ALLEGATO A ALLA DELIBERA N. 555/10/CONS PROCEDIMENTO PER L’INDIVIDUAZIONE DEI MERCATI RILEVANTI NELL’AMBITO DEL SISTEMA INTEGRATO DELLE COMUNICAZIONI
ALLEGATO A ALLA DELIBERA N. 555/10/CONS
PROCEDIMENTO PER L’INDIVIDUAZIONE DEI MERCATI RILEVANTI NELL’AMBITO DEL SISTEMA INTEGRATO DELLE COMUNICAZIONI
Allegato A alla Delibera n. 555/10/CONS
PROCEDIMENTO PER L’INDIVIDUAZIONE DEI MERCATI RILEVANTI NELL’AMBITO DEL SISTEMA INTEGRATO DELLE COMUNICAZIONI
PREMESSA
Con delibera n. 558/09/CONS del 6 ottobre 2009, l’Autorità ha disposto l’avvio del presente procedimento, finalizzato all’individuazione dei mercati rilevanti che compongono il Sistema Integrato delle Comunicazioni (di seguito anche SIC). Contestualmente, si è proceduto alla valorizzazione del SIC per l’anno 2008.
Tale attività è stata condotta, come verrà meglio specificato nel prosieguo, ai sensi dell’art. 43, comma 2, del Testo unico della radiotelevisione (di seguito anche Testo Unico o TU).
Il termine di chiusura del procedimento, inizialmente fissato al 31 marzo 2010, è stato prorogato al 31 maggio 2010 con delibera n. 21/10/CONS del 27 gennaio 2010 e, successivamente, con delibera n. 257/10/CONS del 26 maggio 2010 è stato prorogato al 30 settembre 2010 e da ultimo con delibera n. 473/10/CONS del 16 settembre 2010 è stato prorogato al 30 ottobre 2010.
Lo schema di provvedimento che si sottopone a consultazione pubblica è articolato nel seguente modo:
Il Capitolo 1 dà conto degli adempimenti istruttori propedeutici all’individuazione dei mercati rilevanti che compongono il SIC, con particolare riferimento alle richieste di informazioni e dati inoltrate alle imprese attive nei settori del SIC, le audizioni tenute con i soggetti interessati, i documenti acquisiti, gli incontri internazionali e la gara per l’affidamento dell’incarico di consulenza finalizzato ad un’indagine sul comportamento dei consumatori/cittadini.
Il Capitolo 2 espone i principali risultati relativi al processo che ha condotto alla determinazione del valore economico del SIC per l’anno 2008.
Il Capitolo 3 illustra il quadro normativo di riferimento, con particolare riguardo alla nozione di pluralismo nei mezzi d’informazione così come elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza nazionale, e dà conto degli interventi dell’Autorità in materia. Inoltre, il capitolo illustra i provvedimenti assunti in tale ambito a livello internazionale, con particolare riferimento alla Commissione Europea, al Regno Unito ed agli Stati Uniti. Alla luce di tale ricostruzione normativa, nazionale ed internazionale, il capitolo analizza il rapporto tra tutela del pluralismo e tutela della concorrenza ai fini della individuazione dei mercati rilevanti del SIC ai sensi dell’art. 43 del Testo Unico.
Il Capitolo 4 spiega la metodologia adottata ai fini dell’individuazione dei mercati rilevanti del SIC, analizzando le peculiarità dei settori della comunicazione ivi ricompresi. Inoltre, il capitolo riporta, sempre ai fini della definizione dei mercati, un’analisi comparata dei mezzi di comunicazione, al fine di verificarne la rilevanza per la tutela del pluralismo nonché la sostituibilità.
Il Capitolo 5 riporta l’analisi dei mercati rilevanti. In particolare, per ogni area economica di cui si compone il SIC (televisione, radio, editoria quotidiana, periodica, elettronica, annuaristica, pubblicità esterna, cinema, below the line), è effettuata una descrizione del settore, comprensiva di un inquadramento normativo, e, successivamente, secondo la metodologia descritta al capitolo precedente, un’analisi dello stesso finalizzata alla definizione dei mercati rilevanti.
Il Capitolo 6 riporta, infine, le conclusioni raggiunte nell’ambito del presente procedimento con riguardo alla definizione dei mercati rilevanti che compongono il SIC.
In merito all’analisi svolta, è inoltre opportuno premettere quanto segue.
Con riferimento all'analisi sui ricavi, si è ritenuto necessario utilizzare dati economici riferiti all’anno 2008, in quanto questi sono risultati gli ultimi ufficiali disponibili. Quando disponibili, sono state prese in considerazione anche stime con le tendenze dei valori relativi all’anno 2009.
Per quanto riguarda, invece, l’analisi condotta sulla base di grandezze in volume -quali, tra l’altro, gli ascolti, la diffusione delle piattaforme, l’analisi della domanda- è stato possibile, anche al fine di consentire che i risultati del procedimento fossero coerenti e riflettessero la più recente evoluzione tecnologica e di mercato, disporre di dati aggiornati a tutto il 2009 e parte del 2010.
Nell’ambito della presente analisi, sono state considerate anche le evoluzioni normative più recenti che hanno interessato i settori ricompresi nel SIC. In particolare, il 15 marzo 2010 è entrato in vigore il decreto legislativo n. 44/2010 (c.d. “Decreto Romani”) 1, che ha introdotto alcune modifiche al Testo unico della radiotelevisione, mutandone, fra l’altro, la denominazione in “Testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici” (TUSMAR). Al riguardo, si fa presente che, nell’ambito del presente procedimento, per comodità di analisi, sono state utilizzate le denominazioni e i riferimenti normativi in
1 Il Decreto Romani, recante “Attuazione della direttiva 2007/65/CE relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive”, pubblicato nella GU del 29 marzo 2010, n. 73, è stato emanato a seguito di delega legislativa conferita al Governo dall’art. 26 della legge comunitaria 2008 (legge n. 88 del 2009) al fine di recepire la direttiva comunitaria Servizi Media Audiovisivi 2007/65/CE, che modifica la direttiva europea “Tv senza frontiere” 1989/552/CEE, già modificata con direttiva 1997/36/CE e a sua volta recentemente modificata dalla direttiva 2010/13/UE del 10 marzo 2010 relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi), in GUUE del 15 aprile del 2010.
uso prima dell’entrata in vigore del decreto succitato. Come di seguito esplicitato, si è comunque tenuto conto delle novità da questo introdotte specialmente con riferimento ad alcuni segmenti del SIC.
1. ATTIVITÀ ISTRUTTORIA
Di seguito, si darà conto di tutte le attività istruttorie svolte nell’ambito del presente procedimento.
1.1 Richieste di dati ai fini della valorizzazione del SIC
Prima di individuare i mercati rilevanti nell’ambito del SIC si è proceduto all’acquisizione di tutti i dati e le informazioni necessarie alla valorizzazione del Sistema Integrato delle Comunicazioni per l’anno 2008.
A tal fine, per quanto riguarda gli aspetti di carattere metodologico, è stato, in linea generale, confermato l’impianto utilizzato nei precedenti cicli di valorizzazione del SIC, relativi al triennio 2005-20072, impianto che prevede, da un lato, l’invio di un articolato formulario alle imprese rappresentative delle aree economiche classiche (radiotelevisione, stampa quotidiana e periodica, editoria annuaristica ed elettronica, concessionarie di pubblicità ed agenzie stampa), dall’altro lato, la stima degli altri ambiti di attività attraverso il ricorso a fonti esterne.
D’altra parte, la necessità di procedere, oltre che alla valorizzazione del SIC come negli anni precedenti, all’individuazione dei singoli mercati che lo compongono, ha comportato ulteriori e più approfonditi adempimenti istruttori, in termini di informazioni e dati richiesti, nonché qualche innovazione rispetto all’impianto metodologico precedente. Infatti, l’esigenza di dover pervenire da ultimo all’analisi dei mercati con, in seconda battuta, la valutazione delle posizioni dei singoli soggetti, ha reso necessariamente più stringente la necessità di addivenire a valorizzazioni esatte, eliminando, laddove possibile, stime.
In particolare, l’analisi dei settori classici della comunicazione ha previsto, come sopra esposto, una specifica richiesta di informazioni presso le imprese ed i gruppi che operano in tali ambiti, con un’indagine questionaria che ha riguardato 214 società editoriali, 137 soggetti operanti nel settore radiotelevisivo, 40 concessionarie di pubblicità e 16 gruppi multimediali. In aggregato, tali soggetti arrivano a rappresentare oltre il 90% dei ricavi complessivi dei relativi ambiti, così come desumibili dalla Informativa Economica di Sistema (IES).
2 I cui dettagli sono stati già illustrati negli allegati tecnici alle delibere nn. 341/06/CONS, 81/08/CONS e 270/09/CONS.
Al riguardo, vale rilevare che, in linea con la recente evoluzione tecnologica e di mercato, nonché con gli obiettivi del presente procedimento, sono state introdotte in questo procedimento una serie rilevante di modifiche al formulario per la raccolta diretta dei dati che hanno, tra l’altro, riguardato:
- la distinzione tra ambito nazionale e locale dei maggiori mezzi di comunicazione (televisione, radio e quotidiani) e della relativa raccolta pubblicitaria;
- un approfondimento della raccolta pubblicitaria su internet da parte dei soggetti operanti nel SIC;
- la disaggregazione per piattaforma (analogica, digitale terrestre, satellitare, IPTV e mobile tv) dell’offerta televisiva sia in chiaro che a pagamento;
- un approfondimento del fenomeno della free press.
Una volta acquisiti i dati, l’attività di valutazione della significatività e di integrazione dei dati raccolti presso le imprese ed i gruppi è stata condotta attraverso le seguenti fasi:
a) analisi dell’affidabilità dei dati raccolti. Oltre a richiedere i necessari chiarimenti alle aziende, in taluni casi, i dati acquisiti sono stati confrontati direttamente con i dati di bilancio delle imprese, con i valori “consolidati” forniti ad hoc dai gruppi e, a livello aggregato, con le risultanze di alcuni studi di settore; inoltre, è stato effettuato un riscontro con i dati acquisiti nell’ambito dell’Informativa Economica di Sistema (IES);
b) analisi di coerenza volta a verificare l’omogeneità delle informazioni trasmesse nella precedente rilevazione;
c) valorizzazione della quota di ricavi da attribuire alla residua platea di imprese per le quali non si disponeva di dati puntuali. In particolare, mentre con riferimento agli ambiti nazionali è stato sempre possibile acquisire i dati dell’universo di riferimento, a livello locale i dati del campione, seppur largamente rappresentativi, non coprono l’intero spettro dell’offerta (specie nel caso della radiofonia e dell’editoria periodica, ambiti contraddistinti da un’elevata polverizzazione provinciale se non addirittura comunale). Le informazioni sono state quindi integrate con i dati derivanti dalla IES ed, eventualmente, convalidate e/o integrate con ulteriori specifiche fonti di informazioni (sia interne - Registro degli Operatori di Comunicazione, Catasto delle frequenze, Elenco delle emittenti satellitari autorizzate- sia esterne, ossia derivanti da analisi di Associazioni di settore - per la radiotelevisione FRT e Aeranti Corallo; per l’editoria quotidiana, periodica ed elettronica FIEG, ANES, AIE, USPI e IAB).
Per quanto riguarda la valorizzazione delle rimanenti aree economiche individuate dalla legge (cinema, pubblicità esterna, iniziative di comunicazione di prodotti e servizi e sponsorizzazioni), analogamente ai precedenti cicli di analisi, sono state utilizzate informazioni raccolte da fonti esterne, ossia da Associazioni ed Istituzioni di settore che periodicamente producono rilevazioni settoriali (per il cinema ANICA, Univideo,
Xxxxxxx, Audimovie e SIAE; per la pubblicità esterna FISPE; per le iniziative di comunicazione e le sponsorizzazioni AssoComunicazione, UNICOM ed UPA).
1.2 Ulteriori richieste di informazioni ai fini dell’individuazione dei mercati rilevanti
Accanto alla predetta attività di acquisizione e gestione delle informazioni che ricalca, seppur in maniera più approfondita e rigorosa, la metodologia seguita nei precedenti cicli di indagine del SIC, è stata svolta, contestualmente, un’ulteriore attività di studio finalizzata all’individuazione dei mercati rilevanti.
Sono stati quindi raccolti dati, studi di mercato e specifiche informazioni, anche di carattere qualitativo, utili alla comprensione del contesto di riferimento, da tutte le società di rilevazione dei mezzi di comunicazione3, nonché dalle associazioni di categoria4.
La complessità insita nell’analisi in corso ha reso necessario l’invio ai maggiori gruppi operanti nei settori di riferimento di una richiesta di dati e informazioni supplementari volta ad analizzare le relazioni di sostituibilità e complementarità, sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta, dei vari ambiti di attività del SIC. In particolare, la richiesta di informazioni ha riguardato:
- Xxxxxxx Xxxxxxxxx Editore
- Cairo Communication
- Caltagiorne Editore
- Class Editori
- De Agostini
- Fininvest
- Gruppo Editoriale L’Espresso
- Il Sole 24 Ore
- Mediaset
- Monrif
- RAI
- RCS Mediagroup
- SEAT Pagine Gialle
- Sky Italia
- Telecom Italia
- Telecom Italia Media
3 Auditel, Audiradio, Audipress, ADS, Audiweb, Audiposter, Audimovie e Xxxxxxx.
4 Oltre alle associazioni citate nel paragrafo 1.3 sono state sentite attraverso richiesta di informazioni scritta: la Federazione Nazionale Stampa Italiana, l’Ordine dei Giornalisti e la Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici/Assinform.
1.3 Audizioni
Al fine di acquisire le osservazioni delle principali associazioni di categoria operanti nei settori interessati dal SIC, sono state sentite in audizione, e attraverso specifiche richieste di informazioni, le seguenti associazioni di categoria5:
- Aeranti Corallo
- AIE (Associazione Italiana Editori)
- ANES (Associazione Nazionale Editoria Specializzata)
- ANICA (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e multimediali)
- AssoComunicazione
- FCP (Federazione Concessionarie Pubblicità)
- FEDOWEB (Federazione Operatori WEB)
- FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali)
- FISPE (Federazione Italiana Sviluppo Pubblicità Esterna)
- IAB Italia (Interactive Advertising Bureau)
- UNICOM (Unione Nazionale Imprese di Comunicazione)
- Univideo (Unione italiana editoria audiovisiva)
- UPA (Utenti Pubblicità Associati)
- USPI (Unione Stampa Periodica Italiana)
Inoltre, sono state sentite in audizione, e attraverso specifiche richieste di informazioni, tutte le società di rilevazione dei mezzi di comunicazione6:
- ADS
- Audimovie
- Audiposter
- Audipress
- Auditel
- AudiWeb
- Xxxxxxx
Da ultimo, si è proceduto all’audizione dei predetti Gruppi coinvolti nel procedimento in oggetto7, ai quali, come prima evidenziato, è stata inoltrata una richiesta di dati ed informazioni supplementare, volta ad analizzare le relazioni di sostituibilità e complementarità, sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta, dei vari ambiti di attività del SIC.
5 La FRT (Federazione Radio Televisioni) non è intervenuta, ma è stata sentita in forma scritta.
6 La società Audiradio non è potuta intervenire in audizione, ma ha prodotto dati ed informazioni in forma scritta.
7 In particolare, sono stati sentiti: Xxxxxxx Xxxxxxxxx Editore, Cairo Communication, Class Editori, Gruppo De Agostini, Gruppo Editoriale L’Espresso, Gruppo Sole 24 Ore, Mediaset, Monrif, RAI, RCS Mediagroup, SEAT Pagine Gialle, Sky Italia, Telecom Italia, Telecom Italia Media. Caltagirone Editore ha ritenuto di non partecipare all’audizione. È stata inoltre sentita in audizione la società Google.
In particolare, le audizioni sono state focalizzate sulla descrizione delle caratteristiche dei settori del SIC ove sono attive le società audite e sui rapporti di sostituibilità fra i diversi mezzi di comunicazione.
1.4 Incontri internazionali
Al fine di svolgere un’analisi comparativa con le esperienze in corso negli altri Paesi, europei e non, in materia di pluralismo, in data 4 febbraio 2010, l’Autorità ha tenuto una videoconferenza con la Federal Communications Commission (FCC), nella quale sono state approfondite le seguenti tematiche8:
i) analisi della nozione di pluralismo (c.d. diversity) negli Stati Uniti e delle misure a tutela dello stesso la cui attuazione ricade nella competenza della FCC, fra le quali, in particolare, le regole in materia di partecipazioni dirette e incrociate per gli operatori attivi nei diversi media (c.d. media ownership rules);
ii) descrizione delle funzioni e compiti assegnati alla FCC in materia di tutela del pluralismo, della concorrenza e delle minoranze, con particolare attenzione ai mercati locali;
iii) rapporti fra tutela della concorrenza e tutela del pluralismo;
iv) metodologie di individuazione dei mercati sotto il profilo merceologico e geografico adottate dalla FCC nell’ambito del processo di revisione delle regole che disciplinano le partecipazioni dirette e incrociate nel settore dei media;
v) descrizione delle finalità e della metodologia applicata nell’indagine questionaria somministrata dalla FCC ai consumatori in occasione dell’ultimo processo di revisione delle regole in materia di partecipazioni dirette e incrociate per gli operatori attivi nel settore dei media (c.d. Quadrennial Review of Media Ownership Rules).
Il 15 marzo 2010, si è tenuto a Bruxelles un incontro con i funzionari della Commissione Europea che stanno svolgendo un’attività di studio e ricerca in materia di pluralismo (c.d. Task Force for Co-ordination of Media Affairs della DG Information Society & Media), con l’obiettivo di individuare le strategie più idonee al fine di tutelare tale principio. Nel corso dell’incontro, è stata discussa l’iniziativa promossa dalla Commissione a tutela del pluralismo (c.d. three step approach), propedeutica alla definizione del se e come agire a livello europeo nell’ambito della tutela del pluralismo, che mira ad una maggiore sensibilizzazione degli Stati membri nei confronti del tema9.
8 In particolare, la discussione ha riguardato i seguenti documenti: FCC, Report and Order and Order on Reconsideration (FCC 07-216), 18 giugno 2007; FCC, How People Get News and Information, Telephone Study Custom Research, giugno 2007.
9 In particolare, la discussione ha riguardato i seguenti documenti: CE, Media pluralism in the Member States of the European Union (SEC(2007)32), Commission Staff Working Document, gennaio 2007;
In tale contesto, la Commissione, a valle della pubblicazione nel 2007 di un Working Paper sul pluralismo dei media (I fase), ha commissionato uno studio avente ad oggetto l’elaborazione di indicatori sulla base dei quali analizzare la struttura, la regolazione e il funzionamento dei mercati dei media, al fine di individuare l’esistenza di fattori ostativi al pluralismo in ogni settore analizzato e verificare gli strumenti più opportuni per tutelare il pluralismo in ognuno degli ambiti precedentemente individuati. E’ stata quindi oggetto di discussione la metodologia adottata dalla Commissione nell’individuazione degli indicatori succitati e delle misure ritenute opportune ai fini di tutela del pluralismo (II fase).
Sempre sulle medesime tematiche è stato effettuato, in data 12 aprile 2010, un incontro con gli Uffici dell’Ofcom che ha riguardato, in particolare, l’analisi dei mercati dei media nell’ambito sia di casi antitrust sia del processo di revisione delle regole in materia di partecipazioni dirette e incrociate nei media (c.d. Media Ownership Rules Review)10.
1.5 Indagine sul comportamento dei consumatori/cittadini
L’Autorità ha altresì ritenuto necessario attivare un incarico di consulenza, finalizzato allo svolgimento di un’indagine di mercato inerente il comportamento dei consumatori nella fruizione dei diversi mezzi di informazione.
Tale decisione è stata motivata dalla circostanza che il processo di individuazione dei mercati rilevanti che compongono il SIC costituisce un’attività complessa, per lo svolgimento della quale occorre non solo acquisire dati economici inerenti l’attività delle imprese che operano nei diversi settori che compongono il SIC, ma anche informazioni di carattere quantitativo e qualitativo inerenti il comportamento dei consumatori/cittadini rispetto alle diverse fonti di informazione (v. par. 4.1). Ciò al fine di valutarne la sostituibilità, dal lato della domanda degli utenti, all’interno delle aree economiche individuate dalla legge e tra mezzi di comunicazione11.
L’incarico di consulenza è stato conferito alla società Gfk Eurisko.
L’indagine si è avvalsa di metodologie tipiche del diritto della concorrenza, nonché di strumentazioni volte all’analisi del pluralismo dell’informazione. A tal fine, lo svolgimento dell’incarico ha previsto, in primo luogo, la redazione di un complesso
AAVV, Independent Study on Indicators for Media Pluralism in the Member States - Towards a Risk- Based Approach: Final Report, luglio 2009.
10 In particolare, la discussione ha riguardato i seguenti documenti: OFCOM, Pay TV market investigation: consultation document, 18 dicembre 2007; OFCOM, Pay TV Statement, 31 marzo 2010; OFCOM, Report to the Secretary of State on the Media Ownership Rules, 17 novembre 2009.
11 Al riguardo si evidenzia che tale procedura è stata seguita dalle più importanti Autorità preposte alla tutela del pluralismo ed alla regolazione dei mercati delle comunicazioni. Nella sua ultima Quadrennial Review, la Federal Communications Commission ha, ad esempio, proceduto, tramite la società di consulenza Xxxxxxx, a somministrare ad un ampio campione di cittadini statunitensi un questionario finalizzato ad indagare i fenomeni di sostituzione e di fruizione dei maggiori media.
questionario per l’analisi del consumo dei mezzi di informazione da parte della popolazione italiana (il questionario è allegato alla presente analisi congiuntamente ad una nota metodologica dell’indagine, cfr. Allegato B).
In particolare, il questionario ha previsto una serie di domande (circa 95) inerenti il consumo di televisione, radio, stampa (quotidiani e periodici) ed internet. Al fine di reperire i dati sul comportamento dei consumatori/cittadini rispetto alle diverse fonti di informazione e, quindi, valutarne la sostituibilità, è stata adottata, come detto, una metodologia basata sia su criteri antitrust consolidati, sia su elementi di tutela del pluralismo.
Si riporta di seguito una breve descrizione dei quesiti posti per ogni mezzo di comunicazione.
Televisione
Sono state rivolte domande sulla diffusione (negli ultimi 7 e 30 giorni), sul tempo, e sulle modalità tecniche (apparecchio e tecnologia) di fruizione del mezzo. Posto che, come evidenziato, l’obiettivo dell’indagine è quello di valutare la sostituibilità fra i diversi mezzi di trasmissione, sono state predisposte delle domande tese a verificare la sostituibilità fra televisione in chiaro e a pagamento, vagliando la disponibilità a pagare dei consumatori di free tv per le offerte pay, nonché la sensibilità al prezzo degli abbonati alla tv a pagamento. Infine, sono state formulate domande relative ai programmi maggiormente seguiti.
Radio
Le domande rivolte al campione sotto indagine hanno riguardato, per la radio, la diffusione (negli ultimi 7 e 30 giorni), il tempo di fruizione, le modalità (ad es. autoradio, internet, etc.), il luogo di fruizione (casa, auto, etc.) e le trasmissioni più seguite.
Stampa
Con riferimento a tale settore, le domande hanno riguardato i quotidiani cartacei, i quotidiani on line e i periodici (settimanali e mensili). In generale, con riguardo a tutte e tre le tipologie di prodotto, è stato richiesto:
• la diffusione;
• la frequenza con il quale viene letto il quotidiano/periodico, per ogni tipologia di prodotto (ad es. quotidiano di informazione nazionale o locale, sportivo, economico etc.; settimanale o mensile di vario genere, etc.);
• il tempo di fruizione dei quotidiani/periodici;
• le copie acquistate di quotidiani;
• le notizie/informazioni più lette sui quotidiani/periodici.
E’ stata inoltre prevista una domanda volta a verificare la sensibilità del consumatore a fronte di un incremento del prezzo del quotidiano letto, proponendo al consumatore stesso diverse opzioni alternative.
Per quanto riguarda i quotidiani on line è stato incluso un quesito sull’effetto determinato dalla possibilità di fruizione on line del prodotto rispetto alla fruizione cartacea.
Internet
Le domande su internet hanno riguardato la diffusione (negli ultimi 7 e 30 giorni, e 3 mesi), il tempo e luogo di fruizione, le modalità di collegamento, la finalità di utilizzo e i siti web più visitati. Inoltre, è stato posto un quesito sui siti più visitati come fonti di informazioni sull’attualità internazionale, nazionale e locale.
Mezzi di informazione
Sulla scorta degli studi e delle analisi svolte a livello internazionale in materia di pluralismo (FCC, Pew Research Center, Ofcom), sono stati posti quesiti sui mezzi di informazione utilizzati al fine di acquisire notizie di attualità internazionale, nazionale e locale, nonché sulle modalità di reperimento di informazioni durante il periodo elettorale.
Informazioni metodologiche sull’indagine12
In primo luogo, per quanto concerne la somministrazione del questionario, è stata dedicata un’attenzione particolare alla formulazione ed alla sequenza delle domande al fine di renderle univoche e comprensibili a tutti gli individui13. Inoltre, ove opportuno, sono stati inseriti accorgimenti metodologici quali domande filtro e risposte con rotazione casuale degli items.
I testi delle domande base sull’esposizione ai mezzi di comunicazione, ed i relativi periodi di riferimento, sono stati uniformati a quelli del questionario dell’indagine Sinottica14 di Gfk Eurisko nel duplice intento di adottare formulazioni ormai
12 Per una descrizione più dettagliata dell’impostazione metodologica seguita nella realizzazione dell’indagine e per il testo completo del questionario, si rimanda all’Allegato B.
13 Il questionario è stato riportato in formato elettronico in un c.d. “dialogatore”, uno strumento elettronico che facilita la lettura del questionario stesso e permette di toccare a video le risposte tra quelle precodificate (nel caso di domande chiuse), ovvero di utilizzare la tastiera touch per rispondere a domande aperte.
14 Xxxxxxxxx è una ricerca che Xxx Xxxxxxx realizza con interviste face-to-face in due periodi dell’anno (maggio e novembre) su un campione di 10.000 individui, rappresentativo della popolazione italiana.
consolidate, analoghe a quelle utilizzate nelle rilevazioni ufficiali sull’audience dei singoli media, e di poter confrontare la penetrazione dei mezzi stimata dall’indagine con quella risultante da Xxxxxxxxx.
Il questionario è stato somministrato ad un campione di 8.500 individui, con un’età minima di 14 anni, rappresentativo della popolazione italiana, in termini di distribuzione geografica (regione e ampiezza centro), profilo socio-demografico (sesso ed età), profilo culturale ed economico (istruzione, professione, reddito stimato) e dotazioni tecnologiche (telefono fisso, mobile, internet). Il tasso di risposta al questionario è stato dell’82,7%. Al termine della rilevazione, il campione finale, pari a 7.030 individui, è stato controllato e riequilibrato anche in funzione dell’esposizione ai mezzi di informazione (ascolto della tv nei 7 giorni; possesso di pay tv; lettura dei quotidiani nei 7 giorni; collegamento ad internet nei 3 mesi). Per il controllo e la riequilibratura del campione sono stati utilizzati i dati ISTAT sulla struttura della popolazione e le indagini Gfk Eurisko (Sinottica ed Eurisko Media Monitor) mirate all’analisi quali-quantitativa dell’esposizione a tutti i mezzi di comunicazione.
Sul campione di popolazione intervistato, l’errore campionario xxxxxxx00, al livello di confidenza del 95%, è pari all’1,17% e si individua in corrispondenza di una penetrazione rilevata pari al 50%. Ciò significa che, se la penetrazione del fenomeno fosse stimata pari al 50%, la penetrazione reale avrebbe una probabilità del 95% di essere compresa tra il (50-1,17)% e il (50+1,17)%. Valori pertanto assai marginali che rendono i risultati ottenuti assai robusti anche dal punto di vista statistico.
La rilevazione è stata effettuata in un periodo di 17 giorni: i questionari sono stati inviati agli individui del campione in data 19 marzo 2010 e sono stati compilati dagli stessi entro il 5 aprile 2010.
L’indagine ha ad oggetto la rilevazione di informazioni sul profilo socio-demografico, valoriale e stilistico degli individui, i loro comportamenti di consumo e la loro esposizione a tutti i mezzi.
15 Ovviamente, come in ogni indagine campionaria, il margine di errore statistico varia in funzione del valore percentuale della penetrazione rilevata nel corso dell’indagine e della numerosità del campione osservato.
2. SISTEMA INTEGRATO DELLE COMUNICAZIONI: RISULTANZE DEL PROCESSO DI VALORIZZAZIONE PER L’ANNO 2008
Di seguito, vengono esposti i principali risultati relativi al processo che ha condotto alla determinazione del valore economico del Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC) per l’anno 2008, sulla base della metodologia già illustrata al par. 1.1.
2.1 Sistema Integrato delle Comunicazioni
Nel 2008, il valore complessivo del Sistema Integrato delle Comunicazioni si è attestato sui 24,25 miliardi di euro (v. Tab. 2.1). L’area radiotelevisiva rappresenta, con il 39% (pari a 9,5 miliardi di euro), l’ambito con la maggiore incidenza sul totale delle risorse economiche. Segue la stampa, quotidiana e periodica, con il 31%, pari a 7,4 miliardi di euro. Il comparto editoriale è completato dai ricavi derivanti dall’editoria annuaristica e da quella elettronica, pari complessivamente a circa 1,4 miliardi di euro (5,6% del SIC). Ammontare quasi analogo a quello raggiunto dal settore cinematografico (1,3 miliardi di euro). Completa l’area classica del comparto pubblicitario la pubblicità esterna, che, nel 2008, incide per il 2,5% sui ricavi complessivi del SIC (602 milioni di euro).
Tabella 2.1 - Ricavi complessivi del SIC e delle relative aree economiche
Aree economiche
Ricavi (Mln €)
∆ Incidenza sul
di cui all’art. 2, comma 1, lett. l), TU | 2007(*) | 2008 | 2007/2008 | totale (2008) |
1. Radio e Televisione | 9.172,73 | 9.465,14 | 3,2% | 39,0% |
2. Stampa quotidiana e periodica (e agenzie di stampa) | 7.697,03 | 7.426,90 | -3,5% | 30,6% |
3. Editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di internet
1.332,45 1.360,15 2,1% 5,6%
4. Cinema | 1.499,38 | 1.328,28 | -11,4% | 5,5% |
5. Pubblicità esterna | 612,00 | 602,00 | -1,6% | 2,5% |
6. Iniziative di comunicazione di prodotti e servizi | 3.718,00 | 3.770,05 | 1,4% | 15,5% |
7. Sponsorizzazioni | 289,00 | 295,65 | 2,3% | 1,2% |
Totale | 24.320,60 | 24.248,16 | -0,3% | 100,0% |
Fonte: elaborazioni Agcom su dati aziendali e fonti varie
(*) I ricavi complessivi del SIC, con riferimento all’anno 2007, si discostano leggermente da quelli riportati nell’Allegato A alla delibera n. 270/09/CONS, a causa della differente impostazione metodologica seguita nel presente processo di valorizzazione e di cui ai precedenti paragrafi. Questa metodologia si discosta altresì da quella seguita finora nella Relazione annuale. In esito alla consultazione, si deciderà a quale metodologia attenersi nella Relazione per il prossimo anno.
Quanto al below the line (iniziative di comunicazione di prodotti e servizi e sponsorizzazioni), l’area supera complessivamente i 4 miliardi di euro, pari a circa il 16% del totale delle risorse.
2.2 Radio e Televisione
Il processo di valorizzazione del SIC per l’area radiotelevisiva ha comportato una rilevazione diretta presso un campione di imprese largamente rappresentativo dei settori di riferimento. A tale attività questionaria si è aggiunta un’opera di riscontro e di integrazione dei dati secondo la metodologia di seguito descritta.
Si evidenzia altresì che, nel presente provvedimento, pur continuando a fare riferimento al Testo Unico del 2005, si è comunque tenuto conto delle novità introdotte dal Decreto Romani (cfr. par. 5.1.1). In particolare, nel settore televisivo, rientrano anche le attività riferibili alla c.d. web tv. Al riguardo si evidenzia tuttavia che, per quanto riguarda gli inserimenti pubblicitari nei programmi di un’emittente diffusi anche sul web, questi già rientrano nei dati di raccolta pubblicitaria del mezzo televisivo, in quanto, allo stato attuale, gli operatori non vendono tali spazi separatamente per tale mezzo. Quanto ai banner (o altre forme di pubblicità) posizionati sulle pagine web, essi afferiscono alla raccolta pubblicitaria on line (cfr. par. 5.3.4).
Nota metodologica
L’analisi sul campo ha riguardato un campione di 137 imprese radiotelevisive (fra cui 4 gruppi: Mediaset/Fininvest, RAI, Sky/News Corp. e Telecom Italia) e delle relative concessionarie di pubblicità, sia interne sia esterne. Tale copertura campionaria permette l’analisi dell’intero universo della radiotelevisione nazionale e di una consistente quota dell’emittenza locale. Al fine di pervenire ad un’analisi quasi censuale del panorama radiotelevisivo, le informazioni questionarie sono state integrate con i dati derivanti dall’Informativa Economica di Sistema. Ciò ha garantito, per l’anno 2008, l’acquisizione diretta di informazioni presso 869 soggetti operanti in questa area economica.
