COLLEGIO DI BOLOGNA - DEC. 10550/2022 – PRES. MARINARI – REL. SOLDATI
COLLEGIO DI BOLOGNA - DEC. 10550/2022 – PRES. MARINARI – REL. SOLDATI
Finanziamento – ammortamento c.d. “alla francese” – violazione delle regole di trasparenza – infondatezza – rigetto (cod. civ., artt. 821 e 1283; d.lgs. n. 385/1993, artt. 117 e 125 bis.
La previsione, in un contratto di mutuo, di un piano di rimborso con rata fissa costante (ammortamento “alla francese”), non comporta violazione dell’art. 1283 c.c. giacché gli interessi di periodo vengono calcolati esclusivamente sul capitale residuo e alla scadenza della rata gli interessi maturati non vengono capitalizzati, ma sono pagati come quota interessi della rata di rimborso. (MDC)
FATTO
La parte ricorrente riferisce di avere stipulato in data 20.1.2017, in qualità di consumatore, un contratto di finanziamento per l’importo complessivo di euro 40.000,00; il contratto precisava l’importo del capitale finanziato di euro 40.000,00 e l’importo erogato di euro 39.600,00 (dalla cui differenza si desume una spesa di istruttoria pratica di euro 400,00); quindi l’importo della rata costante di euro 434,11 e la durata mensile di 120 rate (da cui si desume l’importo totale del credito di € 52.093,20 e quello degli interessi sull’operazione di
€ 12.093,20); al contratto non era allegato alcun piano di ammortamento, non era, inoltre, indicato il regime finanziario applicato, non si menzionava il modo in cui sarebbero stati calcolati gli interessi; non si precisava il divisore annuo (se anno civile 365 gg. ovvero anno commerciale 360 gg.); non si indicava l’importo del tasso periodico equivalente; dal testo non si ravvisavano fattori in grado di far risalire agli elementi mancanti; l’art. 2 delle condizioni generali, nel disciplinare gli interessi, non precisava nulla in merito alla base mensile e al regime finanziario applicato; il contratto, pertanto, non rispetta il Provvedimento Banca d’Italia del 9.2.2011 n. 50863 in tema di “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti”, vigente all’epoca della stipula del contratto; i piani di ammortamento “alla francese” (quale è quello oggetto della controversia) utilizzati dagli istituti bancari fanno scaturire l’importo della rata da una formula di matematica finanziaria che sviluppa esclusivamente il regime di capitalizzazione composta. Va precisato che non è algebricamente ammissibile che nello stesso piano di ammortamento possano convivere gli algoritmi di due diversi regimi finanziari; pertanto se un piano viene originariamente elaborato in regime composto, i relativi interessi non potranno assolutamente rappresentare la risultanza del calcolo in regime di capitalizzazione semplice, ma saranno il frutto del calcolo in regime composto e la risultanza di questa composizione sarà già insita nell’importo della rata; pur non essendo espressamente indicato nel contratto, l’imputazione della rata scaturisce dalla seguente formula matematica:
; il piano di ammortamento è da ritenersi perfetto ogniqualvolta rispetti le condizioni di chiusura e di equità finanziaria. La condizione di chiusura verifica la correttezza del piano di ammortamento dal punto di vista della restituzione (per cui la somma
delle singole quote capitale deve essere uguale al capitale prestato); la condizione di equità
finanziaria verifica invece la correttezza dal punto di vista della remunerazione (per cui ogni quota capitale deve rappresentare il valore attuale di ogni singola rata e la somma dei valori attuali deve essere pari al capitale prestato); questa digressione è necessaria alla comprensione del fenomeno anatocistico nell’ammortamento alla francese; anche la determinazione della quota interessi sia la risultanza dello sviluppo di una
formula di matematica finanziaria: ; per espressa disposizione normativa (art. 821 c.c.) «I frutti civili si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto». Il principio generale del nostro ordinamento stabilisce quindi che gli interessi debbano essere improntati ad un criterio di proporzionalità in rapporto al capitale e al tempo. Il regime finanziario che esprime esclusivamente la linearità di questa proporzione è quello dell’interesse semplice; invece, nel piano di ammortamento “alla francese” del ricorrente ogni singola rata comprende una quota capitale sommata ad una quota interessi che tuttavia non viene calcolata in modo proporzionale come stabilisce la legge (art. 821 c.c.), ma in modo esponenziale. Gli interessi vengono moltiplicati per sé stessi tante volte quante sono le rate residue; generalmente nei mutui viene indicato il tasso in