Interconfederale del 16 novembre 2012) lo spostamento di quote economiche dalla retribuzio- ne fissa alla retribuzione variabile: ad esempio i ROL (riduzione orario lavoro) e le ex festività “verranno sostituiti con diverse modalità di pagamento che saranno definite nell’ambito di specifici accordi che istituiscano un Premio di risultato, ovvero attraverso la definizione di diverse modalità di fruizione”.
Un ulteriore risparmio sul costo del lavoro viene infine affidato all’e- sclusione delle maggiorazioni retri- butive “per le ore prestate di sabato quando la prestazione è nel normale orario di lavoro settimanale” non- ché delle maggiorazioni per lavoro straordinario, almeno fino a quando l’orario multiperiodale, svolgendosi secondo le condizioni fissate dall’ac- cordo (s’intende quando è nella me- dia settimanale calcolata sull’arco di sei mesi preventivamente fissato) si configuri come orario normale.
Consapevoli che lo sviluppo della produttività e della competitività delle aziende richiede anche la de- finizione di mezzi di contrasto delle assenze “improvvise e non piani- ficate” (Pomigliano docet), le parti firmatarie dell’accordo prefigurano infine l’individuazione, nell’ambito di specifici accordi aziendali, delle “misure e degli strumenti finalizzati a ridurre tale fenomeno” qualora si riscontri che le assenze per malattia (con l’eccezione dei casi gravi) sia
a livello individuale che di singola unità produttiva raggiungono livelli tali da incidere negativamente sulla normale organizzazione del lavoro. Quanto al rapporto tra i livelli contrattuali, l’accordo offre un mo- dello che tende ad anticipare (così sdrammatizzando lo stesso art. 8,
L. n. 148/2011) la questione della de- rogabilità in peius del CCNL attra- verso la prefigurazione di una serie di deroghe a livello aziendale pur se corredata dalla previsione che talune specifiche modalità operative (in materia di orario multi periodale, part-time e “primo inquadramen- to”) siano oggetto di comunicazione preventiva alle parti dell’Accordo nazionale.
Va detto per completezza che sif- fatto “anticipo” è giocato sul terreno degli accordi triennali di stabilizza- zione/internalizzazione e quindi re- sta ad esso estranea la tematica dei
c.d. contratti di prossimità ai sensi dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011.
Prof. avv. Xxxxx Xxxx Professore dell’Università
di Torino
GLI UOMINI
CHE FECERO L’IMPRESA
“Gli uomini che fecero l’impresa” è il titolo di uno splendido film di Xxxx Xxxxx. Nel nostro caso dovremmo titolare “gli uomini e le donne che fecero l’impresa” visto che nella trattativa per le ribalte hanno avuto un ruolo determinante la Presidente Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx e la sindacalista della Cgil Xxxxxx Xxxxx.
Abbiamo voluto questo titolo perché siamo sempre più convinti che sono le idee e il coraggio degli uomini a cambiare il corso delle cose, soprattutto quando si tratta di un incontro felice tra un gruppo di lavoro determinato a condividere obiettivi e metodi pur partendo da posi- zioni e soprattutto ruoli diversi.
Xxxxxxxx Xxxxxxxx ed Xxxx Xxxxxx coadiuvato dal suo vice Xxxxxxx X’Xxxxxx per la Fedit, Xxxxxx Xxxxx Xxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Cisl e Xxxxxx Xxxxxxxx per la Uil in rappresentanze dei lavoratori sono apunto Gli uomini e le donne che fecero l’Impresa e che si cimentano ancora con un altro elemento della filiera della logistica: i drivers. Le trattative sono iniziate e gli auspici sono favorevoli.
A seguire in questo secondo numero della newsletter proponiamo tre interviste con Xxxxxx Xxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxxx.