Confrontando tale valore con le informazioni a disposizione dell’Autorità (nell’ambito del Registro degli Operatori di Comunicazione), è emersa la presenza di un’ulteriore frangia di emittenti locali (prevalentemente radio con un bacino di copertura assai ristretto16), il cui valore economico, peraltro assai marginale, è stato quantificato sulla base delle informazioni a disposizione dell’Autorità nonché dei dati e delle analisi fornite dalle associazioni di riferimento (Federazione Radio Televisioni e Aeranti Corallo).
16 Nel ROC sono presenti 2.108 operatori radiotelevisivi.
Risultati dell’analisi
Nell’anno 2008, come anticipato, i ricavi complessivi dell’area economica “Radio e Televisione” sono pari a 9,5 miliardi di euro, con un incremento del 3% rispetto all’anno precedente. Tale andamento nonché la ripartizione dei ricavi tra le due macrocategorie merceologiche, Televisione (gratuita e a pagamento) e Radio, sono riportati nella Tab. 2.217.
Tabella 2.2 - Struttura dei ricavi dell’area economica “Radio e Televisione”
Ricavi (Mln €) 2007 2008
∆
2007/2008
Incidenza sul totale (2008)
8.445,33 | 8.750,27 | 3, 6% | 92,5% | ||
TELEVISIONE di cui: | |||||
Televisione gratuita | 5.859,67 | 5.848,92 | -0,2% | 61,8% | |
Televisione a pagamento | 2.585,66 | 2.901,35 | 12,2% | 30,7% | |
RADIO | 727,41 | 714,86 | -1,7% | 7,6% | |
Totale | 9.172,73 | 9.465,14 | 3,2% | 100,00% |
Fonte: elaborazioni Agcom su dati aziendali
I dati confermano la prevalenza dei ricavi derivanti dalla televisione in chiaro che, nel 2008, rappresenta ancora il 62% dell’area economica in esame, anche se la crescita economica del comparto è interamente determinata dalla componente a pagamento, che è arrivata a pesare il 31% dell’intero sistema radiotelevisivo.
2.2.1 Televisione
Come osservato in precedenza, la valorizzazione del settore televisivo (gratuito e a pagamento) è stata formulata attraverso un percorso metodologico coerente, ma più accurato, rispetto a quello adottato nelle valutazioni economiche degli anni passati18.
17 Secondo quanto previsto dal dettato normativo (art. 43, comma 10, del TU della Radiotelevisione), i ricavi che hanno contribuito alla valorizzazione dell’area economica radiotelevisiva sono quelli relativi al finanziamento del servizio pubblico al netto dei diritti dell’erario, alla pubblicità nazionale e locale anche in forma diretta, alle televendite, alle sponsorizzazioni, alle convenzioni con soggetti pubblici a carattere continuativo, alle provvidenze pubbliche nonché alle offerte televisive a pagamento.
18 Il processo di raccolta diretta dei dati nel settore televisivo, anche attraverso il ricorso alle informazioni contenute nella IES, ha coinvolto 377 emittenti, nazionali e locali, per le quali è stato possibile procedere ad una valutazione puntuale dei ricavi realizzati. L’universo delle emittenti attive nel settore della televisione (così come desumibile dalle informazioni a disposizione dell’Autorità, quali il catasto delle frequenze e l’elenco delle emittenti autorizzate alle trasmissioni satellitari) risulta invece composto da 674 soggetti, di cui 556 trasmettono i propri programmi attraverso l’etere, 138 sono operatori satellitari (ma solamente 113 utilizzano esclusivamente la piattaforma satellitare) e 5 emittenti diffondono i programmi attraverso le reti di telecomunicazione fisse o mobili. Di conseguenza, per la parte di emittenti locali, per
Le tabelle successive illustrano l’articolazione dei ricavi totali prima per la componente relativa alla televisione gratuita, poi per quella della televisione a pagamento.
Nel 2008, la televisione gratuita ha realizzato 5.849 milioni di euro di introiti riconducibili al SIC (vedi Tab. 2.3), corrispondenti, come detto, al 62% dell’area radiotelevisiva, di cui 1.516 milioni di euro derivanti dal finanziamento del servizio pubblico (canone)19, 4.146 milioni di euro dalla raccolta pubblicitaria sia locale che nazionale (nel cui valore sono ricomprese anche le televendite e le sponsorizzazioni) e 187 milioni di euro da convenzioni e contributi da parte di soggetti pubblici.
Tabella 2.3 - Televisione gratuita
Provvidenze | ||||
Televisione gratuita a diffusione nazionale | 1.516,22 | 3.748,93 | 48,90 | 5.314,05 |
Televisione gratuita a diffusione locale | 0,00 | 397,15 | 137,72 | 534,88 |
Totale | 1.516,22 | 4.146,08 | 186,62 | 5.848,93 |
Ricavi 2008 (Mln €) Canone Pubblicità Convenzioni e
Totale
Fonte: elaborazioni Agcom su dati aziendali
La tabella seguente riporta la valutazione economica della televisione a pagamento, offerta agli utenti finali sulle varie piattaforme trasmissive (satellite, digitale terrestre, IPTV, e mobile tv).
le quali non si dispone di una rilevazione puntuale dei dati di ricavo, si è proceduto ad una quantificazione del relativo valore, anche sulla base delle informazioni ed analisi fornite dalle associazioni di settore (Aeranti Corallo e Federazione Radio Televisioni).
19 L’art. 47, comma 1, del TU impone alla società Rai Radiotelevisione Italiana Spa di dotarsi di un sistema di separazione contabile che segua uno schema di contabilità da sottoporre ad approvazione da parte dell’Autorità. In tal senso, la delibera n. 102/05/CONS del 10 febbraio 2005, successivamente modificata ed integrata dalla delibera 541/06/CONS del 20 settembre 2006, ha predisposto le regole di contabilità separata della Rai. Allo scopo di pervenire ad una corretta imputazione della quota di canone da attribuire rispettivamente all’attività televisiva ed a quella radiofonica, si è quindi tenuto conto di tale schema di contabilità separata, riferito all’esercizio 2008, e dei relativi aggregati contabili. In particolare, il canone da attribuire alla diffusione radiofonica (e per differenza quello relativo all’attività televisiva) è stato calcolato applicando al valore totale una percentuale pari alla quota di costi diretti attribuiti a tale attività sul totale dei costi diretti imputati al servizio pubblico (c.d. aggregato A della contabilità regolatoria).
Tabella 2.4 - Televisione a pagamento
Ricavi 2008 (Mln €)
Pay tv Pay per view Pubblicità Totale
Televisione a pagamento 2.328,73 320,23 252,39 2.901,35
Fonte: elaborazioni Agcom su dati aziendali
Nel dettaglio, si osserva che la televisione a pagamento ha realizzato, nel 2008, ricavi complessivi pari a 2.901 milioni di euro, di cui quelli da abbonamento (pay tv) e da servizi pay per view rappresentano la parte più consistente (rispettivamente, 2.329 e 320 milioni di euro), mentre il fatturato derivante dalla raccolta pubblicitaria supera di poco i 250 milioni di euro.
2.2.2 Radio
Passando ad analizzare l’attività radiofonica20, la tabella successiva presenta la ripartizione per tipologia di ricavo degli introiti complessivi riferiti all’anno 2008. Dei 715 milioni di euro attribuibili alla radiofonia, locale e nazionale, 87 derivano dal finanziamento del servizio pubblico, 578 dalla raccolta pubblicitaria, e 50 da convenzioni e provvidenze erogate dallo Stato.
Tabella 2.5 - Radio
Ricavi 2008 (Mln €)
Canone | Pubblicità Convenzioni e Totale Provvidenze | |||
Radio a diffusione nazionale | 86,72 | 396,53 | 28,11 | 511,36 |
Radio a diffusione locale | 0,00 | 181,96 | 21,54 | 203,50 |
Totale | 86,72 | 578,49 | 49,66 | 714,86 |
Fonte: elaborazioni Agcom su dati aziendali
20 Il processo di valorizzazione diretta (tramite analisi questionaria e dati derivanti dalla IES) del settore radiofonico ha coinvolto 492 operatori, ossia tutte le emittenti a diffusione nazionale, nonché una parte consistente, in termini di valore economico, delle emittenti radiofoniche a diffusione locale. Considerata l’elevata dispersione del mondo radiofonico locale (caratterizzato dalla presenza di oltre mille soggetti), si è proceduto ad una valorizzazione della rimanente componente di tale area economica, anche attraverso le informazioni fornite dalle associazione di settore (Aeranti Corallo e Federazione Radio Televisioni).
2.3 Editoria: stampa quotidiana e periodica, editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di internet
Di seguito, vengono esposti i principali risultati relativi al processo che ha condotto alla valutazione economica del comparto editoriale: stampa quotidiana e periodica, comprese le agenzie di stampa a carattere nazionale, ed editoria elettronica e annuaristica.
Nota metodologica
In primo luogo, il processo di valorizzazione delle aree economiche editoriali ha comportato, come detto, una rilevazione questionaria in cui sono state contattate direttamente 216 imprese, largamente rappresentative delle specifiche attività del settore editoriale. In particolare, sono stati rilevati i dati di ricavo di 63 imprese operanti nel settore della stampa quotidiana (di cui 15 editrici di quotidiani nazionali, 40 di quotidiani locali e 8 di free press), 135 imprese editoriali di stampa periodica, 18 di editoria annuaristica, 45 di editoria elettronica ed, infine, 19 agenzie di stampa.
Per quanto concerne il campione selezionato nella presente valorizzazione, esso rappresenta circa il 97% dell’universo, in termini di valore, della stampa quotidiana e circa il 99% delle agenzie di stampa a carattere nazionale21. Con riferimento alla stampa periodica, invece, trattandosi di un ambito piuttosto eterogeneo e frammentato, il campione rappresenta poco meno del 90% dei ricavi della platea dei soggetti ivi operanti.
Al fine di valorizzare anche quelle nicchie di mercato, soprattutto locale, non coperte dall’analisi questionaria, si è proceduto ad integrare i dati raccolti con le informazioni derivanti dall’Informativa Economica di Sistema (IES).
Con riferimento alla stampa quotidiana, tale attività ha determinato l’incremento dei soggetti rilevati da 63 a 130, contribuendo in tal modo a raggiungere una valorizzazione pressoché censuaria di tale ambito economico. Analogo discorso vale per la stampa periodica (da 198 a 1.44022) e per le agenzie di stampa (da 19 a 28). L’incremento del numero delle imprese rilevate ha riguardato anche l’editoria elettronica, nella quale, di regola, operano soggetti già attivi nei comparti dell’editoria tradizionale.
Considerato l’universo particolarmente frammentato della stampa quotidiana e periodica nonché dell’editoria elettronica, i dati così ottenuti sono stati confrontati con quelli elaborati dalle associazioni di settore. Nel caso della stampa quotidiana, si è ricorsi agli studi realizzati da FIEG; per la stampa periodica è risultata particolarmente utile l’analisi fornita dall’Associazione Nazionale Editoria Periodica Specializzata (ANES), la quale ha operato un’esaustiva ricostruzione del segmento della stampa periodica
21 Il dato dell’universo si riferisce a quello derivante dalla IES.
22 Il dato include anche l’editoria annuaristica ed elettronica.
specializzata, basata sui fatturati di bilancio di imprese associate e non23; infine, per quanto concerne l’editoria elettronica, i dati sono stati confrontati con quelli raccolti dall’Associazione Italiana Editori (AIE)24.
Risultati dell’analisi
Nel 2008, l’intero comparto editoriale - comprensivo delle seguenti macroaree merceologiche: stampa quotidiana (nazionale, locale, free press), stampa periodica, editoria annuaristica ed elettronica ed agenzie di stampa -, non ha raggiunto i 9 miliardi di euro di ricavi complessivi (v. Tab. 2.6).
Tabella 2.6 - Struttura dei ricavi dell’area economica “Editoria”
Ricavi (Mln €) ∆ Incidenza sul totale
2007 | 2008 | 2007/2008 | (2008) | ||
QUOTIDIANA | 3.457,44 | 3.251,88 | -5,9% | 37,0% | |
PERIODICA | 4.003,23 | 3.937,19 | -1,6% | 44,8% | |
ANNUARISTICA | 876,08 | 819,26 | -6,5% | 9,3% | |
ELETTRONICA | 456,37 | 540,89 | 18,5% | 6,2% | |
AGENZIE DI STAMPA | 236,37 | 237,83 | 0,6% | 2,7% | |
Totale | 9.029,49 | 8.787,05 | -2,7% | 100,0% |
Fonte: elaborazioni Agcom su dati aziendali
Si osserva, in particolare, una generalizzata contrazione dell’area economica che, da un valore di circa 9 miliardi di euro nel 2007, è scesa a 8,8 miliardi di euro nel 2008. Si rileva, pertanto, una riduzione dei ricavi complessivi, pari a circa il 2,7%, che coinvolge tutti i comparti interessati, ad eccezione dell’editoria elettronica, l’unico ambito in cui si rilevano forti segnali di crescita (+18,5%), e delle agenzie di stampa, caratterizzate da una stabilità del dato di fatturato.
2.3.1 Editoria quotidiana
L’analisi successiva, riportata in Tab. 2.7, evidenzia la composizione dei ricavi delle diverse componenti dell’area editoriale.
23 Ulteriori informazioni sono state fornite dall’Unione Stampa Periodica Italiana (sentita in audizione in data 4 novembre 2009).
24 Inoltre, IAB Italia, Fedoweb, e la Federazione Concessionarie Pubblicità, sentite in audizione rispettivamente in data 25 novembre 2009, 5 novembre 2009 e 26 ottobre 2009, hanno fornito informazioni e dati sulla raccolta pubblicitaria su internet.
Tabella 2.7 - Editoria quotidiana
Ricavi 2008 (Mln €)
Vendita di copie | Pubblicità | Collaterali Convenzioni e Totale Provvidenze | |||
Quotidiana nazionale | 716,63 | 940,89 | 165,11 | 28,40 | 1.851,04 |
Quotidiana locale | 556,46 | 719,61 | 18,75 | 6,62 | 1.301,43 |
Free Press | 0,00 | 99,41 | 0,00 | 0,00 | 99,41 |
Totale | 1.273,09 | 1.759,91 | 183,86 | 35,02 | 3.251,88 |
Fonte: elaborazioni Agcom su dati aziendali
Come anticipato, nel presente ciclo di valorizzazione i ricavi relativi alla stampa quotidiana sono stati disaggregati a seconda dell’ambito, nazionale o locale, di diffusione. È stata inoltre data evidenza separata alla free press.
Nell’editoria quotidiana, la componente più significativa dei ricavi è costituita dalla raccolta pubblicitaria, che contribuisce per oltre il 50%, con un peso maggiore nell’editoria locale (55%) piuttosto che in quella nazionale (51%). Nell’editoria quotidiana nazionale, ai ricavi da vendita di copie (717 milioni di euro) e da pubblicità (941 milioni), si affiancano i ricavi relativi ai collaterali (165 milioni) e quelli dovuti a provvidenze e convenzioni con i soggetti pubblici (28 milioni), voci queste ultime decisamente meno significative nell’editoria quotidiana locale (rispettivamente 19 e 7 milioni).
Anche da un punto di vista dinamico si rilevano differenze tra i diversi ambiti. Si evidenzia, in primo luogo che, a fronte di una contrazione complessiva (pari, come detto, a circa il 6%), la flessione dei ricavi dell’editoria quotidiana locale è stata minore (circa il 4%) rispetto a quella nazionale (oltre il 7%). La voce relativa alle vendite di collaterali, con un decremento, nell’ultimo anno, pari ad oltre il 20%, sia a livello nazionale sia locale, appare presentare una tendenza ad una riduzione strutturale, e non solo congiunturale.
L’analisi dinamica evidenzia, in secondo luogo, le consistenti perdite riconducibili alla free press, che presenta una decisa contrazione, con ricavi totali che, da 112 milioni di euro nel 2007, sono passati a 99,41 milioni nel 2008 (una riduzione che supera il 10%). La stampa gratuita, basandosi esclusivamente sulla pubblicità, sembra aver risentito più degli altri segmenti della crisi, iniziata nella seconda metà del 2008 e aggravatasi, peraltro, nel corso dell’ultimo anno.
2.3.2 Editoria periodica
Passando all’editoria periodica (v. Tab 2.8), emerge che l’eterogeneità del settore non consente un’analisi univoca della composizione dei ricavi. In alcuni casi, le testate periodiche possono avere come voce prevalente di ricavo la raccolta pubblicitaria,
mentre, in altri (specie nelle testate rivolte all’utenza business), l’abbonamento diventa la più importante fonte di reddito per le imprese. In ogni caso, in generale, si rileva la prevalenza, nel 2008, dei ricavi derivanti dalle vendita di copie (circa 2 miliardi di copie), rispetto alla pubblicità (1,7 miliardi di euro), nonché la marginalità delle altre voci (collaterali e convenzioni e provvidenze pubbliche).
Tabella 2.8 - Editoria periodica
Ricavi 2008 (Mln €)
Vendita di copie Pubblicità Collaterali Convenzioni e
Provvidenze
Totale
Periodica 2.069,50 1.722,72 141,99 2,98 3.937,19
Fonte: elaborazioni Agcom su dati aziendali
Da un punto di vista dinamico, nell’ultimo anno, come per la stampa quotidiana, anche in questo ambito la maggiore perdita si è riscontrata relativamente ai ricavi derivanti dalla vendita di collaterali e dalle inserzioni pubblicitarie.
2.3.3 Editoria annuaristica ed elettronica
Nell’attività di valorizzazione, a differenza dei cicli precedenti, si è proceduto a distinguere l’editoria annuaristica da quella elettronica, anche in considerazione del fatto che appartengono ad ambiti di mercato distinti (cfr. capitolo 5).
Alla luce della recente affermazione di internet come nuova modalità di offerta di contenuti editoriali, si è ritenuto appropriato, per l’editoria quotidiana, periodica ed annuaristica, attribuire i ricavi da pubblicità on line all’editoria elettronica, che include anche il fatturato derivante dalla vendita di prodotti e servizi elettronici (sia on line che off line).
Il valore complessivo dell’editoria annuaristica è stato così ottenuto computando i ricavi derivanti dalla vendita di prodotti e servizi annuaristici in formato cartaceo, su altri supporti, e gli introiti generati dalla raccolta pubblicitaria su mezzo cartaceo.
Tabella 2.9 - Editoria annuaristica ed elettronica
Ricavi 2008 (Mln €)
540,89
Elettronica
di cui:
Prodotti, servizi, abbonamenti 168,28
Pubblicità on line 372,61
Annuaristica 819,26
Fonte: elaborazioni Agcom su dati aziendali
Come già sottolineato, l’editoria elettronica rappresenta l’unico comparto dove si registrano segnali di crescita, sebbene partendo da valori assoluti piuttosto contenuti (456,37 milioni di euro nel 2007). Nel 2008, il valore di tale area economica ha superato i 500 milioni di euro (v. Tab. 2.9), mentre l’editoria annuaristica risulta essere caratterizzata da una più ampia base di ricavi (819 milioni di euro nel 2008), ma anche da una strutturale contrazione di tale gettito (-6,5% nell’ultimo anno).
2.3.4 Agenzie di stampa
Infine, con riferimento alle agenzie di stampa, si rileva come esse non rappresentino, nella formulazione dell’art. 43, comma 10, del Testo Unico della Radiotelevisione, un’area economica, quanto piuttosto una tipologia di ricavo che concorre al calcolo del limite del 20% del SIC. In conformità con gli anni precedenti si è quindi proceduto a valorizzare anche tale segmento, che tuttavia non rientra tra gli ambiti di mercato individuati (cfr. capitolo 5).
Come detto, si osserva una sostanziale stabilità nei ricavi totali delle agenzie di stampa, che, nel 2008, raggiungono i 238 milioni di euro (Tab. 2.10).
Tabella 2.10 - Agenzie di stampa
Ricavi 2008 (Mln €)
Agenzie di stampa 237,83
Fonte: elaborazioni Agcom su dati aziendali
2.4 Cinema
La valorizzazione del settore cinematografico, come osservato in precedenza, è stata realizzata mediante il ricorso a dati ed informazioni acquisiti da fonti esterne, prevalentemente associazioni di categoria e società di rilevazione convocate in audizione, alle quali è stato chiesto di fornire i risultati di studi ed analisi
sull’andamento e sulla valutazione economica dei settori di riferimento25. Nei paragrafi successivi, si illustrano le principali assunzioni metodologiche adottate e le risultanze quantitative dell’analisi.
Nota metodologica
Il valore economico dell’area in esame, coerentemente con i precedenti processi di valutazione, include i ricavi afferenti alla parte finale della filiera cinematografica (esercizio ed altri canali di fruizione diretta del prodotto cinematografico da parte dei consumatori26).
Più in dettaglio, sono stati considerati:
- i ricavi derivanti dalla vendita di biglietti ed abbonamenti (box office). Per la valorizzazione di questa componente, sono stati utilizzati i dati relativi alla spesa al botteghino, elaborati da SIAE27, computandoli al netto dell’IVA (10%) e dei diritti SIAE (2,10%)28;
- i ricavi da raccolta pubblicitaria. I ricavi relativi alle tre concessionarie di pubblicità nazionale (Sipra S.p.a., Opus Proclama S.p.a. e MovieMedia S.r.l.29) sono stati valutati attraverso i dati forniti da Xxxxxxx Media Research ed Audimovie30. Considerato che, secondo quanto emerso nel corso del procedimento, tali ricavi rappresentano l’89% del valore totale della pubblicità cinematografica (stima Xxxxxxx Media Research e UPA), è stato possibile calcolare l’intero perimetro di tale ambito di attività31;
- i ricavi derivanti dai prodotti home video (DVD, Blu-ray Disc, VHS, UMD e HD- DVD) a contenuto cinematografico, commercializzati attraverso i tre canali di
25 In particolare, sono state sentite in audizione: Univideo, in data 13 novembre 2009; ANICA, in data 18 novembre 2009; The Xxxxxxx Company, in data 24 novembre 2009; Audimovie, in data 2 dicembre 2009. Nel corso del procedimento, sono state inoltre richieste informazioni, oltre che alle precedenti società ed associazioni, anche alla Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE).
26 In tal senso, i ricavi derivanti dalla commercializzazione dei diritti di distribuzione delle opere cinematografiche, attraverso le varie forme di sfruttamento del mercato televisivo (televisione in chiaro e televisione a pagamento), non vengono inclusi nella valorizzazione dell’area “cinema”, essendo già stati computati tra i ricavi del settore televisivo.
27 XXXX, Annuario dello spettacolo 2008, Tav. 91, “Spesa al botteghino”.
28 Sono esclusi dal calcolo, non essendo riconducibili ad alcuna delle tipologie di ricavo elencate dall’art. 43, comma 10, TU della Radiotelevisione, gli introiti derivanti dalla spesa sostenuta dal pubblico per la fruizione di servizi collaterali (bar, altri punti di ristoro, divertimenti, …).
29 Xxxx concessionarie raggiungono, attraverso i circuiti di sale ad esse associate, il 71% degli spettatori cinematografici.
30 Per i ricavi dichiarati dalle concessionarie Sipra S.p.a. e Opus Proclama S.p.a., l’Autorità dispone anche dei dati rilevati direttamente presso le società, attraverso la somministrazione di specifici questionari.
31 In tal senso, le sale cinematografiche non incluse nei circuiti nazionali delle predette concessionarie rappresentano il 29% delle presenze, nonché l’11% della raccolta pubblicitaria cinematografica.
consumo finale: vendita, edicola32 e noleggio. Per la valutazione economica di questa componente, sono stati considerati soltanto i prodotti “made for cinema” (il cui contenuto ha avuto un passaggio in sala) e “made for video” (prevalentemente opere cinematografiche destinate al solo mercato dell’home video, senza il preliminare passaggio in sala, almeno per quanto concerne il mercato nazionale)33, al netto dell’IVA (pari al 4% per il canale edicola e al 20% per i canali vendita e noleggio).
Nel presente ciclo di aggiornamento, in conformità al disposto dell’art. 43, comma 10, del TU della Radiotelevisione, si è ritenuto opportuno, altresì, includere nella valorizzazione economica del comparto cinematografico i contributi pubblici34 - contabilizzati tra i ricavi all’interno dei bilanci delle società - qualificabili come “provvidenze pubbliche”35.
32 Diversamente dai precedenti cicli di valutazione, si è ritenuto opportuno includere i ricavi derivanti dalla commercializzazione di prodotti home video in edicola nell’area economica “cinema”, piuttosto che nell’area “Stampa quotidiana e periodica”. In particolare, come esposto nel testo, l’art. 43, comma 10, del TU della Radiotelevisione indica tra le tipologie di ricavo da includere nella valorizzazione del SIC quelli derivanti dalla vendita di quotidiani e periodici compresi, unicamente, i prodotti “librari” e “fonografici” commercializzati in allegato. Ciò nonostante, gli introiti derivanti dalla vendita in edicola dei “video” a contenuto cinematografico (sia commercializzati come “collaterali” allegati alle testate quotidiane e periodiche, sia commercializzati, separatamente dalle testate, come “supporti collezionabili”) devono essere inclusi nel computo, ai sensi dell’ultimo inciso del succitato art. 43, comma 10, che individua come ulteriore fonte di ricavo da considerare nella valutazione economica del SIC i proventi derivanti dall’«utilizzazione delle opere cinematografiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico». Ne consegue una più appropriata collocazione dei ricavi in questione all’interno del settore cinematografico, anziché dell’editoria.
33 I dati presenti nel Rapporto Univideo 2009 sullo stato dell’editoria audiovisiva in Italia aggregano i valori dei ricavi derivanti dalla commercializzazione di prodotti home video “made for cinema”, “made for video” e “made for TV” (serie televisive, fiction). Sulla base di informazioni più dettagliate richieste alla stessa Associazione, è stato possibile isolare il valore dei ricavi derivanti dai prodotti home video aventi contenuto cinematografico (“made for cinema” e “made for video”). In particolare, il made for cinema e il made for video rappresentano congiuntamente il 90,2% del canale vendita complessivo nel 2007 e il 90,5% del medesimo canale nel 2008. Gli stessi valori percentuali possono valere anche per la stima del made for cinema e del made for video relativi al canale edicola, mentre si riscontra che la pressoché totalità dei prodotti veicolati attraverso il canale noleggio abbia un contenuto cinematografico. Si rileva, infine, che Univideo non include, nelle proprie valutazioni, il valore del segmento hard dell’home video. Valore questo che, peraltro, non è stato possibile misurare neppure nell’ambito del presente procedimento, essendo disponibili, presso le fonti esterne contattate, unicamente dati non puntuali, poco affidabili e non aggiornati.
34 I contributi pubblici considerati sono gli incentivi alla produzione, calcolati in percentuale sulla misura degli incassi, erogati ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. n. 28 del 2004, recante “Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137”.
35 Il dato sul valore di tali contributi è stato fornito all’Autorità dall’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali (ANICA). Le informazioni prodotte da ANICA sono state elaborate sulla base dei dati pubblicati dal MiBAC nella Relazione sull’utilizzazione del Fondo Unico per lo Spettacolo, 2007 e 2008.
Risultati dell’analisi
Dall’analisi condotta sulla base della metodologia descritta nel precedente paragrafo emerge, nell’anno 2008, un ricavo complessivo per l’area economica “Cinema” di 1.328 milioni di euro, con una flessione dell’11% rispetto all’anno precedente (Tab. 2.11).
Tabella 2.11 - Struttura dei ricavi dell’area economica “Cinema”
Ricavi (Mln €) 2007 2008
∆
2007/2008
Incidenza sul totale (2008)
Box office 597,34 567,94 -4,9% 42,8%
803,99 667,19 -17,0% 50,2%
di cui: | |||||
Vendita | 355,99 | 306,49 | |||
Home video | |||||
Edicola | 266,00 | 226,86 | |||
Noleggio | 182,00 | 133,83 | |||
Pubblicità | 78,42 | 65,53 | -16,4% | 4,9% | |
Provvidenze | 19,64 | 27,62 | 40,6% | 2,1% | |
Totale | 1.499,38 | 1.328,28 | -11,4% | 100,0% |
Fonte: elaborazioni Agcom su dati SIAE, Univideo, Xxxxxxx Media Research, Audimovie, ANICA
Dal dettaglio delle singole voci di ricavo che concorrono alla valorizzazione dell’area economica in esame, si evince che, nel 2008, i ricavi derivanti da home video e box office risultano avere l’incidenza maggiore sul totale del fatturato del comparto cinematografico, con un peso rispettivamente pari al 50% e al 43%. In valore assoluto, si riscontrano ricavi pari a 667 milioni di euro per l’home video e a 568 milioni di euro per il box office. I ricavi da raccolta pubblicitaria ammontano a 66 milioni di euro, segnando una diminuzione del 16% rispetto al 2007. Si evidenzia, invece, un aumento del 41% degli introiti derivanti dai contributi pubblici alla produzione, che, per l’anno 2008, si attestano a 28 milioni di euro.
2.5 Pubblicità esterna
La valutazione economica dell’area in esame, analogamente al settore cinematografico e al below the line, è stata realizzata mediante il ricorso a dati ed informazioni acquisiti dalle fonti esterne convocate in audizione (FISPE, AssoComunicazione, Audiposter,
UPA, Xxxxxxx Media Research)36. Si illustrano, di seguito, la metodologia utilizzata ed i risultati ai quali si è pervenuti.
Nota metodologica
Nella valorizzazione dei ricavi derivanti dalla pubblicità esterna sono state considerate tutte le forme di comunicazione pubblicitaria ubicate lungo le strade e in spazi aperti al pubblico. I ricavi complessivi del settore, in particolare, sono stati stimati come la risultante degli introiti derivanti da diverse componenti, quali poster, arredo urbano, maxi-formati, cartellonistica esterna, transit (o pubblicità dinamica), aeroporti, circuiti tematici, insegne luminose (per la cui definizione si rimanda al capitolo 5).
La valutazione economica dell’area “Pubblicità esterna” ha presentato alcune criticità, direttamente imputabili alla complessa articolazione del settore, alle diverse modalità di realizzazione della raccolta pubblicitaria (che, in alcuni segmenti, avviene direttamente, in altri, attraverso l’intermediazione di concessionarie), all’elevato numero di operatori coinvolti, all’esistenza di discipline specifiche per la regolamentazione di ciascun ambito.
In considerazione di ciò, si è ritenuto opportuno pervenire alla valorizzazione dei ricavi complessivi derivanti dalla diffusione di pubblicità esterna, utilizzando il dato elaborato dalla Federazione Italiana Sviluppo Pubblicità Esterna (FISPE)37.
Risultati dell’analisi
Nell’anno 2008, i ricavi complessivi afferenti all’area economica “Pubblicità esterna” sono pari a 602 milioni di euro, con una flessione dell’1,6% rispetto all’anno precedente (v. Tab. 2.12).
Tabella 2.12 - Ricavi complessivi dell’area economica “Pubblicità esterna”
Ricavi (Mln €) 2007 2008
∆
2007/2008
Pubblicità esterna 612,00 602,00 -1,6%
Fonte: FISPE
36 In particolare, sono state sentite in audizione: UPA, in data 26 ottobre 2009; FISPE, in data 29 ottobre 2009; AssoComunicazione, in data 3 novembre 2009 e Audiposter, in data 19 novembre 2009. Alle stesse sono state anche rivolte richieste di informazioni in forma scritta.
37 La rilevazione fornita da FISPE include sia i ricavi realizzati dalle principali concessionarie di pubblicità esterna aderenti alla Federazione, sia i ricavi conseguiti dalle altre concessionarie e, attraverso la raccolta pubblicitaria diretta, da parte dei proprietari dei mezzi.
2.6 Below the line: iniziative di comunicazione di prodotti e servizi e sponsorizzazioni
Anche per la valutazione economica dell’area in esame si è fatto ricorso ai dati acquisiti dalle fonti esterne sentite in audizione e alle quali sono state somministrate specifiche richieste di informazioni38. Nei paragrafi successivi, vengono descritti il percorso metodologico seguito ed i risultati dell’analisi.
Nota metodologica
L’art. 2, comma 1, lett. l), del TU della Radiotelevisione include, tra le aree economiche che compongono il SIC, le “iniziative di comunicazione di prodotti e servizi” e le “sponsorizzazioni”. Nell’ambito della valorizzazione dei ricavi afferenti a tali settori economici, si è ritenuto opportuno comprendere nel computo, in ottemperanza al disposto dell’art. 43, comma 10, gli introiti derivanti dall’“attività di diffusione del prodotto realizzata al punto vendita con esclusione di azioni sui prezzi” e dalle “sponsorizzazioni” diverse da quelle televisive e radiofoniche, già inclusi tra i ricavi delle rispettive aree economiche di competenza.
La valutazione dei comparti in questione ha presentato diversi elementi di criticità, riconducibili soprattutto al fatto che le iniziative di comunicazione di prodotti e servizi e le sponsorizzazioni vengono sempre più frequentemente integrate con le altre attività di marketing del below the line (quali direct marketing, relazioni pubbliche ed eventi). Ne consegue una oggettiva difficoltà, anche da parte delle associazioni di categoria, a produrre dati puntuali sui ricavi derivanti dalle singole componenti del below the line, che siano, peraltro, secondo quanto prescritto dalla legge, al netto delle azioni sui prezzi e dell’autoproduzione. In particolare, il valore economico delle sponsorizzazioni viene spesso rilevato congiuntamente al valore degli eventi, rivelandosi non agevole la stima in forma disaggregata di tale variabile.
