ASSOCIAZIONE
ASSOCIAZIONE
BUONE PRASSI
PER LA PROMOZIONE DEL DIRITTO AL CIBO E IL CONTRASTO ALLO SPRECO ALIMENTARE
1. Introduzione:
PERCHE’ OCCUPARSI DI DIRITTO AL CIBO E DI CONTRASTO ALLO SPRECO ALIMENTARE
Le “buone prassi” per il diritto al cibo e il contrasto allo spreco alimentare nascono all’interno del progetto “Cum pane”, finanziato dal Bando Volontariato 2018 e realizzato in alcuni Comuni della Media e Bassa Xxx Xxxxxxx.
Il progetto è stato attivo a partire da marzo 2018 fino a ottobre 2019 e ha coinvolto i Comuni di Albino, Gandino, Ranica e Nembro, dove sono state sperimentate azioni diverse, con l’obiettivo di verificare se e come le attività avrebbero potuto essere replicabili in altri Comuni/su altri territori e a quali condizioni.
Le motivazioni e l’interesse che hanno mosso il progetto, riguardano la necessità di rispondere all’insicurezza alimentare di individui e famiglie, che i dati ci dicono in aumento anche in Paesi ricchi come il nostro, dove la disponibilità di cibo non costituisce un problema.
A fronte di alcune fasce di popolazione sempre più in difficoltà ad avere un reddito adeguato che permetta di soddisfare il bisogno alimentare, si rileva uno spreco di cibo sorprendente: per dare un’idea delle quantità potenziali di cibo in gioco, una recente indagine del Politecnico di Milano (2015) ha messo in evidenza che la filiera agroalimentare italiana, consumatori compresi, produce ben 5,6 milioni di tonnellate di eccedenze. Se è vero che recupero e ridistribuzione di queste eccedenze sono in aumento, arrivando al 9%, è pur sempre vero che più di 5 milioni di tonnellate di alimenti perfettamente commestibili finiscono in discarica ed è, pertanto, molto difficile essere in disaccordo con l’affermazione secondo cui “la coesistenza tra l’enorme spreco di cibo, l’insostenibilità ecologica e l’aumento della povertà alimentare è eticamente intollerabile” (traduzione da Xxxxxx, Silvasti, 2014).
Attraverso il progetto “Cum pane”, da una parte ci si è impegnati per recuperare e ridistribuire il surplus, ossia il cibo perfettamente commestibile che per varie ragioni non viene venduto o consumato, ma dall’altra si è volta l’attenzione alla sensibilizzazione al tema, in particolare rivolgendoci ai bambini e ai giovani, anche e soprattutto cercando di far emergere la “normalità” delle persone che chiedono aiuto.
Ci è sembrato azione imprescindibile lavorare per contrastare il sentimento di vergogna e lo stigma che accompagna le persone in una situazione di insicurezza alimentare, facendo del cibo e del mangiare insieme, occasione per la creazione di legami comunitari capaci di inclusione e di accoglienza, in grado di ricreare le reti di supporto e di vicinanza.
Siamo consapevoli che è necessario, nel lungo periodo, sostenere l’idea secondo cui un sistema agroalimentare che genera insicurezza e sprechi debba essere cambiato, ma è pur vero che, nel breve periodo, recuperare il cibo altrimenti destinato a diventare rifiuto per donarlo a chi non ce l’ha, appare come la maniera più giusta di agire.
2. Aree d’intervento
Da un punto di vista concreto le azioni che ogni Comune/realtà potrebbe mettere in atto afferiscono a possibilità diverse: a seconda degli interessi, dei gruppi e delle collaborazioni attive in ogni specifico territorio, potrebbe essere possibile sperimentare una o più modalità afferenti a delle “aree” che abbiamo individuato e che proponiamo.
2.1 Sensibilizzazione
2.2 Diritto al cibo
2.3 Lotta allo spreco alimentare
2.4 Costruzione di legami di reciprocità e partecipazione
2.1 SENSIBILIZZAZIONE AL DIRITTO AL CIBO E AL CONTRASTO ALLO SPRECO ALIMENTARE
Cosa è possibile fare:
-interventi negli Istituti Comprensivi
Le possibili azioni di sensibilizzazione, sono rivolte innanzi tutto alle giovani generazioni, con l’intento di educare bambini e ragazzi e di coinvolgere conseguentemente le famiglie.