Xxxxxxxxx Xxxxxxxx
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Xxxxxx Xxxxx è nata nel 1966 a Napoli dove si è lau- reata alla Xxxxxxxx XX in Scienze Politiche. Mamma di un figlio continua a vivere a Napoli, facendo la pendolare con Roma. Dopo gli studi lavora con contratti precari nei call center Inizia la sua attività sindacale dopo aver intrapreso una vertenza con altri colleghi che ha portato all’assunzione di tutti presso la Telecontact center di Telecom Italia. Nel 2005 entra nella segreteria regionale della SLC. Nella Federazione dei lavoratori della comunica- zione ha seguito le vertenze relative alle teleco- municazioni, all’emittenza privata e pubblica della Rai, ai call center, alla produzione culturale ed ai poligrafici de Il Mattino e del Corriere del Mezzo- giorno. Nel 2008 entra nella segretaria nella Cgil regionale della Campania occupandosi di politiche del lavoro e della contrattazione, gestendo il rico- noscimento degli ammortizzatori sociali in deroga dei lavoratori della Regione Campania Viene eletta nella segreteria nazionale della Filt il 12 ottobre 2011 con la delega al trasporto merci e logistica e spedizioni. È stata confermata segretaria naziona- le a giugno 2014 con lo stesso incarico.
XXXXXX XXXXX
Xxxxxx Xxxxx ad esempio non esibisce mai il volto pe- rennemente corrucciato della sua Segretaria Generale, parafrasando anzi una vecchia espressione la si potrebbe definire una “cigiellina dal volto umano”.
Ma c’è di più: nella trattativa che ha portato all’accor- do delle ribalte, Xxxxxx è la sindacalista che ha spostato l’ago della bilancia in favore della soluzione alla quale si è poi pervenuti.
Sindacalista oltre le ideologie oppure rigorosa in- terprete di una tradizione religiosamente antagonista? “Le do io la soluzione senza scrivere romanzi: sindaca- lista dalla parte dei lavoratori che ha deciso insieme con gli altri di porre fine ad una situazione di degrado e di totale distruzione di ogni forma di rispetto dei contratti
e delle condizioni di lavoro. Le va bene?”.
Continui
“Avevamo il dovere di intervenire in un settore di- strutto, caratterizzato dalla mancanza di legalità e dalla giungla degli appalti. Abbiamo risolto adottando gli strumenti sindacali e contrattualistici. Anche qui mi pare semplice e antieroico”.
Sia lei che i suoi colleghi insistete spessissimo sulla questione degli appalti e del sistema distorto che si è creato intorno ad essi.
“Quando ci sono troppi passaggi e la filiera dei subap- palti si allunga la trasparenza e la legalità saltano inevi- tabilmente. Naturalmente non basta intervenire solo sui passaggi, la vicenda dello scandalo dell’Expo di Milano dimostra che occorrono anche leggi nazionali serissi-
me. Parliamoci chiaro: questa teoria che le cose debbano essere fatte solo in outsourcing conduce dritto allo sfruttamento ed allo schiacciamento dei più deboli”
Le faccio la stessa domanda che è stata fatta ai suoi colleghi. Per- ché Solaro afferma che l’accordo delle ribalte è figlio di una nuova generazione di sindacalisti meno massimalisti, anzi neanche un po’? “E’ chiaro che i protagonisti e le cose che fanno sono figli della loro storia. Nessuno sfugge a questa re- gola. Uomini e donne si temprano nella storia del tempo che vivono, ma anche dei progressi e delle consape- volezze maturate sulle cose buone e gli errori del passato. Da questo punto di vista il Segretario Generale della Fedit ha ragione. Noi comunque abbiamo maturato semplicemente la consapevolezza che quel model- lo produttivo che abbiamo deciso di modificare era “al ribasso”, non produceva alcunché di buono. Non si sono ristrutturate le aziende, la concorrenza fra i vari player sulle tariffe si è riversata disastrosamente solo sui lavoratori. Allora noi comin- ciamo a dire ad esempio sì alle buone cooperative, no a quelle spurie. Ab- biamo detto ed ottenuto che l’evo- luzione va governata con strumenti contrattuali e non con le tariffe. In- somma abbiamo scelto di governare i processi non di subirli. Non ci sono pregiudiziali ideologiche sul campo, c’è solo la consapevolezza di dover restituire dignità, garanzie e tutela ad esseri umani chiamati magazzi- nieri, adottando gli strumenti della
contrattualistica”.