Nel corso del procedimento, è emerso, inoltre, che nessuna delle fonti esterne contattate adotta la locuzione “iniziative di comunicazione di prodotti e servizi” per identificare un’area specifica del below the line. In considerazione di ciò, si è ritenuto di poter assimilare le iniziative di comunicazione di prodotti e servizi all’attività di promozione che, secondo la definizione fornita da AssoComunicazione, può essere intesa come l’attività di marketing finalizzata al raggiungimento o alla fidelizzazione dei clienti/consumatori, che comprende la promozione al consumo (strategia utilizzata per promuovere la conoscenza o la fidelizzazione di un prodotto) e la promozione presso il punto vendita (in store promotion).
38 In particolare, sono state sentite in audizione: UPA, in data 26 ottobre 2009; UNICOM, in data 30 ottobre 2009; AssoComunicazione, in data 3 novembre 2009. Alle stesse sono state rivolte richieste di informazioni anche in forma scritta.
Seguendo l’impianto metodologico adottato nei precedenti processi di valorizzazione39, è stata richiesta alle principali associazioni di categoria una propria valutazione circa l’andamento economico, nel 2008, delle attività in esame.
All’esito dell’analisi delle informazioni acquisite, si è ritenuto opportuno valorizzare i ricavi derivanti da tali attività, utilizzando la media delle stime fornite da AssoComunicazione (associazione che rappresenta 185 imprese di comunicazione, operanti a livello nazionale) ed UNICOM (associazione che rappresenta imprese di comunicazione di piccole e medie dimensioni, operanti prevalentemente a livello locale)40.
Risultati dell’analisi
Nell’anno 2008, i ricavi complessivi afferenti alle “iniziative di comunicazione di prodotti e servizi” sono pari a 3.770 milioni di euro (v. Tab. 2.13), con un incremento dell’1,4% rispetto all’anno precedente, mentre quelli relativi alle “sponsorizzazioni” risultano pari a 296 milioni di euro, con una crescita del 2,3%.
Tabella 2.13 - Ricavi complessivi dell’area economica “Below the line”
Ricavi (Mln €) 2007 2008
∆
2007/2008
Iniziative di comunicazione di beni e servizi 3.718,00 3.770,05 1,4% Sponsorizzazioni 289,00 295,65 2,3%
Fonte: elaborazioni Agcom su dati AssoComunicazione ed UNICOM
2.7 Confronto internazionale
Al fine di approfondire le evidenze emerse in questo capitolo, si propone una comparazione internazionale dei valori dei ricavi afferenti ai settori delle comunicazioni. In particolare, i dati di ricavo dell’Italia sono stati confrontati con quelli relativi ad alcuni Paesi europei, che hanno caratteristiche socio-economiche paragonabili all’Italia (Regno Unito, Germania, Francia e Spagna), agli Stati Uniti e al Giappone.
Nota metodologica
Per agevolare il confronto, è stato necessario considerare per l’Italia valori omogenei ai dati disponibili per gli altri Paesi. Conseguentemente, si è fatto ricorso ad un approccio
39 Cfr. “Allegato A” alla Delibera n. 341/06/CONS.
40 La valorizzazione elaborata sulla base di questa impostazione metodologica risulta coerente anche con la stima prodotta da UPA, che è stata utilizzata come ulteriore riscontro.
metodologico differente da quello, illustrato nei paragrafi precedenti, che ha condotto alla valorizzazione delle singole aree economiche del SIC nel rispetto di quanto prescritto dal TU.
In primo luogo, i dati riportati nelle tabelle successive non comprendono tutte le aree economiche del SIC, rimanendo escluse le iniziative di comunicazione di prodotti e servizi e le sponsorizzazioni (diverse da quelle televisive e radiofoniche), per le quali non si dispone di rilevazioni internazionali puntuali.
In secondo luogo, occorre specificare, per ciascuna delle aree considerate, quali voci di ricavo sono state incluse nel computo ai fini di tale confronto. Al riguardo, vale premettere che, rispetto alla valutazione compiuta per valorizzare il SIC, per nessuna delle aree economiche considerate nella presente analisi sono stati inclusi i ricavi da provvidenze pubbliche e da convenzioni con soggetti pubblici. Si precisa, inoltre, che, nell’impossibilità di disporre di informazioni adeguate di carattere sovranazionale, rimangono altresì esclusi i proventi conseguiti dalle agenzie di stampa.
I ricavi complessivi del settore televisivo comprendono gli introiti derivanti, dal lato degli utenti, dal canone di abbonamento per la fruizione del servizio televisivo pubblico, dall’abbonamento alla pay tv e dai servizi pay per view sulle diverse piattaforme e, dal lato degli inserzionisti, dalla pubblicità (incluse televendite, telepromozioni e sponsorizzazioni) diffusa sui canali della televisione gratuita e a pagamento.
Per il comparto radiofonico sono stati inclusi nel computo i ricavi derivanti dal canone di abbonamento per la fruizione del servizio radiofonico pubblico e dalla trasmissione di pubblicità, radiovendite e sponsorizzazioni.
I ricavi totali relativi ai settori della stampa quotidiana (inclusa la free press) e periodica includono i proventi derivanti dalla vendita di copie ai lettori41 e dalla vendita di spazi pubblicitari agli inserzionisti. Nell’analisi in questione, sono stati computati, per l’editoria annuaristica, unicamente i ricavi derivanti dalla raccolta pubblicitaria su mezzo cartaceo42 e, per l’editoria elettronica, soltanto i ricavi da pubblicità on line degli editori (e non anche, come per la valorizzazione del SIC, gli introiti dovuti alla vendita di prodotti e servizi di editoria elettronica on line e off line).
Per il comparto cinematografico, vengono presi in considerazione i ricavi derivanti dalla vendita di biglietti per la visione in sala delle opere filmiche e dalla vendita (anche in edicola), noleggio e download digitali di prodotti home video43.
41 In questo caso, diversamente dalla valorizzazione dell’area “Stampa quotidiana e periodica” compiuta nell’ambito della valutazione economica del SIC, sono esclusi dal computo i ricavi derivanti dalla vendita di prodotti commercializzati, unitamente o separatamente, alle testate.
42 Nel processo di valorizzazione del SIC, invece, sono stati computati nell’area “Editoria annuaristica” anche i ricavi derivanti dalla vendita di prodotti editoriali annuaristici in formato cartaceo, on line e su supporti off line.
43 Al fine della comparazione internazionale, e diversamente dal computo operato per la valorizzazione del SIC, non sono ricompresi nel settore cinematografico i ricavi pubblicitari, mentre gli incassi al botteghino sono considerati al lordo di IVA e dei diritti SIAE (fonte SIAE). In modo analogo, anche i
Infine, il valore della pubblicità esterna comprende, analogamente alla valutazione economica compiuta al fine di valorizzare il SIC, gli introiti derivanti dai diversi segmenti: poster, arredo urbano, maxi-formati, cartellonistica esterna, transit, aeroporti, circuiti tematici e insegne luminose.
Risultati dell’analisi
Dall’analisi condotta emerge che, nell’anno 2008, gli Stati Uniti hanno registrato i ricavi complessivi maggiori nei settori delle comunicazioni esaminati, con un valore pro capite di 674 euro, seguiti da Regno Unito, Germania e Giappone44. Penultima posizione per l’Italia con ricavi pari a 325 euro per abitante (v. Tab. 2.14).
Osservando la distribuzione degli introiti totali tra la quota parte degli stessi derivante dagli utenti e la quota derivante dagli inserzionisti, si nota come, per l’Italia, siano più consistenti, i ricavi generati dalla vendita di spazi pubblicitari sui diversi mezzi, rappresentando circa il 53% dei ricavi complessivi. Una situazione analoga si registra per USA e Spagna e, in maniera meno accentuata, in Giappone. Al contrario, per le imprese di Regno Unito, Germania e Francia, operanti nei settori di riferimento, risultano preponderanti le entrate dovute alla spesa sostenuta dagli utenti.
ricavi derivanti dalla vendita e dal noleggio dei prodotti home video sono al lordo di IVA (fonte Univideo).
44 Il Giappone sale al secondo posto se si considerano i valori complessivi dei ricavi.
Tabella 2.14 - Ricavi dal lato degli utenti e dal lato degli inserzionisti (2008)(*)
Ricavi dal lato degli utenti Ricavi dal lato degli inserzionisti Totale
Mln € | €/abitante | Mln € | €/abitante | Mln € | €/abitante | |
USA | 88.509 | 291 | 116.369 | 383 | 204.878 | 674 |
Regno Unito | 23.580 | 384 | 14.013 | 228 | 37.593 | 612 |
Germania | 21.335 | 260 | 14.301 | 174 | 35.635 | 434 |
Giappone | 27.882 | 218 | 27.101 | 212 | 54.983 | 431 |
Francia | 16.708 | 268 | 8.292 | 133 | 24.999 | 401 |
Italia | 9.059 | 153 | 10.196 | 172 | 19.256 | 325 |
Spagna | 5.863 | 129 | 6.850 | 150 | 12.713 | 279 |
Fonte: elaborazioni Agcom su dati aziendali e fonti varie (per l’Italia) e su dati PriceWaterhouseCoopers, Global entertainment and media outlook 2009-2013 (per gli altri Paesi)
(*) I valori degli altri Paesi europei, USA e Giappone sono espressi al tasso di cambio medio $/€ dell’anno 2008. I valori pro capite sono stati ottenuti dividendo i valori complessivi per il numero di abitanti di ciascun Paese, nell’anno di riferimento (fonte OECD).
I dati riportati in tabella sono computati seguendo un’impostazione metodologica diversa da quella utilizzata per la valorizzazione del SIC. In particolare, rispetto alla predetta valutazione economica del SIC, tali dati non includono: i ricavi derivanti dalle iniziative di comunicazione di prodotti e servizi e dalle sponsorizzazioni (diverse da quelle televisive e radiofoniche), i ricavi conseguiti dalle agenzie di stampa, i ricavi da provvidenze pubbliche e da convenzioni con soggetti pubblici, gli introiti derivanti dalla vendita di collaterali commercializzati in allegato alle testate quotidiane e periodiche, i proventi derivanti dalla vendita di prodotti di editoria annuaristica ed elettronica e i ricavi pubblicitari del settore cinematografico. Si precisa, inoltre, che i ricavi del comparto cinematografico (box office e home video) sono considerati al lordo di IVA e dei diritti SIAE.
Passando all’esame della struttura dei ricavi per area economica (cfr. Tabb. 2.15 e 2.16), si evidenzia che per tutti i Paesi considerati è prevalente la quota di ricavi afferenti al settore televisivo, con un peso sul totale dei proventi che, per l’Italia, si attesta attorno al 45%, valore secondo soltanto a quello degli Stati Uniti (46%).
Secondo per importanza il settore della stampa quotidiana in quasi tutti i Paesi. Fanno eccezione l’Italia e la Francia in cui, dopo il settore televisivo, è la stampa periodica ad avere l’incidenza maggiore sui ricavi complessivi. È opportuno sottolineare che, se considerate congiuntamente, le aree della stampa quotidiana e periodica raggiungono un peso significativo sul totale degli introiti che, in Italia, è pari a circa il 35% (per un valore di 6.826 milioni di euro) e, in Germania e in Giappone, supera addirittura l’incidenza del comparto televisivo.
Marginale, in Italia più che negli altri Paesi, appare il ruolo rivestito dall’attività radiofonica, con ricavi pari a 665 milioni di euro ed un peso inferiore al 4%.
Ancora esiguo risulta il valore dei ricavi relativi all’area dell’editoria elettronica, che in Italia, negli altri Paesi europei e in Giappone rimane ben al di sotto del miliardo di euro. Soltanto negli Stati Uniti tale comparto supera i 4 miliardi di euro, con un peso sul totale che, tuttavia, supera di poco il 2%.
Tabella 2.15 - Ricavi 2008 per area economica (valori complessivi in Mln €)(*)
USA | Regno Unito | Germania | Giappone | Francia | Italia | Spagna | |
Televisione | 94.664 | 14.863 | 12.531 | 18.066 | 9.705 | 8.564 | 5.418 |
Radio | 13.870(**) | 1.592 | 3.267 | 2.567 | 1.000 | 000 | 000 |
Stampa quotidiana | 30.441 | 8.387 | 8.737 | 13.776 | 3.285 | 3.033 | 3.052 |
Stampa periodica | 23.232 | 5.720 | 6.205 | 6.912 | 5.975 | 3.793 | 1.200 |
Editoria annuaristica | 9.457 | 972 | 1.200 | 3.565 | 800 | 762 | 610 |
Editoria elettronica | 4.000 | 000 | 000 | 561 | 236 | 373 | 177 |
Cinema | 23.784 | 4.444 | 2.424 | 5.971 | 2.601 | 1.465 | 1.095 |
Pubblicità esterna | 4.920 | 1.104 | 770 | 3.565 | 925 | 602 | 518 |
Totale | 204.878 | 37.593 | 35.635 | 54.983 | 24.999 | 19.256 | 12.713 |
Fonte: elaborazioni Agcom su dati aziendali e fonti varie (per l’Italia) e su dati PriceWaterhouseCoopers, Global entertainment and media outlook 2009-2013 (per gli altri Paesi)
(*) I valori degli altri Paesi europei, USA e Giappone sono espressi al tasso di cambio medio $/€ dell’anno 2008.
(**) Negli USA, diversamente dagli altri Paesi considerati in questa analisi, non è previsto un canone di abbonamento per la fruizione del servizio radiofonico pubblico, ma gli utenti pagano un canone per la fruizione dei programmi radiofonici sulla piattaforma satellitare.
I dati riportati in tabella sono computati seguendo un’impostazione metodologica diversa da quella utilizzata per la valorizzazione del SIC. In particolare, rispetto alla predetta valutazione economica del SIC, tali dati non includono: i ricavi derivanti dalle iniziative di comunicazione di prodotti e servizi e dalle sponsorizzazioni (diverse da quelle televisive e radiofoniche), i ricavi conseguiti dalle agenzie di stampa, i ricavi da provvidenze pubbliche e da convenzioni con soggetti pubblici, gli introiti derivanti dalla vendita di collaterali commercializzati in allegato alle testate quotidiane e periodiche, i proventi derivanti dalla vendita di prodotti di editoria annuaristica ed elettronica e i ricavi pubblicitari del settore cinematografico. Si precisa, inoltre, che i ricavi del comparto cinematografico (box office e home video) sono considerati al lordo di IVA e dei diritti SIAE.
Tabella 2.16 - Incidenza sul totale dei ricavi 2008 per area economica
USA Regno Unito Germania Giappone Francia Italia Spagna
Televisione | 46,2% | 39,5% | 35,2% | 32,9% | 38,8% | 44,5% | 42,6% |
Radio | 6,8% | 4,2% | 9,2% | 4,7% | 5,9% | 3,5% | 5,1% |
Stampa quotidiana | 14,9% | 22,3% | 24,5% | 25,1% | 13,1% | 15,8% | 24,0% |
Stampa periodica | 11,3% | 15,2% | 17,4% | 12,6% | 23,9% | 19,7% | 9,4% |
Editoria annuaristica | 4,6% | 2,6% | 3,4% | 6,5% | 3,2% | 4,0% | 4,8% |
Editoria elettronica | 2,2% | 1,4% | 1,4% | 1,0% | 0,9% | 1,9% | 1,4% |
Cinema | 11,6% | 11,8% | 6,8% | 10,9% | 10,4% | 7,6% | 8,6% |
Pubblicità esterna | 2,4% | 2,9% | 2,2% | 6,5% | 3,7% | 3,1% | 4,1% |
Totale | 100,0% | 100,0% | 100,0% | 100,0% | 100,0% | 100,0% | 100,0% |
Fonte: elaborazioni Agcom su dati aziendali e fonti varie (per l’Italia) e su dati PriceWaterhouseCoopers, Global entertainment and media outlook 2009-2013 (per gli altri Paesi)
3. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO: IL PLURALISMO NEI MEZZI DI INFORMAZIONE
Ai fini della presente analisi, finalizzata all’individuazione dei mercati rilevanti nell’ambito del SIC, è necessario svolgere alcune considerazioni sul tema del pluralismo nell’ambito dei mezzi d’informazione.
Dopo aver fornito una ricostruzione del concetto di pluralismo alla luce del dettato costituzionale e della giurisprudenza di legittimità (par. 3.1), si procederà ad una descrizione dei poteri dell’Autorità nel settore de qua (par. 3.2). Quindi, si affronteranno il concetto di media pluralism così come sviluppato in ambito comunitario, nonché le iniziative adottate sul tema nell’ordinamento del Regno Unito e in quello statunitense (par. 3.3). Sulla base dell’insieme di tali elementi, saranno svolte alcune considerazioni circa il processo di individuazione dei mercati rilevanti (par. 3.4). Il paragrafo 3.5 concluderà il capitolo, introducendo le tematiche metodologiche che saranno affrontate nei capitoli successivi.
3.1 Concetto di pluralismo nella giurisprudenza e nella dottrina costituzionale
3.1.1 Libertà di manifestazione del pensiero
Il referente normativo principale del principio del pluralismo si rinviene nell’art. 21 Cost., il quale tutela la libertà di manifestazione del pensiero45, intesa come valore fondamentale, in rapporto alle altre libertà garantite dalla carta costituzionale46: quanto al contenuto del diritto di manifestare il proprio pensiero, la dottrina ha osservato che “nessuna selezione può essere compiuta tra le idee quanto a scopi, contenuti, circostanze, ecc: tutte possono essere espresse liberamente trovando nell’art. 21 Cost. la loro garanzia47”.
45 Il quale così recita, al primo comma: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Il diritto di libertà in esame viene garantito da tutti gli ordinamenti di matrice liberale, a partire dalla Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789. Lo stesso si trova ampiamente ribadito in numerosi strumenti convenzionali, sia europei che internazionali. Vedi l’art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; l’art. 19 del Patto sui diritti civili e politici; l’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; l’art. 6 del Trattato istitutivo dell’Unione Europea, nella versione consolidata successiva al Trattato di Amsterdam.
46 Cfr. X. XXXXXXXX, Diritto costituzionale, 1992, p. 665 ss. Vedi, nello stesso senso, Corte cost. sent. n. 9/1965, per cui, “la libertà di manifestazione del pensiero è tra le libertà fondamentali proclamate e protette dalla nostra Costituzione una di quelle… che meglio caratterizzano il regime vigente dello Stato, condizione com’è del modo di essere e dello sviluppo della vita del Paese in ogni suo aspetto culturale, politico, sociale.”
47 Cfr. R. XXX, X. XXXXXXXXXXX, Diritto Costituzionale, 2006, p. 510. Unico limite allo stesso diritto è sancito dall’ultimo comma dello stesso articolo, che prevede la non contrarietà al buon costume (che peraltro deve intendersi come “pudore sessuale” e non secondo l’analoga clausola del codice civile che include anche la moralità comune); cfr. ibidem, p. 511.
In proposito, la Corte costituzionale ha affermato come “senza dubbio la garanzia costituzionale copre sia il diritto della libera manifestazione del pensiero sia il diritto al libero e pieno uso dei relativi mezzi di divulgazione”48; ciò in considerazione del “nesso di indispensabile strumentalità” esistente tra il mezzo di divulgazione e la manifestazione stessa del pensiero49.
Come conseguenza del rilevato collegamento con il mezzo di diffusione, la tutela della libera manifestazione del pensiero può assumere caratteri diversi in funzione dello strumento utilizzato per la divulgazione, in particolare nel caso in cui la diffusione avvenga tramite modalità la cui accessibilità risulta limitata50 da fattori fisici ed economici.51 La dottrina più attenta osserva come, con riferimento ai mezzi di comunicazione, il principio della libera manifestazione del pensiero contiene “un principio più comprensivo di eguaglianza delle chances della comunicazione”, che “non può in ogni caso tradursi nella cristallizzazione di poteri sociali o di rendite di posizione di tipo attivo o passivo nella sfera della comunicazione, ma deve essere indirizzato alla pluralità ed all’apertura dei processi comunicativi”52.
3.1.2 Pluralismo delle fonti di informazione
Il diritto alla libera manifestazione del pensiero comprende, quindi, un diritto alla libertà di informazione, il quale, oltre al profilo attivo, contiene “anche un profilo passivo, cioè il diritto ad essere informati”53.
Il diritto del cittadino ad essere informato è stato delineato progressivamente dalla giurisprudenza costituzionale, la quale ha affermato come: “il diritto all'informazione garantito dall'art. 21 Cost. implica indefettibilmente il pluralismo delle fonti e comporta il vincolo al legislatore di impedire la formazione di posizioni dominanti e di favorire l'accesso nel sistema radiotelevisivo del massimo numero possibile di voci diverse” (sent. n. 112/93)54.
Tali principi hanno avuto più recente conferma in un’altra pronuncia della Corte costituzionale, che ha ribadito come il diritto ad essere informati può dirsi riconosciuto e
48 Cfr. Corte cost., sent. n. 93/1972.
49 Cfr. Corte cost. sent. n. 48/1964.
50 In questi casi, il dettato costituzionale impone la garanzia della maggiore libertà possibile e parità di accesso all’uso del mezzo. Cfr. X. XXXXXX, voce Pensiero (libertà di) in Noviss. Dig. it., XII, 1965, p. 865 ss.
51 “Gli spazi per affiggere manifesti, così come le frequenze per trasmettere via radio o via etere sono limitati…. La stampa e la televisione anzitutto, hanno costi tali che solo attraverso un investimento ingente e la gestione di una complessa attività di impresa è possibile “aprire” un giornale o una stazione televisiva”, cfr. R. XXX, X. XXXXXXXXXXX, cit., p. 513.
52 Cfr. X. XXXXXX, Diritti di libertà e costituzionalismo, 1997, p. 64, il quale considera, in un’ottica comparativa, che il principio pluralistico intende diffondere “un nucleo di garanzie contro la stabilizzazione di assetti e di posizioni di potere.”
53 Cfr. R. XXX, X. XXXXXXXXXXX, cit., p. 513.
54 Cfr. Corte cost., sent. n. 420/1994.
adeguatamente garantito nel momento in cui sia “qualificato e caratterizzato, tra l'altro, sia dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie - così da porre il cittadino in condizione di compiere le proprie valutazioni avendo presenti punti di vista e orientamenti culturali e politici differenti - sia dall'obiettività e dall'imparzialità dei dati forniti, sia infine dalla completezza, dalla correttezza e dalla continuità dell'attività di informazione erogata”55.
3.1.3 Diverse accezioni del pluralismo
La nozione di pluralismo, in dottrina e in giurisprudenza, è stata declinata secondo accezioni diverse e i contrasti sorti in proposito sono tali da rendere complessa la definizione di tale concetto56.
Analizzando le varie pronunce rilevanti sul tema, è possibile quindi distinguere tre principali profili del pluralismo “dal cui concorso risulterebbe l’attuazione del valore nella sua interezza”57, di seguito analizzati:
Pluralismo interno
Il pluralismo interno indica l’aspetto specifico della “apertura del mezzo informativo alle diverse tendenze politiche e culturali presenti nel Paese”58.
Il profilo interno del pluralismo implica quindi un intervento sui contenuti e il loro adeguamento alle esigenze del tessuto sociale. Ruolo fondamentale, a tal proposito, è quello ricoperto dal servizio pubblico, il quale, secondo la Corte costituzionale, ha la missione di “dar voce -attraverso un’informazione completa, obiettiva, imparziale ed equilibrata- a tutte, o al maggior numero possibile di opinioni, tendenze, correnti di pensiero politiche, sociali e culturali del Paese”59.
In questa prospettiva, il pluralismo assume rilevanza nel suo aspetto socio-culturale, quale principio che informa la qualità dei contenuti dell’informazione e che trova la sua fonte nella garanzia di un accesso “aperto, nei limiti massimi consentiti, imparzialmente ai gruppi politici, religiosi, culturali nei quali si esprimono le varie ideologie presenti nella società”60.
55 Cfr. Corte cost., sent. n. 155/2002.
56 Cfr. E. APA, Il nodo di Gordio: informazione televisiva, pluralismo e Costituzione, in Quaderni costituzionali a. XXIV, n. 2, giugno 2004, p. 337.
57 X. XXXXXXX, Le regole dell'informazione: principi giuridici, strumenti, casi, 2005, p. 28 ss.
58 Ibidem.
59 Corte cost. sent. n. 826/1988; ma vedi nello stesso senso, Corte cost. sent. n. 420 del 1994, la quale osserva che “per l'emittenza radiotelevisiva privata il pluralismo interno, inteso come apertura alle varie voci presenti nella società, incontra inevitabilmente dei limiti in ragione principalmente delle libertà assicurate alle imprese vuoi dall'art. 41 che dall'art.21 Cost. […]”.
60 Corte cost. sent. n. 225/1974.
Nell’ambito delle discipline di fonte legislativa, tale profilo interno ha trovato attuazione con l’introduzione di specifici obblighi di servizio pubblico, quali quelli declinati nel titolo VIII del Testo Unico. In particolare, l’art. 45 indica i principi ai quali l’informazione deve rispondere, individuando i contenuti minimi del servizio pubblico radiotelevisivo61. Con specifico riferimento al servizio pubblico, questo deve garantire, tra l’altro:
“b) (…) un numero adeguato di ore di trasmissioni televisive e radiofoniche dedicate all’educazione, all’informazione, alla formazione, alla promozione culturale […];
c) la diffusione delle trasmissioni di cui alla lettera b), in modo proporzionato, in tutte le fasce orarie, anche di maggiore ascolto, e su tutti i programmi televisivi e radiofonici;
d) l’accesso alla programmazione, nei limiti e secondo le modalità indicati dalla legge, in favore dei partiti e dei gruppi rappresentati in Parlamento e in assemblee e consigli regionali, delle organizzazioni associative delle autonomie locali, dei sindacati nazionali, delle confessioni religiose, dei movimenti politici, degli enti e delle associazioni politici e culturali, delle associazioni nazionali del movimento cooperativo giuridicamente riconosciute, delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale e regionali, dei gruppi etnici e linguistici e degli altri gruppi di rilevante interesse sociale che ne facciano richiesta; (…) (art. 45, comma 2 del TU)”.
Come di recente osservato dalla stessa Autorità, gli obiettivi del servizio pubblico fissati dalla legge possono ricondursi a tre grandi categorie:
- il mantenimento della coesione sociale – quale risultato degli obblighi di massima diffusione territoriale e di continuità nell’erogazione del servizio;
- la promozione culturale – da intendersi come sostegno e protezione delle culture nazionali e della diversità culturale, che si traduce nella produzione di programmi distinti per contenuti e diretti a soddisfare le esigenze della totalità degli utenti;
61 Si tratta, in particolare, dei principi stabiliti all’art. 7, comma 2, del TU, così come modificato dal Decreto Romani, il quale dispone che: “La disciplina dell’informazione radiotelevisiva, comunque, garantisce: a) la presentazione veritiera dei fatti e degli avvenimenti, in modo tale da favorire la libera formazione delle opinioni; b) la trasmissione quotidiana di telegiornali o giornali radio da parte dei soggetti abilitati a fornire contenuti in ambito nazionale o locale su frequenze terrestri; c) l’accesso di tutti i soggetti politici alle trasmissioni di informazione e di propaganda elettorale e politica in condizioni di parità di trattamento e di imparzialità, nelle forme e secondo le modalità indicate dalla legge; d) la trasmissione dei comunicati e delle dichiarazioni ufficiali degli organi costituzionali indicati dalla legge;
e) l’assoluto divieto di utilizzare metodologie e tecniche capaci di manipolare in maniera non riconoscibile allo spettatore il contenuto delle informazioni.” Il successivo comma 3, conferisce all’Autorità il dovere di stabilire “ulteriori regole per le emittenti radiotelevisive in ambito nazionale per rendere effettiva l’osservanza dei principi di cui al presente capo nei programmi di informazione e di propaganda”.
- l’innovazione tecnologica – con riferimento ai c.d. “nuovi media”, funzionali al contenimento di fenomeni di emarginazione sociale (i.e. “digital divide”), nonché allo sviluppo di nuove tecnologie della comunicazione62.
Secondo il quadro normativo vigente, la potestà di rivolgere indirizzi alla società concessionaria del servizio pubblico è attribuita alla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, mentre compete all’Autorità definire, d’intesa con il Ministero, delle linee guida su cui deve basarsi il contratto nazionale di servizio, stipulato tra la società concessionaria del servizio pubblico ed il Ministero delle Comunicazioni, nonché accertare la mancata osservanza da parte della Rai degli indirizzi impartiti dalla predetta Commissione parlamentare63.
Pluralismo esterno
Secondo un’accezione che prescinde dal contenuto del messaggio veicolato, la giurisprudenza costituzionale riconduce al principio del pluralismo, come contenuto nell’art. 21 Cost., la necessità di una pluralità di operatori attivi nella comunicazione.
In base a tale profilo esterno, il pluralismo viene ad implicare l’esistenza di una “pluralità” di voci diverse, le quali - in concorrenza tra di loro - danno la possibilità al cittadino di informarsi e formare una propria opinione, politica o culturale, nonché di svolgere le conseguenti valutazioni tra i diversi punti di vista emersi.
Le principali ricadute applicative di tale concetto, così come sviluppate dalla Corte costituzionale, sono:
i) la necessità di assicurare l’accesso al sistema radiotelevisivo “al massimo numero possibile di voci diverse”64;
ii) la necessità di evitare “la posizione di preminenza di un soggetto o di un gruppo privato”65;
62 Cfr. l’Audizione presso la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, del Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sulle linee guida del contratto di servizio Rai 2010-2012, tenutasi il 17 novembre 2009.
63 Tale contratto, in particolare, determina diritti ed obblighi della società concessionaria, individuando le
tipologie di programmi televisivi che rientrano nel concetto di servizio pubblico radiotelevisivo, definendo la portata, gli obiettivi e i parametri di qualità del servizio pubblico, la cui realizzazione è affidata all'autonoma capacità editoriale della società concessionaria. Vedi l’art. 4 del Contratto di servizio 2007-2009, pubblicato in GU del 6 aprile 2007, nonché la delibera AGCom n. 614/09/CONS del 12 novembre 2009, recante “Linee-guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo ai sensi dell’articolo 17, comma 4, della legge 3 maggio 2004, n. 112 e dell’articolo 45, comma 4, del Testo unico della radiotelevisione”, in GURE del 26 novembre 2009, n.
276. Inoltre, all’Autorità sono attribuite ulteriori specifiche competenze, soprattutto in materia di vigilanza, dagli artt. 47 e 48 del TU.
64 Corte cost. sent. n. 112/93.
65 La quale “non potrebbe non comprimere la libertà di manifestazione del pensiero di tutti quegli altri soggetti che, non trovandosi a disporre delle potenzialità economiche e tecniche del primo, finirebbero
ii) “l'insufficienza del mero concorso fra un polo pubblico e un polo privato ai fini del rispetto delle evidenziate esigenze costituzionali connesse all'informazione”66.
In quest’ottica, il pluralismo attiene precipuamente al sistema dell’informazione, comprensivo di tutti i media, in cui è essenziale garantire una pluralità di voci finalizzata a dar corpo alla libertà dell’informazione. È in merito a tale profilo che le competenze devolute all’Autorità dal Testo unico della radiotelevisione assumono rilevanza centrale.
Pluralismo sostanziale
Infine, secondo un’ultima accezione, il concetto di pluralismo viene richiamato con specifico riferimento alla formazione della volontà politica del cittadino-elettore e mira ad imporre pari opportunità agli attori della comunicazione politica, indipendentemente da ogni considerazione relativa al canale con cui viene veicolato il contenuto.
Nel caso della comunicazione politica, infatti, la mera esistenza di una pluralità di voci (secondo il profilo esterno supra menzionato) non appare sufficiente alla corretta formazione della consapevolezza politica dell’elettore67.
In tale prospettiva, il pluralismo assume una connotazione prettamente politica, preoccupata di porre il cittadino nelle condizioni di poter esercitare uno dei diritti fondamentali della democrazia rappresentativa, ossia quello di voto. Nel perseguimento di siffatta garanzia, il legislatore68 ha adottato delle specifiche discipline tese ad assicurare la c.d. par condicio, ossia a dettare alcuni criteri che le emittenti televisive sono tenute a rispettare al fine di garantire un'appropriata visibilità a tutti i principali partiti e/o movimenti politici, mediante le quali sono stati introdotti alcuni principi base (contenuti nella legge n. 28/00) relativi alla comunicazione politica in ambito radiotelevisivo69. Il rispetto delle norme della legge sulla par condicio viene demandato
con il vedere progressivamente ridotto l'ambito di esercizio delle loro libertà”. Cfr. Corte cost. sent. n. 148/81.
66 Corte cost. sent. n. 466/2002.
67 In tale contesto, quindi, appare necessario attuare “nel caso di trasmissioni di comunicazione politica, modalità che assicurino il pluralismo sostanziale mediante la garanzia della parità di chances offerta ai soggetti intervenienti” (Corte cost. sent.155/2002).
68 Cfr. in particolare la legge 10 dicembre 1993, n. 515 “Disciplina delle campagne elettorali per l’elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica” e alla successiva legge 22 febbraio 2000, n. 28 “Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica”, che ha introdotto alcune modifiche alla disciplina precedente e altresì una disciplina della comunicazione durante l'intero anno.
69 Quali quelli che sanciscono l’accesso all’informazione ai soggetti politici; l’obbligo di concedere spazi per la comunicazione politica e il divieto di pubblicazione, nei quindici giorni precedenti la data delle votazioni, dei sondaggi relativi alle consultazioni elettorali. Per la stampa vige un regime diverso da quello previsto per la radiotelevisione, a causa della diversità del mezzo, per cui sono ammesse solo le forme di messaggio politico elettorale previste dall’art. 7 comma 2, della legge n. 28/00: annunci di
all’Autorità, la quale agisce d’ufficio o su segnalazione e può ordinare gli opportuni provvedimenti al fine di “ripristinare l'equilibrio tra le forze politiche” (art. 10, co. 4, legge n. 28/00).