Il contatto con le scuole, in particolare con gli Istituti Comprensivi, risulta un elemento fondamentale al fine di attivare percorsi con gli alunni/studenti all’interno delle classi, coinvolgendo generalmente alcune classi “target” che sono individuate in accordo con la dirigenza (alla primaria spesso si sono scelte le classi 3^, 4^, 5^, alla secondaria la 1^ o la 2^). L’intervento può realizzarsi in un solo incontro, dove viene illustrato il problema e raccontato il lavoro di raccolta delle eccedenze e della loro distribuzione, oppure può snodarsi in piccoli percorsi, ad esempio di 3 incontri, dove approfondire il tema in modo più interattivo.
Come realizzarlo
L’indicazione è quindi di rivolgersi verso la costruzione di relazioni e di accordi, in particolare con la dirigenza degli I.C., coinvolgendo dove possibile il Comitato genitori. La presenza di quest’ultimo soggetto, se è interessato al progetto e viene coinvolto attivamente, diventa un volano e propulsore di proposte e attività che spesso travalicano l’ipotesi di lavoro iniziale, espandendola e generando valore aggiuntivo. Il comitato genitori, se presente, può infatti sostenere la proposta di sensibilizzazione, creando una sinergia con la dirigenza e con il soggetto che concretamente interviene poi nelle classi, (volontariato o terzo settore) permettendo la realizzazione di piccole proposte che continuano durante l’anno scolastico (ad esempio a febbraio in occasione della Giornata Nazionale di prevenzione allo spreco alimentare).
Alla sensibilizzazione può seguire una raccolta alimentare, che il volontariato del territorio (gruppi S. Xxxxxxxx, Caritas, Associazioni …) organizzano in accordo con la dirigenza degli I.C. Suggerimenti
Nell’azione di sensibilizzazione possono essere coinvolti altri soggetti che diventano “cassa di risonanza” rispetto al tema e che possono intervenire nel loro contesto di riferimento: gli Oratori, i gruppi giovani, i progetti adolescenti sostenuti da alcuni Comuni, possono diventare luogo di azioni concrete che invitano a riflettere e a orientare verso stili di vita
ecosostenibili e più equi (possono essere organizzati giochi animativi a tema, merende e cene anti-spreco, piccole campagne di sensibilizzazione ideate dai ragazzi …).
La sensibilizzazione può essere mantenuta viva anche rendendo più visibile e pubblico ciò che viene realizzato sul territorio, dando spazio al racconto delle esperienze (richiedendolo a chi le realizza), attraverso la loro pubblicazione su bollettini parrocchiali e notiziari comunali, o attraverso l’uso dei social laddove sono attivi e utilizzati (siti web comunali, pagine face book, ecc.).
2.2 DIRITTO AL CIBO
Cosa è possibile fare:
Costruire un sistema integrato per gli aiuti alimentari
Il diritto al cibo riguarda l’aiuto che ogni Comune o territorio mette in campo per integrare le riserve alimentari delle famiglie in difficoltà economiche che non riescono ad auto- sostenersi in completa autonomia rispetto alle esigenze di base per la sopravvivenza.
Generalmente l’aiuto alle famiglie più povere si concretizza attraverso diversi contributi (distribuzione di pacchi alimentari, pagamento di bollette per la fornitura di gas e acqua …) spesso erogati da soggetti diversi (Comune, S. Xxxxxxxx, Caritas, Parrocchie …).
Può succedere quindi, che le famiglie che hanno più conoscenza del sistema di aiuti, usufruiscano da più parti del sostegno di integrazione all’economia familiare, mentre chi è meno “attrezzato” in questo senso, può restarne escluso.
Vi è la possibilità di costruire un sistema più efficace, in grado di permettere accessibilità a tutte le famiglie/persone in stato di bisogno, attraverso la messa in rete e il coordinamento delle diverse realtà di sostegno.
È possibile costruire un sistema di raccordo, che può essere in capo all’assistente sociale comunale (così come funziona nel Comune di Albino e come si è iniziato a costruire nel Comune di Gandino) e che necessita innanzi tutto di un’anagrafica delle famiglie aiutate.