E’ iniziata la trattativa per rag- giungere un ulteriore accordo que- sta volta per i “drivers” anche questo
seriamente minato dalla precarizzazione. L’accordo delle ribalte fungerà da stella polare?
“I drivers sono un altro segmento della filiera della logistica affiitta da guai molto simili a quella delle ribalte. Anche qui sceglieremo di risolvere i problemi spingendo verso la regolarizzazione dei contratti. L’esperienza l’ab- biamo, uomini e donne intorno al tavolo sono sempre quelli. Abbiamo il vento a favore e dunque approfittiamo- ne cercando di fare un’altra cosa buona per i lavoratori”
XXXXXXXX XXXXXXXX CISL
“Meriti? Alla fine quando si raggiunge un accordo così importante per il contenuto e per le innovazioni di metodo che contiene, il merito è di tutti, ma debbo ammettere che l’accordo sulle ribalte nasce da un’intui- zione della Fedit i cui vertici hanno deciso di dire basta ad una situazione francamente insostenibile. Aggiungo anzi: umanamente insostenibile prima ancora che con- trattualmente. Credo che questo sia anche il frutto della forte svolta impressa dalla Confetra per restituire tutto il comparto alla piena legalità”.
Il segretario generale della Fedit Xxxx Xxxxxx “stuz- zica” affermando che questo accordo si è potuto flnal- mente concludere perché al tavolo delle trattative si è flnalmente seduta gente nuova priva di ogni retaggio ideologico. Che fa Xxxxxxxx, rimpalla?
“Non credo si riferisca a me che del settore sono an- zianello…fra l’altro la Cisl non è da un giorno che è molto più avanzata di altri sulle innovazioni. Ma questo non c’entra; quando si fanno accordi di questa portata, e così innovativi, le motivazioni sono tante; in questo caso cre- do sinceramente che si fosse toccato il fondo. Alla fin fine si reagisce sempre quando non se ne può più e certe cose diventano antieconomiche, sennò perché un imprendi- tore si muoverebbe? Sottolineo infine che il tempo delle radicalizzazioni ideologiche o è finito o sta vivendo gli ultimi grotteschi epiloghi. Ciò che con senso della realtà, misura e coraggio abbiamo fatto apre prospettive nuove per il prossimo contratto nazionale. In fondo il mestiere del sindacalista è anche questo, ottenere oggi che i la- voratori abbiano le garanzie necessarie e nel contempo mettere le basi per un ulteriore avanzamento domani”.
Parla delle condizioni inenarrabili nelle quali opera-
no i magazzinieri?
“Anche… però mi riferisco pure alla degenerazione delle cooperative che è peggiorato nonostante il con- tratto del 2011 che offriva garanzie sugli appalti. E’ stata quella consape- volezza a spingere tutti noi nel 2012 a ragionare su una soluzione vera del problema basata sulla flessibilità e l’adozione assoluta degli strumenti contrattuali”.
Da qui la svolta del 12 febbraio scorso?
“Sì. A me preme tuttavia sottoli- neare che quell’accordo non è solo innovativo, ma consentitemi di dire che è fecondo, genera altri effetti
. Voglio dire che, oltre alla regola- rizzazione, alcune aziende stanno avanzando sulla linea della interna- lizzazione del personale. Aggiungo che la risposta delle imprese alle sol- lecitazioni dell’intesa del 12 febbraio, sono buone; alcune stanno già appli- cando le nuove regole, altre ne stan- no discutendo, altre ancora, come ho ricordato prima, vanno oltre . Entro la fine dell’anno, come ha dichiarato Xxxx Xxxxxx, saremo molto in là
Che riscontro avete da parte dei lavoratori?
Si sentono un poco più “cristiani normali”, come si dice generalmente riferendosi alle condizioni di vita e non al credo religioso”.