Con il medesimo obiettivo, il legislatore ha disciplinato la comunicazione politica mediante affissioni svolta durate il periodo elettorale, in modo da assicurare alle diverse componenti politiche condizioni di parità di accesso a tale mezzo (legge n. 212/56, cfr. capitolo 5).
Peraltro, lo stesso Testo Unico, all’art. 7, nel dettare i principi che devono informare la disciplina dell’informazione radiotelevisiva, in quanto servizio di interesse generale, sottolinea l’esigenza di garantire, in tale ambito, “l'accesso di tutti i soggetti politici alle trasmissioni di informazione e di propaganda elettorale e politica in condizioni di parità di trattamento e di imparzialità, nelle forme e secondo le modalità indicate dalla legge” (lett. c).
Conclusioni
Quanto ora esposto consente di comprendere la complessità del concetto di pluralismo e la molteplicità di aspetti relativi alla vita pubblica e sociale che esso è capace di ricomprendere. Nella specie, il pluralismo oltre a considerare il profilo formale (rectius attivo) della pluralità delle fonti d’informazione, si estende fino ad esigere il rispetto sostanziale di una corretta e completa informazione, nonché di una parità delle chances di comunicazione politica.
Infatti, a prescindere dalle macro-categorie di riferimento nelle quali possono essere sussunte le varie tipologie di pluralismo, tale concetto presenta numerose sfaccettature e si presta ad essere declinato sotto molteplici aspetti, che rappresentano altrettanti bisogni sociali suscettibili di tutela, quali quello all’istruzione, al progresso sociale, alla crescita civile e alla tutela delle diversità, alla formazione e all’informazione, alla salvaguardia della cultura e delle proprie specificità politiche e religiose. La stessa Autorità, nell’ambito della delibera n. 401/01/CONS, ha sottolineato come, nell’esercizio delle competenze attribuite alla stessa dalla legge 249/97, sia necessario garantire che nei mezzi di comunicazione vi sia una pluralità di voci, opinioni, tendenze sociali, politiche e religiose. Tra questi, alcuni aspetti del pluralismo assumono particolare rilevanza in taluni dei settori che saranno in seguito analizzati (quali il cinema e la pubblicità esterna).
Tuttavia, come sarà meglio specificato nel proseguo, ai fini del presente procedimento e coerentemente con le esperienze internazionali di seguito descritte, appare rilevare, in particolare, il profilo esterno del pluralismo, relativo alla tutela del sistema
dibattiti, tavole rotonde, conferenze, discorsi, pubblicazioni destinate alla presentazione dei programmi delle liste, dei gruppi di candidati e dei candidati.
dell’informazione, comprensivo di tutti i mezzi, in cui è essenziale garantire una pluralità di voci finalizzata a dar corpo alla libertà dell’informazione, attiva e passiva.
3.2 Interventi a tutela del pluralismo dell’Autorità
3.2.1 Articolo 43 del Testo Unico e compiti dell’Autorità
Come evidenziato in premessa, il decreto legislativo n. 44/2010 (c.d. “Decreto Romani”) ha introdotto alcune modifiche al Testo unico della radiotelevisione, fra le quali, nell’ambito della definizione delle aree economiche afferenti il SIC (art. 2, comma 1), ha mutato la locuzione “radio e televisione” in “radio e servizi di media audiovisivi” (cfr. xxxxx xxxxxxxxx, lett. s).
Le competenze dell’Autorità nell’ambito del Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC) sono dettate nell’articolo 43 del TUSMAR, il quale ha lasciato sostanzialmente invariato il testo della norma previgente. Per tale motivo, e tenuto conto di quanto affermato nella premessa, nella presente analisi si farà riferimento indifferentemente anche al Testo Unico del 2005.
Analizzando il dettato testuale dell’art 43, emerge con chiarezza come tale disciplina sia stata predisposta dal legislatore al fine di garantire la tutela del pluralismo (come sarà più dettagliato nel proseguo).
Per quanto riguarda le attribuzioni all’Autorità, al comma 2, la norma stabilisce che essa “su segnalazione di chi vi abbia interesse o, periodicamente, d’ufficio, individuato il mercato rilevante conformemente ai principi di cui agli articoli 15 e 16 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, verifica che non si costituiscano, nel sistema integrato delle comunicazioni e nei mercati che lo compongono, posizioni dominanti e che siano rispettati i limiti di cui ai commi 7, 8, 9, 10, 11 e 12, tenendo conto, fra l’altro, oltre che dei ricavi, del livello di concorrenza all’interno del sistema, delle barriere all’ingresso nello stesso, delle dimensioni di efficienza economica dell’impresa nonché degli indici quantitativi di diffusione dei programmi radiotelevisivi, dei prodotti editoriali e delle opere cinematografiche o fonografiche”.
Il successivo comma 3 stabilisce che l’Autorità, qualora accerti che un’impresa o un gruppo di imprese operanti nel SIC “si trovi nella condizione di poter superare, prevedibilmente, i limiti di cui ai commi 7, 8, 9, 10, 11 e 12, adotta un atto di pubblico richiamo, segnalando la situazione di rischio e indicando l’impresa o il gruppo di imprese e il singolo mercato interessato.”
Il comma 3, inoltre, prosegue affidando all’Autorità poteri di intervento per la rimozione di posizioni vietate. In caso di avvenuta violazione dei limiti di cui ai commi 7, 8, 9, 10, 11 e 12, infatti, è previsto che “l’Autorità provvede ai sensi del comma 5” il quale, a sua volta, stabilisce che l’Autorità “adotta i provvedimenti necessari per
eliminare o impedire il formarsi delle posizioni di cui ai commi 7, 8, 9, 10, 11 e 12, o comunque lesive del pluralismo”.
L’Autorità svolge, infine, l’attività di verifica delle operazioni di concentrazione nel settore delle comunicazioni prevista dal comma 1 dell’art. 43 il quale dispone che “[i] soggetti che operano nel sistema integrato delle comunicazioni sono tenuti a notificare all’Autorità le intese e le operazioni di concentrazione, al fine di consentire, secondo le procedure previste in apposito regolamento adottato dall’Autorità medesima, la verifica del rispetto dei principi enunciati dai commi 7, 8, 9, 10, 11 e 12”.
A tal fine, l’Autorità ha emanato la delibera n. 646/06/CONS, recante “Approvazione del regolamento recante la disciplina dei procedimenti in materia di autorizzazione ai trasferimenti di proprietà delle società radiotelevisive, dei procedimenti in materia di posizioni dominanti e dell’attività di verifica delle operazioni di concentrazione ed intese nel sistema integrato delle comunicazioni”.
3.2.2 Interventi dell’Autorità: la delibera n. 136/05/CONS
Con la delibera n. 326/04/CONS, l’Autorità ha avviato il primo procedimento finalizzato all’accertamento della sussistenza di posizioni dominanti ai sensi dell’art. 14 della legge Xxxxxxxx, norma poi recepita nell’art. 43 del TU, conclusosi con delibera n. 136/05/CONS, recante “Interventi a tutela del pluralismo ai sensi della legge 3 maggio 2004, n. 112”.
Nell’ambito di questa delibera, l’Autorità, dopo aver definito, ai sensi del diritto della concorrenza, i mercati della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo e delle offerte a pagamento, ha valutato il complesso delle risorse televisive e la loro distribuzione tra gli operatori. Successivamente, come sarà più dettagliato nel proseguo, l’Autorità ha fornito alcuni chiarimenti circa il rapporto fra i principi antitrust, menzionati nell’art. 14 come riferimento normativo cui attenersi per l’analisi dei mercati, e i principi a tutela del pluralismo, che informano a tutto tondo l’attività dell’Autorità stessa nello svolgimento delle proprie competenze ai sensi della disciplina succitata. A tal proposito, l’Autorità ha richiamato il comma 7 dell’art. 2 della legge n. 249/97, il quale dispone che “l’Autorità, adeguandosi al mutare delle caratteristiche dei mercati […] adotta i provvedimenti necessari per eliminare o impedire il formarsi delle posizioni comunque lesive del pluralismo”, nonché l’art. 5 della legge 112/04 (trasposto nell’art. 5 del Testo Unico)70, inferendone la conclusione per cui, se i principi antitrust possono costituire un utile riferimento per l’analisi dei mercati, “Dal combinato disposto delle norme indicate appare evidente la volontà del legislatore di intervenire nei confronti di qualsivoglia
70 Ai sensi del quale “il sistema radiotelevisivo, a garanzia del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva si conforma ai seguenti principi: tutela della concorrenza nel mercato radiotelevisivo e dei mezzi di comunicazione di massa e nel mercato della pubblicità e tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, vietando a tale fine la costituzione o il mantenimento di posizioni lesive del pluralismo, secondo i criteri fissati nella presente legge […]”.
posizione di imprese operanti in ambito radiotelevisivo, sia essa di nuova formazione o consolidata nel tempo, che possa costituire una minaccia per il pluralismo dell’informazione, e questo indipendentemente dal fatto che tale posizione possa definirsi dominante in base al diritto della concorrenza”71.
Sulla base di queste premesse, dal punto di vista metodologico, l’Autorità ha quindi evidenziato che “[…] i mercati individuati dall’Autorità nella delibera di avvio, quello televisivo e delle relative fonti di finanziamento così come ulteriormente segmentati durante lo svolgimento dell’istruttoria nei mercati della vendita di pubblicità sul mezzo televisivo e della vendita di programmi a pagamento, sono stati analizzati sia in base ai parametri derivanti dal diritto della concorrenza come definiti dalla Commissione europea nelle Linee direttrici, al fine di verificare la sussistenza di situazioni di significativo potere di mercato e dunque di posizioni dominanti, sia alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale allo scopo di accertare l’eventuale sussistenza di posizioni lesive del pluralismo, pur se non dominanti”72.
3.2.3 Altri interventi a tutela del pluralismo: l’accesso al 40% della capacità trasmissiva
Le considerazioni sviluppate circa le diverse accezioni della nozione di pluralismo permettono di inquadrare tale principio da diverse prospettive a cui corrispondono particolari obiettivi di interesse pubblico. In particolare, da un lato, il profilo interno del pluralismo tende a garantire una determinata qualità del contenuto dell’informazione; dall’altro lato, il profilo esterno si pone come obiettivo principale quello di assicurare una libertà di accesso agli spazi della comunicazione. Sensibile a tali esigenze, in attuazione del dettato costituzionale, il legislatore nazionale ha provveduto a disciplinare particolari fattispecie di garanzia del profilo interno ed esterno del pluralismo, quali, ad esempio, gli obblighi di servizio pubblico73.
71 Punto 107 della delibera n. 136/05/CONS.
72 Punto 111 della delibera succitata.
73 L’importanza del servizio pubblico radiotelevisivo è riconosciuta anche a livello europeo, laddove il Protocollo n. 29 al Trattato di Lisbona sul sistema di radiodiffusione pubblica degli Stati membri riconosce come il servizio pubblico sia “direttamente collegato alle esigenze democratiche, sociali e culturali di ogni società, nonché all'esigenza di preservare il pluralismo dei mezzi di comunicazione”. Vedi anche la Comunicazione della Commissione relativa all'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato al servizio pubblico di emittenza radiotelevisiva, in GU C 257 del 27 ottobre 2009, laddove si osserva che “una definizione qualitativa che imponga a una determinata emittente l'obbligo di fornire un'ampia gamma di programmazione e di offrire trasmissioni equilibrate e variate (…) è considerata consona all'obiettivo di soddisfare le esigenze democratiche, culturali e sociali di una particolare società e di garantire il pluralismo, inclusa la diversità culturale e linguistica (par. 47).” A livello nazionale, il rispetto di tali principi è garantito dalla Commissione Parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, la quale ha il compito, tra l’altro, di “formula[re] gli indirizzi generali per l'attuazione dei principi di cui all'articolo 1, per la predisposizione dei programmi e per la loro equilibrata distribuzione nei tempi disponibili; (…) (art. 4, co. 1, l. 103/1975)”.
Con riguardo agli interventi dell’Autorità a tutela del pluralismo, va altresì richiamata la delibera n. 449/08/CONS del 29 luglio 2008, con la quale l’Autorità stessa ha approvato le graduatorie dei soggetti che possono accedere al quaranta per cento della capacità trasmissiva delle reti digitali terrestri, così come previsto dall’art. 2-bis della legge n. 66 del 2001. Tale disposizione ha avuto come obiettivo primario quello di consentire ai fornitori di contenuti indipendenti l’avvio della diffusione di programmi televisivi su frequenze digitali terrestri.
Con la delibera 109/07/CONS, assunta nell’ambito del programma volto a favorire l’utilizzazione razionale delle frequenze destinate ai servizi radiotelevisivi nella prospettiva della conversione alla tecnologia digitale (avviato con delibera n. 163/06/CONS), l’Autorità ha stabilito i criteri per l’assegnazione della capacità trasmissiva sulle piattaforme digitali definendo le modalità di attuazione e le fasi di una procedura di selezione che è stata gestita direttamente dall’Autorità. Al fine di individuare i soggetti che possono accedere al 40% della capacità trasmissiva, l’Autorità ha poi approvato, con delibera n. 645/07/CONS, il disciplinare per lo svolgimento della procedura selettiva e quindi, con la delibera n. 449/08/CONS, le graduatorie dei soggetti aggiudicatari.
Tale ultima delibera, in particolare, ha permesso l’accesso al 40% a operatori nuovi entranti, quali AIR P TV Development Italia s.r.l., operatore che ha acquisito le attività relative alla pay per view sulla piattaforma digitale di Telecom Italia Media, nonché Digital Tv Channels Italy S.r.l., Rete Blu S.p.a., Class Editori S.p.a., Xxxxxx Entertainment Networks, The Xxxx Xxxxxx Company Italia, QVC Italia S.r.l., Anicaflash S.r.l., Sitcom Società Italiana Comunicazione S.p.a..
3.3 Tutela del pluralismo a livello europeo ed internazionale
Nell’ambito delle politiche europee, a partire dagli anni novanta, si è assistito ad un crescente interesse nei confronti del tema del pluralismo dei media.
3.3.1 Consiglio d’Europa
Il Consiglio d’Europa, già nel 1999, ha emanato una raccomandazione agli Stati membri, in cui si è auspicata l’adozione di normative nazionali mirate a salvaguardare il principio del pluralismo dei media74. Nel 2007 è stata adottata una nuova raccomandazione75, nella quale è stato ribadito il valore del pluralismo dei media come
74 Recommendation no. R (99) 1 of the Committee of Ministers to Member States on measures to promote media pluralism del 19 gennaio 1999.
75 Recommendation CM/Rec(2007)2 of the Committee of Ministers to member states on media pluralism and diversity of media content del 31 gennaio 2007.
essenziale per garantire la democrazia e come corollario alla libertà di espressione e informazione76.
In tale contesto, sono stati definiti due gruppi di misure che gli Stati membri sono chiamati ad adottare al fine di realizzare il principio, le prime delle quali hanno come obiettivo quello di intervenire sulla struttura del mercato in modo tale da garantire l’esistenza di una pluralità di operatori, in particolare tramite:
i) Ownership regulation – misure che hanno l’obiettivo di limitare l’influenza che un singolo soggetto può avere in uno o più mercati delle comunicazioni e che possono includere la fissazione di determinate soglie basate su criteri oggettivi e realistici (in termini, ad esempio, di audience, fatturato, ricavi, azioni o diritti di voto);
ii) Public service media – misure che permettono agli operatori del servizio pubblico di occupare un posto visibile nel mercato e di rendere accessibili i rispettivi contenuti su una pluralità di piattaforme; di incoraggiare un loro ruolo attivo nella promozione della coesione sociale e dell’integrazione delle minoranze; di garantire l’indipendenza editoriale e la protezione dal controllo di un determinato gruppo politico o sociale;
iii) Other media – misure tese ad incoraggiare l’entrata di nuovi operatori di comunicazione, al fine di creare ulteriori spazi di dialogo;
iv) Access regulation and interoperability – misure atte a garantire l’accesso alle reti di comunicazione elettronica da parte dei fornitori di contenuti;
v) Altre misure di sostegno – ogni misura, finanziaria o regolatoria, utile a incentivare il pluralismo strutturale dei mercati dell’audiovisivo e dell’editoria; queste possono includere, ad esempio, l’agevolazione del passaggio alla tecnologia digitale.
Il secondo gruppo di misure mira a promuovere la diversità dei contenuti in modo da stimolare una più ampia partecipazione democratica, nel rispetto del principio dell’indipendenza editoriale, tramite, ad esempio, codici di condotta, che impegnano l’operatore a riflettere, nella propria programmazione, gli interessi dei differenti gruppi sociali e licenze di servizio, con le quali imporre, ad esempio, che un determinato volume di programmi originali, quali programmi di informazioni e di attualità sia prodotto o commissionato dagli operatori, ovvero l’adozione di obblighi di must-carry e/o must-offer.
76“[M]edia pluralism and diversity of media content are essential for the functioning of a democratic society and are the corollaries of the fundamental right to freedom of expression and information as guaranteed by Article 10 of the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms. [T]he demands which result from Article 10 of the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms will be fully satisfied only if each person is given the possibility to form his or her own opinion from diverse sources of information”.
3.3.2 Commissione europea
In ambito comunitario, si è affermata progressivamente l’idea di una responsabilità, nei limiti delle proprie competenze, dell’Unione Europea nella garanzia del principio del pluralismo.
La ripartizione delle competenze comunitarie, al riguardo, è stata delineata nel Libro Verde sui servizi di interesse economico generale, in cui si afferma che “se da un lato la tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione di massa è un compito primario per gli Stati membri, spetta alla Comunità considerare tale obiettivo nel quadro delle sue politiche”77.
Il riconoscimento espresso del valore del pluralismo nell’ambito della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea78 - che ha assunto lo stesso valore giuridico dei trattati costitutivi a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona – ha confermato l’impegno cui Stati membri ed istituzioni comunitarie sono chiamati nel “contribuire alla promozione del pluralismo dei mezzi di comunicazione”79.
Per quanto concerne le concrete iniziative che l’Unione europea ha posto in essere in relazione al tema della tutela del pluralismo, si deve registrare come, già nel 1992, la Commissione ha pubblicato un Libro Verde in tema di pluralismo e concentrazione dei media80, nel quale ha analizzato il concetto di pluralismo e le misure di tutela adottate negli Stati membri.
Soltanto di recente, la Commissione ha ripreso il dibattito, lanciando una specifica strategia in tre fasi (c.d. three-step approach), al fine di valutare l’opportunità di un’azione europea in tale settore e muovendo dall’assunto per cui, “per il processo democratico negli Stati membri e nell'intera Unione europea è fondamentale mantenere il pluralismo dei mezzi di comunicazione di massa, che affrontano oggi profondi cambiamenti e riforme dettati dalle nuove tecnologie e dalla concorrenza globale” 81.
Secondo tale strategia, la Commissione intende, in un primo momento, fornire un’analisi “approfondita” del concetto di pluralismo e di quali siano le normative a
77 Cfr. CE, Libro verde sui servizi di interesse generale (COM(2003)0270), maggio 2003, par. 35.
78 Come stabilisce l’art. 11, par. 2, rubricato “Libertà di espressione”, “[l]a libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati”.
79 Vedi considerando 65 della Direttiva 2007/65/CE dell’11 dicembre 2007, cit.. Tale esigenza si è posta in particolar modo nell’ambito della regolamentazione audiovisiva, in riferimento alla quale si afferma che “deve tutelare determinati interessi pubblici, quali la diversità culturale, il diritto all’informazione, il pluralismo dei media [...]”
80 Commission’s Green Paper on Pluralism and Media Concentration in the Internal Market - An assessment of the need for Community action, COM(92)480, 23 dicembre 1992.
81 In particolare, l’approccio inaugurato dalla Commissione è propedeutico alla definizione del se e come agire a livello europeo nell’ambito della tutela del pluralismo, tramite un’attività iniziale di studio e ricerca che mira ad una maggiore sensibilizzazione degli Stati membri nei confronti del tema.
tutela dello stesso in vigore all’interno degli Stati membri e le iniziative adottate finora a livello internazionale82.
Quindi, in un secondo momento, si individuano, mediante un’attività di studio e ricerca affidata ad un soggetto indipendente, gli “indici concreti ed obiettivi di valutazione del pluralismo dei media”83.
Infine, si prevede l’adozione di una comunicazione al fine di sottoporre a consultazione i risultati raggiunti e riflettere sull’opportunità di applicare gli indici elaborati.
Muovendosi nella stessa cornice giuridica del Consiglio d’Europa, la Commissione ha ricondotto il concetto di pluralismo alla necessità di garanzia del diritto all’informazione e alla libertà di espressione, come contenuta nell’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
In tale prospettiva, la Commissione ha ritenuto che il pluralismo, lungi dall’indicare la semplice pluralità di operatori nel mercato delle comunicazioni (c.d. “plurality of ownership”)84, abbia come nucleo essenziale l’esistenza di un effettivo accesso dei cittadini alla diversità delle informazioni85 ivi presenti. Ciò costituisce, secondo la Commissione, il c.d. pluralismo interno86.
Il concetto deve poi essere necessariamente analizzato nell’ambito della realtà economica del sistema delle comunicazioni, in relazione al quale le esigenze pluralistiche si pongono. Ciò comporta alcune importanti riflessioni, ad esempio sull’importanza di assicurare uno stimolo all’emergenza di nuovi attori e contesti di mercato, secondo il principio della neutralità tecnologica87, nonché l’esigenza di contemperare le esigenze del pluralismo e quelle di un’industria europea competitiva, aperta, nel caso, anche agli investitori stranieri in Europa88.
82 Cfr., CE, Media pluralism in the Member States of the European Union, cit.
83 Cfr. AAVV, Independent Study on Indicators for Media Pluralism in the Member States - Towards a Risk-Based Approach, cit.
84 Da intendersi come: “having many competing and diverse channels or titles controlled by many different players” (CE, Media pluralism in the Member States of the European Union, cit., p. 8 ).
85 Per ciò che riguarda la nozione di informazione, la Commissione ritiene che, in conformità alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, questa debba essere intesa in senso lato, non limitato ai soli giornali di informazione, ma estesa a tutti i tipi di idee, di programmi, comunicazioni e contenuti (cfr. CE, Libro verde sui servizi di interesse generale, cit., p. 17).
86 Sinteticamente definito come “diversity of output and/or content” (CE, Media pluralism in the Member States of the European Union, cit., p. 12).
87 In tal senso: “the underlying principle of media pluralism should be technologically neutral, but it should be applied in a proportionate manner to reflect the emergent nature of new media” (CE, Media pluralism in the Member States of the European Union, cit., p. 5).
88 CE, Media pluralism in the Member States of the European Union, cit., par. 2. Tale esigenza risulta evidente anche nella Direttiva 2007/65/CE, laddove si afferma che “al fine di promuovere un’industria audiovisiva europea forte, competitiva e integrata e potenziare il pluralismo dei media in tutta l’Unione europea, solo uno Stato membro dovrebbe avere giurisdizione su un fornitore di servizi di media audiovisivi e il pluralismo dell’informazione dovrebbe essere un principio fondamentale dell’Unione europea” (cfr. considerando 28).
La Commissione ha ritenuto opportuno intervenire anche con riferimento al pluralismo interno, attraverso strumenti che agiscono non tanto ponendo limiti esterni alla crescita dei singoli operatori o allo sviluppo dei mercati, quanto regolando dall’interno l’attività dell’impresa, tramite il ricorso a norme di varia natura, che garantiscono una diversità delle opinioni e dei contenuti da offrire ai cittadini europei89. Tali misure possono riferirsi sia all’organizzazione interna dell’impresa - i cui organi di controllo e decisione devono riflettere le varie correnti di opinioni (ad esempio attraverso l’applicazione di obblighi di trasmissione di particolari programmi/contenuti e/o obblighi di must-carry) - sia al contenuto editoriale dei giornali o dei palinsesti, la cui indipendenza, trasparenza e accuratezza può essere garantita anche attraverso interventi di tipo autoregolamentare e codici di condotta comuni.
Accanto a tali strumenti, la Commissione si è preoccupata di sottolineare l’importanza di un approccio coerente, a livello dei singoli Stati membri, nel sostenere lo sviluppo dei mercati delle comunicazioni verso un assetto pluralistico e che deve caratterizzare il quadro normativo di riferimento. Tali principi sono stati affermati nei considerata della direttiva 2007/65/CE90 sui servizi media audiovisivi91 e, da ultimo, ribaditi nella direttiva n. 13 del 2010, in particolare nel considerato n. 8, che stabilisce che “È essenziale che gli Stati membri vigilino affinché non si commettano atti pregiudizievoli per la libera circolazione e il commercio delle trasmissioni televisive o tali da favorire la formazione di posizioni dominanti comportanti limitazioni del pluralismo e della libertà dell’informazione televisiva nonché dell’informazione in genere”.
Con la seconda fase sopra citata, la Commissione intende individuare specifici indicatori al fine di monitorare l’esistenza e l’intensità del media pluralism, nonché i rischi connessi all’interno dell’Unione europea.
In particolare, lo studio commissionato all’uopo dalla Commissione92, individua i seguenti indicatori: legale, economico e socio demografico, sulla base dei quali analizza la struttura, la regolazione e il funzionamento dei mercati dei media. Lo studio individua inoltre un’area generale e cinque specifiche aree tematiche in cui si articola la nozione di media pluralism e che sono destinate ad essere oggetto di analisi attraverso gli indicatori.
L’area essenziale (c.d. “basic domain”) si riferisce, da un lato, ai diritti e alle libertà fondamentali rilevanti per il pluralismo (quali libertà di espressione e diritto
89 Come osserva la Commissione, “media pluralism analysis is very often limited to the aspect of external pluralism and to aspects related to media ownership rules. External pluralism has to be seen together with internal pluralism. The latter can be essential for smaller markets” (CE, Media pluralism in the Member States of the European Union, cit., p. 12).
90 Cfr. in particolare i considerata n. 38 “[…] È, tuttavia, fondamentale promuovere il pluralismo attraverso la produzione e la programmazione di informazioni diversificate nell’Unione europea […]” e
n. 65 “gli strumenti scelti dagli Stati membri dovrebbero contribuire alla promozione del pluralismo dei mezzi di comunicazione”.
91 Sul recepimento da parte dell’Italia si veda la nota 1.
92 Cfr. AA. VV., Independent Study on Indicators for Media Pluralism in the Member States, cit., p. 8.
all’informazione), dall’altro lato, all’esistenza di una supervisione effettiva ed indipendente sul rispetto di tali diritti.
Tra le aree specifiche, le prime tre, di tipo “normativo”, rappresentano gli obiettivi politici che le normative nazionali intendono raggiungere e si riferiscono tanto al profilo attivo del pluralismo (ovvero garantire un accesso ai media da parte dei gruppi/interessi di volta in volta rilevanti), quanto a quello passivo (ossia un’adeguata rappresentazione delle loro idee e opinioni). Queste aree tematiche sono93:
(i) pluralismo culturale, inteso come la rappresentazione equa e differenziata dei gruppi culturali e sociali in cui si compone la società (ossia gruppi etnici, linguistici, minoranze religiose): l’esigenza sottesa è che i mezzi di comunicazione devono poter offrire contenuti al pubblico che riflettano la diversità socio-culturale esistente a livello nazionale e internazionale;
(ii) pluralismo politico, inteso come la rappresentazione equa e differenziata delle diverse ideologie e dei gruppi politici presenti: in tale ambito, i mezzi di comunicazione devono poter offrire una rappresentazione equa e tendenzialmente imparziale della realtà politica del Paese;
(iii) pluralismo geografico/locale, inteso come la rappresentazione equa e differenziata delle comunità locali e regionali e dei rispettivi interessi.
Le altre due aree specifiche di rilevanza sono di tipo “operativo” e indicano gli strumenti con i quali gli Stati raggiungono gli obiettivi politici sopra descritti, ossia:
(iv) pluralismo della proprietà o del controllo dei media: si riferisce alla necessità di una presenza di piattaforme e imprese di comunicazione appartenenti ad una pluralità di attori autonomi ed indipendenti; ciò tanto a livello della produzione, quanto dell’offerta e della distribuzione dei contenuti;
(v) pluralismo delle tipologie e dei generi di media, si riferisce alla: (a) co-esistenza di mezzi di comunicazione con diverse missioni e fonti di finanziamento (ossia operatori commerciali, alternativi, locali, di servizio pubblico), sia all’interno di uno stesso settore che tra diversi settori (editoria, radio e televisione); (b) presenza di mezzi di comunicazione con funzioni e contenuti diversi (quali l’informazione, l’attualità, l’educazione e l’intrattenimento) e adatti a diverse tipologie di utenti (quali bambini, adulti, anziani e diversamente abili).
In ogni area descritta, lo studio, attraverso l’applicazione degli indicatori succitati, mira ad individuare gli strumenti più idonei al fine di favorire lo sviluppo di un effettivo pluralismo, suggerendo altresì le misure più idonee a tal fine.
A titolo esemplificativo, si menziona l’importanza di un quadro normativo che garantisca la libertà di espressione e di un’Autorità di vigilanza indipendente che supervisioni i mercati delle comunicazioni; l’esistenza di una normativa che prevenga i
rischi di un’eccessiva concentrazione nei mercati dei media; la presenza di misure, sia regolatorie che volontarie, a tutela di particolari tipologie e generi di mezzi di comunicazione; un effettivo servizio pubblico; misure strutturali (equa rappresentazione dei gruppi politici negli organi direttivi) o comportamentali (obblighi di accuratezza ed imparzialità dell’informazione); l’esistenza di normative per la promozione di contenuti nazionali o europei.
Per quanto concerne gli “indicatori socio-demografici” questi includono, tra l’altro: la proporzione degli impiegati del servizio pubblico dedicati allo sviluppo di nuove piattaforme o tecnologie; la proporzione delle diverse opinioni politiche e voci rappresentate nei media; un livello di indipendenza dell’operatore di servizio pubblico; l’accesso dei media locali alle piattaforme.
Infine, in relazione agli “indicatori economici”, questi sono rappresentanti principalmente dal numero delle imprese, dal livello di concentrazione dei mercati o dalla dimensione dei finanziamenti disponibili, nel tentativo di misurare l’offerta, la distribuzione e l’accessibilità dei mezzi di comunicazione94. In particolare, lo studio menziona gli indici per misurare le caratteristiche del mercato (ad esempio il fatturato complessivo dell’industria; i ricavi per settore; gli indici di concentrazione etc.); gli indici per misurare le tipologie e i generi dei media presenti, quali, ad esempio, il numero delle stazioni radio, televisive e dei quotidiani nazionali; indici per misurare il pluralismo politico, culturale e geografico dei media, (come, ad esempio, la percentuale dei media affiliati ad un partito politico; il numero di emittenti nazionali e locali per le diverse piattaforme, etc.).
In definitiva, la Commissione dopo aver individuato una serie di nozioni e di interventi a tutela del pluralismo (prima fase) ha inteso rappresentare (nella seconda fase) l’esistenza di una serie di strumenti metodologici (indicatori) che si applicano ai singoli mezzi di comunicazione nonché all’intero sistema dell’informazione e sono volti a verificare e monitorare lo stato del pluralismo, inteso in senso generale, nei singoli Stati membri. Ciò al fine di contribuire ad un processo di armonizzazione delle metodologie e degli interventi dei singoli Stati membri a tutela del pluralismo.
Nella tabella seguente (Tab. 3.1) si riporta un confronto fra le normative e le misure assunte a tutela del pluralismo dei principali paesi europei. Successivamente, sarà svolto un approfondimento con riguardo alla disciplina presente nel Regno Unito e negli Stati Uniti.
Al riguardo, vale osservare che le misure adottate negli Stati membri (cfr. in particolare il Regno Unito) a tutela del pluralismo hanno avuto ad oggetto, principalmente, emittenti, pubbliche e private, che operano nella televisione in chiaro.
Tabella 3.1 - Disciplina a tutela del pluralismo nei principali Paesi europei
Pluralismo esterno
Francia
Valore del principio pluralistico
La giurisprudenza costituzionale considera il pluralismo quale pre- requisito dell’ordine democratico (decisione della Corte Costituziona- le francese n. 84-181 DC del
10 ottobre
1984)
Controllo di un singolo mezzo di comunica- zione
Limiti al possesso del capitale o delle azioni aventi diritto di voto.
Uno stesso soggetto non può possedere più del:
- 49% di un canale televisivo nazionale terrestre la cui audience annuale media superi il 2,5% di quello totale;
- 50% di un canale televisivo regionale terrestre;
- 50% di una società attiva nella trasmissione satellitare (art. 39, legge
86-1067)
Controllo di una pluralità di mezzi di comunicazione
Uno stesso soggetto non può ottenere un’autorizzazione per un canale televisivo qualora, a seguito di questa:
- detenga una o più autorizzazioni per un canale televisivo terrestre che raggiunge più di 4 milioni di abitanti;
- detenga una o più autorizzazioni per trasmissioni radiofoniche con uno share medio annuale superiore al 2,5%
(art. 41, legge 86-
1067)
Ulteriori misure a tutela del pluralismo
Limiti in materia di concentrazioni che impediscono a soggetti non appartenenti all’Unione europea di possedere più del 20% della quota di un giornale quotidiano o di una società che detiene una licenza di trasmissione radiofonica o televisiva
(art. 40, legge
86-1067)
Obblighi di servizio pubblico
Il concessio- nario del servizio pubblico è tenuto a: i) assicurare l’indipenden- za, il pluralismo dell’informa- zione e l’espressione di diversi punti di vista;
ii) offrire programmi che rappre- sentano la diversità, il pluralismo e i principi democratici;
iii) promuove- re la lingua francese e le tradizioni culturali e linguistiche nell’ambito delle diversità locali; iv) agevolare il dibattito democratico, l’inclusione sociale e la cittadinanza (art. 43, legge 86-1067)
Xxxxxxxxxx politico
Gli editori devono rispettare un equilibrio tra i tempi degli interventi dei membri del governo, membri della maggioranza parlamentare e membri dell’opposizio- ne.