Come realizzarlo
Per fare ciò è necessario convocare le realtà che si occupano del sostegno economico in contrasto alla povertà, spiegando loro il progetto e il ruolo del Comune, che è di raccordo e facilitazione, piuttosto che di “appropriazione” di competenze. Ciò che viene offerto è, infatti, un servizio alle associazioni no-profit e non un’ingerenza nel loro operato.
Si può fare in modo che inizialmente ogni realtà segnali le persone/famiglie di cui si occupa, specificando gli aiuti erogati. Questo è già un primo passaggio che permette di evitare sovrapposizioni di interventi, lasciando eventuale spazio a chi non ha ancora avuto accesso all’aiuto.
Nel tempo le famiglie potranno avere come riferimento iniziale il Comune, che potrà stabilire il criterio per il diritto agli aiuti (es: ISEE, n. di minori presenti nel nucleo, ecc.) e indirizzare la famiglia/persona, a seconda del bisogno specifico perché possa ricevere l’aiuto alimentare.
I volontari che si occupano della distribuzione dei pacchi alimentari, trimestralmente potranno verificare con l’assistente sociale del Comune se l’anagrafica subisce variazioni: i volontari segnalano se tutte le famiglie continuano a ritirare il pacco, se continuano a risiedere nel territorio ecc., mentre l’assistente sociale confermerà o meno il diritto all’aiuto, sospendendolo nel caso vengano meno i requisiti (ad es.: cessazione dello stato di disoccupazione degli adulti del nucleo, aumento dell’ISEE …).
Suggerimenti
È auspicabile che ogni Comune definisca annualmente un contributo economico da mettere a disposizione per la confezione dei pacchi alimentari, perché il contrasto alla povertà non sia lasciato alla carità pubblica ma sia assunto come politica di welfare di comunità.
Per aumentare la disponibilità di pasti già pronti a disposizione di famiglie individuate dalle realtà del volontariato o dall’assistente sociale comunale, è possibile che ogni Amministrazione concordi con l’azienda che fornisce la ristorazione scolastica, all’interno del contratto annuale, un numero di pasti gratuiti (giornalieri o settimanali).
La distribuzione dovrà essere attenta alla dignità delle famiglie che ne usufruiscono, perché non diventi eccessivamente pubblico il loro stato di povertà, generando sentimenti di vergogna in persone già fragili ed “esposte”. Si tratta quindi di individuare un luogo o un momento dove ritirare il pasto, che sia riservato.
1.1. LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE
Cosa è possibile fare:
2.3.1 recupero delle eccedenze alimentari nei punti di distribuzione
2.3.2 recupero delle eccedenze alimentari nelle mense scolastiche
2.3.1 In Italia, una moltitudine di esperienze ci insegna che è possibile affrontare un problema complesso e vasto come quello delle perdite alimentari e dello spreco, attraverso pratiche locali, dal basso, su piccola scala e quasi sempre su base volontaria. Iniziative che servono anche ad alimentare il senso di solidarietà e di responsabilità di ognuno.
Attraverso il progetto “Cum pane” abbiamo sperimentato e verificato la sostenibilità di almeno due modi per contrastare la perdita di cibo quando arriva in fondo alla filiera produttiva, nella fase di consumo e ristorazione.
La prima riguarda il recupero delle eccedenze nei supermercati e nella piccola distribuzione: riguarda per lo più alimenti cosiddetti “freschi”, la cui data di scadenza è ravvicinata e che pertanto vanno consumati velocemente.
Come realizzarlo
È possibile fare accordi con la grande distribuzione, che grazie alla Legge 166/2016, nota anche come “Legge Gadda”, permette di donare le eccedenze per finalità sociali, ottenendo in cambio agevolazioni fiscali.
I volontari che prestano il loro contributo, si dotano di un mezzo di trasporto, generalmente un pulmino, (anche prestato, ad esempio dall’Oratorio o da Enti no-profit come le Cooperative), e attrezzano un locale, anche piccolo ma dotato di un frigorifero, per lo stoccaggio.
Organizzando una raccolta puntuale, attraverso l’utilizzo di contenitori termici, il cibo può velocemente essere distribuito, senza che venga intaccata la sua qualità.
È altresì possibile costruire accordi con i piccoli negozi nei paesi, che possono mettere a disposizione a loro volta sia i prodotti prossimi alla data di scadenza, sia i prodotti da forno invenduti a fine giornata.