misura annuale, ma le operazioni vengono effettuate su scala temporale mensile. Per questo motivo occorre porre l’attenzione su come confrontare operazioni effettuate su scale temporali differenti e quindi come trasformare un’operazione di finanziamento (che nel nostro caso prevede interessi annuali del 5,50%) in una operazione che preveda interessi mensili. Il principio matematico di base per effettuare questi confronti è noto come principio di equivalenza finanziaria; molto spesso le parti si accordano accettando la convenzione commerciale secondo cui l’anno viene considerato di 360 giorni ed ogni mese costituito da 30 giorni. Ovviamente questa convenzione, avendo un denominatore inferiore rispetto alla formula dell’anno civile, offre un risultato più conveniente per il soggetto finanziatore che la propone; il contratto oggetto della controversia non precisa assolutamente il divisore commerciale da 360 giorni ma la banca lo ha arbitrariamente applicato; nel contratto, pertanto, oltre all’anatocismo matematico prodotto dalla naturale composizione degli interessi, vi è anche una quota di anatocismo occulto scaturita dalla surrettizia applicazione di un tasso periodale mensile [0,458%] più alto di quello che sarebbe stato effettivamente corretto applicare [0,447%]; l’applicazione del regime finanziario composto in un contratto dove non si è pattuita alcuna deroga al regime finanziario semplice, considerato che il TAN ed il TAEG per loro natura non tengono conto del fattore di composizione degli interessi, rende indeterminabile l’oggetto del contratto e produce l’invalidità dell’originaria clausola di interessi, ai sensi dell’art. 117, c. 7, TUB.
La parte ricorrente chiede di ordinare all’intermediario la rideterminazione dell’intero piano di ammortamento (120 rate) a tasso fisso nella misura del tasso medio dei BOT emessi nei 12 mesi precedenti la conclusione del contratto.
Costituitosi ritualmente l’intermediario precisa ed eccepisce che: a) con il contratto n. ***533 del 20.1.2017 è stata finanziata la somma di euro 40.000 da rimborsarsi in 120 rate da euro 434,11 al TAN del 5,50% con TAEG del 5,88%; b) parte ricorrente chiede a codesto
spettabile Arbitro Bancario Finanziario di valutare la correttezza del piano di rimborso applicato con un’indagine che richiederebbe lo svolgimento di una consulenza tecnica, attività estranea al perimetro di cognizione dell’ABF. Infatti, come da disciplina in materia e consolidato orientamento di tutti i Collegi, si definisce “controversia” una contestazione relativa a operazioni e servizi bancari e finanziari, mentre il generico accertamento della correttezza di conteggi e criteri di calcolo degli interessi fuoriesce da tale nozione; c) nel merito, in fase di sottoscrizione del contratto, il ricorrente ha attestato di aver ricevuto adeguata informativa precontrattuale mediante la consegna del PIES; esso contiene l’attestazione del ricorrente di aver ricevuto, già in tale fase, il piano di ammortamento del finanziamento; d) il contratto risulta completo in tutte le sue parti e regolarmente sottoscritto dal cliente, con specifica approvazione dell’articolo 2 relativo alle modalità e ai termini di rimborso; e) il succitato articolo 2, oltre a sancire il diritto del cliente ad ottenere, in qualsiasi momento e senza costi, il piano di ammortamento, prevede esplicitamente che “gli interessi corrispettivi sono calcolati mediante il piano di ammortamento “alla francese” (…) a rate mensili costanti con quote crescenti di capitale e quote decrescenti di interessi”; non residuano, pertanto, profili di indeterminatezza; f) nel piano di ammortamento alla francese con rate mensili posticipate, gli interessi computati nella rata sono semplici e vengono calcolati mese per mese solo sul capitale residuo del finanziamento al mese precedente; nel capitale non vengono mai inclusi gli interessi e che quindi non maturano a loro volta interessi; g) pertanto, non vi è alcuna capitalizzazione composta, né alcun fenomeno anatocistico; h) inoltre, non vi è alcuna previsione normativa che impone di esplicitare contrattualmente il regime di capitalizzazione adottato; i) in merito all’invocata applicabilità dell’art. 125-bis comma 7 del T.U.B., preme ricordare che essa si riferisce alla difformità tra TAEG effettivo e TAEG contrattuale, quale non è il caso di specie; allo stesso modo non possono trovare applicazione le previsioni di cui all’art. 117 comma 7, T.U.B, non potendosi contestare, nella documentazione contrattuale, la mancanza di qualsivoglia indicazione circa “il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati”.