Il tempo attribuito a tali trasmissioni e il loro formato sono determinati dall’Autorità francese di regolamenta- zione (“CSA”) (art. 13, legge
86-1067).
Sono previste norme speciali di garanzia nei periodi elettorali
Pluralismo esterno Controllo
Germania
Valore del
principio pluralistico
La giurispru- denza costituzionale considera il pluralismo quale dovere dello Stato di garantire, da un lato, l’apertura del mezzo informativo alle diverse tendenze politiche e culturali presenti nel paese (pluralismo interno) e, dall’altro, la presenza di pluralità di operatori (pluralismo esterno) (decisione della Corte Costituzionale tedesca del 16
giugno 1981)
di un
singolo mezzo di comunica- zione
Limiti al controllo di un canale televisivo se ciò determina l’esercizio di una “influenza predomi- nante” sull’opinio- ne pubblica* (sezioni 25,
26, 28, 31,
Trattato sulla radiotele- visione)
Controllo di una
pluralità di mezzi di comunicazione
Se le soglie di “influenza predominante” sono raggiunte, l’emittente non può acquisire né aumentare le partecipazioni già detenute in un altro mercato relativo ad altri media.
Vi sono leggi federali che vietano ad un soggetto, che detiene una posizione dominante nel mercato dei quotidiani e dei periodici, di essere contemporanea- mente titolare del capitale di maggioranza di un’emittente locale operante nella stessa area territoriale servita dai prodotti editoriali dallo stesso offerti (sezioni 25, 26,
28, 31, Trattato sulla
Ulteriori
misure a tutela del pluralismo
Sono previste soglie di fatturato nazionale e mondiale il cui superamento de- termina la sottoposizione di una concentra- zione alla relativa procedura di controllo. Tali soglie:
- sono ridotte del 5% quando le società coinvolte nell’operazione sono attive nel settore editoriale e radiotelevisivo
- sono ridotte da due ad una (si considererà dun- que solo la soglia di fatturato nazionale) se la concentrazione lede la concorrenza nei mercati dei quotidiani o dei periodici
(art. 38, Xxxxx sulla Concorrenza)
Obblighi di
servizio pubblico
La legge prevede l’obbligo di assicurare l’esistenza e lo sviluppo del servizio pubblico radiotelevi- sivo. Ciò include il coinvolgi- mento dello stesso in tutti i nuovi strumenti tecnici di trasmissione e la previsione di nuove forme di diffusione radiotelevi- siva (preambolo del Trattato interstatale sulla radiotelevi- sione)
Xxxxxxxxxx politico
Le emittenti con obblighi di servizio pubblico devono:
- riflettere la diversità di opinioni e idee politiche;
- dare voce a tutti i gruppi sociali rilevanti nella loro area geografica di radiodiffusio- ne;
- garantire parità di trattamento a tutte le parti politiche e, in particolare, che un programma non serva uno specifico partito o gruppo d’interesse (varie leggi statali in materia).
Sono previste norme speciali di garanzia nei periodi elettorali
radiotelevisione)
Valore del
Pluralismo esterno Controllo
Ulteriori
Obblighi di
principio pluralistico
Il principio del pluralismo si identifica nell’obiettivo, da un lato, di assicurare che un adeguato numero di punti di vista sia disponibile nei mezzi di comunicazione nazionali e locali e, dall’altro, di incentivare l’innovazione la crescita e l’investimento delle imprese di
di un
singolo mezzo di comunica- zione
Non sono previsti limiti rispetto al numero di licenze, salvo i seguenti:
- le società controllate dalla BBC non possono detenere licenze televisive per servizi regionali o nazionali di
Canale 3 o 5**;
Controllo di una
pluralità di mezzi di comunicazione
A livello nazionale, uno stesso soggetto non può detenere una licenza televisiva di tipo Canale 3 e, contemporanea- mente, uno o più giornali a diffusione nazionale che raggiungano una quota superiore al 20% (o una partecipazione superiore al 20% in una società che detenga una quota superiore al 20%
misure a tutela del pluralismo
La rappresenta- zione di una sufficiente pluralità di punti di vista nei giornali è considerata un legittimo obiettivo di interesse pubblico ai fini dell’applica- zione della disciplina prevista dalla legge per le operazioni di
servizio pubblico
Le finalità del servizio pubblico televisivo sono:
i) rappresentare gli interessi del paese e delle diverse regioni e comunità locali;
ii) promuovere educazione ed insegnamento e stimolare la creatività e l’eccellenza culturale; iii) la previsione di programmi di qualità elevata, diversificati ed
Xxxxxxxxxx politico
I canali con obblighi di servizio pubblico televi- sivo, nonché ogni servizio radiofonico nazionale, sono tenuti ad offrire servizi radiofonici e televisivi a carattere politico con la dovuta imparzialità, al fine di non supportare alcun partito.
In particolare, la
comunicazione | - le società | nel mercato | concentra- | innovativi nella | BBC ha | |
Regno | (Broadcasting | controllate | nazionale | zione*** | forma e nel | l’obbligo di |
Unito | Act del 1990, | da Canale 4 | dell’editoria). | (sez. 58, | contenuto; iv) | fornire notizie |
come modificato | non possono | In ogni area | Enterprise | favorire | ed informa- | |
dal Broadcasting Act del 1996 e dal Communications | detenere licenze di tipo Canale 3 o 5 (schedule | locale vi sono norme aggiuntive che impongono limiti proprietari con riferimento a | Act) | l’accesso del pubblico ai benefici delle tecnologie emergenti e la | zioni accurate ed imparziali e di promuovere la comprensione del sistema po- | |
Act del 2003) | 14, par. 1, Communi- cations Act del 2003) | radio e giornali regionali e locali (schedule 14, par. 1, Communications Act del 2003) | realizzazione dello switch- over (sezione 265, Communications Act; articolo 4, BBC Charter; clausole 5-10, BBC Broadcasting Agreement) | litico e delle tematiche concernenti l’attività del Parlamento (sez. 319, 320, Communications Act; clausola 6, BBC Broadcasting Agreement). | ||
Sono previste norme speciali di garanzia nei periodi elettorali |
Pluralismo esterno
Ulteriori
Spagna
Valore del principio pluralistico
Le leggi che regolano il settore radiotelevi- sivo indicano come obiettivo principale la necessità di promuovere il pluralismo (art. 2, legge 17/2006; art. 9, legge 10/1988)
Controllo di un singolo mezzo di comunica- zione
Un soggetto titolare di un’autorizza- zione televisiva non può detenere una seconda autorizzazione televisiva, ovvero non può acquisire una partecipazione maggiore al 5% in una società televisiva attiva nello stesso ambito territoriale
(art. 10, legge 10/1988)
Controllo di una pluralità di mezzi di comunicazione
Non vi sono regole specifiche in materia di partecipazioni incrociate
misure a tutela del pluralismo
Esiste un obbligo di notifica in caso di acquisizione di una “partecipa- zione significativa” (5%) in una società titolare di una licenza televisiva. Lo stesso avviene nel caso di aumento della partecipazione già detenuta. Il ministero competente può rifiutare la transazione in caso di: i) mancanza di trasparenza nella struttura del gruppo acquirente; ii) legami con altri concessionari televisivi
(art. 21, legge 10/1988)
Obblighi di servizio pubblico
Il servizio pubblico radiotelevisivo deve: i) assicurare una programmazio- ne diversificata ed equilibrata che rifletta ogni tipo di audience destinata a soddisfare le necessità di informazione, cultura e divertimento della società spagnola; ii) sviluppare la società dell’informazio- ne; iii) dedicare un’attenzione particolare ai gruppi sociali, evitando qualsivoglia discriminazione (artt. 2, 3, 25, legge 17/2006)
Xxxxxxxxxx politico
Nell’ambito del servizio pubblico, sono stabilite le regole, i formati e i tempi relativi all’accesso dei partiti politici ai canali pubblici. Lo spazio è distribuito in relazione al numero dei voti ottenuti durante le ultime elezioni (art. 27, Contratto di servizio pubblico; art. 61, Legge Elettorale)
(*) Si presume avere un’influenza dominante sull’opinione pubblica la società emittente la cui audience annuale media superi il 30% o i) il 25% se, allo stesso tempo, ha una posizione di mercato predominante nei mercati relativi ad altri media (e.g., stampa); ii) il 25% se tutte le sue attività radiotelevisive o quelle svolte in mercati relativi ad altri mezzi di comunicazione raggiungono un’influenza sull’opinione pubblica tale da essere equiparate ad una quota di audience del 30% (cfr. Trattato sulla radiotelevisione, sezioni 25, 26, 28, 31).
(**) La licenza di tipo “Channel 3” o “Channel 5” comporta in capo all’operatore determinate responsabilità di pubblico servizio, quali quelle di trasmettere determinati programmi di interesse pubblico. Questi includono spazi minimi da dedicare all’informazione, alle vicende domestiche, a film indipendenti ed europei, a programmi per bambini e di approfondimento religioso.
(***) Nell’ordinamento del Regno Unito, infatti, le concentrazioni nei mercati dei mezzi di comunicazione, oltre ad essere soggette ai poteri di controllo dell’Autorità nazionale di Concorrenza (OFT), sono altresì sottoposte ad uno specifico controllo del Ministero competente (Secretary of State). Questi, infatti, può valutare la concentrazione ai sensi di un interesse pubblico rilevante e decidere, eventualmente, di rinviare l’operazione davanti agli organi di controllo della concorrenza (la Competition Commission). Gli interessi pubblici la cui tutela può condurre a consentire o vietare una concentrazione tra imprese di comunicazione sono individuati da Ofcom nel Report to the Secretary on Media Ownership Rules 2009, par. 7.2, con riferimento sia alle concentrazioni tra giornali, sia alle operazioni tra reti radio-televisive e miste.
3.3.3 Tutela del pluralismo nel Regno Unito
Nell’ordinamento britannico, le esigenze di tutela del pluralismo dei mezzi di informazione trovano specifica considerazione nell’ambito della disciplina che è stata introdotta nel 1990 in materia di controllo della proprietà dei mezzi di comunicazione radio-televisivi ed editoriali95. In particolare, secondo l’Ofcom, l’Autorità di regolamentazione nazionale, le regole in questione perseguono il duplice obiettivo di assicurare, da un lato, che un adeguato numero di punti di vista sia disponibile nei mezzi di comunicazione nazionali e locali e, dall’altro, di incentivare l’innovazione, la crescita e l’investimento delle imprese di comunicazione96.
Le regole in tema di proprietà dei mezzi radiofonici e televisivi prevedono, in primo luogo, il divieto, per determinati soggetti, di possedere licenze di trasmissione97, ovvero limitazioni quanto alla tipologia di licenze che possono detenere98. Sono altresì previsti specifici limiti nel settore radiofonico99.
Accanto ai limiti che si applicano ai singoli media, sono contemplati ulteriori vincoli alla possibilità di cumulo, da parte di uno stesso soggetto, di più licenze in relazione a diversi mezzi di comunicazione radiofonici, televisivi ed editoriali (c.d. cross-ownership media rules)100.
95 La disciplina è stata introdotta per la prima volta nel Broadcasting Act del 1990 ed ha subito successivamente delle modifiche con il Broadcasting Act del 1996 e con il Communication Act del 2003. Quest’ultimo, in particolare, ha comportato un ampio intervento di deregolamentazione dei mercati ed ha contestualmente attributo all’Ofcom il compito di garantire il mantenimento di un’adeguata pluralità di operatori di servizi di comunicazione radiotelevisivi (Communication Act 2003, sec. 3, par. 2, lett. d).
96 Ofcom, Report to the Secretary of State on the Media Ownership Rules, cit. L’Ofcom, in particolare, riconosce che accanto all’interesse del cittadino alla “diversity”, esiste e deve essere garantito l’interesse del consumatore alla “company’s freedom”, che assicura investimenti e uno sviluppo economico sostenibile.
97 Cfr. Schedule 2 del Broadcasting Act 1990. Si tratta nello specifico di: autorità locali; organizzazioni politiche; BBC; agenzie pubblicitarie; altri soggetti che, ad avviso dell’Ofcom, sono sottoposte ad un’indebita influenza da parte di una delle entità sopra menzionati, tale da agire contro l’interesse pubblico.
98 Ad esempio, operatori nazionali di telecomunicazioni con un fatturato superiore a £2 miliardi non possono avere licenze televisive per il Canale 3 o 5 o una licenza radiofonica nazionale (cfr. art. 16, Broadcasting Order, 1991).
99 È previsto il divieto per uno stesso soggetto di possedere più di un multiplex digitale. Con riferimento invece alle singole licenze di trasmissione su uno stesso multiplex (c.d. sound programme services, “DSPS”), non è consentito, a chi detiene già quattro licenze, di averne una ulteriore qualora, a seguito dell’acquisizione, venga a coprire più del 55% del totale dei punti dell’area coperti dalla trasmissione. Schedule 14, par. 7, del Communication Act del 2003. Tuttavia, ad esito della consultazione del 2009, l’Ofcom ha raccomandato al Governo la rimozione dei descritti limiti in riferimento al possesso di un multiplex (cfr. Ofcom, Report to the Secretary on Media Ownership Rules, cit.).
100 A livello nazionale, tali limiti si traducono nel divieto per un medesimo soggetto di detenere una licenza televisiva tipo “Channel 3”. La licenza di tipo Channel 3 comporta in capo all’operatore determinate responsabilità di pubblico servizio, quale l’obbligo di trasmettere determinati programmi di interesse pubblico. Questi includono spazi minimi da dedicare all’informazione, alle vicende domestiche, a film indipendenti ed europei, a programmi per bambini e di approfondimento religioso.
Ciò che più rileva, ai fini del presente procedimento, è che nell’ordinamento britannico a tutela del pluralismo, così come nell’approccio sviluppato dalla Commissione europea, l’analisi è condotta attraverso metodologie che si applicano ai mezzi di informazione presi sia separatamente sia congiuntamente.
Analogamente, l’ordinamento inglese prevede uno strumento di intervento aggiuntivo nell’ambito del controllo delle concentrazioni, mediante il c.d. public interest test (sul quale cfr. par. 4.1). Questo attribuisce al Ministro competente il potere di valutare la concentrazione ai sensi di un interesse pubblico rilevante e decidere, eventualmente, di rinviare l’operazione davanti agli organi di controllo della concorrenza e di tutela del pluralismo101.
3.3.4 Tutela del pluralismo negli Stati Uniti
Anche nell’ordinamento statunitense, esistono regole in materia di proprietà dei mezzi di comunicazione, le quali hanno come obiettivo l’esigenza di evitare un’eccessiva concentrazione dei media, garantendo al contempo la diversità dell’informazione (c.d. diversity) e investimenti nel settore. In particolare, “incentivare l’esistenza di diversi punti di vista rimane un obiettivo politico prioritario e la diversità di proprietari promuove la diversità nei punti di vista”102.
Tra le norme più rilevanti ai fini del presente procedimento, vanno richiamate quelle in tema di proprietà incrociata nel settore editoriale e radio-televisivo. I limiti, così come previsti dalla Federal Communications Commission (FCC), l’autorità di regolamentazione statunitense, si fondano sulla presunzione per cui, in 20 aree individuate (c.d. Designated Market Areas, “DMAs”103), è consentita la proprietà da parte di un medesimo soggetto di: i) un quotidiano e una stazione radio, o ii) un quotidiano ed una stazione televisiva, a condizione che la stazione televisiva non sia tra le prime quattro dell’area (c.d. top four prohibition104) e che esistano almeno otto “major media voices”105, indipendenti nell’area. Al di fuori di tali circostanza, l’FCC ritiene probabile un pregiudizio dell’interesse pubblico al pluralismo e si propone di analizzare con attenzione le concentrazioni relative106.
101 Artt. 42, 58, 59 e 67 dell’Enterprise Act 2002. Tra i motivi di interesse pubblico rilevanti ai fini dell’esercizio del potere in esame figurano le esigenze di pluralismo dell’informazione, ossia la garanzia di un grado sufficiente di pluralità di punti di vista.
102 Cfr. par. 82 del Report and Order and Order on Reconsideration cit., con cui la Federal Communications Commission, in data 18 dicembre 2008, ha concluso la revisione quadriennale delle regole relative al controllo e alla proprietà incrociata dei mezzi di comunicazione (Quadrennial review of media ownership rules) effettuata ai sensi dell’art. 202(h) del Telecommunications Act del 1996.
103 Le aree “DMA” sono identificate in base alla rilevazione Xxxxxxx. Cfr., ibidem, parr. 55 e 56.
104 Cfr. ibidem, parr. 61 e 62.
105 Il concetto di major media voice indica emittenti televisive, sia commerciali che non, e giornali con frequenza di pubblicazioni di almeno 4 giorni a settimana (ibidem, par. 57).
106 In particolare, i criteri di valutazione della proprietà incrociata che l’FCC seguirà nella sua analisi comprendono: i) la quantità di informazione locale rilasciata dai soggetti interessati a seguito della
L’esistenza e l’eventuale modifica/rimozione di limiti alla proprietà tra mezzi di comunicazione, nonché di vincoli specifici ai singoli media107, sono stabilite sulla base di una attenta analisi dei singoli mezzi nonché dell’intero sistema dell’informazione da parte dell’FCC nella c.d. Quadrennial Review of Media Ownership Rules108. Tale analisi è stata condotta attraverso metodologie sia antitrust (indici di concentrazione, analisi dei ricavi; etc.), che più specifiche del pluralismo (consumer surveys sull’uso dei mezzi di informazione, analisi delle audience) che si applicano ai vari media (radio, tv, quotidiani), intesi come mercati rilevanti ai fini dell’applicazione dei predetti limiti sulla proprietà.
3.4 Processo di individuazione dei mercati rilevanti ai sensi dell’art. 43 del Testo Unico
In Italia, il pluralismo è menzionato anche nell’art. 3 del Testo Unico nei principi fondamentali del sistema radiotelevisivo, tra i quali la norma richiama proprio “la garanzia della libertà e del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva”, nonché nell’art. 5, comma 1, lett. a) del testo suindicato109.
Dal combinato disposto degli artt. 3 e 5 del TU emerge come, secondo tale prospettiva, la concorrenza venga considerata dal legislatore come uno strumento per il raggiungimento del pluralismo dei mezzi di comunicazione, ossia quale “bene giuridico che da primario diventa strumentale al perseguimento ed alla garanzia di un altro bene costituzionalmente garantito, il pluralismo nel sistema radiotelevisivo”110, in considerazione del fatto che non sempre l’utilizzo delle regole antitrust può ritenersi sufficiente a realizzare l’obiettivo del pluralismo.
L’esigenza di garantire il principio del pluralismo come obiettivo ulteriore rispetto alla tutela della concorrenza emerge con evidenza se solo si considera, ad esempio, come i limiti ai ricavi relativi al SIC siano difficilmente giustificabili alla luce del diritto
concentrazione; ii) l’autonomia di giudizio di ciascun soggetto nell’attività di informazione; iii) il livello di concentrazione dell’indice Xxxxxxx nell’area; iv) le condizioni finanziarie dei soggetti coinvolti e le decisioni di investimento in tema di informazione. Cfr., in particolare, i parr. 68-78.
107 Si deve inoltre rilevare come esistano limiti in tema di proprietà, da parte di un medesimo soggetto, di emittenti radiofoniche e televisive a livello nazionale. In particolare, il regime vigente consente ad un soggetto di detenere fino a due reti televisive e fino a sei stazioni radiofoniche, a condizione che: i) ciò sia consentito dalle regole locali in materia di proprietà dei mezzi di comunicazione; ii) a seguito dell’acquisizione, rimangano nel mercato almeno venti operatori indipendenti. Il limite scende a due stazioni televisive e quattro radiofoniche, se il numero di voci indipendenti è almeno di dieci. Per voci indipendenti, ai fini di tale gruppo di regole, l’FCC si riferisce a emittenti televisive, radiofoniche, giornali quotidiani con una circolazione superiore al 5% nel mercato rilevante.
108 Cfr. nota 102.
109 Cfr. nota 67.
110 Cfr. A. XXXXXXXX, X. PODDIGHE, X. XXXX-ZENCOVICH (a cura di), La televisione digitale: temi e problemi. Commento al d. lgs 177/05 T.U. della Radiotelevisione, 2006, p. 258.
antitrust, nonché la circostanza che tali tetti antitrust si applicano anche alle ipotesi di crescita interna di un’impresa111.
L’esigenza di proteggere il pluralismo appare quindi ciò che ha spinto il legislatore a dettare una disciplina di settore che si affianca a quella generale della legge 287/90112 e che consiste in una tutela “rafforzata” contro le posizioni dominanti rispetto a quella tipica del diritto della concorrenza. Xxxxx a tal riguardo rilevare che l’art. 43 vieta non l’abuso di posizione dominante, ma la posizione dominante tout court.
Dalle previsioni di cui all’art. 43, come affermato anche nella succitata delibera 136/05/CONS, si evince la volontà del legislatore di colpire la posizione di qualunque impresa che possa rappresentare una minaccia per il pluralismo dell’informazione, indipendentemente dal fatto che la stessa si trovi in posizione dominante in base al diritto della concorrenza.
Da ultimo, anche il giudice amministrativo ha sottolineato come la legge Xxxxxxxx abbia individuato come principio cardine del sistema radiotelevisivo “la tutela della libertà e del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva”113 e, ancora, come “il sistema antitrust basato sui limiti oggettivi alle concentrazioni (e non sulla repressione dell’abuso di posizione dominante) [sia] a tutela del pluralismo esterno del sistema”114.
3.4.1 Rilevanza dei mercati ai fini della tutela del pluralismo
Ciò premesso, in questa sede occorre analizzare come il rapporto tra tutela della concorrenza e tutela del pluralismo, così come delineato, sia suscettibile di essere considerato nell’attività di definizione dei mercati oggetto del procedimento.
Come già richiamato, ai sensi dell’art. 43 del TU, l’Autorità è chiamata ad individuare il mercato rilevante conformemente ai principi di cui agli articoli 15 e 16 della direttiva comunitaria 2002/21/CE del 7 marzo 2002, ai fini di verificare che non si costituiscano, nel sistema integrato delle comunicazioni e nei mercati che lo compongono, posizioni dominanti.
In particolare, l’art. 15 della direttiva dispone che “Le autorità nazionali di regolamentazione, tenendo nel massimo conto la raccomandazione e gli orientamenti, definiscono i mercati rilevanti corrispondenti alla situazione nazionale, in particolare mercati geografici rilevanti nel loro territorio, conformemente ai principi del diritto della concorrenza”.
111 Cfr. A. XXXXXXXX, X. PODDIGHE, X. XXXX-ZENCOVICH, cit., p. 261.
112 Cfr. X. XXXXXX, Il pluralismo informativo nello scenario della convergenza, in X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXX (a cura di), Comunicazioni: verso il diritto della convergenza?, 2003, p. 86.
113 Cfr. Tar Lazio, sent. n. 2235/2007.
114 Cfr. Consiglio di Stato, sent. n. 1769/2006.
Il punto di partenza per l’individuazione dei mercati rilevanti è quindi la definizione dei mercati in ambito merceologico e geografico sulla base dei principi antitrust, a partire dalle aree economiche del SIC.
Tale disposto va, come detto, valutato tenuto conto della finalità sottesa alla disposizione succitata, che persegue come obiettivo ultimo la tutela del pluralismo. Infatti, come emerge dal dettato normativo, la definizione dei mercati è propedeutica all’individuazione delle posizioni dominanti “o comunque lesive del pluralismo” (art. 43, comma 5)115.
Il riferimento alla lesione del pluralismo contenuto nel comma 5 dell’art. 43 rappresenta, dunque, un criterio fondamentale per la corretta individuazione dei mercati rilevanti – anche ai fini della successiva analisi delle posizioni dominanti – e va inteso come un’integrazione e specificazione della norma, che esplicita la ratio del legislatore nel derogare all’applicazione della disciplina generale sulla concorrenza.
In quest’ottica, appare dunque necessario finalizzare l’individuazione dei mercati rilevanti alla tutela del pluralismo. Questa lettura risulta coerente con le competenze demandate all’Autorità dalla legge n. 249 del 1997, fra cui la garanzia del pluralismo assume, come sopra esposto (cfr. par. 3.2), un ruolo preponderante116.
Sul punto, si ricorda nuovamente che l’Autorità, nella propria delibera n. 136/05/CONS, ha già interpretato il riferimento alle posizioni lesive del pluralismo di cui al comma 7 dell’art. 2 della legge n. 249/97 proprio come un’integrazione ed un arricchimento degli artt. 14 e 15 della legge n. 112 del 2004, il cui contenuto è stato successivamente ripreso nell’art. 43 del TU. Inoltre, nel medesimo contesto, alla luce di una lettura sistematica della legge n. 112 del 2004 e poi del TU, l’Autorità ha rilevato che i riferimenti al pluralismo contenuti negli artt. 3 e 5 del TU stesso “trattandosi di principi […]devono orientare ogni intervento dell’Autorità nella materia de qua; di conseguenza l’applicazione degli artt. 14 e 15 della legge 112 non può prescindere dal contenuto degli artt. 3 e 5”.
La finalizzazione del processo di definizione dei mercati del SIC alla tutela del pluralismo presuppone, pertanto, uno scrutinio circa la rilevanza di tali ambiti merceologici e geografici rispetto agli obiettivi individuati dal legislatore. Tale lettura è coerente con la posizione assunta dall’Autorità, nel 2008, nel valutare una segnalazione pervenuta con riguardo alla situazione competitiva nel settore dell’editoria annuaristica, nella quale è stato osservato che “Continui riferimenti al pluralismo, come criterio ispiratore dell’attività dell’Autorità nell’applicazione dell’art. 43 […] sono peraltro contenuti anche in più recenti delibere dell’Autorità, quali la delibera 163/06/CONS e la 109/07/CONS, nonché nell’ultima Relazione Annuale che […] ha sottolineato la forte
115 Sempre a tal fine, l’art. 43 disciplina infatti diverse misure e sancisce alcuni limiti atti ad evitare una eccessiva concentrazione dei mercati e la formazione di posizioni dominanti negli stessi.
116 In dottrina e in giurisprudenza, infatti, è stato evidenziato il ruolo dell’Autorità quale “portatrice […] degli interessi alla trasparenza, al pluralismo, ed alla garanzia della parità delle armi nei settori della informazione e dei mezzi di comunicazione. Cfr. Consiglio di Stato, sent. n. 2354/2002.
rilevanza della determinazione del valore economico complessivo del SIC e dell’individuazione delle singole componenti alle finalità di tutela del pluralismo, per le quali il SIC è stato voluto dalla legge”. In conclusione, nella segnalazione è stato quindi affermato che “[…] l’Autorità ritiene che la possibilità di intervento di cui al comma 5 dell’art. 43 del TUR dovrebbe essere limitata solo ai mercati rilevanti ai fini del pluralismo […]”; ed ancora “…il divieto assoluto di posizione dominante troverebbe applicazione solo in quei mercati che, sempre individuati secondo i principi relativi al diritto della concorrenza, abbiano una specifica valenza per la garanzia del pluralismo dell’informazione quali, ad esempio, i mercati connessi all’attività radiotelevisiva o all’editoria quotidiana e periodica”117.
Di conseguenza, l’obiettivo del pluralismo dell’informazione deve permeare il processo di individuazione dei mercati che, in primo luogo, dovrà verificare la rilevanza degli stessi rispetto alla finalità specificata.
3.5 Valutazioni conclusive circa la tutela del pluralismo ai fini della definizione dei mercati rilevanti oggetto del presente procedimento
L’analisi effettuata sul concetto di pluralismo e sulle modalità di tutela dello stesso, a livello nazionale e internazionale, ha permesso di pervenire ad alcune conclusioni di particolare utilità ai fini della definizione dei mercati rilevanti nell’ambito del presente procedimento.
Come anticipato (cfr. par. 3.1.3), sulla base della disamina del concetto di pluralismo nelle sue diverse accezioni, si desume che, nell’analisi in questione, rileva il concetto di pluralismo esterno, inteso come necessità di una pluralità di operatori attivi nella comunicazione, la cui tutela si estrinseca nel preservare il sistema dell’informazione, comprensivo di tutti i mezzi di comunicazione di massa, in cui è essenziale garantire una pluralità di voci finalizzata a dar corpo alla libertà dell’informazione, attiva e passiva.
Al riguardo, si rammenta l’orientamento della Corte costituzionale in merito al pluralismo esterno, che ha sottolineato, come già evidenziato al paragrafo 1.1. la necessità di assicurare l’accesso al sistema radiotelevisivo “al massimo numero possibile di voci diverse”118.
117 Cfr. Segnalazione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ai sensi dell’art. 2, comma 33, della legge n. 481 del 1995, per eventuali interventi ai sensi della legge n. 287 del 1990 del 6 maggio 2008. Tale impostazione è peraltro coerente con quello già assunto nel 2000, con delibera n. 846/00/CONS, in cui si affermava come l’Autorità sia “chiamata a valutare le posizioni degli operatori di comunicazione sui mercati di riferimento attraverso una analisi delle dinamiche concorrenziali per giungere ad una valutazione dei riflessi che le stesse hanno sull’applicazione del principio del pluralismo”.
118 Corte cost. sent. n. 112/93, cit.
A livello internazionale, sono state intraprese numerose iniziative volte allo studio del pluralismo esterno e alla ricerca delle modalità più idonee a garantirne la tutela. Tali studi si sono rivelati di indubbio interesse anche dal punto di vista metodologico, confermando l’approccio adottato nel presente procedimento.
Infatti, sia a livello comunitario sia nel Regno Unito, l’analisi è stata estesa all’intero sistema dell’informazione con un focus sui singoli mezzi. In particolare, la Commissione europea ha orientato la propria indagine sulle condizioni in grado di sostenere lo sviluppo dei mercati delle comunicazioni verso un assetto pluralistico e nel Regno Unito, ai fini di tutelare il pluralismo esterno, l’analisi è stata condotta applicando metodologie che si applicano ai mezzi di informazione presi sia separatamente sia congiuntamente. Anche negli Stati Uniti, come nel presente procedimento, è stata condotta un’analisi ad ampio spettro sui diversi mezzi di comunicazione, anche attraverso un’indagine campionaria sull’uso di tali strumenti da parte della popolazione, nonché sulle audience dei mezzi di informazione.
Il confronto internazionale ha dunque mostrato un quadro di analisi e un approccio metodologico coerente con quello già adottato dall’Autorità in diverse occasioni, e riassumibile nei seguenti assunti:
- una lettura sistematica del quadro giuridico e normativo esistente suggerisce che l’analisi dei mercati sulla base dei principi antitrust sia complementare e ausiliare all’obiettivo del pluralismo, la cui tutela assume, nel caso di specie, interesse primario;
- ciò premesso, l’analisi delle singole aree economiche del SIC e dei relativi mercati deve valutare attentamente la relativa rilevanza ai fini della tutela del pluralismo dell’informazione;
- l’analisi sarà quindi focalizzata sui mezzi di comunicazione presi sia singolarmente sia nel loro complesso.
Nel prossimo capitolo, la metodologia adottata sarà sviluppata con maggiore dovizia, coerentemente a quanto emerso nel presente capitolo, e la si applicherà al sistema dell’informazione nel suo complesso e, successivamente, nel capitolo 5, all’analisi dei singoli mercati rilevanti.
4. METODOLOGIA PER L’INDIVIDUAZIONE DEI MERCATI ED ANALISI CIRCA LA RILEVANZA E LA SOSTITUIBILITÀ DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE AI FINI DELLA TUTELA DEL PLURALISMO
4.1 Metodologia per l’individuazione dei mercati rilevanti
4.1.1 Mezzi di comunicazione di massa come piattaforme a due versanti
Dal punto di vista della teoria economica, i mezzi di comunicazione di massa (televisione, radio, editoria periodica e quotidiana, cinema ed internet) nonché gli altri ambiti pubblicitari (esterna, annuaristica ed altre attività promozionali) possono essere inquadrati nell’ambito della teoria dei two-sided markets (mercati a due versanti)119. Tali comparti sono caratterizzati dalla presenza di una piattaforma gestita da un operatore che svolge la funzione di luogo di incontro o collegamento sia fisico che virtuale fra due gruppi interdipendenti di utenti e consente loro di realizzare delle transazioni o, più in generale, delle interazioni, minimizzando i costi di transazione.
Nel dettaglio, si può parlare di mercati a due versanti in tutte quelle situazioni in cui il comportamento dei due gruppi di utenti posti in collegamento produce delle rilevanti esternalità (positive o negative) o effetti indiretti di rete e la presenza di elevati costi di transazione impedisce loro di risolverle spontaneamente (prima condizione). In tale contesto, il gestore/proprietario della piattaforma che offre i prodotti congiuntamente nei due versanti, nel consentire il soddisfacimento delle rispettive domande, svolge essenzialmente tre funzioni: favorire gli incontri, attrarre l’audience e ridurre le duplicazioni. Le diverse piattaforme assolvono a tali compiti in misura differente consentendo così di minimizzare i costi di transazione120.