Suggerimenti
Come distribuire queste eccedenze più quotidiane, può essere deciso a seconda delle realtà locali: più frequentemente destinandole a realtà sociali (come comunità che ospitano minori, pazienti psichiatrici, donne in difficoltà, ecc. ), oppure attraverso soluzioni più “creative”, come quella dei cosiddetti “frigo solidali”, sperimentati in varie parti d’Italia : si tratta di frigoriferi collocati in spazi chiusi ma aperti al pubblico, disponibili per chiunque intenda lasciare o ritirare cibo ancora commestibile.
2.3.2 Cosa è possibile fare
“Mangio senza avanzo” è la seconda iniziativa che si può realizzare, recuperando il cibo in eccedenza nelle mense scolastiche, ottenendo così il duplice effetto di ridurre lo spreco coinvolgendo e sensibilizzando direttamente bambini e ragazzi. Grazie alla “Legge del buon samaritano” (Legge n.155, entrata in vigore il 16.07.2003), è infatti possibile la donazione di cibo pronto e non consumato, anche nell’ambito della ristorazione collettiva.
Riguardo alle mense scolastiche, si tratta di costruire un accordo, con studenti e famiglie, perché ogni bambino sia libero di optare per la mezza porzione dei piatti principali (con il diritto a chiedere successivamente l’altra metà) e di scegliere la quantità di contorno desiderata: normale, poca o pochissima.
Il cibo non consumato rimane nei contenitori termici dai quali viene servito e, in quanto tale, può essere facilmente recuperato e ridistribuito (a realtà sociali e comunitarie del territorio o a singole famiglie).
Come realizzarlo
Per attivare questa possibilità basta mettersi in contatto con la dott.ssa Xxxxx Xxxxxxxxx dell’Asl di Bergamo, medico a capo dell’Area igiene degli alimenti e sicurezza nutrizionale, che con disponibilità e competenza predispone percorsi personalizzati e a misura delle esigenze di ogni realtà.
1.2. COSTRUZIONE DI LEGAMI SOCIALI E DI PARTECIPAZIONE
Cosa è possibile fare:
2.4.1 realizzare cene solidali
2.4.2 promuovere gli orti sociali
2.4.3 creare e sostenere “luoghi aperti” dove fare comunità
2.4.1 Il cibo da solo, senza un’offerta di relazione, non è sufficiente. Ci riconosciamo dentro la nostra umanità, uomini e donne, ricchi o poveri, perché abbiamo capacità di condivisione. Produrre, cucinare e condividere il cibo a tavola, sono azioni umane, solo umane. La tavola, ma anche la produzione di cibo, diventano un convivium dove nessuno è escluso. Mangiare insieme ci rende “compagni” e consente di intrecciare legami di fiducia e prossimità, di ricreare comunità.
All’interno di questo orizzonte di senso, il progetto “Cum pane” ha sperimentato diverse azioni che possono essere replicate e diffuse, che abbinano il tema della sussistenza alimentare alla costruzione di legami e di contesti inclusivi.
Le “cene solidali” sono uno dei contesti possibili da promuovere e sostenere nell’ottica della prossimità e della promozione dell’inclusione.
Come realizzarlo
Laddove ci sono realtà sensibili (ad es. gruppi familiari/di volontari all’interno di realtà di aggregazione per le famiglie – in cohousing, negli oratori, in strutture come le comunità che accolgono situazioni di fragilità, ecc.) è possibile organizzare cene “aperte” a cui invitare famiglie/persone in difficoltà economica.
Per poter realizzare le condizioni necessarie alla conoscenza reciproca e alla possibilità di creare un clima familiare, è necessario che le cene non siano estemporanee, ma si ripetano, ad esempio nel corso dell’anno o siano ripetute nell’arco di alcuni mesi, per un minimo di 3/5 cene. Gli ospiti possono essere invitati direttamente da chi organizza la cena, anche su indicazione dell’assistente sociale comunale.
2.4.2. “L’orto sociale” è un’altra delle esperienze possibili, dove l’autoproduzione del cibo può essere veicolo di legami solidali e di vicinanza: oltre a permettere un miglior accesso al cibo per chi lo coltiva, consente, attraverso un progetto collettivo, di promuovere l’integrazione sociale. Ha quindi una funzione educativa, civica ed etica.