XXXXXX XXXXXXXX UIL TRASPORTI
“Come definirei l’accordo sulle ri- balte? Intelligente e con grandi pro- spettive. Mi pare esattamente quel che c’è da dire visto che era da tempo che un’innovazione di questo tipo non si vedeva nel suk delle Relazioni Industriali del nostro Paese. La pro- va è che sta prendendo piede nelle aziende interessate ed invito tutti a vedere ciò che si sta facendo nel laboratorio TnT dove si sta puntando all’internalizzazione della forza lavo-
XXXXXXXX XXXXXXXX
Nato a Priverno (LT) il 10/11/1952
Diplomato nel 1972 - Perito Tecnico Industriale, specializzazione “Elettrotecnico”, presso lo I.T.I.S.
G. Armellini.
1978: eletto R.S.A. della FILTAT-CISL
Federazione Italiana Trasporti e Ausiliari del traffico; 1982: eletto nella Segreteria Regionale della FILTAT; 1986: assunto in Autostrade;
1989: eletto nella Segreteria della FILTAT di Roma, fino a Maggio 1997;
Maggio 1997: eletto Segretario Generale Aggiunto nella FIT-CISL Lazio, nonché Responsabile del settore Servizio e Ambiente fino a febbraio 2009; Febbraio 2009: eletto come rappresentante della FIT alla UST di Roma;
Maggio 2009: eletto Segretario Nazionale della FIT-CISL.
Rieletto Segretario Nazionale della Fit-Cisl il 10 maggio 2013.
ro. Se qualcuno mi avesse detto che saremmo arrivati a questo non gli avrei creduto”.
Il Segretario Generale della Fedit Xxxx Xxxxxx af- ferma ironicamente che è tutto merito di una nuova generazione di sindacalisti che non viene dal passato, concreto e deoideologizzato?
“ L’ ironia fa bene alla salute. Io bado al concreto e dico senza piaggerie che Solaro, che è uno che fa solo gli interessi delle aziende, a questo accordo ci ha creduto e ci abbiamo creduto anche noi. Dico “solarizzando” che c’è stata una felice congiunzione degli astri. Fuori dallo scherzo posso aggiungere che questo “format” di rela-
zioni industriali basato sula ricerca del punto di interesse del lavoratore e dell’imprenditore, è felice. Si può sottilizzare se il punto d’incontro sia il minimo comune denominatore o il massimo comune multiplo, ma che la soddisfazione sia comune mostra tutte le corde della soddisfazione ”.
Per esempio?
“Per esempio modi e sostanza di quel che ogni buon sindacalista spera e si batte per ottenere: salario sicuro, regolarizzazione dei contratti, miglioramento di vita nei posti di la- voro, inquadramento, tutela, sicurez- za. Ditemi dove sta il trucco casomai, ma io non ne vedo”.
E tuttavia aver concesso ampi margini di flessibilità alle aziende non era esattamente nella fllosofla sindacale che vedeva anzi in questo un pericolo…
“L’acqua passa sotto i ponti di chiunque li attraversa. Che vogliamo fare? Dobbiamo stare lì a rivangare ci era massimalista e chi no? A che ser- ve, a me pare più utile, se si parla di sindacato, di preoccuparsi che i sin- dacalisti facciano il loro mestiere in- vece di inseguire carriere e balocchi. Mi sono spiegato? E guardiamo pure questa flessibilità pragmaticamente. Nel mondo delle ribalte non si xxxxxx- xxxx le portiere delle automobili; in certi momenti i pacchi da smistare sono tantissimi, in altri periodi uno ogni due giorni. Se l’imprenditore garantisce contratti regolari, sicu- rezza, retribuzione invariata e tutto il resto e chiede in cambio un orario di lavoro utile e cioè più ampio quando serve e meno nei momenti di bassa; la differenza dov’è? “.
Quando si parla delle ribalte si sente come un retrogusto di Cajen- na, di un mondo di disperati….