Alla luce di quanto sopra l’intermediario chiede di dichiarare inammissibile il ricorso.
Seguono repliche delle parti.
DIRITTO
Il Collegio rileva che l’intermediario eccepisce l’inammissibilità del ricorso, in quanto, l’indagine sulla domanda del ricorrente richiederebbe lo svolgimento di una consulenza tecnica, attività estranea al perimetro di cognizione dell’ABF che, invece, può conoscere esclusivamente di controversie aventi ad oggetto “una contestazione relativa a operazioni e servizi bancari e finanziari”.
Il generico accertamento della correttezza di conteggi e criteri di calcolo degli interessi sarebbe escluso da tale nozione.
Parte ricorrente chiede all’Arbitro “di ordinare all’intermediario la rideterminazione dell’intero piano di ammortamento (120 rate) a tasso fisso nella misura nella misura del tasso medio dei BOT emessi nei 12 mesi precedenti la conclusione del contratto (ai sensi dell’art. 125-
bis, comma 7, TUB), ovvero in alternativa al tasso legale vigente all’epoca della stipula del contratto, con restituzione di tutto quanto maggiormente corrisposto nel frattempo”.
Asserisce, infatti, che nel contratto non si menziona né il metodo di calcolo degli interessi, né la base mensile e, inoltre, non si disciplina il regime finanziario applicato che risulta essere quello composto.
A sostegno della propria domanda allega copia del contratto, del piano di ammortamento, una tabella costruita secondo i valori attuali di rata nel regime finanziario composto, la dimostrazione matematica dell’interesse composto.
Nel corpo del ricorso e delle repliche illustra il contenuto degli allegati anche mediante formule matematiche.
Il Collegio ritiene che l’eccezione preliminare di consulenzialità della domanda debba essere respinta: infatti, parte ricorrente ha specificato in modo sufficientemente analitico le proprie domande, le ha corredate di una perizia di parte che esprime i metodi seguiti e i risultati raggiunti in relazione ad ogni singola voce oggetto di contestazione e ha prodotto a supporto della domanda copia degli estratti conto. L’Arbitro è, dunque, in condizione di accertare la correttezza dei calcoli effettuati dal consulente tecnico di parte senza che tale attività risulti sostitutiva dell’onere di specifica allegazione e prova gravante sull’interessato.
Il contratto sottoscritto dal ricorrente riporta chiaramente le condizioni economiche applicate: l’art. 2 disciplina le modalità di calcolo degli interessi precisando che il piano di ammortamento è “alla francese”.
Il contratto è stato sottoscritto dal ricorrente e il suddetto art. 2 approvato specificatamente; il ricorrente, inoltre, ha dichiarato di aver ricevuto l’informativa precontrattuale, in particolare nel PIES, allegato dal ricorrente, è espressamente previsto che “il piano di ammortamento… viene consegnato in allegato al presente documento e ne costituisce parte integrante”.
Parte ricorrente ritiene che il piano di ammortamento alla francese applicato al contratto comporti la capitalizzazione composta degli interessi. In particolare, dopo aver calcolato gli interessi sulla prima rata [che nel caso di specie sono pari a € 183,33], nella seconda rata si pagherà oltre alla quota interessi di euro 182,18 anche un'altra quota di euro 1,15 che però viene aggiunta alla quota capitale precedente per formare la nuova quota capitale [ della seconda rata] e così via fino all'ultima rata.
In merito al rispetto degli oneri di trasparenza con particolare riferimento al piano di ammortamento, il Collegio evidenzia che, l’art. 117, comma 4, TUB, dispone: “I contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora» e il Provvedimento della Banca d’Italia del 9 febbraio 2011 - Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, precisa che “[i] contratti indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali oneri di mora. Sono indicate, oltre alle commissioni spettanti all’intermediario, le voci di spesa a carico del cliente, ivi comprese le spese relative alle comunicazioni di cui alla sezione IV del presente provvedimento
(Comunicazioni alla clientela). Il contratto riporta tutte le condizioni applicate, incluse le condizioni generali di contratto” (sez. III, § 3). Pertanto, la riportata clausola è coerente con il disposto normativo in materia, che non pretende come elemento di trasparenza, l’allegazione del piano di ammortamento.