Il gestore della piattaforma è altresì in grado di definire una struttura dei prezzi che sfrutti pienamente la disponibilità a pagare da parte dei due gruppi di consumatori. Infatti, una seconda condizione per la sussistenza di un two-sided market concerne
119 La teoria dei mercati a due versanti è stata chiaramente individuata per la prima volta nel lavoro di X. XXXXXX, X. XXXXXX, Platform Competition in Two-Sided Markets, Journal of the European Economic Association, 2003, vol. 1(4), pp. 990-1029, al quale sono seguiti numerosi lavori di natura teorica ed empirica fra cui quello di X. XXXXXXXXXXX, D. S. XXXXX, Industrial Organization of Markets with Two- Sided Platforms, Competition Policy International, 2007, vol. 3, n. 1. Tale contributo, fra le altre cose, chiarisce il concetto di “two-sided market” riconducibile ad un “business” fra due gruppi interdipendenti di utenti e spiega che il termine “mercato” utilizzato da Rochet e Xxxxxx va inteso in senso ampio e non si riferisce al concetto di mercato proprio della terminologia antitrust. Per una rassegna dei lavori in materia di mercati a due versanti, si rimanda a M. XXXXXX, The Economics of Two-Sided Markets, Journal of Economic Perspectives, American Economic Association, 2009, vol. 23(3), pp. 125-143.
120 Ad esempio, nei settori della comunicazione che sono supportati dalla raccolta pubblicitaria, la funzione principale della piattaforma è quella di realizzare contenuti in grado di aumentare l’audience, mentre le Software Platforms si propongono di minimizzare i costi di transazione e le Borse valori intendono favorire gli incontri (cfr. X. XXXXXXXXXXX, D. S. XXXXX, cit.).
l’impossibilità di arbitraggio fra questi due gruppi, che renderebbe non sostenibile la struttura dei prezzi.
Nel caso dei settori in esame, i proprietari dei mezzi di comunicazione (imprese radiotelevisive, editori, esercenti cinematografici, proprietari di siti web, società di affissione) si configurano come “piattaforme” che mettono in contatto i consumatori, da un lato, con gli inserzionisti pubblicitari, dall’altro. La domanda da parte degli inserzionisti e, di conseguenza, la loro disponibilità a pagare, è condizionata dalla qualità e dal numero dei consumatori raggiunti dal mezzo. Assumerà pertanto un ruolo importante non solo l’audience del mezzo di comunicazione, che misura il numero e la percentuale di consumatori che, in un determinato momento, sono stati raggiunti dallo stesso, ma anche la tipologia di utenti (il c.d. target) e, quindi, sia i loro gusti o preferenze, sia il reddito percepito e la disponibilità di spesa. Elementi, questi ultimi, che incidono direttamente sulla efficacia di un messaggio pubblicitario. È quindi evidente che l’aumento della fruizione di un mezzo produce un effetto indiretto di rete, o esternalità positiva, sulla domanda di inserzioni pubblicitarie nello stesso.
Più discussi sono, invece, gli effetti della numerosità delle inserzioni pubblicitarie sulla domanda del mezzo da parte dei consumatori. Nella radiotelevisione, appare sussistere una relazione negativa: maggiori sono le interruzioni pubblicitarie e minore sarà l’attrattività di una trasmissione radiotelevisiva per i telespettatori121. Diverso è l’effetto negli altri mezzi di comunicazione: dal segno ambiguo nei giornali e nei periodici, a quello positivo nell’annuaristica ed in alcuni segmenti di internet.
La presenza di effetti di rete indiretti influisce sulla struttura dei prezzi, sul design e sulle regole della piattaforma da applicare a questi particolari settori122. Relativamente alla struttura dei prezzi si osserva che, mentre in un settore ad un solo versante il fornitore stabilisce il livello del prezzo che consente la massimizzazione dei profitti, eguagliando il costo marginale al ricavo marginale, nei mercati a due versanti le relazioni tra prezzi e costi sono più complesse. Un primo aspetto da sottolineare è che l’effetto di un incremento dei prezzi non si esaurisce in un versante, ma produce delle esternalità (effetti indiretti) anche sull’altro versante, provocando degli effetti a catena. In termini più generali, la funzione di domanda di ciascun lato del mercato è correlata inversamente al prezzo praticato sul proprio versante e, a seconda dei casi, positivamente o negativamente alla quantità di soggetti dell’altro versante che utilizzano la piattaforma. L’intensità di tale ultimo effetto e il segno dipendono dal valore che il primo gruppo di utenti attribuisce alla partecipazione (o utilizzo) della piattaforma da parte del secondo gruppo. Di conseguenza, al fine di stabilire il prezzo ottimale praticato sui due versanti del mercato, il gestore della piattaforma deve tenere conto non solo della elasticità della domanda di ciascun versante al proprio prezzo (effetto diretto),
121 Fra gli studi che illustrano l’effetto negativo delle interruzioni pubblicitaria sul consumo televisivo in alcuni Paesi europei, si veda N. XXXXXX, Programming and Advertising Competition in the Broadcasting Industry, Journal of Economics and Management Strategy, 2004, vol. 13 (4), pp. 657-669.
122 X. XXXXXXXXXXX, D. S. XXXXX, cit., pp. 159-163.
ma anche della natura ed intensità degli effetti indiretti di rete (quando si trasmette da un versante ad un altro) e dell’impatto sui costi marginali nei due versanti.
Con riferimento al design ed alle regole della piattaforma, se si tiene conto della particolare natura di tali settori, il gestore configurerà la propria piattaforma tenendo a mente la natura del proprio business, che si rivolge a due gruppi di utenti con l’intento di incoraggiarne l’adesione alla piattaforma e, una volta entrati nella stessa, stimolare l’interazione fra i partecipanti. Questo può indurre anche a configurazioni della piattaforma che, in senso lato, danneggiano uno dei due versanti. Ad esempio, l’emittente televisiva potrebbe decidere di aumentare le interruzioni pubblicitarie, riducendo così l’utilità per i telespettatori, in determinati momenti della trasmissione televisiva dove l’attenzione del consumatore è maggiore (ad es. prima della fine del film)123.
Altre importanti caratteristiche di questi settori - quali, soprattutto, l’intensità degli effetti indiretti di rete124, la presenza di costi affondati e di economie di scala125, l’esistenza di fenomeni di congestione126 e il grado di differenziazione del prodotto127-
123 Tale possibilità è alla base della fissazione, in tutta Europa, di limiti di affollamento pubblicitario in capo agli operatori televisivi.
124 L’intensità delle esternalità indirette incrementa, a parità di altre condizioni, il livello di concentrazione del mercato che potrebbe, in casi estremi, indurre ad una situazione monopolistica.
125 Nella maggior parte dei casi, la realizzazione delle piattaforme presuppone una struttura di costi caratterizzata da elevati costi fissi e rilevanti economie di scala, che condizionano la capacità produttiva ottimale, o livello ottimo di produzione, influenzando le dimensioni della piattaforma e il livello di concentrazione del mercato. Ad esempio, nel caso del settore televisivo, l’acquisto o la produzione di determinati contenuti, fra cui gli eventi dotati di una maggiore attrattività per il pubblico (c.d. premium), comporta il sostenimento di elevati costi fissi non recuperabili (sunk cost) e costi marginali assai ridotti. Si tratta di costi endogeni, la cui entità dipende prevalentemente dalle scelte strategiche dell’emittente, solo parzialmente condizionate da fattori esterni, che aumentano il grado di concentrazione del mercato (cfr. X. XXXXX, X. POLO, Oltre il vincolo dello spettro: concentrazione ed entrata nell’industria dei servizi televisivi, Rivista di Politica Economica, 2001, vol. XCI (IV-V), pp. 115-150).
126 Il fenomeno della congestione si verifica principalmente nelle piattaforme fisiche che presentano una capacità limitata e, quindi, dopo aver raggiunto un determinato numero di adesioni, l’eventuale soggetto che si aggiunge produce una esternalità negativa perché incrementa i costi di ricerca e quelli di transazione all’interno del sistema. Il fenomeno della congestione può riguardare entrambi i lati del mercato, come nel caso dei software, oppure un solo versante, come nel caso dei giornali o della televisione. In tale ultimo caso, infatti, fenomeni di congestione possono verificarsi nel versante degli inserzionisti nella misura in cui l’incremento delle interruzioni pubblicitarie, oltre a ridurre l’audience sul canale, determina una eccessiva esposizione ai messaggi pubblicitari del telespettatore, che rischia di minacciare l’efficacia del messaggio stesso.
127 Le piattaforme possono differenziarsi attraverso la scelta di livelli di qualità differenti (differenziazione verticale) con i consumatori che selezionano le piattaforme con qualità maggiore o minore in funzione della propria disponibilità a pagare. Le piattaforme possono differenziarsi, inoltre, definendo le proprie caratteristiche e i prezzi con l’obiettivo di attrarre particolari gruppi di consumatori (differenziazione orizzontale). Le emittenti televisive possono adottare una strategia volta al miglioramento della programmazione attraverso la produzione o l’acquisto di contenuti particolarmente attrattivi per i consumatori offrendo, pertanto, un servizio di maggiore qualità (differenziazione verticale). Un’altra strategia di diversificazione di una emittente televisiva concerne la scelta del palinsesto (tipologia e qualità dei programmi trasmessi) la cui articolazione consente di attrarre l’attenzione di un
hanno un notevole impatto sull’assetto competitivo dei mercati, sul grado di concentrazione e sull’eventuale esistenza di posizioni di significativo potere di mercato.
4.1.2 Mercati a due versanti ed analisi ai sensi del diritto della concorrenza
Siffatta configurazione del settore della comunicazione non ha impedito un’analisi antitrust rivolta spesso ai singoli versanti, siano essi quelli della diffusione dei media tra i consumatori finali128, ovvero della raccolta pubblicitaria attraverso i differenti mezzi129. Esistendo, infatti, problematiche concorrenziali peculiari, nonché elementi di sostituibilità differenti, sia dal lato merceologico130 sia da quello geografico131, l’analisi delle autorità di concorrenza nazionali e comunitarie ha molto spesso proceduto a considerare singoli versanti separatamente132.
Ciò può essere giustificato anche dal fatto che, pur nell’ambito di uno stesso mezzo, differenti piattaforme di comunicazione si possono caratterizzare per una offerta specializzata su un versante piuttosto che sull’altro, e sono quindi non sostituibili dagli utenti finali l’una con l’altra. Nella televisione, ad esempio, gli operatori in chiaro si finanziano prevalentemente sul versante della raccolta pubblicitaria, mentre i fornitori di servizi di pay tv si rivolgono quasi esclusivamente al versante degli utenti finali. Questo è uno dei motivi che hanno indotto le autorità comunitaria e nazionale di concorrenza a distinguere tali ambiti di mercato. Più in generale, da un punto di vista antitrust, il versante pubblicitario (suddiviso nei vari ambiti di mercato) viene generalmente distinto da quello relativo agli utenti finali del mezzo (telespettatori, lettori,…).
Inoltre, anche nell’ambito di un medesimo versante, la differenziazione del prodotto può portare, come nei mercati tradizionali, ad una bassa sostituibilità dello stesso dal lato della domanda, sicché piattaforme distinte possono dar luogo ad ambiti merceologici
particolare target di consumatori (differenziazione orizzontale). La differenziazione orizzontale è tipica dei prodotti editoriali sia quotidiani sia, soprattutto, periodici.
128 Cfr., ad esempio, per il versante dei lettori dei periodici, M.3420 GIMD/Socpresse, decisione della Commissione europea del 16 giugno 2004.
129 Cfr. AGCM, Indagine conoscitiva sul settore televisivo: la raccolta pubblicitaria (IC23), 16 novembre 2004.
130 Nel caso dei mercati delle comunicazioni, mentre esiste una certa sostituibilità tra mezzi nel versante della raccolta pubblicitaria, lo stesso non si può dire in quello della fruizione degli stessi da parte dei consumatori finali.
131 La raccolta pubblicitaria è quasi sempre segmentata in locale e nazionale, mentre la fruizione del mezzo può avvenire a livello solo nazionale (internet), solo locale (cinema, annuaristica, affissione), ovvero sia locale sia nazionale (tv, radio, editoria).
132 In tal senso, caso emblematico è quello relativo alla decisione della Commissione europea del 21 agosto 2007, sull’operazione di concentrazione Travelport/Worldspan (caso COMP/M.4523), in cui le condizioni concorrenziali del mercato a due versanti dei servizi elettronici di viaggio sono analizzate distintamente nel versante a monte dei fornitori di servizi di viaggio e in quello a valle dei consumatori finali (e delle agenzie di viaggio). Inoltre, i due versanti sono caratterizzati, sempre secondo la Commissione europea, da perimetri geografici differenti, europeo il primo, nazionale il secondo. Si rimanda al capitolo 5 per un’analisi antitrust dei singoli mercati rilevanti nei settori della comunicazione.
distinti. Ad esempio, nell’editoria quotidiana, non solo si è proceduto a distinguere il versante della raccolta pubblicitaria (peraltro a sua volta segmentato in raccolta nazionale e locale) su tale mezzo da quello dei lettori ma, nell’ambito di quest’ultimo, si è ulteriormente distinto tra quotidiani a pagamento e free press. A loro volta, i quotidiani a pagamento sono stati spesso segmentati in nazionali e locali, e nell’ambito dei primi in quotidiani di informazione generale e specializzati (ad es. sportivi, economici).
In altre parole, come sarà rappresentato nei paragrafi che seguono, l’identificazione dei mercati rilevanti ai sensi del diritto della concorrenza spesso non coincide, specie nel settore delle comunicazioni, con l’intero perimetro merceologico e geografico di un sistema a due versanti.
4.1.3 Mercati a due versanti ed analisi ai fini della tutela del pluralismo
Dal punto di vista delle metodologie volte alla tutela del pluralismo, l’analisi dei mercati delle comunicazioni sposta inevitabilmente l’accento sul versante dei consumatori/cittadini e sul loro accesso ed uso dei mezzi di comunicazione di massa. In questo senso, il versante pubblicitario è visto in un’ottica di risorse complessive del mezzo, ma l’analisi riguarda principalmente la sostituibilità dei mezzi (e all’interno degli stessi) tra i consumatori.
Come già accennato, la stessa Autorità, nell’ambito della delibera n. 136/05/CONS, ha preso in considerazione ulteriori elementi, rispetto a quelli tipici della segmentazione concorrenziale, ai fini della individuazione dei mercati rilevanti e delle relative posizioni di mercato nel settore televisivo. Infatti, il dettato dell’art. 43 del TU, oltre ad elementi tipici delle metodologie antitrust (ricavi, livello di concorrenza, barriere all’ingresso, dimensioni di efficienza economica delle imprese), considera le audience dei media (ossia gli indici quantitativi di diffusione dei vari mezzi e delle singole imprese) tra i criteri di valutazione nell’ambito dell’analisi volta all’individuazione dei mercati rilevanti e della relativa valutazione delle eventuali posizioni dominanti.
Tale corredo metodologico appare in linea con quanto sviluppato a livello internazionale, laddove sono state definite metodologie, che completano, ai fini della tutela del pluralismo, la strumentazione antitrust133. Elemento tipico di tale analisi è, in ambito anglosassone, il già citato (v. supra, par. 3.3) public interest test134 in cui, ai fini di una valutazione sul pluralismo dell’informazione, vengono misurate sia le audience dei mezzi di comunicazione, sia quelle all’interno di ciascun media135. Analogamente, sempre in ambito anglosassone, la definizione e la revisione dei limiti alla proprietà dei
133 Per una rassegna degli interventi in Europa e negli Stati Uniti v. supra, par. 3.3.
134 Cfr. Ofcom guidance for the public interest test for media merger.
135 Per un’applicazione pratica del public interest test si veda OFCOM, Report for the Secretary of State pursuant to Section 44A of the Enterprise Act 2002 of British Sky Broadcasting plc’s acquisition of 17.9% shareholding in ITV plc, 27 aprile 2007.
media (c.d. media ownership rules) sono state effettuate sulla base di analoghe valutazioni136.
In tale contesto, mentre l’analisi merceologica è, quindi, svolta sui mezzi di comunicazione presi sia separatamente sia nel loro complesso, analizzando la sostituibilità nel raggiungere ed informare i cittadini (come ad esempio nel caso della televisione in chiaro e di quella a pagamento), la valutazione geografica segue le modalità di fruizione dei consumatori. In questo senso, la definizione, nazionale e/o locale, di un media (tv, radio, quotidiani, periodici, internet) è connessa alla capacità di copertura dello stesso, alla tipologia di contenuto informativo diffuso, ed alle condizioni della domanda e dell’offerta nei singoli ambiti geografici.
L’analisi svolta ai sensi del diritto della concorrenza rappresenta, pertanto, il punto di partenza su cui verificare, attraverso i diversi indici quantitativi di diffusione dei vari mezzi tra la popolazione, la sostituibilità, sia di prodotto che geografica, dei mezzi informativi per i cittadini, in modo da addivenire alla definitiva individuazione dei mercati rilevanti ai fini della tutela del pluralismo.
Tale impostazione metodologica ha condotto l’Autorità a far largo uso di analisi di rilevazione del consumo dei media da parte dei cittadini italiani, oltre che, come illustrato in precedenza (cfr. par. 1.5), a svolgere, per la prima volta in Italia, un’indagine complessiva inerente il comportamento dei cittadini/consumatori nella fruizione di tutti i diversi mezzi di informazione.
4.2 Analisi comparata circa la rilevanza e la sostituibilità dei mezzi di comunicazione
Sulla base delle considerazioni giuridiche ed economiche di cui ai precedenti paragrafi e capitoli, la successiva analisi di individuazione dei mercati rilevanti è organizzata nel seguente modo.
Dapprima, si valuterà la diversa capacità dei mezzi di comunicazione di informare in Italia i cittadini, esaminando le audience complessive raggiunte dai vari media sulla base, tra l’altro, dei risultati dell’indagine di mercato svolta dall’Autorità nell’ambito del presente procedimento e di cui al paragrafo 1.5. Al riguardo, vale rilevare come la valutazione delle risorse economiche complessive (lato utenti e lato inserzionisti) di tali mezzi (nonché una comparazione internazionale), sia stata già svolta nel capitolo 2 relativo al processo di valorizzazione delle aree economiche del SIC.
Successivamente, l’analisi si concentrerà sull’individuazione dei singoli mercati rilevanti, effettuata sulla base sia delle metodologie del diritto della concorrenza sia di quelle di cui alla tutela del pluralismo. In questo senso, la segmentazione dei mercati sarà il frutto di una complessa analisi basata su entrambe le strumentazioni economiche e giuridiche. Sarà ovviamente valutata la rilevanza dei mercati individuati ai fini della
136 Cfr. supra, par. 3.3.
tutela del pluralismo, considerando anche la preesistenza di normative e regolamentazioni volte ad assicurare la garanzia di aspetti complementari a quelli di cui al presente procedimento, quali il pluralismo politico e quello culturale (x. xxxx. 3.1 e 3.2).
4.2.1 Rilevanza dei mezzi di comunicazione ai fini della tutela del pluralismo
Come è stato ampiamente illustrato nel capitolo precedente, la finalizzazione del processo di definizione dei mercati del SIC alla tutela del pluralismo presuppone uno scrutinio circa la rilevanza di tali ambiti merceologici e geografici rispetto agli obiettivi individuati dal legislatore. Come già espresso da questa Autorità, e ricordato in precedenza, il concetto di rilevanza è connesso alla specifica valenza per la garanzia del pluralismo dell’informazione. In questo senso, rientrano sicuramente nell’alveo dei mercati potenzialmente rilevanti quelli connessi all’attività radiotelevisiva e all’editoria quotidiana e periodica137.
Non vi è dubbio alcuno poi che, nonostante il legislatore non lo abbia esplicitamente considerato, internet si pone oggi, e ancora di più in prospettiva, come un mezzo di pregnante rilevanza ai fini della tutela del pluralismo.
Diverso, invece, è il caso delle altre aree economiche elencate nel Testo Unico (annuaristica, cinema, pubblicità esterna, iniziative di comunicazione, sponsorizzazioni) che, seppur rientranti nel comparto della comunicazione, rilevano rispetto ad altri profili del pluralismo (culturale per il cinema, politico per la pubblicità esterna) e non appaiono, già prima facie, avere una specifica valenza per le garanzie del pluralismo anche inteso in senso generale (annuaristica, iniziative di comunicazione, sponsorizzazioni), come sarà comprovato dall’analisi, condotta al Cap. 5, sulle singole aree economiche succitate.
In questo paragrafo, l’analisi si concentrerà, pertanto, sui mezzi di elezione del pluralismo dell’informazione - televisione, radio, quotidiani, periodici e internet -, verificandone in concreto la rispettiva rilevanza. Nei paragrafi del capitolo 5, l’analisi vaglierà in ogni caso la definizione del mercato e la rilevanza degli altri settori della comunicazione previsti dall’impianto normativo a tutela del pluralismo.
Domanda di informazione
Il pluralismo dell’informazione attiene, come ampiamente discusso nel capitolo precedente, alla presenza di una molteplicità di fonti (ciò che gli americani definiscono diversity), da cui i cittadini possono attingere notizie, punti di vista, analisi. Ovviamente, la presenza ed il numero delle fonti (voices) devono essere valutate non in astratto, ma alla luce della concreta fruizione delle stesse (audience) da parte del
137 Cfr. Segnalazione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato del 6 maggio 2008, cit.
cittadino, dove questa è la risultante di un complesso processo legato, tra l’altro, ad aspetti di natura economica - la presenza e l’eventuale entità di un corrispettivo da pagare per ottenere le informazioni138 - tecnologica - l’esigenza di dover avere e saper usare strumenti ed apparecchiature tecnologiche per accedere alle notizie139 - e di mercato - l’attrattività del mezzo e dell’operatore nella diffusione delle informazioni140.
Il punto di partenza di questa analisi è ovviamente la domanda di informazioni da parte dei cittadini e la relativa ripartizione tra mezzi di comunicazione. Dai dati dell’indagine effettuata, nel marzo di quest’anno, emerge un primo dato importante: in Italia, la domanda attiva di informazioni riguarda solo il 57% della popolazione (v. Tab. 4.1). Ciò vuol dire che in Italia vi è una parte rilevante della popolazione che acquisisce informazioni sui fatti internazionali, nazionali e locali, in forma indiretta, ossia passiva. Considerata l’entità e la rilevanza del fenomeno ai fini del presente procedimento, nella seconda parte del paragrafo si valuterà anche la componente non attiva dell’informazione e la relativa ripartizione tra mezzi di comunicazione.
Quanto alle caratteristiche della domanda di informazioni (v. ancora Tab. 4.1), vale evidenziare la relazione tra questa e la classe di reddito e il livello di istruzione dei cittadini. Ciò appare poter essere connesso alle problematiche prima evidenziate, relative a possibili ostacoli di natura economica e tecnologica nell’accesso alle fonti di informazioni: infatti, il basso livello di scolarizzazione e/o di alfabetizzazione informatica limitano senz’altro la fruizione di mezzi di informazione quali l’editoria e internet. Analogamente, le fonti di notizie a pagamento trovano una minor domanda potenziale tra le fasce di reddito meno abbienti. Se la segmentazione della domanda all’interno di ciascun media sarà analizzata nell’ambito dell’analisi dei singoli mercati, in questa sede vale evidenziare come tali problematiche possano avere riflessi in generale sul livello di informazione attiva.
Dai dati disponibili emerge inoltre una differenziazione territoriale piuttosto accentuata, con un più basso livello di informazione nel Meridione che, oltre da motivi di ordine socio-economico, potrebbe essere determinata anche da elementi di natura infrastrutturale, legati al tasso di copertura di alcune piattaforme trasmissive di contenuti informativi (quale soprattutto internet).
138 Tale corrispettivo può essere di tipo diretto – ossia da pagare direttamente all’operatore che diffonde le informazioni – come nel caso della televisione a pagamento, ovvero indiretto – ossia da corrispondere ad un operatore di accesso al mezzo -, come nel caso di internet.
139 A tale aspetto sono connesse problematiche quali l’esistenza di costi (di natura economica e non solo) di switch off per i consumatori nel passaggio da un mezzo all’altro, il grado di alfabetizzazione della popolazione nell’uso delle tecnologie sia tradizionali (con riguardo, ad esempio, alla relazione tra tasso di alfabetizzazione letteraria e diffusione di prodotti editoriali), sia innovative (con riguardo, ad esempio, alla relazione tra alfabetizzazione informatica e diffusione di internet), la dotazione infrastrutturale del Paese (e quindi il tasso di copertura delle varie piattaforme trasmissive).
140 L’attrattività dipende dalle caratteristiche specifiche del mezzo, nonché dalla capacità e dalle risorse destinate dagli operatori ad attrarre l’attenzione dei cittadini.
Tabella 4.1 - Livello di informazione attiva (marzo 2010; % pop.)(*)
Fatti (internazionali, nazionali
e locali)
TOTALE ITALIA | 57,2% |
Classi di reddito: | |
- Alto | 73,5% |
- Medio | 59,1% |
- Basso Livello di istruzione: | 43,4% |
- Laurea | 80,4% |
- Media superiore | 68,7% |
- Media inferiore | 52,9% |
- Elementare Area geografica: | 42,4% |
- Nord ovest | 57,7% |
- Nord est | 59,2% |
- Centro | 61,0% |
- Sud e isole | 53,3% |
Fonte: indagine Gfk Eurisko per Agcom
(*) Il dato riguarda la percentuale di cittadini che hanno attivamente cercato informazioni di attualità (politica, economia, cronaca) internazionale, nazionale e locale attraverso i mezzi di comunicazione considerati ed eventuali altre modalità
Ripartizione della domanda di informazione tra mezzi
La domanda di informazione si ripartisce in modo assai diseguale tra i vari mezzi di comunicazione (v. Tab. 4.2). Dai dati emerge la forza del mezzo televisivo che copre quasi il 90% delle persone che si informano attivamente in Italia. In particolare, tale mezzo è utilizzato soprattutto per l’informazione sui fatti internazionali (86%) e nazionali (90%), meno per quelli locali (70%).
I quotidiani rappresentano il secondo mezzo di informazione (62%), l’unico che riesce ad ottenere una quota paragonabile a quella della televisione, seppur con un distacco che comunque si attesta intorno ai trenta punti percentuali. Inoltre, i quotidiani si connotano come una fonte di elezione per l’informazione locale, con un dato di penetrazione superiore al 60% ed una distanza rispetto alla televisione che si riduce sensibilmente al di sotto dei 10 punti percentuali. Ciò prelude al significativo ruolo svolto dai quotidiani locali nell’informare i cittadini sui fatti relativi alla propria regione di appartenenza (cfr. capitolo 5).
Su livelli assai minori si collocano gli altri tre media: internet, radio e periodici. Internet è già diventato il terzo mezzo di informazione, essendo utilizzato da oltre il 20% delle persone che si interessano attivamente ai fatti di attualità. Rispetto all’editoria quotidiana, internet, per la sua connotazione di media globale, presenta un dato di specializzazione esattamente opposto: è una fonte rilevante per l’attualità internazionale e nazionale, assai meno per quella locale.
La radio presenta, con il 19,3%, una rilevanza comparabile a quella del web, mentre i periodici si collocano al di sotto del 10%, diventando, a differenza dell’editoria quotidiana, quasi irrilevanti per i fatti di cronaca locale.
Tabella 4.2 - Mezzi per informarsi (marzo 2010; % individui che si informano)(*)
Fatti (internazionali, | Fatti internazionali | Fatti nazionali | Fatti locali | |
nazionali e locali) | ||||
Televisione | 89,1% | 86,5% | 90,1% | 70,3% |
Quotidiani | 61,6% | 49,7% | 52,0% | 61,1% |
Internet | 20,6% | 20,6% | 17,8% | 13,2% |
Radio | 19,3% | 14,2% | 15,0% | 11,3% |
Periodici | 9,4% | 8,5% | 6,9% | 3,2% |
Fonte: indagine Gfk Eurisko per Agcom
(*) Le percentuali sono calcolate sul totale degli individui che si informano rispettivamente di attualità in generale, internazionale, nazionale e locale.
Le percentuali non sommano 100 poiché sono ammesse risposte multiple.
Questa evidenza assume ulteriore significato alla luce del confronto con analoghi dati riferiti al sistema dell’informazione statunitense (v. Fig. 4.1), anch’esso contraddistinto dal ruolo preponderante del mezzo televisivo, ma in cui internet ha già compiuto il sorpasso rispetto ai quotidiani, quanto meno con riferimento alle informazioni relative all’attualità nazionale. Viceversa, anche negli Stati Uniti l’editoria quotidiana si conferma il secondo mezzo per quanto concerne la cronaca locale. Da un punto di vista comparativo, ciò che emerge è la maggior forza in Italia della televisione e dei quotidiani, e la minor presa di internet e della radio.
Figura 4.1 - Mezzi di informazione in Italia e negli USA(*)
Fonte: indagine Gfk Eurisko per Agcom e Pew Center, Public evaluations of the news media: 1985-2009, (dato Italia: marzo 2010; dato USA: giugno 2009)
(*) Negli Stati Uniti non sono rilevati i periodici.
Informazione passiva
Il basso grado di informazione attiva - poco più di metà della popolazione - rende, come detto, necessario un approfondimento, al fine di addivenire ad una più completa valutazione circa la rilevanza dei media per la tutela del pluralismo. In tal senso, assume rilievo, ai fini del presente procedimento, l’informazione indiretta (o passiva), ossia quella non derivante da un coinvolgimento attivo da parte del cittadino. Come già evidenziato a più riprese da questa Autorità con riferimento ad un ambito limitrofo a quello in esame - il pluralismo politico141 - le trasmissioni di informazione e approfondimento sono cruciali nell’orientare il vivere democratico di un Paese avanzato142. Ovviamente, a parità di altre condizioni, maggiore è l’audience di tali trasmissioni, più è apprezzabile la capacità di un media di informare i cittadini.
141 Cfr. Presentazione del Presidente Xxxxxxx in occasione delle Relazioni annuali 2008 e 2009.
142 Si noti che tale capacità potrebbe essere estesa fino a ricomprendere le trasmissioni di intrattenimento; cfr. delibera n. 22/06/CSP, art 3. In questo procedimento, tuttavia, si è preferito utilizzare una valutazione
Alla luce di tali considerazioni, risulta di tutta evidenza che il grado di informazione, sia attivo che passivo, sia legato alla penetrazione del mezzo in rapporto, quanto meno, alla diffusione di approfondimenti di natura informativa. Di conseguenza, è stato sviluppato un indicatore che incorpora entrambi gli elementi: uso frequente del mezzo da parte del pubblico e relativa finalizzazione alla visione/lettura di approfondimenti di natura informativa143.
La seguente tabella illustra in maniera sintetica il primo aspetto, ossia la diffusione dei mezzi di informazione presso il pubblico italiano (di età superiore a 14 anni)144. Come si evince chiaramente dai dati riportati145, la televisione presenta un dato di diffusione praticamente universale (il 97,6% della popolazione di riferimento), mentre la radio raggiunge circa due terzi dei cittadini; seguono la stampa, quotidiana (62,8%) e periodica (43,2%), ed internet, con il 42,9%.
conservativa che comprendesse soltanto la componente di informazione pura e approfondimento dei vari mezzi; cfr. nota 143.
143 In particolare, sono state considerate quelle persone che dichiarano un consumo frequente di un mezzo (quanto meno 4 volte a settimana) e che, al contempo, utilizzano il media per vedere/leggere trasmissioni/articoli di natura informativa.
144 Il dato di penetrazione desunto dall’indagine svolta dall’Autorità è stato rigorosamente controllato sulla base di parametri desunti da indagini ISTAT e Sinottica-Eurisko (v. par 1.5). Presenta quindi un elevato grado di affidabilità e un limitato margine di errore statistico. Le differenze eventualmente riscontrabili con i dati di penetrazione forniti dalle società di rilevazione dei diversi mezzi di comunicazione, sono per lo più derivanti dal diverso campione di riferimento che, nel caso in esame, è composto da individui con oltre 14 anni, nonché dal fatto che l’analisi si concentra sull’utilizzo di tutti i mezzi di comunicazione e non di un singolo media.
145 In questo procedimento si è deciso di valutare il dato di penetrazione dei mezzi di comunicazione nei 30 giorni (e nei 7 giorni), in quanto ai fini del pluralismo si è voluto focalizzare l’attenzione sul massimo grado di copertura dei media. Usualmente i dati forniti dalle società di rilevazione concernono, per evidenti motivi legati alla divulgazione di informazione utili per gli inserzionisti, un uso più frequente, nel giorno medio (o nei 7 giorni). Vale osservare che questa seconda modalità sottolineerebbe ancor più le differenze esistenti tra mezzi, sia nelle audience sia nei rispettivi target, rafforzando le conclusioni raggiunte dalla presente analisi.
Tabella 4.3 - Accesso ai mezzi di comunicazione (marzo 2010; % pop. ≥ 14 anni)
Penetrazione (nei 30 giorni(*)) | Penetrazione (nei 7 giorni(**)) | |
TOTALE MEZZI | 98,6% | 98,3% |
Televisione | 97,6% | 96,8% |
Radio | 74,7% | 67,6% |
Quotidiani | 62,8% | 58,7% |
Periodici (***) | 43,2% | 43,2% |
Internet | 42,9% | 38,2% |
Fonte: indagine Gfk Eurisko per AGCOM
(*) La penetrazione è calcolata come l’utilizzo del mezzo 30 giorni precedenti la rilevazione.
(**) La penetrazione è calcolata come l’utilizzo del mezzo nei 7 giorni precedenti la rilevazione.