“Non sarà un mondo di disperati, ma gli assomiglia moltissimo. Dicia- mola tutta, uno dei motivi principali che ha spinto tutti a mettere mano a questo problema, è stato proprio il degrado di quegli ambienti di lavoro, i comportamenti illegali, il caporalato
e l’asservimento di esseri umani a condizioni da fine Ottocento, il disor- dine che spesso è sfociato nell’anar- chia e nell’impossibilità di mantene- re normali condizioni nei luoghi di lavoro. Dovevamo agire restituendo da una lato la dignità ai lavoratori con strumenti contrattuali certi e dall’altra restituendo alle aziende il loro diritto di fare impresa. Ora non sto qui a sottilizzare su come si sia arrivati a questa situazione e di chi sia la colpa. Per me è importante che si inverta la marcia. Gli imprenditori hanno generato questa situazione facendosi concorrenza sui prezzi fino a stracciarli? Magari è vero, ma se vedo quel che è successo in Lom- bardia dove in un’azienda sono stati trovati 1500 lavoratori in nero, mi chiedo come sia successo e se non vi sia stata anche la responsabilità dei sindacati che hanno chiuso non uno ma tre occhi”.
Magari è il modo giusto per scon- flggere i Cobas…
“E’ ovvio che i Cobas pescano nel torbido, ma con accordi come quello delle ribalte, l’acqua per pescare non la troveranno più. Adesso tocca ai drivers, gli autisti che consegnano i pacchi nelle città che per molti aspet- ti versa in condizioni persino peggio- ri dei magazzinieri. Però abbiamo buone speranza: Il modello di rela- zioni industriali giusto per arrivare anche qui a centrare gli obiettivi c’è ed intorno ai tavoli della trattativa ci sono gli stessi uomini e le stesse donne che ci credono”.
COSTI MINIMI COSA CAMBIA:
IL CONTRIBUTO DI XXXXXXXXXX & XXXXXXX
La recente sentenza resa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sul rinvio pregiudiziale formulato dal TAR Lazio nell’ambito del procedimento avente ad oggeto la legitimità delle determinazioni sui costi minimi ex art. 83 bis d.l. 112/08,
ha suscitato molteplici commenti e numerose interpretazioni
l di là di quelle che potranno essere le de- cisioni del TAR Lazio e della Corte Costitu- zionale (che si deve ancora pronunciare),
nonché dei Giudici che nelle cause in corso dovranno provvedere in ordine alla disapplicazione o meno dell’art. 83-bis, riteniamo che la sen- tenza in oggetto vada letta con la mente scevra da posizioni corpora- tivistiche, che possano influenzare l’interpretazione di una motivazione che si presenta articolata.
Come noto, il TAR Lazio ha sot- toposto alla Corte di Giustizia le se- guenti questioni pregiudiziali (ripor- tate testualmente al punto 24 della sentenza):
0.Xx la tutela della libertà di concorrenza, della libera circola- zione delle imprese, della libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi (di cui agli art. 4, para- grafo 3, TUE, 101 TFUE, 49 TFUE,
56 TFUE e 96 TFUE) sia compa- tibile, ed in che misura, con di- sposizioni nazionali degli Stati membri dell’Unione prescritive di costi minimi di esercizio nel settore dell’autotrasporto, im- plicanti flssazione eteronoma di un elemento costitutivo del corri- spetivo del servizio e, quindi, del prezzo contratuale;
dell’interesse pubblico della sicurezza della circola- zione stradale e se, in deta prospetiva funzionale, possa trovare collocazione la fissazione di costi minimi di esercizio secondo quanto previsto dalla disciplina di cui all’art. 83-bis del d.l. n. 112/2008, e successive modiflcazioni ed integrazioni;
3. Se la determinazione dei costi minimi di esercizio, nell’ottica menzionata, possa poi essere rimessa ad accordi volontari delle categorie di ope- ratori interessate e, in subordine, ad organismi la cui composizione è caraterizzata da una forte presenza di soggeti rappresentativi degli operatori economici privati di setore, in assenza di criteri predeterminati a livello legislativo.