Non consente di pervenire a soluzioni diverse la decisione della CGUE, menzionata dal ricorrente, C-125/18 del 3.3.2020, la quale si riferiva alla diversa ipotesi di un tasso variabile e alla necessitò che il parametro sia ben definito e compreso dal mutuatario: “la direttiva 93/13, e segnatamente il suo art. 4, par. 2, e il suo art. 5, deve essere interpretata nel senso che, al fine di rispettare l’obbligo di trasparenza di una clausola contrattuale che fissa un tasso d’interesse variabile nell’ambito di un contratto di mutuo ipotecario, tale clausola deve non solo essere intelligibile sui piani formale e grammaticale, ma consentire altresì che un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, sia posto in grado di comprendere il funzionamento concreto della modalità di calcolo di tale tasso e di valutare in tal modo, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una tale clausola sulle sue obbligazioni finanziarie. Costituiscono elementi particolarmente pertinenti ai fini della valutazione che il giudice nazionale deve effettuare al riguardo, da un lato, la circostanza che gli elementi principali relativi al calcolo di tale tasso siano facilmente accessibili a chiunque intenda stipulare un mutuo ipotecario, grazie alla pubblicazione del metodo di calcolo di detto xxxxx, nonché, dall’altro, la comunicazione di informazioni sull’andamento, nel passato, dell’indice sulla base del quale è calcolato questo stesso tasso”. Necessità informative e di trasparenza del mutuatario che però non si riscontrano nel caso de quo, in cui l’apparato negoziale predisposto è sufficiente, ex lege, a rendere edotto il finanziato del tasso applicato.
Per quanto concerne l’ammortamento alla francese, è orientamento consolidato dei collegi ABF escludere che la rata comprenda il regime dell’interesse composto, essendo stato affermato che “ciascuna rata ingloba interessi, semplici (non composti), sempre calcolati, al tasso nominale, sul residuo capitale da restituire (com’è corretto: gli interessi essendo il corrispettivo del godimento del denaro da altri concesso; cfr. l’art. 821, comma 3, c.c.)” (cfr. ex multis Coll. Milano, n. 9732/2017, Coll. Roma, n. 3228/2016, Coll. Napoli, nn. 7015/2017 e 1127/2014) e che “l’anatocismo, rilevante agli effetti dell'art. 1283 c.c., si determina soltanto se gli interessi maturati sul debito in un dato periodo si aggiungono al capitale, costituendo in tal modo la base di calcolo produttiva di interessi. Per contro, la previsione di un piano di rimborso con rata fissa costante, vale a dire l’ammortamento “alla francese”, non comporta violazione dell’art. 1283 c.c., giacché gli interessi di periodo vengono calcolati esclusivamente sul capitale residuo e alla scadenza della rata gli interessi maturati non vengono capitalizzati, ma sono pagati come quota interessi della rata di rimborso” (così Trib. Roma, sez. IX, 13/04/2017, n. 7495; per la medesima conclusione Trib. Catania, sez. IV, 11/07/2018, n. 2948; Trib. Bologna, sez. IV, 24/06/2017, n. 1292; Trib. Padova, 29/05/2016).
Secondo i precedenti dell’Arbitro, non vi è incompatibilità tra piano di ammortamento alla francese e tasso variabile. Cfr. Coll. Palermo, n. 26641/19: “Con riguardo alla contestazione sull’indeterminatezza delle pattuizioni relative al tasso d’interesse, si rileva come dalla lettura del contratto emerga la vigenza di un piano di ammortamento alla francese, in quanto l’importo della rata rimane costante, mentre varia la sua composizione tra quota capitali ed interessi calcolati nella misura di cui all’art. 1 del contratto. Ciò, in aderenza al costante orientamento dell’Arbitro, risulta legittimo in quanto non sussiste incompatibilità tra il piano
di ammortamento alla francese ed il tasso d’interesse variabile ( cfr. ABF Palermo n. 22492/19)”.