(***) Considerata la periodicità, settimanale o mensile, del mezzo il dato si riferisce ai 30 giorni precedenti la rilevazione.
Confrontando i dati di diffusione dei mezzi con quelli relativi all’utilizzo attivo di essi come fonti di informazione (v. supra, Tab. 4.2), si evince che, mentre televisione e quotidiani confermano le loro posizioni, radio e periodici, connotandosi come mezzi soprattutto di intrattenimento, presentano un dato di penetrazione assai maggiore rispetto alla propria funzione informatrice. Internet si pone, invece, in posizione intermedia, con una natura mista, sia di intrattenimento sia di informazione.
Per valutare la penetrazione dei media tra la popolazione, oltre alla diffusione, appare utile presentare il dato di consumo medio giornaliero, calcolato in minuti spesi dai cittadini nell’uso dei mezzi146 (cfr. Fig. 4.2). A fronte di un tempo complessivo impiegato nel consumo dei mezzi di comunicazione pari a circa 5 ore al giorno, ben
146 Il dato di consumo giornaliero è basato su specifiche domande somministrate agli intervistati del campione. Non si basa quindi su metodologie con meter, come quelle impiegate da Auditel e Audiweb (o il sistema GPS di Audiposter), che registrano momento per momento il consumo del mezzo, ma su una metodologia che si avvicina a quella dei diari (impiegata da Audiradio e Audipress); cfr. par 1.5. Di conseguenza, potrebbero sussistere degli scostamenti tra il dato rilevato nell’ambito del presente procedimento e quello fornito dalle società di rilevazione. Al riguardo, tuttavia, si evidenzia che: i) i dati di tali società non muterebbero sostanzialmente i risultati dell’analisi; ii) le informazioni sul consumo medio giornaliero dei mezzi sono, in ragione del diverso tipo di fruizione, presenti per alcuni media (televisione, radio e web), ma non per altri (editoria quotidiana e periodica); iii) la presente analisi ha il vantaggio, indispensabile ai fini del presente procedimento, di considerare il consumo dei media sul medesimo campione di individui, evitando differenze dovute alle diversità campionarie; iv) ciò che più rileva, ai fini della presente analisi, non è tanto il dato assoluto sul numero di minuti spesi nel consumo del mezzo, quanto piuttosto la distribuzione di tale tempo tra i media. In tal senso, un esercizio compiuto sui dati disponibili presso le società di rilevazione conferma pienamente la ripartizione relativa dei minuti di consumo medio giornaliero, con la televisione con una quota superiore al 50% (pari a circa il 55%), la radio intorno al 25%, e internet, quotidiani e periodici decisamente più staccati.
oltre il 50% è destinato alla televisione. Rispetto al dato di penetrazione, aumenta, ovviamente, il ruolo di radio e internet, che si connotano come mezzi di intrattenimento time consuming, mentre diminuisce il peso destinato a (lettura di) quotidiani e periodici.
Figura 4.2 - Consumo dei mezzi di comunicazione (% totale minuti su totale popolazione)
Fonte: elaborazioni su dati dell’indagine Gfk Eurisko per Agcom
Le evidenze prodotte sulla diffusione e sul consumo dei mezzi, oltre ad illustrare la diversa penetrazione dei media nei consumi delle famiglie italiane, sono state utilizzate, come detto, per definire un indicatore di informazione indiretta (o passiva), che si aggiunge al dato precedente circa la percentuale di popolazione che si informa attivamente. Tale indicatore sintetico rappresenta una stima conservativa del dato di informazione passiva perché si limita a considerare l’uso frequente dei mezzi in combinazione con la fruizione della componente di informazione pura degli stessi (cfr. note 142 e 143). In altre parole, si sono considerati soltanto quegli individui che, pur non informandosi attivamente, consumano frequentemente un mezzo (ad esempio la televisione) e dichiarano di guardare/leggere, in via preferenziale, trasmissioni/articoli di carattere informativo (telegiornali, programmi di approfondimento).
Informazione | Informazione Quota | ||
attiva | attiva e passiva at | tiva e passiva | |
TOTALE MEZZI | 56,7%(*) | 85,1% | 100,0% |
Televisione | 50,9% | 79,7% | 93,7% |
Quotidiani | 35,2% | 44,4% | 52,2% |
Internet | 11,8% | 20,8% | 24,5% |
Radio | 11,0% | 24,7% | 29,0% |
Periodici | 5,4% | 9,3% | 10,9% |
Tabella 4.4 - Accesso ai mezzi: informazione attiva e passiva (marzo 2010; % pop.)
informazione
Fonte: indagine Gfk Eurisko per Agcom
(*) Il dato non coincide con quello di cui alla Tab. 4.1 (pari a 57,2%), poiché si riferisce al totale mezzi e non al totale della popolazione: una percentuale residuale di individui (pari allo 0,5% della popolazione di riferimento) ha infatti dichiarato di informarsi attraverso altri mezzi.
La Tab. 4.4 mostra che, nonostante si sia utilizzato, come detto, un indicatore conservativo, quasi il 30% della popolazione si informa in modo passivo circa i fatti di attualità internazionale, nazionale o locale. Ovviamente, passando a valutare anche questa forma indiretta di informazione, aumenta il ruolo dei mezzi più diffusi e time consuming (televisione e radio), mentre diminuisce quello in cui la fruizione del mezzo è già di norma la conseguenza di una volontà attiva di informazione da parte del cittadino (l’editoria, e, in particolare, quella quotidiana).
In ogni caso, l’analisi della rilevanza dei mezzi di informazione per la tutela del pluralismo ha dimostrato la forza del mezzo televisivo come fonte primaria di informazione, sia attiva sia passiva. I quotidiani rappresentano ancora, di gran lunga, il secondo mezzo di informazione in Italia, con un forte presidio su quella locale. Internet e radio raggiungono percentuali simili di popolazione (oltre il 20%), mentre i periodici coprono una parte marginale (intorno al 10%), peraltro già raggiunta dagli altri mezzi (televisione e quotidiani in particolare).
A tale ultimo riguardo, anche in considerazione delle analisi condotte a livello internazionale, che non considerano i periodici ai fini della tutela del pluralismo (cfr. supra par. 3.3), appare incerta la rilevanza di questo mezzo, che passa o meno un ipotetico test di rilevanza, a seconda se il limite minimo sia fissato al 10%, ovvero al 20%, della capacità di informare i cittadini italiani. Appare, quindi, necessario svolgere ulteriori approfondimenti che saranno trattati nell’ambito del capitolo 5, nel paragrafo relativo appunto all’analisi dell’editoria periodica (par. 5.3.3).
4.2.2 Analisi sulla sostituibilità dei mezzi di comunicazione
Come illustrato nel paragrafo 4.1.1, i mezzi di comunicazione si caratterizzano per una struttura economica a due versanti: da un lato gli utenti, dall’altro gli inserzionisti pubblicitari, in mezzo i proprietari dei mezzi, che fungono da raccordo (“piattaforma”) tra i due versanti. In questa sezione, seguendo un consolidato orientamento antitrust, sia a livello nazionale sia comunitario147, si darà succintamente conto del livello di differenziazione dei vari media, in entrambi i versanti, idoneo a segmentare tali mezzi in ambiti di mercato distinti. Nel capitolo 5, si corroborerà tale preliminare valutazione, per ogni singolo mezzo, e si procederà a verificare l’eventuale sussistenza di ulteriori segmentazioni di mercato.
Versante degli utenti
Nel versante degli utenti, i vari mezzi di comunicazione sono stati costantemente distinti in ragione delle specifiche caratteristiche, sia dal lato dell’offerta che da quello della domanda.
Dal lato dell’offerta, si tratta di prodotti profondamente distinti, che presentano caratteristiche peculiari, venendo veicolati quasi esclusivamente su supporti differenti. Piattaforme diverse, editori spesso distinti, modalità di offerta e prezzi al pubblico differenziati, sono tutti indicatori di specifici e separati ambiti di mercato.
Proprio in ragione di queste differenze, i media soddisfano, dal lato della domanda, esigenze diverse attraverso contenuti e prodotti distinti. In particolare, dall’indagine svolta dall’Autorità emergono, come detto, significative discrepanze nella diffusione presso il pubblico, nonché nelle modalità e nei momenti di consumo giornaliero. La televisione si connota per la fruizione di contenuti di intrattenimento tipici del mezzo (quali i film, le serie, i varietà, i reality)148, la radio per l’intrattenimento musicale149, l’editoria quotidiana per l’informazione generale, soprattutto di carattere locale e nazionale150, mentre quella periodica per le notizie di natura più specialistica151; infine,
147 Nei paragrafi del capitolo 5 relativi all’analisi di ogni media si darà estensivamente conto degli orientamenti antitrust con riguardo sia alla differenziazione tra mezzi, sia alla eventuale esistenza di mercati distinti nell’ambito di ciascun mezzo. Si rimanda pertanto ai suddetti paragrafi per una trattazione di tali tematiche.
148 Tali trasmissioni sono quelle che registrano, insieme ai telegiornali, i maggiori livelli di audience. Ciò è confermato anche dai risultati dell’indagine che, inoltre, dimostra una significativa differenza nella fruizione della televisione in chiaro rispetto a quella a pagamento (v. infra, par. 5.1.3).
149 La musica è di gran lunga la forma di trasmissione radiofonica più seguita (essendo segnalata come tale dal 74% del campione intervistato).
150 Cfr. supra.
151 In particolare, vengono segnalati argomenti quali: salute, benessere, moda, bellezza, tempo libero, fatti scientifici, spettacoli cinematografici.
internet è usato soprattutto per comunicare e per cercare informazioni di carattere generale e curiosità152.
Si rileva, infine, che l’istruttoria ha dimostrato come, allo stato, anche la diffusione di medesimi contenuti, come quelli audiovisivi o editoriali, su mezzi differenti (in particolare su internet rispetto ai mezzi tradizionali) è idonea a differenziare l’ambito di mercato153. Ciò in ragione dell’esistenza di assetti di mercato differenti, di modalità differenziate di offerta, nonché di diversi target di utenti.
Proprio in virtù dell’importanza dell’analisi della composizione della domanda dei vari mezzi ai fini della segmentazione dei mercati (v. anche par. 4.1), la presente indagine si avvarrà, in questo e nei successivi paragrafi, del posizionamento dell’utenza secondo una categorizzazione in classi socio-economico-demografiche, definita Grande Mappa.
Prima di procedere ad una spiegazione dettagliata di tale metodologia occorre rilevare quanto segue. In primo luogo, la categorizzazione utilizzata ha il pregio di sintetizzare un’ampia serie di caratteristiche degli individui (età, genere, reddito, istruzione, e località di residenza) in poche rappresentative categorie. Ovviamente, sono state svolte anche indagini sulle singole caratteristiche che verranno, se necessario, presentate nel testo e/o in forma tabellare. In tal senso, l’uso della metodologia non riduce il potere esplicativo dell’analisi, ma aiuta soltanto a comprendere in forma sintetica i risultati dello studio. In secondo luogo, la Grande Mappa ha concrete applicazioni nei mercati dei media, essendo stata sviluppata per classificare, a fini pubblicitari, i target di utenti dei vari mezzi di comunicazione. In altre parole, tale rappresentazione è largamente utilizzata dagli investitori pubblicitari per definire la propria programmazione pubblicitaria e, al contempo, fornisce una profilazione dei soggetti che acquistano spazi pubblicitari, consentendo, pertanto, una maggiore comprensione circa la sostituibilità, dal lato della domanda, dei diversi mezzi di comunicazione.
Nel dettaglio, tale categorizzazione equivale a costruire un territorio immaginario sul quale sono distribuiti tutti gli individui del campione (e quindi anche della popolazione di riferimento). La combinazione delle diverse dimensioni socio-economico- demografiche consente di suddividere il territorio della mappa in 5 aree o zone a cui corrispondono altrettanti profili: elitaria, femminile, maschile, giovanile e anziana marginale, che vengono descritti nella seguente tabella:
152 La posta elettronica e l’instant messaging sono tra le principali motivazioni sottostanti l’uso di internet per oltre il 58% degli intervistati. Seguono la ricerca di curiosità e nuovi argomenti (34%), di informazioni su prodotti e servizi (30%), nonché di notizie utili per il tempo libero (29%), e motivi di studio e lavoro (30%).
153 Si veda ad esempio la distinzione tra testate quotidiane cartacee e on line di cui al par. 5.3.2.a).
Tabella 4.5 - Descrizione delle aree della Grande Mappa
AREE DESCRIZIONE
Sesso: uomini e donne
Età: giovane e media, compresa tra i 25 e 44 anni
ELITE
FEMMINILE
MASCHILE
GIOVANILE
MARGINALE
Aree di residenza: tendenzialmente al Nord e al Centro, in centri medi o grandi metropoli
Livello di istruzione: alto o medio alto
Reddito: alto o medio alto
Sesso: donne
Età: media o matura e anziane, compresa tra i 45 e i 64 anni
Aree di residenza: tendenzialmente al sud e in centri medio/piccoli o nelle grandi metropoli
Livello di istruzione: basso o medio basso
Reddito: basso o medio basso
Sesso: uomini
Età: media o matura compresa tra i 14 e i 34 anni e tra i 45 e i 54 anni
Aree di residenza: equi-distribuiti per geografiche (nord, centro e isole) e ampiezza centri
Livello d’istruzione: medio o basso
Reddito: in media
Sesso: uomini e donne (concentrazione leggermente superiore per queste ultime)
Età: compresa tra i 14 e i 24 anni
Aree di residenza: equidistribuiti per aree geografiche ed ampiezza centri
Livello di istruzione: equi-distribuito Reddito: reddito basso o inesistente Sesso: uomini e donne
Età: avanzata dai 65 anni in poi
Aree di residenza: prevalentemente in aree del sud e del centro e in centri medio piccoli
Livello di istruzione: prevalentemente basso
Reddito: reddito basso o medio basso
Sulla base di questa classificazione della popolazione di riferimento, la Tab. 4.6 fornisce una preliminare analisi sulla segmentazione dei mezzi lato utenti da cui emergono i seguenti “fatti stilizzati”:
- la televisione è l’unico mezzo che abbraccia indistintamente tutte le fasce, anche quelle marginali, che restano invece spesso escluse dal consumo degli altri mezzi di informazione, che hanno una vocazione più di nicchia ed elitaria;
- la radio è il mezzo che più assomiglia, lato utenti, alla televisione (anche se, come si vedrà, in momenti della giornata successivi o precedenti), ma è contraddistinta, oltre che da un profilo più elitario, da una leggera caratterizzazione maschile e giovanile (soprattutto a partire dalle fasce di età superiori ai 18 anni e fino ai 45 anni);
- i quotidiani hanno un elemento di decisa differenziazione dal lato del reddito e dell’istruzione, con i quotidiani più rivolti al segmento maschile ed i periodici a quello femminile; per il resto risultano assai simili tra loro;
- internet è il mezzo più distante dagli altri, con il maggior uso della componente più istruita e ad alto reddito ed una decisa prevalenza maschile; è inoltre contraddistinto da un utilizzo chiaramente legato all’età (anche se non esclusivamente alla classe giovanile): la penetrazione del web è relativamente elevata fino ai 44 anni, scende tra i 45 e i 54 anni, per poi precipitare dopo i 55.
Tabella 4.6 - Profili degli utenti dei mezzi di comunicazione per classe socio- demografica (marzo 2010; affinity index(*))
Elite | Femminile | Maschile | Giovanile | Marginale | |
TOTALE MEZZI | 101 | 100 | 99 | 100 | 100 |
Televisione | 101 | 101 | 99 | 100 | 99 |
Radio | 119 | 101 | 107 | 103 | 74 |
Quotidiani | 130 | 94 | 110 | 95 | 74 |
Periodici | 139 | 127 | 80 | 94 | 65 |
Internet | 153 | 75 | 125 | 97 | 56 |
Fonte: indagine Gfk Eurisko per Agcom
(*) L’affinity index è un numero indice calcolato come rapporto tra due percentuali di penetrazione: la percentuale di penetrazione di un fenomeno in un determinato segmento e la percentuale di penetrazione del fenomeno sul totale popolazione considerato. Un indice superiore a 100 indica che il fenomeno osservato nel segmento preso in considerazione ha un’intensità superiore a quella registrata sul totale popolazione (il fenomeno è sopra media). L’indice assume valori inferiori a 100 quando il fenomeno è meno presente della media.
Versante degli inserzionisti
Tradizionalmente, le autorità antitrust nazionale e comunitaria hanno ritenuto distinti, da un punto di vista merceologico, i mercati della raccolta pubblicitaria sui vari mezzi trasmissivi154.
Tale differenziazione, nelle analisi antitrust, è essenzialmente dovuta alle peculiarità, come visto, degli utenti e alle distinte modalità di fruizione dei mezzi. In virtù delle caratteristiche precedentemente analizzate dei mercati della raccolta pubblicitaria (cfr. par. 4.1.1), le differenze riscontrate nel versante degli utenti sono destinate a ripercuotersi inevitabilmente in quello degli inserzionisti.
Inoltre, i mercati della raccolta pubblicitaria sui vari mezzi possono essere distinti anche in ragione delle diverse modalità di fissazione dei prezzi a seconda del mezzo trasmissivo, degli andamenti degli stessi, delle separate modalità di vendita e di acquisizione dei clienti (sul punto può essere esemplificativo l’esempio di internet, ove è stato introdotto un meccanismo d’asta per la vendita di spazi pubblicitari).
Sulla scelta degli inserzionisti di acquisire spazi pubblicitari sull’uno o sull’altro mezzo, incidono altresì le diverse modalità di rilevazione dell’audience che connotano i vari mezzi, sia in termini di metodologie adottate dagli organismi a ciò preposti, sia dei dati diffusi al pubblico ed agli inserzionisti.
Nel proseguo dell’analisi (cfr. capitolo 5), tali notazioni troveranno un riscontro pratico laddove si darà conto, caso per caso, della diversa composizione numerica, dimensionale e merceologica degli inserzionisti che investono nei vari mezzi di comunicazione.
A livello generale si può constatare come le precedenti posizioni dei mezzi lato utenti (espresse dai dati di audience) trovino riscontro in differenti posizioni di forza nella raccolta pubblicitaria: infatti, come emerge dalla tabella successiva, la televisione si conferma come mezzo preponderante sul fronte delle risorse pubblicitarie complessive, ove detiene il 41% (e il 47% se si calcolano le risorse solo sui principali mezzi). Tale valore risulta, peraltro, assai maggiore, e pari ad oltre il 50%, se si calcola la sola raccolta pubblicitaria nazionale. I dati riportati mostrano, invece, l’editoria in forte calo, presentando una quota complessiva del 32% (lievemente più alta per i quotidiani rispetto ai periodici) sul totale delle risorse pubblicitarie. Internet si conferma un mezzo in rapida ascesa (e rappresenta il quarto mezzo sul quale si concentrano le risorse pubblicitarie), mentre la radio mantiene sostanzialmente inalterate le sue posizioni di nicchia (5%).
154 Per un’analisi congiunta ed una differenziazione di tutti i mercati pubblicitari si veda l’indagine conoscitiva dell’AGCM, IC23, cit.; per un’analisi dei singoli mercati pubblicitari si rimanda al capitolo 5.
Tabella 4.7 - Risorse pubblicitarie ripartite per mezzo (2008)
sul totale | sul totale | |||
Televisione | 4.398,5 | 47,4% | 4.398,5 | 41,1% |
Radio | 578,5 | 6,2% | 578,5 | 5,4% |
Quotidiani | 1.759,9 | 19,0% | 1.759,9 | 16,4% |
Periodici | 1.722,7 | 18,6% | 1.722,7 | 16,1% |
Internet | 819,0 | 8,8% | 819,0 | 7,6% |
TOTALE MEZZI PRINCIPALI | 9.278,6 | 100,0% | 9.278,6 | 86,7% |
Annuaristica | 761,8 | 7,1% | ||
Esterna | 602,0 | 5,6% | ||
Cinema | 65,5 | 0,6% | ||
TOTALE PUBBLICITA’ | 10.707,9 | 100,0% |
Mln € Incidenza Mln € Incidenza
Fonte: elaborazioni Agcom su dati aziendali e fonti varie
5. INDIVIDUAZIONE DEI MERCATI RILEVANTI
In questo capitolo, sarà svolta l’individuazione dei mercati rilevanti partendo dai settori di appartenenza ricompresi nel SIC - televisione (par. 5.1), radio (par. 5.2), editoria quotidiana, periodica, elettronica (par. 5.3), annuaristica (par. 5.4), cinema (par. 5.5), pubblicità esterna (par. 5.6) e below the line (par. 5.7). In particolare, tale analisi comprende un inquadramento normativo, e, successivamente, secondo la metodologia descritta al capitolo 4, un’indagine approfondita sui singoli settori finalizzata, in primo luogo, alla definizione del mercato merceologico e geografico sulla base dei principi antitrust e, in secondo luogo, all’individuazione dei mercati rilevanti ai fini della tutela del pluralismo.
5.1 Settore televisivo
Il settore televisivo è composto da una serie di segmenti di attività collegati da relazioni di tipo orizzontale e verticale.
In particolare, a monte operano gli operatori di rete che gestiscono le infrastrutture per la diffusione del segnale televisivo all’utente finale attraverso diverse piattaforme trasmissive (analogica e digitale terrestre, anche in modalità DVB-H, satellitare, via rete di telecomunicazione fissa), ed offrono la capacità trasmissiva nella loro disponibilità ai fornitori di contenuti indipendenti, oltre che impiegarle per la trasmissione di contenuti propri.
A valle sono presenti, invece, le emittenti televisive che offrono i propri contenuti all’utente finale finanziando la propria attività secondo due modelli di business prevalenti. Nel primo, rappresentato dalla televisione gratuita, il servizio offerto dalle emittenti televisive è interamente finanziato dalla raccolta pubblicitaria. La presenza di un’emittente di servizio pubblico, parzialmente finanziata con i proventi derivanti dal canone, che compete a valle sia negli ascolti sia, con una serie di stringenti vincoli, nella raccolta pubblicitaria, complica ulteriormente l’analisi dell’assetto competitivo e di mercato di questo settore.
Nel secondo modello, costituito dalla televisione a pagamento, la fonte principale di ricavo per l’emittente è rappresentata dalla sottoscrizione degli abbonamenti da parte degli utenti, ma gli operatori attivi in tale segmento vendono anche i contatti realizzati dai propri canali agli inserzionisti pubblicitari.
In questo senso, la struttura di tale settore è riconducibile a quella dei mercati a due versanti le cui caratteristiche, come descritto in precedenza (cfr. par. 4.1.1), condizionano non solo il livello dei prezzi che si determina in entrambi i lati del mercato e le modalità con le quali è articolata l’offerta televisiva, ma anche il grado di concentrazione del settore.
Come già evidenziato, le aree economiche individuate dall’articolo 43 del TU concernono esclusivamente le fasi retail della filiera produttiva dei diversi settori riconducibili al SIC. Pertanto, nel presente paragrafo sarà analizzata, in particolare, l’ultima fase della catena del valore descritta, concernente la fornitura dei contenuti televisivi ai fruitori e l’offerta dei contatti realizzati agli inserzionisti pubblicitari.
Prima di ciò, si procederà, tuttavia, anche ad una breve descrizione del funzionamento dei segmenti collocati a monte (trasmissione del segnale televisivo), così come allo studio delle caratteristiche dei settori collegati (produzione/acquisto di contenuti, raccolta pubblicitaria), sia dal lato dell’offerta sia dal lato della domanda, perché le dinamiche che caratterizzano tali segmenti sono in grado di condizionare profondamente la struttura e gli assetti presenti nel settore a valle, nonché di incidere sulla qualità e la tipologia dei programmi televisivi offerti al consumatore finale, con ripercussioni importanti, ai fini che qui interessano, sul livello di pluralismo ivi presente.
Stante l’incidenza del quadro normativo, nazionale e comunitario, sulla definizione degli assetti concorrenziali e di mercato del settore televisivo, una breve ricostruzione legislativa precederà l’analisi economica.
5.1.1 Quadro normativo e regolamentare di riferimento
La disciplina di riferimento del settore radiotelevisivo è contenuta nel Testo unico della radiotelevisione (TU), approvato con decreto legislativo n. 177 del 2005, così come recentemente modificato a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 44/10 (Decreto Romani)155.
L’ordinamento generale del settore è racchiuso, inoltre, in diverse disposizioni di legge, non abrogate dal Testo Unico, tra cui si menziona la legge n. 223 del 1990156, la legge n. 249 del 1997157, la legge n. 66 del 2001158 e la legge n. 112 del 2004 (“legge Xxxxxxxx”).
155 Come già ricordato (cfr. par. 3.2), nell’ambito del presente procedimento, sono state utilizzate le denominazioni in uso prima dell’entrata in vigore del decreto succitato.
156 La legge n. 223 del 1990 rappresenta la prima legge di sistema che ha sancito il definitivo superamento della riserva legale in favore dello Stato dell’attività di radiodiffusione televisiva in ambito nazionale e, quindi, la configurazione di un sistema di radiodiffusione televisiva c.d. misto, ossia caratterizzato dalla presenza anche di soggetti privati. La legge ha altresì previsto l’approvazione di un Piano di assegnazione delle frequenze e, per lo svolgimento dell’attività privata di radiodiffusione televisiva, il rilascio di un’apposita concessione da parte del Ministero delle comunicazioni. Infine, per la prima volta, il legislatore ha introdotto l’imposizione di un limite antitrust, al fine di evitare la costituzione di posizioni dominanti nell’ambito dei mezzi di comunicazione di massa.
157 La disciplina della legge n. 223/1990 è stata in seguito modificata dalla legge n. 249/1997, la quale è intervenuta introducendo nuove norme antitrust e disponendo l’approvazione, da parte dell’Autorità, di un nuovo Piano nazionale di assegnazione delle frequenze sulla cui base rilasciare le nuove concessioni radiotelevisive private.
158 Vedi infra.
Dal punto di vista regolamentare, anche l’Autorità è intervenuta più volte nel settore nell’esercizio delle proprie competenze159.
Passaggio al digitale terrestre e la disciplina delle frequenze televisive
La disciplina relativa al passaggio dalla trasmissione analogica a quella digitale terrestre è stata dettata nella legge n. 66 del 2001, il cui articolo 2-bis ha regolato la fase di avvio di tale processo160, consentendo ai broadcaster analogici la sperimentazione di trasmissioni televisive e servizi della società dell’informazione in tecnica digitale terrestre, previa abilitazione rilasciata dal Ministero delle comunicazioni.161 Con la delibera n. 435/01/CONS, l’Autorità ha approvato il regolamento relativo alla radiodiffusione terrestre in tecnica digitale, che ha disciplinato le modalità di rilascio delle licenze di operatore di rete, nonché i relativi obblighi a cui sono sottoposti i licenziatari162.
L’art. 2-bis, comma 1, ha altresì previsto che ciascun soggetto titolare di più di una concessione televisiva riservi, a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie, in ciascun blocco di programmi e servizi diffusi in tecnica digitale, almeno il 40% della capacità trasmissiva del medesimo blocco per la sperimentazione di trasmissioni in tecnica digitale terrestre da parte di soggetti terzi163.
159 Nel presente provvedimento si darà conto degli interventi normativi e regolamentari più recenti. Per una ricostruzione esaustiva del quadro di riferimento del settore si veda la delibera Agcom n. 544/07/CONS, recante “Mercato dei servizi di diffusione radiotelevisiva per la trasmissione di contenuti agli utenti finali Mercato dei servizi di diffusione radiotelevisiva per la trasmissione di contenuti agli utenti finali” (mercato n. 18 della raccomandazione della Commissione europea n. 2003/311/CE) relativa al primo ciclo di analisi. È attualmente in corso il secondo ciclo di analisi del mercato 18 di cui alla delibera di avvio del procedimento n. 63/09/CONS del 13 febbraio 2009.
160 La legge n. 66 del 2001 ha stabilito per il dicembre 2006 la data dello spegnimento delle reti analogiche (switch off), termine in seguito prorogato più volte dal legislatore, da ultimo con la legge n. 222 del 2007, che lo ha fissato alla fine del 2012. Inoltre, la normativa succitata ha disciplinato il c.d. trading delle frequenze da parte degli operatori analogici ai fini della predisposizione delle reti digitali.
161 Si ricorda che tale legge ha introdotto la distinzione tra la figura dell’operatore di rete, colui che gestisce la rete e che fornisce la capacità trasmissiva, e quella del fornitore di contenuti, soggetto che predispone i programmi, ossia l’editore del canale trasportato.
162 Si tratta degli obblighi di separazione societaria, di parità di trattamento, di non discriminazione e di uso delle informazioni.
163 Tale previsione normativa è stata attuata con la delibera n. 109/07/CONS. Al fine di individuare i soggetti che possono accedere al 40% della capacità trasmissiva, l’Autorità ha approvato, con delibera n. 645/07/CONS, il disciplinare per lo svolgimento della procedura selettiva e, con delibera n. 449/08/CONS del 29 luglio 2008, le graduatorie dei soggetti aggiudicatari. Altra misura a favore del pluralismo nel settore televisivo è il sistema di garanzie per l’accesso alle reti per la televisione digitale terrestre da parte dei fornitori di contenuti di particolare valore, previsto dalla delibera n. 253/04/CONS, che comprende, tra l’altro, i programmi di informazione locale e approfondimento della realtà socio- economica e politica a livello territoriale, compresi canali dedicati alla valorizzazione delle culture locali e dialettali e della multiculturalità (cfr. art. 4).
Recentemente, a seguito delle censure espresse dalla Commissione europea164, è stato emanato l’articolo 8-novies della legge n. 101 del 2008165, che ha modificato l’articolo 15 del TU in materia di assegnazione dei diritti di uso agli operatori di rete a seguito dello switch off. Tale norma dispone, tra l’altro, che i diritti di uso delle frequenze per l'esercizio delle reti televisive digitali siano assegnati sulla base di criteri obiettivi, proporzionati, trasparenti e non discriminatori, nel rispetto dei principi stabiliti dal diritto comunitario.
A seguito dell’approvazione, con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 13 novembre 2008, del nuovo Piano nazionale di ripartizione delle frequenze, l’Autorità, con delibera n. 181/09/CONS166, ha sancito i criteri per la completa digitalizzazione delle reti televisive, in accordo con i principi evidenziati nel quadro normativo. Tali criteri comprendono: i) l’utilizzo della tecnica SFN (Single Frequency Network) al fine di consentire un pieno, efficiente e pluralistico utilizzo della risorsa radioelettrica e pianificare il maggior numero di reti televisive possibili in ogni area territoriale, da suddividere tra reti nazionali e reti locali; ii) la previsione di 21 reti nazionali con copertura approssimativamente pari all’80% del territorio nazionale da destinare al DVB-T ed ulteriori 4 reti nazionali da utilizzare per servizi DVB-H167; iii) l’assegnazione di almeno un terzo delle risorse trasmissive disponibili alle reti televisive locali analogiche da convertire in reti digitali pianificate sulla base dei medesimi principi stabiliti per le emittenti nazionali.
All’esito della conversione dell’attuale sistema televisivo nazionale risulterà disponibile un dividendo nazionale di 5 reti DVB-T, oltre ad un’eventuale rete DVB-H. Ai fini dell’assegnazione del dividendo digitale, la delibera ha previsto criteri specifici168, con l’obiettivo di assicurare le migliori possibilità di completamento del processo di switch
164 Nel luglio 2007, la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato, nell’ambito della procedura di infrazione n. 2005/5086, ritenendo che le disposizioni di legge in materia radiotelevisiva contenute nella legge n. 66 del 2001, nella legge n. 112 del 2004 (con riferimento all’art. 23) e nel decreto legislativo n. 177 del 2005 (art. 15) fossero in contrasto con la direttiva 2002/21/CE, con la direttiva 2002/20/CE, e con la direttiva 2002/77/CE.
165 Si tratta della legge di conversione del decreto legge n. 59 del 2008, recante disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle comunità europee.
166 Tale delibera è stata recepita nell’art. 45 della legge comunitaria del 2008 (legge n. 88 del 2009), la quale, modificando l’art. 8-novies della legge 101 del 2008, ha richiamato espressamente i criteri stabiliti dalla delibera stessa, recependoli in una norma di fonte primaria.
167 Ai sensi della delibera n. 181/09/CONS, le 21 reti nazionali in tecnica DVB-T saranno così suddivise:
a) 8 reti saranno destinate alla conversione delle attuali reti analogiche. Gli operatori nazionali esistenti avranno assegnata capacità trasmissiva sufficiente per la trasmissione dei programmi a definizione standard ed ad alta definizione. Sarà comunque garantito almeno un multiplex per operatore; b) 8 reti digitali saranno dedicate alla conversione in tecnica single frequency delle attuali reti digitali esistenti che oggi utilizzano il sistema meno efficiente della multifrequenza. Ciascun operatore avrà diritto alla conversione delle reti digitali attualmente operanti.
168 Quali la previsione di un tetto massimo alle offerte (cap) che limita il numero di multiplex ottenibili dagli operatori stessi e la riserva di 3 dei 5 multiplex ai nuovi entranti o ai piccoli operatori nazionali già esistenti.
off nei tempi prescritti, nonché misure atte a facilitare l’ingresso di nuovi operatori nel mercato dei servizi di trasmissione169.
Con delibera n. 300/10/CONS del 15 giugno 2010, infine, l’Autorità ha stabilito i criteri generali per la definizione del Piano nazionale di assegnazione delle frequenze per il servizio di radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale. Tale provvedimento, in particolare, ha identificato il numero delle reti televisive nazionali digitali terrestri e correlate frequenze e ha disposto di riservare almeno un terzo delle frequenze pianificabili alle emittenti televisive locali, secondo i criteri indicati dalla delibera n. 181/09/CONS ( sui quali cfr. infra).