Nel proprio iter logico, la Corte di Giustizia ha, in primo luogo, verificato se l’Osservatorio sulle attività di autotrasporto fosse o meno da considerarsi una as- sociazione di imprese ai sensi dell’art. 101 Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), articolo in forza del quale, salvo specifiche eccezioni, sono incompa- tibili con il mercato comunitario, e dunque vietati, tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o fal- sare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comunitario. Il giudice comunitario ha osservato che la normativa italiana non conteneva né prescrizioni sostanziali, né procedurali idonee a garantire che l’Osser- vatorio si comportasse quale articolazione del pubblico potere e perseguisse obiettivi di interesse pubblico. In particolare è stato sottolineato che l’autorità pubblica non aveva alcun potere di controllo sulle determinazioni dell’Osservatorio in merito alla individuazione dei costi minimi. Dette circostanze hanno indotto la Corte (punto 41 della sentenza) a ritenere che L’Osservatorio fosse da considerarsi un’associazione di imprese ai sensi dell’art. 101 TFUE «quando adotta decisioni che determinano i
2. Se, ed a quali condi- zioni, limitazioni dei principi ci- tati siano giustiflcabili in relazio- ne ad esigenze di salvaguardia
costi minimi d’esercizio per l’autotrasporto quali quelle in parola». È vero che la Corte richiama le precedenti sentenze Centro Servizi Spediporto (Causa C-96/94) e Xxxxxxxx (causa C-38/97) – che avevano statuito sulla
abrogata disciplina delle tariffe a forcella – tuttavia il richiamo a dette pronunce appare finalizzato a ribadire che la presenza di operatori economici all’interno di un comitato non porta automaticamente a considerare le decisioni di detto comitato come un’intesa tra operatori economici, a condizione che lo Stato non abbia abdica- to alle proprie funzioni (delegando a detti operatori il compito di assumere decisioni in ambito tariffario) e che le decisioni del comitato siano assunte nel rispetto dei criteri di interesse pubblico definiti dalla legge.
È stato da taluni eccepito che, nelle more del giudizio avanti alla Corte di Giustizia, la normativa interna sia mutata e che, oggi, il compito di assumere le determina- zioni in merito alla fissazione dei costi minimi è deman- dato al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. È vero che il Ministero, con proprio decreto dirigenziale n.175/2012, ha ritenuto di seguire la metodologia indica- ta dall’Osservatorio nella propria determinazione del 13.06.12; tuttavia, senza addentrarci in una complessa analisi circa i riflessi della sentenza della Corte di Giu- stizia sulle determinazioni assunte dall’Osservatorio dopo la c.d. spending review, ad avviso di chi scrive è necessario leggere anche la seconda parte della sentenza e analizzare le valutazioni espresse dalla Corte di Giu- stizia in merito alle finalità che l’art. 83 bis intendeva, almeno formalmente, perseguire.
La Corte di Giustizia, sul presupposto che le regole sulla concorrenza dettate dal legislatore comunitario si applicano solo se la normativa nazionale è idonea a restringere il gioco della concorrenza nel mercato co- munitario, ha ritenuto che la determinazione dei costi minimi d’esercizio per l’autotrasporto, resa obbligatoria da una normativa nazionale (art. 83-bis) equivalesse
«alla determinazione di tariffe minime imposte» (punto 43) e, pertanto, fosse «idonea a restringere il gioco della concorrenza nel mercato interno» (n. 45).
Una normativa, come quella controversa, capace di restringere le regole del mercato, non ricade necessa- riamente nel divieto sancito dall’art. 101 TFUE (letto alla luce dell’art. 4, paragrafo 3, TUE), laddove persegue un obiettivo legittimo e gli effetti restrittivi della concorren- za ineriscano e siano realmente finalizzati a perseguire detti obiettivi in modo coerente e sistematico. Ed infatti, ai fini dell’applicazione di tali disposizioni al caso che interessa, è necessario, ad avviso della Corte, tenere in considerazione il contesto globale nel quale la decisione controversa è stata adottata, o dispiega i suoi effetti e, in particolare, i suoi obiettivi.