Come realizzarlo
Per far nascere un orto condiviso, il Comune può mettere a disposizione un piccolo appezzamento da coltivare con il vincolo di farlo “in gruppo”, pubblicizzando questa possibilità perché i cittadini possano aderirvi, con l’attenzione a veicolare la proposta e a includere anche alcune famiglie o persone fragili.
Le eventuali eccedenze che l’orto può produrre, possono essere messe a disposizione per integrare i pacchi alimentari distribuiti in aiuto a chi ha difficoltà di accesso al cibo.
2.4.4 Per promuovere l’inclusione e combattere la povertà, c’è bisogno di “fare luogo” contro la minaccia dell’isolamento. Il decennio di crisi che abbiamo alle spalle ha indebolito, e in
alcuni casi distrutto, la comunità. Eppure tutti noi cerchiamo la felicità in forma civile, ossia in una dimensione relazionale. Non è possibile rigenerare i luoghi se non c’è una comunità. Per questo abbiamo bisogno di luoghi, che sono cosa ben diversa dagli spazi: luoghi generativi per prenderci cura della comunità e contribuire alla sua crescita. Centri dove il welfare relazionale prenda forma. Uno spazio in cui le attività della solidarietà e dello scambio trovino accoglienza.
Come realizzarlo
Questi luoghi possono essere aperti ospitando le diverse attività che i volontari possono mettere a disposizione: ad esempio, gli spazi dove avviene l’immagazzinamento dei generi alimentari da distribuire possono diventare contenitori per le attività associative, praticando l’inclusione attraverso la cultura e la creatività.
Già oggi alcuni di questi spazi accolgono studenti che fanno volontariato a seguito di un provvedimento disciplinare scolastico, ospitano laboratori di cucito, di falegnameria, vi si organizzano incontri culturali sui temi della sostenibilità ambientale, del contrasto allo spreco e della sobrietà … Li frequentano scolaresche, soggetti fragili, cittadini, giovani …
perché crediamo sia nell’incontro accogliente che si realizza l’inclusione sociale, attraverso la quale sono garantiti a tutti gli stessi fondamentali diritti.
PER SINTETIZZARE E SEMPLIFICARE
Per garantire il diritto al cibo e combattere lo spreco alimentare si può:
• Fare azioni di sensibilizzazione nelle scuole, coinvolgendo i volontari del territorio che si occupano di garantire i pacchi alimentari alle famiglie in difficoltà economico.
Si potranno prendere accordi con le dirigenze degli Istituti scolastici e coinvolgere i Comitati genitori.
• Costruire un sistema integrato per gli aiuti alimentari, coordinato dal Comune, mettendo in rete tutti i soggetti che su un determinato territorio si occupano di contrasto alle povertà, costruendo un’anagrafica delle famiglie aiutate e definendo i criteri di accesso al sistema di aiuto.
• Recuperare le eccedenze alimentari
- nei punti di distruzioni coinvolgendo volontari, Enti no-profit, Associazioni …
- e nelle mense scolastiche in accordo con le dirigenze e le famiglie degli alunni.
• Realizzare cene solidali
Con gruppi di volontari/realtà sensibili del territorio organizzare cene conviviali nelle quali includere le famiglie/persone in difficoltà economica.
• Promuovere gli orti sociali mettendo a disposizione piccoli appezzamenti di terreno e invitando i cittadini a coltivarli collettivamente con l’attenzione a includere le persone in difficoltà economiche.
• Creare luoghi inclusivi di incontro mettendo a disposizione spazi fisici per le attività, ma promuovendo la possibilità che diventino luoghi di confronto e scambio tra volontari e diventino luoghi accoglienti per le persone più fragili.
CONTATTI UTILI PER INFORMAZIONI E APPROFONDIMENTI
Asst di Bergamo- dott.ssa Xxxxxxxxx xxxxxxxxxx@xxx.xxx-xx.xx Cascina Terra buona… xxxxxxxxxxxxxx@xxxxx.xxx
Associazione GEDI xxxxxxxxxxxx@xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
Cooperativa Il Cantiere xxxxxxxxxxxxxxxxx@xxxxxxxxxx.xxx
CSV xxxxxxxxxx.xxxxxxx@xxxxxxxxxxxx.xx