In particolare, il provvedimento ha individuato 25 reti nazionali digitali terrestri (e relative frequenze associate), di cui:
• 16 in tecnica DVB-T, riconosciute alle emittenti esistenti secondo quanto previsto dal punto 6, lett. b) dell’all. A alla delibera n. 181/09/CONS;
• 3 reti in tecnica DVB-H (con vincolo di destinazione d’uso), ai sensi di quanto previsto dal punto 6, lett. d) dell’all. A alla delibera n. 181/09/CONS;
• 5 reti in tecnica DVB-T e 1 rete in tecnica DVB-H, da assegnare attraverso procedure selettive basate su criteri obiettivi, proporzionati, trasparenti e non discriminatori (punto 6, lett. f) dell’all. A alla delibera n. 181/09/CONS.
La struttura di tali reti, realizzate in tecnica SFN, è tale da garantire, per ciascuna di esse, coperture tra loro equivalenti approssimativamente pari all’80% del territorio nazionale.
Infine, la delibera stabilisce che, in ciascuna area tecnica, in conformità con quanto previsto dalla normativa vigente, le frequenze non utilizzate, quelle non necessarie e quelle non assegnate concorrono alla riorganizzazione dello spettro radio ai fini della costituzione di un dividendo digitale “esterno”, in linea con gli obiettivi comunitari di utilizzazione di parte dello spettro UHF per i servizi di telecomunicazioni.
Al riguardo si evidenzia che, attualmente, il processo di migrazione ha interessato 6 regioni italiane. I cittadini coinvolti nel processo di digitalizzazione sono stati circa 14 milioni nel 2009 e la stima totale della popolazione che sarà coinvolta nel 2010 è invece di circa 23 milioni, distribuita in 6 regioni del Nord Italia, complessivamente pari ad oltre il 60 per cento della popolazione italiana170.
169 Quali l’obbligo di cessione del 40% della capacità trasmissiva a terzi operatori indipendenti e l’offerta di servizi di trasmissione agli operatori di reti digitali terrestri nuovi entranti, per un periodo di cinque anni dalla stipula dei relativi accordi.
170 Fonte Associazione DGTVi.
Tabella 5.1 - Calendario nazionale della transizione al digitale terrestre
ANNO | AREA | |
2008 | II sem | Area 16 Sardegna |
2009 | I sem | Area 2 Valle d’Aosta |
II sem | Area 1 Piemonte occidentale Area 4 Trentino e Alto Adige (inclusa la provincia di Belluno) Area 12 Lazio Area 13 Campania | |
I sem | Area 3 Piemonte Orientale e Lombardia ( inclusa la provincia di Piacenza) | |
2010 | Area 5 Xxxxxx Xxxxxxx | |
II sem | Area 6 Veneto ( incluse le province di Mantova e Pordenone) Area 7 Friuli Venezia Giulia | |
Area 8 Liguria | ||
2011 | I sem | Area 10 Marche Area 11 Abruzzo e Molise (inclusa la provincia di Foggia) Area 14 Basilicata, Puglia (incluse le province di Cosenza e Crotone) |
2012 | I sem | Area 9 Toscana e Umbria (incluse le province di La Spezia e Viterbo) |
II sem | Area 15 Sicilia e Calabria |
Disciplina di cui all’art. 43 del Testo Unico
Nel capitolo 3, è stato richiamato l’art. 43, con particolare riferimento alle competenze e ai poteri d’intervento demandati all’Autorità. Nel presente capitolo, vale invece ricordare la disciplina, contenuta nella medesima norma, inerente i limiti anticoncentrativi imposti nel settore televisivo. L’articolo 43 del TU stabilisce infatti limiti alle dimensioni degli operatori con riferimento tanto al numero dei programmi autorizzati, quanto alle risorse impiegate.
Per quanto concerne il primo profilo, si prevede che, all’atto della completa attuazione del Piano digitale, uno stesso soggetto non possa essere titolare di autorizzazioni che consentano di diffondere più del 20% del totale dei programmi televisivi irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale. Per la fase transitoria, fino alla completa attuazione del piano di assegnazione delle frequenze televisive in tecnica digitale, il limite al numero complessivo di programmi per ogni soggetto è fissato al 20% ed è calcolato sul numero complessivo dei programmi televisivi “concessi o irradiati” in ambito nazionale su frequenze terrestri in tecnica analogica o digitale.
Modifiche introdotte dal Decreto Romani
Come già rilevato, il Decreto Romani è intervenuto su numerose disposizioni del TU (ora TUSMAR).
Il decreto ha innanzitutto offerto una nuova definizione di servizio di media audiovisivo, distinto in lineare e non lineare, maggiormente corrispondente alle innovazioni tecnologiche in corso e alle conseguenti declinazioni sui corrispondenti servizi/prodotti offerti171. Il decreto ha escluso da tale definizione, e quindi dall’applicazione degli obblighi previsti dal decreto stesso, alcuni servizi, quali, ad esempio, i siti internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio nell'ambito di comunità di interesse, i motori di ricerca e le versioni elettroniche di quotidiani e riviste. Il decreto è intervenuto anche in materia di affollamento pubblicitario, soprattutto con riferimento alla trasmissione di spot pubblicitari televisivi da parte di emittenti a pagamento, prevedendo, all’art. 12172, un limite annuale a tale trasmissione che si attesta, per l’anno 2010, al 16% (14% per il 2011 e 12% a decorrere dal 2012)173.
Con riferimento ai canali time shifted e alla pay per view, il nuovo art. 2, comma 1, lett. g), del TUSMAR dispone che sono esclusi dalla nozione di palinsesto televisivo la “trasmissione differita dello stesso palinsesto”, le “trasmissioni meramente ripetitive” e la “prestazione, a pagamento, di singoli programmi, o pacchetti di programmi, audiovisivi lineari”. Si segnala, inoltre, l’introduzione di una disciplina in tema di numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre (LCN). L’art. 32, comma 2, del TUSMAR prevede la competenza dell’Autorità a stabilire il piano di
171 L’art. 2 del TUSMAR stabilisce infatti che: “Per siffatto servizio di media audiovisivo si intende o la radiodiffusione televisiva, come definita alla lettera i) del presente articolo e, in particolare, la televisione analogica e digitale, la trasmissione continua in diretta quale il lave streaming, la trasmissione televisiva su Internet quale il webcasting e il video quasi su domanda quale il near video on demand, o un servizio di media audiovisivo a richiesta, come definito dalla lettera m) del presente articolo”.
172 Che ha sostituito l’art. 38 del Testo Unico.
173 Tali limiti non trovano peraltro applicazione nei casi di annunci pubblicitari relativi a propri programmi o a “prodotti collaterali da questi direttamente derivati”, agli annunci di sponsorizzazione e agli inserimenti di prodotto.
numerazione dei canali, sulla base dei criteri fissati dal medesimo decreto, in forza del quale le prime posizioni saranno assegnate ai canali generalisti nazionali (ossia gli ex analogici nazionali) e le altre suddivise in fasce tematiche (canali semigeneralisti, bambini e ragazzi, informazione, cultura, sport, musica e televendite), assicurando alle emittenti locali “adeguati spazi” nel primo arco di numeri. Quindi, sulla scorta del piano di numerazione predisposto dall’Autorità, il Ministero attribuirà a ciascun canale la numerazione spettante, che diverrà un elemento dell’autorizzazione, la quale potrà essere sospesa o persino revocata in caso di mancato rispetto della regolamentazione della LCN.
5.1.2 Struttura del settore televisivo
L’offerta televisiva è composta da emittenti in chiaro, che offrono gratuitamente i propri prodotti ai consumatori finali e rivendono i contatti realizzati sui propri canali agli inserzionisti pubblicitari, finanziando in tale modo la propria attività, e da emittenti a pagamento, che realizzano la maggior parte dei proventi dalla vendita del proprio bouquet di contenuti direttamente ai consumatori. Ovviamente, anche queste ultime, potendo trasmettere messaggi pubblicitari sui propri canali, sono attive nella raccolta pubblicitaria.
Secondo la più accreditata teoria economica, tale fase retail può essere inquadrata nell’ambito della teoria dei two sided markets, di cui si sono già analizzati gli elementi generali (cfr. par 4.1.1). Nel presente ambito, la piattaforma è rappresentata dal canale televisivo e l’emittente proprietaria, da un lato, offre una serie di contenuti che sono utilizzati per attrarre l’attenzione dei telespettatori e/o aumentarne la disponibilità a pagare (primo versante) e, dall’altro lato, vende i contatti realizzati attraverso la programmazione televisiva agli inserzionisti pubblicitari (secondo versante).
Nel versante dell’offerta dei contenuti, le emittenti sono in concorrenza per aggiudicarsi quote di ascolto dei telespettatori. A tale scopo, le emittenti procedono alla realizzazione dei contenuti televisivi attraverso le proprie divisioni editoriali ovvero all’acquisto dei relativi diritti presso i proprietari (case cinematografiche, produttori di fiction, squadre o associazioni sportive) e costruiscono la propria programmazione televisiva in un determinato arco temporale (palinsesto). La scelta dei programmi da trasmettere, così come la combinazione dei contenuti televisivi nelle diverse fasce orarie di ascolto, incide direttamente sulla capacità di attrarre audience, ossia il gradimento da parte del pubblico dell’emittente, determinandone il successo sul target di telespettatori che si intende raggiungere.
Sempre in questo versante, l’offerta di contenuti televisivi può essere finalizzata non tanto e non solo ad acquisire elevate quote di ascolto, quanto piuttosto ad aumentare la disponibilità a pagare dei consumatori (televisione a pagamento).
L’attività sul versante dei telespettatori produce effetti di segno positivo sul versante degli inserzionisti pubblicitari. In termini economici, la domanda di contenuti televisivi
produce un effetto indiretto di rete sulla domanda di inserzioni pubblicitarie: maggiore è il numero dei telespettatori di un canale televisivo, che rispondono a determinate caratteristiche qualitative, e maggiore è la domanda da parte degli inserzionisti pubblicitari. Allo stesso modo si deve tener conto dell’effetto di segno negativo determinato dalla numerosità delle interruzioni pubblicitarie sulla domanda di contenuti da parte dei telespettatori.
Nel secondo versante, l’attività commerciale di vendita di spazi pubblicitari consente di monetizzare l’audience raggiunta nel versante dei fruitori. Il successo in tale attività è determinato sia dalla intensità con la quale viene svolta e, quindi, dal numero dei venditori dedicati rispetto ai clienti, sia dalla qualità del servizio di vendita, ossia dalla capacità di articolare l’offerta in funzione di specifiche dinamiche di domanda, nonché dall’insieme dei servizi di prevendita (ricerche e marketing) e postvendita (monitoraggio) offerti.
In definitiva, è possibile schematizzare le fasi produttive descritte in precedenza attraverso la figura 5.1 che illustra la presenza di due livelli gerarchici connessi fra di loro, rispettivamente wholesale (trasmissione del segnale) e retail (distribuzione all’utente finale di contenuti e raccolta pubblicitaria) nonché di due segmenti di attività collegati a monte (reperimento dei contenuti) e a valle (vendita di contatti agli inserzionisti).
Figura 5.1 - Struttura del settore televisivo
Acquisizione/ produzione di contenuti televisivi
Trasmissione del segnale televisivo sulle diverse piattaforme in chiaro e a pagamento
Raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo
Distribuzione del segnale e offerta dei programmi in chiaro e a pagamento all’utenza finale
In altri termini, gli assetti competitivi che si configurano a livello retail nella distribuzione dei contenuti televisivi ai telespettatori e nella vendita della pubblicità agli inserzionisti, oggetto del presente procedimento, sono determinati sia dall’accesso ai contenuti, che influenza la capacità dell’offerta televisiva di realizzare elevati livelli di
share e/o di indurre la sottoscrizione dell’abbonamento, sia dall’accesso alla piattaforma trasmissiva per la distribuzione dei programmi agli utenti finali174.
In particolare, oltre al costo di realizzazione dell’infrastruttura trasmissiva o di accesso alla stessa da parte di operatori non integrati, uno dei fattori maggiormente in grado di incidere sugli assetti televisivi sono i costi e le modalità di acquisizione di contenuti175, sia nel caso della televisione a pagamento, ove l’emittente necessita di contenuti premium (calcio, film e serie tv), al fine di predisporre un bouquet in grado di aumentare la disponibilità a pagare degli utenti, sia delle televisioni in chiaro, che necessitano di elevate quote di audience per attrarre gli investitori pubblicitari176.
Tali problematiche a monte non incidono direttamente sulla definizione dei mercati rilevanti, ma semmai sull’analisi delle eventuali posizioni dominanti, e sono state già trattate dall’Autorità in diversa sede cui si rimanda177. Nel proseguo, l’analisi, come per gli altri mercati rilevanti, si concentrerà quindi sulla fase a valle dell’intera filiera televisiva, iniziando con un’illustrazione dell’attuale offerta dei broadcaster sulla varie piattaforme trasmissive.
Offerta di contenuti televisivi
Come appena accennato, le emittenti televisive offrono i propri servizi all’utente finale attraverso diverse piattaforme tecnologiche. In Italia, le principali infrastrutture
174 La disponibilità di più piattaforme distributive non risolve completamente il problema dell’emittente di raggiungere effettivamente l’utente finale, in quanto, come sarà chiarito nel proseguo, si deve tenere conto che, in presenza di elevati switching costs, vi possono essere delle inerzie dei consumatori al passaggio ad una piattaforma trasmissiva. La letteratura economica in tema di innovazione tecnologica dimostra come i vincoli al cambiamento da parte dei consumatori finali (lock in effect), avvantaggiando le piattaforme distributive già attive, potrebbero produrre degli effetti perversi sul processo innovativo perché, nel frenare il ricorso a piattaforme distributive concorrenti egualmente o più efficienti, possono giungere al caso estremo di prevenire l’affermazione delle tecnologie più efficienti.
175 Infatti, mediante l’apposizione di clausole di esclusiva, l’acquirente di un contenuto limita la cessione del diritto di sfruttamento dello stesso ad altri soggetti per un determinato periodo di tempo, riservandosene pertanto l’utilizzo individuale. Allo stesso modo, mediante le clausole di holdback, viene limitata la possibilità dei soggetti acquirenti di rivendere il contenuto ad operatori attivi su altri mezzi trasmissivi. Tali clausole sono frequenti laddove, come nel caso dei contenuti premium veicolati su piattaforme a pagamento, l’acquirente di tali diritti voglia valorizzare l’investimento sostenuto riservandosi lo sfruttamento esclusivo del diritto acquisito. Un altro fattore che incide sulle dinamiche concorrenziali è rappresentato dal grado di apertura degli apparati di accesso ai servizi televisivi a pagamento e in chiaro (decoder).
176 Cfr. X. XXXXX, X. POLO, Concentration and public policies in the broadcasting industry: the future of television, Economic Policy, 1997, vol. 12(25), pp. 293-334; X. XXXXX, X. POLO, 2001, cit.
177 Su tali problematiche cfr. inoltre la delibera Agcom n. 665/09/CONS, recante “Individuazione delle
piattaforme emergenti ai fini della commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 9 gennaio 2008, n. 9 e dell’art. 10 del regolamento adottato con delibera n. 307/08/CONS”, in GU del 22 dicembre 2009, n. 297; la delibera n. 626/08/CONS recante “Avvio di un’indagine conoscitiva sui produttori di contenuti nel settore delle comunicazioni elettroniche”, in GU dell’11 dicembre 2008, n. 289; delibera n. 544/07/CONS, cit.
trasmissive del segnale televisivo sono rappresentate dalla rete terrestre e da quella satellitare. Il servizio televisivo può essere fruito anche attraverso altre piattaforme, quali quelle costituite da infrastrutture terrestri a larga banda, realizzate in fibra ottica o in rame con tecnologia xDSL178.
Storicamente la piattaforma principale per l’offerta televisiva in Italia è quella terrestre, che si compone dell’insieme delle infrastrutture e delle risorse frequenziali necessarie a diffondere contenuti radiotelevisivi agli utenti finali. La rete terrestre può utilizzare sia la tecnologia analogica sia, a partire dalla fine del 2003 (ossia a valle della citata legge
n. 66/2001), quella digitale179. Le due tecnologie si distinguono per la diversa capacità trasmissiva180, la differente struttura della rete181, la qualità e la tipologia di servizi che possono essere erogati su di essa182.
Dal lato della domanda, la struttura del mercato risulta parzialmente differente a seconda del tipo di tecnica trasmissiva utilizzata, specie in Italia dove si sono sviluppati operatori verticalmente integrati. Mentre, con la tecnologia analogica, gli operatori televisivi proprietari del mezzo trasmissivo auto-producono i contenuti diffusi attraverso la rete proprietaria, con la televisione digitale è possibile una distinzione di ruoli e funzioni fra attività di fornitura di capacità trasmissiva e attività di produzione di contenuti. In tale caso, gli impianti e le frequenze individuati nel titolo abilitativo di un operatore di rete possono essere utilizzati anche per la trasmissione di programmi di fornitori di contenuti, o di servizi interattivi, terzi.
178 Vale rilevare che, in Italia, a differenza di altri Paesi (quali USA, UK, Germania, Francia, Spagna) per motivi storici mancano infrastrutture trasmissive via cavo. Per un approfondimento tecnico ed economico delle piattaforme trasmissive presenti in Italia e dei relativi mercati si rimanda sempre alla delibera n. 544/07/CONS, cit..
179 A differenza di altri Paesi, non è prevista alcuna distinzione nell’allocazione delle bande di frequenza al servizio televisivo analogico e a quello digitale: sia le reti televisive analogiche sia quelle digitali utilizzano, infatti, le stesse bande di frequenza (III, IV e V), non essendoci alcuno spazio frequenziale riservato, in via esclusiva, ad almeno una delle due tecniche trasmissive. Da un punto di vista tecnico, gli impianti impiegati per le trasmissioni analogiche possono essere usati anche per le trasmissioni televisive in tecnica digitale, salvo un processo di riconversione tecnica di tali apparati.
180 Mentre le reti analogiche consentono di irradiare un solo programma/canale e, pertanto, ogni coppia di impianto/frequenza a disposizione di un operatore di rete è utilizzata per la diffusione del segnale relativo ad un canale, la possibilità di elaborare e comprimere i dati digitali rende più efficiente l’utilizzo della capacità di rete, consentendo, pertanto, la diffusione di diversi programmi attraverso la medesima infrastruttura.
181 La struttura di una rete digitale può essere diversa da quella analogica: in tale ultimo caso, l’ottimizzazione delle risorse frequenziali implica l’utilizzo di canali diversi in impianti vicini (le reti sono multifrequenza, ovvero MFN – Multi Frequency Network), mentre nel digitale è preferibile l’utilizzo di uno stesso canale in impianti limitrofi (le reti possono essere isofrequenziali, ovvero SFN - Single Frequency Network).
182 La tecnologia digitale terrestre consente la prestazione di prodotti migliorativi, in particolare sotto il profilo della qualità dell’immagine e del suono, o innovativi, come ad es. i servizi interattivi. Cfr. Comunicazione della Commissione n. SEC(2003)992 sulla transizione dalla trasmissione radiotelevisiva analogica a quella digitale (dallo switch over digitale allo switch off analogico), 17 settembre 2003, p. 7.
Il segmento della trasmissione del segnale televisivo in tecnica analogica e digitale è al momento caratterizzato dalla presenza di 6 operatori nazionali: RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.A (RAI), Reti Televisive Italiane S.p.A (RTI), Telecom Italia Media S.p.A. (TI Media), Gruppo Editoriale L’Espresso, Television Broadcasting Sistem S.p.A. (TBS) e Prima TV S.p.A. Oltre ai canali nazionali, analogici e digitali, diffusi da tali società ed appartenenti al medesimo gruppo, l’offerta televisiva terrestre si compone anche di un numero crescente di programmi di fornitori di contenuti indipendenti183. Si ricorda, inoltre, che all’operatore Europa 7 è stata recentemente assegnata una frequenza nazionale che può essere utilizzata per la diffusione analogica e digitale. Esistono poi circa 550 operatori locali, generalmente integrati verticalmente, che offrono al pubblico un servizio diffusivo su una porzione limitata del territorio, corrispondente ad una regione o a una provincia.
La diffusione di contenuti televisivi terrestri si completa con i servizi in mobilità. Lo standard utilizzato a livello nazionale per la trasmissione di contenuti audiovisivi su terminali mobili è il DVB-H che è stato adottato nel novembre 2004 dall’ETSI184. In particolare, mediante tale tecnologia, è possibile offrire in mobilità ai telespettatori contenuti televisivi quali tv digitale, pay per view, digital radio, teletext, information services; inoltre, realizzando il canale di ritorno (attraverso reti cellulari), il DVB-H consente di fornire servizi interattivi, quali, ad esempio, la partecipazione a sondaggi, a giochi, nonché la fruizione di programmi su richiesta185.
In Italia, le reti mobili con tecnologia DVB-H sono state implementate a partire dalla metà del 2006, e attualmente sono operativi due multiplex, rispettivamente di 3lettronica Industriale ed Elettronica Industriale (RTI), con tre differenti offerte al pubblico, tutte veicolate da gestori di telecomunicazione mobile: “3” (proprietario di 3lettronica Industriale), Tim e Vodafone (che hanno stipulato accordi di rivendita di capacità trasmissiva DVB-H con Elettronica Industriale).
Il satellite è la seconda piattaforma trasmissiva in Italia, essendosi sviluppato a partire dagli anni ’90. Il sistema di trasmissione satellitare utilizza una serie di satelliti geostazionari, che si avvalgono di transponder per l’emissione di onde radio finalizzate alla trasmissione del segnale televisivo. Tali sistemi sono gestiti da operatori satellitari che rivendono capacità trasmissiva alle singole emittenti televisive attraverso la
183Cfr. infra.
184 Nel 2008, tale standard è stato inserito dalla Commissione europea nell’elenco degli standard ufficiali dell’UE, al fine di promuovere l’offerta armonizzata di servizi di comunicazione elettronica in ambito comunitario.
185 Sebbene lo standard DVB-H sia derivato dal DVB-T (i due standard usano lo stesso livello fisico di trasporto in quanto entrambi condividono sia lo stesso (de)modulatore del trasmettitore e del ricevitore del segnale sia le stesse bande di frequenza) le differenze che concernono le due piattaforme distributive sono tali da indurre un operatore di rete digitale a pianificare la propria infrastruttura a seconda della tipologia di servizi che intende offrire. Allo stato, infatti, chi fornisce servizi di trasmissione televisiva in tecnica DVB-T presenta una rete differente da chi fornisce i medesimi servizi in DVB-H e non potrebbe offrire tale servizio se non modificando sostanzialmente la rete (ad es. introducendo nuovi siti, integrando la rete con i gap-filler, etc.).
stipulazione di accordi commerciali186. In Europa, il mercato della capacità trasmissiva satellitare è caratterizzato dalla presenza di due operatori principali, Eutelsat e Astra, che detengono congiuntamente una quota del 90%.
A livello di offerta al pubblico, in Italia sono presenti diverse piattaforme televisive satellitari che acquistano capacità trasmissiva da tali operatori per offrire i propri servizi sia a pagamento sia gratuiti. Per quanto riguarda le offerte a pagamento, il maggiore operatore presente nel nostro Paese è SKY Italia. Dal lato delle offerte free, si segnala invece il recente lancio della piattaforma satellitare Tivù Sat, partecipata da Rai, Mediaset, Telecom Italia Media, Aeranti Corallo e FRT TV locali. Esiste inoltre un’offerta satellitare in chiaro che comprende numerosi programmi in lingua italiana diffusi tramite la flotta Eutelsat.
Mentre terrestre e satellite rappresentano due piattaforme oramai consolidate, dal punto di vista tecnologico e di mercato, a partire dall’inizio di questo decennio il segnale televisivo è stato veicolato anche via reti di telecomunicazione fisse, in particolare attraverso il protocollo IP; tale tipo di televisione è comunemente denominata IPTV (Internet Protocol Television). Al fine di fruire di tale servizio, l’utente deve possedere una connessione a larga banda e un decoder per il collegamento con il proprio apparato televisivo187. La piattaforma IPTV è in grado di fornire agli utenti finali servizi di video- on-demand (VOD), ossia servizi televisivi svincolati da un palinsesto predeterminato e fruibili in qualsiasi momento della giornata188.
La prima offerta di IPTV in Italia è stata quella di Fastweb nel 2001, alla quale si sono aggiunte successivamente le offerte di Telecom Italia (nel 2007) e di Wind-Infostrada (Tiscali ha recentemente abbandonato tale business)189. A differenza di quanto accade
186Sotto il profilo tecnico, la piattaforma digitale satellitare (DTH, Direct to the home) utilizza lo standard aperto DVB-S (Terrestrial Digital Video Broadcast - Satellite), definito dal consorzio europeo DVB (Digital Video Broadcast) ad inizio degli anni ’90, che è stato adottato per la diffusione satellitare praticamente a livello mondiale. Recentemente, il gruppo DVB ha definito uno standard di seconda generazione (DVB-S2), che rappresenta l’evoluzione dello standard DVB-S, e grazie all’utilizzo di tecniche di codifica dell’errore e di modulazione del segnale trasmesso più sofisticate, risulta essere più efficiente del precedente.
187 In particolare, la televisione su Internet (IPTV) si configura come una piattaforma digitale i cui contenuti/servizi sono veicolati attraverso banda larga su una rete IP chiusa, gestita dal fornitore di servizio, vale a dire dagli operatori di telecomunicazioni.
188 Inoltre, la rete IP, essendo caratterizzata da un “canale di ritorno” grazie al quale gli utenti possono trasmettere informazioni oltre che riceverle, offre agli utenti finali un maggiore grado di interattività rispetto al digitale terrestre, al punto che lo stesso telespettatore non si limita a svolgere un ruolo passivo, ma agisce di persona nella scelta, seppur limitata a una library predefinita, del programma che intende vedere.
189 La fornitura del servizio IPTV di Fastweb e Wind viene effettuata su strutture di rete in larga parte di proprietà degli operatori, tranne che per la parte relativa all’ultimo miglio, per la quale questi si avvalgono prevalentemente degli elementi di rete e correlati servizi di accesso, unbundling o bitstream, di Telecom Italia, attualmente regolamentati dalla delibera n. 314/09/CONS, recante “Identificazione e analisi dei mercati dell’accesso alla rete fissa (mercati n. 1, 4 e 5 fra quelli individuati dalla Raccomandazione 2007/879/CE
per le altre piattaforme, i provider di IPTV, fatta eccezione per alcuni contenuti offerti in VOD, non dispongono di una propria programmazione, né basic né premium, ma diffondono oltre a servizi di telecomunicazione, sia i canali gratuiti del digitale terrestre, sia le offerte a pagamento dei due maggiori operatori (Sky Italia e Mediaset premium).
Con riguardo infine alla piattaforma internet, nell’ultimo periodo sono in rapida diffusione offerte di web tv, in parte rientranti nella nuova definizione di servizi di media audiovisivi introdotta dal TUSMAR190. Tali offerte non sono, come nel caso della IPTV, integrate in una piattaforma proprietaria di servizi di comunicazione, ma sono accessibili da siti e portali di fornitori di contenuti o di aggregatori web non integrati con i servizi di accesso. Al momento, si distinguono offerte lineari, essenzialmente quelle presenti nelle altre piattaforme veicolate su web (attraverso portali quali, xxx.xx, xx.xxxxxxxx.xx,…), da offerte di singoli contenuti video, prevalentemente veicolati da aggregatori quali YouTube. Considerato che, allo stato, la remunerazione di tali offerte avviene quasi esclusivamente attraverso pubblicità on line e non per mezzo di una specifica valorizzazione di tale piattaforma nei contratti relativi agli spot tv, il web, come nel caso dell’editoria, appare costituire, ai fini del presente procedimento, un mezzo separato piuttosto che un’ulteriore piattaforma distributiva (per una discussione di tali tematiche si rimanda al par. 5.3).
La tabella successiva illustra il panorama delle offerte televisive in Italia, presenti su tutte le piattaforme trasmissive.
190 Come già evidenziato, il TUSMAR esclude infatti dalla definizione di servizio di media audiovisivo “i siti internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati […]”.
PIATTAFORMA EDITORE CANALI GRATUITI CANALI A PAGAMENTO
RaiUno
Terrestre analogica
RAI
Gruppo RTI
RaiDue RaiTre Canale 5
Rete 4
Italia 1 La7
TI MEDIA MTV Italia
Rete A (Gruppo L’Espresso) Deejay TV
TBS (Television Broadcasting System)
Rete Capri
Digitale terrestre
Emittenti locali oltre 547 canali diffusi a livello locale
RaiUno RaiDue RaiTre Rai 4
RaiNews24 Rai Gulp
RAI
Gruppo RTI
Rai Sportpiù Rai Storia
Rai Sat Cinema Rai Sat Premium Rai Sat Yoyo Rai Scuola RaiSat Extra
Canale 5 Offerta Mediaset Premium circa 19 canali (fra cui):
Rete 4 Joi
Italia 1 Mia
Boing Steell
Iris Hiro
Mediashopping TED
PIATTAFORMA EDITORE CANALI GRATUITI CANALI A PAGAMENTO
Disney Channel Cartoon Network Playhouse Disney Studio Universal
Diversi canali dedicati a contenuti Premium (Fra cui
Premium Calcio, Premium Cinema, Premium Moto GP) e funzionalità piattaforma
Satellitare
TI MEDIA
Rete A (Gruppo L’Espresso)
Editori vari (fornitori di contenuti indipendenti)
Emittenti locali
SKY
TivùSat
Editori vari
LA7
MTV Italia Qoob Deejay TV
Repubblica TV
BBC World News, Cielo, Class News, Cooming Soon Television, DTV2000, K2, France 24, Poker Italia 24, AB Channel, Second TV, Sportitalia, Sportitalia24, TV2000
Numerosi canali a diffusione locale soprattutto nelle aree in cui è già avvenuto lo switch off
Offerta di canali gratuiti del DTT (Gruppo Rai, Gruppo RTI, TI Media, Aeranti Corallo, FRT) Offerta di canali internazionali, nazionali e locali disponibili gratuitamente
5 Canali Generalisti (Sky vivo, Sky Show, Sky TG24, Sky Meteo 24, Sky Sport 24)
7 Canali Cinema
8 Canali Calcio/Sport
5 canali per la funzionalità della piattaforma 96 Canali realizzati da editori diversi da Sky
DVB-H H3G Offerta di Canali diffusi anche su altre piattaforme (13 Canali)
PIATTAFORMA EDITORE CANALI GRATUITI CANALI A PAGAMENTO
TIM Offerta di Canali diffusi anche su altre piattaforme (4 canali generalistI) + contenuti premium (calcio)
Vodafone Offerta di Canali diffusi anche su altre piattaforme Fastweb Offerta di canali gratuiti del DTT Offerta di Library in VOD e canali tematici
Wind/Infostrada Offerta di canali gratuiti del DTT Offerta di Library in VOD e canali tematici Telecom Italia Offerta di canali gratuiti del DTT Offerta di Library in VOD e canali tematici
IPTV
RTI
Canali Mediaset Premium sulla piattaforma di Fastweb Canali Mediaset Premium sulla piattaforma Alice Home TV Canali SKY sulla piattaforma di Fastweb (81 canali)
SKY Canali Sky disponibili sulla piattaforma Alice Home TV
(circa 170 canali)
TV
Dahlia Canali Sport (5) disponibili sulla piattaforma Alice Home
La tabella successiva mostra la penetrazione del mezzo televisivo attraverso le diverse piattaforme trasmissive riferita al periodo 2008-2010. Se si tiene conto del fatto che le
c.d. “famiglie digitali”191 rappresentano circa il 58% sul totale delle famiglie che posseggono un apparecchio televisivo, la televisione terrestre conferma, anche nel digitale, il suo carattere di piattaforma prevalente192. A marzo 2010, le famiglie solamente analogiche, ossia quelle che non possiedono nessun devices in grado di ricevere il segnale digitale, sono divenute piuttosto marginali (pari al 12% sul totale delle famiglie televisive)193.
191 Si ricorda, infatti, che Xxxxxxx conteggia fra le famiglie digitali tutti i nuclei in possesso di almeno un decoder digitale, indipendentemente dall’area geografica di appartenenza, che potrebbe non essere un’area nella quale è avvenuto lo switch off. Questo metodo di rilevazione produce di fatto una sovrastima del dato riferibile alla penetrazione della televisione digitale terrestre rispetto alle altre piattaforme distributive.
192 Tale dato è rilevato da Auditel attraverso le “Ricerche di base” ossia delle serie di indagini generali condotte durante l’anno (9 rilevazioni mensili) realizzate su un campione di 30 mila famiglie italiane attraverso delle interviste personali “face to face”. L’analisi segnala che, nel 2009, il totale degli individui in possesso di una televisione è pari a 57,37 milioni; quindi, il numero medio di televisori presenti nelle abitazioni è di 1,9 mentre la maggior parte delle famiglie ne possiede 2.
193 Secondo i dati della Associazione DGTVi, alla fine di febbraio 2010, il numero delle famiglie che possiede un ricevitore per il digitale terrestre nella abitazione principale è stimato in circa 16 milioni, mentre il parco dei ricevitori digitali terrestri complessivamente venduti fino alla medesima data sono pari a 25,8 milioni, anche se non tutti sono attualmente attivi. Fonte Associazione DGTVi, Digita, marzo 2010.
Allegato A alla Delibera n. 555/10/CONS 103