Tanto premesso, si può ragionevolmente affermare che la Corte di Giustizia, chiamata ad interpretare una norma comunitaria, non poteva esimersi dal prendere posizione sul determinante aspetto della sicurezza della circolazione stradale, assunto dall’art. 83 bis ratio delle norme dettate in tema di costi minimi, e verificare se la tutela della sicurezza della circolazione stradale possa
idoneamente essere conseguita attraverso le disposizio- ni prescrittive contenute in detto articolo.
Occorre, in ultima analisi, verificare se gli effetti re- strittivi della concorrenza che conseguono alla deter- minazione dei costi minimi ineriscano al perseguimento di detti obiettivi (in questo senso, la Corte ricorda il suo orientamento, richiamando la decisione C-309/99) e verificare se le restrizioni del gioco della concorrenza nel mercato interno imposte dall’art. 83-bis si limitino a quanto necessario al conseguimento di obiettivi legitti- mi. E la Corte, in tale ottica, finisce per concludere che la normativa di cui all’art. 83-bis che prescrive un accordo orizzontale sui prezzi, non può essere giustificata da un obiettivo legittimo.
Nel proprio, peraltro condivisibile, ragionamento la Corte, da un lato, ritiene che la sicurezza della circola- zione stradale possa costituire, in astratto, un obiettivo legittimo; d’altro canto, tuttavia, il giudice europeo affer- ma chiaramente che la determinazione dei costi minimi d’esercizio, così come risulta articolata dal legislatore interno, non risulta idonea, né direttamente, né indiret- tamente, a garantirne il conseguimento.
Nonostante l’art. 83-bis, comma 4, affermi che la deter- minazione dei costi minimi mira a tutelate la sicurezza della circolazione stradale, una attenta analisi evidenzia come in realtà, detta normativa si limita a prendere in considerazione, in modo del tutto generico la tutela della sicurezza della circolazione stradale, «senza stabilire alcun nesso tra i costi minimi di esercizio e il raffor- zamento della sicurezza stradale» (così, testualmente, la sentenza al n. 52). Inoltre, vi è da considerare che, sebbene si ritenga che il costo minimo ai sensi dell’art. 83-bis rappresenti l’importo minimo oggettivamente determinato al di sotto del quale non sarebbe possibile adempiere gli obblighi imposti dalla normativa in tema di sicurezza stradale, la normativa in oggetto, da un lato prevede delle deroghe e la possibilità di agevolare la conclusione di accordi di settore.
Sotto il primo profilo, il comma 4-bis prevede la possi- bilità per l’Osservatorio, che è composto principalmente da rappresentanti di associazioni di categoria di vettori e di committenti, di adottare le determinazioni dei costi minimi, senza precisare in alcun modo i principi direttivi cui tale organo deve attenersi, né contenere alcuna nor- ma idonea ad impedire ai rappresentanti delle organiz- zazioni di categoria di agire nell’esclusivo interesse della categoria, ed a garantire che i rappresentanti dei vettori e della committenza operino effettivamente nell’interesse pubblico generale, quello della sicurezza della circolazio- ne stradale, che la legge mira a conseguire.
Sotto il secondo profilo, vi è da sottolineare come, sebbene si ritenga che il meccanismo dei costi minimi è un cardine del sistema senza il quale non si potrebbe garantire l’adempimento degli obblighi imposti dalle
norme in materia di sicurezza stradale, è pur vero che la normativa nazionale prevede delle deroghe. In forza dell’art. 83-bis, comma 4 quater, infatti, si specifica che «in deroga a quanto previsto nei commi 4 e 4-bis, l’importo del corrispettivo a favore del vettore per le prestazioni di trasporto svolte in esecuzione di un contratto stipulato in forma scritta, ai sensi dell’art. 6 del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286, è rimesso all’autonomia nego- ziali delle parti, ove le suddette prestazioni siano effet- tuate entro il limite di cento chilometri giornalieri, fatte salve diverse pattuizioni fondate su accordi volontari di settore, conclusi ai sensi del comma 4».
Ne consegue che, ad avviso della Corte, i provvedimen- ti in esame vanno ben al di là del necessario.