Il Collegio rileva, inoltre, che, la giurisprudenza di merito (v. infra Tribunale Xxxxxxx, 00/00/0000, (xx. 16/04/2019, dep. 17/04/2020), n.772) ha osservato che “L'opzione per l'ammortamento alla francese, oltre a non comportare una violazione del divieto di anatocismo o l'applicazione di un tasso superiore a quello dichiarato in contratto, non pone neppure problemi di determinatezza delle pattuizioni contrattuali, perché una volta raggiunto l'accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito dì rate costanti, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali: il rimborso di un mutuo acceso per una certa somma, ad un certo xxxxx e con un prefissato numero di rate costanti, può avvenire solo mediante il pagamento di rate costanti di quel determinato importo.”.
Tali considerazioni si fondano sull’orientamento della Cass. Civ. Sez. III 27.11.2014 n. 25205 secondo cui "il requisito della determinabilità dell'oggetto del contratto richiede semplicemente che siano identificati i criteri oggettivi in base ai quali fissare, anche facendo ricorso a calcoli di tipo matematico, l'esatto contenuto delle obbligazioni dedotte, senza alcun margine di incertezza o di discrezionalità, mentre non rileva la difficoltà del calcolo necessario per pervenire al risultato finale né la perizia richiesta per la sua esecuzione". Questo Collegio ritiene, dunque, di dovere confermare il costante l’orientamento dell’ABF che considera prive di ogni fondamento le doglianze di anatocismo relative al calcolo delle quote di capitale e di interessi da corrispondere con le singole rate secondo il metodo cosiddetto “alla francese”, in quanto tale operazione è pienamente legittima (cfr. Collegio di Napoli, decisioni n. 2956/15, n. 422/13 e n. 3797/12).
Da ultimo, il Collegio rileva che nei mutui viene indicato il tasso in misura annuale, ma le operazioni vengono effettuate su scala temporale mensile; rispetto a detto riferimento temporale il ricorrente eccepisce che il contratto non precisa il divisore di 360 giorni che viene arbitrariamente applicato. La convenzione commerciale secondo cui l’anno viene considerato di 360 giorni ed ogni mese costituito da 30 giorni comporterebbe un risultato più conveniente per l’intermediario.
Sebbene il contratto non indichi espressamente il divisore di 360 giorni si evidenzia che il contratto indicava in modo esplicito tutti i costi, il TAN e il TAEG.
Inoltre, dalla documentazione versata in atti il Collegio reputa che il piano di ammortamento sia stato consegnato al ricorrente unitamente al Pies e, quindi, ha permesso al cliente di conoscere le singole scadenze delle rate.
Il ricorrente, pertanto, ha potuto conoscere il riferimento temporale di ogni singola rata.
Per quanto concerne l’ammortamento alla francese, è orientamento consolidato dell’ABF escludere che la rata comprenda il regime dell’interesse composto, essendo stato affermato che “ciascuna rata ingloba interessi, semplici (non composti), sempre calcolati, al tasso nominale, sul residuo capitale da restituire (com’è corretto: gli interessi essendo il corrispettivo del godimento del denaro da altri concesso; cfr. l’art. 821, comma 3, c.c.)” (cfr.
ex multis Coll. Milano, n. 9732/2017, Coll. Roma, n. 3228/2016, Coll. Napoli, nn. 7015/2017 e 1127/2014) e che “l’anatocismo, rilevante agli effetti dell'art. 1283 c.c., si determina soltanto se gli interessi maturati sul debito in un dato periodo si aggiungono al capitale, costituendo in tal modo la base di calcolo produttiva di interessi. Per contro, la previsione di un piano di rimborso con rata fissa costante, vale a dire l’ammortamento “alla francese”, non comporta violazione dell’art. 1283 c.c., giacché gli interessi di periodo vengono calcolati esclusivamente sul capitale residuo e alla scadenza della rata gli interessi maturati non vengono capitalizzati, ma sono pagati come quota interessi della rata di rimborso” (così Trib. Roma, sez. IX, 13/04/2017, n. 7495; per la medesima conclusione Trib. Catania, sez. IV, 11/07/2018, n. 2948; Trib. Bologna, sez. IV, 24/06/2017, n. 1292; Trib. Padova, 29/05/2016).
Il Collegio osserva, infine, che la ricorrente lamenta anche la mancanza di chiarezza nell’esplicitare in contratto il criterio di calcolo: il Collegio, tuttavia, ritiene che il contratto consenta, comunque, di comprendere il criterio proprio attraverso il piano di ammortamento, fermo restando che il Collegio, diversamente, dovrebbe disporre una CTU, il che esula dal procedimento ABF.
Ne consegue che il ricorso non può trovare accoglimento.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.