Ed infatti, da un lato non consentono al vettore di pro- vare che esso, nonostante si ponga sul mercato offrendo prezzi inferiori ai costi minimi, si conformi pienamente alle (ed osservi scrupolosamente le) disposizioni vigenti in tema di sicurezza.
Da altro lato, esistono molte norme, comprese quelle del diritto dell’Unione (norme relative ai tempi di guida e di riposo dei conducenti, norme concernenti l’organiz- zazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, norme che dettano prescrizioni minime sulla durata massima settimanale del lavoro, sui riposi e sul lavoro notturno, norme che prevedono gli obblighi del datore di lavoro e dei condu- centi relativi all’utilizzo dell’apparecchio di controllo e dei fogli di registrazione, norme che istituiscono un qua- dro per la omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e che pertanto stabiliscono importanti norme comuni in materia di tutela della sicurezza stradale) che costituiscono misure certamente più efficaci e meno re- strittive, la cui osservanza può garantire effettivamente un livello di sicurezza stradale adeguato.
Ne consegue, conclude la Corte di Giustizia che la determinazione dei costi minimi di esercizio non può essere giustificata da un obiettivo legittimo.
Se, dunque, la Corte si fosse limitata ad interpretare l’art. 101 TFUE (ex art. 81 del TCE) unicamente nel senso di ritenere incompatibili con il dettato della normativa comunitaria i costi minimi definiti dall’Osservatorio, non si capisce per quale motivo avrebbe approfon- ditamente dissertato sull’idoneità dei costi minimi a garantire l’obiettivo di una maggiore sicurezza sulle strade, concludendo nel senso di ritenere (n. 57) che la determinazione dei costi minimi d’esercizio non può essere giustificata da un obiettivo legittimo. Si deve rammentare, infatti, che il dispositivo della sentenza deve essere letto in coerenza con la parte motiva della decisione: nell’ordinamento nazionale, infatti, è del tutto pacifico che, pur concretandosi l’essenza volitiva della sentenza nel dispositivo, ciò però non significa che la portata precettiva della sentenza debba restare limitata
a quanto risulta dal dispositivo; al contrario, è pacifico in dottrina e giurisprudenza che tale portata precettiva va rinvenuta nel dispositivo in relazione alla motivazione.
Le valutazioni espresse dalla Corte di Giustizia sulle finalità dell’art. 83 bis e sulla legittimità della determi- nazione di costi minimi di esercizio paiono trascendere la problematica (analizzata nella prima parte della sentenza) circa la composizione del soggetto chiamato a determinare detti costi minimi e, pertanto, paiono pro- iettarsi al di là del giudizio pendente avanti al TAR Lazio circa la legittimità dei costi individuati dall’Osservatorio.
Da tutto quanto precede, ad avviso di chi scrive, in considerazione del principio che la portata precettiva della sentenza non può essere limitata a quanto risulta dal dispositivo, ma che una tale portata precettiva va rinvenuta nel dispositivo in relazione alla motivazione, sicché, anche nel caso della sentenza della Corte, non può valutarsi il dispositivo astraendolo dalla parte motiva che, assai lucidamente afferma il principio che la deter- minazione dei costi minimi non può essere giustificata da un obiettivo legittimo, e che la determinazione di detti costi minimi, alla luce dell’impianto normativo dell’art. 83-bis, non risulta idonea a garantire il conseguimento di livelli di sicurezza stradale apprezzabili, pare di potere sostenere che la Corte di Giustizia ha dichiarato che la normativa italiana sui costi minimi non è compatibile con il diritto dell’Unione, quindi in linea generale e non limitatamente a quei costi di esercizio determinati dalle delibere dell’Osservatorio.
Le presenti note costituiscono un primo approccio interpretativo della sentenza della Corte di Giustizia, la cui portata dovrebbe indurre il legislatore a interrogarsi sull’opportunità di un intervento alla luce dei principi enunciati dal giudice comunitario.
Avv. Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx Professore a contrato di Dirito della Navigazione e dei Trasporti presso l’Università di Macerata
Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxxxx Professore ordinario di Dirito dei Trasporti e della
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Partner dello Studio Legale Riguzzi-Silingardi G Associati
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